Florian Vermeersch, vincitore mondiale gravel 2025

Una rincorsa durata due anni. Florian Vermeersch iridato gravel

12.10.2025
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MAASTRICHT (Olanda) – Probabilmente a fare la differenza è stata la motivazione e oggi Florian Vermeersch ne aveva più degli altri. Tanta più degli altri. Dopo due argenti, il belga è riuscito finalmente a conquistare l’oro iridato nel Mondiale Gravel UCI. Ma aveva anche tanta gamba. Pensate che è scattato quando mancavano quasi 130 chilometri all’arrivo.

In queste gare, così nervose e al tempo stesso veloci e tecniche, portarsi avanti resta sempre una soluzione vincente. Non bisogna credere che dietro si risparmino poi tutte queste energie, specie stando a ruota. Non vogliamo dire che c’è lo stress da Tour de France, ma avere una buona visibilità contribuisce ad avere una guida più sciolta, fluida e sicura. Senza contare che, se qualcuno si muove, risalire non è facile viste le strade strette e spesso sterrate.

Occhi su Pidcock

E a proposito di strade sterrate e veloci, stamattina ha parlato anche il responsabile del percorso, forse per togliersi qualche sassolino circa l’eccessiva scorrevolezza. Si tratta dell’ex pro Bram Tankink.

«Il percorso è anche veloce – ha detto Tankink – ma da febbraio, da quando abbiamo saputo di questo mondiale, ho cercato di studiarlo al meglio. Ci sono moltissime tipologie di terreno e questo costringe tutti a stare attenti. Io non lo sottovaluterei poi così tanto».

E infatti la corsa maschile, seppur tatticamente più ordinata rispetto a quella femminile, è stata durissima. Si è accesa presto e alla fine i corridori erano quasi tutti “incatramati” sul loro passo. Vermeersch a parte, tutti procedevano più o meno alla stessa velocità: Matej Mohoric non guadagnava sulla “mezza sorpresa” Frits Biesterbos e non perdeva sul gruppetto inseguitore di Tom Pidcock.

A proposito, Tom era il grande atteso, specialmente dopo il Giro di Lombardia concluso ieri al sesto posto (come oggi). Tutti gli hanno chiesto come potesse affrontare due eventi tanto impegnativi a distanza di poche ore.

«Fa parte del contratto – ha detto un po’ anonimo a Sporza – era stato deciso sin da inizio stagione che avrei fatto questa gara. Solo che all’epoca non era qui… (era a Nizza, ndr). Ho preso un volo privato ed eccomi. Cosa penso del percorso? La squadra mi ha fatto vedere un video che dura quattro minuti».

Nonostante tutto, Tom ci ha provato. Ma più che per una questione di gambe, è parso non cogliere l’attimo… come spesso gli accade anche su strada.

Mohoric invece si diceva fiducioso ma senza pressioni. «La stagione su strada non è stata super, cerchiamo di riscattarci qui». E in qualche modo ci ha provato. A quanto visto, dopo Vermeersch era quello con maggiore motivazione. E infatti è arrivato terzo. Matej ha dato spettacolo: ha guidato in modo incredibile, ma per lui le gambe non erano al top.

Gara dura

Come spiegavamo, la gara si accende presto. I primi 40-45 chilometri scorrono senza grosse novità apparenti. Anche se poi i corridori ci hanno detto che si è andato subito forte. Al termine del primo giro iniziano le scaramucce e nel mezzo ci sono subito nomi pesanti.

Non piove e fa anche più caldo di ieri. Nel corso della gara esce un timido sole. In questi ampi spazi, quando escono dai paesi, il gruppo è allungato e ogni drappello vede quello che lo precede. Sembrano le immagini della Parigi-Roubaix.

Vermeersch, Biesterbos, Politt (compagno di Vermeersch alla UAE Emirates) e Van Tricht guadagnano una manciata di secondi. E lì restano a lungo. Solo le “trenate” di Mohoric per un po’ riaccendono la corsa. Davanti però Vermeersch va che è un piacere: se li toglie tutti di ruota.

Politt ufficialmente ha un problema meccanico, ma in realtà dirà poi di essere cotto. Gli resta a ruota solo il giovane olandese. Ma non è uno qualunque: E’ il campione nazionale olandese gravel. E’ uno specialista. E’ stato anche un biker. Corre nella continental olandese Beat Cycling e oggi si è davvero messo in mostra. Classe 2002, magari riuscirà a trovare un contratto migliore. La stampa olandese lo ha assalito per conoscerlo meglio… tanto per dire.

Bravo Florian

Vermeersch si gode il chilometro finale. Si prende tutto l’applauso di Maastricht. Inseguiva questo titolo da anni. Passa un dito sul casco ad indicare la testa, poi fa vedere la gran gamba che aveva e infine solleva la sua Colnago. Subito dopo si concede all’abbraccio dello staff e della compagna, quasi più emozionata di lui.

«E’ incredibile – dice Florian con la voce tremolante – Non ci posso ancora credere. Le emozioni che provo non arrivano solo da questa gara, ma da una rincorsa durata anni. E’ fantastico vincere finalmente di nuovo dopo due anni difficili.

«Come è andata? E’ stata una partenza frenetica e ho forato una gomma dopo soli dieci chilometri e ce ne ho messi 20 per rientrare. Poi ho visto una buona opportunità per attaccare e l’ho colta. Sinceramente cosa sia successo dietro non lo so. Io ho fatto la mia corsa: prima dietro per chiudere, e poi davanti per scappare. Però una volta che ce ne siamo andati ho capito che era un’azione buona.

«Non avevo molte informazioni, solo qualche tifoso ogni tanto ci dava i distacchi. Io, negli spazi più ampi, mi voltavo e vedevo che non c’era nessuno. La cosa importante era concentrarmi su me stesso, ed è quello che ho fatto».

Nota di “colore”. Prima di chiudere l’articolo, mentre scorriamo le varie classifiche nella categoria 40-44 anni (il mondiale era aperto anche agli amatori) scopriamo che a vincerlo è stato un certo Nicolas Roche e quinto Philippe Gilbert. Poverini gli appassionati di quella fascia d’età!

