Alari: un altro italiano (giovane) alla corte di Cancellara

21.12.2023
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Gli allenamenti di Samuele Alari proseguono sui rulli a causa del buio che l’inverno porta con sé. Gli facciamo compagnia per gli ultimi minuti e intanto scopriamo il secondo italiano, dopo Juan David Sierra, che andrà a correre nella Tudor Pro Cycling U23

«Finisco scuola alle 13 – ci racconta il bergamasco, in apertura nella foto Tudor Pro Cycling U23 dal ritiro di ottobre – e quando devo fare 4 ore di allenamento le divido tra strada e rulli. Mi trovo bene a lavorare da fermo. Alcuni esercizi, come gli interval training o le ripetute, escono anche meglio visto che non c’è il traffico che condiziona».

Ti stai già allenando con i programmi della nuova squadra?

Mi seguono loro da quando ho ripreso dopo l’incidente, quindi da settembre/ottobre. Mi confronto con il mio preparatore di riferimento: Jens Voet. Lui segue una parte dei ragazzi del Devo Team, me compreso. 

Che tipo di infortunio hai avuto?

Ho rotto il bacino a metà luglio, in cinque punti. Sono rimasto a letto per due mesi, è stato un periodo davvero duro, dove però ho capito tante cose. Ero fermo mentre si correvano mondiali ed europei a cronometro. Mi è dispiaciuto, perché a cronometro vado forte e mi sarebbe piaciuto testarmi su un palcoscenico del genere. 

Hai terminato la stagione a luglio, quindi il contatto con la Tudor è stato precedente all’estate?

Ci siamo sentiti poco dopo il Tour de Gironde (corso con la rappresentativa della Lombardia, ndr). Sarà stato tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. Ho parlato con Boris Zimine, che è il capo del Devo Team. Abbiamo fatto prima una chiacchierata e poi è arrivata la proposta, ho firmato nel periodo in cui ero a casa. 

Per la sua crescita sono state importanti anche le esperienza con la nazionale di Salvoldi
Per la sua crescita sono state importanti anche le esperienza con la nazionale di Salvoldi
Hai fatto qualche test?

Nessuno. Hanno voluto visionare i dati degli allenamenti e quelli delle gare. Si sono messi ad analizzare tutti i numeri. 

Come sei entrato in contatto con loro?

Grazie al mio procuratore: Massimiliano Mori e grazie al mio diesse alla S.C. Romanese: Redi Halilaj (squadra dove ha corso nei due anni da junior, ndr). Ero convinto di voler andare all’estero, ne avevo già parlato con Mori. Volevo trovare una squadra con la filosofia di crescita giusta e la Tudor è stata una scelta oculata. Ci sono stati contatti anche con altre squadre straniere e con qualche continental italiana. Ma la Tudor era quella a cui ambivo. 

Il contatto con la Tudor è arrivato dopo il Tour de Gironde corso con la rappresentativa della Lombardia (foto DirectVelo)
Il contatto con la Tudor è arrivato dopo il Tour de Gironde corso con la rappresentativa della Lombardia (foto DirectVelo)
Sei arrivato tardi al ciclismo su strada, solo da allievo di secondo anno, come mai?

Questa è stata la mia terza stagione su strada, prima correvo in mountain bike. Ho iniziato fuoristrada perché i miei genitori avevano la passione e mi portavano a pedalare. Vicino a casa mia (Telgate, in provincia di Bergamo, ndr) c’era una squadra e ho iniziato a correre da G6. La strada è arrivata dopo, come un gioco. Mi hanno fatto provare e mi sono appassionato, per me il ciclismo è sempre stato un divertimento.

Com’è andato l’adattamento?

All’inizio ho fatto fatica, quasi non sapevo andare in bici. Poi gli allenatori della squadra mi hanno insegnato tante cose: come guidare, a sentire il mezzo… Così ho imparato. Da juniores, quindi negli ultimi due anni, ho imparato tanto con Redi Halilaj. Tra me e lui c’è sempre stato un grande rapporto, anche al di fuori della bici. Ci sentiamo spesso. E anche adesso che passo alla Tudor, continuerò a sentirlo. I suoi consigli per me sono preziosi. 

