Van der Poel cannibale nel cross. E ora lo aspetta la Sanremo

07.02.2025
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Mathieu Van der Poel ha letteralmente dominato la stagione del ciclocross, chiudendola con l’ennesimo titolo mondiale, il settimo per la precisione. Il tutto con una superiorità imbarazzante. Ma ora? Ora arriva la strada, le grandi classiche, la Milano-Sanremo che sarà il suo primo grande obiettivo stagionale su asfalto.

Come si presenterà il fuoriclasse olandese? Sarà sempre super competitivo? Gli avversari lo aspetteranno più agguerriti o spaventati? Per capire meglio le dinamiche di questo passaggio dal fango alla strada, abbiamo parlato con Maurizio Fondriest, che vinse la Sanremo nel 1993 e grande conoscitore delle classiche.

Marzo 1993, Maurizio Fondriest vince la Sanremo
Marzo 1993, Maurizio Fondriest vince la Sanremo
Maurizio, Van der Poel arriva dalla stagione devastante e trionfante del cross, come gestirà questo passaggio?

Ormai si conosce bene e sa come affrontare la transizione. Da diversi anni segue questo schema, quindi il suo allenatore e il suo staff riescono a programmare il periodo di stacco e la ripresa in maniera ottimale. Il ciclocross e la strada vanno quasi a braccetto per lui: gli sforzi violenti del cross gli tornano utili nelle classiche, e non per questo trascura il lavoro di fondo e il volume nei periodi giusti.

Ma lo può fare perché è Van der Poel? Cioè perché è più forte degli altri?

Sicuramente perché è forte e quando sei così forte a correre ti diverti, ma anche perché ormai come detto si conosce e sa gestirsi.

L’anno scorso la sua prima gara è stata la Classicissima ed è sembrato brillante, ma non brillantissimo. Sul Poggio non fece la differenza come alla Sanremo dell’anno precedente, quando veniva da Strade Bianche e Tirreno: quest’anno sarà diverso?

Lo scorso anno ha avuto un avvicinamento simile e, anche se non era straripante come nel 2023 quando vinse, arrivò comunque davanti. Non possiamo sapere se fosse al top o meno, anche perché lavorò per Jasper Philipsen.

Un momento chiave della passata Sanremo. Giù dal Poggio Philipsen dice che è poco dietro a VdP. Lui lo aspetta, gli tira la volata e Jasper vince la Classicissima
Un momento chiave della passata Sanremo. Giù dal Poggio Philipsen dice che è poco dietro a VdP. Lui lo aspetta, gli tira la volata e Jasper vince la Classicissima
E hai toccato un tasto centrale: la convivenza con Philipsen…

Se avesse corso per vincere, probabilmente sarebbe stato uno degli ultimi a resistere in testa con Pogacar o magari sarebbe arrivato da solo. Quest’anno vedremo che strategia adotteranno: se la Alpecin-Deceuninck punterà su di lui o ancora su Philipsen. Quelle poi sono scelte di squadra. Una cosa è certa: se resterà davanti con Pogacar e non rientrerà nessuno da dietro, può provare a vincere di nuovo.

Magari quest’anno vuol tornare a vincere…

Van der Poel ha vinto Amstel, Fiandre, Roubaix, Sanremo. Quindi ha già vinto tutte le classiche che sono alla sua portata. Gli manca la Liegi, che potrebbe essere un po’ troppo dura, anche se ci si è già piazzato bene. Questo per dire che la sua concretezza lo porta a concentrarsi sulle corse in cui sa di poter vincere.

Forse, Maurizio, è così dura anche per gli interpreti che si è ritrovato. Magari in un’altra epoca avrebbe avuto vita più facile anche alla Doyenne…

L’anno scorso è arrivato terzo nel gruppetto subito dietro Pogacar, quindi senza alcuni di quei corridori potrebbe anche riuscire a vincerla. Il Lombardia invece sembra davvero fuori dalle sue caratteristiche. Per lui conta puntare sulle corse in cui sa di poter fare la differenza. Pensiamo al mondiale: quest’anno il percorso su strada è troppo duro per lui, quindi punta su quello di mountain bike. E se lo vincesse, gli mancherebbero solo le Olimpiadi per completare un palmares straordinario. La sua polivalenza gli permette di scegliere gli obiettivi più adatti e massimizzare il rendimento nelle discipline in cui eccelle.

La Sanremo come prima corsa non è un rischio, anche per uno come lui? Posto che poi quest’anno, forse memore di quanto accaduto l’anno passato ha detto di voler prendere parte alla Tirreno o alla Parigi-Nizza…

Non più di tanto è un rischio. Van der Poel ha già corso gare di ciclocross fino a poche settimane prima, quindi gli sforzi violenti non gli mancano. Il volume lo sta costruendo ora con allenamenti specifici, magari anche dietro moto o con il team. La Sanremo è una corsa che si decide nel finale con uno sforzo esplosivo e quello lui lo ha già nelle gambe.

Come sostiene Fondriest, l’olandese ha effettuato delle distanze anche durante la stagione del cross. Eccolo in Spagna a pochi giorni dall’ultimo iride (foto Instagram)
Come sostiene Fondriest, l’olandese ha effettuato delle distanze anche durante la stagione del cross. Eccolo in Spagna a pochi giorni dall’ultimo iride (foto Instagram)
Come si affronta mentalmente un passaggio così netto dal cross alla strada?

Quando hai una superiorità così marcata nel cross, gareggiare diventa un divertimento, come detto. L’attenzione e la pressione sono minori, anche se l’impegno resta massimo. Avere questa consapevolezza aiuta a rendere meglio in corsa, come si è visto nei suoi risultati. Se sai di essere superiore e hai una squadra forte, corri più sereno e questo fa la differenza.

Insomma, sembra quasi che Van der Poel abbia fatto una preparazione al contrario: prima l’intensità, poi il volume?

Non è proprio così. Lui le distanze le avrà fatte sicuramente anche durante il cross. In più faceva quegli sforzi violenti in gara. E comunque anche nei mesi invernali io stesso facevo intensità, la facevo con lo sci di fondo già da dicembre. Oggi si sa che non serve fare solo volume, ma bisogna bilanciare le due componenti. Van der Poel non ha certo problemi di intensità e la Sanremo ci darà conferma del suo stato di forma.

Insomma, Maurizio, Van der Poel sarà pronto per la Sanremo?

Non sarà pronto, sarà super.

Van der Poel fa sette, Agostinacchio ci regala un’impresa

02.02.2025
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Finisce che nel giorno in cui tutti attendevano Van der Poel e Van Aert, il ricordo più bello dei mondiali di Leivin ha lo sguardo allegro, commosso e anche divertito di Mattia Agostinacchio, campione del mondo juniores di ciclocross, già campione d’Europa. E se la gara dei grandi ha confermato un copione così prevedibile da non essere particolarmente emozionante (per i non olandesi e i non tifosi di Van der Poel), la rincorsa dell’azzurro al titolo mondiale è stata rocambolesca come si addice a un’impresa.

