Coppa del mondo Ciclocross, Sardegna, Merceddì, 6 dicembre 2025, Gioele Bertolini

Marceddì, prove di percorso. Bertolini fa sul serio

06.12.2025
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MARCEDDI’ – L’anziana signora dice che una volta qui c’era tutto. Sua madre faceva il pane e c’era anche una sala da ballo. Adesso invece non c’è nulla, tranne i pescatori, una laguna, un paio di locali e il senso di essere sull’orlo di un salto. Come quando ti affacci a Lisbona e di là percepisci il vuoto dell’Atlantico. Un’oretta prima che i corridori comincino a girare, lei si alza e se ne va camminando piano. Dice che il 30 dicembre compirà 90 anni e tutto il lavorìo di Flanders Classics per l’allestimento della Coppa del mondo l’ha molto colpita. La prova percorso inizia alle 14, i corridori prendono contatto con la sabbia grossa e le tante pozzanghere lasciate dalla pioggia dei giorni scorsi.

Michael Vanthourehout spinge dai primi giri e forse si ricorda di quando vinse la prova di Coppa italiana sulla neve di Vermiglio. Il quadro oggi è diametralmente opposto, l’aria è mite, ma quando le nuvole coprono il sole, le giacche vengono chiuse. Fanno eccezione i corridori, che si fermano per lavare la bici e ne approfittano per farsi risciacquare anche i copriscarpe. La sabbia non è quella delle spiagge del Nord, sembra piuttosto quella pietrosa dei cantieri edili e il rumore dei dischi già dopo un giro fa pensare che le bici torneranno a casa ridotte a malpartito.

«Avremo tante bici da buttare», mormora Luca Bramati intercettando il nostro sguardo. Poi, quando le sue ragazze si fermano alla transenna, il bergamasco si avvicina e chiede come vada con la pressione delle gomme. Per ora la decisione è di gonfiare a 1,2 bar davanti e dietro: si vedrà domattina se la notte avrà compattato la sabbia e bisognerà cambiare qualcosa.

Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e si allena davvero forte
Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e oggi a Marceddì si allena davvero forte
Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e si allena davvero forte
Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e oggi a Marceddì si allena davvero forte

Il mistero del Vito

In mezzo ai box della sua squadra c’è anche Alessandro Guerciotti, accompagnato a Marceddì da suo padre Paolo. Ci facciamo spiegare come proceda l’omologazione della nuova Vito a causa della quale è stata squalificata Giorgia Pellizotti agli europei e finalmente riusciamo a capire cosa non andasse. La bici dedicata a Di Tano ha i foderi posteriori sfalsati e quello che si congiungeva al telaio più in alto era fuori dal quadrilatero in cui tutto deve essere compreso.

«Per fortuna la parte monoscocca – dice Alessandro – è il triangolo principale. Dietro il carro è fasciato, per cui abbiamo modificato le misure e mandato i nuovi telai all’UCI per l’approvazione. Se fosse stato tutto monoscocca, avremmo avuto un problema. Per fortuna le bici non ci mancano – aggiunge sorridendo – e siamo riusciti a far correre tutti. Sono contento di come sta andando la squadra e l’assenza di alcune big fa sì che le nostre ragazze potranno misurarsi al livello più alto e su un percorso non estremo, mettendosi alla prova».

La grinta del Bullo

Uno che ci sta dando dentro e che non si è mai fermato è Gioele Bertolini. La sua maglia tricolore con le scritte della ALE Colnago si va coprendo di terra, mentre lui esce in rilancio dalle curve e galleggia sulle pozzanghere copiose del percorso. Anche quando il sole inizia a calare, lui gira ancora, come Filippo Agostinacchio spuntato all’ultimo e arrivato in Sardegna al mattino sul volo dei Guerciotti. Così quando Bertolini si ferma, alla fine delle due ore di prova, ci avviciniamo incuriositi. Più che una prova percorso, il suo è stato un vero allenamento.

