I due centri di Cattaneo: aiutare Remco e la crono di Parigi

13.01.2024
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CALPE (Spagna) – Andare a Parigi è l’obiettivo di Mattia Cattaneo, senza se e senza ma. E’ bello imbattersi in un corridore che ha le idee così chiare. Così come è chiaro il ruolo che si è ricavato al fianco di Remco Evenepoel. Forse non è un caso che durante la presentazione della Soudal-Quick Step lo stesso Cattaneo insieme a Fausto Masnada fossero seduti ai due lati del belga.

Mattia sembra decisamente aver trovato la sua dimensione di corridore. Va per i 34 anni e la saggezza si fa sentire. Al Giro d’Onore ci aveva parlato di parecchi argomenti. Stavolta l’argomento è lui.

Evenepoel tra Cattaneo (alla sua sinistra) e Masnada: una scena premonitrice di quanto vedremo in corsa?
Evenepoel tra Cattaneo (alla sua sinistra) e Masnada: una scena premonitrice di quanto vedremo in corsa?
Mattia, come stai?

Ora bene, qualche malanno a dicembre, ma ho recuperato. E poi meglio a dicembre che a marzo, no?

Qual è l’ossatura del tuo programma di gare per questa stagione?

Inizio a Mallorca, poi faccio più o meno il calendario di Remco (Ardenne, Baschi, Delfinato e Tour, ndr). L’obiettivo è arrivare pronti al Tour de France. Spero di guadagnarmi un posto in quella squadra con lui.

Niente Giro, dunque?

No, purtroppo o per fortuna no. Sai, quando ti poni un obiettivo come il Tour con un corridore come Remco, poi diventa difficile essere competitivi in entrambi i Giri. O meglio, è possibile, però vorrebbe dire che dopo il Tour finisci la stagione. E a me piacerebbe riuscire ad arrivare con la migliore condizione possibile nel post Tour, per guadagnarmi un posto nella cronometro delle Olimpiadi.

Vista la tua espressione quando abbiamo nominato il Giro, torniamo a mettere il dito nella piaga. Il percorso del Giro era piuttosto adatto alle tue caratteristiche. Potevi essere un buon leader…

Sì, sì era un bel Giro d’Italia. Le due crono mi favorivano. Però io credo di aver trovato il mio posto, la mia dimensione e di conseguenza, per me prima di tutto viene la squadra. Se devo pensare ad un momento per me stesso, scelgo le Olimpiadi, perché è l’ultima volta che posso andarci. Non credo che fra quattro anni sarò ancora così competitivo. E neanche so se sarò ancora un corridore! Purtroppo è capitato un Giro adatto a me nell’anno in cui ci sono tante altre priorità.

Che supporto per Remco alla Vuelta! Cattaneo stesso ne è rimasto soddisfatto
Che supporto per Remco alla Vuelta! Cattaneo stesso ne è rimasto soddisfatto
Hai detto: «Ho trovato il mio posto. Ho sposato una filosofia». Ma se avessi voluto, parlando con la squadra, ci sarebbe stato margine per andare al Giro da capitano?

Non lo so, magari sì, ma è una cosa di cui onestamente non abbiamo neanche parlato. E a me non è passata per la testa. Uno, perché come detto voglio prendermi quel posto per la crono di Parigi: ce l’ho fisso in mente. Due, perché provo a fare classifica per cosa? Non ho 22 anni che un piazzamento mi cambia la carriera. Io al massimo posso fare ottavo, settimo, se volo… Piuttosto quello che ho fatto l’anno scorso alla Vuelta in supporto a Evenepoel, mi fa dire: «Vai Mattia, fai bene il tuo lavoro». Voglio sfruttare al massimo l’occasione di provare a partecipare alle Olimpiadi.

Sei stato molto chiaro…

Preferisco fare un lavoro che so di poter svolgere bene al 200 per cento che prendermi il rischio del Giro. Un rischio fine a se stesso.

Tu e Masnada eravate seduti ai lati di Remco durante la presentazione…

Anche Fausto ormai si è votato alla sua causa. Masnada viene da un anno in cui ha avuto tanti problemi fisici, però credo che quando è il vero Fausto può fare la differenza per la squadra e per se stesso. Anche perché poi è anche più giovane di me!

Quindi Remco vi ha battezzato come i suoi uomini di fiducia?

Chiedetelo a lui! Possiamo essere due corridori importanti per quello che che vuole fare lui. Sappiamo fare il nostro lavoro, abbiamo esperienza.

Mattia, assieme a Sobrero e Affini si giocherà un posto per Parigi 2024 al fianco di Ganna
Mattia, assieme a Sobrero e Affini si giocherà un posto per Parigi 2024 al fianco di Ganna
Beh si è visto come lo hai supportato alla Vuelta specie nel giorno di crisi. Anzi, tu stesso lo hai raccontato sulle nostre “pagine”…

La Vuelta dell’anno scorso è stato uno dei momenti più gratificanti della mia carriera. Ho sentito veramente di aver raggiunto un livello in cui tutti i giorni ero lì. Forte. Poi, logico, ci vuole anche fortuna. Però dico sempre che la fortuna arriva quando hai le gambe. Perché se arriva quando non le hai, ti passa davanti e neanche la vedi. La Vuelta 2023 mi ha dato tanta consapevolezza del tipo di lavoro che posso fare. Che poi tutto sommato era come al Giro. In quei 10 giorni in Italia ero come in Spagna, poi è andata come è andata. Mentre alla Vuelta sono riuscito a tenere fino in fondo. Ci sono immagini e video in cui mi vedo lì davanti e mi dicevo: «Ero lì con i più forti». 

Hai parlato molto della crono di Parigi 2024. Quanto stai lavorando su questa disciplina? 

E’ da quando sono in questa squadra che ci lavoro tantissimo. Le crono sono sempre state un mio pallino. L’obiettivo è sempre stato quello di migliorarmi e credo di aver raggiunto il livello eccellente. Non sarò mai Ganna o Remco. L’anno scorso ho vinto la crono al Polonia, ho colto degli ottimi risultati sia ai mondiali che agli europei e per me essere nei primi dieci al mondo e nei primi cinque in Europa è un risultato super.

Su cosa ti stai concentrando in questo periodo?

Con l’evoluzione dei materiali ci sono sempre degli aggiustamenti, ma ora stiamo lavorando parecchio sull’abbigliamento. Ci siamo accorti che è il margine più grande su cui possiamo limare. La posizione è davvero buona già dallo scorso anno. E’ molto veloce di conseguenza l’abbigliamento è l’ultimo passo per raggiungere il mio massimo. Nel ciclismo di oggi questi aspetti fanno la differenza, anche se credo che bene o male il mio livello sia quello che si è visto l’anno scorso.

Il tatuaggio di Cattaneo che invita al buon umore e il body Castelli con cui sta lavorando per migliorare ancora nella crono
Il tatuaggio di Mattia che invita al buon umore e il body Castelli con cui sta lavorando per migliorare ancora nella crono
Quando parli di abbigliamento di riferisci al body?

Sì, alla fine tutto serve. Il body ideale ti può far guadagnare quei 15” che al posto di un quinto posto, cogli il quarto. Si tratta di 3-4 watt. 

Tornerai in galleria del vento a Morgan Hill, in California?

Non credo. Ci ho lavorato lo scorso anno e poi vengo da una stagione infinta. Quella in cui ho corso di più da quando sono professionista. Ho fatto quasi 90 corse. Ho finito con il Lombardia e il 23 ottobre mi sono sposato. Andare a Morgan Hill voleva dire non staccare mai. Poi ripeto, c‘era anche la consapevolezza che i margini sulla posizione e i manubri ormai erano davvero infinitesimali, quindi ci siamo concentrati sull’aspetto del vestiario con Castelli a Milano.

A proposito di materiali, adesso avete il 12 velocità anche sulla bici da crono. Cosa cambia?

Che bloccherò la corona grande una volta del tutto! Dietro potrò usare fino al 34 e con quella scala si fa praticamente tutto.

Remco il saggio pensa al Tour, ma soprattutto alle Olimpiadi

10.01.2024
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CALPE (Spagna) – Un leader. Vero. Formato. Affermato. Così ci è parso come mai prima Remco Evenepoel. Sensazioni avute da come si muoveva in seno alla squadra, al rapporto con i compagni e forse anche con i media. Sembrava più a suo agio. Più spontaneo. Non doveva fare il “duro” come magari aveva lasciato intendere altre volte. E senza Alaphilippe, in Australia, ancora di più ha fatto lui gli onori di casa.