«Sono partito anche bene – dice Agostinacchio sorridendo – direi in seconda posizione. Poi però me ne sono successe di tutti i colori, pur consapevole, avendo visto il percorso, che non si dovesse commettere il minimo errore. Ho rotto una scarpa. Mi si è abbassata la punta della sella. Ho bucato due volte. Però non ho mai mollato. E quando ho visto che all’inizio dell’ultimo giro avevo 10-15 secondi dal francese, mi sono detto: adesso o mai più».

Le ultime gare di Coppa non erano state il massimo per Agostinacchio: l’emozione ora è fortissima
Le ultime gare di Coppa non erano state il massimo per Agostinacchio: l’emozione ora è fortissima

Le parole di Pontoni

Questa è la storia di un giorno che Agostinacchio farà fatica a dimenticare, venuto dopo la delusione per la Coppa del mondo sfumata in extremis. Ma Pontoni ci aveva visto lungo, prevedendo che quella rabbia sarebbe stata benzina sul fuoco per il giorno di Lievin.

«Con Daniele ho un buonissimo rapporto – va avanti Agostinacchio – ed è capitato più di una volta che mi abbia ricordato i miei valori, anche quando ero io il primo a dimenticarli. Ero molto dispiaciuto per la Coppa, ma dentro di me sapevo che la forma continuasse a essere buona. C’è voluto un giorno per mandare via la delusione, poi ho spazzato via tutto e ho messo la testa sul mondiale».

Il fango ha reso le rampe più ripide scivolose e poco pedalabili: Agostinacchio non ama queste condizioni
Il fango ha reso le rampe più ripide scivolose e poco pedalabili: Agostinacchio non ama queste condizioni

L’ultimo giro a tutta

Peccato per la brutta sorpresa quando, arrivato in questo spicchio di Francia al confine con il Belgio, si è reso conto che il percorso disegnato dai francesi non gli piacesse neanche un po’ e ancor meno gli andava a genio il fango.

«I primi giri che vi abbiamo fatto sopra – sorride Agostinacchio – non mi hanno dato sensazioni buonissime, perché il fango non mi piace proprio. Però era quello e lo abbiamo affrontato, con le scelte tecniche che avevamo deciso alla vigilia e senza cambiare nulla per il giorno di gara. Se cambi proprio il giorno del mondiale, rischi di combinare dei disastri. Quando siamo arrivati all’ultimo giro e ho deciso di attaccare il francese, non mi sono messo a pensare a un punto in particolare. Si doveva fare la differenza su ogni metro. Per cui, quando l’ho preso e poi l’ho staccato, non mi sono più voltato sino alla fine. I francesi mi sono simpatici, anche quelli con cui mi trovo a lottare. In realtà credo di avere buoni rapporti con tutti…».

Oltre la sofferenza

E’ stata la gara più combattuta, ben più di quella degli elite. Il cittì Pontoni è d’accordo e tira le somme, dicendosi soddisfatto e fregandosi le mani per il domani che ci attende e anche per il dopodomani. Gli accenniamo le parole di Mattia sul suo ruolo di fine psicologo.

«A volte Mattia – dice Pontoni – ha bisogno di supporto psicologico più che del resto. Ha gambe e tecnica da vendere. Solo che come i grandi campioni, si spaventa e ha paura di essere giudicato dall’esterno. Va stimolato, anche se oggi c’erano poche cose che potevi dirgli. Sapevo che dovevamo crederci fino in fondo, perché aveva fatto la stessa rimonta a Zonhoven. Non ha ancora 18 anni, ma ha una qualità rara. Quando arriva al limite, riesce a varcarlo per i secondi necessari a fare la differenza. Oggi all’inizio dell’ultimo giro ha visto il fondo del barile, era ormai al buio, ma è riuscito ad andare oltre, aprendosi un portone. Oltre a lui, sono andati bene tutti gli altri. Grigolini, ma anche Pezzo Rosola che senza la caduta sarebbe finito nei cinque, al pari di Giorgia Pellizotti che era da medaglia. Grande gara anche di Viezzi, che al primo anno mi ha davvero colpito e bellissimo il Team Relay, specialità che mi piace tantissimo. Riparto soddisfatto, grato al mio staff, al team performance e alla presenza del presidente Dagnoni e di Roberto Amadio. Ci ha fatto piacere averli con noi e sono stati uno stimolo ulteriore».

Le chiavi del successo

Quando ha tagliato la linea di arrivo e anche ora che ci stiamo parlando, la sensazione è che Mattia Agostinacchio, 17 enne di Aosta, non si sia reso conto di cosa abbia combinato. Pur avendo vinto già il campionato europeo e avendo quasi portato a casa la Coppa del mondo, il mondiale è un obiettivo così alto da far tremare le gambe.

«Se tre mesi fa mi avessero detto dove sarei arrivato – ammette con un sorriso – non ci avrei creduto. Penso che la chiave di volta siano stati la maturazione atletica e gli allenamenti, ma da qui a pensare che avrei vinto il mondiale, il passo è lungo. Per questo faccio fatica a dire a cosa pensassi tagliando il traguardo e nemmeno mi ricordo chi sia stata la prima persona che ho visto. C’era tutto lo staff. Poi ricordo di aver salutato mio padre, che era qui a Lievin, ho chiamato mia madre e mio fratello che non sono potuti venire. Ho chiamato il mio procuratore. Sul podio ero emozionato, ma c’è una foto con la mano sugli occhi in cui stavo ridendo, non piangevo. Adesso però si torna a casa. Domani lo passo tutto nel letto a dormire. Poi mi riposo e solo poi penserò alla stagione su strada con la Trevigliese. Una cosa per volta, però. Oggi ho vinto il mondiale di ciclocross».

La tecnologia Pirelli per Van der Poel e compagni

21.01.2025
4 min
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Nei giorni scorsi Pirelli ha ufficializzato una nuova partnership tecnica davvero prestigiosa. A partire dal 2025 e per i prossimi quattro anni la Alpecin-Deceuninck correrà con pneumatici Pirelli. La partnership consolida la presenza di Pirelli nel WorldTour e in Coppa del Mondo XCO e sarà propedeutica all’ulteriore sviluppo delle linee di coperture da bici da parte della stessa Pirelli.

Su strada i corridori della Alpecin-Deceuninck useranno il modello P ZERO Race TLS RS
Su strada i corridori della Alpecin-Deceuninck useranno il modello P ZERO Race TLS RS

Parla VdP

La Alpecin-Deceuninck ha nel suo organico diversi campioni del calibro di Jasper Philipsen, il vincitore dell’ultima Milano-Sanremo. E’ indiscutibile però che l’atleta di riferimento del team olandese sia Mathieu Van der Poel. L’ex campione del mondo di Glasgow 2023 si è espresso con queste parole in merito al fatto che da quest’anno potrà contare sulla qualità delle coperture Pirelli, soprattutto dopo aver avuto l’opportunità di provare le P ZERO Race TLR RS durante il recente training camp in Spagna da parte del suo team. 

