Calzoni, impresa sfiorata a Capo Nord. E intanto cresce bene

24.08.2023
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Gli ordini d’arrivo talvolta non dicono tutto. Anche dietro ad un piazzamento lontano dal podio può esserci una storia che regala soddisfazioni. Lo sa bene Walter Calzoni che ha sfiorato il colpaccio a Capo Nord nell’ultima frazione dell’Arctic Race of Norway. Gli sono mancati solo duecento metri per mettere a segno il suo primo successo da pro’ nel contesto più estremo e surreale del ciclismo moderno.

Il trentunesimo posto di tappa (a 43” dal vincitore Champoussin) non deve trarre in inganno perché il 22enne della Q36.5 Pro Cycling Team è stato protagonista assoluto della giornata, tanto da meritarsi il premio di “più combattivo” di giornata dopo ottanta chilometri di fuga. Calzoni nel finale ha inscenato un intenso braccio di ferro col gruppo sul filo dei secondi e di quelle lingue d’asfalto che si stagliano nell’orizzonte delle colline del Circolo Polare Artico. Un’azione che è stata lo spunto per sentire il bresciano di Sellero e farci aggiornare sull’andamento della sua stagione.

Walter ci racconti questa tappa lassù dove finisce il mondo?

E’ una giornata dura ma in quei giorni ho sentito di aver ritrovato una buona condizione. Così sono sempre stato nel vivo della corsa entrando subito in una fuga assieme a due miei compagni di squadra. Ci hanno ripresi ma sono ripartito poco dopo e il gruppetto di testa era di quindici uomini. A trenta chilometri dalla fine ho attaccato e siamo rimasti in 4-5. Avevamo un minuto e mezzo di vantaggio però abbiamo collaborato poco e siamo stati ripresi ancora una volta. Sull’ultimo gpm, ai meno 5, ci ho provato nuovamente.

E cosa è successo?

Era una salita corta e difficile, resa ancor più dura dal vento contrario. Dallo scollinamento all’arrivo c’erano ancora tanti “mangia e bevi” nei quali ho patito, riuscendo tuttavia ad avere fino a 20 secondi di vantaggio a meno di due chilometri dalla fine. Ho spinto più forte che potevo, senza rendermi conto del paesaggio attorno a me. Forse lo avrei fatto dopo ma quando sei così a tutta non vedi niente a parte la strada o gli eventuali inseguitori (sorride, ndr). Ci ho creduto finché non mi hanno ripreso ai 200 metri. Credo che avrei potuto vincere se Arkea e Cofidis non avessero tirato così forte per la sprint finale. Erano le squadre più interessate alla tappa. Ma è andata così…

Nell’arco di pochi istanti hai vissuto emozioni diametralmente opposte. Come l’hai presa?

Inizialmente ero molto deluso. Quando sono stato ripreso ho praticamente smesso di pedalare e ho chiuso sconsolato. Poi a mente fredda, quando ero sul bus della squadra, ho analizzato tutto e ha avevo motivo di essere contento della mia prestazione e della mia forma. Ho un po’ di rammarico perché è la seconda volta che mi capita una situazione simile. A marzo alla Per Sempre Alfredo c’era bagnato ed ero scivolato a cinque chilometri dalla fine quando avevo un bel vantaggio (chiuderà poi ottavo, ndr). Diciamo che forse sto prendendo le misure per la prima vittoria.

Potresti raccoglierla nelle prossime gare. Il tuo programma cosa prevede?

Adesso continuerò ad allenarmi a fondo senza correre. Rientro il 13 settembre al Giro di Toscana, quindi Sabatini, Memorial Pantani, Trofeo Matteotti e così via. Insomma il calendario italiano lo farò tutto. Avrò tante occasioni per farmi vedere e per fare bene ancora.

Calzoni dopo un bell’avvio di stagione, ad aprile ha rinnovato con la Q36.5 fino al 2026
Calzoni dopo un bell’avvio di stagione, ad aprile ha rinnovato con la Q36.5 fino al 2026
Tracciamo il bilancio della stagione di Walter Calzoni. Com’è andata finora?

Sono contento. Ho avuto un calo di condizione tra maggio e giugno, tra Giro di Norvegia e Tour de Suisse ma credo che fosse normale visto che avevo fatto un buon inizio. Sono migliorato nell’alimentazione in corsa e ho notato i benefici di aspetti che l’anno scorso tralasciavo un po’. Uno dei miei obiettivi principali era quello di non subire troppo il passaggio di categoria da U23 a pro’. Direi di esserci riuscito. Il mio 2023 è andato molto bene, sicuramente oltre le aspettative. Questo però è merito della mia squadra. In Q36.5 ho fatto un bel salto di qualità, crescendo molto tra palestra, chilometri e motivazione.

In generale come ti stai trovando con la loro realtà?

Mi trovo talmente tanto bene che ad aprile ho prolungato il contratto fino al 2026. Qui c’è un progetto importante dove si punta ad entrare nel WorldTour nel prossimo triennio. In questo senso hanno preso Nizzolo proprio per raccogliere risultati e punti importanti. Nel 2024 forse potremmo correre il Giro d’Italia, sarebbe un traguardo importante anche quello. In squadra ho legato con tutti, a cominciare dal gruppo italiano che è bello folto (Brambilla, Fedeli, Moschetti, Puppio, Conca e Parisini,ndr). Poi abbiamo una figura come Nibali che malgrado abbia tanti impegni ci è sempre vicino. Ad esempio è venuto allo Svizzera e mi ha dato alcuni consigli sul riscaldamento prima di una crono. Sono dettagli che talvolta non consideri ma che sommati a tanti altri fanno la differenza.

Con la nazionale invece come sei messo? Non hai corso il mondiale e magari potevi essere utile ma c’è ancora l’europeo. D’altronde sei ancora un U23 e volendo il percorso ti si addice…

Col cittì Amadori ci eravamo visti alla Coppi e Bartali. Mi aveva chiesto disponibilità ed eravamo rimasti in contatto ma alla fine gli impegni che avevo con la squadra non combaciavano col cammino da fare con la nazionale. Ad esempio, al Giro NextGen avrei potuto correre nel nostro Devo Team ma ero già stato convocato per il Tour de Suisse. Forse era difficile farsi notare, se penso che oltretutto in quel periodo non ero al top. Di sicuro so che per eventi come mondiali ed europei bisogna creare un gruppo coeso. Non lo puoi costruire solo in base ai risultati. In ogni caso adesso io non ci penso e punto a preparare bene le gare con la squadra ma se, in accordo con tutti, si dovesse aprire uno spiraglio per una maglia azzurra, io sono a disposizione.

