Woods non molla, anzi rilancia e pensa al Giro

24.11.2023
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Per un certo periodo, nel corso del ciclomercato, sono girate voci su una possibile fuoriuscita di Michael Woods dalla Israel Premier Tech. Il che sembrava strano considerando che il canadese è come il vino buono, migliora invecchiando. Anche nel 2023 è riuscito a mettere la sua firma risultando tra i più brillanti del suo team, conosciuto per essere quello che, fra WorldTour ed ex WT, ha l’età media più alta, in controtendenza rispetto al ciclismo attuale.

Le voci poi sono svanite nel tempo, la realtà è che Woods resta parte integrante del team, sicuramente scosso dagli ultimi accadimenti che hanno coinvolto il Paese come raccontava il nuovo acquisto Sheehan. Woods ora è in famiglia, dall’altra parte dell’Atlantico ad affrontare la primissima parte della preparazione in attesa del ritiro prestagionale di dicembre, prestandosi così a una chiacchierata a bocce ferme su quel che è stato e quel che verrà.

Il trionfo sul Puy de Dome al Tour de France, staccando Latour di 28″. Al Tour ha chiuso 48°
Il trionfo sul Puy de Dome al Tour de France, staccando Latour di 28″. Al Tour ha chiuso 48°
Come giudichi la tua ultima stagione?

Certamente è stato un successo. Ho ottenuto il risultato più importante della mia carriera vincendo una tappa al Tour de France. Non sarà stata la mia stagione migliore in quanto a costanza di risultati, ma sono rimasto piuttosto soddisfatto e questo mi ha dato la motivazione per la stagione a venire.

Che cosa ti ha lasciato la vittoria nella tappa del Puy de Dome?

Molta soddisfazione, anche sollievo. Dopo aver detto che volevo vincere una tappa del Tour da così tanto tempo, temevo che quel momento non sarebbe più arrivato. E alla fine mi ha lasciato molta motivazione. Ora ho un nuovo obiettivo, ovvero cercare di ottenere un’altra vittoria di tappa al Giro e completare la collezione di vittorie in tutti e tre i grandi Giri. Penso che sarebbe davvero speciale.

Michael Woods, Vuelta 2020
La vittoria a Villanueva alla Vuelta 2020. Ora Woods punta a completare la collezione di tappe nei grandi Giri
Michael Woods, Vuelta 2020
La vittoria a Villanueva alla Vuelta 2020. Ora Woods punta a completare la collezione di tappe nei grandi Giri
In questo periodo ti senti più competitivo nelle classiche in linea o nelle brevi corse a tappe?

Penso che il livello si sia alzato. Ci sono molti corridori ora nel World Tour che sono semplicemente incredibili. All’epoca di Valverde c’erano solo uno o due corridori dominanti, io sono arrivato vicino quando era alla fine della sua carriera. Quando ho iniziato a emergere, mi sentivo come se fossi un po’ più competitivo rispetto ai migliori. Oggi la situazione è diversa, ma ciò non significa che non ho ancora la possibilità di fare bene in queste gare e sono ancora piuttosto entusiasta per lottare con i più giovani negli anni a venire.

Hai chiuso con buoni risultati nelle corse italiane di fine stagione: ti aspettavi di più fra Emilia, Tre Valli Varesine e Lombardia?

Sono rimasto abbastanza soddisfatto dalle prime due prove, ma un po’ deluso dal Lombardia. Mi sono sentito davvero bene in queste classiche, come se fossi tornato al mio vecchio livello. Ma sfortunatamente al Lombardia ho sbagliato dal punto di vista dell’esecuzione sulla salita finale ed ero troppo indietro quando l’attacco ha iniziato a partire. Ho notato davvero come negli ultimi due, tre anni se non sei nella posizione perfetta, è quasi impossibile competere contro i migliori ciclisti del mondo. In passato potevi commettere un errore ed essere un po’ troppo indietro, ma rimediare. Il ritmo delle gare adesso è così inesorabile, così alto che se commetti un errore, finisci per pagarlo. E così ho finito per non far parte di quel primo gruppo, anche se sentivo di avere davvero le gambe per esserci.

Woods al Lombardia, chiuso al 12° posto perdendo sull’ultima salita il treno dei migliori
Woods al Lombardia, chiuso al 12° posto perdendo sull’ultima salita il treno dei migliori
Le corse delle Ardenne continuano ad essere un tuo obiettivo?

Sì, sicuramente. Sono davvero concentrato su di loro. Tuttavia, il grande obiettivo per me l’anno prossimo è il Giro d’Italia, dovrò essere al massimo della forma per l’avvio della corsa rosa.

Affronterai il quarto anno alla Israel: come ti trovi nel team e cosa rispondi a chi dice che ha un’età media troppo avanzata?

Sono davvero entusiasta di far parte di questa squadra per il quarto anno, per me è una famiglia che si prende cura di me e mi sento davvero privilegiato. Detto questo, la nostra età media è sicuramente una delle più alte nel gruppo e io con i miei 37 anni contribuisco sicuramente a questo. Ma penso di essere davvero fortunato a far parte di una squadra che non guarda a questo aspetto. Geraint Thomas ha dimostrato la scorsa stagione, come ho dimostrato anch’io al Tour, che puoi ancora essere al meglio nella tua carriera. Anche Alejandro Valverde ne è un ottimo esempio. E sono entusiasta di continuare a esplorare le mie capacità fino alla fine dei trent’anni. E chissà, forse anche oltre.