«Mi piacciono molto questi pneumatici. Li ho testati un po’ qui in Spagna e offrono un’ottima aderenza, soprattutto su queste strade che, in particolare la mattina, possono essere scivolose. Mi sento sempre in pieno controllo del mezzo, il che è fantastico».

Van der Poel e compagni hanno avuto modo di testare i copertoni Pirelli durante l’ultimo training camp
Van der Poel e compagni hanno avuto modo di testare i copertoni Pirelli durante l’ultimo training camp

Per ogni tipo di gara

Le parole di Van der Poel offrono lo spunto per parlare delle coperture Pirelli che verranno utilizzate in allenamento e in gara dagli atleti della Alpecin-Deceuninck. Per le prove su strada avranno a disposizione i P ZERO Race TLR RS, i pneumatici tubeless ready Made in Italy, dedicati al racing, al vertice della gamma Pirelli per prestazioni di alto profilo. Per le prove più dure, come le Classiche del Nord o la Strade Bianche, potranno contare sulle “All-round” P ZERO Race TLR, e sulla famiglia di pneumatici Cinturato Gravel per le competizioni offroad. 

Lasciando per un attimo la strada e il gravel, segnaliamo che per le gare di Cross Country Olimpico e Cross Country Short Track, Pirelli metterà a disposizione dei propri atleti la linea MTB Scorpion XC, disponibile in diverse varianti e profili.

VdP per le gare gravel, nel quale è campione del mondo in carica, correrà con il copertone Cinturato Gravel
VdP per le gare gravel, nel quale è campione del mondo in carica, correrà con il copertone Cinturato Gravel

La parola a Pirelli

Samuele Bressan, Global Marketing Manager di Pirelli Cycling, ha così commentato il recente accordo con la Alpecin-Deceuninck. «Pirelli prosegue il suo percorso di crescita nel mondo delle competizioni ciclistiche di altissimo profilo – ha detto – affiancando un’altra squadra del circuito World Tour. Alpecin-Deceuninck è un team di grande caratura e ambizioni, che ha rivoluzionato l’approccio alla multidisciplinarietà facendone, per prima, una filosofia di squadra. Questo per noi è altrettanto importante dei risultati sportivi, perché ci pone in condizione di sviluppare il prodotto in tutte le discipline e con atleti dalla sensibilità tecnica spiccata e ampia. Dalla strada all’offroad, che sia gravel o mtb, collaboriamo con i tecnici, i meccanici e tutti gli atleti dei team, ad ogni livello, con l’obbiettivo di offrire a loro e di conseguenza a tutti gli appassionati di ciclismo, gomme sempre più performanti». 

Ecco invece le prime dichiarazioni di Philip Roodhooft, General Manager della Alpecin-Deceuninck:  «Siamo orgogliosi di collaborare con Pirelli. Il nostro dipartimento tecnico ha mostrato grande entusiasmo dopo i primi test dei pneumatici, un entusiasmo che è stato successivamente confermato anche dagli atleti. La qualità del prodotto è stato l’elemento chiave, ma è chiaro che anche la portata globale e la solida reputazione di Pirelli come marchio hanno giocato un ruolo importante nella nostra scelta. Siamo convinti che Pirelli possa non solo aiutarci a mantenere le eccellenti prestazioni degli ultimi anni, ma anche contribuire al continuo miglioramento a cui puntiamo ogni giorno».

Pirelli

Van der Poel e l’iride in Mtb. Per Braidot ce la può fare

18.01.2025
5 min
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Mathieu van der Poel è un campione poliedrico come pochi altri nella storia del ciclismo. L’asso olandese ha già messo in bacheca sei titoli mondiali di ciclocross, un mondiale gravel, uno su strada e innumerevoli altre vittorie. Tuttavia, manca ancora qualcosa nella sua bacheca: il titolo mondiale di mountain bike. «Se potessi scegliere – ha dichiarato a Sporza – vorrei diventare campione del mondo di mountain bike quest’anno. Non ci sono ancora riuscito e l’idea continua ad essere presente nella mia mente e questo potrebbe essere un anno ideale».

Per approfondire le possibilità del campione olandese in questa disciplina, abbiamo parlato con Luca Braidot, il miglior biker italiano. Con la sua esperienza, Braidot ci ha offerto una prospettiva privilegiata sulle incursioni dei campioni della strada nel mondo della mountain bike e soprattutto sulle chance di Van der Poel di conquistare il titolo iridato a Crans Montana, in Svizzera.

L’ultima apparizione di Van der Poel risale a Nove Mesto, maggio 2021 (foto AP)
L’ultima apparizione di Van der Poel risale a Nove Mesto, maggio 2021 (foto AP)
Luca, prima di tutto come stai? Come inizia questa stagione?

Al netto di questa influenza sto bene. Ho fatto un primo ritiro a dicembre in Spagna e tra poco partirò per il secondo ritiro col team. La preparazione sta andando bene e ci saranno un po’ di novità per l’anno prossimo, sia a livello di team sia di calendario. Direi che sta andando tutto per il meglio.

La scorsa stagione hai puntato sull’Olimpiade. Quest’anno la preparazione è diversa?

Sì, l’anno scorso la stagione è stata impostata sull’Olimpiade, quindi ho sacrificato la prima parte per essere sicuro di esserci nel momento giusto. E spesso puntavo a singoli obiettivi. Quest’anno invece voglio provare a fare classifica in Coppa del Mondo, quindi cercherò di essere il più costante possibile durante tutto l’anno. È qualcosa di nuovo per me, ma mi stimola molto.

Come vedi le incursioni di campioni della strada nel mondo della mountain bike?

Aiutano molto il movimento. Non sono semplici stradisti, sono tra i migliori ciclisti al mondo. Pidcock, ad esempio, è un atleta importantissimo e averlo nelle nostre gare è un grande vantaggio per tutto il movimento. Lo stesso vale per Van der Poel, che è uno dei ciclisti che rimarrà per sempre nella storia.

A Parigi, Luca Braidot ha ottenuto il 4° posto, con una gara di rimonta dopo una foratura
A Parigi, Luca Braidot ha ottenuto il 4° posto, con una gara di rimonta dopo una foratura
Hai avuto modo di gareggiare contro Van der Poel in mountain bike: da biker esperto come lo vedi?