Nizzolo voleva tornare, Ryder lo ha ripreso a braccia aperte

19.08.2023
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In questo ciclomercato attivo e sorprendente come non era da tempo, ci sono anche ritorni al passato, corridori che vogliono ritrovare il proprio miglior feeling riabbracciando team e formule che si erano rivelate fortunate. E’ il caso di Giacomo Nizzolo, che a 34 anni si rimette in gioco tornando a casa Ryder, alla Q36.5.

Per il ligure la formazione diretta discendente della Qhubeka è la squadra dove ha vissuto le stagioni più belle, dal 2019 al 2021, arrivando a conquistare le maglie di campione italiano ed europeo. Ryder lo accoglie nuovamente nella sua famiglia e senza la retorica del “figliol prodigo”, perché con Nizzolo i contatti sono sempre rimasti, sulla base di un’amicizia che va oltre il ciclismo.

Nizzolo in maglia Dimension Data: è il 2019 e il milanese approda al team sudafricano
Nizzolo in maglia Dimension Data: è il 2019 e il milanese approda al team sudafricano

«Nel 2018 Giacomo stava andando molto bene alla Trek – racconta il manager sudafricano – era molto felice lì, ma cercava anche un cambiamento. Sentiva che stava crescendo e voleva più opportunità per essere un leader nelle classiche. Giacomo è un campione che sente sempre il bisogno della sfida. Da noi ha visto quest’opportunità ed è stato un bene per lui. E’ cresciuto come corridore, ha avuto tante opportunità. Ha vinto una tappa al Giro, cosa che non aveva mai fatto prima. E’ stato campione italiano ed europeo. Giacomo non vince molte gare, ma fa tanti punti ed è sempre lassù a lottare per il risultato. Ci ha dato l’attenzione di cui avevamo bisogno e può farlo ancora».

Nizzolo è rimasto nel tuo team 3 anni: com’erano i rapporti con lui, che persona era?

Giacomo è un combattente, che è quello che mi piace. Mi piace qualcuno che si alza ogni giorno e lotta per un risultato e per la prestazione. E’ un leader e un grande mentore per i corridori più giovani. Il nostro rapporto è sempre stato molto buono e rispecchia la nostra cultura, lottando sempre per ogni posizione. Abbiamo davvero avuto conversazioni molto oneste e aperte su come essere migliori. Quindi, avendo un pilota delle sue capacità come guida, anche alla sua età di 34 anni, lo vediamo ancora in grado di offrire prestazioni al top e guidare la nostra squadra attraverso le classiche e le grandi gare.

Il successo più importante per Nizzolo, nel 2020, il titolo europeo, perla dei 3 anni alla Qhubeka
Il successo più importante per Nizzolo, nel 2020, il titolo europeo, perla dei 3 anni alla Qhubeka
Perché gli hai chiesto di tornare?

In realtà è stata una cosa piuttosto divertente, è quasi successo nello stesso momento in cui lui me l’ha chiesto e io l’ho chiesto a lui, ci siamo incontrati a una gara e lui è venuto da me e mi ha detto «Ehi Doug, mi piace l’aspetto della tua squadra. E’ bello vedere che sei tornato nel nostro sport. Hai ottimi sponsor, buona attrezzatura, una bici davvero di qualità. Ho davvero tante cose che voglio ancora fare. Mi sono divertito quando abbiamo lavorato bene insieme, penso che possiamo fare ancora grandi cose. Cosa ne pensi?». E io ero al settimo cielo: «Accidenti Giacomo, riaverti in squadra sarebbe fantastico». Per noi averlo nella nostra squadra è perfetto e anche per lui evidentemente è così.

Tu lo conosci bene: in questi ultimi anni Giacomo ha avuto problemi fisici e meno risultati rispetto agli anni con te, hai trovato un uomo cambiato?

Alcune squadre non si concentrano sui dettagli dell’individuo. Noi non prendiamo i ciclisti per metterli in funzioni come velocista, scalatore, ecc.. Osserviamo i loro obiettivi, i loro sogni e come possiamo avere successo insieme. Giacomo ha avuto qualche infortunio in passato. Quando è entrato a far parte del nostro team nel 2019, ci siamo seduti e abbiamo detto: «Okay, andiamo alla causa principale degli infortuni e proviamo a risolvere il problema di fondo». Quindi abbiamo passato alcuni mesi a capire cosa stava causando il suo dolore al ginocchio e i suoi problemi e poi l’abbiamo risolto. Da quel punto, abbiamo iniziato ad andare avanti. Da allora non ha avuto gli infortuni che aveva avuto in passato. Quindi siamo molto ottimisti riguardo al futuro insieme, ma come squadra ci concentriamo sull’individuo e sulle sue sfide.

Lo sprint vittorioso di Nizzolo alla Tro-Bro Leon 2023, più recente successo della sua lunga carriera
Lo sprint vittorioso di Nizzolo alla Tro-Bro Leon 2023, più recente successo della sua lunga carriera
Pensi sia ancora un vincente a 34 anni?

Decisamente. Vince gare ogni anno. Ha segnato più di mille punti UCI negli anni con noi, il che è davvero buono. E questo prima che il sistema a punti fosse migliore per le tappe nei grandi Giri. Speriamo davvero di poter avere insieme la motivazione e l’attenzione per riportarlo a quello che era due, tre anni fa.

Conti di mettere qualche giovane al suo fianco, per imparare il mestiere di velocista?

Abbiamo avuto Antonio Puppio, che è tornato con noi dopo un anno alla Israel. Abbiamo appena annunciato l’arrivo di Frederik Frison, che si è unito a noi da Lotto-Dstiny. E’ un corridore belga molto forte. Abbiamo dei corridori davvero forti intorno a Giacomo che possono supportarlo, ma lui può aiutare a crescerne altri come Walter Calzoni, che potrà imparare molto da Giacomo, o lo stesso Puppio o Parisini. Sono entusiasta di avere l’impegno e la passione di Giacomo nella squadra, la sua leadership. E poi, ovviamente, la sua opportunità di aiutare i corridori più giovani a capire meglio lo sport, allenarsi meglio ed essere migliori.

