Remco Evenepoel

Remco e la Red Bull: si parte. A Maiorca svelati piani e impressioni

11.12.2025
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PALMA DE MAIORCA (Spagna) – In questo paesino al centro della maggiore isola delle Baleari la Red Bull-Bora ha deciso di tenere il tradizionale media day in vista della stagione che verrà. Senza dubbio il più atteso della corazzata tedesca era Remco Evenepoel.

Felpone nero, baffetto da sparviero e anche il pizzetto. Ma soprattutto la prima cosa che percepiamo è il volto disteso. E questa nostra sensazione la conferma anche Mattia Cattaneo, colui che era compagno di squadra in Soudal-Quick Step e che lo ha seguito sin qui. «E’ più disteso. Lo vedo più tranquillo. E’ come se Remco lasciando la Soudal sia uscito dall’ovile».

Remco Evenepoel
Tantissimi i giornalisti presenti a questo evento. Con atleti così forti e di ben 16 nazionalità diverse, non poteva essere altrimenti
Remco Evenepoel
Tantissimi i giornalisti presenti a questo evento. Con atleti così forti e di ben 16 nazionalità diverse, non poteva essere altrimenti

Si parte…

Nella giostra dei vari “corner” di questi studios maiorchini va in scena il bailamme di interviste. Per fortuna gli orari sono cadenzati, altrimenti mentre parla Remco ci si perderebbe Roglic. Mentre c’è Roglic si rischierebbe di perdere Lipowitz… Tanta, quasi troppa carne al fuoco.

E proprio questa tanta carne al fuoco ci dice di una squadra fortissima. Una squadra che può tenere testa alla UAE Emirates. E Remco parte proprio da qui, dalla squadra e dal lavoro che si sta facendo.
«Ho ricevuto – dice Evenepoel – un’accoglienza calorosa dai miei nuovi compagni. Primoz è sempre stato un mio idolo, quindi è fantastico condividere la strada con lui. Sto scoprendo un nuovo ambiente. E’ una squadra molto solida che si adatta bene al mio carattere e alle mie ambizioni. Venivo da un team professionale, arrivo in un team professionale e ancora più grande. Prima eravamo i fiamminghi, qui è qualcosa di internazionale. Ognuno ha uno spazio di lavoro e ognuno ha un ruolo specifico. Chi ti prepara il buffet non ti dice anche cosa mangiare, per intenderci. La professionalità è al massimo in ogni settore, in ogni figura.

«Tutti stiamo cercando di lavorare in sintonia. Ci sono tanti ragazzi forti… Sono qui da pochissimo, ma in questi giorni di training camp ci conosceremo meglio. Conoscevo solo Cattaneo che era in squadra con me e ritrovarlo è stata una sorpresa (in realtà lo sapeva eccome, ndr). Stiamo parlando molto, facendo riunioni. Comunque mi sento accolto e sento la fiducia in me. Davvero, per adesso tutto va bene».

Remco Evenepoel
L’aliante che ieri Lipowitz e altri 8 compagni hanno fatto decollare trainandolo con le loro bici. Per dire che il clima è parso sereno
Remco Evenepoel
L’aliante che ieri Lipowitz e altri 8 compagni hanno fatto decollare trainandolo con le loro bici. Per dire che il clima è parso sereno

Tra fiducia e pressione

Evenepoel sente la fiducia dunque. E va bene, questa sfida prevede anche degli “oneri”. Il suo contratto è di quelli che pesano. Se un colosso mondiale come Red Bull decide di investire su di te, è vero che ti dà tanto, ma è anche vero che altrettanto dovrai dare. Insomma, si aspettano molto da lui. E gli chiediamo esplicitamente se sente la pressione di questo “nuovo capitolo”, come recitava il claim introduttivo del media day.
«Pressione? No – risponde sorridendo Remco – non la sento. Perché dovrei? Tutti lavoriamo al meglio, tutti ricerchiamo il massimo ogni giorno. Poi la pressione durante le corse mi piace sentirla, è una spinta ulteriore».

Si parla già di una rivalità interna con Florian Lipowitz, terzo all’ultimo Tour, ma Evenepoel è abilissimo a glissare. E tutto sommato ha anche ragione quando dice che in una corsa come il Tour de France partire con due punte è meglio.

«Questa per me sarà la prima volta che correrò un Grande Giro con due leader. Faremo dei ritiri e il Catalunya insieme e sarà un banco di prova per conoscerci, per capire come muoverci insieme anche tatticamente visto che siamo diversi».

Remco ha detto che l’obiettivo della Red Bull è tornare sul podio del Tour. Lui ci è salito nel 2024
Remco ha detto che l’obiettivo della Red Bull è tornare sul podio del Tour. Lui ci è salito nel 2024

Giro no, Tour sì

A proposito di Tour, questo è il grande goal che Remco, ma anche il patron Denk, hanno annunciato in apertura di meeting: «Porteremo la squadra più forte alla Grande Boucle».
A questo punto non potevamo non chiedergli del Giro d’Italia. «Mi sarebbe piaciuto farlo – ha spiegato Remco – c’è una crono molto lunga e non ci sono salite impossibili. Correre o no il Giro è stato il momento più difficile, ma la decisione è questa. Tra l’altro che avrei fatto il Tour l’ho saputo ieri (martedì, ndr)».

«Il mio programma – spiega Remco – inizia con il Catalunya, appunto, e proseguirà con le Ardenne. Non sarò invece né alla Sanremo, né al Giro delle Fiandre: quest’anno voglio una stagione il più possibile senza intoppi. Non dimentichiamo che a causa del mio incidente lo scorso autunno ho perso molti mesi. Per questo abbiamo deciso per un calendario basico, senza idee folli o esperimenti. Quindi voglio un inverno lungo su cui poter costruire una base solida, molto solida».

Una piccola precisazione: Evenepoel in realtà inizierà un po’ prima la sua stagione agonistica e lo farà con la cronosquadre proprio qui a Palma de Maiorca. La cronosquadre tornerà a essere importante visto che aprirà il Tour. Poi prenderà parte alla Valenciana.

Però lo stesso Evenepoel ha lasciato aperta una finestra su Tirreno-Adriatico o Parigi-Nizza, sostenendo che tra la Valenciana e il Catalunya in effetti c’è molto tempo. Di contro sarebbe un periodo ideale per visionare le tappe del Tour. Mentre dopo il Tour il programma prevede per ora le corse in Canada.

Remco Evenepoel presentazione, Ralph Denk
Ralph Denk ha aperto la conferenza dicendo dei rinnovi di Finn, Pellizzari e Lipowitz (foto Maximilian Fries)
Remco Evenepoel presentazione, Ralph  Denk
Ralph Denk ha aperto la conferenza dicendo dei rinnovi di Finn, Pellizzari e Lipowitz (foto Maximilian Fries)

Obiettivo performare

Tornando alle parole di Remco, parlando di una base solida lui stesso apre un altro capitolo importante, quello relativo alla performance. Come dicevamo, al belga si chiede molto e lui è pronto a darlo. A mettersi in gioco, come sembra stia già facendo. Ma soprattutto quello della performance è il pallino che ha afflitto Denk e il suo staff l’anno passato. Stando a ciò che ci hanno detto, questo aspetto lo rendeva alquanto teso, cosa che a cascata si ripercuoteva sul resto dello staff e infine sugli atleti.

«Non abbiamo perso un minuto – spiega l’iridato a cronometro – abbiamo subito iniziato a lavorare sodo. Abbiamo fatto molti test e colloqui, soprattutto la settimana scorsa. Con così tante persone attorno ognuno controlla ogni dato. Dan Lorang e John Wakefield sono impressionanti. Controllano ogni cosa prima di ogni allenamento e anche dopo ci sentiamo ed eventualmente correggiamo il tiro tutti insieme».

Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, Europeo 2025
Se Evenepoel riuscirà a ridurre il gap con Pogacar ne guadagnerà lo spettacolo
Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, Europeo 2025
Se Evenepoel riuscirà a ridurre il gap con Pogacar ne guadagnerà lo spettacolo

Remco più forte?

«Se posso migliorare ancora? Dico che lavoro sodo, ma poi per andare forte e vincere ci sono in ballo molti dettagli. Non basta salire in bici e andare. Anche i materiali contano: per esempio la bici è la stessa ma il gruppo è diverso. Sono passato da Shimano a Sram e mi sto abituando. Anche la continuità conta. Io lo scorso anno ho avuto molti alti e bassi. Sono stato fermo a lungo in inverno come dicevo, ho vinto la prima corsa, ma poi ho faticato. Dopo il Tour sono stato fermo altre due settimane. Poi mi dicevano che dopo le 4-5 ore calavo… Per adesso mi sento più forte».

Speriamo sia come dice lui. Un contraltare a Pogacar non farebbe altro che aumentare lo spettacolo. Sin qui l’unico ad esserci riuscito in qualche classica è stato Van der Poel. Quando se ne va, Remco continua a sorridere, nonostante sia stato “rapito” da tv e orde di giornalisti per diverse ore. Che sia davvero l’anno della rinascita per il belga?