La cronometro nella sua breve carriera su strada è stata l’ennesima sorpresa
La cronometro nella sua breve carriera su strada è stata l’ennesima sorpresa
I due anni da junior come sono andati?

Bene, ho imparato molto. Subito al primo anno, nel 2022, è arrivata anche una convocazione con la nazionale, a conferma del lavoro ben fatto. Nel 2023, fino all’infortunio, la crescita è proseguita sugli stessi livelli. Non ho mai avuto grandi aspettative, mi piace allenarmi e lavorare, questo sì. 

La cronometro, dove vai molto forte, come è arrivata?

Mi ha sempre affascinato come disciplina. Mi piace Remco Evenepoel, e lui a crono è una freccia (nonché il campione del mondo in carica, ndr). Ho voluto “imitarlo” e provare anche io. Mi sono reso conto di andare forte, anche senza allenamenti specifici. Una volta arrivate le prima conferme ci ho lavorato tanto. 

Una foto di tutti i ragazzi che comporranno la rosa della Tudor Pro Cycling U23 (foto Tudor Pro Cycling U23)
Una foto di tutti i ragazzi che comporranno la rosa della Tudor Pro Cycling U23 (foto Tudor Pro Cycling U23)
Alla Tudor c’è un ex cronoman come Cancellara, ti potrà guidare anche lui…

Fabian l’ho conosciuto al ritiro del mese scorso. Non ci ho parlato tanto, perché mi sono interfacciato con i responsabili del Devo Team. Però la mentalità che c’è alla base della squadra si intuisce. Anche come squadra hanno una filosofia di crescita continua nel tempo. Con loro ho visto il naturale proseguimento del percorso che ho intrapreso da juniores.

Il vuoto dentro, i tentativi e il ritiro: Benedetti racconta…

15.02.2023
6 min
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Basta guardare gli occhi nella foto di apertura, da lui pubblicata su Instagram il 7 gennaio, per capire che il cammino di Gabriele Benedetti nel ciclismo fosse al capolinea. Per contro basta guardarlo nella foto con la sua ragazza (che pubblichiamo in conclusione di questo articolo) per rendersi conto della differenza. E così ieri, anticipando la telefonata con un messaggio e un post su Instagram, il campione italiano U23 del 2021 (22 anni) ha annunciato la fine della carriera.

Non è l’addio di Dumoulin e Pinot, non fa rumore come il ritiro di Aru. Però fa capire quanto debbano essere forti le motivazioni per fare il professionista. E come basti qualcosa che si inceppa nella vita di tutti i giorni, per trasformare anche le strade di pianura in salite insormontabili.

L’ultima corsa di Benedetti è stato il Tour du Limousin, chiuso con un ritiro il 18 agosto scorso
L’ultima corsa di Benedetti è stato il Tour du Limousin, chiuso con un ritiro il 18 agosto scorso

Sfortuna cronica

Inizialmente il pensiero è andato alle mille sfortune, a causa delle quali il suo primo anno da professionista si è concluso con 16 giorni di corsa. L’ultimo in cui ha attaccato il numero sulla schiena fu il 18 agosto al Tour du Limousin. Poi la Drone Hopper si è sciolta e la prospettiva di ripartire dalla Colombia ha congelato un entusiasmo già freddo.

«E’ un po’ che ci pensavo – racconta con mezzo sorriso – già dalle vacanze di Natale. Ho parlato con Massimiliano (Mori, il suo procuratore, ndr), ero un po’ in crisi. Avete presente quando proprio non riesci a partire per l’allenamento? Ci ho provato e riprovato, mi era già capitato di avere certi pensieri. Mi sono convinto a ritentare. Ho provato anche a cambiare vita. Sono andato via di casa per vedere se avevo più stimolo. Però, niente. Facevo una settimana o due e poi mi ritrovavo al solito punto…».

Benidorm, dicembre 2021: la maglia tricolore di Benedetti al primo ritiro della Drone Hopper, con Grosu e il preparatore Borja Martinez
Benidorm, dicembre 2021: il tricolore di Benedetti al ritiro della Drone Hopper, con Grosu e il preparatore Borja Martinez
Da U23 ti piaceva la vita del corridore? 