«Diciamo che ho cambiato un po’ il mio format del sabato – spiega – mi piace provare il percorso in modo più brillante. Ho provato qualche punto in cui sicuramente si farà la differenza, però sono certo che domani il percorso cambierà ancora e quindi la prova decisiva sarà quella prima della corsa. Sicuramente c’è molta acqua e in certi tratti non si vede sotto, quindi bisogna rimanere sempre vigili perché può scivolare la ruota davanti e una caduta può essere fatale. Invece è importante prendere i tratti di sabbia con la giusta velocità, prendere subito le canaline per continuare nel modo giusto. Se si sbaglia all’inizio, si perde tanto ritmo e si pagano veramente tanti secondi. Vista la pioggia, credevamo che si compattasse di più, così invece si creano le canaline ed è importante fare velocità altrimenti il rischio è quello di piantarsi».

La scelta di campo

Marceddì è un borghetto in mezzo al nulla, in un silenzio di natura che stamattina, quando ancora tutto era immobile, suggeriva di respirare piano per non disturbare la quiete dei gabbiani e lo sciabordìo del mare. Si è ragionato a lungo sull’opportunità di scegliere luoghi così lontani o se non valesse la pena – volendo comunque correre in Sardegna – provare un percorso a Oristano che è qui vicino oppure direttamente a Cagliari. Non fanno così a Benidorm, riempiendo i parchi cittadini di appassionati, passanti e turisti qualunque?

«Ma la Coppa del mondo in Italia – dice Bertolini – fa sempre piacere. Proviamo a dare il meglio e per quanto mi riguarda sarò contento se riuscirò a fare una top 15. E’ la mia prima gara di Coppa, non ho ancora le misure su belgi e olandesi, quindi domani scoprirò la mia vera posizione internazionale di quest’anno e poi speriamo di continuare a migliorare».

I meccanici soffiano aria nebulizzata sui telai e nelle parti meccaniche. Questa sabbia graffia a fondo, dice uno di loro, bisogna lavorare di fino. Per questo alcuni mandano via il grosso dello sporco, ma si riservano di finire il lavoro in hotel. Il pomeriggio volge al termine, il sole cala sul mare. Domattina il silenzio di Marceddì sarà riempito dallo sferragliare di ruote e freni nelle due gare di Coppa.

Van der Poel vince, Van Aert sorride. Prima sfida a Loenhout

28.12.2024
5 min
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C’è stato da attendere anche più del dovuto per assistere alla sfida tra Van der Poel e Van Aert nel ciclocross, alla fine fissata a Loenhout. I problemi al ginocchio del secondo hanno consigliato una programmazione mirata e posticipata anche più di quella del campione del mondo. Era chiaro che, al momento del via, la differenza fra i due (nella foto di apertura Instagram Alpecin-Deceuninck/Photonews) ci sarebbe stata, sostanziale ed evidente. Eppure alla fine può essere proprio lo sconfitto, Van Aert, a sorridere maggiormente visto com’è andata la sua “prima”.

L’arrivo solitario di Van der Poel, alla sua quarta vittoria stagionale (foto Instagram Alpecin-Deceuninck/Photonews)
L’arrivo solitario di Van der Poel, alla sua quarta vittoria stagionale (foto Instagram Alpecin-Deceuninck/Photonews)

Un’invasione di gente (e pioggia di euro…)

Teatro della sfida, l’Azencross, inserito nel circuito Exact Cross, fuori da quelli principali eppure attesissimo e con la gente assiepata intorno al percorso: «C’erano almeno 25 mila persone – racconta un testimone d’eccezione, il diesse della Fas Airport Services Guerciotti Luca Bramati – e calcolando 25 euro a biglietto significa un’entrata solo da questa voce, per gli organizzatori, di 650 mila euro. A quel punto pagare un ingaggio da sogno a VDP o Van Aert non è poi difficile…».

La cronaca della gara è presto fatta: sin dal via Van Der Poel ha provato a fare la differenza, ma prima uno scatenato Tim Merlier (alla fine lo sprinter della Fenix Deceuninck ha chiuso 9°) e poi soprattutto Laurens Sweeck sono rimasti a contatto con l’olandese, che solo dopo 3 tornate ha fatto la differenza. Un dominio posticipato, che per Bramati ha precise ragioni tecniche.

Il podio finale con l’olandese fra Nys e Sweeck, giunti a 14″ (foto Weldritkrant/Bram Van Lent)
Il podio finale con l’olandese fra Nys e Sweeck, giunti a 14″ (foto Weldritkrant/Bram Van Lent)

Il problema delle gomme

«Si è visto che all’inizio Mathieu era molto nervoso. A un certo punto ha urlato qualcosa ai box, poi è entrato cambiando la bici per poi cambiarla di nuovo e allora se n’è andato. Io ho avuto la sensazione che avesse sbagliato la pressione delle gomme e che quindi non riuscisse a galleggiare. Appena gli hanno dato il giusto assetto, non c’è più stata storia».