Matteo Sobrero

Sobrero alla Lidl-Trek. Matteo ci spiega questo cambio di casacca

20.11.2025
4 min
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Il passaggio di Matteo Sobrero dalla Red Bull-Bora alla Lidl-Trek è uno dei più curiosi e, se vogliamo, anche affascinanti per noi italiani. Il piemontese è un ottimo cronoman, un uomo di fiducia e un elemento della nazionale: vederlo entrare nella squadra di Luca Guercilena non può che farci piacere. Dopotutto, nella Lidl-Trek gli italiani sono sempre ben tutelati.

Matteo ci racconta proprio questo passaggio. Un cambio di casacca avvenuto in modo relativamente fluido e veloce nella seconda parte dell’estate. Da Sobrero vogliamo capire cosa lo ha convinto a scegliere il team statunitense e cosa va a fare in questo squadrone.

Campionati del mondo, Kigali 2025, Matteo Sobrero in allenamento sul percorso
Matteo Sobrero (classe 1997) è uno dei punti fermi della nazionale
Campionati del mondo, Kigali 2025, Matteo Sobrero in allenamento sul percorso
Matteo Sobrero (classe 1997) è uno dei punti fermi della nazionale
Partiamo dal passato: Matteo, eri in scadenza di contratto? Volevi (o potevi) restare in Red Bull?

Diciamo che l’ipotesi di restare c’è stata. Ma poi la squadra ha preso Remco e sono nati altri progetti. Contemporaneamente c’è stato l’interesse della Lidl-Trek e la cosa mi ha colpito subito. Li ho sempre visti come un team unito: un bel gruppo, sia tra i corridori che nell’insieme del team, quando magari ci trovavamo insieme in hotel o sul bus. Mi sembrava ci fosse armonia.

Perché, in Red Bull-Bora non era così?

Io andavo d’accordissimo con gli altri ragazzi, soprattutto con Giulio (Pellizzari, ndr) e Primoz (Roglic, ndr)... Però ogni anno c’era un rimescolamento, arrivavano o partivano atleti, e in quel senso l’idea del gruppo veniva un po’ meno. Si faceva più fatica a percepirla.

Tra poco ripartono i ritiri sul serio. Hai già avuto modo di stare con la Lidl-Trek?

Sì, sono stato alcuni giorni in Germania, preso una sede Lidl. Lì abbiamo fatto le consuete visite mediche e altre pratiche logistiche.

Matteo Sobrero
Un uomo così, che sa perfomare in pianura e su certi tipi di salite, in squadra è un valore aggiunto
Matteo Sobrero
Un uomo così, che sa perfomare in pianura e su certi tipi di salite, in squadra è un valore aggiunto
E cosa ti è parso di questo ambiente?

Che è molto grande e dotato: non mi sembra manchi nulla. Investono parecchio e puntano in alto. Anche nella preparazione, nella nutrizione, sono molto all’avanguardia: quei pochi giorni mi hanno dato grandi rassicurazioni. Si vede chiaramente che c’è un progetto per il futuro.

Qual è, secondo te, questo progetto?

Ambiscono a essere i migliori, come la UAE Team Emirates. E come loro stessi avevano aspirato quando leder era la Visma-Lease a Bike. Vogliono correre per vincere. È una cosa scontata, forse, ma per me è molto importante.

Quindi, tecnicamente siete sulla stessa lunghezza d’onda. E l’armonia che intravedevi da fuori?

È chiaro che ci sono stato solo pochi giorni, ma quello che mi ha colpito è che sì, sono un team di altissimo livello, ma c’è anche un rapporto umano più forte. È qualcosa che secondo me mancava nell’ultimo anno a Red Bull-Bora. Ma succede: in molti team. Alla fine sono aziende e tu devi performare.

Quale sarà il tuo ruolo in questo nuovo team? Sarai parte del “gruppo Ciccone”, del “gruppo Ayuso”?

È presto per dirlo! Per ora non ne abbiamo parlato nel dettaglio, ma credo che sarò più o meno la figura che ero in Red Bull: un corridore di supporto nei Grandi Giri. Anche se “supporto” non significa necessariamente che sarò sempre al servizio di un uomo di classifica.

Grazie alle doti da cronoman, Sobrero può fare bene nelle corse a tappe brevi che prevedono una tappa contro il tempo
Grazie alle doti da cronoman, Sobrero può fare bene nelle corse a tappe brevi che prevedono una tappa contro il tempo
Puoi spiegare meglio cosa intendi?

In Lidl-Trek ci sono molti campioni. Potrei aiutare un corridore per la classifica o magari Nys, Pedersen, Milan… Non come ultimo uomo, chiaramente. Oppure, logicamente, potrei essere utile anche a corridori come Ayuso, Ciccone… Insomma un profilo flessibile.

E ti piace questo ruolo?

Sì, mi fa piacere lavorare per i compagni, soprattutto se sono campioni che poi sanno finalizzare. Quindi farò da supporto, ma quando ci sarà la possibilità potrò giocarmi le mie occasioni. Un po’ come è successo quest’anno in Polonia: ho avuto il mio spazio e sono andato a podio. So che su certe corse posso esprimermi: gare a tappe di una settimana con una crono possono andare bene per me. Ma anche in alcune corse di un giorno posso dire la mia. Tra l’altro loro cercavano proprio un profilo come il mio.

E della nuova bici cosa ci dici? La Trek Madone non passa certo inosservata…

Dico che “parla inglese”! Scherzi a parte, è una bici top, come quella da cui vengo. Le Trek mi incuriosivano già da tempo e in gruppo le guardavo sempre. Magari quando andavo indietro all’ammiraglia, o in gruppo nei rari momenti più tranquilli, un occhio glielo buttavo. Poi tra noi atleti ci scambiamo opinioni tecniche e a me piace aggiornarmi.

Tour de France 2020, Tadej Pogacar, cronoscalata Planche des Belles Filles

Peiper, il regista della Planche, alla corte di Remco

15.11.2025
6 min
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Dalla Garmin in cui vinse il Giro con Hesjedal alla BMC per sei anni e poi al UAE Team Emirates del primo Tour vinto con Pogacar. Poi Allan Peiper ha dovuto affrontare la lotta contro il cancro. E adesso una nuova sfida lo porta alla Red Bull. E’ singolare seguire l’australiano che da anni fa base in Belgio nelle sue migrazioni. Il più delle volte a richiamarlo è stato il gusto per nuove sfide, ma probabilmente nella squadra numero uno al mondo per lui non c’erano più gli stessi spazi. Al contrario, l’offerta dei tedeschi di fare di lui lo stratega dietro le quinte, mettendo in gioco la sua capacità di plasmare il gruppo, lo ha stimolato.

«Sono molto entusiasta – ha detto appena la notizia è diventata ufficiale – di far parte di questo progetto. Red Bull-Bora-Hansgrohe ha fatto progressi impressionanti negli ultimi anni e vedo un grande potenziale per rafforzare ulteriormente questa struttura. Si tratta di vivere una visione sportiva chiara e trasformarla in prestazioni quotidiane: questo è ciò che mi motiva. Vincere il Tour con Tadej è stato sicuramente il momento più bello della mia vita. L’ho conosciuto che era un ragazzino, ma sempre molto equilibrato. Ancora oggi si sveglia la mattina con un sorriso ed era sempre felice. Dice “grazie”, “ciao”, non urla mai. Non sente la pressione di essere il leader, eppure ha l’atteggiamento giusto. Se penso a quella mattina della Planche des Belles Filles, alla vigilia della crono in cui avrebbe vinto il primo Tour, credo sapesse già che avrebbe concluso in giallo, ma non ne parla mai».

Allan Peiper è australiano, ha 65 anni. E' stato alla UAE dal 2020 (foto Fizza/UAE Team Emirates)
Allan Peiper è australiano, ha 65 anni. E’ stato alla UAE dal 2020 (foto Fizza/UAE Team Emirates)
Allan Peiper è australiano, ha 65 anni. E' stato alla UAE dal 2020 (foto Fizza/UAE Team Emirates)
Allan Peiper è australiano, ha 65 anni. E’ stato alla UAE dal 2020 (foto Fizza/UAE Team Emirates)

Due ragazzini in Alta Saona

Quel giorno fu magico, ma davvero non ci fu nulla di improvvisato o imprevisto, se non il crollo di Roglic. Nel villaggio di Plancher les Mines, nell’Alta Saona, ricordano ancora quando in un giorno di luglio, davanti a una pensione ai piedi della salita, arrivò l’ammiraglia della UAE Emirates. La Grande Boucle si sarebbe corsa alla fine di agosto, nel calendario confuso ed elettrizzante nell’anno del Covid che a fine stagione avrebbe proposto il Giro in ottobre.

Ne scese proprio Peiper, che chiese all’anziana padrona se i due corridori che avevano appena provato la salita della Planche des Belles Filles potessero fare la doccia nella sua struttura. Erano due ragazzi di 21 anni: Pogacar e Bjerg. Quella salita sarebbe stato il teatro d’arrivo della penultima tappa del Tour, a capo di una crono di 36,2 chilometri con partenza da Lure. Era stato utile provarla e simulare una serie si situazioni di gara, a partire dal cambio della bici.