Per il canadese il 2024 sarà il quarto anno all’Israel. Team fra i più anziani, con 10 elementi sopra i 30 anni
Per il canadese il 2024 sarà il quarto anno all’Israel. Team fra i più anziani, con 10 elementi sopra i 30 anni
Hai 37 anni: sei d’accordo con chi dice che il ciclismo attuale renderà impossibile nel futuro continuare a correre a un’età simile?

No. Penso che sicuramente la tendenza stia andando verso i ciclisti più giovani. Penso che ora, con l’accesso alle informazioni migliori come tecnologia, coaching, nutrizione, diventare un giovane corridore di vertice stia diventando molto più semplice. Non è necessario passare anni di esperienza per raggiungere un livello superiore. Puoi semplicemente seguire qualcuno su Strava o farti seguire da un buon allenatore nei picchi di allenamento, puoi guardare tutte le gare online e imparare molto più velocemente di quanto potevi prima.

Al Giro d’Italia Woods manca dal 2018, quando sfiorò la vittoria a Caltagirone
Al Giro d’Italia Woods manca dal 2018, quando sfiorò la vittoria a Caltagirone
Tempi duri quindi per chi viene da un’altra cultura ciclistica…

Mah, penso che l’età abbia ancora un ruolo nello sport. Io stesso sto ancora imparando. Questo è uno sport in cui impari costantemente e, man mano che migliori, diventa più facile esibirsi a questo livello. Per quanto mi riguarda, fisiologicamente mi sto avvicinando al massimo delle mie capacità, ma sento ancora che sto migliorando mentalmente. Avere quell’esperienza che l’età porta con sé aiuta. È ancora uno sport di squadra e avere ragazzi che hanno solo anni di esperienza aiuta molto all’interno del team.

Se ti guardi indietro, hai qualche rammarico per un’occasione perduta?

Anche se ho avuto dei fallimenti nella mia carriera, ho avuto anche dei grandi successi. E certamente quei fallimenti, quegli errori che ho commesso, mi hanno reso un pilota e una persona migliore.

Woods nel vuoto del Puy de Dome. Colpi di stiletto fra “i due”

09.07.2023
5 min
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Due corse in una sul Puy de Dome, incredibilmente vuoto e silenzioso senza pubblico. Stavolta al Tour de France si è corso in modo simile al Giro d’Italia con due corse in una. E le due corse di oggi se le sono aggiudicate Michael Woods e Tadej Pogacar.

Due sfide dai contenuti tecnici più profondi di quanto non si sia visto da fuori e per questo Domenico Pozzovivo ci aiuta ad analizzarli. Il lucano ha una doppia valenza, è compagno di Woods alla Israel-Premier Tech ed è uno scalatore e visto che si parla di salita…

Per la tappa

La corsa si potrebbe riassumere in un “tanto tuonò che non piovve”, o quanto meno fece una “pioggerellina”. C’era un’attesa enorme attorno a questa tappa e a questa montagna, che mancava da 35 anni. L’Equipe aveva proposto una copertina dal sapore storico, giocando sul duello del 1964 fra Poulidor e Anquetil.

Invece il gruppo degli uomini di classifica lascia andare. La fuga va via al primo tentativo e prende un margine enorme, il cui vantaggio massimo supererà i 16′. 

All’imbocco della salita Matteo Jorgenson scappa e sembra averla fatta franca. Tutti gli occhi sono puntati su Woods, il favorito, che invece non reagisce. 

Woods mette Jorgenson nel mirino. Recupera qualche istante, poi scatta. Per il canadese (classe 1986) un successo che corona una lunga carriera di sport
Woods mette Jorgenson nel mirino. Recupera qualche istante, poi scatta. Per il canadese (classe 1986) un successo che corona una lunga carriera di sport
Domenico, ha vinto un tuo compagno. Complimenti!

Missione compiuta! Quando una squadra come la nostra, allestita per le tappe, ne vince una può ritenersi soddisfatta. Adesso i ragazzi correranno in modo più rilassato e magari potranno correre anche rischiando di più e, perché no, vincere ancora. 

Vincere porta a vincere, insomma?

Sì, sei più rilassato, non hai paura di perdere e rischi. E tutto sommato già oggi Woods è come se avesse giocato a poker. Si è un po’ rilassato ad inizio salita e poi è stato costretto a recuperare. Ma è riuscito a sfruttare le sue qualità.

E quali sono le sue qualità?

Quelle di un corridore molto bravo su salite di questo tipo: dure ma non troppo lunghe. Lui è molto esplosivo e venendo dall’atletica, dal mezzofondo, ha una capacità lattacida invidiabile.

Tu già lo conoscevi?

Sì, sono anni che lo conosco, che siamo avversari e poi da quest’anno corriamo insieme. Una persona di qualità, forte…

E anche lui non è proprio un bimbo! Woods conosceva questa frazione? Era venuto in avanscoperta in quella giornata organizzata da ASO?

No, perché non era al Delfinato. Michael era con me al Tour d’Occitanie, dove ha anche vinto. E’ riuscito a sfruttare questa tappa. La fuga è stata favorita dall’andamento tattico. Ci si aspettava un controllo fra Vingegaard e Pogacar, una partita a scacchi che appunto ha favorito la fuga. Se uno dei due doveva recuperare avrebbero chiuso, ci sarebbe stato un altro ritmo e la fuga non sarebbe arrivata.

L’altra corsa…

E poi appunto c’è stata la partita a scacchi fra la Jumbo-Visma e la UAE Emirates. Solo poco prima della salita la squadra di Vingegaard ha preso in mano la corsa. Poi sono subentrati i ragazzi di Pogacar e di nuovo i gialloneri. Fino allo scatto dei due a 1.500 metri dal traguardo.

Domenico, passiamo dunque alla sfida fra i due grandi di questa Grande Boucle… Tanto tuonò che non piovve: anche tu la vedi così?