La supremazia di Van Der Poel, alla sua quarta vittoria in 4 gare, è schiacciante forse anche più che negli anni scorsi: «Quando ha disputato e vinto la prima gara, ero al fianco di suo padre Adri, mio avversario di tante battaglie e mi diceva che sapeva come per gli altri non c’era storia. Mi ha detto che Mathieu quand’è in piena spinta tocca anche i 2.000 watt nella fase di rilancio, chi può esprimere la stessa potenza? Oggi c’è poco da fare, gran parte delle gare di ciclocross si giocano sulla potenza pura e infatti in questo momento è ciò che fa la differenza fra i due grandi e uno come Nys».

Per Van Aert un esordio molto positivo, al di là delle cadute e dei problemi di guida (foto Visma-Lease a Bike/Corvos)
Per Van Aert un esordio molto positivo, al di là delle cadute e dei problemi di guida (foto Visma-Lease a Bike/Corvos)

Van Aert e le curve legnose

Sul campione europeo, che a Loenhout ha chiuso secondo a 14” dall’olandese, Bramati spende molti elogi: «E’ davvero notevole, lo vedo crescere ogni volta che gareggia. Tecnicamente è già al livello dei due, gli manca la potenza e quella l’acquisisci solo con gli anni. Se continua, credo che li raggiungerà».

Intanto a Loenhout è finito davanti a Van Aert, alla fine quarto a 36” dopo due cadute che hanno inficiato una prestazione sicuramente superiore alle previsioni: «Wout l’ho visto davvero bene, fisicamente è già a un ottimo livello, gli manca naturalmente la dimestichezza del gesto. In curva è particolarmente legnoso, infatti Nys gli guadagnava sempre e le sue due cadute sono avvenute proprio lì. Se in curva perdi anche solo pochissima velocità rispetto a chi ti è vicino, ti ritrovi a dover recuperare metri e perdere quindi energie preziose. E’ evidente che ha grandi margini di miglioramento, ma di gare ne farà poche, meno che il suo rivale».

Il belga, qui nel riscaldamento pregara, dovrebbe disputare altre 4 prove di ciclocross (foto Visma-Lease a Bike)
Il belga, qui nel riscaldamento pregara, dovrebbe disputare altre 4 prove di ciclocross (foto Visma-Lease a Bike)

Sfida mondiale? A una condizione…

Molti dicono che Van Aert lasci una porticina aperta a una partecipazione al mondiale, ma per chi è dell’ambiente è una possibilità molto remota: «Conosciamo bene l’ambiente della Visma-Lease a Bike, è una squadra che programma sempre tutto a lunga scadenza e difficilmente cambia. Wout potrebbe ripensarci solo se davvero si accorgesse che può raggiungere il livello del rivale e batterlo nella gara iridata, ma è un’eventualità che reputo molto difficile che si realizzi».

La nota sorprendente di giornata è stato Sweeck, finito terzo dopo aver speso tantissimo per restare con il vincitore. Anche nelle sue dichiarazioni post gara c’era netta la sensazione di aver voluto provare ad andare oltre i limiti, non sentendosi battuto in partenza contro VDP: «Ci credo poco – sentenzia Bramati – tutti gli altri sanno bene la differenza che c’è, soprattutto come detto a livello di forza pura. Non era tanto Sweeck, che pure è un buon corridore ma nulla più, ad andare oltre i limiti, quanto l’olandese che non trovava l’assetto giusto per esprimersi. Quando tutti i tasselli sono andati al posto giusto non c’è stata più gara».

Tra gli juniores grande prestazione di Patrick Pezzo Rosola, secondo a 5″ dal ceko Krystof Bazant (foto Exact Cross)
Tra gli juniores grande prestazione di Patrick Pezzo Rosola, secondo a 5″ dal ceko Krystof Bazant (foto Exact Cross)

E Viezzi intanto cresce…

Una nota a margine riguarda Stefano Viezzi, unico italiano in gara, finito ventunesimo a 3’47”, uno dei migliori U23 della gara: «E’ stato bravissimo, conferma la mia impressione, che sia l’unico che davvero potrà competere a quei livelli. Ha fatto una scelta azzardata andando a correre e a vivere alla Fenix, ma era necessaria, perché ormai il ciclocross è lì che ha casa. Se si pensa che uno come Sweeck, per me uno dei tanti, guadagna fino a 350 mila euro l’anno, allora si capisce come non ci sia modo di competere e stando alla Guerciotti ne ho la piena consapevolezza, considerando i sacrifici che si fanno per far correre i ragazzi all’estero. E’ tutta una questione di soldi, sono quelli che scavano il solco».

