Continental, con le Classiche italiane cresce la voglia di ciclismo

14.03.2024
3 min
Salva

Il legame che unisce il marchio Continental alle grandi corse che si svolgono in Italia si arricchisce oggi di un nuovo capitolo. Il brand tedesco è infatti Official Supplier delle grandi Classiche del ciclismo italiano firmate RCS Sport. Stiamo parlando della Strade Bianche, vinta, anzi stravinta da Pogacar, della Tirreno–Adriatico che ha visto il trionfo di Vingegaard, della Milano – Torino di ieri con la vittoria di Alberto Bettiol.

Quest’ultima corsa ha rappresentato una sorta di “antipasto” per la Milano–Sanremo di sabato prossimo. Dopo l’estate, il calendario delle corse che vedranno protagonista Continental come Official Supplier si chiuderà con il Gran Piemonte e Il Lombardia, rispettivamente il 10 e il 12 ottobre.

Continental fornisce gli pneumatici alle macchine di RCS Sport al seguito delle corse
Continental fornisce gli pneumatici alle macchine di RCS Sport al seguito delle corse

In mezzo al Giro

Fra Milano-Sanremo e Il Lombardia, le due Classiche che aprono e chiudono il calendario delle corse “Monumento”, ci sarà il Giro d’Italia che vedrà Continental ancora grande protagonista questa volta nel ruolo di Top Sponsor della Corsa Rosa.

Il brand tedesco avrà un ruolo di rilievo anche al Giro-E come sponsor di maglia e con un proprio team che potrà contare su un capitano davvero speciale. Stiamo parlando di Damiano Cunego che nella sua carriera è stato capace di vincere un Giro d’Italia e ben tre Lombardia.

Le vetture RCS monteranno pneumatici AllSeasonContact 2
Le vetture RCS monteranno pneumatici AllSeasonContact 2

Il meglio di Continental

In occasione di tutte le Classiche firmate RCS Sport, la flotta ufficiale delle vetture Toyota sarà equipaggiata con l’AllSeasonContact 2. Si tratta di un prodotto di ultima generazione in grado di garantire elevate percorrenze e una guida sicura in tutte le condizioni atmosferiche. L’ultima generazione del prodotto all-season di Continental è infatti dotata delle più recenti tecnologie che garantiscono una resa chilometrica senza precedenti e di assoluto rilievo nella categoria dei prodotti 4 stagioni.

Oltre a questo, AllSeasonContact 2 è perfetto anche per i veicoli elettrici, come certificato dalla marcatura EV sul fianco. Assicura inoltre un comfort di guida ottimizzato, una ridotta rumorosità e un disegno del battistrada innovativo che permette un ottimale drenaggio dell’acqua e un’aderenza eccezionale su ogni superficie. 

Damiano Cunego sarà capitano del team Continental al Giro-E (foto RCS Sport)
Damiano Cunego sarà capitano del team Continental al Giro-E (foto RCS Sport)

Numeri importanti

Oggi Continental è presente in 57 Paesi in tutto il mondo. La divisione Pneumatici conta 20 siti di produzione e 16 di sviluppo. Con i suoi 57.000 dipendenti, Continental si colloca tra i leader delle tecnologie di produzione di pneumatici con un’ampia gamma di prodotti per autovetture, veicoli commerciali e due ruote. Tutto ciò è reso possibile a continui investimenti in ricerca e sviluppo. Continental garantisce un importante contributo alla mobilità sicura, economica ed ecologicamente efficiente. 

Continental

Sicilia, Giro Next Gen, Strade Bianche… a tu per tu con Vegni

24.02.2024
5 min
Salva

Dal UAE Tour Women (nella foto di apertura) alla Milano-Sanremo, ripartono le corse di RCS Sport. Per Mauro Vegni e il suo staff c’è dunque subito un bel tour de force. Tra le due gare infatti ci sono anche il UAE Tour, che si sta correndo proprio in questi giorni, Strade Bianche, per uomini e donne, la Tirreno-Adriatico e la Milano-Torino.

Vegni non è negli Emirati Arabi Uniti, ma si trova a Milano. Il direttore del ciclismo di RCS Sport ha il suo bel da fare. Anche perché poi la lista degli eventi non si esaurisce con la Classicissima. Nonostante sia saltato il Giro di Sicilia, all’orizzonte c’è già il Giro d’Italia, seguito dal Giro Next Gen e il Giro Donne. E ci fermiamo qui, senza andare oltre.

Mauro Vegni (classe 1959) è il direttore del ciclismo di RCS Sport
Mauro Vegni (classe 1959) è il direttore del ciclismo di RCS Sport
Signor Vegni dunque, s’inizia con un gran filotto…

Ormai è da qualche anno che abbiamo questo tour de force ad inizio stagione. Ci stiamo abituando ad un numero sempre maggiore di gare, ma ci stiamo anche dotando per poterle fare al meglio. 

Appunto, dotando: come è distribuita la squadra di RCS Sport tra le corse in Asia e quelle in Italia?

Bisogna considerare che negli Emirati c’è una società che porta avanti il lavoro per nostro conto e provvede all’organizzazione. Poi ci siamo noi, circa 60-70 persone tra motociclisti, autisti, parte mediatica…. che arriviamo e facciamo il resto.

Le persone di RCS che ora sono negli Emirati, sono le stesse che poi vedremo a Siena per la Strade Bianche?

Sì, tornano domenica e avranno cinque giorni di riposo per recarsi venerdì a Siena. RCS ha vari modi di lavorare. Ci sono settori che vengono chiamati all’uopo (come nel caso del UAE Tour, ndr) per le singole manifestazioni, chi viene chiamato all’occorrenza da RCS e chi invece è con noi tutto l’anno. C’è chi cura la parte sportiva e commerciale, chi quella mediatica e dei social. Poi c’è la squadra del Giro-E e quella della carovana, direi che fisse alla fine ci sono circa 50 persone, più qualcuno a chiamata durante gli eventi.

Prima abbiamo snocciolato molte corse, e all’appello ne mancherà una: il Giro di Sicilia. Come mai è saltato? Come sono andate le cose?

Noi avevamo un accordo con loro per tre anni, poi è cambiato l’assetto regionale e cambiando i personaggi è cambiato anche l’interesse verso il Giro di Sicilia. E’ saltato il nome Giro di Sicilia, ma stiamo provvedendo a mettere in piedi un’altra corsa in un’altra regione.

Il Giro di Sicilia 2021 attraversa i templi di Agrigento. Questa gara non si disputerà più
Il Giro di Sicilia 2021 attraversa i templi di Agrigento. Questa gara non si disputerà più
Ci può dire di quale regione si tratti?

Eh no! Anche perché poi alcuni aspetti devono ancora essere definiti.

Ci dica almeno se è sempre una regione del Sud?

Diciamo del Centro-Sud. Si tratta di una corsa a tappe, sempre di tre o quattro frazioni. Quelle date in calendario comunque sono e restano nostre. Non le possono prendere altri. Quindi le vogliamo riempire.

A scanso di equivoci, signor Vegni, quando dice che è cambiato l’assetto regionale si riferisce alla politica chiaramente…

Certo, se c’è la volontà politica si fa, altrimenti no. E io non discuto. Magari chi c’era prima era appassionato di ciclismo o vedeva delle potenzialità nell’evento, era più favorevole verso il ciclismo. Chi è arrivato adesso ha altre idee per la promozione turistica. E le rispettiamo.