È un po’ di anni che non corro contro di lui. Lui manca dalla mtb da diverso tempo. A Tokyo se non sbaglio ha fatto la sua ultima apparizione e la sua ultima stagione completa in mountain bike risale al 2019. In quell’anno era già fortissimo e oggi è uno dei migliori ciclisti di sempre. Che dire: Van der Poel va forte e anche tecnicamente sa guidare. Gli stradisti di quel calibro sono soprattutto forti fisicamente: hanno a disposizione strutture importanti alle spalle, grazie a team WorldTour che sono molto più strutturati dei nostri. In più possono fare corse importanti e questo li porta ad un livello atletico molto elevato.

Luca, ma vista l’evoluzione che c’è nella mtb e da quanto tempo Van der Poel manca dalla mtb, è davvero possibile per lui vincere il mondiale?

Per me sì. Se uno come lui decide di puntare al mondiale di mountain bike, sicuramente sarà tra gli uomini da battere. Se Mathieu dice che vuole provarci, allora è fattibile. È un talento indiscusso e se si dedica alla disciplina, avrà sicuramente le sue chance. Certo, la mountain bike è in continua evoluzione: materiali, percorsi, tecnica… Ma se si prepara con costanza può farcela. E come dicevo ha strutture importanti alle spalle, sono supportati alla grande. In più immagino che se deciderà di fare il mondiale, farà anche qualche gara di Coppa.

Cosa pensi del percorso del mondiale a Crans-Montana? E’ adatto alle sue caratteristiche. Per dire un tracciato come Andorra, con quella lunga salita, lo sarebbe stato di sicuro…

Abbiamo corso a Crans Montana l’anno scorso per la prima volta, ma con condizioni climatiche estreme: c’era tantissimo fango. È difficile dire come sarebbe con l’asciutto, ma in generale mi sembra un percorso abbastanza semplice a livello tecnico, salvo un paio di sezioni artificiali più complicate. Se fosse asciutto, potrebbe avvantaggiare un atleta polivalente come Van der Poel.

A Tokyo finì così per l’olandese: pochi minuti di gara e un mal di schiena che si protrasse per mesi. Anche per quel motivo si allontanò dalla mtb (foto UCI MTB SwPix)
A Tokyo finì così per l’olandese: pochi minuti di gara e un mal di schiena che si protrasse per mesi. Anche per quel motivo si allontanò dalla mtb (foto UCI MTB SwPix)
Prima Luca hai accennato alle differenze atletiche con grandi atleti della strada, però sul fronte tecnico, magari voi biker puri avete qualcosa in più. E’ così?

Come dicevo la grande differenza è nella preparazione. L’inizio della Coppa del mondo, per dire, coincide col termine delle grandi classiche e loro ci arrivano con una forma fisica impressionante. Nelle prime gare dell’anno, come a Nove Mesto, sono quasi imbattibili. Più avanti nella stagione, diventano più alla portata. Sì sul tecnico magari perdono qualcosa, ma oggi le bici consentono di fare certi passaggi anche ai bambini e consentono di ridurre questo gap.

Chiaro…

E poi un percorso o un passaggio in un weekend magari lo riprovi 50 volte e alla fine, anche piccoli gap tecnici si annullano o quasi. Ammesso poi che Pidcock abbia difficoltà sul tecnico! Lui ad esempio, è fortissimo anche sul tecnico. E Van der Poel non è troppo da meno.

Però Luca Braidot vendere cara la pelle…

Tutti i biker lo fanno! A Parigi, ad esempio, sono stato molto sfortunato ma sono riuscito a recuperare un grande gap. Mi ero preparato per una gara che credevo sarebbe stata di gruppo, nella quale ci sarebbe stato da limare, ma è andata diversamente. Sono soddisfatto di come ho reagito, e spero di fare ancora meglio quest’anno.

L’occhio di Fontana sul ciclocross: «Non guardate solo VDP…»

16.01.2025
5 min
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La grande rimonta non è andata in porto, per la miseria di 2 secondi. Tanto ha separato Filippo Fontana dalla gloria tricolore e non si può negare che quella rincorsa furiosa resta comunque negli annali, considerando anche la caduta d’inizio gara. Per il portacolori dei Carabinieri resta comunque l’aspetto positivo di una competizione arrivata dopo una stagione di ciclocross molto intermittente, con la perla del successo al GP Guerciotti ma poco altro, perché il ventiquattrenne ha deciso di cambiare impostazione alla sua carriera.

Con Fontana andiamo però un po’ al di là del puro discorso tricolore e facciamo appello alla sua conoscenza dell’ambiente, ancorché maturata in età giovanile, per cominciare a entrare nel clima dei mondiali. Chiaramente Filippo non sa se sarà chiamato a vestire la maglia della nazionale e certamente quei 2” possono anche “scottare” da questo punto di vista, ma il discorso da affrontare è più ampio e riguarda soprattutto l’estero, i campioni con i quali ha avuto modo di confrontarsi negli ultimi anni.

Un Fontana abbastanza accigliato sul podio tricolore di Faé di Oderzo (foto Billiani)
Un Fontana abbastanza accigliato sul podio tricolore di Faé di Oderzo (foto Billiani)

«Anche se ho gareggiato poco, ho seguito molto tutta l’attività – esordisce il corridore trevigiano – e ho visto come tutto sia cambiato quando Van der Poel e poi Van Aert sono entrati nel massimo circuito. Tutti dicono che contro Van der Poel c’è poco da fare, che il mondiale è già assegnato, che non c’è storia e così via. Probabilmente sarà anche vero, ma il ciclocross – come lo sport tutto – insegna che le gare vanno corse».

Tu pensi che l’olandese sia battibile?

In certi casi sì, dipende molto da come sta e da come si evolve la gara, lo abbiamo visto anche in passato. Non è come Pogacar su strada, che ha “ucciso” tante gare nell’ultimo anno. C’è poi un altro aspetto che mi ha colpito.

Van der Poel ha disputato finora 5 gare di ciclocross, vincendole tutte, ma l’ultima è del 29 dicembre
Van der Poel ha disputato finora 5 gare di ciclocross, vincendole tutte, ma l’ultima è del 29 dicembre
Quale?

Si parla sempre e solo di chi vince, ma il ciclocross è diverso. Pensare che chi gareggia in presenza dell’iridato si senta battuto in partenza, sbaglia. Perché quando entri in gara non pensi solo a vincere: ci sono le presenze sul podio, i piazzamenti, i punti, il riscontro mediatico televisivo, il far vedere sulla maglia i marchi degli sponsor. Una gara di ciclocross non si riduce solamente a chi vince. Su strada forse è un po’ diverso, si è più legati alla tradizione.

Questo dipende anche dalle diverse caratteristiche della disciplina?

Sì, nell’offroad in generale le avversità da superare sono tante, può sempre avvenire qualcosa. Ma soprattutto c’è un po’ più considerazione per chi si piazza, per chi sale sul podio, tanto è vero che nella mountain bike sono in 5 a conquistarlo, non 3. Non si corre solo per vincere. Poi è chiaro che, soprattutto in un mondiale, le gerarchie il più delle volte vengono a galla ed è anche giusto così. Il percorso della prossima edizione non lo conosco molto, non sapendo se sarò chiamato in causa, ma è logico considerare l’olandese il netto favorito.