Come detto prima si sono controllati. Quando poi di mezzo non c’è la vittoria di tappa le polveri inevitabilmente si bagnano un po’, non c’è mai la stessa carica agonistica. Per di più oggi la tappa è filata via tranquilla e ci hanno messo un po’ per passare alla modalità aggressiva.

Si conoscono molto bene. Pogacar ha portato un attacco di “X” secondi e l’altro sapeva che il suo affondo sarebbe durato così. Poi ha tenuto duro, ma l’altro ha insistito un pelo di più. Erano sul filo. Tutto molto tecnico-tattico. Tu come la vedi?

La verità è che io ho visto più preoccupato Pogacar che Vingegaard. Per me Tadej era molto attento al caldo. Se ci avete fatto caso si bagnava spesso su tutto il corpo. Sappiamo che quando fa caldo lui ha spesso una piccola contro-prestazione. Vingegaard dal canto suo contava su questa cosa e forse si aspettava che calasse un filo. Mentre Pogacar si è sentito meglio di quel che credeva e ha attaccato.

E riguardo ai watt?

Credo che entrambi ne abbiano espressi un filo meno che sui Pirenei, e credo dipenda proprio dal caldo.

Pogacar e Vingegaard sono davvero al limite e alla pari. Ormai si parla di metri, neanche di secondi. Sarà una lotta anche di nervi?

Senza ombra di dubbio. Questa è una componente fondamentale nella sfida uno contro uno. E in questo Tadej forse ha qualche chance in più, anche se l’altro ha una grande squadra.

EKOI e Israel Premier Tech: accordo fino al 2025

20.12.2022
3 min
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Dall’avvio della prossima e attesa stagione 2023, il team Israel Premier Tech inizierà a collaborare con EKOI per quanto riguarda la fornitura tecnica di abbigliamento, caschi ed occhiali. Questo importante accordo – di durata triennale e dunque valido fino alla fine della stagione agonistica 2025 – consentirà al brand francese produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo di continuare a proporre importanti innovazioni sempre al servizio della performance dei propri clienti. 

Nel corso dei recenti ritiri di inizio stagione, diversi membri dello staff tecnico EKOI hanno avuto modo di viaggiare in Spagna per permettere ai corridori di provare individualmente abbigliamento, caschi e occhiali. Non a caso, proprio questo servizio “su misura”, oltre alla disponibilità EKOI nei confronti dei propri atleti, rappresentano entrambe due qualità ben definite nel Dna dell’azienda. E in occasione di questi primi meeting tecnici, campioni del calibro di Chris Froome, Jakob Fuglsang e Michael Woods hanno avuto modo di trasferire immediatamente il proprio feedback sia al responsabile della sponsorizzazione EKOI Pietro Cicoria quanto ai tecnici, con l’obiettivo di perfezionare tutti i dettagli. 

L’accordo tra Ekoi e Israel Premier Tech sottolineato dalla stretta di mano fra il manager Carlstrom (a sinistra) e Pietro Cicoria di Ekoi
L’accordo tra Ekoi e Israel Premier Tech nella stretta di mano fra Kjell Carlstrom (a sinistra) e Pietro Cicoria di Ekoi

Tecnica e performance

«Come squadra, eravamo alla ricerca di un marchio in grado di offrirci attrezzature di alta qualità – ha dichiarato Kjell Carlstrom, il General Manager della Israel Premier Tech – e con EKOI abbiamo trovato molto di più. Siamo stati conquistati dalla loro reattività e dalla loro volontà di offrirci il miglior materiale possibile per l’ottimizzazione delle prestazioni. Inoltre, abbiamo anche potuto visitare la loro sede e comprendere meglio la bellissima etica del marchio».

«Sin dalla propria creazione – ha ribattuto Jean-Christophe Rattel, il fondatore di EKOI – il brand è sempre stato molto attento all’attività dei professionisti e dei loro team. Essere i fornitori tecnici di alcuni dei grandi campioni che hanno segnato la storia del ciclismo rappresenta per noi un vero e proprio onore… e siamo orgogliosi di poter da loro essere riconosciuti per il nostro lavoro e per il nostro know-how». 

Il marchio francese è produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo
Il marchio francese è produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo

Disponibile sono online

Anche Chris Froome ha avuto importanti parole di apprezzamento nei confronti di EKOI in occasione di questi primi incontri tecnici.

«Le mie prime impressioni quando ho avuto modo di indossare i capi e gli accessori EKOI – ha dichiarato il quattro volte vincitore del Tour – sono state estremamente positive. In primo luogo perché la qualità dei materiali è evidente e la finitura eccellente. In seconda battuta, perché questo marchio sa bene cosa i ciclisti professionisti si aspettano».

Chris Froome sarà ancora uno dei corridori di prim’ordine della Israel
Chris Froome sarà ancora uno dei corridori di prim’ordine della Israel

Creato nel 2001, EKOI si è rapidamente affermato come brand leader in Francia per quanto riguarda la produzione di abbigliamento e accessori per ciclisti. Pioniere della vendita diretta online fin dal 2008, EKOI ha così scelto di eliminare alcuni passaggi commerciali intermedi proponendo ai consumatori prodotti “premium” in grado di combinare design e tecnicità. La costante collaborazione con alcuni dei migliori ciclisti professionisti in circolazione permette ad EKOI di offrire prodotti estremamente innovativi, favorendo così le prestazioni e le… vittorie in molteplici e grandi competizioni sportive al mondo.