Giro Next Gen: quando sarà presentato? Cosa ci può dire?

Sarà presentato a metà aprile. E’ quasi completato. Aspettiamo un paio di decisioni finali per altrettante tappe, ma siamo a buon punto. Ci lavoriamo da tempo.

Giro Next e Giro Donne: quanto è stato importante organizzarli l’anno scorso? Quanto vi può aiutare l’esperienza di averli presi per mano direttamente?

Per il Giro Next Gen sicuramente è stato utile, soprattutto per capire i valori tecnici in campo: c’è chi è più avanti di parecchio e chi è più indietro. Che poi, in parte, è quel che succede con le donne. Ci sono alcune atlete come per esempio Van Vleuten o Kopecky che hanno performance diverse dal 90 per cento del gruppo. E lo scorso anno al Giro dei ragazzi si è vista la stessa cosa: chi ha vinto (Staune Mittet, ndr) aveva già in mano un contratto con la Visma-Lease a Bike WorldTour. Un bel gap rispetto a molti altri ragazzi.

Staune-Mittet in azione sullo Stelvio la scorsa estate al Giro Next Gen (foto LaPresse)
Staune-Mittet in azione sullo Stelvio la scorsa estate al Giro Next Gen (foto LaPresse)
La domanda si lega al discorso che facemmo tempo fa sulla distribuzione dei dislivelli: alla luce di quanto visto l’anno passato rivedremo un salitone tipo lo Stelvio?

Bisogna trovare il modo di fare tappe mosse e poi inserire anche una tappa con arrivo in salita che determini in qualche modo la classifica generale. Il format che vedrete dunque sarà molto simile a quello dell’anno passato.

Il baricentro del percorso è sempre al Nord o si cambia?

Diciamo che da Nord va un po’ verso Sud, ma essendo solo otto tappe non scenderemo di molto.

Cambiamo argomento. Si avvicina la Strade Bianche, classica amatissima in tutto il mondo, diventerà mai un monumento? A volte c’è stata qualche voce in merito…

Ci penso… Io credo che monumento sia soprattutto un appellativo. La Strade Bianche ha una risonanza tale che già ora la si potrebbe definire un monumento. Però prendiamo la Sanremo: ha 116 anni di età, quasi cento in più della Strade Bianche. E cosa significa? Che okay essere una bella corsa, ma la storia è la storia. Io posso dire che ci stiamo lavorando. Non è un discorso che riguarda solo l’Italia ma il ciclismo internazionale. Ogni Nazione vorrebbe avere almeno un monumento e non è facile. Le qualità per esserlo la Strade Bianche ce le ha, ma credo che per il momento ci sia da aspettare un po’.

Ultimo argomento: l’annoso ed eterno tema delle squadre italiane al Giro d’Italia. Quest’anno sembra, e ribadiamo il sembra, che ci sia stata meno polemica che in passato…

Io questa cosa non la capisco, così dicendo sembra che le altre corse di RCS che non sono il Giro d’Italia siano corse di scarso valore. Chi non fa il Giro fa tutte le altre nostre gare e parlo di Strade Bianche, UAE Tour, Tirreno… non gare piccole. Se è così, allora non faccio più fare le gare WorldTour alle italiane. Ogni anno lascio a casa tra le 8 e le 10 professional dalla Tirreno-Adriatico per dare spazio anche alle squadre italiane. Che iniziassero piuttosto ad avere corridori di livello. Lo scorso anno, gli amici della Corratec sono stati invitati e non avevano un grande valore tecnico. Ho visto che quest’anno hanno più corridori di spessore: bene, che continuino così. Quello che voglio dire è che essere italiani non è sufficiente per fare certe corse. Bisogna essere italiani… e con gli attributi giusti. 

EDITORIALE / L’esempio di Benidorm e la parabola dei talenti

22.01.2024
5 min
Salva

BENIDORM (Spagna) – Sedicimila persone a 18 euro ciascuna (i biglietti andavano da 14 a 20 euro) fanno 288 mila euro: questo è l’incasso stimato ieri per gli organizzatori della Coppa del mondo di ciclocross a Benidorm. In realtà potrebbe essere molto superiore, dato che nei 16.000 andrebbero considerati anche quelli che hanno riempito l’area VIP e Super VIP, i cui ingressi costavano fra i 75 e i 150 euro (ridotti per i bambini). In aggiunta, al conto vanno sommate le consumazioni, che passavano attraverso un braccialetto ricaricabile marcato Pissei. La coda davanti agli stand e le roulotte che vendevano birre e panini era interminabile. Non è difficile valutare che il totale superi abbondantemente i 300 mila euro.

A Benidorm si sono contati circa 16.000 paganti. Biglietti fra 14 e 20 euro, fino a 150 per l’area VIP
A Benidorm si sono contati circa 16.000 paganti. Biglietti fra 14 e 20 euro, fino a 150 per l’area VIP

Il ciclismo che si paga

C’era davvero un sacco di gente a tifare Van Aert e compagni, sfatando il luogo comune del ciclismo sport povero perché non ci sono biglietti da vendere. In realtà i biglietti ci sarebbero, quello che manca è la capacità di immaginare uno sport che oltre ad essere spettacolare, sia anche redditizio. Nei giorni del cross, Benidorm e i suoi hotel si sono riempiti di gente proveniente da ogni angolo di Spagna e d’Europa, soprattutto dal Nord. L’indotto per le strutture ricettive non è quantificabile.

A Gand, per la Sei Giorni che si è svolta lo scorso novembre nel velodromo Kuipke e accoglie ogni sera circa 6.000 persone (3.000 sugli spalti e altrettanti nel parterre ancora più pieno), i biglietti andavano da 27 a 45 euro a serata, fino ai 145 del Vip Cafè Hospitality. A voi il piacere di fare il conto. Ugualmente in Belgio, ma per il Giro delle Fiandre, i Vip paganti sono davvero una folla (dalla colazione all’arrivo passando per il Qwaremont) e pagano prezzi da mille e una notte.

Se un evento richiama migliaia di persone diventa più appetibile anche per gli sponsor, questo è abbastanza chiaro anche per chi di economia mastica ben poco.

Il velodromo di Gand accoglie ogni sera circa 6.000 persone, con biglietti da 27 a 45 euro, più zone VIP
Il velodromo di Gand accoglie ogni sera circa 6.000 persone, con biglietti da 27 a 45 euro, più zone VIP

Il ciclismo nelle città

Si tratta di esempi piuttosto elementari per dimostrare altrettanti aspetti che meriterebbero qualche riflessione aggiuntiva.

La prima è la conferma che il ciclismo, portato nel centro delle città, ha un appeal ancora intatto. Va benissimo la Coppa del mondo a Vermiglio, ma vogliamo mettere la risonanza che avrebbe un cross internazionale a Villa Borghese o al Circo Massimo, in un weekend di ordinario turismo a Roma? Oppure nel centro di Milano o di Verona?

La seconda rende palese quale potrebbe essere il ritorno economico di un movimento fiorente come quello della nostra pista, se solo qualcuno avesse la capacità di guardare oltre la punta del naso. L’Italia è protagonista di mondiali e Olimpiadi, ma non ha un evento per mettere in mostra i suoi gioielli.

Il terzo fa capire che agli organizzatori delle corse su strada basterebbe un pizzico di inventiva per allestire delle zone hospitality nei punti cruciali, smettendo di nascondersi dietro il paravento del “si è sempre fatto così”. Il problema non è pagare. Il problema è pagare senza avere qualcosa di indimenticabile.