Per Van Aert doppietta di successi a Gullegem e Dendermonde, ma niente mondiali
Per Van Aert doppietta di successi a Gullegem e Dendermonde, ma niente mondiali
I risultati di questa prima parte di stagione ti hanno sorpreso? Ti aspettavi che VDP e Van Aert facessero subito la differenza?

Sì, perché ormai quando un corridore di quella levatura si presenta al via non lo fa mai essendo al 70 per cento della forma, è già abbastanza carico e rodato. Il Van der Poel visto finora, almeno prima degli acciacchi che lo hanno fermato, era all’apice e ha fatto un po’ quello che voleva. Ma l’infortunio fa parte dello sport, rientra in quella casistica di cui parlavo prima. Io dico che per il mondiale sarà di nuovo il riferimento, mi stupirei del contrario.

Van Aert come l’hai visto?

Per lui la situazione era diversa, più difficile dopo gli infortuni patiti. Il fatto che abbia deciso di rinunciare al mondiale non mi stupisce: ne ha vinti 3, uno in più non gli cambierebbe la vita o almeno non gliela cambierebbe come invece centrare uno di quei successi nelle Classiche del Nord che ancora gli manca. Lui va cercando qualcosa di nuovo, che gli è sempre sfuggito. E’ giusto che privilegi la strada. Anch’io nel mio ambito ho fatto una scelta, privilegiando la mountain bike e per questo non faccio ciclocross a tempo pieno, anche perché la stagione di mtb è sempre più lunga.

Per Van der Poel il sogno iridato nella mtb, dove nei grandi eventi titolati ha sempre pagato dazio
Per Van der Poel il sogno iridato nella mtb, dove nei grandi eventi titolati ha sempre pagato dazio
Van der Poel ha detto di voler puntare al titolo mondiale di mtb, per completare il poker mai riuscito a nessuno (strada, ciclocross, gravel e appunto mountain bike). Per te è possibile?

Io la vedo dura. L’olandese ha sì vinto tre prove di Coppa del mondo, ma non sempre la mountain bike gli riesce bene. E macchinoso, ha bisogno di percorsi molto scorrevoli e poco tecnici. In questo caso sì, sarei sorpreso se gli riuscisse.

E Nys, secondo te potrà raggiungere quei livelli?

Non credo, perché parliamo di campioni assoluti che non solo hanno lasciato un’impronta indelebile in questa specialità, ma hanno anche scavato un solco fra loro (e ci metto anche Pidcock assente quest’anno) e gli altri.

Thibau Nys, laureatosi domenica campione nazionale, non sembra ancora al livello dei super big
Thibau Nys, laureatosi domenica campione nazionale, non sembra ancora al livello dei super big
Ti rivedremo più attivo nel ciclocross?

Forse, ma come dicevo il calendario di mountain bike è impegnativo, si finisce a metà ottobre e considerando il necessario stacco si ricomincia con la preparazione a novembre, non resta molto tempo. Ma magari un paio di stagioni più incentrate sull’attività invernale potrei anche farle…

EDITORIALE / Dal cross alla strada, un 2025 di sfide pazzesche

30.12.2024
5 min
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La televisione aiuta, ma non può sostituire l’ebrezza di vederli dal bordo della strada. Lo sanno bene gli appassionati di cross nei Paesi del Nord, che hanno la fortuna di assistere a giorni alterni a sfide esaltanti e rumorose, protagonisti a loro volta dell’esaltazione e del rumore. Lo sanno bene coloro che riescono a raggiungere le tappe dei Giri o il passaggio delle classiche e che magari subito prima li hanno attesi alla partenza, chiedendo una foto e sperimentandone l’umanità. Non lo sa il pubblico da casa, quello selezionato dalle dirette integrali.

La televisione aiuta, ma toglie le voci. Sono come motociclisti privi di battito cardiaco, beniamini o bersagli a seconda dei casi. Il commento dei telecronisti in certi casi è prevaricante, riempie ogni vuoto con osservazioni e battute che rendono la gara uno sfondo variopinto e muto. Potrebbe essere utile a volte abbassarlo e aprire i microfoni delle moto sulla strada per far respirare un po’ di quell’atmosfera che la geografia, i costi, il lavoro o la pigrizia rendono irraggiungibili. Forse il troppo annoia, non le imprese dei più forti. E il protagonismo da valorizzare è quello degli atleti e non di chi li racconta.

Coppa del mondo 2023 a Gavere, sul podio i tre giganti del cross: oggi c’è solo VdP
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Senza Van Aert e Pidcock

Il 2024 va in archivio e lo fa nuovamente nel segno di un dominatore. Van der Poel infatti ha ricominciato a macinare vittorie nel cross e questa volta il predominio è più netto del solito. Cinque vittorie su cinque gare, dal debutto a Zonhoven alla Coppa del mondo di ieri a Besancon. L’assenza di Pidcock e di Van Aert, ciascuno per motivi diversi, rende i suoi assoli meno coinvolgenti? Forse per questo, diversamente da quanto ha fatto nelle prime due esibizioni, il vantaggio con cui Mathieu ha regolato gli inseguitori è sempre rimasto al di sotto dei 30 secondi.

Bart Wellens, che commenta il cross sulle pagine di Het Nieuwsblad, lo spiega con una condizione non ancora eccezionale. L’alternativa è che l’olandese faccia il minimo indispensabile per portare a casa vittorie e ingaggi. A Besancon, classico percorso molto tecnico, Mathieu ha pensato soprattutto a non commettere errori: la battuta che circolava attorno al campo gara è che l’unico che avrebbe potuto seguirlo fosse probabilmente il drone della diretta televisiva.

«Se ci fosse stato al via anche Van Aert – ha commentato il padre Adrie – ci sarebbero stati tremila spettatori in più. La gente in Francia vuole vedere anche nel cross i campioni che hanno vinto tappe al Tour de France. In quel caso sei tenuto in grande considerazione e ti considerano una sorta di divinità del ciclismo».

Per il 2025 Van Aert punta alle grandi classiche: le tappe fanno numero ma pesano meno
Per il 2025 Van Aert punta alle grandi classiche: le tappe fanno numero ma pesano meno

Il duello (per ora) mancato

Ha fatto notizia per motivazioni totalmente differenti anche il ritorno in gara di Wout Van Aert a Loenhout. Per la prima volta da anni, il belga ha corso senza alcun tipo di pressione: ha dato la sensazione di essere tornato in gruppo per divertirsi e provare sensazioni che gli mancavano da tanto. Sarebbe anche arrivato sul podio se il contatto con uno spettatore non lo avesse fatto cadere. Nel cross può succedere anche questo.

