Moreno, il mondiale in barba a Saronni

03.11.2020
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Terzo incontro con Moreno Argentin, dopo aver parlato con lui di juniores e della scelta che ogni corridore prima o poi (meglio prima, a suo dire) deve fare fra classiche e Giri. Questa volta il veneziano entra nel discorso del mondiale, ricordando la vittoria di Colorado Springs 1986 e il grande ruolo di Alfredo Martini.

Terza e ultima puntata del nostro viaggio con Moreno Argentin. Nella prima tappa abbiamo parlato delle insidie della categoria juniores. Nella seconda, ieri, della difficoltà nello scegliere fra classiche e Giri. Oggi il focus si sposta sui mondiali

L’incompiuta

In tre anni, il veneziano infilò tre podi consecutivi. Terzo nel 1985 al Montello. Primo nel 1986 a Colorado Springs. Secondo nel 1987 a Villach. Poi, proprio agli albori della sua colossale stagione delle classiche e complice l’ascesa di corridori come Fondriest e Bugno, mollò la presa sulla gara iridata.

«Il mondiale per me è stato a lungo un’ossessione – sorride Moreno – un’incompiuta. Finalmente nel 1986 siamo riusciti a raddrizzare il tiro e conquistarlo e a quel punto non si è mollato, ma le sensazioni sono state altre. Ovviamente quando lo raggiungi è come toccare il cielo con un dito».

Moreno Argentin, Charly Mottet, Colorado Springs 1986
A Colorado Springs 1986 batte così in volata Charly Mottet
Moreno Argentin, Charly Mottet, Colorado Springs 1986
Colorado Springs 1986, batte Charly Mottet

Ci pensava Martini

Alfredo Martini è stato il cittì della nazionale dal 1975 al 1997 e ha condotto alla maglia iridata Gimondi, Moser, Saronni, Argentin, Fondriest e per due volte Bugno e tornò accanto a Franco Ballerini per le vittorie di Bettini e Ballan.

«Durante l’anno ci correvamo contro uno con l’altro – dice Moreno – quindi Alfredo Martini aveva un grande ruolo. Con il suo carisma ci faceva ragionare. Se magari venivamo da una litigata in una gara che si era svolta una settimana prima, quando arrivavamo a tavola o in una delle riunioni che Alfredo organizzava, ci faceva trovare la ragione. E alla fine correvamo sempre per quelli che ci garantivano maggiore efficienza».

Greg Lemond, Joop Zoetemelk, Moreno Argentin, mondiale Montello 1985
L’anno prima, terzo al Montello dietro Zoetemek e il giovaGregne Lemond
Greg Lemond, Joop Zoetemelk, Moreno Argentin, mondiale Montello 1985
Al Montello 1985, terzo dietro Zoetemelk

Compagni/avversari

Era una grande Italia quella fra gli Ottanta e i Novanta e spesso, come nella miglior tradizione azzurra, i nostri si correvano contro.

«E così è stato anche per me – conferma Moreno – ai mondiali del 1986 a Colorado Springs. Dovevo guardarmi dagli avversari più forti che avevo in casa. Perché al mio mondiale Saronni ha fatto terzo e Visentini usciva dal suo grande Giro d’Italia. Avevamo corridori molto importanti in squadra e uno dei motivi per cui mi sono mosso con tanto anticipo, con quella fuga precoce, è stato anche questo. Per mettere in condizione i miei compagni/avversari forti di proteggermi anziché inseguirmi».

Argentin, fra classiche e Giri

02.11.2020
2 min
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Seconda tappa del nostro viaggio con Moreno Argentin. Dopo aver parlato del mondo juniores, ecco questa volta il suo ricordo del Belgio e delle 4 Liegi vince, a un solo successo dal record di Eddy Merckx. Ma poi il focus si sposta sulla scelta delle corse cui puntare.

Seconda tappa del nostro viaggio con Moreno Argentin. Dopo il capitolo sugli juniores, questa volta spaziando dal Belgio che lo ha reso grande, fino al Giro d’Italia del 1984 che lo vide sul podio, alle spalle di Moser e Fignon.