Pidcock e i bambini. Quale altro sport consente l’accesso diretto ai campioni? (foto Yago Urrutia)
Pidcock e i bambini. Quale altro sport consente l’accesso diretto ai campioni? (foto Yago Urrutia)

La Sei Giorni di Milano

Anni fa furono quasi 30 mila i tifosi che presero d’assedio la Montagnetta di San Siro per vedere Paola Pezzo e Miguel Martinez gareggiare sulla mountain bike. E furono moltissimi anche i tifosi che nel 1995 si ritrovarono a Villa Ada, nel cuore di Roma, per la prova di Coppa del mondo di mountain bike vinta da Luca Bramati. Mentre il Superprestige di ciclocross faceva tappa fissa nel parco dell’ospedale Spallanzani, meglio noto di recente per aver… ospitato i primi due cinesi presunti portatori del Covid in Italia. Non c’è più nulla.

Tagliamo subito la testa al toro: non si può fare una Sei Giorni a Montichiari. E’ lontana, richiede un viaggio e per questo non attira curiosi. Se invece si prendesse un capannone della vecchia Fiera di Milano o addirittura il Forum di Assago, si affittasse una pista e la si montasse al suo interno, ecco che rinascerebbe la Sei Giorni tante volte promessa e mai mantenuta.

Questa immagine del 1984 ricorda come fosse la Sei Giorni di Milano, con il palazzo sempre pieno
Questa immagine del 1984 ricorda come fosse la Sei Giorni di Milano, con il palazzo sempre pieno

La parabola dei talenti

Chi potrebbe farlo? Se non ci arriva per scelta o intuizione RCS Sport e non ci arrivano per potenza economica le altre società sportive (ovviamente tutto ciò ha un costo), potrebbero farlo gli organizzatori di grandi eventi e concerti. Quelli che campano di biglietti e merchandising. Gli andrebbe proposto e questo potrebbe farlo la Federazione, che ne ricaverebbe un interessante utile.

Sarà forse perché piace la sua concretezza, sarà perché sa muoversi, ma sono tanti quelli che pensano che Cassani la Sei Giorni a Milano l’avrebbe riportata davvero. Lo aveva promesso. Così come a un certo punto si è messo in testa di portare il Tour de France in Italia e ha trovato gli alleati per farlo.

Fare: il verbo è proprio questo. La differenza vera fra lo spettacolo di Benidorm, il gigantismo belga e la nostra dimensione così accorta da sembrare stantia sta proprio nella capacità di immaginare, progettare, rischiare e poi fare. Si segue da decenni un copione identico, si spremono gli sponsor, si va in cerca di contributi pubblici e non si inventa nulla. Un po’ come nella parabola dei talenti, il ciclismo in Italia in tanti casi è gestito da chi ha sotterrato la moneta senza valutare più di tanto la possibilità di guadagnarne altre. Sappiamo tutti come finì con i tre servi del Vangelo di Matteo?

Con il Giro d’Italia Donne, RCS fa all-in. Sentiamo Vegni

09.01.2024
4 min
Salva

Manca ancora la presentazione della seconda edizione del Giro Next Gen, ma la cosa certa è che da quest’anno RCS Sport ha in mano il Giro d’Italia delle tre maggiori categorie: uomini, donne e U23. L’ultimo a fare il suo ingresso nel mondo di Cairo è stato il Giro D’Italia Women, mentre nel 2023 era entrato quello dei giovani. Un investimento importante, dettato dal fatto che il ciclismo non è più parallelo, ma trasversale. Queste tre categorie si toccano e si mischiano, soprattutto nei team WorldTour che hanno (quasi) tutti formazione maschile, femminile e development. 

Lo scorso 12 dicembre c’è stata la presentazione del Giro d’Italia Women
Lo scorso 12 dicembre c’è stata la presentazione del Giro d’Italia Women

Fil Rouge

Mauro Vegni, direttore del ciclismo di RCS Sport, ci guida in questo labirinto che sembra complicato, ma così non è. La parola d’ordine è organizzazione e programmazione, come vedremo.

«E’ normale – racconta Vegni – che crediamo di poter dare un significato maggiore a queste gare (in riferimento a Giro d’Italia Donne e Giro Next Gen, ndr). Il Giro U23 per anni si è fatto, poi è passato in mano alla Federazione e ad altri soggetti. Per alcune edizioni è saltato e successivamente se ne è incaricata ExtraGiro.

«Ora che abbiamo in mano tutti e tre gli eventi, dagli U23 ai professionisti, riusciremo a creare un fil rouge. L’idea è quella di portare il ciclismo ad un piano più alto, infatti questo per noi è un valore aggiunto che può alzare il livello del ciclismo italiano».

Molti ragazzi del Giro Next Gen del 2023 avevano già contratti con le squadre WorldTour…

Vero. Semplicemente questi ragazzi correvano per team di sviluppo di squadre professionistiche. Ci sono corridori che da U23 hanno già risultati o comunque gare con i pro’. Per i corridori italiani (ai quali manca il team WorldTour, ndr) è comunque una vetrina per mettersi in mostra e cercare di entrare nel mondo dei grandi. 

Team WorldTour che sono entrati anche nel mondo del ciclismo femminile.

Il mondo del ciclismo femminile ha avuto una crescita incredibile. In questo RCS ha creduto ed investito. La richiesta di prendere in mano l’organizzazione è arrivata anche da qualche atleta. Voglio ricordare che comunque noi, già negli anni ‘90, avevamo organizzato la Primavera Rosa, che era la versione femminile della Milano-Sanremo. E’ la prima volta che prendiamo in mano un grande Giro ma abbiamo alle spalle l’esperienza di altri eventi.

RCS ha organizzato dal 1999 al 2005 la Primavera Rosa, l’equivalente femminile della Milano-Sanremo
RCS ha organizzato dal 1999 al 2005 la Primavera Rosa, l’equivalente femminile della Milano-Sanremo
Avere in mano tutta l’organizzazione permette di presentarsi al meglio all’UCI?

Certamente. Bisogna che si faccia un calendario ben strutturato. Non si possono più costringere le atlete a fare trasferimenti lunghi in brevi periodi. Questa è la cosa che ci preme maggiormente, perché uomini e U23 hanno un calendario già solido. Si deve pensare, anche per le donne, un mese o poco meno, di attività in zone ravvicinate. 

Che mondo è quello del ciclismo femminile?

Ha una sensibilità particolare, perché il movimento cresce ed è ambizioso e la volontà di arrivare sempre più vicini agli uomini si vede. Anche il semplice fatto che spingessero perché noi di RCS prendessimo in mano l’organizzazione fa capire le loro ambizioni.

Più recentemente è stata inserita nel calendario la Strade Bianche femminile, il movimento è in crescita
Più recentemente è stata inserita nel calendario la Strade Bianche femminile, il movimento è in crescita
La vostra esperienza dal Giro d’Italia uomini come la trasferite a quelli nuovi?

Sappiamo già quello che si deve fare, le necessità si conoscono e questo è importante. I personaggi chiave dell’organizzazione sono gli stessi. Non si può delegare nessun aspetto, ci deve essere la giusta sensibilità nel personale che lavora. Sicuramente aumentano le cose da fare ma se si vuole si può fare tutto. 

Come?