Van Aert si è disinteressato del duello con il nemico di sempre (il quale tuttavia non ha lesinato sguardi torvi), consapevole di partire dalla base di un infortunio. A margine di ciò, osservare su Strava la mole di lavoro cui si sta sottoponendo, fa pensare che i suoi obiettivi siano più avanti e che Wout voglia arrivarci nel modo migliore. Forse evitare il confronto nel cross sapendo di essere in inferiorità è il modo migliore per non cominciare la stagione con il solito condizionamento psicologico. Eppure nel suo lottare anche contro l’evidenza abbiamo più volte riconosciuto una nobiltà sportiva fuori dal comune.

Il Tour del 2023, con Vingengaard vincitore, ebbe al via Pogacar reduce da infortunio
Il Tour del 2023, con Vingengaard vincitore, ebbe al via Pogacar reduce da infortunio

La buona stella

Il 2024 va in archivio nel segno dei dominatori e nei commenti sui social pieni della parola “noia”. Perché è noioso assistere alle grandi performance di Van der Poel, come quelle di Pogacar? Perché essere fuoriclasse è improvvisamente una colpa e non una benedizione? Forse la spiegazione di un così marcato predominio deve essere ricercata nell’assenza di rivali credibili. Sono talmente pochi, che se uno o due mancano, lo spettacolo ne risente. Come mandare un peso medio sul ring contro il campione dei massimi.

Quello che bisogna augurarsi per il 2025 è che le grandi sfide abbiano al via tutti i migliori attori. Con Van der Poel, Van Aert, Ganna, Alaphilippe, Milan, Philipsen, Pedersen, Mohoric, Pogacar ed Evenepoel nelle classiche. E poi Pogacar, Vingegaard, Roglic, Evenepoel, O’Connor e Tiberi nelle corse a tappe. A quel punto magari vinceranno sempre gli stessi, però il compito risulterà meno agevole. Il ciclismo si è sempre nutrito di grandi rivalità. Per questo la coppia Van Aert-Van der Poel funziona così bene. E per questo abbiamo tutti sentito la mancanza di Vingegaard nell’ultimo Tour.

Il nostro augurio per la stagione è che una buona stella porti i campioni più forti al via delle gare più belle. Che muova folle di appassionati sulle strade. Che faccia loro riscoprire l’umanità degli atleti. E ispiri a tutti noi che gli lavoriamo accanto un racconto migliore fatto dai campi di gara. I corridori se lo meritano. Sulla strada a fare fatica ci sono soprattutto loro.

Van der Poel vince, Van Aert sorride. Prima sfida a Loenhout

28.12.2024
5 min
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C’è stato da attendere anche più del dovuto per assistere alla sfida tra Van der Poel e Van Aert nel ciclocross, alla fine fissata a Loenhout. I problemi al ginocchio del secondo hanno consigliato una programmazione mirata e posticipata anche più di quella del campione del mondo. Era chiaro che, al momento del via, la differenza fra i due (nella foto di apertura Instagram Alpecin-Deceuninck/Photonews) ci sarebbe stata, sostanziale ed evidente. Eppure alla fine può essere proprio lo sconfitto, Van Aert, a sorridere maggiormente visto com’è andata la sua “prima”.

L’arrivo solitario di Van der Poel, alla sua quarta vittoria stagionale (foto Instagram Alpecin-Deceuninck/Photonews)
L’arrivo solitario di Van der Poel, alla sua quarta vittoria stagionale (foto Instagram Alpecin-Deceuninck/Photonews)

Un’invasione di gente (e pioggia di euro…)

Teatro della sfida, l’Azencross, inserito nel circuito Exact Cross, fuori da quelli principali eppure attesissimo e con la gente assiepata intorno al percorso: «C’erano almeno 25 mila persone – racconta un testimone d’eccezione, il diesse della Fas Airport Services Guerciotti Luca Bramati – e calcolando 25 euro a biglietto significa un’entrata solo da questa voce, per gli organizzatori, di 650 mila euro. A quel punto pagare un ingaggio da sogno a VDP o Van Aert non è poi difficile…».

La cronaca della gara è presto fatta: sin dal via Van Der Poel ha provato a fare la differenza, ma prima uno scatenato Tim Merlier (alla fine lo sprinter della Fenix Deceuninck ha chiuso 9°) e poi soprattutto Laurens Sweeck sono rimasti a contatto con l’olandese, che solo dopo 3 tornate ha fatto la differenza. Un dominio posticipato, che per Bramati ha precise ragioni tecniche.

Il podio finale con l’olandese fra Nys e Sweeck, giunti a 14″ (foto Weldritkrant/Bram Van Lent)
Il podio finale con l’olandese fra Nys e Sweeck, giunti a 14″ (foto Weldritkrant/Bram Van Lent)

Il problema delle gomme

«Si è visto che all’inizio Mathieu era molto nervoso. A un certo punto ha urlato qualcosa ai box, poi è entrato cambiando la bici per poi cambiarla di nuovo e allora se n’è andato. Io ho avuto la sensazione che avesse sbagliato la pressione delle gomme e che quindi non riuscisse a galleggiare. Appena gli hanno dato il giusto assetto, non c’è più stata storia».

La supremazia di Van Der Poel, alla sua quarta vittoria in 4 gare, è schiacciante forse anche più che negli anni scorsi: «Quando ha disputato e vinto la prima gara, ero al fianco di suo padre Adri, mio avversario di tante battaglie e mi diceva che sapeva come per gli altri non c’era storia. Mi ha detto che Mathieu quand’è in piena spinta tocca anche i 2.000 watt nella fase di rilancio, chi può esprimere la stessa potenza? Oggi c’è poco da fare, gran parte delle gare di ciclocross si giocano sulla potenza pura e infatti in questo momento è ciò che fa la differenza fra i due grandi e uno come Nys».

Per Van Aert un esordio molto positivo, al di là delle cadute e dei problemi di guida (foto Visma-Lease a Bike/Corvos)
Per Van Aert un esordio molto positivo, al di là delle cadute e dei problemi di guida (foto Visma-Lease a Bike/Corvos)

Van Aert e le curve legnose

Sul campione europeo, che a Loenhout ha chiuso secondo a 14” dall’olandese, Bramati spende molti elogi: «E’ davvero notevole, lo vedo crescere ogni volta che gareggia. Tecnicamente è già al livello dei due, gli manca la potenza e quella l’acquisisci solo con gli anni. Se continua, credo che li raggiungerà».