EDITORIALE / Pogacar un gigante, ma non perdiamo lo stupore

07.10.2024
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Il giorno dopo la vittoria di Pogacar al Giro dell’Emilia, Van der Poel ha vinto un’altra Roubaix, anche se questa volta si chiamava mondiale gravel. Una corsa piatta, più corta dell’Inferno del Nord, in cui l’olandese ha fatto valere la sua capacità illimitata di andare forte in pianura. Visto il livello dei rivali e la comodità della bici da fuoristrada, si capisce che Mathieu abbia avuto vita (quasi) facile nel lasciarsi dietro Florian Vermeersch a 13 chilometri dall’arrivo, con Stuyven ed Hermans vicini alla soglia dei 4 minuti. Ben altra fatica è costata la vittoria a Marianne Vos, che il giorno prima ha dovuto vedersela in un arrivo allo sprint con Lotte Kopecky.

La solitudine

Nel ciclismo dei fenomeni, la solitudine è un luogo spensierato in cui far valere la propria superiorità. E’ così da qualche anno a questa parte. Ne abbiamo avuto la conferma nella Roubaix dell’olandese e la riprova ai mondiali di Zurigo e poi a Bologna, dove Pogacar ha polverizzato le velleità dei rivali, prima ancora di polverizzarne la resistenza. Un post di Adriano Malori su Instagram rende perfettamente lo stato d’animo dei rivali al via.

«Immaginate di essere Evenepoel, Roglic, Pidcock. Siete alla partenza del Giro dell’Emilia e guardando verso destra, sulla linea di partenza, vedete questo personaggio qui fresco reduce da un mondiale dominato dopo la doppia corona Giro-Tour. A quel punto le alternative sono due: sperare in una sua foratura a 500 m dall’arrivo (500 m non prima se no fa in tempo a rientrare e vincere). Mandare tutti a quel paese, imprecando perché lui sia anche qui, ed entrare nella classica osteriaccia bolognese e finire la stagione a tagliatelle col ragù e sangiovese. Qualsiasi decisione uno prenda…lui vincerà lo stesso!!».

Evenepoel, Roglic e in mezzo Pogacar: con quale spirito gli altri due erano al via dell’Emilia?
Evenepoel, Roglic e in mezzo Pogacar: con quale spirito gli altri due erano al via dell’Emilia?

Il solo fenomeno

Il giorno dopo la Strade Bianche prendemmo parole per il titolo di un altro editoriale: «Il fenomeno è solo uno, si chiama Pogacar». Lo sloveno era alla prima corsa 2024 e se la aggiudicò con 81 chilometri di fuga solitaria. Sette mesi dopo, avuta la conferma del teorema di partenza, ci troviamo alle prese con un’imbarazzante sensazione di troppo. Non perché sia troppo il vincere dello sloveno o troppo il gap rispetto agli avversari. I numeri ipotizzati giorni fa con Pino Toni, sia pure con criterio empirico che potrebbe essere ridimensionato dalla realtà dei dati, mostrano che contro uno così c’è davvero poco da fare. Contro lui e anche qualcun altro della sua squadra. «Siamo all’Agostoni per vincere – diceva ieri mattina Roberto Damiani – e per fortuna Pogacar non c’è. Il guaio però è che ci sono Hirschi e Christen».

Quando lo svizzero ha vinto la corsa, quelle parole sono risuonate profetiche. Hirschi il prossimo anno andrà via con destinazione Tudor Pro Cycling. Sarà interessante vedere se il cambio di ambiente e di allenatori lo rallenterà o se continuerà in questa meravigliosa scia di vittorie. Il UAE Team Emirates è più che mai la squadra numero uno al mondo ed è così evidentemente in ogni suo comparto.

Strade Bianche, 81 chilometri di fuga e vittoria: il portentoso 2024 di Pogacar era iniziato così
Strade Bianche, 81 chilometri di fuga e vittoria: il portentoso 2024 di Pogacar era iniziato così

Tadej come Binda

Il senso del troppo di cui parlavamo poc’anzi si è riverberato in un pensiero forse poco sportivo durante la cavalcata di Pogacar sul San Luca: lo abbiamo trovato noioso, come se ormai lo stupore si stia affievolendo. Ammettiamo che il suo non essere italiano potrebbe aver contribuito a quella sensazione. Se al suo posto ci fosse stato Piganzoli, saremmo stati per tutto il tempo a incitarlo. Ma forse dopo un anno intero di Piganzoli solo al comando, da amanti del ciclismo e non tifosi di qualcuno in particolare, avremmo avuto la stessa reazione (Piga, tu intanto provaci, poi con la noia facciamo i conti!). E allora c’è venuto in mente quanto accadde con Binda nel 1930.

A causa della sua superiorità, il campione di Cittiglio fu pagato dagli organizzatori per non partecipare al Giro. Gli promisero 22.500 lire, una somma che copriva la vittoria finale più alcune tappe. Binda accettò e ottenne anche il permesso di partecipare ad alcuni circuiti contemporanei al Giro. Così con gli ingaggi raddoppiò la somma ottenuta per non partecipare. Poi andò al Tour, il primo per squadre nazionali, ma dopo una caduta e due tappe vinte, si ritirò. Quando gli fu chiesto il perché, disse che non aveva ancora ricevuto i soldi del Giro. Glieli diedero alla vigilia del mondiale di Liegi, che Binda ovviamente vinse.

Alfredo Binda, 5 Giri, 3 mondiali, 4 Lombardia, nel 1930 fu pagato per non correre il Giro (foto Wikipedia/Mondonico Collection)
Alfredo Binda, 5 Giri, 3 mondiali, 4 Lombardia, nel 1930 fu pagato per non correre il Giro (foto Wikipedia/Mondonico Collection)

La superiorità di Pogacar non ricorda quella di Merckx, cui tanti lo stanno accostando, quando piuttosto quella di Binda. Al giorno d’oggi pare che il Giro paghi i corridori perché vengano al Giro, non certo per lasciarli a casa. Pur continuando a pensare che il fenomeno sia solo lui, speriamo anche che i rivali, da Vingegaard a Evenepoel, passando per Van der Poel, Van Aert e Hirschi, trovino gli argomenti per avvicinarsi un po’. Altrimenti più che di strapotere, sentendoci come quelli cui non va mai bene niente, con una punta di bonaria invidia per gli amici sloveni, bisognerà iniziare a parlare di una simpatica dittatura.