Obiettivo Giri

Senza sfortune o problemi, dopo un anno il corridore lo vedi e vedi anche su quali terreni può esprimersi al meglio.

«Quando un corridore passa professionista – dice Argentin – deve capire subito dove può essere forte e dove può specializzarsi. Non può dire, senza aver mai vinto una piccola corsa a tappe “punto ai grandi Giri”. Io ne vedo tanti che fanno questi ragionamenti, ma uno deve farsi il suo percorso. Se ha le caratteristiche di essere un corridore a tappe, deve passare attraverso le piccole corse a tappe, perché anche lì si aggiungono tasselli su tasselli. Prima di ambire a un Tour, a un Giro o a una Vuelta».

Liegi del 1991 su Criquielion, Sorensen e Indurain
Liegi del 1991 su Criquielion, Sorensen e Indurain

Capire subito

Quante corse a tappa ha disputato Tadej Pogacar, prima di passare professionista? Il Tour conquistato è stato un fulmine a ciel sereno o non era stato annunciato piuttosto dal Tour de l’Avenir e dal podio alla Vuelta del 2019? Stessa cosa per il vincitore della maglia rosa. Andate a guardare: negli anni scorsi Tao Geoghegan Hart ha disputato quasi esclusivamente gare a tappe.

«Il compito di un direttore sportivo è capire quali sono le attitudini dei ragazzi, cercando di farli ragionare. Non esiste l’atleta che può fare tutto. Già ai miei tempi era necessario specializzarsi. Le mie caratteristiche mi consentivano di essere più brillante nelle corse di un giorno. Quindi ho provato a fare la classifica a un Giro d’Italia. Il Giro d’Italia del 1984, abbastanza facile dal punto di vista altimetrico. Mi sono misurato, poi però ho preferito proseguire assecondando la mia indole. E il Belgio mi ha accolto permettendomi di cogliere 8 classiche importanti, cui ho aggiunto un Lombardia e un mondiale».

Argentin, 1ª tappa: parliamo di juniores

01.11.2020
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Il campione del mondo di Colorado Springs, vincitore fra le sue 69 corse di 4 Liegi, 3 Freccia Vallone, un Fiandre e un Lombardia, inizia con bici.PRO un viaggio di 3 puntate sul ciclismo di oggi, mettendolo a confronto con il suo. Il tempo non va riportato assolutamente indietro, guai solo pensarlo. Ma ci sono aggiustamenti da fare. Il ciclismo italiano ha talenti come e più degli altri Paesi, eppure rischia di danneggiarli. Ecco perché.

«Innanzitutto – dice Argentin – un problema è la mancanza di squadre professionistiche che diano ai dilettanti la possibilità di mettersi in mostra a livello mondiale. Poi c’è il fatto che la categoria juniores si è molto evoluta, segue gli aggiornamenti in termini di preparazione e alimentazione, facendo quello che un tempo facevano i dilettanti. Una condizione inevitabile, non la possiamo fermare. Ma dobbiamo stare attenti a non farli allenare troppo finché sono in una fase di crescita, altrimenti li bruciamo. Ed è quello che stiamo pagando».

Juniores nel mirino

Comincia così questo primo contributo di Moreno Argentin, uomo delle grandi classiche e vincitore di un campionato del mondo. Il suo ragionamento ben si inserisce nel viaggio che bici.PRO sta compiendo nell’universo degli juniores (finora pubblicati approfondimenti su Work Service, Aspiratori Otelli, Autozai Contri, Italia Nuova Panigale). E’ la categoria più esposta oggi al rischio di iperattività, fisica e psicologica, come ha raccontato anche Michele Bartoli commentando i risultati straordinari di alcuni stranieri al Giro d’Italia. Un ottimo spunto per chi guida la Federazione ciclistica italiana.

Nei prossimi 2 video del grande campione di San Donà di Piave, la scelta necessaria perché ciascun corridore trovi la sua dimensione fra classiche e Giri. E poi nell’ultima, i suoi ricordi e le sensazioni sui campionati del mondo e il ruolo di Alfredo Martini.