Intanto a Loenhout è finito davanti a Van Aert, alla fine quarto a 36” dopo due cadute che hanno inficiato una prestazione sicuramente superiore alle previsioni: «Wout l’ho visto davvero bene, fisicamente è già a un ottimo livello, gli manca naturalmente la dimestichezza del gesto. In curva è particolarmente legnoso, infatti Nys gli guadagnava sempre e le sue due cadute sono avvenute proprio lì. Se in curva perdi anche solo pochissima velocità rispetto a chi ti è vicino, ti ritrovi a dover recuperare metri e perdere quindi energie preziose. E’ evidente che ha grandi margini di miglioramento, ma di gare ne farà poche, meno che il suo rivale».

Il belga, qui nel riscaldamento pregara, dovrebbe disputare altre 4 prove di ciclocross (foto Visma-Lease a Bike)
Il belga, qui nel riscaldamento pregara, dovrebbe disputare altre 4 prove di ciclocross (foto Visma-Lease a Bike)

Sfida mondiale? A una condizione…

Molti dicono che Van Aert lasci una porticina aperta a una partecipazione al mondiale, ma per chi è dell’ambiente è una possibilità molto remota: «Conosciamo bene l’ambiente della Visma-Lease a Bike, è una squadra che programma sempre tutto a lunga scadenza e difficilmente cambia. Wout potrebbe ripensarci solo se davvero si accorgesse che può raggiungere il livello del rivale e batterlo nella gara iridata, ma è un’eventualità che reputo molto difficile che si realizzi».

La nota sorprendente di giornata è stato Sweeck, finito terzo dopo aver speso tantissimo per restare con il vincitore. Anche nelle sue dichiarazioni post gara c’era netta la sensazione di aver voluto provare ad andare oltre i limiti, non sentendosi battuto in partenza contro VDP: «Ci credo poco – sentenzia Bramati – tutti gli altri sanno bene la differenza che c’è, soprattutto come detto a livello di forza pura. Non era tanto Sweeck, che pure è un buon corridore ma nulla più, ad andare oltre i limiti, quanto l’olandese che non trovava l’assetto giusto per esprimersi. Quando tutti i tasselli sono andati al posto giusto non c’è stata più gara».

Tra gli juniores grande prestazione di Patrick Pezzo Rosola, secondo a 5″ dal ceko Krystof Bazant (foto Exact Cross)
Tra gli juniores grande prestazione di Patrick Pezzo Rosola, secondo a 5″ dal ceko Krystof Bazant (foto Exact Cross)

E Viezzi intanto cresce…

Una nota a margine riguarda Stefano Viezzi, unico italiano in gara, finito ventunesimo a 3’47”, uno dei migliori U23 della gara: «E’ stato bravissimo, conferma la mia impressione, che sia l’unico che davvero potrà competere a quei livelli. Ha fatto una scelta azzardata andando a correre e a vivere alla Fenix, ma era necessaria, perché ormai il ciclocross è lì che ha casa. Se si pensa che uno come Sweeck, per me uno dei tanti, guadagna fino a 350 mila euro l’anno, allora si capisce come non ci sia modo di competere e stando alla Guerciotti ne ho la piena consapevolezza, considerando i sacrifici che si fanno per far correre i ragazzi all’estero. E’ tutta una questione di soldi, sono quelli che scavano il solco».

Una stagione da record per Canyon

27.12.2024
4 min
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Gli ultimi giorni di dicembre sono solitamente dedicati a stilare i bilanci dell’anno che si sta concludendo e ad impostare i programmi dell’anno che verrà. Guardando in casa Canyon, l’azienda tedesca non può che ritenersi molto soddisfatta per i risultati sportivi ottenuti in questa stagione. Il 2024 passerà infatti alla storia di Canyon come uno degli anni di maggior successo mai registrati. Grazie a campioni del calibro Mathieu Van der Poel, Jasper Philipsen, Kasia Niewiadoma, Chloé Dygert, Puck Pieterse, Laura Phillip e Patrick Lange, solo per citare i più famosi, sono arrivati 17 titoli mondiali UCI, 2 campionati del mondo Ironman, una vittoria in un grande giro e un oro olimpico. A questi titoli prestigiosi vanno ad aggiungersi oltre 180 vittorie tra strada, cronometro, pista, gravel, cross-country, enduro e downhill.

In sella alla sua Canyon Gravel CFR Mathieu Van Der Poel è diventato campione del mondo in Belgio lo scorso ottobre
In sella alla sua Canyon Gravel CFR Mathieu Van Der Poel è diventato campione del mondo in Belgio lo scorso ottobre

Da Mathieu a Kasia

Il vero mattatore della stagione è stato senza dubbio Mathieu Van de Poel. L’asso olandese ha saputo conquistare la maglia di campione del mondo nel ciclocross e nel gravel. Due successi arrivati rispettivamente sui modelli Inflite CFR e Gravel CFR. Non vanno poi dimenticati i successi alla Parigi-Roubaix e al Fiandre ottenuti in sella alla Aeroad CFR

Un’altra stella nella stagione di Canyon è stata sicuramente Kasia Niewiadoma con la sua vittoria al Tour de France Femmes avec Zwift, ottenuta con la sua Canyon Aeroad CFR.

Uno dei successi più importanti per Canyon è arrivato dal ciclismo femminile con la vittoria del Tour de France da parte di Kasia Niewadona
Uno dei successi più importanti per Canyon è arrivato dal ciclismo femminile con la vittoria del Tour de France da parte di Kasia Niewadona

Padroni della pista

Non sono mancati anche i successi in pista. Chloé Dygert, Jennifer Valente, Lily Williams e Kristen Faulkner del Team USA hanno portato a casa l’oro olimpico nell’inseguimento a squadre femminile. Tobias Aagaard Hansen, Carl-Frederik Bevort, Niklas Larsen e Frederik Rodenberg Madsen della Danimarca hanno vinto i titoli di campione del mondo nell’inseguimento a squadre, nel madison, nella gara a punti e a eliminazione. Tutti questi risultati sono stati ottenuti grazie al supporto della Speedmax Track CFR di Canyon.

Nel mondo del triathlon, Laura Philipp ha vinto il campionato mondiale Ironman femminile a Nizza. Ai campionati mondiali Ironman maschili a Kona, Patrick Lange ha conquistato il suo terzo titolo mondiale. Ad accompagnarli nei loro trionfi mondiali la Speedmax CFR.

Il modello Speedmax Track CFR è stato protagonista alle Olimpiadi di Parigi 2024
Il modello Speedmax Track CFR è stato protagonista alle Olimpiadi di Parigi 2024

Pieterse…e non solo

Il futuro di Canyon è sicuramente in buone mani quando si pensa alla poliedrica Puck Pieterse, capace di ottenere vittorie su strada, nel ciclocross e nella mountain bike, queste ultime ottenute sulla Lux World Cup CFR.

La Pieterse non è la sola promettente stella in casa Canyon. Accanto a lei troviamo altri giovani ciclisti che nel 2025 faranno sicuramente parlare di sé. Ci riferiamo a Zoe Bäckstedt, Tibor Del Grosso, Ivan Romeo, Antonia Niedermaier e Cat Ferguson, tutti campioni del mondo nel 2024 fra under 23 e junior.