Mi era già successo di avere dubbi nell’ultimo anno, quando ero campione italiano. Non ottenevo più quello che volevo e mi ero un po’ demoralizzato. Ho fatto il campionato italiano, poi ho avuto un incidente e mi sono rotto le costole. L’anno dopo ho iniziato da professionista ed ero contento di partire. Stavo anche bene. Nella prima gara (il Trofeo Alcudia a Mallorca, ndr) ho fatto 30 chilometri e poi mi sono sfasciato un ginocchio. Mi sono risollevato e ho preso il Covid. Un’altra gara e ho preso le placche in gola, con tanto di antibiotici. Sfortuna su sfortuna. Ho cercato di trovare la rabbia per farmi valere, però niente…

Chi era al corrente della tua situazione?

Massimiliano Mori, di queste cose parlavo con lui. I miei genitori e la mia fidanzata. Massimiliano mi diceva che ero uno che valeva, insomma di provarci. Di non preoccuparmi della squadra e la squadra infatti non c’entra niente. All’inizio, quando la Drone Hopper è diventata continental, ci sono rimasto un po’ male, come tutti. Però alla fine mi hanno sempre sostenuto. Solo non avevo più la testa per andare avanti. 

Nel 2018 Benedetti corre i mondiali juniores a Innsbruck: è al secondo anno e arriva 6° a 3’20” da Evenepoel. Con lui c’è Tiberi
Nel 2018 Benedetti corre i mondiali juniores a Innsbruck e arriva sesto a 3’20” da Evenepoel
Eppure l’anno scorso a Benidorm eri sembrato motivato…

Era la prima stagione da professionista, volevo far vedere quello che valevo. Stavo bene, il periodo nero doveva cominciare. 

Quanto è stato difficile prendere questa decisione?

Parecchio, perché poi ho sempre paura di deludere gli altri. Tanti credono in me, la gente quando esco di casa mi parla solo di ciclismo. Quindi ho guardato tanto a questo aspetto. Poi però ho capito che dovevo pensare a stare bene io. In più ci sono state anche delle vicende personali un po’ pesanti, riguardo persone del ciclismo che mi hanno fatto del male. E anche quelle hanno avuto un bell’impatto, succede quando ti fidi di qualcuno che invece ti tradisce.

Vuoi dire di cosa si tratta?

No, ma posso dire che c’è un direttore sportivo che sin dagli juniores era molto vicino a me, che non si è comportato bene. Mi sono fatto prendere, sapeva parlare bene. Insomma, da lì in poi è andato tutto male (altro Benedetti non dice, ma lascia capire che si tratta di vicende personali non legate direttamente al ciclismo, ndr).

Il 19 giugno del 2021, Benedetti diventa tricolore U23 a Bacchereto, in Toscana (photors.it)
Il 19 giugno del 2021, Benedetti diventa tricolore U23 a Bacchereto, in Toscana (photors.it)
E’ tanto che vai masticando questo malumore?

Tanto, sì. Andare in bicicletta mi piace. In queste giornate, un giretto si potrebbe fare, ma non ce la faccio. Una volta sarei partito senza pensarci due volte, invece ora ci penso anche tre.

Come immagini la tua vita?

Non ho avuto tempo di pensarci. Ho preso la decisione senza sapere cosa farò, quindi è tutto in evoluzione. Di sicuro avrò più tempo per la famiglia, mi troverò un lavoro, diventerò una persona normale. Mi impegnerò a fare altro.

Mori dice che ti sei tenuto tutto dentro perché sei molto chiuso.

Sono uno che sta zitto, che non dice niente e questo un po’ mi penalizza. Insomma, nessuno capisce come stai, quello che hai. Sono così, ci provo, ma è il mio carattere. Sono timido, forse per fare il corridore ci vuole più cattiveria.

Giro dell’Emilia 2020, nell’anno del Covid si corre il 18 agosto: Benedetti in azzurro, avrebbe dovuto correre nel Team Monti
Giro dell’Emilia 2020, nell’anno del Covid: Benedetti in azzurro, avrebbe dovuto correre nel Team Monti
Quante volte dovrai ripetere questi concetti?

Purtroppo mi aspetto anche delle critiche, oppure delle chiamate. Però ci ho pensato tanto, è la mia decisione. Quindi chiunque può pensare a quel che vuole, io faccio quel che mi sento.

Chi lo aveva capito anche prima di te?