Sulla Planche des Belles Filles, provata e riprovata il mese prima, Pogacar visse un giorno perfetto. Uno dei suoi…
Sulla Planche des Belles Filles, provata e riprovata il mese prima, Pogacar visse un giorno perfetto. Uno dei suoi…

Il viaggio di Peiper

Peiper c’era già stato a giugno, subito dopo la fine del lockdown. Era partito dal Belgio facendo quasi 600 chilometri. Diluviava, il tergicristallo non si era mai fermato. E se in un primo momento aveva dubitato della bontà dell’iniziativa, vista la salita si era reso conto che lì si sarebbe deciso il Tour. Nessun dubbio al riguardo.

Rimase per due giorni in quella zona. Fece la salita più di una volta, prendendo nota delle curve, dei cambi di pendenza, percorrendo a piedi gli ultimi metri in cui la pendenza passa al 20 per cento. E poi, non pago, la scalò anche in bicicletta rendendosi finalmente conto che quella tappa avrebbe cambiato la storia. Dopo i tanti giorni sulle grandi salite, passare nuovamente alla posizione da crono sarebbe stato un’incognita.

L’osservazione che aveva portato via con sé, custodendola con cura, riguardava il punto in cui cambiare la bici. Era chiaro infatti che non si potesse arrivare in cima con quella da crono. Sull’altimetria aveva individuato il punto giusto al chilometro 31,1: poco più di 5 chilometri dal traguardo. In quel punto in cui la velocità sarebbe scesa ai 15 all’ora e la bici da crono sarebbe diventata di difficile gestione. Lo segnalò a Gouvenou, direttore tecnico del Tour, e grazie alle sue segnalazioni le transenne di quell’area cambio vennero messe nel punto esatto da lui individuato.

Tour 2020, quello del Covid: intorno ai corridori con le mascherine. Qui Luke Maguire, addetto stampa UAE
Tour 2020, quello del Covid: intorno ai corridori con le mascherine. Qui Luke Maguire, addetto stampa UAE
Tour 2020, quello del Covid: intorno ai corridori con le mascherine. Qui Luke Maguire, addetto stampa UAE
Tour 2020, quello del Covid: intorno ai corridori con le mascherine. Qui Luke Maguire, addetto stampa UAE

Cambio bici e pacco pignoni

Gestire un cambio bici come quello non è semplice, né semplice sarebbe stato scegliere la bici giusta. L’intuizione fu nuovamente di Peiper, che propose di montare sulla bicicletta di Pogacar una cassetta pignoni da juniores, una 19-25 a sei velocità, che avrebbero permesso di cambiare un solo dente alla volta, rispetto ai due delle cassette normali.

La salita era molto ripida, con tratti al 15 e anche 20 per cento e per gestirla non si potevano cambiare i rapporti bruscamente. La cambiata doveva essere fluida per mantenere la stessa cadenza e non mettere troppa pressione sulle gambe. Nel primo dei due giorni trascorsi sui Vosgi con Bjerg, Pogacar fece tre ricognizioni del percorso. Per il tratto di pianura invece avrebbe usato una monocorona anteriore da 58 denti senza deragliatore.

Si diceva della gestione del cambio bici, provato per almeno dieci volte dai due corridori. Fu l’intuizione del meccanico Vasile Morari a dare la svolta. Sarebbe stato Pogacar a portare la bici da crono verso l’ammiraglia, mentre lui gli avrebbe passato la bici da strada presa dal tetto dell’ammiraglia. Avrebbero così risparmiato il tempo del doppio passaggio del meccanico. Non è frequente assistere a simili prove e fu proprio Peiper a guidare le operazioni, puntando alla perfezione assoluta.

La resa di Roglic alla Planche des Belles Filles amplificò ancora di più la grande prova di Pogacar
La resa di Roglic alla Planche des Belles Filles amplificò ancora di più la grande prova di Pogacar

In lacrime nel parcheggio

In corsa andò tutto alla perfezione e sappiamo tutti come finì la storia. Ci fu anche il tempo per assistere al crollo di Roglic. La Jumbo Visma sprofondò in una confusione pressoché totale. Non effettuarono il cambio bici nel cambio di pendenza indicato da Peiper, ma più avanti tra la gente, tanto che per un po’ si credette che la maglia gialla volesse arrivare in cima con la Cervélo da crono. E fu l’ammissione successiva di un tecnico a far trapelare la verità su quel casco scomposto sul suo capo: un modello usato quel giorno per la prima volta, più pesante del precedente, a causa del quale Roglic perse terreno e fiducia.

Dopo aver scherzato con Pogacar al mattino, mentre i meccanici preparavano la bici bianca per la tappa del giorno dopo, sul fatto che la squadra non credesse nella sua possibilità di vincere il Tour, Peiper si ritrovò a piangere nel parcheggio delle ammiraglie. Era incredulo. Aveva bisogno di tempo per capire, così rimase seduto per qualche minuto e poi andò alla macchina della Jumbo-Visma per esprimere la sua solidarietà.

La nuova sfida di Peiper riguarda Evenepoel: la cura dei dettagli lo porterà al livello di Pogacar e Vingegaard?
La nuova sfida di Peiper riguarda Evenepoel: la cura dei dettagli lo porterà al livello di Pogacar e Vingegaard?

La sfida Evenepoel

La storia di Pogacar al Tour de France iniziò in quel modo indimenticabile, con la vittoria alla prima partecipazione. Peiper non sapeva ancora dei problemi di salute che avrebbe dovuto fronteggiare di lì a pochi mesi e che gli avrebbero impedito di seguire il secondo Tour del suo pupillo. Alla Red Bull, che sta facendo incetta di tecnici avendo allontanato quelli già vincenti che aveva in casa, è bastato saperlo in salute per offrirgli un incarico di grand importanza. Lavorerà accanto a Zak Dempster, preso dalla Ineos Grenadiers, e a Sven Vanthourenhout, l’ex tecnico della nazionale belga che ha ottenuto con Evenepoel le vittorie più belle. La prossima sfida di Peiper sarà proprio Remco. E un po’ di curiosità, dobbiamo ammetterlo, inizia a farsi largo.

red Bull Bora

Ricerca del limite: cosa troverà Remco alla Red Bull-Bora?

07.11.2025
5 min
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Qualche tempo fa, durante una conferenza stampa, Ralph Denk, patron della Red Bull-Bora, aveva parlato della svolta che sta interessando la sua squadra. Un investimento record di 50 milioni di euro, nuovi ingressi e una struttura sempre più multidisciplinare per limare i famosi marginal gains e alzare ulteriormente l’asticella. A tutto ciò si è aggiunto l’arrivo di Remco Evenepoel, insieme ad alcune persone a lui vicine, come Matteo Cattaneo e il direttore sportivo Sven Vanthourenhout.

Remco Evenepoel (classe 2000) approderà alla Red Bull. Un progetto di grandi ambizioni che ruota attorno a lui. Saprà supportare la pressione?
Remco Evenepoel (classe 2000) approderà alla Red Bull. Un progetto di grandi ambizioni che ruota attorno a lui. Saprà supportare la pressione?

A capo dei vari settori operano figure di spicco come Dan Bigham per l’aerodinamica, Asker Jeukendrup per l’alimentazione, Peter Kloppel per il mental coaching e Dan Lorang per la performance, in particolare per l’endurance. Tutti nomi di altissimo livello: Bigham contribuì allo sviluppo aerodinamico della Ineos Grenadiers e fu lui stesso a stabilire il record dell’Ora, poi battuto da Filippo Ganna, che sfruttò proprio quegli studi. Klöppel ha lavorato con Max Verstappen in Formula 1.

Per capire meglio come funziona questa macchina perfetta, abbiamo parlato con Matteo Sobrero, in procinto di passare dalla Red Bull Bora, appunto, alla Lidl-Trek. E’ lui a raccontarci il metodo Red Bull-Bora e cosa potrà trovare Evenepoel in questo nuovo ambiente. In fin dei conti, quando il belga ha avuto le maggiori pressioni, non sempre ha brillato. Ora, tutto ciò che riguarda la performance, in teoria, dovrebbe tranquillizzarlo. In teoria…

Matteo Sobrero è stato per due anni alla Reb Bull e ha notato grandi cambiamenti nell’ultima stagione
Matteo Sobrero è stato per due anni alla Reb Bull e ha notato grandi cambiamenti nell’ultima stagione
E quindi Matteo, si avverte anche all’interno, così come da fuori, questa ricerca dell’estremo in Red Bull-Bora?

Sì, si avverte eccome. Ma onestamente, e non che sia una critica, non è nulla di nuovo: è ciò che succede anche in altri top team. Almeno nelle migliori dieci squadre del mondo. Direi che si avverte più nel ciclismo in generale che solo nella Red Bull-Bora. Ormai in tanti hanno figure simili. La Ineos Grenadiers fu la prima a intervenire in modo massiccio sull’alimentazione e poi la Visma-Lease a Bike ha fatto un ulteriore step, proprio con Jeukendrup, e gli altri man mano hanno seguito.

I famosi marginal gain…

E’ la filosofia del ciclismo attuale: stare al passo coi tempi, e in alcuni casi, come per le squadre migliori, cercare di anticiparli. Red Bull ha investito tanto in altri sport e ora sta facendo lo stesso nel ciclismo, puntando su quei reparti dove ritiene di poter migliorare ancora.

