San Baronto e Mastromarco: la rivalità si rinnova tra gli juniores

21.01.2025
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Nel ciclismo le rivalità hanno segnato, forse più che in altri sport, epoche e identificato campioni. Tra queste ce n’è una che si legava e si lega tutt’ora ai giovani: quella tra San Baronto, nel pistoiese, e Mastromarco, nel fiorentino. Due località vicine ma divise da una collina e da una sana competizione sportiva. Una rivalità nata negli anni in cui Giovanni Visconti e Vincenzo Nibali si affrontavano tra gli under 23, infiammando le strade toscane e facendo accorrere tifosi da ogni angolo.

Oggi, quella sfida sembra pronta a rinascere, anche se con proporzioni diverse. A tenere alta la bandiera di San Baronto c’è il Team Franco Ballerini-Cesaro, una realtà ormai consolidata nel panorama juniores. Mentre Mastromarco rinasce con una nuova squadra che porta lo stesso nome, con l’intento di recuperare il prestigio di un tempo.

Luca Scinto, oggi direttore sportivo della Franco Ballerini, era il tecnico della Finauto, la squadra che all’epoca rappresentava San Baronto (e Visconti) nella sfida con Mastromarco. Con lui abbiamo ripercorso quegli anni e analizzato le prospettive future di questa storica rivalità.

Rispetto a questa salita, San Baronto si trova a destra in cima. Mastromarco a sinistra, ai piedi della collina. Pochi chilometri di distanza, due tifoserie distinte
Rispetto a questa salita, San Baronto si trova a destra in cima. Mastromarco a sinistra, ai piedi della collina. Pochi chilometri di distanza, due tifoserie distinte
Luca, ci risiamo dunque? San Baronto e Mastromarco come ai tempi di Visconti e Nibali?

Che tempi! Era una rivalità sana e scherzosa, che però portava entrambi a dare il massimo. I paesi della zona si svuotavano per vederli correre. Quel dualismo ha fatto bene al ciclismo perché spronava tutti a migliorarsi. Nibali è diventato un campione straordinario e Visconti ha avuto una carriera di tutto rispetto con 40 vittorie tra i professionisti.

Pensi che la rivalità possa tornare con le nuove squadre juniores?

Credo che oggi sia difficile ricreare una rivalità simile o almeno a quei livelli. Me lo auguro, sarebbe bello per il ciclismo toscano e italiano, ma i tempi sono cambiati. Oggi ci sono meno corse e le squadre WorldTour stanno prendendo tutto e sul fronte del valore tecnico si perde qualcosa. Tra qualche anno, tre o quattro, il ciclismo rischia di diventare elitario, per chi ha i soldi. Però sono contento che Mastromarco abbia rilanciato il progetto juniores.

Cosa succedeva quando le due squadre magari si incontravano per strada?

Ma no, un saluto e via. Però posso raccontarvi questa: io ho allenato Visconti e Nibali insieme. Mi ricordo di un’uscita dietro scooter con loro due prima dell’Europeo che vinse Giovanni. Nessuno dei due voleva mollare, si spingevano al limite. In salita era una lotta vera, ma sempre con rispetto. Era davvero uno spettacolo vederli. Due corridori che sono diventati quello che sono grazie anche ad episodi come questi. Oggi spero di rivedere qualcosa di simile, anche se in scala ridotta.

Dopo essersi scontrati tra gli U23 (e le colline toscane), Visconti e Nibali sono stati compagni in nazionale e tra i pro’ alla Bahrain
Dopo essersi scontrati tra gli U23 (e le colline toscane), Visconti e Nibali sono stati compagni in nazionale e tra i pro’ alla Bahrain
Quali sono le principali differenze rispetto ad allora?

Il livello è diverso. Ora ci sono poche squadre del Nord Italia molto più forti, come la Borgo Molino o il Team Giorgi, dalle nostre parti va bene la Vangi. Noi, come altri team, abbiamo una buona squadra, ma non possiamo competere con le giovanili dei team WorldTour. Mastromarco sta ricostruendo, ci vorranno un paio d’anni almeno per essere competitivi ad alto livello. Come ripeto, noi della Franco Ballerini abbiamo una buona squadra, ma il ciclismo di oggi è più veloce e non aspetta nessuno.

Voi organizzate il 2 marzo il GP Baronti: è un punto di partenza per la rivalità?

Può esserlo, è una gara importante che apre il calendario nazionale juniores. Ringrazio la famiglia Baronti della Neri Sottoli per il supporto. Sarà più dura rispetto all’anno scorso, con 130 chilometri e salite impegnative: abbiamo seguito le indicazioni che ci ha dato il cittì. Avremo 200 partenti e passeremo 4-5 volte proprio da Mastromarco.

Che squadra è la Franco Ballerini 2025?

Un buon team con 12 ragazzi promettenti. Mattia Proietti Gagliardoni (la stellina del gruppo, ndr) andrà in ritiro con la Intermarché-Wanty, poi abbiamo Michele Pascarella, Giuseppe Sciarra e altri giovani interessanti. In generale i ragazzi devono imparare in fretta, perché oggi il ciclismo non aspetta. Quest’anno poi abbiamo cambiato qualcosa in termini organizzativi.

Luca Scinto con i suoi ragazzi
Luca Scinto con i suoi ragazzi
Cosa?

Ognuno ha il suo preparatore. Io cerco di coordinare tutti al meglio. Quest’anno ho delegato di più per concentrarmi maggiormente sulla gestione sportiva, altrimenti finiva che non avrei fatto bene né il direttore sportivo, né il preparatore. Il ciclismo richiede sempre più specializzazione.

E la Mastromarco che squadra sarà?

Non so davvero, non posso esprimermi, ma come ho detto sono contento che Franceschi e Balducci non abbiano abbandonato del tutto il ciclismo dopo la chiusura del team under 23 e abbiano creato questa squadra. E’ un bene per la Toscana e non solo.

Balducci e la Mastromarco, primi passi fra gli juniores

02.01.2025
7 min
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Quando lo raggiungiamo, Gabriele Balducci è nel ritiro di Mastromarco assieme a Carlo Franceschi, mettendo giù i programmi della squadra juniores da cui si riparte per il 2025. L’idea è venuta a Nibali, che da questa sponda toscana spiccò il volo per la carriera che tutti conosciamo. Ce lo raccontò proprio Franceschi, incontrato alla vigilia della partenza del Tour de France. Ci disse che nel pomeriggio sarebbe andato a Firenze dal suo pupillo per definire il nuovo assetto della squadra. Da allora le cose sono state laboriose e la definizione del progetto è andata più avanti di quanto sarebbe servito.

Perciò il primo anno della Mastromarco Fans Club Nibali, questo il suo nome, partirà in sordina e sarà un ritorno alle origini. La società toscana nacque negli juniores e fece il salto fra gli under 23 proprio per accompagnare la crescita di Vincenzo, lanciando poi una quantità rara di corridori. Da Caruso a Capecchi, passando per Richie Porte, Bettiol, Conti e per ultimo Crescioli. Con questo passaggio, la chiusura della Zalf Fior, quel che è accaduto alla Hopplà e il passaggio del Ct Friuli a devo team Bahrain, scompare in pochi mesi la quarta squadra storica degli U23 italiani. Continuiamo a dirci che è normale e andiamo avanti.

Franceschi ha accolto Nibali a casa sua quando arrivò dalla Sicilia e lo ha seguito per tutta la carriera. Qui nel 2019
Franceschi ha accolto Nibali a casa sua quando arrivò dalla Sicilia e lo ha seguito per tutta la carriera. Qui nel 2019

Le misure da prendere

Balducci (nella foto di apertura) parla frenato, sostanzialmente perché la nuova categoria lo ha messo davanti a situazioni e domande per cui sta cercando di trovare risposte. A 49 anni e dopo venti stagioni negli under 23, l’ex professionista pisano si è accorto che nelle ultime tre-quattro stagioni la categoria juniores ha fatto un notevole salto in avanti e occorre crearsi nuovi riferimenti per affrontarla nel modo migliore.

«Quando si cominciava la stagione con gli under 23 – ragiona – avevo 4-5 ragazzi con cui lavoravo da 2-3 anni. Parlavi di routine, programmi e allenamenti e loro ti venivano dietro. Ascoltavano. I ragazzini con cui ripartiamo sono digiuni di tutto, vengono dagli allievi dove fino a pochi mesi fa erano seguiti da pensionati molto volenterosi, come è giusto che sia a 16 anni. Eppure c’è chi vorrebbe farli diventare subito professionisti…».

