Passione, tecnologia e tanta, tantissima velocità… Potrebbero essere queste le parole per inquadrare l’incontro avvenuto, qualche settimana, fa presso la sede di Reggio Emilia del colosso produttore di biciclette Merida. Un incontrotra due brand caratterizzati da un Dna “racing oriented” e da una passione per la qualità del prodotto e per l’attenzione dei dettagli…
“L’appuntamento” di cui stiamo parlando ha avuto luogo all’interno dell’ampio showroom di Merida Italy, che per l’occasione ha aperto le proprie porte per ospitare ed accogliere una autovettura da corsa davvero speciale, di quelle che fanno girare la testa quando le vedi per strada.
Per qualche ora la sede Italiana di Merida si è ritagliata il ruolo di garage privilegiato di una Porsche 911 GT3 Cup del team Raptor Engineering di Modena, la scuderia impegnata nel campionato Porsche Carrera Cup Italia, la stessa – per chi fosse appassionato di motori – che lo scorso anno si è aggiudicata il titolo della Michelin Cup nella stessa challenge con il pilota Marco Cassarà.
Nello show-room Merida Italia è avvenuto l’incontro tra il brand e la Porsche 911 GT3 Cup Raptor Engineering di Modena Nello show-room Merida Italia è avvenuto l’incontro tra il brand e la Porsche 911 GT3 Cup Raptor Engineering di Modena
Una Porsche in Merida Italy
Quello andato in scena in Merida Italy potrebbe essere definito come un incontro tra passioni, seppur diverse, ma che sotto moltissimi aspetti hanno tanto da condividere. Il primo aspetto in comune è la ricerca e la maniacale cura dei singoli dettagli.
La Porsche 911 GT3 Cup che è entrata per poche ore nel cuore italiano di Merida è un vero e proprio concentrato di tecnologia. Ad accompagnarla ci ha pensato direttamente Andrea Palma, il team principal del team Raptor Engineering, che con grande attenzione ne ha descritto tutti i particolari. Dalla costruzione della carrozzeria interamente in fibra di carbonio (e dunque di una leggerezza strepitosa) ai mille tasti e bottoni presenti sul volante, dal motore con la sua potenza agli interni spartani che “accolgono” il pilota una volta seduto sul proprio sedile di guida.
Merida fornisce le bici al team Bahrain Victorious, Merida fornisce le bici al team Bahrain Victorious,
Tecnologia al top
«Sentire il rombo del motore di una Porsche da competizione non può lasciare indifferenti – ha dichiarato Paolo Fornaciari, Presidente e CEO di Merida Italy – immediatamente ne percepisci tutta la potenza. Per molti questo suono rappresenta una vera e propria melodia, una scintilla che fa scattare il sogno di poterla un giorno guidare. Mentre ammiravamo questa meravigliosa Porsche, ospite per qualche ora nella casa italiana di Merida, abbiamo ascoltato la passione che è emersa dai racconti di Andrea, riconoscendo quella tonalità di voce che ritroviamo spessissimo nelle parole di molti ciclisti nostri clienti che magari hanno pedalato soddisfatti sulla propria Scultura.
«Qualcuno dirà che non è la stessa cosa, ma noi crediamo che l’attrazione per una passione non possa essere declinata: quella per il motorsport ha la stessa intensità che ritroviamo nel ciclismo. Elementi come velocità, sudore, rischio e dolore hanno interpretazioni diverse, ma nel profondo sono molto simili».
Anche i ragazzi del Cycling Team Friuli pedalano con MeridaAnche i ragazzi del Cycling Team Friuli pedalano con Merida
Lo stesso Fornaciari ha poi risposto alle domande di Andrea Palma sulla composizione della Scultura Team. Tutto questo a conclusione di un piacevole pomeriggio che ha rappresentato senza alcun dubbio un riuscito incontro tra tecnologia e passione.
Merida Italy prosegue nel proprio percorso di crescita. Dopo l’inaugurazione della nuova sede di Reggio Emilia, e l’inserimento in organico di due figure molto ben riconosciute nel settore della bike industry italiana (i due ex campioni del Mondo Gianluca Bonanomi come responsabile commerciale e Dario Acquaroli al vertice del marketing), la filiale italiana del colosso produttivo taiwanese guarda alla propria crescita futura con ottimismo.