Vogliono essere i numeri uno…

Esatto, non tra i migliori, ma i migliori. Il problema è che lo vogliono anche altri team! Va detto che io sono passato professionista nel 2020 e ho già cambiato diverse squadre: la grande differenza che ho notato è che rispetto agli altri team, anche se internazionali, qui c’è un clima più “aziendale”. Non c’è la familiarità di un tempo: soprattutto in questo ultimo anno si è avvertito questo cambiamento. Ognuno ha un settore di riferimento e dà il massimo nel proprio ambito.

red Bull Bora, Lipowitz e Roglic
Non solo staff di elevata qualità. Nel parco top rider della Reb Bull ci sono anche Roglic e Lipowitz (in foto), Pellizzari, Vlasov, Hindley, Martinez…
red Bull Bora, Lipowitz e Roglic
Non solo staff di elevata qualità. Nel parco top rider della Reb Bull ci sono anche Roglic e Lipowitz (in foto), Pellizzari, Vlasov, Hindley, Martinez…
Tu come ti sei trovato?

Personalmente ho lavorato bene con tutti loro, ma nei top team è così. Il bello di questo ciclismo è che i grandi investimenti spingono tutto e tutti verso l’alto, il brutto è che si perde un po’ l’aspetto umano. Le squadre oggi contano quasi 200 persone: c’è gente che vedi al primo ritiro di ottobre e poi non rivedi più per il resto dell’anno.

Parliamo di Lorang: qual è il suo ruolo? Cosa significa che cura la parte endurance?

Lui viene dal triathlon, dove è stato un vero guru. Red Bull seguiva già quel mondo e quando è subentrata nel ciclismo lo ha nominato responsabile della preparazione. E’ lui che organizza e supervisiona gli altri coach. Poi, se devo essere sincero, non so cosa faccia nel dettaglio, ma so che è una persona che fa molta ricerca, studia e si aggiorna sui nuovi metodi di lavoro. E’ un “ricercatore della ricerca”. In poche parole, se la Red Bull non performava, come si dice oggi, lui interveniva per capire cosa non funzionasse.

Passiamo a Jeukendrup, quindi dell’alimentazione: tu come ti confrontavi con lui?

Premetto che noi italiani veniamo da una cultura alimentare che ci porta naturalmente a essere equilibrati nel mangiare. Siamo bilanciati, come dicevano anche in Red Bull. Solo che lì lo sei al grammo. Asker ha inventato una App, “Food Coach”, con cui sei collegato al tuo nutrizionista di riferimento e ad ogni pasto inserisci cosa e quanto hai mangiato. Jeukendrup è sempre stato un ricercatore per Red Bull, poi era passato alla Visma, ma quando Red Bull ha preso in mano la squadra lo ha richiamato. Le sue ricerche funzionano, e nei Grandi Giri il suo sistema fa la differenza. Però ormai certe metodologie le adottano anche gli altri. Torno al punto di prima: tutto il ciclismo si è allineato verso l’estremo.

Ogni cosa non solo deve essere pesata ma deve essere inserita nella App apposita: in tal modo il nutrizionista di riferimento (e anche l’atleta) sa quanto e cosa deve mangiare e consumare
Ogni cosa non solo deve essere pesata ma deve essere inserita nella App apposita: in tal modo il nutrizionista di riferimento (e anche l’atleta) sa quanto e cosa deve mangiare e consumare
Tutto al limite insomma, Matteo. Ma a livello mentale tutto questo quanto pesa sul corridore? Per un Evenepoel che arriva con già mille pressioni e aspettative, tutto questo peserà?

Eh, un po’ pesa! Ci sono corridori a cui pesa di più e altri a cui pesa di meno. Anche se per certi aspetti è più facile, perché non devi pensare a nulla, ci sono atleti che sono professionisti da dieci anni, hanno sempre fatto in un modo e gli è andata bene: cambiare non è scontato per loro. In quel caso serve la lucidità di dire: «Lo faccio perché è un investimento su me stesso». C’è molta attenzione e per questo servono figure come il mental coach, che aiutano a mantenere equilibrio.

Sei sul filo…

Il quadro generale è quello che abbiamo illustrato. Si fanno sacrifici per arrivare al limite, ma il rischio è quello di finire in burnout. Ed è un problema sempre più comune: tanti ragazzi poi smettono quasi all’improvviso. Spetta allo psicologo evitare che si superi quella linea sottile tra perfezione e logoramento.

Finn tra passato e futuro. Wakefield traccia la strada

10.10.2025
6 min
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Il titolo mondiale U23 di Lorenzo Finn, al suo primo anno nella categoria, gli ha permesso di eguagliare Mohoric in un’impresa autentica, conquistare due maglie iridate nelle due diverse categorie giovanili a distanza di 12 mesi. Impresa che ha sorpreso molti ma non il suo team, la Red Bull Bora Hansgrohe che sin dallo scorso anno ha creduto nelle sue qualità e lo sta facendo crescere con i dovuti passi. Tanto è vero che hanno deciso di assecondare la sua scelta di fare ancora un anno nel loro devo team, per crescere nei tempi giusti.

Per capire come ci si è arrivati e come si lavorerà ulteriormente sul ligure, la voce più autorevole non poteva essere che quella di John Wakefield, responsabile performance della multinazionale tedesca e suo allenatore, che su Finn investe molte delle sue speranze.

John Wakefield, responsabile Sviluppo Tecnico della Red Bull Bora Hansgrohe
John Wakefield, responsabile Sviluppo Tecnico della Red Bull Bora Hansgrohe
John Wakefield, responsabile Sviluppo Tecnico della Red Bull Bora Hansgrohe
John Wakefield, responsabile Sviluppo Tecnico della Red Bull Bora Hansgrohe
Qual è stata la prima impressione che hai avuto conoscendo Lorenzo?

Se ti riferisci a quando ho iniziato a lavorare con lui, credo fosse la fine del 2021 o del 2022. Già prima che arrivasse nell’allora team Grenke Auto Eder. Era un ragazzo molto tranquillo, molto giovane, molto rispettoso dal punto di vista caratteriale. Quando l’ho guardato dal punto di vista sportivo, i dati mi dicevano che c’era sicuramente qualcosa di speciale. Quello che mi è piaciuto molto di lui è stata la sua consapevolezza tattica nel modo in cui corre. Ho pensato che fosse maturo nonostante la sua età, corre già come un professionista esperto.

Si è adattato velocemente alla nuova categoria?

Anche da under 19 si è adattato molto bene, molto velocemente, e poi è passato agli under 23, quindi nella categoria di sviluppo, era come se fosse al suo secondo o terzo anno. Si è adattato davvero in fretta, ha bruciato le tappe, per questo i suoi ultimi risultati non mi hanno sorpreso.

Dopo mondiali ed europei, il trentino ha disputato le classiche italiane in mezzo ai professionisti
Dopo mondiali ed europei, il trentino ha disputato le classiche italiane in mezzo ai professionisti
Dopo mondiali ed europei, il trentino ha disputato le classiche italiane in mezzo ai professionisti
Dopo mondiali ed europei, il trentino ha disputato le classiche italiane in mezzo ai professionisti
Il suo Giro NextGen ti aveva soddisfatto?

Ovviamente volevamo un risultato di classifica generale con lui. Tuttavia, tutto è cambiato quando Luke Tuckwell ha conquistato la maglia rosa e Lorenzo è passato molto rapidamente e con grande maturità dall’essere uno dei nostri leader all’aiutarlo in ogni modo possibile. Quindi, se la prendo nel complesso, la risposta è: sì sono stato molto contento del suo Giro Next Gen, perché si è adattato molto rapidamente a un nuovo ruolo.

Rispetto all’inizio della stagione, quanto pensi che sia migliorato in termini di prestazioni?

Dipende da cosa si intende per prestazioni. Solo i numeri che sta spingendo o la sua tecnica di gara, il suo approccio al professionismo e la sua crescita nel corso della stagione? Ha fatto progressi in tutti questi ambiti. Penso che il miglioramento più importante sia in termini di maturità, ma la sua potenza è aumentata. Se consideri il suo miglioramento complessivo dall’anno scorso a quest’anno, è notevole, ma i numeri sono numeri, non dicono tutto.

Finn resterà un altro anno nel devo team, facendo poi esperienze con la squadra maggiore
Finn resterà un altro anno nel devo team, facendo anche esperienze con la squadra maggiore
Finn resterà un altro anno nel devo team, facendo poi esperienze con la squadra maggiore
Finn resterà un altro anno nel devo team, facendo anche esperienze con la squadra maggiore
Il prossimo anno sarà ancora nel team Rookies: pensi che abbia ancora bisogno di correre nella categoria Under 23?

Sì, certo. Credo che rimanere nella squadra dei rookie e in quell’ambiente under 23 sia molto positivo per lui. Può ancora crescere ulteriormente. Sarà più concentrato e con più specificità in un ambiente più controllato. Se prendiamo in considerazione gli obiettivi sportivi, il piccolo Giro è ancora un grande target per lui, come anche il Tour de l’Avenir, puntando sempre alla classifica generale. Ma ci sono ancora alcuni aspetti in cui deve migliorare come atleta professionista fuori dalla bici. Non dimentichiamo che ha finito la scuola due mesi fa. Vive ancora a casa. Cambiare completamente l’ambiente e farlo partecipare al WorldTour come giovane corridore va fatto per gradi. Quindi, per noi, ci sono alcuni aspetti che vogliamo migliorare con Lorenzo prima di mandarlo nel WorldTour.