La nuova Mastromarco si è radunata per la prima volta dal 27 al 29 dicembre
La nuova Mastromarco si è radunata per la prima volta dal 27 al 29 dicembre
Il discorso è capire che tipo di attività vorrete proporgli…

La nostra è una piccola squadra, abbiamo otto corridori: metà di primo e metà di secondo anno. Uno è Danilo Bartoli, figlio di Mauro e nipote di Michele. Così l’altro giorno mi sono sentito con il preparatore di un’altra squadra, gli ho chiesto in che modo li gestiscano, avendo due ore di luce ogni giorno dopo la scuola. E mi ha detto che dopo aver pedalato fuori, li fa salire sui rulli per fare le ultime due ore di lavoro in casa. E io fra me e me ho pensato che fra lo studio e la bici, a questi ragazzi cosa resta per sé?

Un mondo nuovo cui prendere le misure?

Dopo una ventina d’anni di under 23, abbiamo visto subito il cambiamento degli juniores. Come direttore sportivo sono affiancato da persone che mi danno una mano, ma continuo a chiedermi come dobbiamo trattarli: da corridori o da ragazzini? Dobbiamo stare attenti con gli allenamenti, con i programmi e i volumi di lavoro, anche più che nella categoria U23. Ho visto juniores che fanno 5 ore di allenamento. E’ vero che la moda è andata oltre, ma avendo lavorato anche con le categorie superiori, dico che ripartire dagli juniores è stata una buona scelta.

Perché questo cambio di direzione?

Vedendo come è cambiata la categoria under 23, abbiamo fatto un briefing fra di noi e ci siamo resi conto di non essere all’altezza di tenere il passo delle squadre che stanno nascendo attorno alle WorldTour. Alla fine il nostro obiettivo e la nostra soddisfazione era avere tutto sotto controllo, invece la situazione era tale per cui tutto ti sfuggiva di mano. Allora Vincenzo è venuto qui a Mastromarco e ha proposto la rivoluzione. Era chiaro che non avessimo le forze, l’organizzazione, forse anche il materiale e gli sponsor per fare una squadra U23 al livello delle più grandi.

Il bozzetto della maglia del Mastromarco Nibali Fan Club. Vincit è un marchio che appartiene a Nibali
Il bozzetto della maglia del Mastromarco Nibali Fan Club. Vincit è un marchio che appartiene a Nibali
Quindi lo scopo è formare dei ragazzi che poi andranno a finire nei devo team o nelle continental?

L’intento è di ripartire con un profilo abbastanza basso, perché comunque abbiamo dei corridori alle prime armi, e piano piano costruire qualcosa. Buttare le basi per tornare al livello della Mastromarco e formare qualche atleta di valore sperando di vederlo sbocciare. Perché la nostra soddisfazione è sempre stata questa.

Il fatto di avere corridori alle prime armi dipende dal fatto che vi siete mossi tardi?

Ma tanto tardi! Ci aveva contattato anche un corridore che poi è andato con Bortolami, ma quando una squadra passa dall’under 23 agli juniores, un po’ paga anche lo scotto della novità. Questo non significa che non siamo all’altezza, anzi. A livello di organizzazione siamo rimasti come gli under 23. Abbiamo un preparatore che mi dà una mano, ma mi sto rendendo conto che non cambia poi molto. Mi sono documentato e noto che anche negli juniores si fanno dei volumi di lavoro veramente alti.

L’obiettivo è provare a fare risultato con i più grandi oppure partono tutti la pari?

Partiamo tutti con l’intento di assaporare la categoria. Non faremo un gruppetto che parte più forte e uno che parte piano, il mio obiettivo è portarli senza esagerare alla fine della scuola e poi sfruttare l’estate per fare una bella attività. Ho dato loro i programmi di lavoro fino al 6 gennaio per sfruttare le vacanze di Natale e poi magari faremo un altro ritiro a Pasqua, sempre approfittando della pausa scolastica. Non si può pensare di andare tanto forte all’inizio di stagione, perché ci sono in giro squadre che vengono da ritiri collegiali e si allenano a livelli molto alti e fanno già cinque ore e mezza.

Carlo Franceschi, Alberto Bettiol, Gabriele Balducci, bici Cannondale alla Mastromarco, 2020
E’ stato nuovamente Bettiol il tramite fra Cannondale e la Mastromarco
Alberto Bettiol, Gabriele Balducci, bici Cannondale alla Mastromarco, 2020
E’ stato nuovamente Bettiol il tramite fra Cannondale e la Mastromarco
Anche fra gli juniores ci sono degli squadroni con cui fare i conti…

E la differenza è enorme, veramente. A me piace seguirli ogni giorno in allenamento. Li vedo motivati, qualcuno un po’ più appassionato, qualcuno un po’ meno. Abbiamo fatto un miniraduno fra Natale e Capodanno e mi sono fatto la prima idea. Abbiamo parlato. C’è un ragazzino che ha cominciato a correre l’anno scorso e ha dei test buoni. Però l’ho visto all’opera e dovrà capire che oltre ad andare forte in salita servirà anche un po’ di tecnica per fare le discese e per stare in gruppo.

Con che bici correrete?

Ancora Cannondale. Anche se Alberto (Bettiol, ndr) è andato all’Astana, grazie a lui e alle sue conoscenze, siamo riusciti a riprenderle. Sono bici bellissime, tutte Super Six Evo montate Ultegra. Alberto rimane un amico di Mastromarco. Si sa, Vincenzo vuole una cosa sua, ma Alberto è attaccato a me e di conseguenza è con noi, anche se ovviamente sulle maglie non c’è il suo nome. 

La cosa più divertente di tutto questo è che riprenderà la rivalità con Scinto e Mastromarco?

Luca a differenza nostra ha una bella squadrettina, è già dentro da qualche anno ed è più avanti. Io questa rivalità non l’ho vissuta, perché quando sono arrivato a Mastromarco, Visconti e Nibali erano già passati, ma Luca è preso parecchio…

L’obiettivo per i prossimi anni è crescere?

Quest’anno abbiamo perso uno sponsor storico come Chianti Sensi. Grazie a Vincenzo riusciamo a partire, ma il nostro obiettivo sarebbe ritrovare assieme a lui un appassionato che si impegni nuovamente e ci permetta di crescere. Vediamo cosa viene fuori, perché credo che anche a livello generale intorno a questa categoria cambierà qualcosa e dovremo farci trovare pronti.

Si comincia a marzo con la prima gara in Toscana?

E’ già arrivato il bollettino, sarà una gara nazionale, subito con il San Baronto (sorride, ndr). Vedremo come andrà, perché a marzo avranno già ripreso la scuola da tre mesi e fanno licei e scuole impegnative. Non voglio che sacrifichino gli studi per correre, anche se la differenza fra uno che va a scuola e uno che non ci va è grandissima. Gli spiegherò una cosa che sappiamo benissimo da anni. Ne abbiamo visti tanti, che da juniores sembrano chissà cosa e poi smettono e si ritrovano senza un titolo di studio e senza lavoro. Questo è un discorso che devo fargli. Gli dirò che per ora comanda la scuola e solo a lezioni finite, avremo il tempo e la possibilità di fare qualcosa in più.

Come detto da Balducci, i corridori della Mastromarco Fans Club Nibali sono Danilo Bartoli, Cesare Picchianti, Marco Mati e Lorenzo Innocenti del secondo anno, Matteo Cialdini, Lorenzo Pucci, Filippo Postpischl, Luca Iavazzo del primo.

Da Nibali a Bettiol, con Franceschi nel cuore di Mastromarco

29.06.2024
5 min
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MASTROMARCO – La casa di Carlo Franceschi la trovi perché lo sai, perché te lo dice il navigatore o solo perché davanti alla porta c’è parcheggiata l’ammiraglia della Mastromarco. Il direttore sportivo che fu di Capecchi, Nibali, Damiano Caruso, Valerio Conti e poi di Bettiol sta per compiere ottant’anni, eppure ha ancora i modi decisi. Siamo qui perché la vittoria tricolore di Bettiol ha riacceso la luce sulla piccola squadra toscana e quel senso di famiglia che l’ha sempre resa una bottega di ottimo artigianato, per il quale oggi c’è sempre meno spazio.