Esordio in Coppa, per la Bramati il bicchiere è mezzo pieno

25.11.2024
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La prima tappa di Coppa del Mondo ad Anversa era riservata solamente alle categorie maggiori, con gli Under 23 chiamati a correre fra gli Elite. Erano 8 gli italiani in gara, 5 uomini (il migliore è stato Stefano Viezzi, 30° nella prima volta fra gli “adulti”) e 3 donne. Fra loro Lucia Bramati, anche lei chiamata a confrontarsi fra le più grandi, ma per la figlia d’arte non è certo una novità…

Il podio della gara femminile, vinta dalla Van Empel su Brand e Schreiber, lussemburghese prima delle U23
Il podio della gara femminile, vinta dalla Van Empel su Brand e Schreiber, lussemburghese prima delle U23

La sua voce quand’è ancora ad Anversa, in attesa di un volo di ritorno programmato solo per la tarda serata, è squillante. Il suo 7° posto di categoria ha pur sempre un certo peso: «E’ una tappa nella mia stagione, iniziata un po’ così. La mia estate è stata resa molto complicata dal ritorno della mononucleosi, dopo 5 anni che mi ha dato grossi problemi a fegato e milza e fatto stare un mese e mezzo senza bici. Ho saltato buona parte dell’annata di mtb e ripreso con calma con il ciclocross, andando sempre un po’ di rincorsa. Ancora oggi non sono nella miglior condizione, ma la prestazione mi ha lasciato soddisfatta».

Che clima avete trovato ad Anversa?

Siamo stati fortunati perché fino a sabato c’era tanto freddo e vento forte – racconta la Bramati – Durante la giornata di gare invece il vento è rimasto, ma la temperatura si è elevata fino a 19°. Il problema erano proprio le folate nella parte orientale del tracciato, dove c’erano lunghi rettilinei. Se non trovavi qualcuno a cui accordarti restavi esposto al vento contrario che ti respingeva.

Ancora un 4° posto per la Casasola, unica vera alternativa allo strapotere olandese
Ancora un 4° posto per la Casasola, unica vera alternativa allo strapotere olandese
Com’è stata la tua gara?

Io sono partita dalla quinta delle 7 file previste, quindi ero un po’ indietro e chiaramente tutte cercavano di avanzare perché in fondo al rettilineo c’era la curva che fungeva da strettoia, era difficile anche restare in piedi. Poi c’erano due strappi a piedi, la gara iniziava praticamente lì. Il percorso presentava anche punti sabbiosi e io non sono molto abituata ad affrontarli, questo è un po’ un gap che abbiamo tutti noi italiani visto i tracciati delle principali gare. Ma alla fine ero contenta perché li ho affrontati tutti in bici, senza mettere piede a terra, facendo meno fatica e preservando le gambe.

La Bramati agli Europei, dove insieme all’oro in staffetta aveva chiuso settima fra le U23
La Bramati agli Europei, dove insieme all’oro in staffetta aveva chiuso settima fra le U23
Quanto cambia nel correre insieme alle Elite? Cosa che tra l’altro in campo femminile è ordinaria amministrazione, anche nelle sei tappe con le prove per categorie inferiori, la gara U23 sarà solo al maschile…

Cambia tanto, perché hai riferimenti diversi. Intanto consideriamo che le più forti della categoria sono tutte lì davanti, a lottare fra le prime 10. Io poi sono cresciuta gareggiando sempre con le più forti, anche quand’ero junior non c’era la prova per la categoria più giovane, è stata sdoganata dopo che sono passata. Le gare U23 sono solo quelle titolate, in queste occasioni d’altro canto saremmo troppo poche. Io poi penso che essere con le Elite sia un vantaggio, perché corri al massimo livello, a blocco, per 50 minuti non respiri praticamente mai. L’unica difficoltà è che siamo differenziate da loro attraverso il colore del pettorale, quindi ogni volta che superi o vieni superata devi stare attento al numero della concorrente…

Tu hai sulle spalle il peso di un cognome importante per il ciclocross italiano. Avere tuo padre Luca Bramati che è anche il diesse del team Fas Airport Services Guerciotti Premac dà più o meno vantaggi, è più genitore o allenatore?