Nelle sue corse con la prima squadra, come lo hai visto muoversi, aveva soggezione verso i compagni e l’ambiente?

No, per niente. Il feedback che abbiamo ricevuto dai corridori del team WorldTour che hanno corso con lui è stato che si muoveva nel gruppo in modo eccezionale. Era sempre al posto giusto al momento giusto e faceva il lavoro richiesto, che si trattasse di tirare in testa, portare borracce, qualsiasi cosa accadesse quel giorno specifico. O che fosse proprio come abbiamo visto al mondiale, correre in modo molto aggressivo. E’ stato un feedback molto, molto positivo.

Nel 2026 Finn difenderà la maglia iridata, puntando con decisione a Giro NextGen e Tour de l'Avenir
Nel 2026 Finn difenderà la maglia iridata, puntando con decisione a Giro NextGen e Tour de l’Avenir
Nel 2026 Finn difenderà la maglia iridata, puntando con decisione a Giro NextGen e Tour de l'Avenir
Nel 2026 Finn difenderà la maglia iridata, puntando con decisione a Giro NextGen e Tour de l’Avenir
Quanto sarà importante il prossimo anno fargli fare altre corse con i più grandi?

E’ un vincente, quindi vuole sempre risultati. Per noi saranno test importanti perché puoi seguirne i progressi, capire se siamo sulla strada giusta. Ma non è che se non ottiene un risultato in gara, sia una delusione o un fallimento. Ne impariamo qualcosa e ne capiamo il motivo.

Sai che in Italia Lorenzo è indicato come corridore che potrà rilanciare il ciclismo italiano, riportarlo alla sua tradizione. Tanta pressione potrebbe pesare su di lui?

Questo è un bel tema. Sì, la pressione è reale. La questione è come noi come squadra lo aiutiamo ad affrontarla, come la affronta lui stesso come corridore e quali sistemi vengono messi in atto per gestirla. Personalmente so con certezza che questa è la visione che l’Italia ha di lui. Qualcuno ha detto che lui è il prossimo Vincenzo Nibali o qualcosa del genere. Io rispondo semplicemente che lui è il primo Lorenzo Finn, non è il secondo Nibali. Riporre le speranze di un Paese su un solo atleta, certo, è fantastico, c’è passione. Sappiamo tutti quanto siano appassionati gli italiani. Ma lui deve prendere questo per sostenerlo e aiutarlo. Perché se c’è un risultato negativo per il Paese, poi a volte ha effetti negativi su un atleta e questa è l’ultima cosa che chiunque desidera. Quindi è importante che i tifosi lo sostengano, ma senza assillarlo se non vince subito…

Al suo primo anno da U23, Finn ha colto 3 vittorie con 6 podi di contorno
Al suo primo anno da U23, Finn ha colto 3 vittorie con 6 podi di contorno
Al suo primo anno da U23, Finn ha colto 3 vittorie con 6 podi di contorno
Al suo primo anno da U23, Finn ha colto 3 vittorie con 6 podi di contorno
C’è un corridore del presente o del passato a cui potresti paragonarlo e perché?

Difficile rispondere, perché nel ciclismo moderno, al giorno d’oggi, essere un corridore da classifica generale non è più una gran cosa. Devi essere molto versatile. Effettivamente il nome che viene in mente è Vincenzo Nibali, ha vinto corse di un giorno molto importanti, corse di una settimana e grandi giri, quindi un corridore molto versatile, molto impegnato, super professionale. Quindi suppongo che si dovrebbe guardare a qualcuno del genere, che è in grado di fare corse a tappe di una settimana o grandi giri, ma capace di emergere anche in corse di un giorno molto, molto dure.

Aleotti tra Spagna e futuro: gregario con (qualche) licenza di vincere

20.09.2025
6 min
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La Vuelta 2025 ha segnato un passaggio importante per Giovanni Aleotti, emiliano classe 1999, in forza alla Red Bull-Bora-hansgrohe, lo squadrone… sempre più squadrone. Reduce dal suo secondo Grande Giro stagionale, Aleotti si è ritrovato al servizio di due capitani: l’australiano Jai Hindley, leader designato per la classifica generale, e il giovane talento italiano Giulio Pellizzari, protagonista con una vittoria di tappa e una top 10 finale, sesto per la precisione.

In Spagna, Aleotti ha affinato il suo ruolo di gregario affidabile, ma non solo. Si è mostrato sì corridore di fatica capace di sacrificarsi per il bene del gruppo, ma quando ha avuto carta bianca si è gettato in fuga senza timori. Certo, lo sguardo al futuro invoca leader ancora più grandi, a cominciare Primoz Roglic e presto Remco Evenepoel.

Nella crono di Valladolid, Aleotti si è impegnato ma non del tutto. Ha risparmiato energie in vista delle frazioni finali
Nella crono di Valladolid, Aleotti si è impegnato ma non del tutto. Ha risparmiato energie in vista delle frazioni finali

Le impressioni dalla Vuelta

Giovanni è in pieno recupero post Vuelta. «Ho passato gli ultimi giorni cercando di recuperare il più possibile – racconta Aleotti – La Vuelta è sempre tosta, si arriva alla fine tutti un po’ stanchi. Quest’anno poi era per molti il secondo Grande Giro, ed essendo a fine stagione in gruppo si percepiva tanta fatica generale».

Personalmente ho avuto alti e bassi. Sono arrivato bene, dall’italiano in poi sono stato in altura con la squadra ed ero dove volevo essere. A San Sebastián ho avuto buone sensazioni, alla Vuelta a Burgos ho trovato spazio e un piazzamento nei dieci. Alla Vuelta ho sofferto la prima settimana, più del previsto. Poi nella seconda sono riuscito ad andare un paio di volte in fuga, anche se quest’anno le fughe hanno avuto meno spazio del previsto, visto che degli otto successi della UAE Emirates, sei provengono proprio dalle fughe».

Il bilancio per Aleotti resta dunque positivo. L’obiettivo era sempre supportare la squadra e aiutare i leader.

«Nella terza settimana, con Pellizzari protagonista, ci siamo concentrati su di lui e su Hindley. Che dire: alla fine porto via una buona condizione, che di solito resta nelle gambe dopo un Grande Giro. Adesso il focus è recuperare bene, parlare con il mio allenatore Paolo Artuso e ripartire per la prossima stagione».

Vuelta 2025. Da sinistra: Giulio Pellizzari, Jai Hindley e Giovanni Aleotti. Un bel feeling in squadra
Vuelta 2025. Da sinistra: Giulio Pellizzari, Jai Hindley e Giovanni Aleotti. Un bel feeling in squadra

Per Hindley e per Pellizzari

Come ha detto anche lui, Giovanni aveva due capitani e certamente non deve essere stato facile dividere compiti e attenzioni. Ma vista la rosa 2026 della Red Bull, sarà qualcosa che accadrà con grande facilità. E infatti ci spiega il suo ruolo.

«Vero, avevamo Jai come capitano numero uno e Giulio con carta bianca. L’obiettivo era fare classifica con Hindley e provare a vincere una tappa. E’ arrivata la vittoria con Pellizzari, il suo primo successo, e vederlo in maglia bianca fino alla terza settimana è stato speciale. Abbiamo lavorato benissimo quel giorno, soprattutto per prendere la salita finale. Io ho svolto un bel lavoro, tanto è vero che me lo hanno detto.

«Una volta terminato il mio compito mi sono messo di passo e ai 3 chilometri dall’arrivo a bordo strada ho visto coach Paolo Artuso e il nutrizionista Giacomo Garabello, gli ho chiesto come stesse andando. Mi sono fermato e mi sono visto dal suo smartphone gli ultimi 500 metri del trionfo di Giulio. Davvero bellissimo, davvero una bella atmosfera c’era quel giorno. E va detto che anche Jay, che lottava per il podio, è stato generoso a concedergli lo spazio».

Aleotti del giorno di El Morredero ne parla con entusiasmo. Ma anche determinazione. La tappa era preparata già dal mattino. Il direttore sportivo Patxi Vila che aveva fatto la ricognizione di quella frazione e aveva impostato una tattica che poi è andata alla perfezione. Denz e Van Dijk ha tenere alta l’andatura fino ai piedi della salita, poi Selig e Aleotti per preparare l’affondo. Quando le cose funzionano bene, le energie si moltiplicano.

Giovanni esalta quindi Pellizzari. Anche lui è rimasto colpito da come il marchigiano si sia dimostrato già fortissimo. Al primo anno in un team WorldTour, due Grandi Giri finiti davanti, una vittoria di tappa e la top 10 generale.

«Giulio è molto giovane ma semplice e concreto, si è integrato benissimo. Io penso che abbia avuto la consapevolezza di essere un co-leader, nonostante la sua età. Mi piace poi perché è serio, ma al tempo stesso si diverte», ha aggiunto Giovanni.