Una visione di successo
In linea con i “tempi” commerciali di un grande brand, Merida Italy ha organizzato in sede un meeting con la propria forza vendite finalizzato a presentare la gamma 2022/2023. Un anticipo importante per focalizzare al meglio tutte le novità in arrivo in tutti i segmenti produttivi dove l’azienda ha produzione.Dal road performance alla Mtb, dalle city alle e-bike, tutti i campi sono interessati.
Ike Tseng, il fondatore di Merida, era un vero visionario. Durante un viaggio negli Stati Uniti agli inizi degli anni ’70 vide una nota sulla porta di un negozio specializzato in cui c’era scritto che le biciclette fabbricate a Taiwan non venivano accettate per la riparazione a causa della loro scarsa qualità. Questo episodio lo colpì molto, al punto che nel settembre del 1972 ha inaugurato a Yuanlin (in Taiwan) la prima fabbrica della sua società: la Merida Industry Co.Ltd.
Con il meeting agenti Merida è pronta a lavorare in ottica futura, con un focus sulla stagione 2022/2023 Con il meeting agenti Merida è pronta a lavorare in ottica futura, con un focus sulla stagione 2022/2023
Tseng, il cui motto di vita era “muoviti con passione e coraggio”, scelse il nome Merida per indicare che l’intenzione dell’azienda era quello di realizzare esclusivamente prodotti belli e di alta qualità. Consentendo a chiunque di raggiungere la propria destinazione nel modo più piacevole possibile. Nel 1988 fu poi introdotto il brand indipendente Merida. Oggi, dopo anni di storia e presenza sul mercato, Merida fonde l’esperienza di un centro tedesco di ricerca e sviluppo con la competenza produttiva taiwanese. La grande competenza produttiva ha colpito davvero tutti. In modo particolare quest’anno la casa taiwanese si è posta in grande evidenza in abbinamento ai grandi successi del team WorldTour Bahrain Victorious. Soprattutto con la Roubaix conquistata pochi giorni fa di Sonny Colbrelli!
Paolo Fornaciari, CEO Merida Italy
«Merida Italy è nata del 2016 – ha dichiarato a bici.PRO Paolo Fornaciari, il CEO della sede italiana – tramite una joint venture con Merida Taiwan e degli imprenditori del territorio reggiano. In quei tre anni, come per tutte le start-up, l’azienda si è posizionata ed ha iniziato a strutturarsi. Solo nella metà del 2020 ha completamente cambiato passo e si è dotata di una struttura molto più professionale. La società, diventata ora una società per azioni ha un nuovo piano industriale. Il quale le permetterà una capacità finanziaria adeguata per sostenere un fatturato che nell’arco dei prossimi anni ci vedrà quadruplicare il volume d’affari».
Quando si metteva davanti Fornaciari, la velocità impazziva e il gruppo dietro smetteva di parlare. Oggi che fa i gelati, Paolo mette nelle sue giornate la stessa grinta. Per questo, quando ci sentiamo a notte fonda, ha lo stesso tono delle sere nella hall degli hotel a raccontarci come fosse andata la tappa. Una volta si faceva così. E lui stavolta è arrivato lungo perché a un certo punto ha finito il latte ed è dovuto andare alla Esselunga per trovarlo.
Nel 2008, dopo il ritiro, riceve da Johnny Carera e Roberto Bettini il premio Sprint Cycling MagazineNel 2008 riceve da Roberto Bettini il premio Sprint Cycling Magazine
«Sono stato tutto il giorno a inseguire il gruppo col 53×11 – scherza Fornaciari – ma ora sono rientrato. Arriva il primo caldo, la gente vuole il gelato. Ma noi abbiamo lavorato anche durante il lockdown. L’8 marzo abbiamo cominciato a portare le vaschette a casa e quei clienti poi sono tornati. Ne portavamo fino a 100 al giorno per 5 euro in più. Con le scatole termiche, il ghiaccio e quello che serviva. Perché s’è corso in bici e con tutta la fatica che facevo, non erano quei chilometri a farmi paura. Ma adesso non pedalo più. L’anno scorso ho fatto in tutto 210 chilometri, in un giorno solo. E’ venuto un amico a propormelo e allora gli ho detto che il percorso lo avrei deciso io. Siamo partiti alle sei del mattino e siamo tornati alle cinque del pomeriggio. Montecatini, Lucca, Massa, Versilia, Pisa e poi a casa. Non prendevo la mia Wilier da 11 anni e quando sono rientrato, ho tolto le ruote e l’ho rimessa sull’armadio. Mi ha fatto male il soprassella per qualche giorno…».