Sara, la mia ragazza. Siamo insieme da sei anni e parliamo tanto. Lei mi ha tirato su anche nell’anno da campione italiano, perché anche lì ero giù.

Sei uno di quelli che prende le decisioni e poi non torna indietro oppure ti lasci mezza porta aperta?

Non lo so, sinceramente non lo so. Però col tempo si vedrà (Benedetti ha 22 anni, ndr). Insomma se mi ritorna un po’ di voglia, se avrò qualche possibilità. Devo solo vedere se mi passa questo momento o se non passerà mai.

L’unica ad aver capito tutto era già da un po’ la sua compagna Sara, qui in una foto della scorsa estate
L’unica ad aver capito tutto era già da un po’ la sua compagna Sara, qui in una foto della scorsa estate
A casa come l’hanno presa?

Montemarciano, il mio paese, è super appassionato di ciclismo (è lo stesso borgo dell’aretino che ha dato i natali a Rinaldo Nocentini, Francesco Failli e Marco Madrucci, ndr). Mio babbo ha corso in bicicletta e ci è rimasto un po’ così. Anche per lui era una soddisfazione, però purtroppo se ne faranno una ragione.

Averlo annunciato ti ha tolto un peso?

Ho fatto capire quel che provavo, mi sono tolto un peso perché lo tenevo dentro da tanto. Non avevo mai detto niente a nessuno. Insomma finalmente mi sento più libero.

Savino, un altro italiano all’estero: «Vi spiego il perché»

11.10.2022
4 min
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La stagione agonistica è ai titoli di coda, le gare che mancano da qui alla pausa invernale si contano sulle dita d’una mano. E’ quindi il momento, seppur cautamente, di guardare agli impegni futuri e a quel che succederà. Il tema dei giovani con la valigia in mano è caldo, è proprio questo il periodo dell’anno dove si viene a scoprire chi e perché cambierà Paese. Uno dei ragazzi che andrà oltre confine, almeno a correre, è Federico Savino: neo promesso sposo della Soudal-QuickStep Devo Team (in apertura al Giro della Lunigiana, foto Scanferla). Parlando con il suo procuratore Massimiliano Mori sono emersi dei dettagli interessanti, così ci è sembrato giusto approfondire il tutto anche con lui. 

L’incontro tra Savino ed il suo procuratore Mori è avvenuto solamente ad agosto
L’incontro tra Savino ed il suo procuratore Mori è avvenuto solamente ad agosto
Che stagione è stata?

Innanzitutto l’ho affrontata con la giusta mentalità, ovvero quella di voler far bene e divertirmi, senza l’assillo di dover trovare squadra. Ho corso con la mente libera tutta la prima metà dell’anno e buona parte della seconda, facevo il mio per andare alle corse e fare bene. Proprio per questo modo di fare sono arrivato nella parte finale di stagione con le squadre italiane abbastanza piene. Di conseguenza è emersa la necessità di trovare un procuratore

Come mai le squadre erano già piene?

Non è che fossero piene nel senso di non avere spazio. Dovete sapere che in Italia abbiamo un regolamento che non permette alle squadre under 23 o continental di prendere più di 3 corridori che hanno realizzato più di 35 punti. Io, purtroppo o per fortuna, ne ho fatti più di 35 e quindi mi sono trovato a non poter andare nelle squadre che avevo in mente.

Una regola un po’ strana questa dei 35 punti…

Non saprei, le squadre, in virtù di questa regola, scelgono quelli che secondo loro sono i tre migliori che possono prendere. In più possono accaparrarsi qualche straniero, per loro questa regola dei 35 punti non vale. Mi sono trovato a piedi, in realtà se avessi voluto una squadra l’avrei anche trovata, ma in cuor mio avevo un po’ di ambizione e mi sono trovato bloccato.

Da qui la necessità del procuratore?

Ho cercato la figura del procuratore quando ho capito che il mio futuro, ciclistico, non sarebbe stato in Italia. Il procuratore, Massimiliano Mori, l’ho trovato ad agosto. Lui mi aveva già contattato prima, ma io avevo la scuola da finire e poi ci sono state un po’ di complicazioni che hanno fatto slittare il tutto fino ad agosto. 

Che tipo di attività ti aspetti di fare?