La Red Bull crede molto in Giovanni. Anche lo scorso dopo il Giro fu portato in Spagna dove scortò Roglic alla vittoria
La Red Bull crede molto in Giovanni. Anche lo scorso dopo il Giro fu portato in Spagna dove scortò Roglic alla vittoria

Quanti capitani nel un futuro

E ora questo lavoro con i leader, come dicevamo, assumerà sempre più corpo. La Red Bull-Bora si sta trasformando sempre di più in uno squadrone. Oltre a Hindley, Vlasov, Roglic, Lipowitz ecco anche Evenepoel… senza appunto dimenticare Pellizzari. Il futuro per Aleotti tende per natura verso un ruolo determinato. Ed è anche curioso come si porrà con tanti leader così diversi per caratteristiche tecniche e di età.

«Ho avuto la fortuna – spiega Aleotti – di correre con tanti leader: Roglic, Hindley, adesso con Pellizzari e presto arriverà anche Evenepoel. Sono tutti diversi. Jai è il capitano che tutti sognano: semplice, mai esigente, apprezza tantissimo il lavoro e ha sempre una parola per tutti. Roglic invece è una macchina, un lavoratore instancabile dal mattino alla sera. Quando eravamo in ritiro si vedeva che sapeva dove dove andare a parare, perché era lì e quel che voleva.

«Entrambi preferiscono correre davanti, ma ormai è spontaneo per noi metterli nelle prime posizioni, sappiamo già dai meeting e dai software quali punti sono pericolosi. Ormai sono quasi più i gregari che ti portano davanti nei momenti programmati, piuttosto che loro a chiedere».

«Sul mio futuro, penso di continuare a essere un uomo squadra. Ho ancora un anno di contratto. In un team così grande, con corridori come Roglic, Hindley, Vlasov e adesso anche Evenepoel, è difficile pensare di essere capitano. Ma quando ci sarà spazio, come a Burgos, cercherò di farmi trovare pronto. Per il resto il mio ruolo è supportare i leader.

«Road captain? Non mi sento ancora pienamente in quel ruolo, ho solo 26 anni, serve più esperienza, ma seguo l’esempio di “Cece” Benedetti che è stato un riferimento per me».

Giovanni all’attacco. L’emiliano ha colto due fughe, entrambe nella seconda settimana
Giovanni all’attacco. L’emiliano ha colto due fughe, entrambe nella seconda settimana

Un’esperienza di squadra

In questa chiacchierata con Aleotti è la Vuelta a tenere banco. Una maglia bianca e un podio sfiorato, una tappa vinta e soprattutto una corsa, tre settimane, affrontare sempre da protagonisti.

Ci sono state anche tappe durissime da controllare, specialmente nella seconda settimana. Le fughe partivano dopo 50-70 chilometri, quindi si correva a tutta dall’inizio alla fine. Come abbiamo visto è stata una Vuelta nervosa…

«Una Vuelta – conclude Aleotti – in cui la Visma-Lease a Bike spesso lasciava spazio, e questo portava tutto il gruppo a voler andare in fuga. Alla fine resta la soddisfazione di aver dato il massimo per la squadra. Questa Vuelta mi ha fatto crescere, mi ha dato consapevolezza e motivazione per il futuro. So che in squadra i capitani aumenteranno e saranno di altissimo livello, ma il mio obiettivo resta lo stesso: farmi trovare pronto, ogni volta che serve».

Vuelta Espana 2025, vittoria Alto de El Morredero, Giulio Pellizzari

Quanto spinge Pellizzari? Lo chiediamo a coach Lorang

19.09.2025
7 min
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«Pellizzari si allena sempre al 100 per cento. Però è un corridore, vuole gareggiare ed è questa la sua grande passione. Vincere gare, avere successo. E sta facendo tutto il necessario per riuscirci, che si tratti di alimentazione, allenamento, recupero e così via. E’ già molto professionale nonostante la giovane età».

Parla Dan Lorang, head coach della Red Bull-Bora-Hansgrohe. Al ciclismo c’è arrivato su chiamata di Ralf Denk, dopo aver allenato Jan Frodeno e Anne Haug, colossali star del triathlon, vincitori di Olimpiadi e mondiali. L’intervista serve per entrare più a fondo nei due sesti posti di Pellizzari al Giro e alla Vuelta. Piazzamenti identici, ma con genesi e logiche diverse. Al Giro l’hanno portato per la grande condizione palesata al Catalunya e senza una pianificazione partita da lontano, la Vuelta invece faceva parte dei piani sin dall’inizio.

Ritiro invernale Red Bull Bora Hansgrohe, Dan Lorang, head coach
Dan Lorang ha studiato all’Università di Monaco di Baviera ed è il capo dei preparatori alla Red Bull-Bora-Hansgrohe
Ritiro invernale Red Bull Bora Hansgrohe, Dan Lorang, head coach
Dan Lorang ha studiato all’Università di Monaco di Baviera ed è il capo dei preparatori alla Red Bull-Bora-Hansgrohe
Due avvicinamenti diversi…

Soprattutto diversi tempi di preparazione. Al Giro siamo arrivati con poche settimane di lavoro, invece durante il Tour c’è stato un lungo periodo in cui la nostra squadra non ha gareggiato e abbiamo dato ai corridori il tempo di prepararsi per la seconda parte della stagione. Così è stato anche per Giulio. Per un corridore così giovane, partecipare a due Grandi Giri in un anno è impegnativo. D’altra parte però, sapevamo che sarebbe stato possibile a patto che avesse abbastanza tempo per recuperare.

Un tempo che a ben vedere c’è stato, dato che da fine Giro – fatti salvi i tricolori – ci sono state nove settimane fino alla Vuelta Burgos…

Esatto, un intervallo molto lungo. Abbiamo lavorato bene in quota e se anche si fosse ammalato o avesse avuto qualche piccolo problema, ci sarebbe stato tutto il tempo per compensare. Questo è stato il nostro approccio per rispettare la sua età e i tempi della preparazione. Se guardiamo anche a quello che ha fatto in passato, si è visto subito che è un corridore in grado di sostenere carichi elevati, ma bisognava comunque stare attenti.

Proprio per questo, si è mai pensato di non correre la Vuelta, avendo fatto il Giro?

L’opzione di andare anche alla Vuelta è sempre stata nella nostra testa. Prima di tutto si trattava però di vedere come sarebbe uscito dal Giro. Perciò prima di iniziare la preparazione, abbiamo fatto delle analisi del sangue e di tutti i parametri per vedere come si fosse ripreso e se avesse davvero senso andare avanti col piano. Conosciamo i grandi benefici di fare due Grandi Giri e non si limitano alla prestazione immediata, ma anche alla costruzione della carriera per gli anni che verranno.

Pellizzari è uscito bene dal Giro, con il trofeo di miglior giovane italiano
Pellizzari è uscito bene dal Giro, con il trofeo di miglior giovane italiano
E che cosa hanno detto le analisi?

Che era fresco. Si era ripreso mentalmente ed era anche a un buon livello atletico. Bisogna riconoscere che è un corridore cui piace molto quello che fa e questo rende tutto più facile. A volte i ragazzi più giovani hanno difficoltà, ma Giulio è sempre stato al 100 per cento e a quel punto non abbiamo avuto dubbi nel mandarlo alla Vuelta.

Che tipo di risposta ottiene dal lavoro in quota?

Molto buona. Gli piace l’ambiente e la possibilità di concentrarsi solo sul lavoro, ma anche la fisiologia risponde. Il miglioramento delle prestazioni è davvero ottimo. Siamo stati in quota per preparare il Giro e poi la Vuelta e in entrambi i casi si è trattato di un’esperienza davvero positiva. Non è mai successo che fosse troppo stanco oppure che, tornato giù, abbia avuto bisogno di più tempo per adattarsi.

Giulio ha detto più volte di essersi sentito più forte al Giro che alla Vuelta. Ci sono dati che lo confermano?

Possiamo considerare la cosa in due modi. Se guardiamo solo ai numeri puri sul carico totale, sono stati due Pellizzari abbastanza simili. Invece i numeri di picco erano più alti alla Vuelta, cosa che abbiamo riscontrato anche con altri corridori. Cioè il fatto che nella seconda parte della stagione, stando ai watt il livello di prestazione era ancora più alto. Ma di sicuro, al Giro era più fresco e lo sentiva. Si sentiva pieno di energia. Per cui anche se alla Vuelta spingeva più forte ed era capace di prestazioni migliori, non si è mai sentito fresco come in primavera. Penso che sia fondamentalmente questo ciò che ha provato. Ma in termini di numeri, alla Vuelta ha fatto un passo avanti.

Vuelta Espana 2025, La Farrapona, Giulio Pellizzari tira per Jai Hindley
Al Giro per Roglic, alla Vuelta per Hindley: Pellizzari in Spagna ha espresso valori ancora migliori
Vuelta Espana 2025, La Farrapona, Giulio Pellizzari tira per Jai Hindley
Al Giro per Roglic, alla Vuelta per Hindley: Pellizzari in Spagna ha espresso valori ancora migliori
Però ha anche avuto qualche giorno di difficoltà, come mai?

Stavo per dirlo. Al Giro è stato più costante, mentre alla Vuelta c’è stata più oscillazione nelle sue prestazioni, il che è normale per un giovane corridore. Ecco perché anno dopo anno si lavora per raggiungere questa costanza. Al Giro, non ha mai avuto una giornata davvero brutta come quella che ha avuto alla Bola del Mundo, ma come ho detto non ci ha stupito.