Ekoi

Ciclismo e corsa: le obiezioni dell’osteopata

11.07.2022
4 min
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Il connubio ciclismo-corsa a piedi desta sempre molte discussioni. Le parole di Michael Woods non sono rimaste lettera morta e chiacchierando nell’ambiente è facile notare come ci siano quasi due partiti a confronto, tra chi è favorevole e chi mantiene un po’ di diffidenze. Avevamo sentito il preparatore Giacomo Notari plaudire alla possibilità di allargare gli orizzonti, pur con tutti i distinguo del caso. Maggiori riserve ha Michele Del Gallo, osteopata al Tour seguito della Uae Team Emirates al seguito della maglia gialla Pogacar, senza per questo chiudere del tutto la porta all’utilità dell’attività di corsa.

Michele Del Gallo lavora nel ciclismo dal 1996: è fisioterapista e osteopata al Uae Team Emirates
Michele Del Gallo lavora nel ciclismo dal 1996: è fisioterapista e osteopata al Uae Team Emirates

Woods ha ragione

Ragionando con Del Gallo, iniziamo proprio dalle parole di Woods sui rischi a livello osseo ai quali, dalla chiusura della carriera in poi, il ciclista può incorrere.

«Michael ha ragione – dice – tra l’altro non conoscevo il suo passato di mezzofondista di così alto livello. Di per sé il ciclismo a livello osseo può dare dei problemi proprio perché si tratta di un’attività che non contempla quei microtraumi di cui si è parlato, il continuo impatto, per certi versi anche forte, con il terreno che a lungo andare rafforza la densità ossea. Per questo un ciclista quando cade si frattura più facilmente di un altro sportivo, perché il fisico non è abituato a scaricare il proprio peso sul terreno, ma lo fa sulla bici attraverso un sistema di equilibrio e distribuzione delle forze».

La corsa può quindi avere una sua utilità?

Sì, ma dev’essere dosata e utilizzata quando serve. Sono contrario ad andare a correre nel corso della stagione e non credo ad esempio che chi è al Tour faccia anche qualche singola uscita per sgranchirsi al mattino, proprio perché le energie vengono centellinate, si guarda a tutto, dall’alimentazione al recupero dopo tappa. Diverso il discorso fuori dalle gare dove chi è abituato a fare altri sport è portato a dare sfogo alle proprie passioni.

Corsa Tour 2022
Per Del Gallo correre durante il Tour sarebbe un grave spreco di energie
Corsa Tour 2022
Per Del Gallo correre durante il Tour sarebbe un grave spreco di energie
Dal punto di vista muscolare, la corsa a piedi richiede un impegno diverso rispetto al ciclismo? Un massaggiatore si accorgerebbe quindi di quel che l’atleta ha fatto?

Sicuramente, ma teniamo conto che anche in periodo extragonistico, l’uscita a piedi non sarà mai intensiva, quindi non ci sarà uno stress muscolare come avviene per un allenamento ciclistico. Sono uscite molto “easy” e proprio per quello possono essere utili. Una cosa che notavo, facendo seguito a quanto ha detto Woods, è che molti ciclisti, smessa l’attività e passati a fare i diesse o altri ruoli, iniziano a correre a piedi, senza però ottenere quei risultati che ci si attenderebbe da chi viene da uno sport di endurance.

In che misura?

E’ la dimostrazione della differenza tra i due sport: cuore e polmoni saranno anche allenati in maniera simile, ma a livello muscolare c’è una forte differenza e chi va a correre a piedi va in difficoltà più facilmente di quanto avveniva in bici. E’ un dato oggettivo.

Corsa massaggio
Nel massaggiare la muscolatura, l’esperto si accorge dell’attività svolta dall’atleta e dell’intensità sostenuta
Corsa massaggio
Nel massaggiare la muscolatura, l’esperto si accorge dell’attività svolta dall’atleta e dell’intensità sostenuta
Quando allora la corsa può integrare la preparazione?

Nel periodo invernale, al pari di altre attività. Il nuoto ad esempio sarebbe molto utile, anche se è un’altra attività in assenza di peso e quindi non risponde a quei criteri accennati all’inizio per irrobustire l’ossatura, ma può dare molti benefici alla schiena. Indubbiamente per il ciclista un’attività che provochi continui microtraumi può essere un utile affiancamento alla propria preparazione, per preservare il suo futuro. Un’altra attività che può essere utile sono gli esercizi a corpo libero, che infatti stanno notevolmente prendendo piede nella preparazione del ciclista professionista.

Il discorso sull’ossatura è davvero così importante anche in termini di prestazione?

Altroché… Se studiamo il movimento ciclistico esclusivamente come unione di leve e forze, scopriremo come l’attività del quadricipite scarica la sua potenza sul punto di leva costituito dall’anca: se questa non è nel pieno della sua funzione, anche 1.000 watt di potenza non si tradurranno mai al 100 per cento, i watt saranno parzialmente dissipati. Il bacino deve essere fisso, ogni sbilanciamento fa perdere potenza.

Corsa inverno
D’inverno la corsa può dare indubbi benefici, anche a lungo termine (foto Craig Koleski/Red Bull)
Corsa inverno
D’inverno la corsa può dare indubbi benefici, anche a lungo termine (foto Craig Koleski/Red Bull)
In che cosa si traduce questo in termini di preparazione?

Una volta si lavorava di più sul potenziamento muscolare, ma ormai è un principio passato, se guardate gli sportivi attuali, non solo i ciclisti, hanno fisici meno ipermuscolati, proprio perché si lavora molto sulla stabilità per rinforzare tutto l’apparato. L’aumento di massa anche muscolare significa aumento di peso, di consumo energetico e maggiore esposizione agli infortuni. E’ un orientamento che riguarda lo sport in genere, non solo il ciclismo o la corsa.