Due giorni fa per Remco e compagni è andato in scena il primo grande lungo della stagione, oltre 200 chilometri, ieri invece giusto una sgambata. C’erano la presentazione della squadra e il successivo “media day”. Dall’alto dello Sky Bar del Suitopia Hotel il belga della Soudal-Quick Step si è concesso ai microfoni.

Con la maglia di campione belga, Evenepoel posa per la sua sesta stagione da pro’
Con la maglia di campione belga, Evenepoel posa per la sua sesta stagione da pro’

Remco il saggio

Una maturazione figlia forse della prima grande sconfitta della carriera, quella del Giro d’Italia, ma anche della caduta e rinascita della Vuelta e anche di successi importanti come la Liegi e il mondiale a crono. Ma forse c’è dell’altro.

E l’altro riguarda le tante voci che hanno coinvolto la sua squadra in autunno. La fusione con la Jumbo, poi quella con la Ineos-Grenadiers, le conseguenti incertezze.

«In realtà – ha detto Remco – è stato un periodo folle, come folle è stato che tutte queste storie abbiano avuto grandi titoli. Dall’esterno la cosa è stata molto più grande di quanto non fosse in realtà. Quindi è stato sorprendente per me vedere così tanti dettagli che non erano nemmeno la verità.

«Poi è chiaro che cerchiamo di elevarci ad un livello superiore con tutti, staff incluso. E si pensi a come migliorare. Ma è così se vuoi essere lassù a combattere con UAE, Jumbo… per i grandi Giri».

Parole da veterano. Remco non nega, ma calma le acque. E se vogliamo si prende la situazione sulle spalle. Anche nella mimica è sempre rimasto tranquillo.

Ormai è un riferimento per i compagni. Eccolo in allenamento sulle strade di Calpe (foto Wout Beel)
Ormai è un riferimento per i compagni. Eccolo in allenamento sulle strade di Calpe (foto Wout Beel)

Tre obiettivi 

Ma poi c’è l’aspetto tecnico, quello più importante. Evenepoel ha detto senza troppi giri di parole che i grandi obiettivi del 2024 sono tre: una buona primavera, comprendendo non solo le Ardenne ma anche la Parigi-Nizza, il Tour de France e le Olimpiadi.

«Quanto è importante la primavera? Dipende, non è solo una scelta personale, ma anche della squadra. Se punti al Tour allora ha avuto ragione anche Vingegaard che ha perso la Parigi-Nizza da Pogacar e poi ha vinto il Tour. Dipende come vuoi arrivare alla tua forma migliore, se fare dei picchi o una progressione.

«Per quel che mi riguarda le classiche sono importanti e ce ne sono alcune che ancora vorrei vincere. Questo darebbe fiducia a me e farebbe stare tranquilla la squadra, vedendo che fila tutto liscio».

Si è parlato di Olimpiadi. Con così pochi corridori al via, la corsa si annuncia molto meno controllabile del solito e questo per un corridore come Remco, che attacca da lontano, senza fare troppi calcoli potrebbe essere un ulteriore vantaggio. Ma questo modo di correre non va sempre bene.

«Chiaro – ha aggiunto il classe 2000 – che è divertente vedermi attaccare, ma in un grande Giro di sicuro non posso correre in quel modo. Fino alle corse di una settimana posso ancora correre come mi piace, ma al Tour e credo anche al Delfinato non potrò fare così».

Remco (classe 2000) esordirà in Portogallo a febbraio con Figueras e Algarve
Remco (classe 2000) esordirà in Portogallo a febbraio con Figueras e Algarve

Ma le Olimpiadi…

Non è ancora chiaro come Remco vorrà affrontare il Tour de France. Di fatto un grande Giro lo ha vinto e se puntasse alla classifica generale non ci sarebbe nulla di strano. Certamente farà così, anche se lui ha detto che sarebbe un successo anche una sola vittoria di tappa. Ma poi afferma anche che la squadra sarà impostata per fare classifica. Fatto sta che in molti ancora pensano che non sia pronto per la Grande Boucle.

Non si tratta solo di watt. Si tratta di tenuta anche di nervi nelle tre settimane, di resistere alla pressione mediatica (e se i giornalisti belgi che erano presenti a Calpe sono il buongiorno, troppa ne avrà Remco in Francia questa estate). Si tratta di avere anche una squadra all’altezza. Ed ecco che, messo tutto insieme, di colpo l’obiettivo Tour diventa Tour più Olimpiadi. E non a torto…

«Ho vinto un grande Giro, dei monumenti, dei titoli iridati, manca la medaglia olimpica e il cerchio sarebbe completo. La cosa buona è che in Francia i due percorsi (crono e strada, ndr) dovrebbero essere adatti a me. Quindi spero di uscire dal Tour davvero bene, sentendomi in buona forma e dare assalto ai due podi olimpici.

«La cosa crudele è che nel ciclismo, il secondo e il terzo posto non contano troppo, il che non è proprio la mentalità olimpica. Ma proprio nella prova a cinque cerchi le cose sono un po’ diverse anche per noi ciclisti».

Nei suoi nove giorni al Giro, il belga è stato nove volte in maglia rosa
Nei suoi nove giorni al Giro, il belga è stato nove volte in maglia rosa

Quel conto aperto

Prima di congedarci dal campione belga, non potevamo non chiedergli del Giro d’Italia. Ha un conto aperto con la corsa rosa, con l’Italia e i tifosi italiani. In molti ancora non hanno digerito le modalità del suo ritiro lo scorso maggio, quando era in maglia rosa.

Il percorso del Giro 2024 è perfetto per Remco, due crono lunghe, nessuna pendenza estrema. Qualche tecnico era persino convinto che dopo la presentazione del percorso Evenepoel sarebbe tornato sui suoi passi e avrebbe scelto il Giro al posto del Tour.

«Non ho guardato bene il percorso del Giro – dice Remco – o almeno non alla sua presentazione, ma ho visto il tracciato successivamente. Sì, poteva essere un buon percorso ma avevamo già preso una decisione ed era quella di fare il Tour de France. 

«Di sicuro un giorno tornerò al Giro per provare a vincerlo perché quello era un obiettivo dell’anno scorso, ma mi è stato portato via in modo innaturale. Ripeto, è un percorso molto bello, ma è bello anche quello del Tour».

Il Grande Slam? Per Gilbert c’è chi può riuscire nell’impresa

09.01.2024
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In questi giorni si torna a parlare di Grande Slam, visto che la prossima settimana partono gli Australian Open di tennis. Qualcuno dirà: «Che cosa c’entra questo con bici.PRO? Ho sbagliato sito?». No, perché anche il ciclismo ha il suo Grande Slam, anche se se ne parla poco. Troppo poco vista la sua importanza e soprattutto la sua difficoltà. Quasi ogni sport ha la sua “serie imperiale” di vittorie, il traguardo precluso a quasi tutti e nel ciclismo esso consiste nella collezione delle 5 Classiche Monumento.

Nella storia del ciclismo solo in tre sono riusciti nell’impresa del Grande Slam: il più grande vincitutto dell’intera storia sportiva, Eddy Merckx e gi altri belgi Rik Van Looy e Roger De Vlaeminck, campione forse troppo trascurato per quel che ha fatto. Chi ci è andato davvero vicino è stato Philippe Gilbert, altro corridore belga al quale la grande impresa è sfuggita davvero di poco, arenandosi contro la Milano-Sanremo corsa per ben 18 volte con due presenze sul podio.

Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti
Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti

Gilbert ha sempre avuto ben presente l’importanza e soprattutto la difficoltà di una simile collezione e vede oggi due corridori in grado di riuscire dove lui ha fallito: «Pogacar e Van Der Poel sono i più vicini, mancano ad ognuno di loro due tasselli per completare il mosaico, ma non è assolutamente semplice metterli insieme. Quello ciclistico è il Grande Slam forse più difficile da ottenere perché ogni gara ha caratteristiche proprie ed è davvero difficile riuscire a essere competitivo in tutte. Serve una completezza che quasi nessuno ha».

Fra i due chi ritieni abbia più possibilità?

Credo che Pogacar abbia tutto per realizzare il sogno, ma non subito. Lo sloveno ha già dimostrato di saper andare sul pavé, ma sa bene che gareggiare alla Roubaix è pericoloso e incide sulla stagione. Potrà riuscirci fra qualche anno, focalizzando questo impegno, preparandosi a dovere per esso. D’altro canto non è un caso se a vincerla sono per lo più corridori vicini o che hanno superato i 30 anni. Serve esperienza, è la caratteristica fondamentale per vincerla.