Lo staff è lo stesso, ma si deve programmare bene il lavoro, soprattutto in inverno. Da ottobre a gennaio ci sono tante cose da fare, a partire dai sopralluoghi e dal contattare le sedi di tappa. Inserire questi due nuovi eventi, prima il Giro Next Gen e poi Giro d’Italia Donne, in mezzo ai tanti che già abbiamo ci spaventava. Ma siamo riusciti a far quadrare tutto. Poi la verità uscirà solamente quando le gare saranno in corso. Ma per il momento siamo molto soddisfatti.

Tolto il velo al primo Giro Donne targato RCS Sport

12.12.2023
6 min
Salva

MILANO – Il 31° piano di Palazzo Regione nel capoluogo lombardo serve a presentare il primo Giro d’Italia Donne targato RCS Sport. Otto tappe, si parte dalla Lombardia il 7 luglio, più precisamente da Brescia. L’arrivo, dopo che si scende costantemente verso sud, è a L’Aquila, il 14 luglio. Nel mezzo tanti chilometri, per la precisione 856 e tanto dislivello: quasi 12.000 metri. Il progetto di questo Giro Donne ha la firma di Giusy Virelli, Sport Manager di RCS. 

«E’ un Giro Donne per tutti i gusti – racconta Giusy Virelli – nelle otto tappe ci sono occasioni per tutte le atlete. Le specialiste avranno modo di cimentarsi in ogni terreno, trovando quello a loro più congeniale. La Lombardia taglia il nastro rosa con un inizio fulminante. Infatti la cronometro di Brescia, che misura 14,6 chilometri, darà dei distacchi interessanti».

Verso sud, ma si sale

Dopo la partenza di Brescia sarà sempre la Lombardia a ospitare la partenza della seconda tappa. Dalle sponde del Lago di Garda le ragazze punteranno Volta Mantovana e le velociste avranno la prima occasione di darsi battaglia. Il primo arrivo in salita di questo Giro Donne avverrà nella terza frazione, quella che parte da Sabbioneta e arriva a Toano: 11 chilometri tutti da vivere, non difficili ma sicuramente un primo test importante. 

«Gli ultimi tre giorni – racconta dal palco Giusy Virelli – sono un crescendo di fatica e impegno. La tappa regina è la penultima, con arrivo al Blockhaus, al rifugio Mamma Rosa. Prima però le atlete scaleranno Passo Lanciano. In 125 chilometri i metri di dislivello saranno ben 3.600. Il finale, da Pescara a L’Aquila, nasconde insidie. Con lo strappo che porta in centro città che diventa così un’ultima occasione per ribaltare le gerarchie».

La voce della “Longo”

La collocazione del Giro Donne nella seconda settimana di luglio è una chance da non buttare. Il percorso disegnato da RCS è duro, lo si vede nei volti degli interessati presenti e nelle parole delle possibili protagoniste. Collegate da remoto, causa ritiri di squadra, si presentano Elisa Longo Borghini, Silvia Persico e Mavi Garcia

«Il percorso mi è piaciuto subito», ammette Longo Borghini che con il ritiro della Van Vleuten vede aprirsi uno spiraglio più che concreto di indossare la maglia rosa. «La cronometro iniziale, visto il tipo di corridore che sono, è perfetta per me. E’ un Giro Donne dove fin da subito non si potrà abbassare mai la soglia dell’attenzione. Dalla quarta tappa in poi non si scherza davvero più».

In casa UAE e Liv

Della formazione UAE Team ADQ si presenta Silvia Persico, mentre per la Liv Racing Mavi Garcia. Anche loro con il volto proiettato su uno schermo ma con le idee chiare

«Questa edizione è davvero dura – dice Silvia Persico – per questo mi concentrerò molto sulle tappe. La quarta (quella che arriva a Urbino, ndr) è molto vicina alle mie caratteristiche. La classifica generale, invece, è lontana dalle mie possibilità, viste le tante scalate impegnative, soprattutto nelle ultime due tappe».

«Mi sembra un Giro Donne molto più duro rispetto agli altri anni – racconta in un perfetto italiano Mavi Garcia – in più è fatto in posti davvero molto belli. Sono emozionata e motivata, la tappa del Blockhaus è davvero impegnativa, forse troppo. 3.600 metri di dislivello non li ho mai fatti in gara. Nel 2024 voglio tornare a lottare, serve migliorare le prestazioni fatte nel 2023».

Ecco il “Trofeo senza fine”, con il simbolo dell’infinito, per il primo Giro d’Italia Donne di RCS
Ecco il “Trofeo senza fine”, con il simbolo dell’infinito, per il primo Giro d’Italia Donne di RCS

Sangalli guarda e studia

Il cittì della nazionale femminile, Paolo Sangalli, era seduto nella fila davanti alla nostra. Non si è scomposto e dopo la presentazione si è messo a disposizione dei presenti. 

«Come Italia ci siamo adeguati al modello francese – dice Sangalli – dove ASO organizza il Tour de France e il Tour de France Femmes. E’ un percorso duro, anche più della corsa a tappe francese. Quelle che sembrano tappe di pianura nascondono insidie che nelle altimetrie non si vedono. La tappa di Urbino, la quarta, mi sembra molto bella e intrigante. Una frazione che può prevedere la classica “imboscata”. Logicamente si guarda al Blockhaus per la classifica finale, lì si scopriranno tutte le carte».

L’appuntamento olimpico, datato ad inizio agosto, dista tre settimane dal finale della corsa rosa femminile. Chi vorrà essere pronta per Parigi potrebbe dover passare dal Giro Donne

«Credo che tutte le protagoniste dell’olimpiade saranno al Giro – conclude Sangalli – ci sarà un alto livello tecnico. Le nostre ragazze ci saranno e potranno guardare alla classifica generale. A partire dalla Longo Borghini passando anche per Marta Cavalli. Io potrò guardare e prendere spunto dal Giro Donne, con la consapevolezza che il periodo per preparare poi la gara di Parigi c’è, bisogna essere bravi a recuperare e gestire gli impegni. La squadra per le Olimpiadi verrà fuori sia dalle Classiche del Nord che dal Giro Donne».

EDITORIALE / Cinque squadre che tramano nell’ombra

30.10.2023
6 min
Salva

La fusione sfumata fra Jumbo-Visma e Soudal-Quick Step è stata l’ammissione che così non si può andare avanti. Che i costi sono diventati difficili da sostenere anche per le squadre più grandi e che per continuare a dominare c’è bisogno di averne sempre di più, a fronte di sponsor che iniziano a farsi delle domande.

«Non credo che possano continuare così anno dopo anno – ha detto Pogacar da Singapore, parlando della Jumbo – sarebbe un po’ strano. Nel 2024 ci saranno anche alcuni cambiamenti. Primoz va alla BORA-Hansgrohe e con lui perdono un leader importante. E’ positivo che ci siano più squadre che hanno un forte blocco per i Grandi Giri, l’anno prossimo non sarà più Jumbo-Visma contro UAE Emirates. Ci sarà anche Remco e anche la Ineos sarà competitiva. Ciò non farà altro che arricchire ulteriormente il Tour de France».

Le parole di Pogacar sono giunte da Singapore, dove è impegnato nei Criterium del Tour (foto alenmilavec)
Le parole di Pogacar sono giunte da Singapore, dove è impegnato nei Criterium del Tour (foto alenmilavec)

Il tesoro del Tour

L’ultimo verbo, usato da Pogacar in riferimento ai contenuti tecnici della sfida, ha però anche altre sfumature: la corsa all’oro è nel vivo. All’indomani della presentazione del Tour de France infatti (foto ASO in apertura), l’agenzia di stampa Reuters ha diffuso una notizia sorprendente: cinque squadre di punta sarebbero in trattative per organizzare una competizione ciclistica alternativa. L’obiettivo è quello di limitare il potere dei grandi organizzatori e consentire l’afflusso di più denaro alle squadre.