Ryder Hagen 2018
Ryder con Edvard Boasson Hagen, uno dei corridori già confermati per il 2024 (foto Getty Images)
Ryder Hagen 2018
Ryder con Edvard Boasson Hagen, uno dei corridori già confermati per il 2024 (foto Getty Images)
Per ora come giudichi la vostra stagione?

Abbiamo vinto cinque gare. Speravamo di vincere di più, ma se pensi a quando abbiamo messo insieme la nostra squadra a settembre dello scorso anno, tutti i migliori ciclisti avevano già firmato contratti con altre squadre. Abbiamo riunito 24 corridori che non avevano mai corso insieme ed è stata davvero una sfida davvero difficile. Ma sono contento di quello che siamo riusciti a ottenere. Siamo stati invitati ad alcune delle grandi gare classiche e non vediamo l’ora di finire bene e forte alla fine di quest’anno e poi crescere sulla base che abbiamo costruito. Perché penso che stiamo iniziando a vedere davvero il potenziale della squadra che avevamo sulla carta all’inizio dell’anno. Sappiamo che il nostro grande obiettivo è essere ammessi al Giro d’Italia l’anno prossimo. Questo è un grande traguardo per noi.

Anche quest’anno, Q36.5 vestirà il Tour de Suisse

06.06.2023
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Mancano davvero pochi giorni alla partenza del Tour de Suisse. La corsa a tappa elvetica, giunta alla sua edizione numero 86, scatterà domenica prossima 11 giugno da Einsiedeln per concludersi, sempre di domenica, il 18 giugno, nei pressi di San Gallo. Ad aprire e chiudere l’edizione 2023 del Tour de Suisse saranno due prove a cronometro e per il secondo anno consecutivo a vestire i leader delle varie classifiche individuali sarà Q36.5.

La presentazione delle divise del Tour de Suisse è avvenuta all’interno del flagship store di Zurigo
La presentazione delle divise del Tour de Suisse è avvenuta all’interno del flagship store di Zurigo

A casa di Q36.5

La presentazione delle maglie ufficiali della corsa a tappe elvetica si è tenuta lo scorso 25 maggio presso il flagship store Q36.5 di Zurigo, in quella che può essere considerata una seconda casa per il brand italiano dalla forte matrice svizzera.

Ricordiamo che anche quest’anno il Tour de Suisse mette in palio le seguenti maglie: gialla per il leader della classifica generale, nera per il migliore sprinter, rossa per il leader dei gran premi della montagna e bianca per il miglior giovane.  

Il top di Q36.5

La maglia realizzata per i leader delle varie classifiche si basa sul modello R2, un punto di forza della collezione Q36.5. Il capo è stato accuratamente progettato applicando i principi di mappatura corporea per garantire termoregolazione ed aerodinamicità al massimo livello. La maglia è realizzata con diversi tessuti proprietari posizionati in modo strategico per offrire le massime prestazioni. Altamente traspirante, questa maglia si contraddistingue per altri piccoli dettagli che garantiscono massimo comfort ed aerodinamicità: giromanica con taglio al vivo e sistema di tasche invisibili.

La maglia è stata realizzata con il 70% di materiali riciclati ed è stata disegnata per garantire un fitting confortevole ed efficace. Per evitare pieghe ed arricciature all’altezza del collo, sono stati utilizzati degli inserti collocati in posizione strategica.

Q36.5 ha affiancato Vincenzo Nibali durante la Cape Epic (foto Q36.5)
Q36.5 ha affiancato Vincenzo Nibali durante la Cape Epic (foto Q36.5)

Una grande opportunità

Come già anticipato, Q36.5 ha un forte legame con la Svizzera. Sabrina Emmasi, co-fondatrice con il marito Luigi Bergamo, è di nazionalità svizzera e in passato ha rappresentato il suo Paese in diversi appuntamenti ciclistici a livello internazionale. La rinnovata collaborazione con il Tour de Suisse rappresenta per il brand italiano una grande opportunità per farsi conoscere ancora di più.

«La partnership con il Tour de Suisse – dichiarano dall’azienda – è un’ottima piattaforma per Q36.5 per aumentare ulteriormente la consapevolezza del marchio e del suo valore tecnologico in Svizzera, ma non solo. Grazie a questa collaborazione, possiamo attirare nuovi potenziali clienti che prima non conoscevano il marchio, o la nostra squadra Q36.5 Pro Cycling Team e il flagship store di Zurigo. Vogliamo offrire ai nostri clienti un’esperienza eccezionale e un servizio eccellente nel nostro negozio svizzero, sito in Bärengasse 10, in modo che un numero ancora maggiore di persone possa beneficiare dei nostri prodotti innovativi e spingersi verso i propri limiti, e oltre, quando va in bicicletta». 

Dalla stagione 2023 è nato il Q36.5 Pro Cycling Team
Dalla stagione 2023 è nato il Q36.5 Pro Cycling Team

Al centro l’ambiente

Uno dei temi che accumunano fra loro Q36.5 e il Tour de Suisse è rappresentato dalla cura dell’ambiente. Q36.5 sviluppa tessuti il cui processo di produzione rispetta e protegge l’ambiente. Per questo motivo, tutti i capi sono privi di PFC. L’impegno nel produrre solo localmente fa parte dell’etica di lavoro dell’azienda. Infatti, la produzione avviene nel raggio di 350 km dalla sede centrale di Q36.5 a Bolzano e tutti i tessuti ed i componenti utilizzati sono italiani. 

Mario Klaus, responsabile della sostenibilità del Tour de Suisse, ha espresso con queste parole il suo pensiero su questo tema.

«Vogliamo dimezzare le nostre emissioni di CO2 entro il 2027 (ha affermato, ndr). Nei prossimi anni, verrà affrontata sempre più l’argomento della neutralità delle emissioni di carbonio. Il brand Q36.5, con i suoi processi produttivi sostenibili, ci supporta in questo sforzo». 

Ricordiamo che le maglie replica del Tour de Suisse sono disponibili in store selezionati ed online sul sito ufficiale dell’azienda. 

Q36.5 sarà protagonista sulle strade svizzere non solo come partner tecnico del Tour de Suisse ma anche con il proprio team. Stiamo parlando del Q36.5 Pro Cycling Team che quest’anno ha fatto il suo debutto nella categoria professional.