Yates Barcellona

La corsa a piedi? Nel ciclismo non è più un tabù…

09.07.2022
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Nella recente intervista a Michael Woods, il canadese della Israel Premier Tech, ricordando il suo passato di promettente mezzofondista in atletica leggera, sottolineava un aspetto legato all’attività ciclistica e ai suoi effetti.

«Se sei sempre in bici – ha detto – in realtà stai facendo solo un range di movimento davvero ridotto. Così influisci male sul tuo corpo. Alcuni esperti mi hanno detto che molti ciclisti professionisti finiranno con problemi di densità ossea, perché semplicemente non corrono né camminano mai».

Un’affermazione del genere non poteva passare inosservata. Il rapporto fra corsa a piedi e in bici, che pure hanno tanto in comune al punto da essere unite da discipline multisportive come duathlon e triathlon, spesso è stato visto in antitesi da preparatori e diesse, ma è ancora così? In fin dei conti sono tanti i pro’ che, anche solo per una sgambatina per scaricare la tensione, effettuano uscite di corsa a piedi. Anche al Tour de France non mancano esempi di protagonisti che iniziano la giornata con una mezzoretta di corsa su strada, Roglic in testa.

Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana, ritiene la corsa a piedi un ottimo compendio aerobico per il ciclismo
Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana, ritiene la corsa a piedi un ottimo compendio aerobico per il ciclismo

Ciclismo e corsa, sport fratelli

Come la pensano oggi coloro che sono chiamati a impostare l’allenamento degli atleti? Abbiamo sottoposto le riflessioni di Woods a Giacomo Notari, preparatore dell’Astana.

«Il canadese ha complessivamente ragione – dice – considerando che si tratta di due movimenti legati all’endurance e quindi che influiscono molto sul sistema cardiovascolare, ma molto diversi fra loro. Il ciclismo ha un movimento ciclico, quello pedestre ha un forte impatto sul terreno, ripetuto. Diciamo che si compendiano, anzi si può dire che il ciclismo sia per certi versi ancor più utile al corridore a piedi del contrario».

Perché?

La storia di Woods è già esemplare in tal senso: chi subisce un infortunio nella corsa, riprende a fare attività fisica attraverso discipline come il nuoto e il ciclismo che permettono di allenare il fisico a livello cardiovascolare in assenza di peso, senza traumi impattanti col terreno. Come detto prima, si tratta di due specialità endurance che aiutano e incrementano le qualità aerobiche.

Woods Tour 2022
Michael Woods, in gara al Tour, non ha mai dimenticato le sue radici nell’atletica
Woods Tour 2022
Michael Woods, in gara al Tour, non ha mai dimenticato le sue radici nell’atletica
E’ pur vero però che la corsa è sempre stata vista poco favorevolmente nel mondo ciclistico…

E’ qualcosa che è andato cambiando negli ultimi anni con l’affermazione sempre più diffusa della multidisciplina. Se guardiamo a mezzo secolo fa è vero, le tabelle di allora non prevedevano la corsa perché si pensava facesse male andando a inficiare la ciclicità del movimento, ma non è più così. Ormai ogni preparatore la giudica una specialità complementare, sicuramente necessaria per chi fa ciclocross, ma utile anche per chi è concentrato sulla strada.

C’è da fare una distinzione nel suo utilizzo in base al periodo?

Direi di sì. La preparazione invernale ad esempio è andata molto cambiando nel tempo, prevede palestra e anche corsa a piedi quando invece una volta si lavorava prevalentemente in bici. D’estate nel pieno dell’attività si usa meno, ma molti preferiscono al mattino fare leggere uscite per riattivare il metabolismo. Van Aert ad esempio è uno di questi. Va sottolineato poi il fatto che si tratta di atleti che hanno anche una certa predisposizione per gli sport di endurance nel loro complesso. Lo stesso belga è comunque uno capace di correre la mezza maratona a un ritmo di 4’ al chilometro che non è da tutti (nella foto di apertura Adam Yates alla Maratona di Barcellona, chiusa in 2h58’46”, ndr). Molto c’entra anche la provenienza geografica.

Van Aert corsa 2022
Wout Van Aert a Livigno: la corsa a piedi fa parte del suo programma di allenamento da sempre
Van Aert corsa 2022
Wout Van Aert a Livigno: la corsa a piedi fa parte del suo programma di allenamento da sempre
In che senso?

Chi viene da un Paese freddo come Olanda o Belgio d’inverno ha buoni vantaggi nell’abbinare alle uscite in bici quelle sostitutive a piedi, perché in tal modo si riesce a fare meno fatica considerando la temperatura e si ha comunque la base aerobica di cui si ha bisogno nel quadro complessivo della preparazione. Per i mediterranei il discorso è diverso: in Spagna il clima è sempre favorevole, tanto è vero che le squadre prevedono ritiri quasi tutti i mesi in loco.

Ci sono controindicazioni?

E’ importante che la corsa a piedi sia qualcosa di naturale, che “appartenga” al corridore come nel caso di Woods. Iniziare dall’oggi al domani significa andare incontro ad almeno due settimane di indolenzimento muscolare che non fa bene a chi pretica attività ciclistica. Se invece è qualcosa di connaturato, di normale, allora non ci sono problemi. Tornando al paragone col passato, bisogna dire che le nuove generazioni sono nate nello spirito della multidisciplina, quindi la corsa fa già parte della loro cultura sportiva. A maggior ragione se praticano specialità offroad come il ciclocross o la mountain bike, dove l’attività a piedi è parte integrante della disciplina. Ma su questo tema io andrei anche oltre.