A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
Per Pogacar ritieni che la Roubaix sia più difficile da vincere che la Milano-Sanremo?

No, al contrario. La Milano-Sanremo è difficile per tutti perché è impronosticabile. Non è una corsa dove si fa selezione, si arriva alla Cipressa tutti insieme e all’imbocco del Poggio tutti i favoriti sono ancora lì. Se guardate, avranno perso contatto solo i 2-3 con qualche acciacco fisico e un paio di pretendenti presentatisi all’appuntamento ancora in eccesso di peso, gli altri ci saranno tutti. Certo, dipende da che posizione si prende, ma poi fare selezione su quelle poche rampe è complicato, si lavora sul filo dei secondi. Alla fine è una corsa lunghissima, dove i tanti chilometri provocano tanta fatica ma senza grandi difficoltà.

Van der Poel può riuscire nell’impresa?

Per l’olandese è più difficile l’impresa. Io penso che la Liegi possa anche essere fattibile, se una serie di condizioni coincidono e non gli rendono la gara troppo dura. Il Lombardia però mi sembra troppo almeno nella sua forma attuale: il Muro di Sormano è una scalata sulla quale uno del suo peso (75 chili, ndr) paga pegno. Non è un caso se io ho vinto il Lombardia prima che introducessero questa nuova difficoltà. Per lui credo proprio che sia troppo.

Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Nel tennis solo Rod Laver è riuscito a completare il Grande Slam nello stesso anno, Djokovic ha sfiorato l’impresa per due volte. Nel ciclismo è possibile vincere tutte e 5 le classiche nello stesso anno?

Per me no, ci sono troppe varianti. Anche un fuoriclasse nella condizione ideale si troverà ad affrontare corse che richiedono caratteristiche lontane fra loro: potrai trovare la formula perfetta per la Sanremo, ma avrai il peso giusto per la Roubaix? E nel caso come riuscirai ad affrontare le salite della Liegi? E’ davvero impossibile. Io parlo per la mia esperienza: ho vinto Liegi e Lombardia che pesavo 69 chili, quando ho trionfato a Fiandre e Roubaix avevo un peso forma di 74 chili. E cambia tutto…

Proviamo a vedere se c’è qualcun altro che potrebbe riuscirci, ad esempio Van Aert…

Ha 29 anni e finora ha vinto solo la Sanremo, mi pare difficile. Le stagioni sono passate e Wout ha collezionato tanti piazzamenti, ma pochi centri. Uno che secondo me poteva riuscirci per le sue caratteristiche era Kwiatowski, se non avesse deciso di mettersi a disposizione degli altri. Se lo avesse programmato, credo che in qualche anno avrebbe anche potuto farcela, soprattutto dopo che nel 2017 aveva centrato la Sanremo che è un po’ il terno al lotto dell’intera collezione.

Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
E tra i più giovani?

Uno che potrebbe è Evenepoel perché va bene su ogni terreno. Ha vinto due volte la Liegi, al Fiandre ha dimostrato di potercela fare. Certo, dovrebbe centrare la Sanremo e preparare la Roubaix, che sarebbe per lui la corsa più ostica. Sicuramente per la corsa francese è ancora un po’ acerbo, ma può davvero completare la raccolta.

Tu sei arrivato a un passo: la Sanremo era diventata un’ossessione?

Non direi. Il Grande Slam è stato invece uno stimolo, la motivazione per andare avanti. Mi ha dato modo di sognare e questo è già un grande risultato. Io sono contento di quel che ho fatto, so che ci sono andato vicino e non è da tutti.

Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
E’ più difficile collezionare le Classiche Monumento o i Grandi Giri?

Le prime, non c’è dubbio. In un grande Giro devi essere a tutta per tre settimane e superare indenne quelle 2-3 tappe fondamentali, poi è cosa fatta. Non è un caso se ad aver realizzato la tripletta nel corso degli anni siano stati molti più corridori che per le classiche. Il Grande Slam è quello, non ci sono dubbi né discussione…

EDITORIALE / Il mercato dei giganti e due squadre da capire

08.01.2024
6 min
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Chissà se dalla finestra del Suitopia Suites di Calpe, guardando verso la stagione che lo attende, Remco Evenepoel (foto Wout Beel in apertura) avrà soltanto pensieri felici. E mentre uno di noi è già in volo verso il ritiro della Soudal-Quick Step per andare a chiederglielo, l’osservazione delle manovre di mercato racconta una serie di situazioni davvero interessanti. Due squadre in particolare (e non senza sorpresa) sembrano fortemente indebolite: la Ineos Grenadier e il team del campione belga. Come mai?

Fusioni e scorie

E’ sempre più credibile che la fusione fra le due fosse pronta e organizzata ben prima di quella, saltata fuori in seguito, della Soudal con la Jumbo. Da quanto tempo il padre di Evenepoel raccontava della fantastica offerta ricevuta per suo figlio? Non vi era parso insolito che la Ineos lasciasse partire così tanti corridori di peso, senza avere la certezza che ne sarebbero arrivati altri per sostituirli? Poi qualcosa è andato storto, magari l’acquisto delle quote del Manchester United da parte di Ineos ha sconsigliato spese folli nel ciclismo, ed è stato necessario correre ai ripari. La successiva ipotesi di fusione fra Soudal e Jumbo avrebbe potuto supportare Lefevere e chiudere il buco di Visma, ma non aveva alle spalle lo studio necessario.

Sivakov arriva al UAE Team Emirates per la squadra del Tour accanto a Pogacar: bel colpo di mercato
Sivakov arriva al UAE Team Emirates per la squadra del Tour accanto a Pogacar

Così Pavel Sivakov è finito alla UAE Emirates. Tao Geoghegan Hart alla Lidl-Trek. Daniel Martinez alla Bora-Hansgrohe. Ben Tulett alla Visma-Lease a Bike. Luke Plapp alla Jayco-AlUla. Alla Ineos restano Geraint Thomas con un anno di più ed Egan Bernal, della cui integrità avremo conferme quest’anno. E’ arrivato Tobias Foss, ma non è certo questo lo standard di mercato cui ci aveva abituato la squadra britannica, che nel frattempo ha perso parti significative dello staff: su tutti Matteo Tosatto e Rod Ellingworth, capo supremo delle operazioni sportive.

Basta Landa?

La Soudal-Quick Step invece ha smantellato la struttura per le gare fiamminghe e quella di supporto per i velocisti, che spesso si integravano. E’ arrivato Moscon, ottima scommessa, che da solo non può però raccogliere l’eredità di una squadra che su certi percorsi ha insegnato al mondo intero.

Sono partiti, fra gli altri, Bagioli (Lidl Trek), Jakobsen (DSM Firmenich), Davide Ballerini e Morkov (Astana), Tim Declercq (Lidl Trek), Rémi Cavagna (Movistar). L’obiettivo, neanche troppo misterioso, era quello di supportare Evenepoel nel primo assalto al Tour, invece per farlo è stato ingaggiato solo Mikel Landa. Ottimo atleta, che però ha 34 anni: l’ultima volta che ha lavorato per un leader ne aveva 10 di meno e masticò amaro prima di sacrificarsi per Aru. Cosa pensa davvero Evenepoel della stagione che lo aspetta?

Tao Geoghegan Hart è uno dei talenti per le corse a tappe, ora in ripresa da un infortunio (foto Lidl-Trek)
Tao Geoghegan Hart è uno dei talenti per le corse a tappe, ora in ripresa da un infortunio (foto Lidl-Trek)

Lidl-Trek regina del mercato

Altri non sono restati a guardare. La Lidl-Trek ha speso tanto, forte dell’arrivo del nuovo sponsor che già ai mondiali di Glasgow aveva tappezzato le strade. Sono arrivati fra gli altri, come detto, Tao Geoghegan Hart, Milan e Bagioli. Il primo una maglia rosa l’ha già vinta e ha margini notevoli, se si pensa che prima di cadere al Giro era a pochi secondi da Roglic e aveva vinto il Tour of the Alps. Milan non è solo un velocista e potrebbe sorprendere molti nelle classiche del pavé. Bagioli è sulla porta dell’exploit e per la prima volta trova un gruppo che gli dà fiducia piena.

Il UAE Team Emirates continua nell’opera di rinforzo del gruppo attorno a Pogacar, con l’arrivo di Sivakov che può davvero spostare gli equilibri. E dato che lo sloveno ha deciso di razionalizzare i suoi sforzi, non ci sarà da meravigliarsi nel vedere in prima linea corridori come Ulissi, solitamente usati per tirare, e ora rivalutati per la loro possibilità di fare risultato e punti.