Quando siamo arrivati, Carlo stava preparando il pranzo assieme a sua figlia, fuori il caldo inizia a picchiare. Un corridore con la divisa della squadra locale passa avanti e indietro: scherzando diciamo a Franceschi che magari vuole farsi vedere impegnato. Lui sorride bonariamente e poi invita a sederci. Ha voglia di parlarci dei suoi… figli di Mastromarco: quelli che ce l’hanno fatta e quelli che alla fine si sono arresi. Ma si parte dall’ultimo, da Bettiol e da quegli abbracci a Sesto Fiorentino, dopo la vittoria.

«Balducci lo seguiva negli allenamenti – ricorda – e mi diceva che Alberto era forte, lui lo conosce bene. Solo che con quella caduta al Giro di Svizzera si era… pelato tanto e per questo eravamo un po’ titubanti. E lui allora lo curava anche durante gli allenamenti, affinché le piaghe non si espandessero e si riassorbissero quanto prima. Lo seguiva con il motorino e la bottiglia del disinfettante. Ogni mezz’ora bagnava le ferite finché finalmente il giovedì è stato contento. In due giorni le bruciature erano quasi guarite. E così siamo andati a Sesto Fiorentino, tutti noi del gruppo sportivo. Ci siamo messi sul percorso per fare i rifornimenti, perché lui era da solo. Io ero sulla salita di Monte Morello e l’ho sempre visto pedalare tranquillo. E alla fine abbiamo visto come è andata a finire…».

Il 2 marzo del 2013, Bettiol vince la Firenze-Empoli, prima corsa in maglia Mastromarco (photors.it)
Il 2 marzo del 2013, Bettiol vince la Firenze-Empoli, prima corsa in maglia Mastromarco (photors.it)
Bettiol e Nibali hanno due storie diverse…

Con Enzo è un rapporto più familiare, si può dire più quasi da figlio a padre. Ad Alberto siamo affezionati, ha fatto un anno a Mastromarco. E’ un ragazzo che si fa ben volere e allora ci siamo attaccati anche a lui, perché si dà anche delle belle soddisfazioni. Penso anche che in futuro non avrà più quei continui alti e bassi che lo hanno caratterizzato finora. Ha risolto i problemi che li causavano e già si è visto un primo miglioramento nel suo rendimento, che nel tempo sarà anche più evidente.

Che posto è Mastromarco?

E’ una famiglia. Questi ragazzi li teniamo qui, specialmente quelli che vengono da lontano. C’è il nostro ritiro e alla fine ci affezioniamo perché sono ragazzi seri, volonterosi, con la voglia di faticare e fare tanti sacrifici. Il ciclismo è uno sport duro, richiede tanti sacrifici, anche se alla fine non tutti ce la fanno. Purtroppo non tutti hanno i buoni motori e la mentalità per fare tutti questi sacrifici. Qualcuno si perde, penso a Paolo Baccio, che era un grandissimo talento e alla fine ha smesso di correre. Aveva vinto Mercatale, il Trofeo Piva e il tricolore crono. Aveva firmato un contratto da professionista e poi si è come spento. Per contro ci sono tanti altri ragazzi passati dalla Mastromarco che stanno correndo attualmente nel professionismo. Sono corridori giovani, magari non diventeranno campioni, ma sono buoni corridori.

Paolo Baccio, anche lui messinese come Nibali, era un talento purtroppo sfiorito (photors.it)
Paolo Baccio, anche lui messinese come Nibali, era un talento purtroppo sfiorito (photors.it)
Di qui è passato anche Capecchi…

E’ stato un buon corridore e anche lui ci ha dato tante soddisfazioni. E’ molto attaccato e tutte le volte che ci vediamo, ci abbracciamo e ci facciamo festa. Lui rimase qui un solo anno e poi è passato subito al professionismo…

Come Bettiol, del resto.

Lui abitava qui vicino, prima di trasferirsi in Svizzera, e ogni volta che torna a casa, viene ad allenarsi con noi. Anche con Caruso i rapporti sono meno stretti, perché lui abita in Sicilia. Ma ogni volta che viene alle gare e ci si vede, è una festa. Sono corridori che in un modo o nell’altro sono rimasti qua. Hanno sempre avuto un buon motore e la capacità di faticare e riuscire a concentrarsi come serve.

Nel 2008 Damiano Caruso vince il tricolore in maglia Mastromarco-Grassi-Sensi
Nel 2008 Damiano Caruso vince il tricolore in maglia Mastromarco-Grassi-Sensi
Hai parlato di Bettiol che vive in Svizzera, eppure fra i motivi della sua vittoria ai tricolori ha messo l’essere stato seguito come quando era dilettante. Non sarà che l’Italia gli manca?

Credo che gli faccia piacere sentirsi abbracciato dalla sua gente, perché sono abbracci sinceri. Purtroppo in Italia sono tartassati dalle tasse, mentre in Svizzera pagano meno e per questo vogliono andare via. Se questo Governo aiutasse di più lo sport e facesse le cose come tutti gli altri Stati, sicuramente tanti atleti non andrebbero fuori dall’Italia.

Mastromarco era un laboratorio artigianale, oggi quel ciclismo sembra lontanissimo…

Sta andando alla deriva, è vero. Però noi cerchiamo di fare il possibile, perché comunque i ragazzi devono crescere ed essere seguirli con amore. Devi insegnargli il mestiere del corridore, come devono mangiare e anche dormire. Cerchiamo di insegnargli a fare il ciclismo vero. Oggi li vedi più emancipati anche a rispetto a 5-6 anni fa. Certamente qualcuno si può montare la testa. Vince due o tre gare da under 23 e pensa di essere un campione vero, invece si è appena seduto a tavola e non ha ancora iniziato a mangiare. Alcuni lo capiscono e vanno avanti, gli altri probabilmente si perderanno.

Nibali e Franceschi: qui al Giro d’Italia del 2019
Nibali e Franceschi: qui al Giro d’Italia del 2019
C’è una vittoria che ti è rimasta nel cuore?

Le vittorie di Enzo sono tutte nel cuore. Il Giro d’Italia, il Tour e la Vuelta. Ho avuto la fortuna di essere presente sempre nel momento giusto, ma credo che la soddisfazione più grande l’ho provata alla Milano-Sanremo. Era una gara che non gli si addiceva tanto e ha fatto un numero strabiliante. Nessuno se l’aspettava e quella secondo me è stata la ciliegina sulla torta.

Come si combattono i devo team?

Non si combattono, si tenta di sopravvivere. Se non avessi Balducci come direttore sportivo, non riuscirei ad andare avanti. Lui adesso lavora con il cambio ruote Shimano, perché è giusto che possa guadagnare più del poco che possiamo dargli noi. Davvero qui si lavora con passione. Finché ne abbiamo, ci sarà ancora il Mastromarco.

Una bici al cielo, la piazza esplode per Bettiol tricolore

23.06.2024
7 min
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SESTO FIORENTINO – Quante volte hai pensato ad Alfredo Martini durante la corsa? Bettiol si volta quasi di scatto e tira su col naso. Passa la mano destra nei capelli più di una volta, per qualche prurito dopo tutto il giorno col casco sulla testa e poi guarda fisso.

«Ci ho pensato veramente tanto – dice – prima quando ho fatto la ricognizione, perché praticamente lui abitava qua, dietro la piazza, e conosco molto bene le figlie e i nipoti. Poi quando sono partito sulla salita ed ero solo a cinque dall’arrivo, mi è venuto anche un po’ da piangere. Ho pensato ad Alfredo, ho pensato a Mauro Battaglini e pensavo a quanto sarebbe stato bello che anche loro fossero qua con me oggi, con noi. Insomma, ecco… un pensiero va anche a loro due».

Una settimana difficile

Alberto Bettiol ha appena vinto il campionato italiano, con un’azione da duro sul circuito che aveva provato con la Mastromarco appena era stato ufficializzato. Ha trovato collaborazione in Rota e Zambanini e in tre si sono sobbarcati la fatica della fuga, quando Zoccarato ha deposto le armi. Era il favorito, tutti lo indicavano come tale e nessuno – noi compresi – si era fermato invece a riflettere sulla caduta al Giro di Svizzera che lo aveva costretto al ritiro.