Io dico che è un vantaggio, questa sua doppia veste la vivo in modo molto sereno, per me non cambia nulla. Anzi, poter affrontare le trasferte insieme a lui mi dà serenità, mi consente di concentrarmi maggiormente sulla gara non dovendo pensare ad altro e averlo al mio fianco mi rende più sicura.

Thibau Nys (n.18) era il favorito della vigilia, ma il campione europeo non è andato al di là del 12° posto
Thibau Nys (n.18) era il favorito della vigilia, ma il campione europeo non è andato al di là del 12° posto
Il 7° posto di categoria che cosa rappresenta?

Un passo avanti nella mia stagione. Venivo da una buona piazza d’onore in Svizzera, qui sono finita dietro nel computo generale, ma vedo che sto guadagnando posizioni rispetto alle mie pari età rispetto ad esempio agli Europei, dove comunque non me l’ero cavata male sempre in riferimento ai problemi prestagionali. Quel che mi manca è assaporare il gradino più alto del podio, finora non ci sono mai riuscita, sarebbe uno step ulteriore.

Continuerai a seguire lo sviluppo della Coppa?

Sì, a dicembre e gennaio la mia attività sarà soprattutto all’estero, per cercare di crescere ulteriormente ed essere al top per le gare del nuovo anno a cominciare dai campionati italiani e guadagnarmi così la selezione per i mondiali.

Per Iserbyt una vittoria di peso dopo un inizio stagione difficile, con anche una squalifica
Per Iserbyt una vittoria di peso dopo un inizio stagione difficile, con anche una squalifica
Tu sei, anche per famiglia, legata all’offroad ma è chiaro che chi guarda al ciclismo in maniera professionale punta alla strada. Che cosa vedi nel tuo futuro?

Il ciclocross è il mio grande amore, seguito dalla mtb e questo non cambia. So però che le ragazze che vengono dalla strada hanno un altro passo nelle prove invernali ed è qualcosa che devo considerare. Io ho una certa ritrosia ad affrontare le gare su strada, diciamo che non mi sento ancora pronta mentalmente. E’ qualcosa che con mio padre prenderemo in considerazione, magari per affrontare qualche gara in meno in mountain bike e privilegiare la strada nella seconda parte dell’anno proprio per arrivare pronta alla stagione invernale. Ma avrò tempo per pensarci…

La stagione della Guerciotti, con cambiamenti in corso d’opera

09.10.2024
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La seconda tappa del Giro delle Regioni di ciclocross ha subito messo in evidenza la forza d’urto della Fas Airport Service Guerciotti, vincitrice fra gli Open con Bertolini (in apertura, foto Billiani) e fra gli juniores con Agostinacchio. Che il team sia il riferimento assoluto della specialità non lo scopriamo certamente ora, ma è chiaro che questa è una stagione particolare per il team, che ha dovuto modificare il suo assetto in corso d’opera.

Bertolini subito dopo il traguardo ha rivolto il suo pensiero a Vito Di Tano, il due volte campione del mondo che da anni curava l’aspetto tecnico della società e che ha dovuto passare la mano in anticipo rispetto ai suoi propositi per motivi di salute. Alessandro Guerciotti che del team è il presidente racconta come le ultime settimane siano state davvero difficili.

Il gruppo dirigente con Luca Bramati e sua figlia Lucia, nuova stella del team femminile
Il gruppo dirigente con Luca Bramati e sua figlia Lucia, nuova stella del team femminile

«La notizia della malattia di Vito ci ha spiazzati, anche perché ci aveva già detto che intendeva chiudere con questa stagione. Ma la sua situazione di salute lo ha costretto a mollare dall’oggi al domani per concentrarsi sulle sue cure e noi siamo completamente al suo fianco. E’ e sarà sempre parte del nostro team, su questo non si discute. Abbiamo quindi affrontato la situazione, essendo chiamati a rivoluzionare tutto lo staff tecnico».

Come siete arrivati a Luca Bramati?