Punto per punto

Proprio questo sarà uno dei temi della stagione. E se il Tour potrebbe giovarsi dei nuovi equilibri, per cui a Pogacar e Vingegaard si aggiungeranno Roglic ed Evenepoel, anche il resto del calendario potrebbe subire un’impennata inattesa. Avendo capito che non è il caso di ridursi all’ultimo per conquistare i punti necessari, quasi tutte le grandi squadre hanno preferito disegnare due attività parallele. In un gruppo hanno messo i pezzi grossi dei Giri o delle Classiche Monumento, nell’altro quel che serve per vincere o essere comunque protagonisti. La sensazione di molti è che si assisterà a un anno pazzesco, come nella stagione del Covid, in cui non ci saranno corse di transizione o di studio, ma una serie di sfide all’ultimo punto fra corridori che finalmente potranno correre con la briglia sciolta.

Il cambio maglia di Roglic è stato il colpo del mercato 2024: il suo obiettivo è il Tour (foto Instagram)
Il cambio maglia di Roglic è stato il colpo del mercato 2024: il suo obiettivo è il Tour (foto Instagram)

Dente per dente

Tornando al mercato, in casa Bora-Hansgrohe, dopo l’arrivo di Roglic, si è assistito alla scalata di Red Bull, che ha rilevato il 51 per cento della società. L’operazione a lungo andare coinvolgerà Van Aert e Pidcock, sponsorizzati dal colosso asutriaco? Roglic è un vincente vero e forse, proprio per questo, non ha digerito l’ordine di regalare la Vuelta a Kuss. Con la prospettiva di perdere Visma, la Jumbo ha apprezzato gli euro della squadra tedesca e lo ha lasciato andare.

Per contro e per un imprevedibile contrappasso, la Bora ha gestito assai male la vicenda di Uijtdebroeks. Il belga lamentava l’ordine di dare precedenza a Vlasov nella classifica della Vuelta e da quel momento tutto per lui è diventato brutto, compresa la bici alla Crono delle Nazioni. Con un po’ più di lungimiranza, si poteva lasciargli spazio. Vlasov non avrebbe mai vinto la Vuelta, Cian magari ci riuscirà, ma lo farà a questo punto con la squadra olandese.

La Visma-Lease a Bike per contro ha gestito l’arrivo del giovane belga con il solito pelo sullo stomaco. I contratti sono contratti e non si può forzare la mano in barba a ogni regolamento. Loro invece l’hanno fatto, come già a suo tempo con Van Aert e non v’è dubbio che lo faranno ancora (un recente tentativo, poi fallito, sarebbe stato fatto con Andreas Kron della Lotto-Dstny). Mentre Richard Plugge continua a teorizzare la Super Lega, nel team che ha perso Van Hooydonck sono arrivati Jorgenson (per sostituirlo la Movistar ha rispolverato Quintana) e appunto Uijtdebroeks. 

Uijtdebroeks finalmente felice nella nuova squadra dopo troppe forzature (foto Visma-Lease a Bike)
Uijtdebroeks finalmente felice nella nuova squadra dopo troppe forzature (foto Visma-Lease a Bike)

Chi paga il prezzo?

Tutto intorno ci sono le squadre che faticano per mettere insieme il pranzo con la cena: non solo professional, ma anche WorldTour. E mentre quelli che restano a piedi cercano ricovero in situazioni più piccole e diversamente accoglienti, ci sono i più deboli che ne fanno le spese. Alcuni sono costretti a smettere senza aver avuto il tempo di capire e farsi capire. Altri si renderanno conto presto di quanto si alzerà il livello in ogni santo giorno del calendario e scopriranno che sarà sempre più dura strappare un titolo ai giganti del WorldTour. Con buona pace di chi disegna i calendari e pensa si possa continuare a mettere tutti nella stessa insalatiera. Cos’altro dire? Non vediamo l’ora di partire…

Maglia bianca e l’erede di Pogacar? Gasparotto ha le idee chiare

08.12.2023
6 min
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Una certezza del prossimo Tour de France è che Tadej Pogacar non sarà la maglia bianca di Parigi. Dopo averne vinte quattro di fila, il corridore della UAE Emirates infatti diventerà grande e questo lascerà spazio, spazio pregiato, ad altri corridori.

Con Enrico Gasparotto, direttore sportivo della Bora-Hansgrohe, abbiamo cercato di capire chi potranno essere gli eredi dello sloveno, visto che con Cian Uijtdebroeks è chiamato in causa per quel che riguarda le maglie bianche. Il giovanissimo belga infatti ha detto che vorrà fare classifica al Giro e anche in Italia tra l’altro c’è un habitué della maglia bianca, Joao Almeida.

Enrico Gasparotto (classe 1982) è sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe dal 2022
Gasparotto (classe 1982) è sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe dal 2022
Enrico, a prescindere dai programmi, i nomi possibili per le prossime maglie bianche, sono parecchi: Ayuso, Evenepoel, Pidcock, Carlos Rodriguez, Arensman, Uijterbroecks, Buitrago, Zana, Martinez…

Se parliamo di Tour ne dico due e basta: Remco Evenepoel e Carlos Rodriguez. Loro sono senza dubbio i più papabili, anche perché non so se Ayuso andrà al Tour e anche se ci andasse cosa farebbe?

La UAE sarebbe concentrata su Tadej?

Esatto, ma penso anche alla Jumbo-Visma.

Cioè?

Per loro ripetere il 2023 sarà difficile e… lo sanno. Hanno una pianificazione decisa e precisa. Quest’anno punteranno sul Tour chiaramente, ma punteranno tanto anche sulle classiche. Vogliono un monumento, un Fiandre, una Roubaix, che ancora gli manca. In più non avranno Van Aert, né Van Hooydonck, due pedine fondamentali. Tornando al discorso dei giovani quindi, sarà un’occasione ancora più ghiotta per Pogacar. Ayuso sarebbe più bloccato. Mentre Remco o Carlos Rodriguez avrebbero più libertà. Credo che Carlos Rodriguez, quinto assoluto nel 2023 (secondo nella maglia bianca, ndr), sarà capitano della Ineos-Grenadiers.

Rodriguez più di Pidcock?

Per me sì, Pidcock ha anche le classiche in testa. Bisognerà vedere bene che programma farà e cosa vorrà veramente dal Tour. Ma non per questo dico che in ottica futura non possa migliorare. Tuttavia resto dell’idea che Rodriguez e Remco sono i primi due pretendenti alla successione della maglia bianca di Pogacar. E credo che Rodriguez abbia qualche possibilità in più.

Alla Vuelta si è assistito in parte allo scontro per la maglia bianca fra Evenepoel e Rodriguez
Alla Vuelta si è assistito in parte allo scontro per la maglia bianca fra Evenepoel e Rodriguez
Perché?

Perché Evenepoel non ha paura di attaccare e questo magari ad un certo punto del Tour potrebbe pagarlo, sia da un punto di vista tattico che fisico. Mentre Rodriguez è più un regolarista, corre in modo più tradizionale se vogliamo ed è in una squadra leader per le corse a tappe.

Come detto non sappiamo i programmi di tutti i ragazzi, ma poniamo che Ayuso vada in Francia. Non lo vedi un pretendente alla maglia bianca?

Numeri sulla carta sì, non si può certo dire di no, ne ha già vinte due alla Vuelta. Ma poi bisogna contestualizzare le situazioni e quando hai Tadej in squadra sono pochi gli obiettivi personali. Quest’anno è stata una particolarità: quando hanno capito che non avrebbero vinto il Tour hanno cercato di portare, riuscendoci, Adam Yates sul podio. Un risultato importante per la squadra, per i punti.

Chiaro…

In generale un po’ tutti i nomi che abbiamo fatto all’inizio sono validi ma poi, come ripeto, vanno contestualizzati nell’ambito della corsa e della squadra. Anche Buitrago può fare molto bene per esempio, ma non lo vedo all’altezza di un Remco o di un Carlos Rodriguez.

Questa estate Pidcock è stato 4° nella classifica della maglia bianca del Tour a 40′ da Pogacar. Pensate che il quinto, Skjelmose, era ad oltre 2 ore
Questa estate Pidcock è stato 4° nella classifica della maglia bianca del Tour a 40′ da Pogacar. Pensate che il quinto, Skjelmose, era ad oltre 2 ore
Sinceramente credevamo che dopo la presentazione del Giro, Remco cambiasse idea. Due crono, nessuna salita estrema. E’ ancora possibile in questo ciclismo della programmazione cambiare i piani a questo punto?