Racconta Gabriele Balducci – suo direttore sportivo da U23, amico e padre ciclistico assieme a Carlo Franceschi – che quando è tornato a casa dal Giro Next Gen, seguito con Shimano, ha trovato un Bettiol da mani nei capelli.

«Ho cercato di non buttare benzina sul fuoco – racconta commosso e senza voce – ma la situazione era veramente brutta. Grazie alla nostra famiglia siamo riusciti a riprendere la situazione. Parlo di famiglia, perché è un gruppo allargato. Ci sono delle persone che ci stanno vicine e ci hanno dato una grossa mano».

Non sappiamo se Bettiol percepisca sino in fondo l’amore di cui è circondato in questa parte di mondo, ma a giudicare dagli sguardi delle persone che lo hanno accolto sul traguardo e spinto idealmente in ogni metro della fuga, si tratta di un fuoco davvero potente. Quando ha attaccato ed è rimasto da solo, un boato ha scosso la piazza del mercato.

Sotto il palco l’abbraccio tra Carlo Franceschi e Gabriele Balducci: il cuore di Mastromarco batte sempre forte
Sotto il palco l’abbraccio tra Carlo Franceschi e Gabriele Balducci: il cuore di Mastromarco batte sempre forte
Eri messo davvero male?

E’ stata dura ragazzi, perché faccio una cosa bene e 10 male. Ho vinto la Milano-Torino, poi sono caduto ad Harelbeke. Stavo andando bene allo Svizzera, poi sono caduto. Però questa settimana è stato bello. La mia squadra, la EF-Easy Post, mi ha supportato dandomi tutto il materiale. Ma è stata soprattutto una settimana vissuta come quando ero dilettante. Con Carlo Franceschi, con Boldrini, con Balducci, con Luca Brucini, il mio massaggiatore toscano. E’ stato bello. Ci siamo uniti e abbiamo cercato di rimediare tutti insieme a questo danno. La mia famiglia mi ha supportato. La mia ragazza mi ha lasciato tranquillo, sapeva benissimo quanto ci tenessi a questa settimana. Forse è questo il mio segreto…

Quale?

La famiglia, la squadra di Mastromarco che non mi abbandona mai. C’era Giuba, c’era anche Tiziano il meccanico a darmi l’acqua sulla salita. C’era Luca giù in pianura e Balducci era sull’ammiraglia della Work Service, che tra l’altro ringrazio perché siamo stati loro ospiti. Ringrazio Bardelli e i quattro ragazzi di oggi. Sono fortunato e questa vittoria la dedico veramente a loro.

La gente di Bettiol? Eccone una bella fetta. E stasera si fa giustamente baldoria
La gente di Bettiol? Eccone una bella fetta. E stasera si fa giustamente baldoria
Che cosa succede adesso?

Sarà un’annata lunga. Devo onorare questa maglia e ce la metterò tutta. Ma ho anche bisogno di festeggiare, perché le vittorie vanno festeggiate. E poi mi voglio concentrare, perché tra una settimana c’è il Tour de France e spero di essere un degno campione italiano.

Eri il favorito, hai avuto sempre l’espressione molto concentrata…

Oggi è stata dura. Sapevo che era una delle corse più difficili da vincere, perché ero solo e avevo davanti squadre da 17 corridori. Non potevo fare altro che rendere la corsa dura. Fortunatamente ci hanno pensato la Lidl-Trek e l’Astana, ma sapevo che a un certo punto dovevo andare. Non avendo nessuno che potesse darmi una mano, dovevo muovermi. Ho rischiato anche un po’ a farlo tanto in anticipo, però oggi sapevo che bisognava rischiare. In generale mi piace rischiare, oggi bisognava farlo un po’ di più.

Dopo aver animato la fuga, Bettiol ha rotto gli indugi sull’ultimo passaggio in salita
Dopo aver animato la fuga, Bettiol ha rotto gli indugi sull’ultimo passaggio in salita
Sembri un altro Alberto: più preciso, concentrato, anche determinato.

Si invecchia, si matura, si impara dagli errori. Più che errori, direi semplicemente che il ciclismo adesso è diventato molto difficile, molto competitivo. Quest’anno, l’ho sempre detto, è una annata particolare. I Giochi Olimpici, i mondiali, i campionati italiani a Firenze, il Tour che parte da Firenze. Ero stato a vedere il percorso un paio di mesi fa, perché sapevo che sarebbe stato molto difficile tornarci, dato che partivo per Sierra Nevada, poi per la Francia e il Giro di Svizzera.

Come è stato correre senza radio?

Avevo Daniele Bennati (sorride, ndr) che dalla moto mi dava qualche consiglio, perché non avendo la radio e nemmeno la lavagna, non sapevo neanche bene i distacchi. E’ stata veramente una bella giornata. Devo ringraziare anche Lorenzo Rota e Zambanini, che sono stati veramente bravi. E’ stato un degno podio, perché alla fine ci hanno creduto come me. Ci siamo detti di rischiare, io non credevo di staccarli tutti. Credevo comunque di giocarmi qualcosa, scollinata la salita. Ho fatto uno sforzo notevole per balzare davanti, perché ero rimasto dietro. E neanche stavo tanto bene…

Per fortuna…

Avevo i battiti un po’ alti. Era una settimana che non correvo, poi ho fatto tre giorni senza bici e ho avuto un’infezione al braccio. Ho dovuto fare gli antibiotici. Insomma non è stato facile, però avevamo un obiettivo. Dico avevamo perché le persone di cui ho parlato prima si sono sacrificate come me, nella stessa misura. Hanno sacrificato le loro famiglie, i loro impegni, il loro lavoro per dedicarli a me. Luca, il mio massaggiatore, stasera doveva andare in ospedale a lavorare e non ci va perché oggi bisogna festeggiare. Anche questo è importante.

Avevi studiato il fatto di sollevare la bici sul traguardo?

No, dico la verità. Mi sono girato all’arrivo, avevo spazio e volevo fare questa cosa perché devo ringraziare anche Cannondale: sono 10 anni che mi dà le bici e me ne ha fatta una speciale, bellissima. Martedì sera festeggeremo la bici con un grande evento a Castelfiorentino e festeggiarla da campione italiano è una bella cosa.

La partenza è stata data da Piazzale Michelangelo a Firenze: qui fra cinque giorni sbarcherà il Tour
La partenza è stata data da Piazzale Michelangelo a Firenze: qui fra cinque giorni sbarcherà il Tour
Sarai alla partenza del Tour da Firenze e per giunta in maglia tricolore…

E’ una cosa che non avrei immaginato neanche in un sogno. Essere l’unico fiorentino alla partenza era già qualcosa di speciale. Ma sfilare con la maglia tricolore non me lo so neanche immaginare. Ho fatto cinque partenze del Tour e sono state una più bella dell’altra. Però ecco ho fatto la ricognizione del trasferimento, ho fatto dei servizi per ASO e ho capito da dove passiamo. E insomma, con tutto il rispetto per le altre città, Firenze sarà Firenze…

E’ il ritratto della felicità. La sua gente lo aspetta. Il fratello, la ragazza, Balducci, Franceschi. Un sacco di gente che non conosciamo. Una famiglia allargata che da anni lo protegge, lo coccola e a volte lo ha giustificato invitando a volergli bene quando le cose non andavano. Per tutti loro stasera sarà il tempo della commozione, della felicità sfrenata e dei brindisi. Fra meno di una settimana saremo nuovamente a Piazzale Michelangelo. E il viaggio tricolore di Alberto Bettiol prenderà ufficialmente il largo.

Cosa c’è negli sguardi di Bettiol? Balducci racconta…

07.04.2024
8 min
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Gabriele Balducci oggi non seguirà la Roubaix in televisione: nelle stesse ore sarà impegnato con la Mastromarco al Trofeo Piva. E’ chiaro però che una parte del cuore batterà per quello che a buon diritto può essere definito il suo figlioccio: Alberto Bettiol. Il toscano non è stato bene dopo il Fiandre e lo svuotamento subito nella corsa dei muri è stato il principale cruccio della settimana. Certi sforzi vanno recuperati per bene e bisogna che nulla si metta di traverso.