Finora soltanto Flanders Classics, per bocca del suo CEO Thomas Van der Spiegel, aveva ventilato la possibilità di dividere i proventi dei diritti televisivi con le squadre. Stiamo parlando della società belga che organizza 70 prove in linea, tra cui il Giro delle Fiandre, la Coppa del mondo e il Superprestige di ciclocross. Gli altri soggetti dominanti del ciclismo, da ASO a RCS, hanno sempre preferito evitare il discorso. ASO non ha mai diffuso informazioni sul valore effettivo dei diritti del Tour. Tuttavia appare chiaro che per il gruppo, che pubblica L’Equipe e aveva fra le sue punte anche altre testate poi chiuse, la Grande Boucle rappresenti la principale fonte di guadagno.

L’ipotesi di rendere a pagamento salite come l’Alpe d’Huez è del tutto remota o rappresenta un fronte caldo?
L’ipotesi di rendere a pagamento salite come l’Alpe d’Huez è del tutto remota o rappresenta un fronte caldo?

Il costo del biglietto

Le squadre investono sempre di più ed è comprensibile che gli sponsor cerchino il modo di rientrare seppure parzialmente dei costi. Il punto è capire se questo sia possibile anche nel ciclismo.

I grandi sport professionistici di squadra possono contare su diversi introiti. Ad esempio c’è la vendita dei biglietti. Essa da una parte comporta la manutenzione degli impianti, ma garantisce un’importante fonte di guadagno. Negli anni 60 fu fatto il tentativo di far pagare un biglietto di ingresso per il Mont Ventoux e lo stesso sarebbe possibile teoricamente per l’Alpe d’Huez o il Mortirolo. Ci sarebbero da controllare gli accessi mediante l’assunzione di controllori e l’installazione di varchi, ma bisognerebbe anche essere certi che i numeri non inizino a calare. I tifosi potrebbero viverlo come un vero e proprio tradimento.

Una differenza sostanziale del ciclismo rispetto ad altri sport di squadra è anche che in nessun altro mondo lo sponsor dà il nome al team, come invece succede da noi. La Juventus si chiama Juventus e non Jeep. Il Milan è Milan e non Emirates. E se pure è vero che nella stessa corsa ci sono più marchi a sfidarsi e non solo due come in una partita di calcio, le tappe dei Grandi Giri hanno più traguardi intermedi e classifiche in cui più o meno tutti possono brillare di luce propria. Quale sport assicura ore e ore di diretta a una squadra che porta il nome del suo sponsor?

In Belgio si paga per seguire le gare di cross: lo spettacolo è così popolare che nessuno si stupisce
In Belgio si paga per seguire le gare di cross: lo spettacolo è così popolare che nessuno si stupisce

I diritti televisivi

E poi ci sono i diritti televisivi, la cui entità è obiettivamente da capire. Tolti i grandi Giri e qualche altra classica, infatti, sono poche le corse che riescono a coprire i propri costi. Per questo e non per amore della mondializzazione, si organizzano gare negli Emirati e nei vari deserti del mondo. Per sommare risorse che creino ricchezza, ma permettano anche di tenere in vita corse di prestigio come la Tirreno-Adriatico e la Parigi-Nizza. Gli organizzatori che con i diritti televisivi realizzano profitti li condivideranno con le squadre? Probabilmente no, come hanno dimostrato i precedenti tentativi di riformare il ciclismo professionistico su strada.

Perciò, come già nel 2012, ecco nuovamente la suggestione di creare un calendario parallelo, per affrancare i team dal potere dei grandi organizzatori. E’ successo nel golf e nel tennis, ad esempio, dove nuovi tornei sono nati e hanno affiancato quelli della grande storia. Secondo la Reuters, fra le squadre coinvolte ci sarebbero la Ineos Grenadiers e la Jumbo-Visma, anche se i rispettivi responsabili hanno preferito non commentare. Stessa reazione da parte di CVC Partners, società che dal 2006 al 2016 ha gestito la Formula Uno e nel 2020 fece la sua offerta per gestire la Serie A di calcio. Nell’articolo della Reuters sarebbe molto vicina al nuovo tentativo.

«Il ciclismo è un gigante addormentato – ha detto alla Reuters Richard Plugge, il team manager della Jumbo-Visma – e merita un modello di business migliorato. Per tutte le parti interessate, ma soprattutto per i team del WorldTour. L’unico modo per arrivarci è la cooperazione».

Sir Jim Ratcliffe, proprietario di Ineos, nel 2019 con Brailsford e Froome: il suo team dietro l’operazione?
Sir Jim Ratcliffe, proprietario di Ineos, nel 2019 con Brailsford e Froome: il suo team dietro l’operazione?

L’esempio belga

Ma siamo certi che la torta da dividere sia così grande e che il pubblico del ciclismo sia intenzionato a pagare per assistere a uno spettacolo che da quasi due secoli si svolge su strade aperte?

In Belgio l’hanno digerita. Il clamoroso ridisegno del Giro delle Fiandre con la creazione del circuito finale ha permesso a Flanders Classics di prevedere delle aree a pagamento, senza però escludere la possibilità per gli altri di assistere alla corsa liberamente. Nelle gare di cross si paga per entrare e per consumare, ma qui si tratta di circuiti facili da controllare e lo sport è così popolare che nessuno trova insolita la necessità di pagare per un tagliando.

Contador intervista per Eurosport Guillen, patron della Vuelta. Quando costerebbe mandare commentatori dall’Italia?
Contador intervista per Eurosport Guillen, patron della Vuelta. Quando costerebbe mandare commentatori dall’Italia?

L’esempio italiano

Nel resto d’Europa, il discorso è più complesso: in Italia senza dubbio. Basti pensare che la maggior parte degli spettatori televisivi tende a preferire il ciclismo su un canale in chiaro o relativamente economico come Eurosport. I costi per seguire i campionati di calcio e tornei altrettanto prestigiosi all’estero sono decisamente superiori. Chi acquista quei diritti (pagandoli profumatamente) sa di poterne recuperare una fetta addebitandoli agli utenti televisivi, cui però vengono garantiti servizi superiori.

Quanto costerebbe a Eurosport Italia mandare degli inviati alle corse, affinché possano commentarle dal vivo? E quali ripercussioni ciò avrebbe nei costi d’abbonamento?

Brian Cookson, qui con Sagan al Gala dell’UCI 2016, resta un attento osservatore del ciclismo
Brian Cookson, qui con Sagan al Gala dell’UCI 2016, resta un attento osservatore del ciclismo

«Come ha recentemente affermato John Lelangue – scriveva in un suo blog del 2020 l’ex presidente dell’UCI Brian Cookson – il ciclismo è sopravvissuto per più di 50 anni nel modo in cui sopravvive oggi. Non ci sono meno corridori o meno sponsor rispetto agli anni ’90 o 2000. Perché mettere in discussione un modello che funziona forse non perfettamente, ma che sicuramente si è evoluto e sviluppato nel corso degli anni in qualcosa che è quanto di più vicino a un modello economico? E anche se noi fan possiamo approvare, disapprovare o ignorare qualsiasi persona, prodotto, governo o organizzazione che paga per lo spettacolo, è lo spettacolo che amiamo e continueremo ad amare. E il fatto che, a pensarci bene, non lo paghiamo molto, lo rende ancora migliore».