Mondiali di gravel, ad Halle Pontoni punta in alto

04.10.2024
4 min
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Un clima tipicamente autunnale ha accolto la nazionale italiana ad Halle dove domenica si correrà il mondiale gravel. Il gruppo di Daniele Pontoni è arrivato in Belgio mercoledì e nella giornata di ieri ha preso contatto con il percorso, facendo subito i conti con il clima e le caratteristiche del tracciato.

«Al nostro arrivo abbiamo trovato tempo ancora piovigginoso, ma in occasione della nostra uscita, affrontando i primi 80 chilometri abbiamo notato che il tracciato si stava già asciugando e questo fa ben sperare per domenica. Nella parte finale, il circuito probabilmente decisivo, ci sono ancora dei tratti fangosi. Però se il tempo regge e soprattutto il vento continuerà a tirare, credo che sabato, quando gareggeranno le donne, sarà già tutto asciutto».

Gli azzurri ieri sul percorso iridato, 134 chilometri per le donne, 181 per gli uomini
Gli azzurri ieri sul percorso iridato, 134 chilometri per le donne, 181 per gli uomini
Che percorso avete trovato?

E’ stato parzialmente rivisto rispetto all’europeo gravel dello scorso anno. E’ disegnato prevalentemente su piste ciclabili e strade battute, quindi io credo che si svilupperanno alte velocità, con 2-3 single track dove sarà utile la capacità di guida, ma nel complesso sono tutte traiettorie veloci dove non ci sono particolari difficoltà di guida. Certamente serve attenzione, soprattutto nei tratti dove si procede in fila indiana per sapere dove mettere le ruote, considerando che stando alle spalle non si vedono subito le buche. Preservare i copertoni sarà un aspetto importante.

Secondo te è quindi un percorso che privilegia gli stradisti?

Sicuramente, è un percorso come detto da grandi velocità, tecnicamente abbordabile e il fatto che siano quasi 300 i concorrenti che si schierano al via lo dimostra. Io credo che la gara si svilupperà attraverso gruppetti, anzi non è escluso che soprattutto la prova femminile si possa chiudere con uno sprint a ranghi ristretti.

Il podio dello scorso anno con Silvia Persico che ci sarà anche stavolta, punta delle azzurre
Il podio dello scorso anno con Silvia Persico che ci sarà anche stavolta, punta delle azzurre
Veniamo alle tue convocazioni: stupisce il fatto che a fronte di una nazionale femminile abbastanza ampia, con 7 effettive al suo interno, ci siano solamente 4 uomini convocati. Perché questa differenza?

Ho semplicemente dovuto prendere atto della situazione, della concomitanza con un calendario ancora ingolfato. A molti team ho chiesto di poter mettere a disposizione uomini, ma con Emilia, Bernocchi, Agostoni non ho avuto risposte positive. Ho quindi potuto scegliere Oss e De Marchi che sono specialisti puri del gravel, poi c’è Matteo Zurlo campione d’Italia lo scorso anno e che questo percorso lo conosce bene per averlo affrontato lo scorso anno, infine c’è Filippo Agostinacchio che ha una condizione ottima.

Questa differenza numerica ti porterà a fare scelte tattiche differenti?

Sì, andranno impostate due corse completamente diverse ma questo non dipende solamente dai numeri. Bisogna guardare al materiale a disposizione, alla concorrenza, alla lunghezza del percorso. Valuteremo le scelte più adatte al caso.

Matej Mohoric in trionfo nel 2023. A sfidarlo grandi nomi come Van der Poel e Merlier
Matej Mohoric in trionfo nel 2023. A sfidarlo grandi nomi come Van der Poel e Merlier
Sono le stesse nazionali che vedremo la settimana dopo all’europeo?

Non del tutto, infatti mi sono riservato di effettuare le convocazioni fra lunedì e martedì. Al femminile sarà una nazionale che ricalcherà per la maggior parte quella presente qui in Belgio, ma al maschile avrò più uomini a disposizione. Anche perché rientrerà gente dalla trasferta di Coppa del Mondo di mtb. Quello di Asiago – percorso che voglio comunque rivedere – è molto diverso dal percorso belga, più impegnativo sia tecnicamente che altimetricamente e dove la capacità di guida avrà un peso molto superiore. Per questo penso che ci sarà maggiore equiparazione fra specialisti della strada e della mountain bike.

Saranno molti i reduci dal mondiale su strada di Zurigo della scorsa settimana, pensi che la fatica di allora influirà?

No, ormai a questo punto della stagione influiscono più altri fattori, prima di tutto quello mentale e della volontà di emergere. Non sono, quelle di gravel, gare di attesa, si va subito a tutta e come abbiamo visto anche su strada ormai ci si sta avvicinando sempre più a questo principio che fino a pochi anni fa era patrimonio di specialità dallo sviluppo temporale più breve come il ciclocross.

La polacca Niewiadoma difende il suo titolo, ma percorso e condizione non sembrano dalla sua parte
La polacca Niewiadoma difende il suo titolo, ma percorso e condizione non sembrano dalla sua parte
Ti sei fatto un’idea su chi saranno i favoriti?

Sabato fra le donne sarà quasi una rivincita di Zurigo considerando che mancheranno solo Vollering e Longo Borghini, ma ci saranno Kopecki, Wiebes, l’olimpionica di mtb Ferrand Prevot, la Niewiadoma che comunque su questo tracciato gravel non vedo favorita e direi di tenere sotto controllo l’australiana Cromwell. In campo maschile ci sono Van der Poel, il campione uscente Mohoric, Merlier, ma sono in tanti a poter dire la loro. Io spero che fra questi ci saremo anche noi, abbiamo squadre e nomi in grado di far bene su questo tracciato.

Il gravel secondo Marengo e un messaggio per Pontoni

14.09.2024
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L’intervista a Mattia de Marchi e un commento sotto ad un nostro post sui social hanno aperto lo scrigno del gravel. Una disciplina che è nata per vivere la bicicletta in maniera diversa, all’avventura e che il ciclismo ha fagocitato rendendola, nei suoi appuntamenti iridati, una branchia del professionismo. Tra coloro che si sono “convertiti” al gravel c’è anche Umberto Marengo. Terminata la carriera da pro’ nel 2022 ha iniziato una nuova vita, fatta di un lavoro normale e di gravel.