Gabriele Balducci ha 48 anni ed è stato professionista per 12, con qualche vittoria e il gusto un po’ guascone per la vita, accanto a Dario Pieri: l’amico di sempre. Era direttore sportivo da quasi quattro stagioni, quando alla Mastromarco arrivò il giovane Bettiol. Era il 2012, Alberto era al secondo anno da U23 e nella squadra toscana trovò Valerio Conti: rivale di tante battaglie. “Baldo” lo accolse e col tempo, assieme al procuratore Battaglini e a Piepoli (che gli fa da allenatore e psicologo), creò attorno al corridore una struttura a prova dei suoi alti e bassi. Quando Battaglini venne a mancare, il diesse si rimboccò le maniche e non ha mai fatto un passo indietro. Hanno litigato e lo faranno ancora, ma sempre nell’interesse dell’atleta. Si capisce che Balducci lo faccia per affetto e non per ambizione, perché non ha mai voluto un ruolo ufficiale nelle squadre di Bettiol. Altri probabilmente avrebbero cavalcato la situazione.

Carlo Franceschi, Alberto Bettiol, Gabriele Balducci, bici Cannondale alla Mastromarco, 2020
Franceschi, Bettiol e Balducci: Alberto è il tramite fra Cannondale e la Mastromarco, in cui ha corso da U23
Alberto Bettiol, Gabriele Balducci, bici Cannondale alla Mastromarco, 2020
Bettiol e Balducci: Alberto è il tramite fra Cannondale e la Mastromarco, in cui ha corso da U23

Un cavallo di razza

Bettiol è un cavallo di razza, con impeti e momenti bui. Ha un motore da primo della classe, ma non sempre la capacità di sfruttarlo nel modo giusto. Ai mondiali di Wollongong sarebbe stato l’unico capace di andare via con Evenepoel, ma aveva previsto una tattica diversa e per restarle fedele, vide fuggire il belga. Quando vinse il Fiandre del 2019, non fu per caso: era il più forte e potrebbe esserlo ancora, in un ciclismo sempre più estremo che concede briciole agli uomini estrosi come lui. Alla Milano-Torino ha deciso di vincere e semplicemente lo ha fatto. A volte è solare, altre si rabbuia. Diciamo la verità: non è sempre semplice decifrarlo. E allora, alla vigilia della sua prima Roubaix, ci siamo rivolti proprio a Balducci per fare il punto della situazione. Chi è oggi Alberto Bettiol e dove può arrivare?

«Vi dico la verità – sorride il pisano – facciamo delle cose, ma finché non si conclude, anche dirlo sembra brutto. Io dentro di me so quanto può valere, però non lo possiamo dire proprio bene. Un po’ di risultati sono venuti, ma insomma non è che abbiamo fatto vedere tutto quello che potremmo. Quello ce l’ho dentro e solo io posso sapere quanto vale questo ragazzo, perché secondo me abbiamo ancora dei margini. A volte sembra che ci crediamo più noi di lui e va in questo modo da quando facemmo quell’intervista con lui e Valerio Conti (il riferimento è a un incontro fatto proprio nel 2012, quando Bettiol approdò alla Mastromarco, ndr). Erano due ragazzetti, ma già allora Alberto si chiedeva se sarebbe stato all’altezza. Diceva che Conti gli avrebbe “mangiato la pappa in capo”. Ed è una mentalità si è portato avanti in tutti questi anni».

Alla Milano-Torino aveva una condizione super: voleva vincere e ha attaccato
Alla Milano-Torino aveva una condizione super: voleva vincere e ha attaccato
Perché secondo te ha queste insicurezze?

Ce l’ha su tutto, se vi raccontassi quello che triboliamo anche per la vita normale. Ha un carattere che ha bisogno sempre di conferme. Prima della Milano-Torino chiedeva in maniera ossessiva se l’avrebbe fatta, perché stava così bene che voleva la conferma. Poi l’ha fatta e l’ha vinta. Perché accada non so dirlo. Ci sono corridori che hanno qualcosa in più, che sono sopra le righe, ma gli manca qualcosa. Alberto è un ragazzo d’oro, molto intelligente, però a volte ha queste mancanze.

Ha ancora la giusta cattiveria?

No, sentite, a livello di cattiveria è ancora orgoglioso. Vi dico la verità, magari soffre e non lo dice, però è ancora orgoglioso. Gli piace farsi vedere e questa è la cosa che ci fa andare avanti. La cattiveria c’è ancora e secondo me è ancora tanta e ben più di quella che lascia trasparire. Diciamo che non gli scatta in tutte le corse, è uno che si carica nei grandi appuntamenti. Si carica veramente tanto e questa è una dote. Ci sono certe gare in cui dobbiamo portarlo fin lì e siamo a posto. Perché sappiamo che anche se è al 70 per cento, con la motivazione arriva al 90. Questo ce l’ha dimostrato più di una volta. A livello di cattiveria sono contento.

Lo abbiamo sentito dire che in nazionale si trova benissimo perché tutti lo coccolano come alla Liquigas, che si sente in famiglia. Però corre nella squadra con meno italiani che ci sia…

Avete visto bene. La EF Education è la meno italiana del gruppo, una squadra con delle idee un po’ particolari. Mi ricordo quando era in BMC con Fabio Baldato, di cui sono molto amico, che a volte sbottava e diceva che non lo sopportava più. Allora vi dico, forse è la meno italiana, ma anche la più giusta. Con lui ci vuole sempre una coccola, il modo giusto anche negli allenamenti. Condividiamo tanto gli allenamenti, tutte le tabelle. Tante volte per stimolarlo mi invento anche qualcosa: facciamo così, dai, che domani sarà meglio. E così magari capita che possa stare per ore in bicicletta e non se ne accorga nemmeno. Bisogna saperlo prendere, questa è la cosa fondamentale. Non voglio essere il più bravo né niente, però credo di conoscerlo nella maniera giusta. Non solo da direttore sportivo, ma da amico, da confidente, da psicologo e lui in qualche modo mi riconosce per la figura che sono.

La EF Education è la squadra meno italiana del WorldTour, ma secondo Balducci perfetta per Bettiol
La EF Education è la squadra meno italiana del WorldTour, ma secondo Balducci perfetta per Bettiol
Non sarai troppo buono?

Ho cercato anche di essere più cattivo, ci siamo arrabbiati tante volte. Non so quante volte ho chiuso il discorso dicendogli di fare come gli pareva, però non è passato un giorno che non mi abbia ricercato. Quello che sto vivendo è una cosa bellissima, perché preparare insieme un Fiandre o una Sanremo per me è un sogno. Non tanto tempo fa venne fuori la possibilità di entrare in squadra con lui, ma vi dico la verità: io ho sempre guardato la mia squadra, le mie cose. Alberto ci sta vicino, abbiamo le bici Cannondale grazie a lui, ma non voglio che anche questo diventi una pressione. E non mi è mai passato per la testa di fare carriera sfruttando l’amicizia.

Tempo fa si diceva che tra i motivi per cui dovevi controllarlo ci fosse la poca attenzione sull’alimentazione.

Invece finalmente su questo è migliorato molto. Ci è arrivato da solo, a forza di sbagliare e risbagliare, lo vedo quando viene a casa nostra. Sa come deve fare e infatti ha vissuto un buon inizio di stagione. Una volta magari a tavola era necessario dirgli di fermarsi, ma ha capito che oggi il corridore lo fai anche mangiando nel modo giusto. Purtroppo non ci sono tante scappatoie. Se non fai quella vita lì, non porti a casa niente. Il ciclismo è cambiato tantissimo e per me è molto più bello. Magari può non piacere perché è tutto computerizzato, anche a me i numeri non vanno giù del tutto, però si sbaglia poco. La differenza con Alberto è che ti diverti ancora. Partiamo la mattina alle dieci con lo scooter e magari torniamo la sera alle cinque. Ci inventiamo delle cose che poi la sera raccontiamo quando si condividono gli allenamenti e ci piace stupirli. Con Alberto ci divertiamo davvero tanto.

Va detto che negli ultimi anni ha avuto problemi fisici veri, giusto?

Questa cosa ci tengo a dirla. Tante volte il fisico non ha retto al suo motore, che è veramente notevole. Sinceramente ne ho visti pochi con la sua forza, però magari la carrozzeria non è la carrozzeria di Johan Museew. E’ un po’ più delicato, tante volte non è continuo, non ha salute. Se penso che abbiamo tribolato con l’intestino, a fare delle flebo da 4.000 euro l’una, per una cura sperimentale. Abbiamo tribolato davvero, lui perdeva sangue mentre per gli altri corridori il sangue è oro. Poi è normale che ci abbia messo anche del suo, magari trascurando una cosa o mangiandone un’altra. Però i problemi fisici non li possiamo nascondere, semmai questi crampi…

I crampi hanno fermato Bettiol anche in alcune occasioni importanti: qui alle Olimpiadi di Tokyo
I crampi hanno fermato Bettiol anche in alcune occasioni importanti: qui alle Olimpiadi di Tokyo
Ecco, una nota dolente.