La bici è una parentesi
Paolo ride e parla, l’ha sempre fatto. Da quando era dilettante fino al passaggio nel 1992 e poi per tutta la carriera, conclusa nel 2008 con una sola vittoria personale ma strepitosi successi dei suoi capitani. Ha il vocione e il suo modo di raccontare le cose ti fa pensare di aver vissuto insieme degli anni davvero speciali. Racconta che gioca a tennis con dei ragazzotti di 20 anni che dopo un po’ non ce la fanno più. Dice di essere 10 chili più di quando ha smesso, ma allora era tutto muscolo. Adesso le gambe sono la metà, però ha i capelli bianchi.
Visconti e Pozzato non si tirano indietro all’offerta di gelato
Al buffet improvvisato si fermano anche Garzelli, Ballan e Codol
Cancellara è super serio, saluta ma non mangia
Nella sua gelateria Ultimo Kilometro a Buggiano
Alla Tirreno-Adriatico del 2010 il gruppo si ferma davanti alla sua gelateria Ultimo Kilometro
Visconti e Pozzato non si tirano indietro all’offerta di gelato
Al buffet improvvisato si fermano anche Ballan e Codol
Cancellara è super serio, saluta ma non mangia
Nella sua gelateria Ultimo Khilometro a Buggiano
Tirreno 2010, il gruppo davanti alla sua gelateria
«Lunedì e martedì siamo chiusi – dice Fornaciari – anche d’estate. Ho la casa, la mia famiglia. Mia moglie Maddalena s’è laureata in geologia con 110 e lode, ha fatto la geologa per vent’anni e adesso lavora con me. Mia figlia Arianna è al secondo anno all’università, mentre Greta è in seconda media. E’ un lavoro che si fa con grande passione, cercando la qualità del prodotto. La bicicletta è stata una parentesi e a me è andata bene. Dovevo aprire un negozio di bici e per fortuna non l’ho fatto. Ho la mia casa con la piscina. Non ti arricchisci a fare questi lavori, ma c’è grande soddisfazione».
Con Gotti e Cunego
Paolo ride e parla. Poi di colpo il tono si abbassa ed è come se dal manubrio si voltasse per guardare quel che ha lasciato indietro.
Nel 1995 partecipa alla Roubaix vinta da BalleriniNel 1995 partecipa alla Roubaix vinta da Ballerini
«Sono contentissimo – dice Fornaciari – e devo dire grazie a tante persone che mi hanno consigliato benissimo. Eravamo insieme in Sicilia da neoprofessionisti, ti ricordi? Bartoli e Fornaciari, primo e terzo. Sembrava fossero nati due campioni, invece ne era nato uno solo. Ho capito presto che non ero un vincente. Fu Salutini ai tempi della Mercatone Uno a dirmi che se volevo fare carriera dovevo mettermi a disposizione di un capitano, perché con il mio fisico avrei fatto la differenza. Anche Luciano Pezzi seppe parlarmi in modo saggio. Ho un bellissimo rapporto con tutti, l’unico con cui ho rotto è Cipollini e non so perché. Eravamo a Genova alla partenza del Giro del 2004. Noi avevamo Cunego, andai vicino a Mario a dirgli di dare un occhio a questo ragazzino e mi rispose: “Con lui ci parlo, con te no”. Mai più una parola da allora. Gli altri li ho risentiti tutti. Calcaterra, Bramati, Scirea. I toscani li vedo e li sento spesso e ho un ottimo rapporto ancora con Martinelli. La Saeco è la squadra che più mi è rimasta nel cuore. Vincemmo prima il Giro con Gotti e poi con Cunego».
Al Giro del 2003 sullo Zoncolan, che non si addice ai gigantiAl Giro del 2003 sullo Zoncolan, che non si addice ai giganti
I suoi massaggiatori
Paolo adesso non ride più e lo dice con un sorriso amaro, perché quasi gli fa male parlare del ciclismo, che fatica a riconoscere.
«Non mi garba più – ammette Fornaciari – perché è cambiato tanto. Sono in contatto con i massaggiatori e me lo dicono che non è più come una volta. E’ vero quello che si diceva poc’anzi. Dopo la corsa ci si trovava nella hall, si chiarivano eventuali incomprensioni e poi si andava avanti. Adesso invece sono tutti coi cellulari, i computer e le mail. Io andavo sul pullman a prendere il caffè con i massaggiatori, che fanno una vitaccia. L’ultima cosa che fanno sono proprio i massaggi. Prima preparano i rifornimenti, poi te li passano in corsa, portano le valigie, fanno le camere. Arrivano la sera distrutti e devono ancora fare i massaggi. Devono darti morale ed essere sempre onesti a dirti le cose come sono. I miei li ricordo tutti. Noè, Mugnaini, Della Torre, Avogadri e Cerea che mi salvò quando caddi al Tour e mi pelai da testa a piedi. Ero alla Saeco, nel Tour che partì da Dublino. Erano anni che stavo più con il massaggiatore che con la moglie. Facevo anche 100 corse all’anno, ma fisicamente sono integro. Mai una tendinite, mai una frattura…».