«Prima – ci spiega nella sua pausa pranzo – c’è stato il capitolo della mountain bike, nel 2023. Mi è servito come anno di transizione, nel quale ho imparato a muovermi nel fuoristrada. Il gravel è quel mix divertente fatto di passione e uno spirito di avventura e condivisione. Ne parlavo con l’organizzatore della Monsterrato (da quest’anno rinominata Monsterrando, ndr), l’evoluzione dell’agonismo nel gravel è incredibile. C’è l’aria competitiva, ma lo spirito rimane sereno e tranquillo. Al centro rimane la passione per la bici, lontano dalla strada e dai suoi tanti stress».

La passione verso questa disciplina è sbocciata alla Serenissima Gravel nel 2022
La passione verso questa disciplina è sbocciata alla Serenissima Gravel nel 2022
Come ti sei appassionato a questa disciplina?

E’ successo l’ultimo anno da professionista, nel 2022, quando ho corso la Serenissima Gravel. Mi sono presentato al via senza sapere cosa fosse e alla fine ho fatto anche bene, sono arrivato ottavo o nono. Ricordo di essermi divertito parecchio e nel farlo avevo scoperto una nuova disciplina. Nel 2023, una volta chiusa la Androni, ho corso in mtb ma il pallino del gravel mi era rimasto. 

Ci sei arrivato quest’anno…

Grazie al posto in cui lavoro da novembre, un negozio di bici. Hanno una squadra, si chiama MenteCorpo, mi hanno proposto un calendario gravel e ho detto subito di sì. E’ stato un cambio di mentalità, quando esco su sterrati la mente si libera, stai nel tuo mondo e ti diverti. Chiaro che ci sono passaggi tecnici e difficili, ma è un confronto che riguarda se stessi e le proprie abilità. In strada c’è l’automobilista che ti chiude oppure il traffico, insomma si è più nervosi. Nel gravel non litighi con nessuno (ride, ndr) al massimo con te stesso se cadi.

Marengo grazie al team MenteCorpo ha potuto gareggiare con maggiore continuità nel gravel
Marengo grazie al team MenteCorpo ha potuto gareggiare con maggiore continuità nel gravel
Come riesci a far quadrare lavoro e preparazione?

Lavorando a tempo pieno, le ore per uscire in bici sono limitate, ma riesco a fare tutto. Il più delle volte pedalo in pausa pranzo o nel fine settimana se non corro. 

I risultati sono arrivati, tra cui il quinto posto ai campionati italiani e il settimo alla Monsterrando.

Mi ero posto l’obiettivo di andare forte, o comunque al massimo delle mie possibilità. Sto andando bene e il sogno sarebbe quello di partecipare al mondiale o all’europeo. I punti per qualificarmi alla prova iridata sono arrivati, quindi il sogno continua. Sarebbe bello anche per com’è andata la mia carriera su strada, sarebbe una soddisfazione a livello morale. 

Alla Monsterrando, il 31 agosto, ha chiuso in settima posizione
Alla Monsterrando, il 31 agosto, ha chiuso in settima posizione
Con questa professionalizzazione del gravel lo vedi ancora un obiettivo possibile?

Diciamo che le dinamiche di convocazione mi mettono un po’ con i piedi per terra, tanto che con il cittì Pontoni non ci ho mai parlato direttamente. Le priorità vanno verso altri corridori, quindi viene difficile convocare Marengo. Sarebbe bello però avere, al mondiale o all’europeo, qualche corridore in più che fa parte di questo mondo. 

Invece arrivano i professionisti. 

La nazionale è fatta da chi fa risultato. Chi fa il corridore di professione ha un’altra gamba rispetto a me che lavoro otto ore al giorno e vado in bici quando riesco. Però credo di aver dimostrato che vado forte. Non sono contrario ai professionisti nel gravel, ma penso che debba essere un’esperienza per entrambi. Il ciclista prova qualcosa di nuovo, mentre chi corre già nel gravel ha la possibilità di fare una gara accanto a dei campioni. 

Nonostante il tempo limitato da dedicare agli allenamenti, i risultati non mancano: il sogno sarebbe una convocazione in azzurro
Nonostante il tempo limitato da dedicare agli allenamenti, i risultati non mancano: il sogno sarebbe una convocazione in azzurro
Più spazio a chi vive questa disciplina tutto l’anno?

Sarebbe bello, ma questa cosa deve partire da chi fa le convocazioni. Pensate di avere in nazionale due professionisti e per il resto chi fa gravel tutto l’anno ad alti livelli. Una nazionale mista permette a tutti di fare un’esperienza bellissima a mio modo di vedere. Ma serve tutelare chi fa gravel come prima disciplina.

Il mese clou del gravel: ci saranno anche gli specialisti?

12.09.2024
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Le imminenti prove titolate di gravel ripropongono un vecchio tema che accompagna l’affermazione – invero sempre più veemente – della specialità a livello internazionale: è un punto d’incontro fra stradisti e biker o si sta affermando una categoria di specialisti puri? Il tema lo abbiamo affrontato partendo da quanto è successo finora nelle World Series, il circuito voluto dall’Uci che mette insieme le principali classiche del settore.

Giada Borghesi trionfatrice alla Worthersee in Austria. Da lì un’ottima stagione su strada
Giada Borghesi trionfatrice alla Worthersee in Austria. Da lì un’ottima stagione su strada

Un elenco di vecchie conoscenze

Va subito detto che non è semplice seguire il calendario per la semplice ragione che prevede prove in quasi tutti i continenti (da gennaio a oggi risulta assente solo l’Asia con ben due prove nella lontana Australia e  due gare anche in Sud Africa e Kenya). Da una parte si nota subito come quando c’è qualche stradista di livello, non ci sia spazio per nessuno: il vecchio Valverde è il padrone de La Indomable, Tim Merlier si è preso un divertente svago dalla sua attività vincendo la Blaavands in Danimarca, ma anche le nostre Giada Borghesi e Alice Maria Arzuffi hanno conquistato rispettivamente Worthersee e Monsterrando.