Anche l’alimentazione è cambiata, ora si va per microgrammi, si fa il conto dei carboidrati, ma non è detto che tutte le volte si facciano le cose per bene. Prendiamo un tot di carboidrati per ora, però magari mancano i liquidi o i sali minerali. Tante volte si sbaglia. Deve ragionare di più, l’altro giorno mi sono arrabbiato quando ha fatto quello scatto al Fiandre con Teuns, perché poteva anche gestirlo meglio. Però l’istinto del corridore era quello ed è arrivato al traguardo senza più energie addosso. E’ arrivato al lumicino, come la lucina Garmin rossa che si mette dietro la sella…

Perché a volte ha quasi degli scatti di ira? Perché al Tour Down Under l’anno scorso tirò la borraccia all’operatore che lo riprendeva mentre aveva un crampo?

Torno indietro alla cattiveria e al suo orgoglio. Ci lavoriamo tanto, ma a volte non ce la facciamo. I miei complimenti dopo la Milano-Torino sono stati per il fatto che non abbia fatto una scenata. Pensavo che si sarebbe buttato per terra, invece è stato perfetto. Così la prima cosa che gli ho detto è stata: «Grazie che non hai fatto niente dopo l’arrivo». La cattiveria delle volte viene fuori e bisogna saperla gestire.

A sentirti parlare, la tua sembra quasi una missione…

Sì, sarò sempre dalla sua parte, lo sapete bene. Io so quanto vale e quindi è logico che stia con lui, poi è normale che vedo gli errori e glieli farò sempre presenti. Non mi tiro indietro, non mi tirerò indietro nel fargli presenti quelli che fa anche nella vita di tutti i giorni. Però Alberto è ancora quell’Alberto che piace a noi, che magari si ricorda episodi vissuti insieme che io magari ho dimenticato. Voglio bene a tutti i miei corridori, però ricreare un altro legame simile non è facile. Questo è bello, è una bella storia e me la tengo stretta.

Bettiol ha finito il Fiandre davvero al lumicino: l’attacco con Teuns è costato caro
Bettiol ha finito il Fiandre davvero al lumicino: l’attacco con Teuns è costato caro
Che cosa ti aspetti dalla Roubaix?

Innanzitutto, sono sincero, spero che abbia recuperato il Fiandre. Per il resto, è la prima Roubaix, ma lui sa spingere la bicicletta. Se non è una Roubaix bagnata, di quelle che fanno male, lui è nato per spingere. Quindi un po’ mi fa paura, perché non ha esperienza. Ne abbiamo parlato, della Foresta di Arenberg, del Carrefour de l’Arbre. Giovedì ha fatto una ricognizione di quattro ore e poi abbiamo parlato ancora, perciò c’è solo da sperare che abbia recuperato e lo vedremo subito. Io non vedrò la Roubaix, ma tanto mi telefonano e me lo dicono. Se sta coperto e guarda in basso, vuol dire che ha ancora addosso il Fiandre. Ma se vediamo un Alberto che fa dentro e fuori con la testolina nelle prime 20 posizioni, potete stare tranquilli che qualcosa di bello lo farà di certo.

Tommaso Nencini non si arrende e ci riprova nel 2022

20.12.2021
4 min
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Dopo un anno alla Petroli Firenze Hopplà e due alla Mastromarco, Tommaso Nencini (foto instagram in apertura) sperava nella chiamata tra i professionisti. Non tutto però è andato secondo i piani per il ragazzo classe 2000. E dire che l’inizio di stagione era stato promettente con la vittoria alla Firenze–Empoli.

Dopo sono arrivati alcuni problemi, tra cui il Covid, che hanno stoppato la stagione del velocista toscano che però è intenzionato a riprovarci quest’anno. La maglia è sempre quella della Petroli Firenze. Ha già iniziato a lavorare sulla prossima stagione, prima dell’intervista era in palestra ad allenarsi sulla forza.

Tommaso Nencini ha vinto la Firenze-Empoli all’inizio della scorsa stagione poi il Covid lo ha rallentato (foto Fruzzetti)
Tommaso Nencini ha vinto la Firenze-Empoli ad inizio anno (foto Fruzzetti)
Hai già iniziato a pensare al 2022.

Sì, con la squadra abbiamo rivisto un po’ il programma per la preparazione ed abbiamo fatto alcune modifiche rispetto allo scorso anno.

Quali?

Stiamo curando meglio l’alimentazione e mi sto preparando per arrivare pronto ai primi impegni della stagione. Allo staff si è aggiunto un mental coach, una figura con la quale non avevo mai avuto a che fare.

Il ruolo del mental coach sta diventando sempre più importante, è così anche per voi ragazzi?

E’ una figura di rilievo. Un corridore ha spesso bisogno di parlare e se un diesse ti insegna a muoverti in gruppo un mental coach è utile per “sbloccare” la mente in periodi no.

La Petroli Firenze al training camp sul Monte la Penna (foto Facebook)
La Petroli Firenze al training camp sul Monte la Penna (foto Facebook)
Pensi che lo scorso anno ti sarebbe stato utile nel periodo post Covid?

Credo proprio di sì. Il Covid è stata un po’ una tegola visto il periodo in cui è arrivato (dopo la vittoria alla Firenze-Empoli, ndr). Avere qualcuno che sa come mantenerti mentalmente attivo in un momento difficile fa tanto la differenza. Anche perché riprendere dopo la lunga degenza non è stato facile, gli altri andavano forte ed io invece mi sentivo indietro…

Avevi molte ambizioni per la scorsa stagione?

La più grande era passare tra i professionisti. Avevo avuto qualche contatto durante la stagione ma le mie prestazioni non sono state continue. Lo stesso Matteo Provini mi aveva detto di non dare troppo peso alle parole dette. «Non ti fare la bocca e vola basso che a parole passano tutti».

Non ti sei fatto la bocca amara…

No, ho ascoltato i consigli di Matteo e siamo pronti a rimboccarci le maniche. L’obiettivo è sempre lo stesso: correre, vincere e farsi trovare pronti. Poi quest’anno il mondiale parla ai velocisti.

Tommaso Nencini con Alberati e Fondriest vuole riguadagnarsi la convocazione ad europei e mondiali per il 2022
Tommaso Nencini vuole guadagnarsi la convocazione ad europei e mondiali per il 2022
Ci credi nella convocazione?

Ho parlato con il cittì Marino Amadori, lui in me crede molto ma come detto le cose bisogna dimostrare di meritarle. Conta poco vincere 10 corse all’inizio dell’anno e poi spegnersi, si deve essere costanti. La maglia azzurra è un premio e deve essere sempre onorata.

Avete già iniziato a pensare alla prossima stagione?

Siamo stati due giorni in ritiro in tenda su una montagna qui vicino. Un’esperienza particolare che Matteo ci teneva a farci fare. Abbiamo fatto una camminata di 6-7 chilometri portando con noi zaini e tende e siamo rimasti a dormire due notti.

Tommaso Nencini inizierà la sue seconda stagione alla Petroli Firenze, il suo quarto anno nella categoria under 23 ( foto Fruzzetti)
Tommaso Nencini inizierà la sue seconda stagione alla Petroli Firenze (foto Fruzzetti)
Un ritiro particolare.

Fa bene al gruppo un ritiro come questo. Ci si dà una mano a salire per i sentieri, abbiamo montato la tenda, abbiamo parlato molto. Se non ti parli quando non prende il telefono non lo fai più. Faremo anche un ritiro prima di Natale vicino a Piacenza in cui porteremo anche le bici (conclude con una risata, ndr).

Da dove vuoi ripartire?

Il primo obiettivo della stagione è la Firenze-Empoli, è la corsa di casa e voglio difendere il successo della scorsa stagione.

Prima il Covid, poi le vittorie: il 2021 della Mastromarco…

20.10.2021
5 min
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Non è stata una stagione facile per la Mastromarco Sensi Nibali, la squadra del presidente Carlo Franceschi. All’inizio dell’anno i ragazzi erano stati presi in toto dal Covid, poi per fortuna (e per bravura) sono riusciti raddrizzarla non poco.