Mi aspetto di crescere, un conto è correre solo in Italia con gente che conosci, un conto è andare all’estero dove le cose sono completamente diverse. Sono pronto a farlo e mettermi in gioco.

Tu hai fatto anche pista quest’anno, continuerai?

Fare attività su pista non è il mio obiettivo principale, mi trovo bene a correre su strada e penso che sia il mio habitat naturale. E’ anche una questione di passione, sono 12 anni che corro su strada, mentre la pista ho iniziato a farla solamente da quest’anno. 

Per il giovane pisano non è facile coordinare tutti gli impegni e probabilmente abbandonerà l’attività su pista
Per il giovane pisano non è facile coordinare tutti gli impegni e probabilmente abbandonerà l’attività su pista
Come è entrata nel tuo mondo?

Ho fatto un test a Montichiari, sono stato selezionato per formare la squadra. Sono andato un po’ di volte ad allenarmi ed ho partecipato all’europeo su pista, è stata un’esperienza davvero unica che rifarei volentieri. 

La pista può insegnare molto, sei sicuro di volerla accantonare?

Sicuramente potrebbe insegnarmi ancora tanto, ma la pista toglie tempo all’attività su strada, sia in ore di allenamento che psicologicamente. Io abito a Pisa e per andare al velodromo di Montichiari, l’unico al chiuso vicino a casa mia, ci metto 6 ore di macchina tra andata e ritorno. Se avessi una pista vicina non avrei abbandonato questa disciplina così a “cuor leggero”. Paradossalmente – dice ridendo Savino, anche se la cosa è preoccupante non tanto per lui ma per le condizioni del ciclismo italiano – ci metto meno ad andare e tornare in giornata dal Belgio piuttosto che andare a Montichiari.

Anche per questo non ti trasferirai definitivamente?

Ho parlato anche con i diesse della Quick Step, andrò su in Belgio per dei brevi periodi, soprattutto in prossimità delle corse. Trasferirsi da solo non è semplice, farlo gradualmente è la cosa più giusta da fare, ed anche loro sono d’accordo con questa scelta. Anche perché per il momento ho ancora la scuola da finire, ci sarà tempo per fare tutto.

Savino in Belgio per crescere sulle orme di Remco

29.09.2022
5 min
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Anche Federico Savino, uno degli juniores azzurri a Wollongong (in apertura con il compagno Conforti, foto Valerio Pagni), farà la valigia e andrà a correre all’estero. Destinazione Belgio, nella Soudal-Quickstep Devo Team, vivaio del team WorldTour di Lefevere. La decisione è stata presa il primo agosto, quando il toscano della Work Service-Speedy Bike aveva già vinto la tappa alla Corsa della Pace in maglia azzurra.

Aggancio Bramati

A raccontarci la scelta e gli argomenti che l’hanno determinata è Massimiliano Mori, agente di Savino ed ex professionista, cui a precisa domanda su cosa volesse fare da grande, il corridore espresse direttamente la volontà di andare all’estero.

«Quando ci siamo conosciuti – racconta Mori – me lo disse chiaramente. Così gli chiesi in quale squadra gli sarebbe piaciuto andare. Si pensava alla Groupama, il Team DSM oppure la Jumbo. Siccome però ho Cattaneo alla Quick Step-Alpha Vinyl con Bramati e sapevo che anche loro avrebbero fatto un team di sviluppo, ho chiesto proprio a Davide. Lui mi ha confermato e poi mi ha chiesto se avessi un corridore buono. Io gli ho fatto il nome di Savino e lui lo conosceva. E’ nato tutto così».

Massimiliano Mori è stato pro’ dal 1996 al 2009. E’ stato iridato juniores della 70 km a squadre
Massimiliano Mori è stato pro’ dal 1996 al 2009. E’ stato iridato juniores della 70 km a squadre
Come è proseguita?

Ho parlato con Johan Molly che è un loro talent scout e con il direttore sportivo Kevin Hulsmans. La squadra c’era già anche prima, si chiamava Team Elevate p/b Home Solution Soenens. E quando Lefevere ha deciso fare un devo team della WorldTour, ha scelto di lavorare con loro. 

Secondo te è una buona soluzione? 

Il ragazzo è alto 1,92, va forte sul passo, ma si difende bene anche in salita. La Groupama era interessata, però la tiravano lunga. Lui mi diceva di aspettare, ma alla fine, quando gli ho fatto il nome della Quick Step, s’è deciso subito.