Dall’altra ci sono specialisti che si stanno realizzando attraverso il gravel, diventando quasi oggetti preziosi per gli organizzatori. Magari sono ex stradisti come Petr Vakoc primo alla Monsterrando e pluripiazzato in stagione oppure Hans Becking, biker visto anche in Italia alla DMT Marconi e che ha vinto sia il Safari Gravel in Kenya che l’Adventure in Polonia. Fra le donne c’è un esempio ancora più eclatante, la tedesca Carolin Schiff che ha messo insieme tre vittorie, in Francia, Germania  e Polonia.

Daniele Pontoni sta preparando le nazionali per europei (Asiago, 5 ottobre) e mondiali (Halle, 13 ottobre)
Daniele Pontoni sta preparando le nazionali per europei (Asiago, 5 ottobre) e mondiali (Halle, 13 ottobre)

Le regole per comporre l’Italia

Tutte queste considerazioni le ha fatte anche Daniele Pontoni, impegnato nella costruzione della squadra che prenderà parte a europei e mondiali: «Nella scelta degli azzurri io mi regolo innanzitutto su quel che troverò come percorsi. Quello di Asiago per gli Europei lo vedrò in settimana, ma so che è stata apportata qualche variazione per farlo un po’ diverso dai mondiali. Mi aspetto un tracciato non così duro, mentre per quello dei mondiali in Belgio gli organizzatori ci sono andati anche più morbidi, al punto che non mi stupirebbe una soluzione con un gruppetto, a giocarsi la vittoria se non proprio in volata almeno nelle battute finali».

Un percorso non da Fiandre?

Diciamo che con gli strappi tipici di quei luoghi e vista la geografia non potrebbe essere altrimenti, ma un po’ più dolci rispetto a quelli che ci aspetteremmo. Il fondo poi è bello veloce e non molto accidentato, poi la differenza potrà farla anche il clima che troveremo.

Carolin Schiff, tedesca di 38 anni sta vivendo una seconda giovinezza grazie al gravel (foto Laengner)
Carolin Schiff, tedesca di 38 anni sta vivendo una seconda giovinezza grazie al gravel (foto Laengner)
Si parlava di specialisti puri o meno. Tu guardi a quel che avviene specificamente nel mondo gravel?

Non potrei fare altrimenti, il mio ruolo me lo impone. Io come detto scelgo in base a molteplici aspetti: il percorso come detto, ma anche gli impegni dei corridori, le concomitanze con i calendari su strada e mtb (ad esempio quest’anno la presenza di due tappe di Coppa del mondo di Marathon oltre Atlantico rende difficile portare biker a gareggiare nel gravel). Poi guardo anche a quel che fanno gli specialisti puri. In Italia non ce ne sono ancora molti, ma sono in crescita, in evoluzione. Magari ex stradisti che hanno trovato una nuova via e non posso non tenerne conto, se mostrano elementi d’interesse.

Le World Series che cosa ti hanno detto?

Che il gravel sta seguendo la stessa direzione della mountain bike a cavallo fra anni Ottanta e Novanta, quando accoglieva tanti specialisti di altre discipline e nel frattempo si affermavano specialisti puri. Si sta evolvendo anche il calendario, non ci sono solo le World Series, ma a tal proposito va detto che, parlando un po’ in giro con praticanti e società, al fianco di organizzazioni decisamente professionali e all’altezza ci sono ancora strutture molto amatoriali. Ma ripeto, è il prezzo che si paga all’affermazione di una disciplina giovane.

Per Valverde due successi in due anni a La Indomable in Spagna, dopo il suo ritiro dalla strada (foto Golazo)
Per Valverde due successi in due anni a La Indomable in Spagna, dopo il suo ritiro dalla strada (foto Golazo)
Come ti regolerai per le tue scelte?

Tra il 20 e il 25 comunicherò alla Fci l’elenco dei convocati. Saranno due nazionali distinte fra europei e mondiali, ma lo zoccolo duro della squadra resterà lo stesso, anzi posso dire che per le donne, salvo forse un nome, ho già la squadra in tasca. In campo maschile invece ci sono dubbi da sciogliere proprio in base alle concomitanze. Ho la strada pressoché preclusa per la mtb, ma anche per gli stradisti non è semplice, l’europeo gravel è il 13 ottobre e il giorno prima c’è il Lombardia. Posso comunque dire che saranno squadre competitive, all’altezza della nostra giovane ma qualificata tradizione. E non è escluso che dentro ci sia anche qualche gravelista…

Abbiamo provato il percorso del Gravel World Championships 2024

22.06.2024
6 min
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LEUVEN (Belgio) – Dopo l’esordio in Italia nelle prime due edizioni, il 5 e 6 ottobre di quest’anno il mondiale gravel si sposterà in un’altra storica patria del ciclismo, il Belgio. Più precisamente nelle Fiandre, più precisamente ancora nel Brabante Fiammingo, la provincia che circonda Bruxelles.

Il percorso del UCI Gravel World Championships 2024 – questo il nome completo – partirà dalla cittadina di Halle e arriverà a Leuven, la capitale della provincia fiamminga, che nel 2021 ospitò i mondiali strada. Qualche settimana fa abbiamo avuto la fortuna di essere invitati da Cycling in Flanders per andare a provare l’ultima parte del tracciato.

La città di arrivo del mondiale gravel sarà Leuven, che ospitò i mondiali su strada nel 2021 (depositphotos.com)
La città di arrivo del mondiale gravel sarà Leuven, che ospitò i mondiali su strada nel 2021 (depositphotos.com)

Lunghezza del percorso

Iniziamo col dare alcuni dati generali. L’ufficialità sui dettagli del percorso verrà data solo ad inizio settembre, ma da quello che abbiamo potuto capire, il grosso dovrebbe già essere delineato come segue.

Il tracciato si articola in una prima parte in linea di 87 km da Halle a Leuven, da cui inizierà il circuito finale di 47 km, per un totale di 134 km. Questo sarà il percorso che affronteranno le donne, sabato 5 ottobre. 

La gara degli uomini, il giorno successivo, dopo la parte in linea prevederà invece due giri del circuito di Leuven, per 181 km complessivi. In tutto ciò, la percentuale di strada non asfaltata che troveranno i corridori sarà vicina o poco superiore al 50 per cento.