Al Giro U23 quest’anno avevamo incontrato proprio l’esperto diesse, storico “papà toscano di Nibali”, il quale un po’ sconsolato ci disse allargando le braccia: «Si fa quel che si può». In realtà proprio in quel periodo i suoi ragazzi cominciavano a stare meglio. Ma un conto è iniziare a stare meglio e un conto è scontrarsi con chi è all’apice della stagione. C’è una bella differenza.

Carlo Franceschi è il presidente storico di questa società (foto S. Bernardini)
Carlo Franceschi è il presidente storico di questa società (foto S. Bernardini)

Finale scoppiettante

«Esatto – dice Franceschi – nella prima parte è andata così. E pertanto neanche abbiamo insistito troppo con i nostri i ragazzi in termini di preparazione. Il ferro per modellarlo va battuto quando è caldo e non quando è freddo. Perché non è tanto il Covid, ma quello che ne consegue. Per recuperare ci vuole un bel po’. E così li abbiamo fatti correre meno, abbiamo insistito meno con gli allenamenti. Quando poi abbiamo visto, anche dalle analisi, che stavano meglio e recuperavano bene, abbiamo iniziato a spingere di più.

«Da luglio in poi infatti abbiamo vinto quattro corse e non siamo quasi mai scesi dal podio. Per non perdere troppo tempo, dopo il Giro non siamo neanche andati in altura, ma abbiamo preferito allenarci a casa. Perché per andare davvero forte con l’altura serve un mese. E noi di tempo ne avevamo già speso abbastanza».

Franceschi parla di un anno che alla fine si è raddrizzato non poco. I suoi ragazzi sono stati bravi e adesso tre di loro passeranno con la Bardiani Csf Faizané.

«Mi passano Martin Marcellusi, Filippo Magli e Alessio Nieri. Marcellusi è il nostro corridore più conosciuto. Ha vinto la crono finale a Ponsacco e la settimana prima aveva vinto il Trofeo Mario Zanchi. Ha attaccato nel muro finale ed è stato fuori per tutto il giro, davvero una bella azione.

«Alessio Nieri (classe 2001, ndr) non ha vinto ma è un buono scalatore. Scalatore puro. E poi c’è Filippo Magli. Ecco, lui ha vinto una sola corsa, ma questo ragazzo ha una marea di buoni piazzamenti. E’ molto costante. Sono convinto che si troverà meglio nei pro’, che corrono un po’ più regolari, che nei dilettanti. Ha già fatto qualche gara sta stagista ed è stato a lungo in fuga».

Verso il 2022

Ma per una stagione che finisce c’è n’è subito un’altra che parte. L’altalena non si ferma e Franceschi ha già impostato la Mastromarco 2022.

«Sarà una squadra giovane – dice il tecnico toscano – una squadra composta da 12 ragazzi. Ho preso tre juniores. Probabilmente il prossimo anno raccoglieremo un po’ pochino e dovremmo lavorare in ottica futura per far crescere i ragazzi. Ma ci sta. Li alterneremo bene nelle corse».

«Se è più stimolante lavorare con questi ragazzi o con quelli già vincenti? Da parte mia è stimolante sia lavorare quando hai già il corridore buono, sia quando invece come il prossimo anno devi costruirlo. Ma è un tutt’uno. Tu ci lavori, lo fai crescere per far sì che diventi un cavallo di razza. E se riesci a farlo passare professionista dici: beh, ho lavorato bene. E sei soddisfatto». 

Ultime parole prima del via, sotto lo sguardo di Alberto Bettiol (foto S. Bernardini)
Ultime dritte parole del via, sotto lo sguardo di Alberto Bettiol (foto S. Bernardini)

Troppa fretta

E al discorso dei cicli, Carlo dall’alto della sua esperienza fa un discorso molto interessante, sullo stato del dilettantismo italiano.

«Per quel che riguarda gli U23 c’è davvero poco. E ‘un momento un po’ così. A volte ti capitano delle infornate in cui ce ne sono tanti e altre in cui ce ne sono molto pochi. In questo momento tra gli U23, a parte qualcosa che si è visto da Colpack e forse Zalf, non vedo grossa qualità in giro. E lo stesso tra gli juniores: qualche gara l’ho seguita».

«E poi oggi non si dà neanche il tempo di farli crescere e neanche di trovarli i ragazzi. Perché se c’è già uno juniores “buonino” lo prendono subito le squadre pro’. Al massimo fanno un anno da dilettanti. Non hai tempo di lavorarci su. Questi ragazzi sono sfruttati troppo tra juniores e il primo anno da U23. Hanno la scuola, la bici… troppa pressione. Io poi cerco di farli passare che debbono fare ancora un gradino di crescita. Invece oggi nella maggior parte dei casi non hanno più margini. E infatti fanno un anno o due… e poi vanno a cercarsi lavoro».

Di Fresco ricorda: «Quando Caruso arrivò in Toscana…»

02.06.2021
5 min
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«Se Bernal non avesse trovato Daniel Martinez – dice Di Fresco senza esitazione – Damiano avrebbe vinto il Giro. Ne sono sicuro». Il riferimento è alla tappa di Sega di Ala, in cui i due colombiani del Team Ineos sono arrivati faticosamente in cima, con la maglia rosa in salvo da un passivo ben peggiore.

Giuseppe Di Fresco è siciliano come Caruso, ma di Palermo. Ed è stato lui a portare il Damiano nazionale in Toscana quando era ancora uno junior. Anzi, la verità è che lui nemmeno sapeva chi fosse. Alla fine del 2004, aveva puntato gli occhi su un certo Provino e aveva organizzato per lui una serie di test. Fu poco prima che l’altro partisse, che il presidente della sua società, tale Guarrella, chiamò il tecnico siciliano chiedendogli da dare un’occhiata anche a un certo Caruso, figlio di un amico poliziotto.

Nel 2009 vince la seconda tappa del Giro Bio a Lonato del Garda (foto Scanferla)
Nel 2009 vince la seconda tappa del Giro Bio a Lonato del Garda (foto Scanferla)

«Si presentò che pesava 10 chili più di adesso – ricorda Di Fresco – lo portai a fare dei test da Pino Toni e vedemmo subito dei valori importanti. Poi lo portai a fare una cronoscalata, in cui si piazzò ottavo. E la sera, tornando verso casa, gli chiesi se volesse rimanere a correre con noi. Lui esitò. Disse che aveva la scuola e anche il calcio. Ma alla fine parlai anche con suo padre e si convinse. Mentre per Provino non se ne fece niente».

Viaggio in Toscana

Inizia qui la storia di Damiano Caruso nel grande gruppo, con un tecnico che da professionista aveva corso con Pantani e capiva benissimo la grinta e la voglia di arrivare che spesso passa per la testa di un ragazzino che arriva dalla Sicilia e lotta per affermarsi.

«Nella prima gara – ricorda – andò in fuga con un compagno che si chiama Cirinnà. E senza che gli dicessi niente, lo fece vincere. Ma non lavorava solo per gli altri. Quell’anno vinse la 3Tre Bresciana, facendo una tappa come quella che ha vinto al Giro. Se ne andò con uno svizzero, lo staccò e vinse la classifica. Finché, al momento di passare U23, firmò con la Unidelta di Bruno Leali».

Nella Mastromarco corre anche Jonathan Monsalve (foto Scanferla)
Nella Mastromarco corre anche Jonathan Monsalve (foto Scanferla)
Come fu che tornò con te?

Perché io l’anno dopo accettai la proposta della Mastromarco e ne divenni direttore sportivo. A quel punto lo chiamai e gli chiesi se gli sarebbe piaciuto tornare a lavorare insieme. Lui era contento, ma c’era da parlare con Leali, che a dire il vero fu correttissimo. Disse che si rendeva conto che Damiano fosse un mio corridore e lo lasciò libero.

E continuarono i progressi?

Di anno in anno, sempre meglio. Vinse il campionato italiano nel 2008 e nel 2009 una tappa al GiroBio e anche il Giro delle Pesche Nettarine, dominando la tappa regina. Non era tatticamente impeccabile, ma a volte gli riuscivano dei bei capolavori.

Ad esempio?

Ad esempio al campionato italiano. Gli chiesi di non fare il matto e di non partire subito, invece lui attaccò sulla salita dura e scollinò con un minuto di vantaggio. Non me la sentii di fermarlo e arrivò con lo stesso vantaggio, battendo Contoli e Pirazzi.