Q36.5

Colombo e l’avventura al Nord terminata in ospedale

13.04.2023
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Nel giro di una settimana Filippo Colombo è passato dalla fuga da protagonista del Fiandre alla caduta della Roubaix. Ora lo svizzero si trova in ospedale a Zurigo e nei giorni scorsi è stato sottoposto ad un’operazione per sistemare la frattura al gomito. Il suo 2023 era iniziato iniziato in modo diverso, correndo un po’ di corse al Nord, sempre con un occhio alla mountain bike: suo terreno di caccia. Vale la pena ricordare infatti che lo svizzero di Gussago, classe 1997, ha vinto per due volte il mondiale della staffetta (2017 e 2018) e una volta il titolo europeo nella stessa specialità (2017), mentre è stato argento ai mondiali U23 di cross country e bronzo agli ultimi europei di Monaco, dietro Pidcock e Carstensen.

«Quest’anno – racconta dal letto dell’ospedale – grazie a Scott ed al Team Q36.5 ho avuto modo di mettermi alla prova su strada. Dovevo fare una prima parte di stagione con un po’ di gare tra Belgio e Francia e poi tornare concentrato al massimo per preparare la stagione di Mtb».

La stagione su strada di Colombo si è aperta prima con la Kuurne, poi con Le Samyn, qui in foto
La stagione su strada di Colombo si è aperta prima con la Kuurne, poi con Le Samyn, qui in foto
Come sono andate queste gare?

Bene, almeno fino alla Roubaix. Ho iniziato la stagione con un ritiro in Sud Africa insieme alla Scott-Sram Mtb. Successivamente ho gareggiato alla Kuurne e a Le Samyn, devo ammettere che mi sono trovato a mio agio fin da subito. 

Eri soddisfatto della condizione?

Sono riuscito a performare bene, fino alla Roubaix, che se vogliamo dirla tutta è stata l’eccezione. Ero molto curioso di vedere come sarebbe andata, passando dalla Mtb alla strada. 

Con quale obiettivo ti eri messo in gioco?

Non avevo necessità di fare risultato, volevo capire se un periodo su strada mi avrebbe poi aiutato a fare meglio in Mtb. L’obiettivo era di iniziare un blocco di lavoro in vista poi delle Olimpiadi di Parigi 2024.

Sei partito per testarti arrivando a guadagnarti la convocazione al Fiandre…

Sì, non me lo aspettavo nemmeno io ad essere sincero. Però, come detto, fin dalle prime gare mi sentivo bene e quindi anche la squadra mi ha dato fiducia. 

Che cosa hai provato a correre lì?

E’ stata un’esperienza bellissima, super intensa. L’ambiente in Belgio è sensazionale, la gente vive per il ciclismo e la corsa, manco a dirlo, è magnifica. Il fatto di essere andato in fuga mi ha permesso di prendere i Muri davanti e di godermi ancor di più l’atmosfera

Sei stato in avanscoperta per 135 chilometri, nel Fiandre più veloce di sempre…

Si è trattata di una prova di forza, la squadra aveva voglia di andare in fuga e nei primi 100 chilometri ci siamo messi d’impegno. Nessuno però voleva mollare, il gruppetto è uscito solamente dopo 109 chilometri, è stata una vera guerra. 

Al Fiandre 135 chilometri in avanscoperta, Colombo è stato uno degli ultimi della fuga ad arrendersi
Al Fiandre una fuga cercata e sudata, poi 135 chilometri in avanscoperta
Con una distanza importante da affrontare.

Fino ai 250 chilometri è andata nella maniera prevista, poi però non ero preparato per affrontare i rimanenti 20. Mi mancava la base che mi avrebbe permesso di concludere al meglio la prova. 

Che sensazioni hai avuto?

Nelle fasi finali ho davvero sofferto, sono però riuscito ad arrivare al traguardo in 50ª posizione. Con il senno di poi, mi viene da dire che con la giusta preparazione sarebbe stato possibile ambire alla top 20. 

Una bella esperienza?

E’ stato un bell’esperimento, a febbraio non ero a conoscenza delle gare che avrei fatto e nemmeno che corridore fossi su strada. Però fin dalla prima gara, la Kuurne-Bruxelles-Kuurne mi ero comportato bene, entrando nel gruppo dei primi. 

Poi c’è stata la parentesi Roubaix, meno positiva per come è finita?

Non del tutto, i primi chilometri stavo molto bene, ero sempre nelle prime posizioni e nel prendere i settori di pavé non facevo fatica a lottare per il piazzamento. Due settori prima di Arenberg ho bucato la ruota davanti ed ho fatto tutto il pavé sul cerchio. Alla fine del settore c’era un meccanico e siamo riusciti a montare la ruota, ma non so perché è stato messo un copertone con sezione da 28 al posto di un 30

La caduta nella Foresta di Arenberg è costata a Colombo la frattura del gomito e il ricovero in ospedale
La caduta nella Foresta di Arenberg è costata a Colombo la frattura del gomito e il ricovero in ospedale
A breve è arrivata la caduta nella Foresta…

Nel frattempo tra la foratura e Arenberg sono riuscito a rientrare ed ho preso l’imbocco del pavé nei primi quindici. Dopo 100 metri, purtroppo ho bucato ancora, sempre la ruota davanti ma sono riuscito a rimanere in piedi. Wright, che era accanto a me, ha forato anche lui ed è caduto ed io mi sono ritrovato a terra. Avevo capito fin da subito che si trattava di una frattura.

Che esperienza è stata?

Positiva, anche se i risultati li vedremo una volta che riuscirò a tornare in sella. Anche questo fa parte del processo di crescita, le conclusioni le tirerò dopo la stagione di Mtb, però mi piacerebbe continuare questa doppia attività.

Fedeli riparte dalla Q36.5: «E’ il momento di crescere»

16.02.2023
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Il 2023 ci ha dato modo di conoscere una nuova squadra: la Q36.5 Pro Cycling team. La professional svizzera che si avvale anche della consulenza di un campione come Vincenzo Nibali. Tra i corridori del team spicca il nome di Alessandro Fedeli, non tanto per i risultati, è ancora troppo presto, ma per la sua storia. Simile a quella di chi come lui correva in Gazprom ma allo stesso modo diversa

Il team avrà un calendario di prim’ordine per la sua stagione di debutto (foto SprintCycling)
Il team avrà un calendario di prim’ordine per la sua stagione di debutto (foto SprintCycling)

L’ennesima ripartenza

La stagione di Fedeli è iniziata il 30 gennaio nel caldo del deserto saudita. Il veneto è stato messo subito in gruppo per ritrovare smalto e brillantezza. Qualità che solo gareggiare può darti.