Boaro 2022
Manuele Boaro è uno dei ciclisti italiani che ha sempre praticato la corsa su strada
boaro 2022
Manuele Boaro è uno dei ciclisti italiani che ha sempre praticato la corsa su strada
Ossia?

Nel caso dei bambini bisogna spingerli a fare la gamma più ampia di sport per accrescere il loro background motorio e sviluppare qualità diverse. Quando si entra nell’età adolescenziale si comincia a fare attività specifica, ossia a individuare quali saranno le specialità più adatte, ma io personalmente sono contrario a concentrare ragazzi di 13-14 su una sola specialità. Avranno tutto il tempo.

Tu che vivi nell’ambiente, ci sono esempi anche in Italia di ciclisti che fanno anche attività di corsa?

Sì, Boaro è uno fra questi. Sicuramente però – e parlo anche in relazione a quel che vedo nel mio team – per i corridori stranieri l’uscita di corsa a piedi è cosa normale, noi siamo ancora un po’ figli di una concezione antica, che piano piano si va sradicando.

Storia di Woods, l’uomo forgiato dal dolore

24.06.2022
6 min
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La Route de l’Occitanie, chiusa con la vittoria di Bonifazio nell’ultima tappa, ha premiato Michael Woods, il canadese che a 35 anni ha conquistato così la sua prima corsa a tappe dopo una carriera a essere descritto come uno specialista delle corse in linea, delle classiche nello specifico. Woods sta preparando il Tour de France, nel quale sarà in una compagine di “vecchietti terribili”, da Fuglsang a Froome, alla ricerca di squilli più che mai necessari, perché la Israel Premier Tech è in piena lotta per non retrocedere. Il WorldTour del prossimo anno avrà ugualmente 18 licenze, ma per l’ammissione faranno fede i punteggi. Si potrà perdere il titolo a vantaggio di team professional che ne avranno conseguiti di più, con evidenti ripercussioni su budget e sponsor.

Il canadese in proposito non ha mai perso il suo ottimismo: «Abbiamo gente davvero forte, se siamo in questa situazione è colpa solamente della sfortuna. Ora però il vento sta girando dalla nostra parte, vedi i risultati di Impey in Svizzera o dello stesso Fuglsang. C’è quindi da essere ottimisti, al Tour faremo bene».

Woods Tokyo 2021
Woods a Tokyo, dove perse la volata per il podio contro Van Aert e Pogacar. Ci riproverà a Parigi 2024
Woods Tokyo 2021
Woods a Tokyo, dove perse la volata per il podio contro Van Aert e Pogacar. Ci riproverà a Parigi 2024

In atletica è ancora un nome…

Relegare il successo ottenuto in Francia a una delle tante vittorie che ogni settimana il mondo ciclistico offre agli appassionati è però troppo poco, perché dietro quel successo c’è una storia fatta di sacrifici, di riscatto dai colpi della vita, per alcuni versi anche originale. Perché Michael Woods non è un personaggio come gli altri.

Pochi sanno ad esempio che da 17 anni Woods detiene ancora il record nazionale juniores del miglio, ben sotto il famoso muro dei 4 minuti (3’57”48 per la precisione). Già, perché inizialmente il ciclista di Toronto non era… un ciclista.

«L’atletica è sempre stato il mio grande amore», ha raccontato nello scorso inverno a una troupe giunta appositamente dal Canada nella sua residenza ad Andorra. «Nel 2005 quel tempo mi permise di entrare nella Top 50 mondiale dei 1.500 metri, ma soprattutto di guadagnarmi una borsa di studio per l’università dello Utah. Avevo una carriera davanti e sognavo di competere per il Canada a Pechino 2008, ma le cose andarono diversamente».

Woods corsa
2005, Woods trionfa ai Giochi Panamericani junior sui 1.500 metri (foto Tyler Brownbridge)
Woods corsa
2005, Woods trionfa ai Giochi Panamericani junior sui 1.500 metri (foto Tyler Brownbridge)

Un altro sogno in frantumi

La sua carriera infatti ha una brusca interruzione quando Michael si rompe un piede. La sentenza dei medici è implacabile: ben difficilmente riuscirà a riprendere i livelli di prima, troppo stress per il suo arto. Per lui è una doccia fredda, dopo che da bambino aveva già dovuto mettere da parte il suo primo amore sportivo, che per un canadese non potrebbe essere altro che l’hockey su ghiaccio. Troppo gracile avevano detto, ma almeno aveva trovato qualcosa per tirarsi su…

Il destino a volte prende vie tortuose. Nel cammino di rieducazione Woods inizia ad andare in bici, il movimento ciclico della pedalata aiuta l’articolazione e col tempo non solo migliora la situazione fisica, ma sente crescere dentro di sé anche la passione. In fin dei conti – pensa – non sono poi tanti i campioni canadesi in questo sport, c’è stato Bauer, poi Hesjedal, ma potrebbe essere una strada giusta per arrivare dove voglio, ossia alle Olimpiadi

Woods figlio
Michael Woods con il piccolo Willy, nato dopo Tokyo 2021 (foto David Powell/Rouleur)
Woods figlio
Michael Woods con il piccolo Willy, nato dopo Tokyo 2021 (foto David Powell/Rouleur)

La rinascita dal dolore estremo

Woods fa il suo esordio tra i pro’ in una squadra continental nel 2013, a 27 anni e ripensandoci viene da ridere, considerando come nel ciclismo attuale sei considerato “vecchio” neanche passata la soglia degli under 23. Fa subito vedere di che pasta è fatto, tanto che nel 2016 viene ingaggiato dalla Cannondale-Drapac e si dimostra subito corridore molto adatto a certi tipi di corse in linea, quelle mosse dove scompaginare le tattiche altrui oppure nelle tappe. Nel 2017 finisce 7° alla Vuelta, l’anno dopo è secondo a Liegi e terzo ai mondiali, in quello che è l’anno più bello e nel contempo più brutto.