In azione nel 2009 al Gp La Torre di Fucecchio (foto Scanferla)
In azione nel 2009 al Gp La Torre di Fucecchio (foto Scanferla)
Perché dopo tanti bei risultati, nel 2010 passò professionista alla Lpr?

Perché fu l’unica squadra che parve subito interessata. E poi nel 2009 era una bella squadra, con Di Luca, Petacchi… Non si poteva prevedere quello che sarebbe successo, ma per fortuna nel contratto c’era una clausola per la quale, se non avesse fatto un numero minimo di corse, avrebbe potuto liberarsi.

Perché per fortuna?

Perché si fece avanti la Liquigas e Bordonali chiese una penale altissima. Solo che nel 2010 Damiano aveva corso poco e fu possibile liberarlo. Visto quello che si disse dopo la positività di Di Luca e altri della squadra, Damiano chiese anche di fare il passaporto biologico a sue spese, visto che la squadra non era nel ProTour, ma non gli fu permesso.

Nel 2009 ha vinto il Giro delle Pesche Nettarine e ai tricolori U23 dona la maglia a Marco Selleri (foto Scanferla)
Nel 2009 ha vinto il Giro delle Pesche Nettarine e dona la maglia a Marco Selleri (foto Scanferla)
Alla Liquigas ci fu un altro passaggio delicato, se non ricordiamo male.

Nel 2012, Damiano al Giro era in maglia bianca, ma gli venne chiesto di tirare per Basso, che però quell’anno non andava. E durante il Giro, avendo preso un nuovo procuratore, gli fu proposto di firmare per altri due anni e lui lo fece. Due settimane dopo venne avanti la Bmc, con cui sarebbe andato nel 2015. Mi chiedo spesso che cosa sarebbe cambiato.

Cosa ricordi dell’uomo Caruso?

Ha umiltà da vendere. E’ sempre stato così, ma a volte saltava di testa e succedeva sempre quando era un grande condizione. Allora magari lo mandavamo in Sicilia per una settimana e tornava rigenerato. Un anno però lo spedii giù togliendogli la bici e con biglietto di sola andata. Fu il padre dopo 5 giorni a richiamare perché lo facessimo tornare su. Ovviamente tornò e noi imparammo che con un calendario più preciso, sarebbe riuscito a correre bene e tornare a casa per rimettersi in sesto.

Era arrivano nel 2005 in Toscana per correre nel team juniores di Di Fresco
Era arrivano nel 2005 in Toscana per correre nel team juniores di Di Fresco
Quando ha deciso secondo te di diventare gregario?

Io credo – Di fresco ne è sicuro – che se avesse avuto più fiducia attorno, sul podio di un grande Giro ci sarebbe arrivato prima. Ma credo che nella sua testa la scelta sia stata soprattutto economica. Non si è mai adagiato. Ha pagato la sua casa e ha pagato la sua macchina, credo che abbia anche investito qualcosa. Me lo disse quando si cambiò la macchina e mi mandò la foto. Io gli feci la battuta sul fatto che così avrebbe sperperato tutto e lui mi spiegò di aver fatto i passi giusti. E’ sempre stato posato e intelligente e ha alle spalle una famiglia senza grilli per la testa. E questa forse è la cosa più importante.

Vincenzo, cosa dici di Caruso? E lo Squalo si scioglie

30.05.2021
4 min
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«Mi aspettavo che attaccasse – dice Vincenzo – perché avevamo parlato poco prima e gli avevo detto di stare davanti perché in discesa il gruppo si sarebbe spaccato. E Damiano è stato proprio grande e si è andato a prendere una tappa bellissima».

Verso Sega di Ala, prima che Vincenzo cada
Verso Sega di Ala, prima che Vincenzo cada

Ultimo giorno

Caldo torrido alla partenza da Senago, il pullman della Trek-Segafredo delimita una piccola oasi di ombra. Chiedere a Nibali di parlare di sé e di un Giro al di sotto delle attese sarebbe indubbiamente interessante, ma forse prematuro. Però quando gli chiediamo di fare due parole sul suo ex gregario, lo Squalo non si fa pregare. Scende dal pullman e viene a sedersi su un frigorifero da campo. Oltre la transenna, sua moglie Rachele tiene al guinzaglio un cagnolino minuscolo, che appena può scappa da tutte le parti.

«La mia storia con Damiano – riprende – inizia da un pezzo, dal Mastromarco. Io ero già passato professionista e vivevo a casa mia, lui stava nel ritiro della squadra a 100 metri di distanza. Ci allenavamo insieme, abbiamo condiviso vari periodi della nostra vita. Poi abbiamo iniziato a frequentarci con le famiglie. Veniamo da storie simili, bene o male siamo legati dallo stesso filo».

E’ il 2012, sono insieme alla Liquigas, ma a fine anno Nibali andrà via
E’ il 2012, sono insieme alla Liquigas, ma a fine anno Nibali andrà via

Un super gregario

Il ritiro di Mastromarco è una palazzina di due piani, che sotto ha la cucina e sopra le stanze. Accanto, in una rimessa, i meccanici tengono in ordine le bici. Caruso ci approdò nel 2007, quando Vincenzo era già professionista da due anni e fu come se ne avesse raccolto l’eredità. Nella stanza in cui i corridori mangiano, le loro foto si seguono, si sovrappongono, si intrecciano.

«La sua carriera – continua Nibali – lo ha portato a fare la scelta di diventare un super gregario, super davvero. Le cose cambiano con addosso la pressione di dover vincere, ma lui è arrivato qui con una grandissima condizione e so bene come si era preparato, perché eravamo insieme sul Teide. Lassù ci siamo incrociati più di una volta ed è sempre stato un farsi battute, su quanto fossimo tirati o quanto andassimo forte…».

Varie volte insieme in nazionale: qui Ponferrada 2014, debutto di Cassani
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La sua visuale

Le loro strade si erano incrociate alla Liquigas, poi nuovamente nel 2019, per un solo anno, quando Nibali lo volle con sé al Team Bahrain, nel dopo Bmc dalla quale Damiano non sarebbe andato più via.

«Ogni corridore – prosegue Nibali – ha la sua visione delle cose. Vanotti era in un certo modo, Agnoli in un altro. Damiano ha la sua visuale. Si vedeva più come uomo a disposizione di un capitano che nei panni che veste oggi. Non aveva problemi a rimboccarsi le maniche, ma ci ha sempre messo il suo contributo e fui uno dei primi a impuntarsi perché lo prendessimo nella squadra in cui ancora corre».

Al Tour del 2016 si parla delle imminenti Olimpiadi di Rio
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La Sicilia che ce la fa

Ma questo Giro non è una sorpresa e Vincenzo lo dice chiaramente. «Non saprei cosa consigliargli per il futuro – dice – perché sono scelte personali, se provare a correre da leader o continuare allo stesso modo di sempre. Una cosa però posso dirla: dopo questo Giro, Damiano ha capito di avere un grande potenziale. E non è la prima volta che lo fa vedere. Al Giro del 2019 andò anche fortissimo. Si prese la febbre nella tappa di Terracina. Veniva alle corse coperto di tutto punto, poi quando la febbre passò, nel finale andò fortissimo. Magari pubblicamente non l’ho mai ringraziato abbastanza, ma lo feci in privato. Visse giornate difficili e le superò pensando a me. Guardi la tappa di ieri e ti commuovi, perché è la faccia della Sicilia che ce l’ha fatta. E ogni volta è bellissimo…».

Al Giro del 2019 sta male nelle prime tappe, poi diventa un riferimento sulle montagne
Al Giro del 2019 sta male nelle prime tappe, poi diventa un riferimento sulle montagne

Tanto da fare

Il resto sono saluti, la spiegazione della caduta verso Sega di Ala, il polso che non fa più male e la possibilità fra stasera e domani di fare il vaccino.

«Ma non ditemi che è l’ultimo giorno di scuola – ride – vorrei fare ancora qualcosa quest’anno…».

Poi si alza e si avvia nuovamente verso il pullman, dopo una strizzata d’occhio a Rachele. Ancora poche ore e anche il suo decimo Giro d’Italia finirà in archivio. Tokyo è meno lontana di quanto si pensi, Cassani verrà presto a parlare. Forza Squalo!