«In Arabia – esordisce Fedeli – ho preso un virus, penso alimentare. Ora sto bene, sono sotto antibiotici ma andrò comunque in Francia a correre il Tour des Alpes Maritimes et du Var. Al Saudi ho fatto bene, in qualche occasione avrei potuto fare meglio ma devo ricostruire il feeling con la strada. Avrei preferito partire un po’ meglio a livello di risultati, anche se a livello di condizione ci sono e mi sento bene. Queste corse di inizio anno serviranno per mettere chilometri nelle gambe, una cosa che nelle ultime stagioni mi è mancata.

«Praticamente mi sono dimenticato come si corre (ride, ndr) sembra uno scherzo ma è così. Mi manca la confidenza che si ha solamente quando stai per tanto tempo in gruppo. Dopo sei mesi che non vedi l’arrivo non è facile ricordarsi come si sprinta. Si devono riprendere le misure: quando partire, che ruote prendere, i rapporti e tutto il resto».

Fedeli ha dovuto ritrovare un po’ di dimestichezza in gruppo, in Arabia Saudita ha portato a casa anche una “top ten” nella terza tappa
Fedeli in Arabia Saudita ha portato a casa anche una “top ten” nella terza tappa

Una disavventura continua

La carriera di Fedeli, una volta passato professionista nel 2019, aveva il sapore di qualcosa di nuovo. C’era tanta curiosità nel mettersi in mostra e nel confrontarsi con corridori più forti.

«Il primo anno alla Delko – racconta il veneto di Negrar – è andato bene, ho fatto settanta giorni di corsa. Poi c’è stato il Covid, praticamente un anno buttato via, trentacinque giorni di gara e un primo rallentamento nella mia crescita. L’anno successivo c’è stato il fallimento e quella è una batosta ancora più dura rispetto a quella della Gazprom. Ero mentalmente distrutto, complice la squadra inesistente. A tutto questo si è aggiunto quel che già sapete del 2022. Alla mia età (Fedeli ha 26 anni, ndr) non è facile sopportare tutto questo, a livello di carriera ti rendi conto di non aver fatto grandi esperienze.

«Non ho ancora corso un Grande Giro, e tutti sappiamo quanto sia uno step importante. Un ciclista si crea, si può avere tutto il talento del mondo ma conta fino ad un certo punto. Gran parte della crescita passa dal fare un programma stabile e da una buona salute. Ho avuto un po’ di sfortuna in questi anni. Non mi piace usare questa parola ma quando la prima squadra fallisce e l’altra che viene chiusa dall’UCI, perché ci hanno mandato a casa, senza remore, questa è la verità. Insomma, ti senti instabile, non sereno».

Il 2022 lo ha concluso con la Eolo-Kometa, ma nella stagione nuova Fedeli ha preferito intraprendere un’altra sfida
Il 2022 lo ha concluso con la Eolo-Kometa, ma nella nuova stagione ha preferito intraprendere un’altra sfida

Ricostruzione

La Q36.5 per Fedeli ha l’aria di essere quell’isola felice che tanto ha sognato in questi anni di continui naufragi. Ora è ripartito dalla squadra svizzera, anche se il passato non si dimentica.

«Quando tutto gira male – dice – non ne esci facilmente, pensi che tutto sia negativo. Hai paura in gara ed ognuna ti sembra l’ultima della tua carriera, non hai certezze. Mi sento di avere ancora addosso quella paura, non la cancelli facilmente. Però tutto deve cambiare e solo il tempo guarirà questa mia ferita. Si deve riprendere fiducia, verso tutto e tutti, ora inizio a ritrovarla anche nel sistema ciclismo. Con la Q36.5 ho ritrovato un po’ di felicità, sono ripartito da un bell’inverno, come piace a me. Ho conosciuto il preparatore della squadra, Michelusi e mi sono trovato subito bene, siamo sulla stessa linea d’onda.

«Sono concentrato al cento per cento su quello che voglio, con tanta grinta, non c’è altra via. Io devo fare il mio e cogliere l’attimo, ora mi sento nel posto giusto al momento giusto. Ho voglia di mettermi alla prova e di prendere quelle batoste che fanno bene, per crescere. Il calendario che la Q36.5 andrà a fare è bello pieno, da poco abbiamo saputo che faremo l’Amstel. Finalmente farò delle corse importanti, da programma ho Strade Bianche, Tirreno-Adriatico e proprio l’Amstel, quest’ultima è quella più adatta a me. Non vedo l’ora, è solo l’inizio».

Gli over 30 e il nuovo ciclismo. Riflessioni con Brambilla

12.02.2023
7 min
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«Il ciclismo è cambiato, ma è anche giusto che sia così. Solo che è successo tutto quando ero già over 30 ed è difficile poi adattarsi. Noi della generazione nata tra il 1987 e il 1990 abbiamo subito tanto questa cosa». Questa frase, che ci ha fatto riflettere parecchio, è di Sacha Modolo. Si parla non solo di cambiamento, implicitamente di stimoli, di generazioni. A quella fascia di età appartiene anche Gianluca Brambilla (in apertura foto Instagram).

Gianluca è uno dei professionisti italiani più esperti. Il vicentino va per i 36 anni ed è proprio un classe 1987. E con lui vogliamo approfondire e commentare questo tema.

Il corridore della Q36.5 dopo un ottimo inverno da un punto di vista della preparazione oggi avrebbe dovuto debuttare in vista della 15ª stagione da pro’, ma… «Ma è successo che sono venuto qui in Portogallo, super motivato, con una voglia pazzesca. Non correvo da agosto, ho iniziato ad allenarmi ad ottobre, ma ho preso la febbre e mal di stomaco».

Era il 2010 e una banda di ragazzini terribili si affacciava al professionismo. I grandi campioni erano Basso, Contador, Schleck, Evans…
Era il 2010 e una banda di ragazzini terribili si affacciava al professionismo. I grandi campioni erano Basso, Contador, Schleck, Evans…
Gianluca dalle tue parole e dal tuo tono di voce sembri avere ancora fame…

Fame di brutto! Ne ho tanta perché non correvo da agosto, perché sono in questa nuova squadra e in un ambiente nuovo. Avevo una gran voglia di dimostrare qualcosa. Anzi più che dimostrare qualcosa di aiutare la squadra.

Partiamo dalla frase di Modolo, cosa ne pensi?