Onestamente il giorno dopo la presentazione del Giro d’Italia anche io ho pensato: «Remco cambia idea e verrà al Giro». E’ una corsa particolare: due crono lunghe e da specialisti. Quella di Desenzano nella prima parte è molto tecnica. Poi ci sono molte salite lunghe, quasi tutte oltre i 10 chilometri, ma nessuna scalata estrema tipo Zoncolan, Tre Cime o Mortirolo, salite da 8 all’ora. E quindi questa sua decisione un po’ mi ha stupito. Però Remco ha provato la Vuelta, ha provato il Giro e ci sta che voglia provare anche il Tour. Riguardo al cambio dei piani che dire: sono questi i mesi in cui team progettano le loro strategie e magari da qui a fine febbraio, quando i programmi saranno definiti, ci sarà qualche sorpresa.

Torniamo alla maglia bianca e all’ormai duello Rodriguez-Evenepoel: il percorso del Tour chi avvantaggia?

Bella domanda. Alla fine la tappa gravel non favorisce nessuno dei due. Li vedo in difficoltà entrambi e lì nessuno dei due, nello scontro diretto, uscirà da vincente o perdente. Poi sta alle capacità di recupero di entrambi. E questo non sarà facile, perché dovranno essere in forma sin dall’inizio. La partenza in Italia non sarà semplice e stare tre settimane piene al “top-top” non è così scontato. La maglia bianca andrà a chi non avrà giornate no.

Oltre a Remco e Carlos prevedi qualche sorpresa?

No, il Tour è talmente duro, difficile e complesso nella sua interpretazione che non c’è spazio per le sorprese.

Joao Almeida ha vinto la maglia bianca del Giro 2023. In realtà è la prima, ma in quattro partecipazioni al Giro l’ha indossata per oltre 30 giorni
Joao Almeida ha vinto la maglia bianca del Giro 2023. In realtà è la prima, ma in quattro partecipazioni al Giro l’ha indossata per oltre 30 giorni
Prima di congedarci, Enrico, un paio di domande anche sull’erede di Joao Almeida, spesso maglia bianca del Giro d’Italia: chi sarà? Voi tra l’altro avete un serio pretendente, Cian Uijtdebroeks.

Eh, ma non svelo i nostri programmi!

Ma lo ha dichiarato lui che sarà in Italia…

Non so rispondere con precisione, dipenderà da chi farà il Giro. Di certo Cian è valido per le corse a tappe. Quest’anno in quelle WordTour che ha fatto è sempre stato nella top ten. Ha il talento dalla sua parte e anche molte cose da migliorare. Forse in Italia ci potranno essere più sorprese e non solo per la maglia bianca. Avendo i grandi nomi al Tour, ci sarà una top ten molto incerta. Ad ora vedo molto bene Geraint Thomas. Riguardo ai giovani non è facile rispondere perché anche se i numeri del dislivello non sono paragonabili a quelli del 2022 e del 2023 e le tappe sono più corte, le insidie non mancano e il Giro resta difficile. Per esempio dopo le due crono c’è sempre l’arrivo in salita e il rischio è che qualcuno si possa svuotare nella crono. L’esperienza potrebbe fare la differenza.

Vista così e l’importanza delle crono, giochiamo la carta italiana e diciamo Antonio Tiberi.

Resto dell’idea che individuare un pretendente alla maglia bianca al Giro è davvero difficile.

La Superlega e il curioso precedente delle Hammer Series

04.11.2023
6 min
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Ci sarà davvero una Superlega nel ciclismo? La notizia dei giorni scorsi, relativa al progetto di 5 squadre (Jumbo Visma e Soudal QuickStep come promotrici, EF Education EasyPost, Lidl-Trek e Bora Hansgrohe che hanno sposato subito l’idea) ha fatto il giro del mondo, anche perché dietro c’è il Fondo Pubblico d’Investimento dell’Arabia Saudita, che ha già ridisegnato parzialmente il calcio, portando una marea di stelle, da Ronaldo in poi a giocare nel campionato saudita e sta gettando le basi per i mondiali di calcio del 2034.

Diventerà realtà o finirà come l’omonima del calcio? Solo il tempo lo dirà, ma già in base a quel che si sa, c’è una corposa differenza. Se la Superlega calcistica si muove sempre e costantemente in antitesi, se non in contrasto con la Fifa, qui i rapporti sono ben diversi. L’Uci non si è mostrata contraria, ha anzi dato la sua disponibilità a partecipare agli incontri e quindi a discutere della sua nascita, di come far coincidere l’attività classica con quella “nuova”, soprattutto a parlare del vero tema alla base di questo progetto: la spartizione dei diritti televisivi.

La Mitchelton-Scott vincitrice delle Hammer Series 2018 sulla Quick-Step Floors. Al centro Matteo Trentin
La Mitchelton-Scott vincitrice delle Hammer Series 2018 sulla Quick-Step Floors. A sinistra, Matteo Trentin

Tutto nasce dai diritti Tv

Il tema della divisione delle entrate date dalla montagna di ore di diretta, della produzione delle immagini, in generale dei rapporti politici di forza nel ciclismo professionistico è sempre più all’ordine del giorno. Sappiamo bene che può portare anche ad autentici corto circuito come avvenuto con la triste vicenda dell’Adriatica Ionica Race, se guardiamo al nostro giardino… L’Uci non vuole affrontare la questione sul piano della mera contrapposizione e segue una strada simile a quella del passato, quando di Superlega si era già parlato, anzi… si era già fatta.

Già, perché nel ciclismo professionistico una creatura gestita direttamente dai team è un discorso vecchio, del quale si cominciò a parlare già poco dopo l’inizio del secolo. Arrivando poi a un progetto messo su carta, alla ricerca di investitori e, nel 2016, al suo lancio: le Hammer Series.

Tom Dumoulin fu uno dei corridori più ricercati dai tifosi, soprattutto nel suo Limburgo
Tom Dumoulin fu uno dei corridori più ricercati dai tifosi, soprattutto nel suo Limburgo

Vince la squadra, non l’uomo

Parlando di Superlega è quindi doveroso ricostruire la storia di questo anomalo circuito, creato da Velon, azienda britannica specializzata nel supporto digitale e nella produzione d’infodati per i team professionistici. Facendo leva sui team con cui aveva già un rapporto professionale, Velon lanciò l’idea di un circuito completamente nuovo, nelle gare, nella loro formula, nella loro stessa concezione.

Si trattava innanzitutto di una competizione a squadre, che andava quindi completamente in contrasto con la secolare cultura ciclistica dell’uomo solo al comando. Qui le classifiche erano per team, che dovevano gareggiare in 3 competizioni distinte, sempre a tappe. Ognuna di esse era divisa in tre frazioni: una per scalatori, una per velocisti e infine una cronosquadre a inseguimento.

La gara fra i grattacieli di Hong Kong. Nei progetti era già previsto l’approdo anche in Colombia
La gara fra i grattacieli di Hong Kong. Nei progetti era già previsto l’approdo anche in Colombia

Una formula innovativa

Interessante la formula, completamente lontana dal solito. Innanzitutto ogni gara era allestita su un circuito: le squadre, composte da 7 corridori, ne sceglievano fino a 5 per ogni tappa, lasciandone 2 in panchina. Ogni gara prevedeva che al passaggio sotto il traguardo si acquisivano punti, che andavano al team, con un doppio punteggio in coincidenza dell’arrivo (un po’ come su pista). I punti sarebbero poi andati a costituire un pacchetto di secondi di decalage da attribuire ai team per la frazione finale, allestita con il metodo Gundersen: partenza per prima della squadra in testa alla classifica, a seguire le altre ognuna con il distacco accumulato. Quella che fosse arrivata davanti nella tappa conclusiva si sarebbe aggiudicata la classifica.

Come venne presa questa idea dai corridori? In generale abbastanza bene, a questo proposito illuminanti furono le parole di un giovanissimo Remco Evenepoel alla vigilia del suo esordio in gara nel 2019.

«Ho visto i video delle gare su Youtube – disse – e posso affermare che mi sto preparando per una guerra… Sono ogni volta 2 ore di corsa a tutto gas, con salite forse troppo brevi per le mie caratteristiche, ma ripetute così ossessivamente che alla fine pesano tantissimo nelle gambe. I compagni dicono che questo tipo di gare è tostissimo, fra le più dure dell’intera stagione».