A fine agosto avevamo raggiunto un accordo con sua figlia Lucia. Dopo che la Casasola ha deciso di cambiare squadra e che la Corvi ha chiuso con il ciclocross per concentrarsi sulla preparazione per la Mtb, eravamo rimasti scoperti sul fronte femminile, ma con Lucia sappiamo di aver preso un prospetto molto valido, in grande crescita sia in ambito italiano che internazionale. Poi a settembre Di Tano ci ha dato la brutta notizia, così abbiamo contattato Luca per chiedergli se se la sentiva di seguire non solo sua figlia ma tutto il team e la sua risposta è stata positiva. Era la soluzione migliore possibile considerando anche che Luca ha anche corso con noi e conosce l’ambiente come nessun altro.

Il messaggio di saluto per Lucia Bramati pubblicato sui social del team
Il messaggio di saluto per Lucia Bramati pubblicato sui social del team
Quanto è cambiato il team?

Delle novità ci sono. Ad esempio, oltre alla Bramati, abbiamo portato in squadra anche il più giovane Agostinacchio che ha subito vinto al suo esordio e che raggiunge così suo fratello che era già con noi e corre fra gli U23. Tra gli juniores abbiamo confermato Tommaso Ferri e Mattia Proietti Gagliardoni, fra le Under 23 con la Bramati c’è l’italoalbanese Nelia Kabetaj, poi tra le juniores c’è la confermata Ferri e la novità Bianchi. Siamo scoperti fra le Elite, venendo via la Casasola non c’era un’atleta sulla quale poter investire e soprattutto che potesse garantire un buon rendimento internazionale, quindi andiamo avanti con 5 categorie su 6.

Il vostro obiettivo?

Noi guardiamo sempre ai campionati italiani, lo scorso anno abbiamo colto un clamoroso poker di titoli compreso quello nel team relay e puntiamo a fare altrettanto, anche se sappiamo bene che il tricolore è una gara a sé stante.

Filippo Agostinacchio ha iniziato subito con una vittoria, con lui c’è suo fratello Mattia (foto Billiani)
Filippo Agostinacchio ha iniziato subito con una vittoria, con lui c’è suo fratello Mattia (foto Billiani)
Voi siete un po’ il riferimento per tutto il movimento. Obiettivamente e considerando sia la situazione italiana che quella internazionale, ha ancora significato investire tante risorse, non solo economiche, sul ciclocross?

Noi ne siamo convinti anche perché vediamo che intorno a noi si stanno sviluppando belle realtà. Prendete ad esempio la Beltrami che già lo scorso anno ha affiancato la sua attività sui prati a quella su strada, oppure il Team Cingolani, che sin dall’avvio di stagione ha mostrato un grande potenziale. Sono realtà che investono, che ci credono e che alzano la competitività. Certo, a livello internazionale soffriamo ancora, perché tanti atleti sono affascinati da altre discipline e progressivamente lasciano il nostro mondo, ultimo caso quello della Corvi. Per avere più peso all’estero servirebbe allargare il movimento e considerare il ciclocross non come l’ultima ruota del carro come spesso purtroppo si fa.

E’ un problema di cultura preesistente?

Sì, inutile nasconderlo, dopo l’epoca dei Pontoni e Bramati abbiamo vissuto su episodi sporadici, da Malacarne a Franzoi fino all’exploit di Viezzi, ma sono appunto episodi e questo continuerà finché i ragazzi italiani abbandoneranno la strada della multidisciplina che invece all’estero è la più seguita.

Elisa Ferri resta un riferimento fra le juniores, da quest’anno con lei anche Arianna Bianchi (foto Billiani)
Elisa Ferri resta un riferimento fra le juniores, da quest’anno con lei anche Arianna Bianchi (foto Billiani)
Cambierebbe la situazione se, come viene indicato da più parti, il ciclocross diventasse disciplina olimpica invernale dal 2030?

E’ chiaro che la vetrina a cinque cerchi dà un’immagine diversa di ogni sport, lo abbiamo visto con la mountain bike quale sviluppo sia riuscito ad avere, quali investimenti e ingresso di nuovi sponsor siano arrivati. Non parliamo di una disciplina di nicchia, ma per un vero salto di qualità servirebbe un traino, un campione che faccia la differenza e porti grandi investimenti nel settore.

Che attività farete?