Posso dirvi ciò che ripeto spesso ai giovani di questa squadra e non solo. L’altro giorno ero in bici con Covi e gli ho detto che mi dispiace che i giovani di oggi non abbiano vissuto il ciclismo che ho vissuto io all’inizio della mia carriera. Ai miei tempi il ciclismo andava oltre i numeri, i risultati…e parlo soprattutto del ciclismo fuori dalle corse. Vi faccio un esempio…

Vai…

Ricordo un Giro del Trentino. Io ero alla Bardiani. Per alcune sere capitammo in un hotel disperso non so dove dalle parti di Dimaro. E nello stesso hotel c’erano anche altre squadre, tra cui la Lampre. Passavamo le serate su un dondolo. Ma facevamo le undici e mezza, mezzanotte… tanto che ad un certo punto dovevamo quasi imporci di andare a letto! C’erano Scarponi, il meccanico Pengo, Stortoni… oggi queste cose non si vivono più. E’ impensabile.

Negli “anni 10” del 2000 la Sky ha stravolto il mondo del ciclismo con i suoi nuovi metodi
Negli “anni 10” del 2000 la Sky ha stravolto il mondo del ciclismo con i suoi nuovi metodi
E come è avvenuto questo cambiamento?

Io credo ci siano stati due grossi spartiacque. Il primo è quello dell’avvento di Sky e del metodo anglosassone. Loro hanno portato e sviluppato idee nuove, metodologie basate su recupero e un certo modo di correre. Da quel momento, con questo protocollo più rigido sono iniziati a sparire i corridori dagli hotel. Subito in camera con le calze a compressione, riposo, recupero, i film in camera…

E il secondo?

Il secondo spartiacque è stato la pandemia, da quel momento si è iniziato ad andare fortissimo, ma sinceramente non so perché, qualcosa di certo è cambiato. Per esempio, anche in questi giorni i miei compagni mi hanno detto che alla Valenciana hanno fatto numeri impressionanti, tipo 7 watt/chilo sulle salite. Roba da Tour de France. Credo li abbia pubblicati anche Tao Geoghegan Hart. Su una salita, quando si è messa a  tirare la Bora-Hansgrohe ha fatto 7,3 watt/chilo… cose folli, tanto più se si pensa che siamo a febbraio. Io ricordo che Simoni riprendeva la bici a febbraio e poi vinceva il Giro.

Oggi sarebbe fuori dal mondo…

E’ cambiato tutto. Non so se sia la tecnologia, i materiali… Però il lato umano deve esserci ancora. E vedo che i ragazzi sono troppo legati ai numeri.

Alla Valenciana numeri monster, soprattutto durante il forcing della Bora-Hansgrohe
Alla Valenciana numeri monster, soprattutto durante il forcing della Bora-Hansgrohe
Come ha fatto Gianluca Brambilla ad adattarsi?

Credo dipenda dal mio carattere. Io vado d’accordo un po’ con tutti. Penso positivo e mi pongo in modo positivo anche se magari sono nero come il carbone… come in questo momento! Un inverno passato ad allenarmi e 24 ore prima del via mi ammalo. E poi anche a livello di comunicazione me la cavo. Ho un buon inglese e questo mi ha aiutato ad integrarmi. Alcuni miei ex colleghi non hanno avuto fortuna quando sono stati fuori anche perché non riuscivano ad integrarsi e, anzi, in alcuni casi non capivano cosa gli dicessero i diesse. 

Tra un Brambilla classe 1987 e un corridore classe 2002 ce n’è di differenza. Quest’anno ci ha colpito per esempio vedere i ragazzi della Bardiani scendere a colazione con la App in mano che gli diceva le quantità da mangiare. Diciamo la Bardiani perché li abbiamo visti dal vivo, ma lo fanno anche altri. Non è una critica…

Forse lo fanno perché spesso ci sono atleti troppo giovani, in pratica degli juniores e non sanno cosa mangiare. Io non ho mai usato queste App, ma so che altri team lo fanno. Sono un po’ restio a questo genere di cose. Per me i ragazzi devono fare esperienza e conoscersi. E in questo molto conta anche la scuola (ciclistica, ndr) di provenienza, io ho fatto 4 anni da dilettante. E lì impari per esempio che quando sei alle corse se hai fame devi mangiare. Se vai in crisi di fame in allenamento, poco male, ma in corsa resti fuori dai giochi. Credo che certe App siano legate soprattutto ad un discorso di controllo da parte della squadra: “Facci sapere cosa mangi, vediamo come vai e acquisiamo dei dati”. Anche noi in Q36.5 siamo monitorati durante il sonno e poi tutti i dati vengono caricati su TrainingPeaks. Ripeto, io ho fatto il dilettante ed è lì soprattutto che ho imparato come si fa il ciclista. Poi è anche vero che d’imparare non si finisce mai. E non si deve finire mai.

App per capire quanto e cosa mangiare, molti team le usano oggi
App per capire quanto e cosa mangiare, molti team le usano oggi
Imparare dunque è uno stimolo?

Sicuro… ed è anche una necessità. Ma deve essere un cambiamento e non uno stravolgimento. Parlo di accorgimenti. Per esempio la posizione in bici. Ci sono nuovi materiali, mi adatto in un certo modo. Oppure i calendari con delle “corse nuove”. Quest’anno ho come obiettivo stagionale il Giro di Svizzera. E’ bello, è diverso, è nuovo. Prima ci si era sempre preparati per il Giro, la Vuelta

Quelli della tua generazione hanno vissuto il “vecchio ciclismo” quello di trasformazione e quello super moderno: secondo te quando Modolo tirava in ballo quella specifica classe di età a cosa si riferiva?

Io credo che nel ciclismo di una volta il talento in qualche modo emergeva, veniva esaltato. E “Saka” era uno di quelli col talento. Se uno bravo era al 90% o faceva la vita del corridore al 90% ma aveva talento in qualche modo alle corse si toglieva qualche soddisfazione. E’ successo anche a me. Non eri costretto a soffrire in un certo modo in allenamento. Eri al 85-90% andavi alle corse e arrivavi al 100%. Oggi se vai alle corse e non sei al 110%, e badate ho detto 110, ti stacchi. Quando perdi 35” perché ti fermi a fare pipì per rientrare è un problema. E il risultato non lo cogli. Adesso è il contrario: se non vai alle corse super pronto vai sempre più piano, fai solo fatica perché non recuperi. Una volta andavi alle corse per migliorare, per affinare la preparazione. E c’è un’altra cosa che per me ha inciso parecchio.