Pochi minuti prima del mondiale. Savino è alto 1,92: sulle strade del Nord potrebbe andare a nozze
Pochi minuti prima del mondiale. Savino è alto 1,92: sulle strade del Nord potrebbe andare a nozze
Nessun dubbio?

Al primo impatto mi ha chiesto se dovesse stare in Belgio, ma hanno risposto che finché ha la scuola, non sarà necessario. Lui abita a Pisa e il volo per Charleroi c’è tutti i giorni, per cui si sfrutterà questa cosa qui. Rimarrà a casa, ma magari se ci saranno tre corse ravvicinate, rimarrà in Belgio. Secondo loro tenere ragazzi italiani fissi in Belgio è un po’ dura. Per cui finirà la scuola e poi magari a giugno starà più tempo con la squadra. Non avrà problemi a organizzarsi.

Perché subito una squadra straniera?

Può darsi che ci sia la voglia di fare esperienze che in Italia forse farebbe di meno, ma in realtà ha detto di voler andare perché pensa che sia importante per la crescita. Io devo cercare di accontentare i corridori, naturalmente non penso che sia obbligatorio andare all’estero. In Italia aveva parecchie richieste, lo volevano un po’ tutti, ma ha scelto così.

Belletta con il 21, Savino con il 22, Scalco con il 24 alla firma dei campionati del mondo
Belletta con il 21, Savino con il 22 alla firma dei campionati del mondo
Ai belgi sta bene che faccia anche pista?

Non lo so se ci punterà ancora. Questo è un pensiero mio: da quello che ho capito, forse la pista la accantonerà un po’. Agli europei non ha fatto il quartetto e non gli va di fare la riserva. Però non ne abbiamo parlato troppo chiaramente, non so cosa pensi davvero.

La famiglia che ruolo ha avuto?

Ha fatto tutto lui, di testa sua. La famiglia ha chiesto a me informazioni, se fosse un percorso giusto. Io gli ho dato le mie spiegazioni e poi ho detto bisognerà provare. Penso che sia una scelta giusta, anche perché in certe squadre vorrebbero andarci tutti.

Savino volata 2022
Alla Corsa della Pace di maggio, Savino ha vinto la tappa di Terezin, battendo Kadlec
Savino volata 2022
Alla Corsa della Pace di maggio, Savino ha vinto la tappa di Terezin, battendo Kadlec
Hanno spiegato che tipo di attività gli proporranno?

Hanno spiegato prima a me che la squadra quest’anno ha fatto il Giro d’Italia e verranno ancora per il Piva e le altre internazionali in Veneto. Io a mia volta ho spiegato tutto a Federico. E quando lui ha detto di sì, c’è stata una telefonata a tre, in cui gli hanno ripetuto quello che già sapeva. Così non ha avuto tanti dubbi, è stata una decisione veloce. Abbiamo firmato per due anni.

Tu sei stato campione del mondo juniores, quanto è cambiato il mondo dei tempi tuoi?

Tantissimo, non c’è confronto. Io facevo parte della nazionale, correvo parecchio, però non mi sognavo assolutamente di passare diretto dagli juniores, nonostante sia passato anch’io abbastanza veloce per quei tempi, avendo fatto solo due anni da dilettante. A certe cose proprio non si pensava. Ci fu solo uno della mia età, Frank Vandenbroucke pure lui del 1974, che passò direttamente, ma non c’era questo pensiero. Savino non va in una squadra di professionisti, mentre Conforti, che seguo anche io, è andato con Reverberi. I ragazzi lo chiedono, perlomeno quelli più bravi. Il pensiero ce l’hanno. Savino invece ha ascoltato quello che gli ho detto.

Savino, secondo da destra dopo Belletta, ha corso a Wollongong, ma si è ritirato
Andrà in Belgio prima di fine stagione?

Hanno già fissato un incontro prima dell’inverno. Le misure della bici le hanno già, andarci servirà per conoscere un po’ l’ambiente. Federico parla un po’ di inglese, però sia Molly sia Hulsmans, che ha corso in Italia e parla molto bene l’italiano, hanno rassicurato che la lingua non sarà un problema. Tante cose sembrano un po’ strane, il ciclismo sta cambiando veloce e devi andare dietro ai ragazzi. Proporre quello che c’è in giro. Loro sono una squadra belga, ma il fatto che gli permettano di non andare su all’inizio è una buona cosa.