Dopo pochi giorni dalla sua nascita, il primo figlio Hunter muore e la coppia di genitori è attonita. Non c’è tempo per il ciclismo, c’è da condividere un dolore: Michael e sua moglie vivono giorni, settimane in continua altalena, ma parlando, confrontandosi si fanno forza l’un l’altro e pian piano iniziano a ricostruire le fondamenta della famiglia.

Woods Tour 2021
Il 35enne di Toronto ha già vestito la maglia a pois nel 2021, ma ora vuole portarla a Parigi
Woods Tour 2021
Il 35enne di Toronto ha già vestito la maglia a pois nel 2021, ma ora vuole portarla a Parigi

La famiglia prima di tutto

Di fronte a ciò, anche la frattura del femore del 2020 sembra uno scherzo: «In questi anni – dice – attraverso colpi così duri ho accresciuto la mia resilienza e questo si ripercuote anche nella mia attività ciclistica, perché faticare mi fa ancora meno paura».

Anche il lockdown non lo ferma anche perché la famiglia comincia a popolarsi. Nel gennaio 2020 è arrivata Maxine e nel 2021 tocca a Willy. I tempi del suo arrivo avevano messo in pericolo la partecipazione a Tokyo, il coronamento del suo sogno olimpico, ma conoscendolo sua moglie Elly gli aveva dato il permesso di partire. Appena chiusa la corsa, quinto a un passo dal podio, Woods è ripartito e ha rinunciato alla Vuelta per stare vicino a sua moglie.

Oggi Woods è un uomo nuovo, ma non è assolutamente appagato e i suoi risultati dipendono da questo. Intanto vuole con tutte le sue forze correre a Parigi 2024, anzi vuole vincere quella medaglia sfuggitagli un anno fa per imitare Steve Bauer che fu argento a Los Angeles 1984. Poi vuole essere il primo canadese a conquistare una Monumento e magari anche il primo a vincere la maglia a pois al Tour. Tutti obiettivi che ha sfiorato e che sa essere a portata di mano.

Woods attività
Il canadese con la divisa della sua impresa di abbigliamento per il ciclismo (foto David Powell/Rouleur)
Woods attività
Il canadese con la divisa della sua impresa di abbigliamento per il ciclismo (foto David Powell/Rouleur)

Solamente pedalare fa bene?

Ora il ciclismo lo vede in maniera diversa: «Mi ha insegnato un principio fondamentale: quando cadi, devi rialzarti e questo vale per tutto. Nessuno si offenda però se il mio grande amore resta la corsa. Quando posso, metto le scarpette e vado a correre. Al Tour des Alpes Maritimes dello scorso anno ero in stanza con Vanmarcke: piano piano, senza svegliarlo, mi preparai e andai a correre. So che molti non vedono di buon occhio questa mia attività, ma fa parte di me e non ci rinuncio».

Sul tema Woods ha anche dato una sua interpretazione che merita una riflessione: «Se sei sempre in bici, in realtà stai facendo solo un range di movimento davvero ridotto. Così influisci male sul tuo corpo. Alcuni esperti mi hanno detto che molti ciclisti professionisti finiranno con problemi di densità ossea, perché semplicemente non corrono né camminano mai».

Chiusa la carriera, Woods ha già detto che si dedicherà alla sua fondazione Mile2Marathon, per dare un indirizzo di allenamento a chi vorrà, ma produce anche attrezzatura per ciclisti e ha anche un altro intento: quello di promuovere il ciclismo fra i bambini e trasmettere gli insegnamenti che ha appreso grazie a quelle strane due ruote…

Tutta la Liegi in uno sprint. I tre del podio (più uno)

25.04.2021
5 min
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Una Liegi-Bastogne-Liegi da rivivere in un chilometro. L’ultimo. Lo sprint.  In palio un monumento per cinque corridori. Undici côtes, 4.500 metri di dislivello, 260 chilometri e le fiammate della Ineos Grenadiers hanno portato a questo finale.

Lo sprint a cinque. Tra Pogacar, Alaphilippe, Gaudu, Valverde e Woods
Liegi 2021
Pogacar vince la Liegi 2021 allo sprint al colpo di reni

Gaudu, Alaphilippe, Valverde, Woods e Pogacar all’improvviso smettono di collaborare. L’asfalto di Quai des Ardennes, il lungo Mosa che ospita l’arrivo, potrebbe essere tranquillamente il parquet di una pista. Ultime due curve a destra e 800 metri da fare a tutta.

Lo sprint di Pogacar

La Liegi probabilmente per lui vale come una tappa dei Paesi Baschi (con tutto il rispetto per la corsa spagnola, ndr). La pressione o la paura Pogacar non sa neanche dove siano di casa. In un modo o nell’altro all’ultimo chilometro si trova nella migliore posizione, l’ultima. 

L’abbraccio tra Formolo e Pogacar
L’abbraccio tra Formolo e Pogacar

I crampetti avvertiti all’uscita di Boncelles sembrano essere un ricordo. E poi la gamba è più fresca e tutto sommato c’è anche un bel po’ di voglia di riscatto: non aver fatto la Freccia scotta. Scotta perché sa che sta bene. 

Pogacar resta dietro. Quando lo sprint viene lanciato forse perde anche un metro, ma è normale. E’ l’effetto elastico, sono i tempi di reazione. Però prende anche meno aria e infatti risale, accorcia le distanze dal primo, ancora Valverde. Il drappello si apre a ventaglio e lui è il quinto che esce fuori ad un velocità altissima proprio sull’arrivo. Il colpo di reni in rimonta è magistrale.