Quale?

Oggi anche il gruppetto guarda i watt e va su in un certo modo e anche il gruppetto non va piano. E questo credo che nel caso di un corridore come Modolo ti faccia soffrire sempre. Faccio un ipotesi… non voglio criticare nessuno. Sia chiaro!

Brambilla: «In allenamento bisogna soffrire di più» (in foto Germani – Nicolas Gotz / Équipe cycliste Groupama-FDJ)
Brambilla: «In allenamento bisogna soffrire di più» (in foto Germani – Nicolas Gotz / Équipe cycliste Groupama-FDJ)
Rispetto a te i giovani che sono nati col ciclismo della tecnologia “soffrono” di meno questa vita?

Sì. Io ho iniziato che c’era il cardiofrequenzimetro. Ho iniziato ad usare il potenziometro al terzo anno da pro’, quando ero in Quick Step. Oggi ce lo hanno da allievi e questo è un vantaggio. Non è una brutta cosa perché comunque ti alleni meglio, hai le tue zone di riferimento. Sono loro che ci insegnano queste! In Q36.5 tengo molto ai giovani e cerco di tramandargli altri aspetti come la gestione della vita del corridore, perché sul fronte degli allenamenti sanno già tutto. 

Cosa intendi?

Vedo che spesso vanno in confusione per le cose più semplici come la programmazione di un viaggio, l’abbigliamento da mettere in valigia… Oppure, per esempio, si sa che il cappuccino prima della gara non è il massimo allora gli suggerisco di prenderlo il giorno dopo. Ma la differenza maggiore è a casa: tra allenamenti e ritiri è più dura, perché alla fine quando sei in corsa fare un certa vita ti viene facile.

Q36.5 al completo. Douglas Ryder lancia la sfida

26.01.2023
5 min
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Il team è fatto e finito: 24 corridori per la Q36.5, la nuova formazione svizzera diretta emanazione della Qhubeka. Douglas Ryder ha completato e presentato alla stampa la sua formazione con la quale punta senza mezzi termini a rientrare, appena sarà possibile, nel WorldTour chiudendo di fatto quella parentesi che si è aperta nel 2021 con l’uscita di scena della formazione sudafricana.

Il manager ha per le mani una squadra professional che per molti versi ha già fatto un salto di qualità ulteriore. A ben guardare infatti solo 5 formazioni hanno un roster più ampio e sono tutte quelle che sono appena retrocesse dal World Tour o sono comunque in quell’orbita, con partecipazioni alle principali gare già assicurate. Ryder ha voluto una formazione ampia e ha buone ragioni per questo.

Ryder Douglas ha ricostruito la squadra dopo i problemi del 2021
Ryder Douglas ha ricostruito la squadra dopo i problemi del 2021

«Siamo partiti da una considerazione – spiega il dirigente sudafricano – un team come il nostro ha qualcosa come 200 giorni di gara da affrontare e considerando ogni singolo corridore dobbiamo considerare una base di 55 giorni di corsa. 24 corridori ci sembra la quantità perfetta per preparare ogni evento come si deve dando a ognuno il giusto tempo di recupero. Siamo giunti a questa conclusione dopo aver esaminato negli anni numeri e comportamenti di squadre professional e continental. 24 è il numero giusto, con 6 neopro’ e tanti giovani da far crescere».

Nel team professional c’è un solo corridore africano, 5 invece nel team continental. Avresti voluto averne di più?

Beh, non ce ne sono molti al livello disponibili al momento che siano abbastanza buoni. Abbiamo il nostro team under 23 con sede a Lucca, gestito da Daniel e Kevin Campbell dove far crescere nuovi talenti, quindi abbiamo ancora un interesse e un focus africano. C’è solo un corridore africano che si è mostrato già maturo per il team pro’, l’etiope Abreha. Speravamo di portarne di più, ma semplicemente non ne avevamo e sentivamo che erano pronti. Abbiamo bisogno di corridori che possano essere forti e concentrati sul raccogliere punti Uci e aiutarci a crescere per puntare fra tre anni alla promozione nella massima serie.

Il team inizierà a correre a fine gennaio fra Saudi Tour e Volta Valenciana (foto SprintCycling/Q36.5)
Il team inizierà a correre a fine gennaio fra Saudi Tour e Volta Valenciana (foto SprintCycling/Q36.5)
Qual è la situazione del ciclismo africano oggi?

E’ davvero buona. Ovviamente trovare finanziamenti in Africa non è facile, anche con i campionati del mondo in Ruanda nel 2025. Speriamo che man mano che ci avviciniamo, ci siano più investimenti e più squadre e più team nazionali che ottengano qualche finanziamento per poter crescere come squadra. Quest’anno sarà davvero bello tornare a correre il Tour of Rwanda e vedere la qualità dei corridori africani, perché potenzialmente ci darà anche l’opportunità di portarne alcuni nel nostro team. La crescita generale sta andando bene, ma non è ancora al livello che dovrebbe essere in termini di supporto e investimenti da parte degli sponsor.

Dal tuo Paese sono usciti ottimi corridori come Meintjes e Impey. Oggi come sta il ciclismo sudafricano?

Il ciclismo sudafricano è forte ed è stato forte. Hai parlato di corridori che hanno fatto tutti parte del nostro team in passato e ora sono passati ad altri team. Ma il ciclismo su strada è un po’ in difficoltà in Sud Africa a causa dell’aspetto della sicurezza. La mountain bike sta crescendo incredibilmente. Abbiamo Alan Hatherly classificato tra i primi dieci al mondo in mountain bike e un evento planetario come la Cape Epic. Da noi è molto più sicuro essere fuori dalle strade per allenamento e corsa. Quindi il ciclismo su strada ha subìto un duro colpo e non ci sono più abbastanza eventi. La mountain bike sta crescendo alla grande, quindi speriamo che il ciclismo su strada si riprenda con il passare degli anni. Ha ancora corridori forti, ma non abbastanza come dovrebbe. Voglio dire, l’Eritrea ha più corridori del Sud Africa al momento.

L’etiope Negasi Hailu Abreha, unico africano nel team professional (foto SprintCycling/Q36.5)
L’etiope Negasi Hailu Abreha, unico africano nel team professional (foto SprintCycling/Q36.5)
Per come è stata costruita, la tua è una squadra più per le classiche o per le corse a tappe?