La giovane olandese Puck Pieterse, infine, è stata capace di vincere sia su strada che fuoristrada
La giovane olandese Puck Pieterse, infine, è stata capace di vincere sia su strada che fuoristrada

Sempre vicino ai professionisti 

Fin dalla sua nascita avvenuta nel 2002, Canyon ha visto il mondo del professionismo come parte integrante della sua storia. Nel corso degli anni dai professionisti che hanno corso su bici Canyon sono infatti arrivate innumerevoli informazioni per il reparto di ricerca e sviluppo dell’azienda tedesca. 

Andreas Walzer, Pro Sports Director di Canyon, ha così commentato lo straordinario 2024 a livello di successi ottenuto dalla sua azienda: «Il 2024 passerà alla storia come un anno in cui le nostre affermate stelle dello sport hanno dimostrato ancora una volta perché sono le migliori al mondo. Siamo incredibilmente orgogliosi di lavorare in partnership con alcuni dei migliori ciclisti della loro generazione. Le preziose intuizioni che ci danno consentono a Canyon di creare nuove innovazioni che possono spingere i confini di ciò che è possibile nel ciclismo professionistico, alcune delle quali portano direttamente alle nuove bici che vedrete nel 2025».

Canyon

Viezzi a “casa” Van Der Poel: «La scelta giusta per il futuro»

07.12.2024
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BREMBATE – Il sole cerca di salire alto nel cielo e scaldare le gambe e le guance dei corridori ma non ci riesce. E’ dicembre e al Trofeo Mamma e Papà Guerciotti, corso per la prima volta al Vittoria Park, il tempo è bello e freddo. Una vera giornata di ciclocross. I corridori, giunti in grande numero e chiamati a partecipare dal cittì Pontoni, cercano riparo sotto giacche a maniche lunghe e scaldacollo tirato su fino agli occhi. Si fa quasi fatica a riconoscerli, serve un secondo in più ma alla fine ci si riesce. Nell’arco dell’intera mattinata c’è tempo per girare tra camper e furgoni per parlare con tutti, tra curiosità e saluti ci imbattiamo in una figura alta e slanciata. Si tratta di Stefano Viezzi, campione del mondo juniores di ciclocross e da questo inverno passato under 23. Il talento del friulano ha attirato su di sé gli occhi della Alpecin Deceuninck, e dal 2025 sarà uno dei ragazzi del devo team

«La possibilità di andare a correre con loro – racconta – è arrivata alla fine della scorsa stagione di ciclocross. Tante erano le formazioni interessate ma l’unica, o una delle poche, che poteva offrirmi il binomio strada e cross era la Alpecin».

Per Viezzi futuro è chiaro: dal 2025 correrà nel devo team della Alpecin Decuninck (foto Billiani)
Per Viezzi futuro è chiaro: dal 2025 correrà nel devo team della Alpecin Decuninck (foto Billiani)

Non mollare il colpo

Sentire la voglia di Stefano Viezzi nel continuare la sua carriera sia su strada che nel ciclocross è una bella notizia. A qualcuno può risultare scontata, ma in questi anni tanti ragazzi hanno preferito smettere per dedicarsi alla strada. Vero che il talento dello spilungone friulano è indiscutibile, ma siamo certi che non tutti lo avrebbero premiato volentieri

«Per me il ciclocross è importante – continua – anche perché ormai lo faccio da un po’ di anni e penso che sia utile. Sia la strada per il ciclocross che viceversa. Sicuramente la Alpecin è un’ottima squadra, una delle top cinque, se non top tre al mondo. E’ un bel passo per la mia carriera e un grande salto di qualità che sicuramente mi aiuterà a crescere nel modo giusto». 

Viezzi al Trofeo Guerciotti ha colto un ottimo terzo posto tra gli elite
Viezzi al Trofeo Guerciotti ha colto un ottimo terzo posto tra gli elite
Correrai nello stesso team di Van Der Poel, anche se tu sarai nella development, che effetto fa?

Penso sia un buon segno perché lui è gestito dalla squadra e quindi anche io lo sarò. Da questo lato mi sento un po’ più sicuro, Van Der Poel è un grande atleta e negli anni hanno saputo come farlo rendere al meglio. Dagli allenamenti a tutto quello che ci sta dietro. 

E cos’è che ci sta dietro?

Delle piccole cose che a un certo livello possono fare la differenza, ad esempio avere la possibilità in inverno di fare dei ritiri in Spagna per farti salire di condizione è già un bel passo in avanti. 

La scelta di correre alla Alpecin Decuninck è dovuta al fatto di voler coltivare la multidisciplina
La scelta di correre alla Alpecin Decuninck è dovuta al fatto di voler coltivare la multidisciplina
Hai già parlato con il team per capire come lavorerai da gennaio? 

Mi faranno gareggiare e fare qualche gara in coppa con gli elite, di confrontarmi con una categoria superiore. Poi di farmi fare le gare più prestigiose e ovviamente c’è anche la questione nazionale. Ma in generale sono felice perché avrò parecchie chance. 

Com’è stato l’approccio con la categoria?

Sempre un po’ delicato perché affronto corridori con i quali non ho mai gareggiato e sono più grandi di me, anche di quattro anni. Un po’ me l’aspettavo, poi sto ancora recuperando dall’infortunio di questa primavera (il riferimento è alla frattura della clavicola all’Eroica Juniores, ndr). 

Viezzi correrà nello stesso team di Van Der Poel, un riferimento per il ciclocross
Viezzi correrà nello stesso team di Van Der Poel, un riferimento per il ciclocross
Quando è che fai il primo ritiro col team?

Prima del campionato mondiale di ciclocross (in programma il 2 febbraio a Liévin in Francia, ndr) in Spagna. Per una questione di allenamento andare al caldo aiuta a fare un carico di lavoro maggiore, sarà bello andare là e allenarmi come si deve. Avrò modo di conoscere la squadra, gli atleti con cui correrò e anche un po’ chi ci sta dietro.

Il primo ritiro con la squadra sarà incentrato sulla strada o sul cross?  

Sicuramente sarà un ritiro più bilanciato sulla parte del ciclocross perché a pochi giorni dal mondiale faremo una rifinitura così da arrivare al meglio. Ci saranno tutti i ragazzi della squadra, con grande probabilità ci divideremo a seconda degli impegni. 

Il friulano continuerà ad allenarsi in vista del mondiale di febbraio, per poi passare alla strada
Il friulano continuerà ad allenarsi in vista del mondiale di febbraio, per poi passare alla strada
Quando inizierai a correre su strada?

Si è parlato di qualche classica in Belgio, non penso di fermarmi ma di sfruttare la condizione fino a metà stagione. Poi inizieranno le gare a tappe. 

Grazie e in bocca al lupo! 

Crepi.