Altimetria da classica fiamminga

L’altimetria dichiarata per la gara femminile è di 1.080 metri di dislivello, per gli uomini dovrebbe essere sui 1.500. Sia dai chilometri che abbiamo percorso in prima persona, sia dalla traccia generale che ci hanno fornito, possiamo dire che salite vere non ce ne sono, nemmeno qualcosa di simile all’Oude Kwaremont del Fiandre

Non si superano mai i 150 metri sul livello del mare e dalle informazioni in nostro possesso, la Cima Coppi risulta essere una collina nei pressi di Waterloo, coi suoi 136 metri di altitudine. Salite vere non ce ne sono, ma guardando l’altimetria si nota che non c’è mai nemmeno vera pianura, tranne forse una manciata di chilometri scarsi entrando a Leuven, prima di un breve muro in pavé che termina a circa due chilometri dall’arrivo, posto nella piazza antistante la stazione.

Com’era forse prevedibile per un mondiale gravel organizzato nelle Fiandre, l’altimetria è un susseguirsi ininterrotto di saliscendi, mangia e bevi, strappi e strappetti che da un lato potrebbero rendere la gara troppo poco dura per passisti scalatori, dall’altra alla lunga potrebbero risultare indigesti per i corridori troppo pesanti.  

Planimetria da gara di cross

E poi c’è la planimetria, tutt’altro che semplice da interpretare. Il tratto rettilineo più lungo saranno i circa 6 chilometri all’interno del Parco Nazionale Brabantse Wouden, a sud di Leuven, chilometri però completamente immersi nel bosco e sterrati. Per il resto sarà un continuo cambio di direzione con conseguenti rilanci che renderanno la gara – parere personale – molto più simile ad una prova di ciclocross che ad una su strada

A proposito di ciclocross, durante la nostra ricognizione abbiamo messo le ruote sopra praticamente ogni tipo possibile di superficie. Da ampie strade forestali a single track tra campi di grano e papaveri, da muri in pavé a sassose strade di campagna, fino a passaggi su radici, terra e fango. Il finale si snoderà nel centro cittadino su strade strette in selciato e asfalto, con l’ultima curva posta a un chilometro dall’arrivo che come già detto sarà posto a Martelarenplein, la piazza antistante la stazione centrale.

Tutto questo per dire che quello di Leuven sarà un mondiale gravel tosto, esigente per i mezzi meccanici come per i corridori, in cui probabilmente vedremo bici con coperture generose e passaggi molto tecnici in cui gli atleti dovranno giocoforza passare in fila indiana. Tutti ottimi ingredienti per un grande spettacolo.

Possibili favoriti (secondo noi)

E’ ancora presto per sapere quali corridori saranno al via del prossimo mondiale gravel, che ripetiamo è in programma il 5 e 6 di ottobre, una settimana prima del Giro di Lombardia. Detto questo, proviamo lo stesso a dire qualche grande nome che potrebbe trovarsi a proprio agio in un percorso del genere.

Facilmente ci sarà il campione uscente Matej Mohoric, che potrebbe dire la sua considerando le sue capacità di guida e l’altimetria non esagerata. Lo stesso vale per Thomas Pidcock, abituato a ben altre asperità nella mtb, come anche per Mads Pedersen, molto più pesante ma sempre protagonista nella campagna del Nord.  

Un altro nome che, se fosse presente, potrebbe fare bene dopo quanto dimostrato alle ultime Parigi-Roubaix è Jasper Philipsen, che inoltre risulterebbe quasi imbattibile in un possibile arrivo in volata. Ma poi, come sempre in questo genere di gare, si finisce sempre a parlare di quei due, Van der Poel e Van Aert.

Per l’olandese sarebbe la terza maglia iridata in altrettante discipline, e il percorso sembra davvero disegnato sulle sue caratteristiche. Per il belga invece sarebbe una grande occasione di diventare finalmente profeta in patria, dopo che allo scorso mondiale gravel in Veneto ha fatto segnare il miglior tempo, ma ha dovuto ancora una volta lasciare ad altri la vittoria a causa di un problema meccanico.

Non mancherà certo il pubblico: questo è quel che accadde nel 2021 per i mondiali strada
Non mancherà certo il pubblico: questo è quel che accadde nel 2021 per i mondiali strada

Considerazioni finali 

Quello che possiamo dire dopo aver provato in anteprima gli ultimi chilometri dell’UCI Gravel World Championships 2024 è che definire “gravel” quei chilometri è riduttivo.

Il primo fine settimana di ottobre nelle Fiandre vedremo una specie di enciclopedia di tutto quello che può fare una bicicletta lontana dall’asfalto. E non poteva che essere così: siamo in Belgio, dove il ciclismo non ha confini.

Silvia Persico: argento tra la polvere e l’emozione

07.10.2023
5 min
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PIEVE DI SOLIGO – «Si sente la gara», ha esordito così il commissario tecnico della nazionale azzurra di ciclocross e gravel Daniele Pontoni, come se dentro di sé sentisse che sarebbe stato un grande mondiale.

Al Lago Le Bandie la giornata inizia molto presto: l’erba è ancora bagnata dalla rugiada della notte e fa fresco, ma nulla importa. Oggi si corre la gara dell’anno, il mondiale gravel: a prepararsi non sono solo le donne élite ma anche tutti i partenti delle altre categorie in programma in giornata tra master uomini e donne. C’è chi fa stretching, chi preferisce i rulli e chi la totale tranquillità.

Un argento che per la Persico è il modo migliore per chiudere l’anno e avvicinarsi a quello olimpico
Un argento che per la Persico è il modo migliore per chiudere l’anno e avvicinarsi a quello olimpico

Mentre le atlete si incolonnano davanti ad uno spettacolo naturale, cala il silenzio, interrotto solo dal via ufficiale. All’improvviso il parco si riempie di colori e di urla d’incitamento: sarà la strada ad eleggere la più forte, colei che sarà la campionessa del mondo.

Gli spettatori si fanno curiosi, bramosi di sapere cosa sta succedendo in gara, come sono messe le nostre azzurre, quanto manca al finale. Un’attesa che pare infinita ingannata dagli arrivi che continuano a susseguirsi sulla linea del traguardo: ogni casco che si intravede in lontananza è un sussulto.