EDITORIALE / Il Giro, la FCI e il ciclismo da spolpare

23.10.2023
6 min
Salva

Un osso da spolpare. Volete un’immagine del ciclismo italiano? Questa è quella che ci sentiamo di consegnarvi, andando oltre certe analisi. Dalla lontana Cina, sfogliando giornali e siti, proprio nel bel mezzo del calcioscommesse 3.0, ci siamo imbattuti in un bilancio molto duro e obiettivo da parte della Gazzetta dello Sport sullo stato di salute del ciclismo italiano. Lo ha firmato Davide Romani, spaziando su vari temi, dalla nazionale al Giro d’Italia.

«Sempre più giù – si leggeva – la moneta di colore azzurro continua a precipitare nel pozzo del ciclismo mondiale, ma ancora non si vede il fondo. La fotografia del movimento italiano al termine del 2023 è un’immagine sfocata».

A seguire, l’analisi corretta dei vari ranking UCI, il fatto che correremo alle Olimpiadi con soli tre atleti (come nel 1992) e i numeri in ribasso dei professionisti italiani nel gruppo del WorldTour. Oltre, ovviamente, alla considerazione che l’ultima squadra azzurra nella massima categoria fu nel 2016 la Lampre di patron Galbusera.

Non è semplice per Bennati scegliere gli azzurri se la loro attività non è qualificata come un tempo
Non è semplice per Bennati scegliere gli azzurri se la loro attività non è qualificata come un tempo

Gli interessi di chi?

L’indomani, ancora sulla Gazzetta e sempre con la stessa firma, l’intervista a Sonny Colbrelli su come sia cambiato il meccanismo di accesso al professionismo e sulle sue paure di genitore nel mettere in bici i figli, visti i pericoli delle strade e l’assenza di ciclabili e piste riservate.

Il concetto è stato poi ripreso da Cristiano Gatti su Tuttobiciweb nella sua rubrica Gatti e Misfatti, parlando della paura dei genitori, delle poche corse giovanili, dell’annullamento della Adriatica Ionica Race alla vigilia della partenza, dei talenti nostrani che migrano nei devo team stranieri e del Giro che «deve elevare suppliche perché le grandi squadre mandino almeno una formazione B. L’Italia che vede il suo sport storicamente più popolare trasformarsi negli anni in un agonizzante sport residuale…».

L’episodio legato alla corsa di Argentin rimane una pagina torbida, in cui sono stati coinvolti anche attori che avrebbero potuto benissimo restarne fuori. L’Accpi, ad esempio. Dicono che lo scorso anno i premi sono stati percepiti dai corridori dopo 5 mesi. Quest’anno non lo saranno affatto, avendo dato il proprio assenso alla cancellazione della corsa. Si è fatto l’interesse dei corridori o si è preferito schierarsi con il palazzo? E’ questo il ruolo del sindacato?

La cancellazione della Adriatica Ionica Race è stata una delle pagine più brutte e poco chiare degli ultimi anni
La cancellazione della Adriatica Ionica Race è stata una delle pagine più brutte e poco chiare degli ultimi anni

Il ruolo del Giro

Il quadro è desolante, ma verrebbe da chiedersi quali siano le ragioni del degrado. Chi ha spolpato il ciclismo? E grazie a chi? Prima di parlare della FCI, qual è il ruolo del Giro d’Italia in questo gioco? RCS Sport è capace di fare promozione oppure fa semplicemente il proprio utile? La sua presenza sul territorio genera interesse oppure si limita al montaggio e lo smontaggio dei palchi nel giorno della gara?

Le squadre italiane non sono mai cresciute, fra l’altro, perché non hanno avuto la certezza del calendario. Ogni anno e per anni abbiamo assistito allo stillicidio delle Wild Card, con una rotazione… democristiana che ha impedito di avere la minima programmazione, utile per incentivare gli investimenti da parte degli sponsor. Non è per caso che le squadre preferiscano il Tour: ne hanno beneficio a molti livelli. Il fatto di dover pagare per avere un grosso nome al via del Giro è una disarmante ammissione.

Il Tour 2024 partirà da Firenze: l’investimento sarà ripagato. Qui Prudhomme con Cassani e il sindaco Nardella
Il Tour 2024 partirà da Firenze: l’investimento sarà ripagato. Qui Prudhomme con Cassani e il sindaco Nardella

Il ruolo del Tour

ASO, la società che organizza il Tour, la Vuelta, la Roubaix, le classiche Ardennesi e un totale di 20 prove di altissimo livello, iniziò sin dal 2000 una campagna ben precisa in sostegno di due squadre francesi che per varie vicende erano rimaste fuori dal ProTour, prima che questo diventasse WorldTour. Indipendentemente dallo status o dai risultati, la Cofidis e il Team Total Energies hanno ricevuto sempre l’invito per il Tour e le classiche. I due sponsor hanno così ottenuto un buon ritorno dal loro investimento, sapendo che ogni anno i loro team avrebbero girato la Francia portando il marchio ai francesi e al mondo. L’incentivo ad investire di più è stato una conseguenza.

Non basta. Certi sponsor sono arrivati alle squadre su indicazione della stessa ASO, che ha proposto loro di distrarre una parte della sponsorizzazione destinata al Tour de France a vantaggio degli stessi team che grazie al Tour sarebbero diventati grandi.

Il Giro d’Italia ha mai suggerito a un suo sponsor di entrare a sostegno di un gruppo sportivo? Quel che si nota è semmai la sponsorizzazione da parte del team a vantaggio delle corse RCS, per avere un barlume di possibilità di prendervi parte. Mentre la Drone Hopper-Androni stava chiudendo i battenti, gli striscioni pubblicitari che portavano il suo nome erano ancora sulla cartellonistica del Giro. Non li avranno pagati, ma era previsto che lo facessero. Lo stesso dicasi per Eolo, che per anni è stato il title sponsor delle corse Gazzetta, spendendo quello che magari gli avrebbe permesso di ingaggiare qualche buon corridore.

La Total Energies, come la Cofidis, ha sempre partecipato al Tour, e le corse ASO pur non essendo nel WorldTour
La Total Energies, come la Cofidis, ha sempre partecipato al Tour, e le corse ASO pur non essendo nel WorldTour

Il ruolo della FCI

E la Federazione cosa fa? In che modo ha tutelato e sta tutelando il ciclismo italiano? Esiste negli uffici dello Stadio Olimpico una visione che porti in futuro a una nuova primavera?

Quel che si nota è da un lato un notevole appoggio da parte del Coni che ha permesso di superare parecchi ostacoli, dall’altro un certo appiattimento sulle posizioni di RCS Sport, cui sono stati affidati il Giro d’Italia U23 e quello delle donne, con il famoso bando che tagliò fuori gli altri organizzatori.

L’investimento sulle nazionali è astuto e probabilmente darà anche buoni frutti. Si prende il meglio e si cerca di trarne il meglio in termini di risultati. Se però non si fa nulla per alimentare il bacino, alla fine non ci sarà più acqua da pompare nel campo ed è quello che in parte sta già accadendo.