Dopo due Grandi Giri nello stesso anno, hai scoperto qualcosa di più su Giulio Pellizzari?

Penso che il suo talento nelle corse a tappe non sia più una grande sorpresa. Anche se è molto giovane, in quelle di una settimana ma anche di tre, ha dimostrato di poter già fare bene. E’ stato bello anche vedere che sa vincere. Ci sono corridori da classifica, che possono arrivare tra i primi cinque, ma probabilmente non hanno mai vinto una gara né ci sono andati vicini. Finché sono giovani, vogliamo che i corridori mantengano l’attitudine per la vittoria. Vogliamo dargli l’opportunità di vincere anche le tappe o probabilmente anche una corsa più piccola per mantenere questa attitudine. Perché Giulio ha le capacità, ha una certa esplosività che gli permette di farlo. Quindi è sulla buona strada per crescere come corridore da classifica generale.

Questo voler tenere le porte aperte è il motivo per cui prima del Giro ha corso la Liegi?

Veniva dall’altura e, quando sei lassù, non puoi sempre fare delle sessioni davvero impegnative. Così abbiamo usato la Liegi per avere l’alta intensità e anche per fargli provare una grande classica. Con lui non ci limiteremo a programmare solo corse a tappe, è troppo giovane per questo. Partecipare a corse a tappe e corse di un giorno è utile per il suo sviluppo. Pogacar e Vingegaard sanno vincere anche le tappe e c’è bisogno di questa capacità.

Il giorno nero alla Bola del Mundo è costato a Pellizzari la maglia bianca, ma il calo non ha stupito i tecnici
Il giorno nero alla Bola del Mundo è costato a Pellizzari la maglia bianca, ma il calo non ha stupito i tecnici
Due settimane dopo la Vuelta, ormai fra nove giorni, Pellizzari correrà i mondiali. Come sta lavorando per arrivarci?

E’ un mix. Normalmente diresti che devi solo recuperare in qualche modo e poi essere sulla linea di partenza. Ma se avessimo fatto così, ci sarebbe stato anche un grande rischio di ammalarsi, perché lo stress va giù e poi il corpo si ammala. Per cui, finita la Vuelta, da un lato c’è stato un mix fra dare degli stimoli, quindi un po’ di intensità e prepararsi per il viaggio. Dall’altro lato, si tratta di lavorare per essere freschi sulla linea di partenza.

Pensate che possa fare bene?

Come squadra, non ci aspettiamo grandi risultati. Indossare la maglia azzurra è un suo desiderio e noi lo vediamo come uno sviluppo per la sua futura carriera. Quest’anno ha già fatto parecchio, quindi dovrebbe godersi l’esperienza e tutto quello che verrà in più sarà un bonus.

Giulio è uno scalatore, ma lo vediamo sempre in sella, anche sulle salite più ripide. Dovrebbe lavorare di più sulle azioni fuorisella?

Non credo, perché a pensarci bene, Pogacar si gestisce esattamente allo stesso modo. E’ passato dall’uscire spesso dalla sella, al rimanerci sempre di più. So che non è così facile (sorride, ndr), ma cerchiamo di far crescere i corridori offrendo loro un’ampia gamma di possibilità, in modo che possano alzarsi dalla sella e anche salire da seduti con cadenze diverse. E’ qualcosa che possiamo implementare nell’allenamento, ma al momento non è un fattore limitante. Anzi, riuscire a produrre quella potenza rimanendo seduti in sella è piuttosto un punto di forza. Perché puoi risparmiare un po’ più di energia. Quindi non lo vedo come un problema.

Appena arrivato in squadra, Pellizzari è diventato uno dei beniamini del team per il suo carattere solare
Appena arrivato in squadra, Pellizzari è diventato uno dei beniamini del team per il suo carattere solare
Ultima domanda: che cosa ti pare del nostro Pellizzari in mezzo ai suoi compagni di squadra?

Fin dal primo contatto, è parso davvero un ragazzo intelligente ben integrato nella squadra, ma capace anche di dire la sua. E’ un vero ciclista, porta con sé la tradizione e gli piace questo sport. Ha già la sua personalità. Accetta o assorbe l’esperienza che riceve dai più grandi, come Roglic o Hindley. Si guarda intorno e cerca di imparare da tutti. E penso sia quello che fanno i campioni quando sono giovani. Cercano di ottenere il più possibile dagli altri. E non si fa problemi se deve aiutare un compagno, agisce sempre a favore della squadra. Se gli assegnate un ruolo, lo svolgerà al meglio. Ecco perché ha già un’ottima reputazione in squadra. Ed ecco perché è una grande aggiunta per nostra squadra.

Cattaneo alla Red Bull: costanza e versatilità a servizio dei giovani

18.09.2025
5 min
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SOLBIATE OLONA – Mattia Cattaneo è tra gli azzurri che arriveranno oggi a Kigali, i primi a vedere da vicino e prendere confidenza con le strade del mondiale rwandese. Il corridore bergamasco si appresta ad affrontare un triplo impegno non da poco, si parte con la cronometro individuale di domenica 21 settembre. Poi arriverà il mixed team relay mercoledì 24, insieme a Matteo Sobrero, Marco Frigo, Federica Venturelli, Monica Trinca Colonel e Soraya Paladin. Infine Cattaneo sarà anche al via della prova su strada di domenica 28 settembre

«Parleremo delle varie tattiche quando arriveranno anche gli altri corridori per la prova in linea – ci racconta ai piedi del pullman della Federciclismo – intanto pensiamo alle due prove contro il tempo. Il percorso, sulla carta, è abbastanza adatto alle mie caratteristiche. E’ una giusta via di mezzo che mi piace, l’obiettivo è il solito: piazzarsi tra i primi dieci. Speriamo il più avanti possibile, sarà difficilissimo andare a podio, se dovessi arrivare tra il settimo e il decimo potrei dirmi felice».

Mattia Cattaneo durante la conferenza stampa di presentazione delle formazioni per i mondiali di Kigali
Mattia Cattaneo durante la conferenza stampa di presentazione delle formazioni per i mondiali di Kigali

Il nuovo dietro l’angolo

Un mondiale che lo vedrà protagonista, prima di gettarsi a capofitto verso le ultime gare di stagione in maglia Soudal-QuickStep. Correrà fino al Lombardia, nel quale sarà a sostegno di Remco Evenepoel, poi sarà tempo di pensare al futuro. Infatti Mattia Cattaneo seguirà il campione olimpico alla Red Bull-BORA-hansgrohe

Le parole spese da Ralph Denk danno la dimensione di quanto la Red Bull conti sulle qualità del bergamasco: «Con Mattia continuiamo la nostra strategia di affiancare i nostri giovani talenti a professionisti esperti – ha detto il general manager – apporta consapevolezza ed esperienza nelle gare, oltre a una grande potenza che fornisce energia fondamentale alla squadra, dalle gare di un giorno ai Grandi Giri».

Cattaneo sarà impegnato nella cronometro individuale, nel mixed team relay e nella prova su strada
Cattaneo sarà impegnato nella cronometro individuale, nel mixed team relay e nella prova su strada
Mattia, parole importanti…

Sicuramente alla mia età, dopo la carriera che ho avuto, sentirsi così ben voluto da una squadra del genere è molto gratificante. Dove sono ora (Soudal-QuickStep, ndr) stavo bene, però per gli ultimi anni di carriera una spinta in più in una nuova realtà sicuramente non fa male. Sono davvero contento, credo di poter portare un bel bagaglio di esperienza a un gruppo giovane. Nella mia carriera ne ho viste di cose, sia positive che negative. 

Cosa senti di poter dare?

Vengo da un ciclismo che è un pochettino diverso da quello attuale. L’ho detto anche alla squadra, magari posso aiutare anche i giovani a trovare un equilibrio tra l’essere dei robot e l’essere più “umani”. 

L’arrivo di Cattaneo alla Red Bull-BORA-hansgrohe sarà importante per la crescita dei giovani
L’arrivo di Cattaneo alla Red Bull-BORA-hansgrohe sarà importante per la crescita dei giovani
Tra i giovani ci sarà un certo Pellizzari, che tra qualche giorno ti raggiungerà ai mondiali…

Credo e spero di poter essere una figura di riferimento per lui. Giulio lo conosco marginalmente, ma credo sia un ragazzo molto ambizioso ed è giusto che sia così visto quello che ha dimostrato. Credo di poter essere un buon punto di riferimento in determinate corse. Fermo restando che lui deve essere Giulio Pellizzari, non Mattia Cattaneo o chi per esso. Io, come sempre faccio con i miei capitani, dico la mia in modo onesto e sincero. Da lì mi limito a fare il mio lavoro, sta a loro poi decidere se ascoltarmi, cosa ascoltare e come usare i miei consigli.

Sull’aspetto tecnico si era dato tanto della tua costanza, che è quello che forse poi ha spinto poi Red Bull a credere in te?

Sì, negli ultimi anni ho trovato un equilibrio nel tipo di lavoro che faccio e questo mi permette anche quando non sono al 100 per cento di riuscire comunque a essere di supporto. Quando sto bene il mio lavoro dura magari cento chilometri, altrimenti mi concentro su un chilometraggio minore. Però il mio lavoro riesco sempre a farlo. Mi autoelogio…

Cattaneo continuerà a correre accanto a Evenepoel, il belga si fida ciecamente del bergamasco
E’ giusto ogni tanto…

Nella mia carriera sono stato bravo a trovare la mia dimensione che mi permette di riuscire a fare il mio lavoro nel migliore dei modi, penso sia la cosa più difficile nello sport in generale.