La Niewiadoma ha chiuso con 32″ su Persico e Vollering, 1’29” sulla Kastelijn, 1’33” sulla Wiebes
La Niewiadoma ha chiuso con 32″ su Persico e Vollering, 1’29” sulla Kastelijn, 1’33” sulla Wiebes

Vittoria polacca con Niewiadoma

Al mondiale di Pieve di Soligo fa caldo, pare una bellissima giornata d’estate e l’agitazione di certo non aiuta. Per l’Italia ci sono sei tecnici all’arrivo, che non devono attendere molto per festeggiare. La prima a tagliare il traguardo è la polacca Katarzyna Niewiadoma, ma appena 37” più indietro ci sono la nostra Silvia Persico e la neerlandese Demi Vollering.

La volata per l’argento la vince l’azzurra e la piazza esplode in applausi e urla di gioia. Dopo il traguardo Silvia si abbandona in un abbraccio con il CT Daniele Pontoni che con gli occhi lucidi non dice nulla: l’impresa fatta da Silvia parla da sé.

Come lei stessa ci ha raccontato, quella del 2023 è stata una stagione molto lunga, iniziata con il cross a gennaio e conclusa oggi con l’argento mondiale nel gravel, una specialità nuova per lei che approfondirà nei prossimi mesi, non prima di aver festeggiato s’intende. Mentre si dirige verso la sala stampa, con la mano fa il segno di una croce e ci fa capire quanto è stanca: «Credo sia stata una delle gare più dure della mia vita. Gli ultimi 10 chilometri sono stati terribili, sembravano non finire mai!».

Per Niewiadoma un oro che aggiusta una stagione con ben 26 Top 10 ma senza altri squilli
Per Niewiadoma un oro che aggiusta una stagione con ben 26 Top 10 ma senza altri squilli

Persico: «Esperienza da ripetere»

Che non si tratti di una gara semplice lo si intuisce guardando il percorso: quando il gruppo ha affrontato l’iconico muro di Ca’ del Poggio, all’arrivo mancavano ancora 62 chilometri, praticamente quasi metà gara e la parte più tosta è proprio il finale, sulle Colline patrimonio Unesco, con quattro strappi impegnativi (San Viglio, Le Serre, Le Tende, Collagù).

Silvia arriva stanca e accaldata, è richiesta da amici, parenti e giornalisti e attorniata dai fotografi, ma non perde mai il sorriso. Ci racconta che il debutto nel mondo del gravel le è piaciuto, si è divertita (e si vede!) e ha raggiunto l’obiettivo.

«Vincere sarebbe stato un sogno – ammette – ma nei miei piani c’era il podio e ce l’ho fatta. Mi sono divertita davvero molto, per migliorarmi dovrei creare un calendario più incentrato sulla disciplina. Non so ancora bene quali saranno i programmi per la prossima stagione, ma so che coltiverò sicuramente la gravel. Ora penso di meritarmi una pausa, al resto ci penserò dopo».

Per Realini un’ottima gara. Protagonista fin quasi alla fine ha chiuso nona a 6’03”
Per Realini un’ottima gara. Protagonista fin quasi alla fine ha chiuso nona a 6’03”

Azzurri, fatevi spingere dal tifo…

Prima di salutarci chiacchieriamo un po’, in vista anche della prova maschile: «Devono crederci fino alla fine – aggiunge Silvia – senza farsi intimorire dal percorso davvero duro. Correre sulle strade di casa con un tifo così speciale ti dà tanta carica, bisogna farsi forza così».

Il podio è un tripudio di colori e di emozioni e in prima fila, da tifoso più grande, c’è il CT Daniele Pontoni che sorride a Silvia con uno sguardo a dir poco orgoglioso: «Ha vinto la più forte, non c’è nient’altro da dire. Sulle salite finali la Niewiadoma ha iniziato ad allungare creando un buco dietro di sé che le è valso la vittoria: Silvia Persico intanto, forte della collaborazione di Demi Vollering, ha continuato la corsa con un passo regolare, preferendo giocarsela in volata».

Le olandesi hanno provato a fare gara dura, ma ai -25 Niewiadoma ha chiuso i conti
Le olandesi hanno provato a fare gara dura, ma ai -25 Niewiadoma ha chiuso i conti

All’arrivo lo speaker parlava di un rallentamento di Silvia, come se si stesse rialzando, versione smentita da Silvia stessa: «Dire che ho rischiato di staccarmi non è corretto, le ho lasciato al massimo cinque metri, ma sono sempre stata lì». E noi, davanti a tutta questa bellezza e a quella medaglia d’argento che ha grande valore, non possiamo che emozionarci sinceramente.

Felt tra i protagonisti del mondiale gravel

05.10.2023
3 min
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Siamo ormai arrivati alla vigilia della seconda edizione dell’UCI Gravel World Championship. Il mondiale gravel è infatti in programma nel prossimo fine settimana sulle bellissime colline del Prosecco. Tra i possibili protagonisti della rassegna iridata sono annunciati Sebastian Schönberger e Jonas Orset, entrambi in gara su bici Felt. Ricordiamo che il marchio californiano è entrato di recente nel portfolio brand di Pierer Mobility, realtà di riferimento per quel che concerne la mobilità elettrica e non solo.

Felt sta diventando un marchio sempre più attento al mondo gravel
Felt sta diventando un marchio sempre più attento al mondo gravel

Sempre più gravel

In Felt credono fortemente nelle potenzialità di crescita del gravel tanto da prevedere una propria presenza “importante” a Pieve di Soligo, sede del mondiale. Il villaggio di arrivo sarà allestito con i colori di Felt. Grazie ad un’ampia zona espositiva, sarà inoltre possibile vedere da vicino e toccare con mano le ultime novità firmate Felt. Sarà in particolare presente un’ampia gamma di prodotti all’avanguardia per il gravel, la strada e il triathlon. Tra i modelli esposti anche la Breed Carbon, il modello Felt realizzato appositamente per il gravel e che Schönberger e Orset porteranno in gara nella prova iridata di domenica.

Sebastian Schönberger gareggia per il team Human Powered Health. Ha debuttato quest’anno nel gravel in occasione della tappa italiana della UCI Gravel World Series, La Monsterrato, ottenendo un ottimo terzo posto. Al mondiale gravel dello scorso anno Schönberger era arrivato vicino alla top 10 confermando la sua ottima predisposizione per il gravel. Ultimamente l’atleta austriaco ha partecipato al Tour de Slovaquie e ai recenti campionati europei con la propria nazionale.