Amadio ha portato tutto quel che ha imparato in anni di gestione di grandi squadre, ma forse non è questo lo scopo di una Federazione, che dovrebbe spingere maggiormente la base a ritrovare solidità e credibilità. Il ciclismo italiano è in balia dei soldi altrui. E neanche si può impedire a un corridore di cercare fortuna all’estero, se la controproposta è un calendario asfittico popolato dalle squadre che sono rimaste. In Francia, la Federazione gestisce la Coupe de France, in cui vengono coinvolti professionisti e under 23 dei team continental. Avete fatto caso che nei Devo Team delle squadre del Belgio e d’Olanda è molto raro trovare un giovane francese? E’ così difficile immaginare un calendario formato dalle classiche internazionali per U23 e le altre corse professionistiche rimaste fuori dal WorldTour? E’ un tema che si è mai affrontato al tavolo della Lega commissariata?

Agli europei di Drenthe, il presidente Dagnoni con le tre azzurre del Mixed Team Relay juniores
Agli europei di Drenthe, il presidente Dagnoni con le tre azzurre del Mixed Team Relay juniores

La base spaccata

Quel che si nota è che, avendo lasciato ai Comitati regionali la possibilità di organizzarsi come meglio credono, non ci sono situazioni omogenee a tutto svantaggio della crescita del movimento. Esiste una prospettiva per il ciclismo italiano? La nascita del grande campione non dipende dalle strutture, la natura fa da sé, ma siamo certi di non averne persi perché anziché dedicarsi al ciclismo hanno preferito altri sport? Se la sola stella polare resta il profitto, non illudiamoci troppo. Intendiamoci: è legittimo che società private agiscano per fare soldi. La possibilità di fare promozione andrebbe nel senso di tenere alimentata la fiamma sotto il proprio investimento. Non raccontiamoci storie, insomma, certe cose non accadono per caso.

Il Lombardia da dentro. In corsa c’era anche Elisa Longo Borghini

08.10.2023
4 min
Salva

BERGAMO – Il Lombardia visto da dentro. Questa è stata la giornata di Elisa Longo Borghini nell’ultima Monumento della stagione. Una gara che l’ossolana della Lidl-Trek adora dichiaratamente e che ha seguito sull’auto di Stefano Allocchio, direttore delle corse targate Rcs Sport.

La stagione agonistica di Longo Borghini è finita anzi tempo per una serie di sfortunate vicissitudini fisiche. Non ha mai fatto mistero di quanto abbia sofferto chiudere prima il 2023, quindi tanto vale fare le cose che uno ama di più e, se possibile, divertirsi per guardare oltre. Elisa ha già superato questo step, anzi ha gli ultimi preparativi del matrimonio col suo Jacopo Mosca che l’attendono. E ne racconta alcuni divertenti di prima mattina a Como mentre è davanti al bus della sua squadra prima della partenza.

Così, tra una chiacchiera e l’altra, ne approfittiamo per rendere Elisa nostra inviata per sapere come un’atleta vive una gara da un altro punto di vista.

Stefano Allocchio è il direttore di corsa di Rcs Sport. Nella sua auto passano tutte le informazioni della gara
Stefano Allocchio è il direttore di corsa di Rcs Sport. Nella sua auto passano tutte le informazioni della gara

Dopo il traguardo

I mezzi dell’organizzazione scorrono sotto la linea d’arrivo di Bergamo anticipando le ultime pedalate solitarie di Pogacar. L’appuntamento con Longo Borghini ce lo abbiamo in zona palco premiazioni per il suo racconto.

«Avevo già vissuto questa esperienza nel 2016 – spiega Elisa – Rispetto al passato stavolta partiva Jacopo ed è stato particolare durante il trasferimento iniziale al chilometro zero vederlo di fianco a me. Io sull’auto del direttore di corsa, lui in bici. Anche se della gara in sé si vede poco, se non la testa, ho seguito la corsa da amante del ciclismo da una postazione privilegiata. Di mestiere faccio la professionista, amo profondamente questo sport e mi piace guardare le corse ma vederle dal vivo è tutta un’altra cosa, specie in questo modo.

«Se mi aspettavo Jacopo in fuga? – risponde – Diciamo che sapevo che, mancando Ciccone, doveva andare in fuga uno dei nostri compagni di squadra. Sapevo che ci avrebbero provato anche se poi le dinamiche di gara sono diverse e non sempre così semplici. Alla fine lui non c’era ma ci è andato in fuga Hellemose ed è stato bello vederlo tutto il giorno davanti».

Dentro l’auto

Qualcuno dice che se non si vuole vedere o sapere nulla di una gara di ciclismo, bisogna salire su un’auto in corsa. In realtà non è proprio così, però certamente si percepisce l’emozione e l’adrenalina ti fa trascorrere sei ore di gara senza quasi accorgertene.

«In macchina ci sono tantissime comunicazioni radio – prosegue Longo Borghini – tra direttore e radio corsa, staffette, cambio ruote, polizia, squadre e altri mezzi. É un continuo scambio di informazioni per avere la situazione sempre sotto controllo. Sono importantissime per tutti, e di conseguenza per i corridori».

Il Giro di Lombardia regala sempre grandi panorami, soprattutto se il clima è più estivo che autunnale
Il Giro di Lombardia regala sempre grandi panorami, soprattutto se il clima è più estivo che autunnale

«Secondo me – va avanti nella analisi – sono fondamentali alcune segnaletiche, anche laddove uno possa pensare che sono superflue. Bisogna tenere conto che negli 30/40 chilometri di gara si è sempre al gancio, può mancare un po’ di lucidità. Ad esempio le insegne luminose, accompagnate da un suono che attirano l’attenzione, penso che abbiano portato molta più sicurezza per noi corridori in curva o nei punti in cui possono esserci ostacoli sul percorso».

«Tuttavia da amante della velocità – ci dice col sorriso sulle labbra – mi è piaciuto particolarmente essere nella macchina del direttore perché deve sempre allungare rispetto corridori, quindi eravamo sempre un po’ di traverso nelle curve. Mi sono divertita in quei momenti e scusate se non vi ho fatto nessuna foto dal finestrino. Significava avere la nausea e far passare una brutta giornata a tutti».

Amore per il Lombardia

L’anno scorso quando il Giro Donne arrivò a Bergamo, Longo Borghini lo disse subito che quel traguardo profumava di Giro di Lombardia. E la versione femminile sarebbe il suo sogno. II panorami, le grandi salite e il pubblico possono stimolare il corridore a non sentire la fatica.

Il pubblico ha salutato l’ultima gara di Pinot. Ma bisogna fare attenzione a non esagerare col contatto per non far cadere l’atleta
Il pubblico ha salutato l’ultima gara di Pinot. Ma bisogna fare attenzione a non esagerare col contatto per non far cadere l’atleta

«Mi piace l’atmosfera che si respira. Di questa gara mi piace veramente tutto. Si passa in zone in cui il ciclismo è nel cuore delle persone, che sono sempre tante sulla strada. I paesaggi sono stupendi e quindi per me il Lombardia ha sempre un fascino particolare. E’ per questo che vorrei un giorno poter correre il Lombardia femminile. So che c’è la volontà per farlo ma tuttavia so che ci sono delle difficoltà logistiche che comprendo pienamente. Però ripeto, sarebbe bello poterlo correre.

«Il ciclismo è lo sport del popolo – chiude – oggi ne ho avuto l’ennesima riprova. Il pubblico del ciclismo non paga un biglietto per i propri idoli in gara. E’ il bello del ciclismo. Il pubblico non può essere contenuto però deve essere più disciplinato, questo sì».