Evenepoel fece il suo esordio nel 2019, venendo accolto con grande enfasi
Evenepoel fece il suo esordio nel 2019, venendo accolto con grande enfasi

La crisi parte dall’Asia

Velon trovò subito spazio nel calendario attraverso tre località: Limburgo in Olanda, Stavanger in Norvegia e Hong Kong, a cui era affidata la chiusura in coincidenza con la fase asiatica del calendario. Il progetto prese subito piede, anche se le difficoltà non mancarono. Il progetto iniziò in maniera circospetta: nel 2017 si disputo solamente la gara olandese, con vittoria finale per il Team Sky.

Nel 2018 l’idea aveva preso vigore. Si cominciò a Stavanger, con la Mitchelton Scott che fece piazza pulita di successi, poi a Limburgo ci fu la reazione della Quick-Step Floor, infine la gara di Hong Kong dove la Mitchelton chiuse i conti. In terra orientale però non venne organizzata la prova per scalatori, una piccola crepa che poi, come si vedrà, si sarebbe allargata.

Il sorpasso della Jumbo Visma: la cronosquadre a inseguimento garantiva uno show d’immediata comprensione
Il sorpasso della Jumbo Visma: la cronosquadre a inseguimento garantiva uno show d’immediata comprensione

Un’altra “vittima” del Covid…

Nel 2019 infatti, dopo la tappa norvegese andata alla Jumbo-Visma (con un pressoché sconosciuto Vingegaard in squadra) e la risposta della Deceuninck-Quick Step in Olanda (con Evenepoel già protagonista), la prova asiatica venne cancellata, con trofeo finale assegnato alla Jumbo-Visma davanti a Deceuninck e Team Sunweb. Nessuno allora poteva prevederlo, ma quello fu il canto del cigno per le Hammer Series.

L’anno dopo infatti arrivò il Covid, con l’attività ufficiale compressa in tre mesi. L’impossibilità di trovare spazi nel calendario andò di pari passo con una profonda rivoluzione ciclistica. L’esplosione di Pogacar, i fari puntati addosso a Evenepoel dopo la terribile caduta al Lombardia, in generale la straordinaria crescita di attenzione verso il ciclismo da parte di gente affamata di sport dopo mesi di astinenza cambiarono le carte in tavola. E l’Uci, che di buon grado aveva comunque sopportato il nuovo circuito, poté ripartire l’anno successivo da una situazione molto più forte.

Sonny Colbrelli con Padun vinse la prova per scalatori in Olanda nel 2018
Sonny Colbrelli con Padun vinse la prova per scalatori in Olanda nel 2018

Ora si ricomincia?

Le squadre persero interesse verso quel progetto, praticamente sparito anche dalle proposte di Velon. In Asia d’altronde si continuava a non gareggiare, solamente quest’anno l’attività è tornata alla normalità. I team si sono concentrati sull’attività classica e su movimenti di mercato anche fantasiosi, vedi la fusione fra Jumbo-Visma e Soudal, che ha lasciato in piedi contatti profondi fra i propri dirigenti, ponendo le basi per nuove iniziative. Magari prendendo spunto proprio da quelle due strane edizioni, a metà fra lo sport e Giochi Senza Frontiere…

Ecco Widar, ma non ditegli che è il nuovo Remco…

16.10.2023
5 min
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Nella stagione juniores uno dei grandi protagonisti è stato Jarno Widar. E’ vero, non è campione mondiale né europeo, eppure con i suoi 14 successi internazionali ha saputo mettere il marchio sull’annata almeno quanto gente come l’iridato Philipsen, per citare quello sulla bocca di tutti. Il belga lo abbiamo ammirato anche in Italia, vincente al Trofeo Paganessi dopo essere stato beffato il giorno prima da Donati e compiere una straordinaria doppietta iniziale al Giro di Lunigiana.

Widar ha avuto soprattutto una seconda parte di stagione fulminante, che gli ha catalizzato addosso l’attenzione dei media, soprattutto in Belgio dove la crescita di talenti simili sembra sia diventata abitudine da Evenepoel in poi e ognuno di essi viene paragonato giocoforza all’iridato a cronometro. Widar però è ben conscio del suo valore e non ama i paragoni. Proviamo allora a conoscerlo un po’ meglio, perché ne sentiremo parlare ancora a lungo.

Il belga in maglia verde al Lunigiana. Alla fine però ha vinto la classifica a punti e per i Gpm (foto Roberto Fruzzetti)
Il belga in maglia verde al Lunigiana. Alla fine però ha vinto la classifica a punti e per i Gpm (foto Roberto Fruzzetti)
Come hai iniziato a fare ciclismo?

E’ passato molto tempo. Ho seguito le orme di mio fratello, tornato alle gare quest’anno. Ho continuato a gareggiare anche con la scuola in contemporanea, il fatto di aver finito lo scorso anno mi ha agevolato alquanto in questa stagione.

Che tipo di corridore sei, quali sono i percorsi che preferisci?

Non ho un percorso di base che mi piace di più, vado bene sia sugli strappi brevi che sulle salite lunghe, cerco di adattarmi sempre al tipo di corsa che mi si presenta davanti.

Quest’anno hai ottenuto 14 vittorie internazionali. Qual è stata per te quella più importante?

E’ davvero difficile scegliere, non saprei proprio perché ognuna ha avuto un valore. Potrei dire il Fiandre come il campionato nazionale, la Classique des Alpes in Francia, ognuna mi ha dato qualcosa in più. Ho adorato le gare italiane, il Lunigiana è stato fantastico.

La vittoria di Widar al Fiandre, una delle 14 vittorie della sua grande stagione (foto Geert De Rycke)
La vittoria di Widar al Fiandre, una delle 14 vittorie della sua grande stagione (foto Geert De Rycke)
Hai gareggiato tanto quest’anno in Italia. Ti piace il ciclismo italiano e i percorsi che si trovano qui?

Molto, perché c’è una grande varietà. Mi piace pedalare lì, c’è sempre quell’atmosfera che ti dà qualcosa in più. Io quando sono in Italia mi sento felice.

Sei stato uno dei protagonisti della stagione junior, senza però grandi risultati ai mondiali o europei: che cosa è successo?

A Glasgow ho avuto molta sfortuna nel primo giro, qualcuno proprio nella mia zona di gruppo mi ha urtato e il mio cambio non funzionava più, quindi ho dovuto cambiare bici, ma anche quella sull’ammiraglia non andava, così mi sono dovuto fermare di nuovo, ormai avevo perso oltre 4 minuti e la mia corsa era finita. Ho provato a risalire, sono arrivato a circa un minuto dal gruppo, ma i più forti avevano già iniziato la loro battaglia, continuare non aveva senso. Era un’occasione d’oro, sentivo che avevo grandi gambe e sono rimasto molto deluso. Anche all’europeo avevo delle ottime gambe, ma ho girato la Vamberg intorno alla quarantesima posizione, quindi non ho potuto sprintare per la vittoria. Venivo da troppo lontano.

In inverno la Lotto ha svolto un raduno con tutti i team della sua filiera, compreso il CC Chevigny (foto Instagram)
In inverno la Lotto ha svolto un raduno con tutti i team della sua filiera, compreso il CC Chevigny (foto Instagram)
Il tuo team è strettamente collegato alla Lotto Dstny, ora approderai alla squadra Development. Quanto è importante essere indirizzati già da giovanissimi su una strada che porta al professionismo?

Non penso che sia così importante perché ci sono davvero molte squadre Devo, la scelta nel ciclismo attuale è ampia e ci sono tante strade per emergere. Ogni grande squadra ha una filiera predefinita, quindi non è più così eclatante, è più nella normalità. Quel che conta è essere abbastanza efficiente da finire nel mirino di qualche team importante, poi la strada è tracciata sin dalle generazioni più giovani. Per me è stato così.

Ora molti parlano di te come del nuovo Remco Evenepoel. La cosa ti fa piacere o ti crea troppa pressione?

Me l’aspettavo questa domanda… Se devo essere sincero non mi interessa. E’ quello che dice la gente, ma io non amo i paragoni, guardo a me stesso e alla mia squadra che mi segue come meglio non si potrebbe. Percorro la mia strada, quindi non sento alcuna pressione intorno a me, sono paragoni che non hanno un gran significato.

Il mondiale di Glasgow è stato molto sfortunato per Widar, chiuso con il ritiro
Il mondiale di Glasgow è stato molto sfortunato per Widar, chiuso con il ritiro
Quali pensi però siano gli elementi in comune con Remco e quelli diversi?

Penso che in salita abbiamo le stesse caratteristiche, ma lui a cronometro è molto più forte di me. Quel che ci unisce forse è il fatto che per vincere è meglio che arriviamo da soli…

Ora passi di categoria: che cosa cambia per te e quanto pensi di rimanere fra gli under 23?