Procuratori, gelati, Ulissi e juniores: vi ricordate di Mori?

24.06.2021
6 min
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Dice Massimiliano Mori che se Diego Ulissi fosse nato una decina d’anni dopo, sarebbe passato professionista direttamente dagli juniores. Uno che vince due mondiali di fila, tra gli under 23 non ci poggerebbe neppure il cappello.

«Però non sarebbe lo stesso un modo sano di fare – riflette – perché al di là delle conoscenze superiori a disposizione oggi di uno junior, il fisico è sempre quello di un ragazzo di 18 anni. E le fatiche tra i professionisti, se possibile, sono ogni anno superiori».

Mori e Fornaciari al Fiandre 2008: singolare che entrambi ora lavorino nel mondo del gelato
Mori e Fornaciari al Fiandre 2008: singolare che entrambi ora lavorino nel mondo del gelato

I tre Mori

Massimiliano Mori, fratello di Manuele (ritirato nel 2019) e figlio di Primo (vincitore di una tappa al Tour 1970), è diventato campione del mondo juniores 1992 della 70 chilometri a squadre (assieme a Martini, Velo e Romio). Poi è stato professionista dal 1995 al 2009 e da circa cinque anni è tornato nel ciclismo come procuratore. Nel 2005, ancora corridore, si era dedicato alla sua azienda gelatiera, al punto che oggi ne produce per una trentina di negozi, rifornisce alcuni punti Conad e ha pure i suoi tre punti vendita.

«Non siamo la Sammontana – sorride – ma ce la caviamo. Un giorno però mi cercò Marco Piccioli, che fa l’agente nel calcio ed è un appassionato di ciclismo. Fra i suoi atleti aveva anche Vieri, per intenderci, ma non conosceva corridori. Così ho accettato di aiutarlo, sono l’ultimo arrivato. Lavoriamo in squadra. Marco si occupa dell’aspetto contrattuale, io individuo i corridori che mi piacciono e gli sto vicino dando qualche consiglio. Non avendo fatto il corso Uci, per firmare i contratti ci avvaliamo dell’avvocato Mari».

Massimiliano con suo padre Primo e il fratello Manuele, ritirato nel 2019 (foto Instagram)
Massimiliano con suo padre Primo e il fratello Manuele, ritirato nel 2019 (foto Instagram)
Come si fa a prendere un corridore?

Non con le promesse, anche se ci sono alcuni che ne fanno tante. Uno che ti promette lo squadrone, genera aspettative sbagliate. Chi ci casca lo trovi, dipende dal corridore. Oggi le cose sono cambiate.

Sotto quale punto di vista?

Quando correvo io, nelle squadre il procuratore era visto come quello che mangiava sulla pelle dei corridori. Oggi sono i corridori che ti cercano, perché pensano che se non hanno il procuratore giusto, restano esclusi.

Così anche i team manager hanno cambiato opinione?

Direi di sì. Loro sono quelli che firmano i contratti, ma per noi spesso è più semplice parlare con i direttori sportivi, perché hanno una miglior conoscenza degli atleti. 

E’ stato Mori a suggerire a Cattaneo il passaggio all’Androni per rilanciarsi nel WorldTour
E’ stato Mori a suggerire a Cattaneo il passaggio all’Androni per rilanciarsi nel WorldTour
Aver corso è un vantaggio?

Secondo me sì. Marco Piccioli prima di fare qualunque movimento, chiede prima a me. In più considerate che tanti team manager e direttori sportivi sono stati miei compagni o correvano nei miei anni ed è un vantaggio.

Sei di quelli che va a pescare fra gli allievi?

No, sono contrario che si vada tanto a ritroso. E’ un male. C’è tanta competizione, si cerca sempre di anticipare, ma alla fine si fa danno al ragazzo. Gli allievi si lasciano stare, invece ho messo il naso fra gli juniores. Ero contrario, ma anche stufo di arrivare sempre dopo e così mi sono adeguato.

Quanto vi paga uno junior?