Qual è questa dimensione che ti senti di aver trovato?

Riesco a essere nel posto giusto e al momento giusto. Inoltre a cronometro sono uno costante, non un campione, ma sono sempre tra i primi. Quelli buoni diciamo. Anche questo aspetto fa parte della costanza che mi ha permesso di dare sempre il mio supporto ai capitani. Sono uno dei pochi corridori che può aiutare a tirare le volate e allo stesso tempo restare a fianco al leader in salita, credo che questa versatilità sia un po’ il mio punto di forza.

La versatilità di Cattaneo sarà fondamentale anche nelle prove a cronometro del mondiale
La versatilità di Cattaneo sarà fondamentale anche nelle prove a cronometro del mondiale
C’è stato anche lo zampino di Evenepoel per questo trasferimento alla Red Bull-BORA-hansgrohe, ne avete parlato?

Onestamente avevo già dei contatti prima che Evenepoel iniziasse a trattare, poi logicamente il suo arrivo ha portato un’accelerata alla contrattazione. Sicuramente ha giocato un ruolo importante anche il suo arrivo al Red Bull. Tra noi due c’è un ottimo rapporto, è già qualche anno che si fida parecchio di me nelle situazioni importanti di gara. 

Avete già parlato di calendario per il 2026?

No, onestamente no. Prima penso a finire bene questa stagione con i mondiali e poi le classiche in Italia fino al Lombardia. Una volta finito ci concentreremo sulla nuova avventura. Il primo appuntamento, per conoscerci e parlare, dovrebbe essere a fine ottobre.

Alto del Morredero, l’urlo di Pellizzari: un giorno speciale

10.09.2025
6 min
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A un certo punto è sembrato di vederlo salire sull’Etna. La maglia bianca di Pellizzari si staccava come un lampo sul nero della montagna annerita dagli incendi dell’estate. Mancavano 3,5 chilometri quando Giulio ha attaccato davvero a fondo. E adesso che taglia la linea del traguardo, il marchigiano pesca l’urlo più forte dal suo profondo e sovrasta il baccano dell’Alto de el Morredero. Prima vittoria da professionista, arrivando da solo. Meglio di così non si poteva. Diavolo d’un marchigiano, questo è un giorno che nessuno di noi potrà mai dimenticare!

«Quando siamo arrivati alla parte meno ripida della salita – racconta Pellizzari dal pullman della Red Bull Bora Hansgrohein radio mi hanno detto di provare, ma fino ai 100 metri non ho voluto neanche pensarci di avercela fatta. Altre volte c’ero andato vicino e poi mi hanno preso, per cui ho aspettato davvero la fine prima di esultare. Cosa c’era in quell’urlo? Una grande felicità!».

Provincia di Leon, la vendemmia è iniziata, il gruppo fruscia ad alta andatura verso la salita finale
Provincia di Leon, la vendemmia è iniziata, il gruppo fruscia ad alta andatura verso la salita finale

Il giorno più bello

Diciassettesima tappa della Vuelta, questa volta le proteste in favore della Palestina non condizionano lo svolgimento della tappa. Ieri Vingegaard e i grandi del gruppo hanno espresso comprensione per il dramma di Gaza e magari questo ha persuaso i manifestanti a lasciargli portare la croce sulla montagna bruciata.

«Penso che sia stato il miglior momento della mia carriera – dice Pellizzari – una carriera corta fino ad oggi. Ho avuto un senso di sicurezza, ho sentito che oggi sarebbe potuto essere il mio giorno. Grazie a tutti i miei compagni, abbiamo preso la valle a tutto gas per cercare di sfiancare Pidcock, perché chiaramente l’obiettivo è il podio di Hindley. Ho fatto il primo scatto e mi hanno ripreso, ma sul secondo sono andato via e Jai mi ha protetto molto bene. Visto il grande lavoro fatto per puntare al suo podio, sono contento di aver potuto ricambiare gli sforzi della squadra».

Prima di attaccare, Pellizzari ha fatto la sua parte per proteggere e semmai migliorare la posizione di Hindley
Prima di attaccare, Pellizzari ha fatto la sua parte per proteggere e semmai migliorare la posizione di Hindley

Tempismo perfetto

Si sono ritrovati in superiorità numerica, Pellizzari e Hindley, dopo che il vento contrario ha svuotato le gambe dei primi della classe. Vingegaard ha provato a staccare Almeida, ma non potendo fare velocità, se lo è visto rientrare e lì è rimasto. Hindley ha provato a piegare Pidcock per il podio, ma il britannico non s’è fatto intimidire e ha rilanciato.

«Eravamo venuti a vedere la salita – spiega il diesse Patxi Vila – e sapevamo che la valle sottostante poteva essere piena di vento, per cui la squadra è stata fantastica, i ragazzi sono stati molto bravi. Dato che Giulio era il più indietro in classifica, nel finale abbiamo deciso di spostare l’obiettivo dalla classifica generale alla tappa. E ha funzionato bene. Giulio è partito alla grande e anche Jay ha fatto un lavoro impressionante. E’ stata una lotta molto tattica. L’unico che ha provato a recuperare più volte è stato Riccitello per la maglia bianca, mentre gli altri non sono sembrati irresistibili».

Hindley ha forzato la mano per attaccare il podio: ora Jai ha 36″ di ritardo da Pidcock
Hindley ha forzato la mano per attaccare il podio: ora Jai ha 36″ di ritardo da Pidcock

Un premio per Tiberi

Nel giorno in cui anche Tiberi ha provato a dare un segno di timida ripresa, per Marco Villa arriva un segnale squillante come l’azzurro delle maglie che saranno annunciate il 17 settembre, prima che la spedizione parta alla volta del mondiale di Kigali.

«Oggi è stata un’altra giornata sicuramente molto impegnativa – ha detto il corridore della Bahrain Victorious – in cui volevamo provare a giocarci le nostre carte sia in fuga sia in gruppo con Torsen Traen per la classifica generale (al momento il norvegese è 9°, ndr). Io sono riuscito ad entrare nella fuga di giornata, però avevo capito che specialmente la Visma non voleva lasciare troppo spazio. La speranza è sempre l’ultima a morire, quindi ho giocato le mie carte fino alla fine. Ho provato diverse volte ad attaccare, perché le sensazioni erano buone. Ci hanno ripreso, però ho vinto il premio di più combattivo, che mi dà morale e un po’ di soddisfazione».

Il primo attacco di Pellizzari a 3,9 km dall’arrivo. Quello decisivo ai meno 3,5
Il primo attacco di Pellizzari a 3,9 km dall’arrivo. Quello decisivo ai meno 3,5

Un cenno di Hindley

Al Giro dello scorso anno c’era voluto per due volte Pogacar a guastargli i piani. Quest’anno solo l’assolo di Fortunato e Scaroni gli ha impedito di vincere la prima corsa al Giro a San Valentino di Brentonico. Era chiaro che avesse nelle gambe la forza giusta, non era facile capire se la squadra gli avrebbe dato via libera. Finché dopo una passata in testa di Hindley, l’australiano si è voltato e gli ha fatto cenno. Era il segnale che Pellizzari aspettava da inizio Vuelta.

«Eravamo sei in tutto – racconta trafelato – e noi eravamo in due. Ho pensato che se fossi andato, nessuno sarebbe venuto a prendermi. Oggi ho provato più di una volta a distruggermi andando a tutto gas nei tratti più ripidi. Ma quando la pendenza è diventata un po’ più bassa, ho provato ed è stato perfetto per il mio peso. Che cosa posso dire: grazie a tutti quelli che hanno creduto in me fin dal primo momento».

Il verdetto della crono

Domani la cronometro potrebbe riscrivere gli equilibri della Vuelta Espana, perché i 50 secondi che dividono Vingegaard dal più specialista Almeida potrebbero assottigliarsi di molto. E come si conviene nei finale dei Grandi Giri, specialisti o meno, restano sempre a galla quelli che hanno conservato più energie.

«La crono di domani – dice Pellizzari – è la tappa che aspetto dal via di Torino. Quella del Giro avevo dovuto farla piano, qui invece mi metterò alla prova per testarmi davvero. A livello di sensazioni, credo che forse al Giro stessi meglio di adesso e anche questa è una lezione. Ho capito che per vincere non serve avere per forza la gamba della vita».

In questo giorno di distacchi col bilancino e calcoli di energie residue, la splendida sfrontatezza di Pellizzari ha rischiarato il pomeriggio dell’Alto del Morredero, che sovrasta Ponferrada, nella provincia di Leon. Un italiano con la testa alta che al Giro ha convissuto con Roglic e sta pedalando accanto a Hindley, in attesa che il prossimo anno arrivi anche Evenepoel. Uno che in apparenza non ha paura di niente. Forse non è neanche per caso che nel giorno di Del Toro al Giro di Toscana, Giulio abbia vinto alla Vuelta. Questi due ragazzini, al pari di Sinner e Alcaraz su altri campi, presto si divideranno il futuro.