Niki Terpstra doveva essere uno dei protagonisti del mondiale gravel, ma una caduta lo ha messo fuori gioco
Niki Terpstra doveva essere uno dei protagonisti del mondiale gravel, ma una caduta lo ha messo fuori gioco

Jonas Orset è invece di nazionalità norvegese ed è fortemente votato al gravel. Nel corso di questa stagione ha partecipato alle principali competizioni del calendario gravel, tra cui spiccano due prove della UCI World Series in Germania e Svezia, due tappe del circuito Belgian Waffle Ride in Arizona e California, e la Garmin UNBOUND, ultra-race americana di 300 km. Il risultato di maggior prestigio da lui ottenuto è stato la vittoria alla Sea Otter Classic – La Gravilla. 

Al mondiale di domenica mancherà un possibile protagonista che avrebbe sicuramente dato massima visibilità al marchio Felt. Si tratta di Niki Terpstra che ha dovuto rinunciare alla prova iridata a causa di una caduta avvenuta la scorsa settimana durante la ricognizione del percorso della prima edizione del campionato europeo gravel.

Il marchio Felt sarà comunque ben rappresentato da tutti i componenti della nazionale austriaca grazie all’accordo di sponsorizzazione tecnica raggiunto la scorsa primavera fra Pierer Mobility e la federazione ciclistica austriaca.

Felt

La settimana dei titoli di gravel. Pontoni pianifica le nazionali

26.09.2023
4 min
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La stagione del ciclocross è in rampa di lancio, anzi già qualcosa si è mosso sia in Italia che in Svizzera, ma Daniele Pontoni in questo momento è concentrato sul gravel. Non bastasse il mondiale dell’8 ottobre nella Marca Trevigiana, l’UEC ha inserito anche il neonato europeo esattamente una settimana prima, in Belgio, ma con i calendari strada e marathon di mtb ancora in pieno svolgimento. Far quadrare il cerchio è davvero difficile, molto più di quanto lo fu lo scorso anno.

Daniel Oss al centro fra i cittì Celestino e Pontoni. Il trentino vuole tornare sul podio mondiale
Daniel Oss al centro fra i cittì Celestino e Pontoni. Il trentino vuole tornare sul podio mondiale

Pontoni non nasconde le difficoltà, ma parte da un concetto base: «Saremo presenti ad entrambe le manifestazioni, questo è certo. Non so ancora con chi, ma saranno due squadre diverse anche se ci saranno corridori che doppieranno e questo perché i due tracciati di gara avranno caratteristiche differenti. Il mondiale è stato disegnato su un tracciato impegnativo, che sono sicuro farà selezione, con strappi brevi e duri che alla lunga si faranno sentire».

Mentre l’europeo?

E’ un percorso più scorrevole, dove i passisti potranno avere buon gioco. Nella scelta mi baserò sulle caratteristiche dei singoli e sulla strategia da adottare per ognuna delle due gare. Non nascondo che dobbiamo puntare al podio, soprattutto per la gara iridata che corriamo in casa, come abbiamo già fatto lo scorso anno.

L’europeo a una settimana di distanza dal mondiale è secondo te un vantaggio o uno svantaggio?

Dipende da come lo si guarda. Io voglio prenderlo come una prova generale e non mi riferisco solamente agli atleti che gareggeranno, ma anche allo staff, a noi che saremo fuori gara. Sarà un modo per prendere sempre più confidenza con la specialità e la tipologia del mezzo, ben diverso sia da una bici da strada che da una mountain bike. Il gravel sta correndo nel suo cammino di affermazione, è difficile tenere il passo, ogni occasione va sfruttata al massimo.

Ma il progresso sta procedendo geograficamente di pari passo?

No e questo mi dispiace. Da noi, in Europa ma ancor più in Italia, c’è ancora un po’ di scetticismo, anche se vedo che cominciano a nascere team specifici e questo è un passo basilare per l’affermazione della specialità. In America sono molto più avanti, si sta affermando una cultura, esattamente com’era avvenuto nella mountain bike.

Il ceko Petr Vakoc quest’anno primo a Swieradow-Zdroj e alla Monsterrato, tappe delle World Series
Il ceko Petr Vakoc quest’anno primo a Swieradow-Zdroj e alla Monsterrato, tappe delle World Series
Lo scorso mondiale aveva visto gli stradisti avere vita facile, chiaramente con una preponderanza per quelli abituati alla multidisciplina. Pensi che quest’anno ci saranno più specialisti puri nelle parti alte della classifica?

Io credo di sì, ma credo anche che, se l’europeo si presta a una soluzione simile, il mondiale vedrà contendersi il titolo ancora gente che viene dalla strada. Chi viene dal WorldTour ha un colpo di pedale superiore anche a chi frequenta la mountain bike, c’è una disparità di forze e ne dovrò tenere conto nelle convocazioni. Credo però che ci sarà qualche inserimento in più da parte di chi frequenta unicamente le corse di gravel.

Ti sei fatto un’idea di chi saranno i favoriti?

Difficile dirlo non sapendo chi sarà al via, credo comunque che Belgio e Olanda presenteranno in entrambi gli eventi formazioni molto qualitative perché so che ci tengono molto. C’è poi l’incognita legata a Van Aert, se sarà al via l’8 ottobre al mondiale, il favorito d’obbligo sarà lui, anche per la voglia di mettere fine alla collezione di secondi posti

Van Aert ha vinto l’Houffa Gravel con grande facilità. Il mondiale sarebbe un riscatto in un anno difficile
Van Aert ha vinto l’Houffa Gravel con grande facilità. Il mondiale sarebbe un riscatto in un anno difficile
Hai già in mente chi schierare?

Qualche nome ce l’ho già, ma non sarebbe giusto farli prima di ufficializzare le squadre, anche se è chiaro che Oss, vicecampione mondiale in carica, non potrà non esserci. Quel che posso garantire è che presenteremo squadre popolate di gente con la voglia di far bene, perché correre un mondiale in casa ha un valore particolare in qualsiasi specialità. Il problema sono le concomitanze, considerando che ci sarà la Tre Valli che coinvolge molti team del WorldTour al maschile e al femminile e c’è la Coppa del mondo di mountain bike negli Usa. Noi comunque ci sapremo far valere, non ho dubbi.