Abbiamo un forte equilibrio, penso, fra specialisti delle classiche e corridori da corse a tappe come Hagen e Brambilla. Abbiamo Moschetti come velocista e Devriendt, penso che abbiamo una squadra costruita, preparata e pronta per tutti i tipi di corsa, dalle classiche alle salite alle corse a tappe ai grandi Giri. Quindi siamo entusiasti di vedere cosa siamo in grado di correre quest’anno. Abbiamo avuto alcuni importanti inviti, anche RCS ci ha dato uno spazio. Quindi non vediamo l’ora delle Classiche e non vediamo l’ora delle gare a tappe, e speriamo di poter fare presto un grande Tour.

Nel team ci sono 4 direttori sportivi. Tu pensi comunque di seguire molte gare direttamente insieme al team?

Sì, andrò alle gare più importanti. Ci sarò sicuramente nelle Classiche, per sostenere la squadra. Ma abbiamo cinque direttori sportivi, il che è abbastanza buono e dovrebbe essere sufficiente per gestire un doppio programma per tutta la stagione quest’anno.

Anche Nibali, dirigente del team, era al ritiro con la squadra (foto SprintCycling/Q36.5)
Anche Nibali, dirigente del team, era al ritiro con la squadra (foto SprintCycling/Q36.5)
Ho visto che iniziate il 30 gennaio al Saudi Tour. Con che sentimenti aspetti l’inizio, emozione, entusiasmo, paura?

Voglio dire, è un sogno che si avvera. Ne parlavamo con i corridori per dire che questo è un nuovo progetto. E il giorno in cui appunteranno i numeri sulla maglia per la prima gara di questa nuova squadra, dovranno sentirsi incredibilmente orgogliosi di far parte della resurrezione di questa squadra che si sta riciclando con i suoi fantastici partner e i suoi incredibili valori. Quindi sarà quel primo giorno in cui correranno e potremo vedere in TV che la squadra è nel plotone ancora una volta, sarà per me un momento magico.

Scott: svelata la nuova Foil RC della Q36.5

21.01.2023
4 min
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Scott annuncia un accordo di sponsorizzazione pluriennale con il Q36.5 Pro Cycling Team. Il marchio svizzero doterà la squadra della nuovissima Foil RC. La bicicletta da strada più veloce mai realizzata da Scott. Un concentrato di leggerezza, efficienza aerodinamica e comfort pronto ad aggredire le strade insieme al neo team professionistico. 

Una partnership nata dall’unione d’intenti e rivolta allo sviluppo di prodotti che abbattano le barriere della performance che oggi conosciamo. Un mantra condiviso dalle aziende Scott e Q36.5. Scopriamo insieme la livrea e le caratteristiche di questa Foil RC. 

La maglia e la bici sono state svelate a Zurigo, insieme ai 24 atleti e lo staff
La maglia e la bici sono state svelate a Zurigo, insieme ai 24 atleti e lo staff

La Foil RC

Scott è un marchio leader nella produzione di biciclette da strada, con i valori di innovazione, tecnologia e progettazione rivolti alla creazione dei modelli più veloci al mondo. Per questa stagione il Q36.5 Pro Cycling Team utilizzerà la nuovissima Scott Foil RC, affiancata dalla Plasma per quanto riguarda le prove contro il tempo.

Scrutando la Foil RC si può notare che alla base di tutto c’è l’esclusiva tecnologia F01 di Scott che consente di ottimizzare ogni tubo e giunzione per offrire il miglior telaio aerodinamico sul mercato. Dopo aver testato oltre 300 prototipi, gli ingegneri sono riusciti a realizzare un foglio in carbonio migliore, riducendo del 30% il numero di parti in carbonio e di giunzioni utilizzate rispetto al precedente modello Foil. 

Tutti i modelli Foil RC sono dotati di foderi obliqui ribassati che offrono maggiore comfort ma, ancora più importante per una bicicletta aerodinamica, garantiscono una minore resistenza all’aria. Sono rivolti verso l’interno con un angolo di 10 gradi, forzando l’aria che passa nei raggi in movimento. Grazie ai foderi obliqui ribassati Scott è stata in grado di nascondere le pinze dei freni a disco, non solo riducendo ulteriormente la resistenza aerodinamica, ma anche aggiungendo un’estetica complessivamente pulita. 

Partnership totale

Syncros, parte del gruppo Scott, ha annunciato la sua partnership con Q36.5 Pro Cycling Team. In qualità di fornitore ufficiale di componenti per bici, tra cui selle, cockpit e reggisella, la tecnologia e l’esperienza biomeccanica di Syncros sarà utilizzata dai corridori per tutta la stagione delle gare. Sram completa l’assetto come fornitore di componenti di trasmissione con lo Sram Red etap AXS. Per quanto riguarda le ruote sono state scelte le Zipp in diverse configurazioni, mentre le coperture sono Pirelli.

«In Scott – dice Pascal Ducrot, Vice Presidente di Scott Sports – è inestimabile lavorare con ciclisti di questo calibro e fare in modo che utilizzino i nostri prodotti nelle condizioni di gara più difficili. Inoltre, grazie al nostro rapporto di lunga data con Sram, da 20 anni con Scott-Sram Mtb Racing, siamo lieti di unire le forze ora in questo entusiasmante team su strada. Questa è una grande opportunità per i nostri due marchi di condividere competenze e successi».

Unione d’intenti

La partnership segna il ritorno di Scott alla sponsorizzazione del WorldTour, poiché il marchio si impegna a sostenere la crescita e lo sviluppo di questa nuova squadra e del suo talentuoso roster di giovani atleti. Questa partnership sarà trasversale con i vari reparti e le figure di entrambe le aziende in collegamento, a partire dal consulente Vincenzo Nibali agli esperti di ricerca e sviluppo di Q36.5. Lo scopo sarà assicurarsi che i ciclisti beneficino dei migliori prodotti per ottenere le migliori prestazioni.

«Siamo entusiasti – ha commentato Douglas Ryder, General Manager di Q36.5 Pro Cycling Team – di collaborare con Scott come nostro partner per biciclette, caschi e occhiali per il futuro. Sono innovatori con una ricca storia nel ciclismo professionistico. Questa collaborazione ci ha aiutato nel convincere atleti. Quando i professionisti si impegnano a partecipare a un nuovo progetto grazie alle partnership e attrezzature, sai di avere un’ottima base da cui partire».

Scott