Penso che farò un anno, se tutto va bene alla fine del 2024 passerò, ma è difficile fare previsioni, magari basta una caduta e tutta la stagione viene compromessa. Vedremo come va, nel caso restare ancora nel team Devo non sarebbe una bocciatura. Non voglio caricarmi di troppe aspettative.

Widar insieme al suo team, dove milita dallo scorso anno, quando vinse 3 volte (foto Instagram)
Widar insieme al suo team, dove milita dallo scorso anno, quando vinse 3 volte (foto Instagram)
Che target ti sei posto per la prossima stagione?

Non sto tanto a guardare il calendario, quel che la squadra mi proporrà andrà bene. Penso comunque che già al primo anno fra gli under 23 posso trovare le gare giuste per vincere, dipenderà tutto da me.

Hai un sogno per il tuo futuro?

Il sogno… Sono proprio i sogni che ti fanno andare avanti, che ti spingono a fare sempre meglio. So che potrà sembrare scontato, ma è quello che hanno tutti i ciclisti quando iniziano questa grande avventura: essere un giorno agli Champs Elysées indossando la maglia gialla del Tour…

I top e flop del 2023. I verdetti di Gregorio e Pancani

10.10.2023
7 min
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All’epilogo del 2023 su strada manca pochissimo, col calendario che prevede gli ultimi impegni di classe 1.Pro e World Tour. In questi giorni si sta correndo ancora in Turchia, in Veneto, in Cina e in altri angoli più isolati del mondo. Tutte gare che per qualche corridore potrebbero riequilibrare (parzialmente o meno) l’annata ma che non andrebbero a stravolgere la graduatoria di chi ha convinto o di chi è stato al di sotto delle aspettative.

Abbiamo voluto interpellare Luca Gregorio (che ci ha anticipato ciò che ha detto nel suo podcast) e Francesco Pancani, rispettivamente le prime voci delle telecronache Eurosport e Rai Sport, per conoscere i loro personalissimi “top&flop” della stagione. Un compito forse meno scontato del previsto.

Il rischio di trovarsi di fronte all’imbarazzo della scelta, sia in positivo che negativo, nell’esprimere i propri verdetti c’era eccome.

Sia per Gregorio che per Pancani, Pogacar e Vingegaard sono stati indubbiamente due top del 2023
Sia per Gregorio che per Pancani, Pogacar e Vingegaard sono stati indubbiamente due top del 2023

I promossi

Sentiamo che nomi ci hanno dato, motivandoli con il loro stile e non necessariamente in ordine di importanza. E partiamo dai promossi.

GREGORIO: «Inizio da Tadej Pogacar. E’ semplicemente il migliore. Numero uno della classifica mondiale, sempre sul pezzo da febbraio a ottobre. Protagonista nelle classiche e nelle corse a tappe. Vogliamo dirgli qualcosa? Fiandre e Lombardia (il terzo di fila come Coppi e Binda) nello stesso anno. Pazzesco».


PANCANI: «Filippo Zana. Parto con i cosiddetti top sotto un’ottica diversa, inserendo due nomi italiani. Il primo è il veneto della Jayco-AlUla. Personalmente ero molto curioso di vederlo in un team WorldTour e penso che abbia dimostrato grande personalità. La vittoria a Val di Zoldo al Giro d’Italia è la ciliegina sulla torta della sua stagione, oltre alla generale allo Slovenia. Però più che questi successi, mi è piaciuta la regolarità con cui ha lavorato alla grande per i suoi capitani».

GREGORIO: «Il secondo nome che faccio è Mathieu Van der Poel, un cecchino infallibile. Anno magico per lui e per questo merita il premio, per me, di migliore del 2023. Sanremo, Roubaix e un Mondiale da leggenda nel giro di sei mesi. Fenomenale».

Senza dubbio Filippo Zana è stata una delle belle conferme (o sorprese?) della stagione, specie per Pancani
Senza dubbio Filippo Zana è stata una delle belle conferme (o sorprese?) della stagione, specie per Pancani

PANCANI: «Dico Filippo Ganna perché secondo me anche il giorno che non correrà più sarà sempre un top. Ha fatto un grande inizio di stagione con un bellissimo secondo posto alla Sanremo e pure durante la stagione, specie nel finale alla Vuelta, si è riscoperto anche velocista. Poi, anche se non parliamo di strada, non posso dimenticare quello che ha fatto in pista ai mondiali di Glasgow nell’inseguimento individuale».

GREGORIO: «Proseguo con Jonas Vingegaard, a mio parere il più forte corridore attuale nei grandi giri a tappe. Dominante in salita, efficace a crono, sempre sul pezzo e con attorno una squadra super. Ha vinto anche Baschi e Delfinato e avrebbe potuto prendersi pure la Vuelta. Ice-man».

PANCANI: «Ovviamente Tadej Pogacar. E’ un corridore che vince da febbraio ad ottobre e non si tira mai indietro. Ha vissuto una primavera fantastica vincendo Parigi-Nizza, Fiandre, Amstel e Freccia. Solo una caduta alla Liegi lo ha messo fuori gioco compromettendogli la preparazione al Tour. Nonostante tutto in Francia ha ottenuto il suo quarto podio finale. Ha fatto secondo, un piazzamento che pesa. Ha chiuso poi alla grande col Lombardia».

GREGORIO: «Aggiungo Primoz Roglic. Ha vissuto la stagione dei sogni. Il suo peggior risultato è un quarto posto, ovviamente non considerando i piazzamenti nelle tappe parziali di un grande giro. Può piacere o meno come stile e modo di correre, ma è quasi infallibile. Giro d’Italia, Tirreno, Catalunya, Emilia, terzo alla Vuelta. Il modo migliore per salutare i calabroni. Garanzia».

Uno splendido Roglic sfila in rosa sulle strade di Roma. E questo non è stato il suo unico grande risultato, ha ricordato Gregorio
Uno splendido Roglic sfila in rosa sulle strade di Roma. E questo non è stato il suo unico grande risultato, ha ricordato Gregorio

PANCANI: «Un altro che non può mancare è Mathieu Van der Poel. Credo che sia veramente l’unico corridore che riesca ad entusiasmare il pubblico col suo modo sfrontato anche più dello stesso Pogacar. VdP quest’anno ha centrato tutti gli obiettivi che si era prefissato. Sanremo, Roubaix e mondiale. Già queste valgono una carriera, figuratevi una stagione. E come le ha vinte. Caro Mathieu, per me sei il top del 2023».

GREGORIO: «Infine dico Wout Van Aert. Questa quinta menzione dovrebbe essere per Evenepoel (cifre alla mano), ma scelgo Van Aert perchè è una benedizione per questo ciclismo. C’è sempre. Comunque e dovunque. E’ vero, ha vinto poco e non corse di primo piano, ma nello stesso anno ha fatto secondo al Mondiale e all’Europeo, terzo alla Sanremo e alla Roubaix, quarto al Fiandre e ha regalato una Gand a Laporte. Commovente».

PANCANI: «Il mio ultimo nome è Jonas Vingegaard. Forse è il meno personaggio fra tutti i suoi rivali e personalmente mi piace moltissimo questo suo essere naturale, con atteggiamenti apparentemente distaccati. E’ andato forte da inizio stagione. Al Tour ha cotto a fuoco lento Pogacar e gli altri. La crono di Combloux è stata qualcosa di incredibile. Si è meritato una menzione anche perché è andato alla Vuelta, correndola da protagonista e finendola col secondo posto. Per me ha preso ulteriore consapevolezza dei suoi mezzi».

Tanto impegno non è bastato a Carapaz, a dire il vero anche sfortunato. Richard è tra i bocciati di peso di Pancani
Tanto impegno non è bastato a Carapaz, a dire il vero anche sfortunato. Richard è tra i bocciati di peso di Pancani

I bocciati (o rimandati)

Si passa poi alle note dolenti. E qui non mancano le sorprese, come Vlasov per esempio, ma anche i giudizi concordi. Scopriamoli…

GREGORIO: «Enric Mas. il primo anno del post-Valverde sarebbe dovuto essere quello della consacrazione per il maiorchino. Zero vittorie e un sesto posto (anonimo) alla Vuelta ci hanno raccontato il contrario. Eterno incompiuto».