«E’ incredibile – continua a ripetere Tadej dopo l’arrivo – non ci credo». Ogni tanto lancia degli urletti. Pochi secondi dopo arriva Formolo. Tadej gli dice: «Ho vinto!». I due si abbracciano. Lui ringrazia i compagni e alla fine Roccia gli fa: «Dai che stasera ci mangiamo un super hamburger».

Dopo l’arrivo, il suo capolavoro diventa ancora di più da manuale. Tadej infatti conferma che voleva controllare Alaphilippe, il più pericoloso e ci è riuscito restando ultimo. «Le gambe erano buone. Che dire: sto vivendo il sogno del ciclismo. Adesso un po’ di riposo in famiglia e poi penseremo al Tour de France».

Alaphilippe deluso ma sportivo: «Onore a Pogacar»
Alaphilippe deluso ma sportivo: «Onore a Pogacar»

Alaphilippe pistard

Partiamo da lui. Al triangolo rosso è in testa. Posizione pericolosa, specie con questa andatura quasi da surplace. Il campione del mondo però è furbo. Si stringe alla transenna esterna e punta dritto, va largo e si crea lo spazio per mettersi in coda, dietro di lui un solo corridore. Indovinate quale?

Le gambe sono buone. Non tremano di paura. No, non è da Alaphilippe farsela sotto. E poi con quel gesto ha mostrato lucidità. Adesso non deve far altro che aspettare, aspettare e intuire un decimo prima colui che lancerà lo sprint. E’ in coda e può studiare bene gli avversari. Quel momento arriva. Si muove Valverde e ai 300 metri è il più lesto a rispondere. Spinge, risale, sorpassa… la Liegi è lì. Ma un’ombra lo affianca e al colpo di reni lo sorpassa. E’ secondo. Sbatte i pugni sul manubrio dopo essersi allontano dalle telecamere. Non ci sta. 

«Questa Liegi è la sua corsa stregata – dice una mezz’ora dopo il traguardo il suo diesse Davide Bramati – ma non state qui a farmi tirare fuori di nuovo questi pensieri», aggiunge sconsolato il Brama.

«Chapeau a loro – dice invece Alaphilippe – mi dispiace perché i ragazzi hanno fatto un grandissimo lavoro. Ma uno sprint dopo 260 chilometri si può perdere, sono le gambe che hanno fatto la differenza. Io ho spinto al massimo e ho pensato a fare il mio sprint. Alla fine le mie classiche delle Ardenne sono andate bene, ne ho vinta una e ho fatto un podio. Si è lanciato benissimo Pogacar, non credo di aver anticipato io».

Gaudu dopo l’arrivo non sta nella pelle. Per lui uno dei risultati più importanti da pro’
Gaudu non sta nella pelle. Per lui uno dei risultati più importanti

Un nuovo grande: Gaudu

David Gaudu aveva dato appuntamento ai grandi venerdì. Ci aveva detto che gli piacevano le classiche e che la Liegi era la sua preferita. Ci aveva detto anche che lavorava per il testa a testa con i big in salita. E non ha mancato il rendez-vous.

Alle 16,37 del giorno della Liberazione 2021, il corridore della Groupama-Fdj si è fatto trovare in cima alla Roche aux Faucons con i primi. Per scappare via e diventare definitivamente un big anche lui. Un altro della nuova generazione che avanza.

Nel chilometro finale lui sta nel mezzo. Alla radio gli dicono di controllare Alaphilippe. Ma non è facile. Diciamo la verità, certi sprint devi anche saperli affrontare. Però tutto sommato se ne resta buono dietro. Segue la “massa” e “scopre” di essere anche veloce. E di avere gambe

La mattina è stato l’unico a presentarsi in zona mista ben coperto, senza bici e con le scarpe da ginnastica. Mani incrociate dietro la schiena, faceva finta di essere tranquillo. Era invece serissimo. Ma un punto in più per lui, che ha tenuto botta alla pressione, e per essere stato puntuale!

Woods all’attacco, alla sua sinistra Valverde. Hanno concluso rispettivamente quinto e quarto
Woods all’attacco, alla sua sinistra Valverde. Hanno chiuso quinto e quarto

Onore a Valverde 

Ma anche se volevamo parlare solo dei protagonisti del podio, non possiamo non aggiungerne uno: il quarto, Alejandro Valverde.

Ecco il suo sprint. Il volpone s’incolla alla ruota del più veloce e pericoloso, Alaphilippe. Il problema è che quello è anche una faina, non solo il campione del mondo. Prende larga l’ultima curva e lo fa ritrovare in testa. Allora lo spagnolo fa una buona cosa, ma non la migliore: si mette su un lato, ma quello esterno. Il rettilineo finale infatti gira leggermente verso destra. In pratica difende il lato lungo. Chi lo passa sulla destra dovrà fare meno strada. Ma certo, valle a pensare queste cose dopo 260 chilometri.

Le gambe poi sono quelle che sono. Parte ai 300 metri, lo sprint non è quella di una volta, quindi tanto vale giocarsela lunga. Sogna per 150 metri, rema come un disperato per gli altri 150. Una medaglia di legno sì, ma piena di onore, di orgoglio e di rispetto.

Ragazzi, chapeau: 41 anni oggi. La Liegi gli ha anche cantato la canzoncina degli auguri prima del via. Unzue, team manager della Movistar, dopo l’arrivo, se ne sta da solo in un lato del bus a fare avanti e dietro. Se potesse gli toglierebbe dieci anni e gli rinnoverebbe il contratto per altrettanto tempo.