Alla Tirreno del 2007, con Bettini iridato, Basso e Roberto PetitoAlla Tirreno del 2007, con Bettini iridato e Basso
Kemmel, che paura
Paolo parla e ride forte, questa volta ricordando quanta paura abbia avuto in certi momenti.
«Se c’è una corsa che davvero faceva paura – dice Fornaciari – era la Gand a scendere dal Kemmel. Quello era il rischio più grande, si aveva paura per tutto il tempo prima di arrivarci. Si faceva in discesa a 70 all’ora sul pavé. Le borracce cadevano, l’acqua bagnava le pietre e diventava impossibile restare in piedi. Duecento metri, non di più. Sull’asfalto scivoli. Sul pavé, se va bene sono contusioni, altrimenti ti rompi. Vi ricordate nel 2007 Velo che male si fece in quella discesa?».
Mito Indurain
Il ricordo è un fiume in piena e le sue parole tratteggiano situazioni e personaggi cui non pensavamo da tempo.
«Ho corso con tanti campioni – dice Fornaciari – Museeuw, Bettini, Bartoli, Ballerini, Tafi, Zanini. Ma per me il più forte al mondo come persona fu Miguel Indurain. Un signore, furbo il giusto. Si è fermato al momento opportuno. Una volta al Tour, un paio d’anni dopo che aveva smesso, era venuto al Villaggio di partenza ed era sotto un gazebo circondato dai giornalisti. Io ero con Fagnini quando mi accorsi che c’era Miguel, ma stavamo in disparte. E sai lui cosa fece? Li lasciò tutti lì, si alzò, venne da noi a salutarci. Quando ero dietro a prendere le borracce e rimontavo, se passavo accanto a lui, mi diceva sempre “Vai Forna, vai Forna!”».
Al Fiandre del 2008 ritrova Bartoli, vincitore nel 1996 e grande amicoAl Fiandre del 2008 ritrova Bartoli, vincitore nel 1996 e grande amico
La scatola dei ricordi
Eppure in casa del suo ciclismo non c’è niente, appena un paio di foto in gelateria.
«A casa ci sono più trofei di gelato che altro – ammette – ma ho uno scatolone in cui tengo tutte le altimetrie dei Giri che ho fatto e i Garibaldi. Ogni tanto mi metto a riguardarli e a ricordare. C’è stato il periodo che facevo i gusti del gelato in onore dei corridori. Il gusto Nibali quando vinse il Tour e anche il giallo Nocentini. Ma ormai vado su quelli classici e altri che inventiamo noi, che portiamo ai concorsi. Quella è una parte bella, ma è più importante seguire la gelateria. Me lo insegnò Carlo Pozzi, il decano dei gelatai, che purtroppo non c’è più. Dopo che vinsi il titolo di miglior gelataio d’Italia, mi disse che i concorsi erano adatti a me perché quando attacco il numero sto meglio, ma la gente vuole vedermi dietro al banco. Quando fermai la Tirreno-Adriatico, mi chiamò per dirmi che era contento di avermi visto con la giacca dell’Accademia».
Che paura nelle discesa del Kemmel quando cadevano le borracceChe paura nelle discesa del Kemmel quando cadevano le borracce
S’è fatto tardi. Ci diamo appuntamento al giorno di Larciano, per rivederci dopo tanto tempo. E poi l’ultima risata, “Forna” ce la strappa augurando la buona notte.
«Devo andare a chiudere le galline – dice – sperando che la volpe non le abbia già mangiate. Di solito le chiudo prima. Le teniamo per le uova di casa. Uguale con le anatre, sai che ci sono nate con l’incubatrice in casa? Ma adesso sapeste che buona la frittata con le uova di anatra…».
Diamo un seguito a quanto detto giorni fa da Andrea Tonti e approfondiamo con Martinelli la gestione di Cunego dopo il 2004. Ecco cosa dice il bresciano
Si chiama Settimana ed è la nostra speciale selezione di contenuti editoriali pubblicati su bici.PRO negli ultimi sette giorni.
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