Tra i bocciati di Gregorio figura il russo Vlasov. Un potenziale non espresso del tutto, come Mas
Tra i bocciati di Gregorio figura il russo Vlasov. Un potenziale non espresso del tutto, come Mas

PANCANI: «Wout Van Aert. Inizio andando controcorrente. Sembrerà quasi un’offesa perché parlo di un grandissimo atleta ed uno dei fenomeni di questi anni. Il belga della Jumbo-Visma però sta allungando la sua lista di secondi e terzi posti che lo rendono sempre più una sorta di “Paperino” del ciclismo. E onestamente mi fa molto male vederlo così. Diciamo che lo definirei un flop di stimolo».

GREGORIO: «Alexander Vlasov. La Bora lo aveva preso nel 2022 per puntare almeno al podio in un GT. Quest’anno, come sempre, ha chiuso in crescendo. Ma non basta. Stesso discorso di Mas. Buon potenziale, ma resa non all’altezza. Vorrei ma non posso».

PANCANI: «Voglio esagerare in modo un po’ provocatorio e dico Remco Evenepoel. E’ vero che ha vinto la Liegi, pur con la fuoriuscita di Pogacar qualcuno potrebbe dire, ed il mondiale a crono ma in altri appuntamenti ha steccato. Al Giro, per tanti motivi. Alla Vuelta è andato fuori classifica subito e al Lombardia, sempre complice anche una caduta, non ha fatto risultato. E’ uno dei tanti talenti attuali e forse quest’anno sui piatti della bilancia pesano più gli obiettivi mancati che i successi».

GREGORIO: «Fabio Jakobsen. Sette vittorie all’attivo (solo la tappa alla Tirreno, però, pesa), ma da uno dei primi 2-3 velocisti al mondo era lecito attendersi molto di più. Cambierà aria (Dsm) e speriamo gli faccia bene».

PANCANI: «Fabio Jakobsen. Sono completamente d’accordo con Luca. Anch’io da un velocista come lui mi aspettavo tanto ma tanto di più».

Chiudiamo con un bocciato in comune: Jakobsen. Nonostante tutto ha messo nel sacco 7 corse
Chiudiamo con un bocciato in comune: Jakobsen. Nonostante tutto ha messo nel sacco 7 corse

GREGORIO: «Julian Alaphilippe. Mi piange il cuore perché è il mio idolo indiscusso, ma vedere Loulou confinato a gregario di lusso a 31 anni mi fa sanguinare. Due vittorie appena e ormai nemmeno mai in gara per un buon piazzamento nelle classiche. Fine della storia?».

PANCANI: «Richard Carapaz. Diciamo che è stato bravo a nascondersi fino a luglio cogliendo solo una vittoria a fine maggio. Al Tour è stato sfortunato con una brutta caduta alla prima tappa ma forse aveva sbagliato ad improntare la sua stagione solo con la gara francese. E’ stato buono il recupero di condizione nel finale di stagione con alcuni bei piazzamenti ma potevamo aspettarci qualcosa di più».

GREGORIO: «Hugh Carthy. Il terzo posto alla Vuelta del 2020 ci aveva fatto pensare a un corridore potenzialmente in crescita. Ma il britannico ha bucato anche questo 2023. Mi viene da pensare solo a una cosa. Meteora».

PANCANI: «David Gaudu. Dopo il secondo posto alla Parigi-Nizza era lecito aspettarsi qualcosa in più da un corridore che è una promessa da un po’. Di fatto ha costretto Demare a lasciare la Groupama-Fdj per avere la squadra al suo servizio al Tour, dove ha chiuso nono nella generale. E anche nelle classiche non ha inciso. Al momento non sembra essere lui il primo francese che potrebbe rivincere il Tour. In ogni caso, nel 2024 deve fare il definitivo salto di qualità».

EDITORIALE / Baci e abbracci, Roglic se ne va

02.10.2023
5 min
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Che la grande fusione fra Soudal-Quick Step e Jumbo-Visma avvenga o meno, resta il senso di malinconia per il cinismo dei due attori e la gestione miope da parte di chi dovrebbe scrivere le regole. In gruppo se ne parla. La fusione di due grandi team mette sul piatto i destini degli atleti e ancor più del personale, che oggi potrebbe ricevere la lettera di licenziamento. E si parla anche della volontà delle squadre del Nord Europa di contrastare lo strapotere economico di quelle arabe. UAE Emirates, Bahrain e AlUla stanno infatti formando un blocco importante. Il primo a prenderne atto e andarsene è stato Roglic, altri seguiranno?

Plugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corse
Plugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corse

Sport e quattrini

Sport e quattrini vanno da sempre a braccetto. Ma se i quattrini diventano dominanti rispetto allo sport, allora il giocattolo si rompe e il sistema smette di essere interessante. Lo dicono gli analisti di Buzz Radar, che hanno messo sotto la lente il crollo di interesse della Formula Uno per lo strapotere Red Bull. Il calo è del 70 per cento sul fronte delle menzioni social nei primi cinque mesi del 2023 rispetto al 2022. Il calo di nuovi follower è del 46 per cento. Il ciclismo non c’è ancora arrivato, ma il malcontento per lo strapotere Jumbo-Visma è ricorrente. E se nelle corse di un giorno i discorsi sono ancora aperti grazie ad attori come Van der Poel ed Evenepoel, nei Giri la situazione è imbarazzante. Soprattutto quando la Jumbo schiera il “dream team” del Tour, riproposto poi alla Vuelta.

Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)
Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)

Il salary cap

Nonostante i budget di questi grandi team, il ciclismo non è uno sport ricco e forse proprio per questo viene gestito da dirigenti più propensi all’inchino che all’autorità. Certo questo è il punto di vista di un italiano che assiste da anni al saccheggio dei vivai nostrani da parte dei devo team WorldTour. Resta il fatto che nel più ricco basket NBA, le regole perché i budget non sviliscano la competizione esistono da anni.

Il salary cap (tetto salariale) per la stagione 2022-23 è stato previsto in 123,65 milioni di dollari e potrebbe aumentare fino a 134 nella prossima stagione. Il valore viene stabilito dal contratto collettivo di lavoro della NBA in percentuale rispetto alle entrate delle squadre. Il tetto agli ingaggi ammette eccezioni, ma serve a impedire che le squadre con superiore capacità di spesa schiaccino le altre. Le squadre che sforano il tetto, sono penalizzate con la “luxury tax”. Il totale delle multe a fine anno viene ridiviso fra le squadre che sono riuscite a rimanere sotto la soglia. A ciò si aggiunga il sistema di reclutamento del Draft, attraverso cui le squadre hanno accesso regolamentato ai talenti provenienti dai college. La differenza rispetto al nostro mondo, in cui gli agenti vendono i corridori al miglior offerente, salta agli occhi.

Il salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui Gianetti
Il salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui Gianetti

La resistenza dei team

Cambiare non è semplice, ma è possibile. Quando in seguito alle critiche di Marc Madiot ne parlammo con Gianetti, ovviamente lo svizzero fu piuttosto scettico, vedendo limitato potenzialmente il proprio potere sul mercato.

«Non si può ridurre la discussione al salary cap – disse il manager della UAE Emirates – senza che pensiamo a costruire le infrastrutture per introdurlo. Ad esempio bisognerebbe rimettere completamente mano al calendario di corse, ai roster delle squadre da ridurre drasticamente».

Probabilmente sarebbe scettico anche Richard Plugge, boss della Jumbo-Visma che ha appena salutato Roglic, ma le regole non le fanno le squadre: spetta all’UCI, che invece resta ancorata a schemi superati.

Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?
Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?

La ribellione di Roglic

Il primo a ribellarsi è stato Roglic, fresco vincitore al Giro dell’Emilia. Con schiettezza pari a quella di Simoni, lo sloveno ha chiesto alla Jumbo-Visma di rompere il contratto che lo legava alla squadra fino al 2025. Primoz si è sudato la vittoria del Giro con una squadra meno potente rispetto a quella del Tour. E quando poi si è trattato di giocarsi la Vuelta, gli è stato messo il bavaglio perché lasciasse vincere Kuss. Non si discute l’amicizia, ma quando un campione lavora per vincere, certi regali fa fatica a concederli, soprattutto quando le cose si svolgono seguendo un copione così imbarazzante. E se anche Kuss è servito a non far litigare Roglic con Vingegaard, il problema di abbondanza si fa ancor più evidente.

Conosceremo la destinazione di Roglic dopo il Giro di Lombardia, inutile mettersi qui a ricordare le varie ipotesi di mercato, mentre aspettiamo di capire se Evenepoel sarà il prossimo a declinare fastidiose convivenze. In questo Risiko di milioni e assenza di regole, c’è da sperare che siano i campioni a rimettere le cose a posto. Tutto ha un prezzo, ma il talento merita rispetto.