Sei matto? Non paga niente neanche da under 23. Il procuratore non va pagato secondo me fino al passaggio al professionismo, ma certo nel momento in cui si rivolgono a noi, si aspettano proprio di passare. Ed è complicato, c’è da valutare i singoli casi. Io sono contrario al passaggio subito, meglio firmare e fare un altro anno da under 23. Alcuni lo capiscono, altri fanno fatica e magari pensano che tu non sia un bravo procuratore.

Nella sua scuderia anche Benedetti, fresco tricolore U23 (foto Instagram)
Nella sua scuderia anche Benedetti, fresco tricolore U23 (foto Instagram)
Benedetti, fresco tricolore U23, l’ha capito…

Lo scorso anno avevo già la squadra per farlo passare, ma il ragazzo preferì rimanere ancora U23 perché non si sentiva pronto e aveva fatto poche gare. Il contrario del pensiero che va per la maggiore.

Perché a volte il corridore manda avanti il procuratore per le sue esigenze in squadra?

E’ una cosa che capita, anche se a mio avviso il rapporto primario deve essere fra corridore e team. Può capitare che serva un’intermediazione, ma sulla bicicletta ci va il corridore e lui non è di proprietà del procuratore. Noi siamo di supporto, altrimenti si torna a quando pensavano male della categoria.

Davvero oggi Ulissi passerebbe subito?

Uno che vince due mondiali da junior avrebbe l’asta. Su di lui ci sono sempre state aspettative immense, pensate che peso sarebbero state se fosse passato subito. La differenza grossa è che oggi uno junior ha accesso alle stesse conoscenze dei professionisti, mentre io ad esempio di Bugno o Chiappucci non sapevo niente. A 18 anni il fisico è sempre quello. Puoi passare, puoi essere precoce, ma quanto duri?

Con Spalletti, il socio Marco Piccioli e Diego Ulissi (foto Instagram)
Con Spalletti, il socio Marco Piccioli e Diego Ulissi (foto Instagram)
Che rapporto hai con Diego: si parla solo di contratti o anche di vita?

E’ un fratello, quando ci vediamo parliamo di tutto. Di vita, di contratto e di corse. Se posso, un consiglio si dà sempre. Si dice che non vince abbastanza, ma se dovesse centrare una Liegi, allora il suo palmares assumerebbe un’altra dimensione. E’ un ragazzo umile ed educato. Quando quest’inverno ha avuto i problemi di cuore e poi nella ripresa, gli siamo stati vicinissimi.

Facendo cosa?

Lo abbiamo assistito per il discorso delle visite. E poi quando ha ripreso, scherzando durante il Giro gli dicevo che a causa sua si potrebbero rivedere le teorie dell’allenamento. Perché ha saltato l’inverno e non è andato in altura e ugualmente ha chiuso il Giro in crescendo meglio di quelli che lo avevano preparato da novembre.

Chi altri c’è nella tua squadra?

Non è bello fare l’elenco, però ad esempio sono contendo di come stanno andando le cose con Mattia Cattaneo e la Deceunick-Quick Step. Quando vidi che alla Lampre non andava, fui io a proporgli di andare all’Androni. E ora è tornato nello squadrone ed è contentissimo di starci, tanto che a breve rinnoverà per due anni.

Sono sempre rose e fiori?

Sarebbe troppo bello, ma a volte capitano anche i colpi bassi. Te ne fai una ragione e vai avanti, anche se magari sul tale corridore hai investito del tempo, lo hai consigliato e sai di aver sempre fatto il suo interesse. Ma si va avanti, ci mancherebbe. Si va avanti lo stesso.

P.S. Richiesto sul tema, Diego Ulissi ha dimostrato ancora una volta di avere la testa sulle spalle, anche perché forse il peso di passare a 21 anni è stato ugualmente importante.
«Oggi credo che la soluzione migliore per crescere – ha detto dopo aver concluso il Giro dell’Appennino – è fare un paio di anni in squadre continental. Non tante gare, ma iniziare ad assaggiare il professionismo. Io dovevo fare un solo anno tra i dilettanti, poi fu una decisione mia farne due, perché quell’anno mi ammalai. Presi mononucleosi e citomegalovirus e mi concessi un anno in più. Penso che comunque un percorso di crescita graduale sia sempre la soluzione migliore per il bene del ragazzo fisica e mentale».