EDITORIALE / Sullo Stelvio tutti peccatori

19.06.2023
5 min
Salva

Quello che è successo subito dopo la tappa dello Stelvio al Giro Next Gen, con 31 corridori squalificati per traino, fotografa perfettamente una serie di situazioni così emblematiche, che si potrebbe metterle in scena e ricavarne uno spettacolo teatrale.

Quarto giorno, lo Stelvio

Non era mai successo che gli under 23 arrivassero su una salita così importante, per giunta al quarto giorno. Ci fu il Fedaia come ultima tappa nel 2019, ma la Marmolada non è lo Stelvio. Eppure pochi, in sede di presentazione della corsa, si sono allarmati/interrogati sull’opportunità di piazzare un simile “moloch” a metà corsa. Nel folto gruppo degli squalificati non ci sono solo italiani , ma anche 8 stranieri di squadre blasonate. Di solito il primo arrivo in salita serve a scremare la classifica, lo Stelvio l’ha decisa.

Si capisce che se una società riceve l’incarico di organizzare la corsa a metà febbraio e abbia da gestirne contemporaneamente altre tra cui UAE Tour, Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, Sanremo e Giro d’Italia, possa metterci mano solo nei ritagli di tempo. Se in questo quadro, trovi la Valtellina che ti… regala lo Stelvio, non ci pensi troppo e metti la firma. I tecnici di RCS Sport hanno fatto un gran lavoro in poco tempo, la politica se ne è preso molto di più per i necessari incastri. A Vegni hanno chiesto di fare il miracolo e tutto sommato c’è riuscito.

Che cosa c’è stato però dietro l’assegnazione del Giro d’Italia U23 e quello 2024 delle donne? Perché scrivere quel bando ha richiesto tempi così lunghi?

Presentazione del Giro Next Gen, con Mauro Vegni, il ministro Abodi, Cordiano Dagnoni e Paolo Bellino
Presentazione del Giro Next Gen, con Mauro Vegni, il ministro Abodi, Cordiano Dagnoni e Paolo Bellino

Le 35 squadre

Con una dichiarazione piuttosto pilatesca, il presidente Dagnoni si è scusato con RCS Sport per avergli chiesto di invitare tutti i team italiani. Perché invece non si è scusato per il calendario italiano degli U23 e la mancanza di progettualità?

Lo Stelvio è stato l’amplificatore di una situazione per niente sconosciuta. Se per Staune Mittet il Giro Next Gen era la quarta corsa a tappe di stagione, per una larga fetta dei nostri si trattava della prima: non per scarsa volontà, ma perché nel calendario U23 italiano non ci sono corse a tappe prima di giugno e si sa che i nostri all’estero non ci vanno. Mancano soldi e volontà, si può ragionare sull’ordine in cui scriverli.

Perché, avendo in mano la gestione del movimento, la FCI non interviene personalmente con le risorse tanto sbandierate (siamo curiosi di conoscere l’esborso per la produzione televisiva del Giro Donne), propiziando la nascita di un calendario migliore? Perché non prendere otto organizzatori di corse di un giorno, unirli e provare a farne gli organizzatori di una corsa a tappe?

Staune-Mittet, corridore norvegese della Jumbo Visma Development, ha conquistato lo Stelvio (foto LaPresse)
Staune-Mittet, corridore norvegese della Jumbo Visma Development, ha conquistato lo Stelvio (foto LaPresse)

Il livello degli atleti

Se non sei in grado di arrivare sullo Stelvio 37 minuti dopo il vincitore (questo il tempo massimo), forse hai sbagliato mestiere. Non è obbligatorio essere corridori, ma se hai direttori sportivi che ti fanno attaccare alla macchina, allora sei spacciato. E’ come il doping, ma senza aghi. Non è obbligatorio neppure essere direttori sportivi.

Non si può pretendere di andare al Giro d’Italia contro certe squadre, allenandosi come dieci anni fa. Non basta dire di essere andati in altura il mese prima, se da febbraio a maggio s’è fatta la caccia alle vittorie del martedì, del sabato e della domenica.

Quando la corsa era in mano a Extra Giro e inizialmente la selezione avveniva per punteggio, si capì che i nostri arrivavano a giugno svuotati di ogni energia, mentre le squadre straniere (invitate) avevano freschezza e forze superiori. Per questo si passò agli inviti.

Busatto che vince la Liegi non è un fenomeno venuto dal nulla. Il corridore, che qui non aveva mai vinto ma era stato cresciuto con lungimiranza, è andato in Belgio e ha cambiato pelle semplicemente per la diversa programmazione. Nella sua squadra questo non sarebbe mai successo e il diesse Rosola ha avuto l’onestà di ammetterlo. E poi ci lamentiamo perché i procuratori li portano via?

Negli ultimi 2,5 chilometri, qualcuno si attaccava e qualcuno faceva immagini (foto cyclingpro.net)
Negli ultimi 2,5 chilometri, qualcuno si attaccava e qualcuno faceva immagini (foto cyclingpro.net)

Guerra fra bande

Si è detto: con RCS certe furbate di attaccarsi alle macchine non si possono più fare. E’ una sciocchezza: la giuria viene inviata dall’UCI, l’organizzatore non c’entra nulla. Ma è vero che sia gli organizzatori, sia i giudici del Giro Next Gen avrebbero fatto volentieri a meno di una simile figuraccia. Come mai non c’erano auto e moto della Giuria in coda al gruppo, mentre i corridori erano attaccati come grappoli? Non esiste alcuna prova, ma la sensazione è che, avendo fiutato l’aria, i giudici siano andati davanti lasciando a quelli dietro la possibilità di arrangiarsi. Hanno pensato che si è sempre fatto e hanno sbagliato: infatti è scoppiata la guerra fra bande.

Imbufaliti per aver portato solo cinque atleti, lasciando così spazio a squadre non all’altezza, i membri di alcuni staff hanno fotografato e filmato lo spettacolo, condividendolo su varie piattaforme. Erano convinti di colpire avversari indegni, ma hanno sporcato inutilmente tutti. Tanto che poi, alla fine delle condivisioni, le immagini sono arrivate alla Giuria, che si è attivata.

Si capisce che trovare alcuni velocisti attaccati alle macchine, immaginandoli poi vincitori nel finale di Giro, possa dare ai nervi, ma la Giuria li avrebbe squalificati anche se il filmato l’avesse ricevuto con maggiore discrezione. Questo non significa che si sarebbe dovuto insabbiare la cosa, ma avrebbero dovuto e potuto gestirla meglio, senza la valanga di fango che ancora una volta è scesa sul ciclismo. Se devi denunciare un furto, lo metti sui social o vai prima dai Carabinieri?

Per il norvegese, lo Stelvio ha significato maglia rosa, difesa poi agevolmente sino a Trieste (foto LaPresse)
Per il norvegese, lo Stelvio ha significato maglia rosa, difesa poi agevolmente sino a Trieste (foto LaPresse)

La prima pietra

La morte di Gino Mader ha fatto calare il silenzio sul triste spettacolo dello Stelvio. In due giorni il ciclismo è passato dallo squallore al dolore. Pensare che un campione come lo svizzero possa essere accomunato a quei 31 squalificati del Giro Next Gen provoca fastidio. RCS Sport ha messo insieme la solita grande squadra e organizzato una bella corsa, forse con un errore di valutazione di percorso. Per decenza e a meno che non ci siano altri sviluppi, chiudiamo qui la storia, frutto di molteplici peccati. Nessuno ne è stato immune, eppure tanti si sono affrettati a lanciare la prima pietra.