Fino agli europei privilegeremo il calendario italiano per permettere ai nostri ragazzi di crescere di condizione in maniera graduale, poi dopo la rassegna continentale seguiremo di più la stagione internazionale, prendendo parte alla Swiss Cup e partecipando anche alla Coppa del Mondo con Bertolini, la Bramati e Agostinacchio. Sono certo che ci prenderemo le nostre soddisfazioni.

Van Der Poel, la “prima” diventa uno show impressionante

16.12.2023
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Van Aert chiama, Van Der Poel risponde. A pochi giorni dalla vittoria di Essen del campione belga della Jumbo-Visma, anche l’iridato dell’Alpecin Deceuninck esordisce nel ciclocross vincendo. Anzi dominando, perché a Herentals (proprio nella casa del rivale, assente perché in ritiro prestagionale con la squadra in Spagna) VDP non ha lasciato che le briciole ai rivali, mostrando una superiorità imbarazzante sul resto della compagnia.

L’iridato ha stroncato il gruppo sin dalle prime battute, dimostrando una potenza clamorosa (foto Eurosport)
L’iridato ha stroncato il gruppo sin dalle prime battute, dimostrando una potenza clamorosa (foto Eurosport)

«Supremazia imbarazzante»

E’ proprio così, “imbarazzante” che definisce la gara Luca Bramati, che l’ha seguita con grande attenzione sugli schermi di Eurosport e subito dopo la sua conclusione tradisce dalla voce lo stupore per quel che ha visto.

«E’ stata una bella gara… per il secondo posto. Così la si può sintetizzare – spiega il bergamasco – perché l’olandese ha messo in chiaro la differenza di potenza con pochissime pedalate. Il campione europeo Vanthourenhout ha provato a tenerlo per i primi 500 metri ed è saltato del tutto, poi ci ha provato Iserbyt, ma a metà primo giro ha mollato e per tre tornate ha sofferto lo sforzo. Non c’era proprio partita, ma anche se la gara è diventata un monologo, ha detto molto…».

Bramati mette l’accento sull’immagine fisica stessa del corridore: «Le telecamere di Eurosport si sono soffermate spesso sulla sua pedalata: VDP ha delle gambe impressionanti, che non ho mai visto a quel livello e mi confermano le impressioni che mi confidava mio cugino Davide (il diesse della Soudal QuickStep, ndr) che lo ha incrociato spesso in questi giorni a Calpe e aveva notato carichi di lavoro spaventosi che Van Der Poel sta facendo già da tempo, chiaramente non pensando solo al ciclocross ma guardando più in là, verso la strada e il suo doppio impegno olimpico considerando anche la mtb».

Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport emerge la potenza e l’agilità di VDP, anche nella corsa
Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport emerge la potenza e l’agilità di VDP, anche nella corsa

La sfida non c’è stata

A questo punto non si può più parlare neanche di rassegnazione da parte degli avversari: «No, è una presa d’atto, sanno che contro uno del genere non si può nulla, se non c’è un intervento esterno come una caduta. Anzi, a Herentals Van Der Poel a ogni giro guadagnava manciate piene di secondi, poi è scivolato a metà gara e da allora è andato avanti con grande circospezione, spendendo la metà di quel che poteva, infatti guadagnava molto meno».

La gara di Herentals, valida per l’H2O Badkamers Trofée, era la prima occasione in cui si ritrovavano insieme almeno due dei “tre tenori”, nel caso VDP e Pidcock, ma non si può certo parlare di una sfida fra loro due perché il britannico, per ragioni di ranking, è stato costretto a partire quasi dal fondo e per più di metà gara ha dovuto pensare ai tantissimi sorpassi da effettuare.

Per Pidcock una prima parte di gara tutta in rimonta, ma anche lui si è mostrato ampiamente superiore a tutti
Per Pidcock una prima parte di gara tutta in rimonta, ma anche lui si è mostrato ampiamente superiore a tutti

L’esordio di Pidcock

«Tom ha fatto una bellissima gara – è il giudizio di Bramati – il suo secondo posto finale di fronte a Vdp non lo sminuisce minimamente. Non si può parlare di sfida e in questa occasione non credo neanche ci sarebbe stata se fossero partiti alla pari, troppa la potenza dell’olandese. Il corridore della Ineos però ha corso con grande intelligenza, si è gestito nei primi giri riguadagnando con calma. Poi ha badato a Iserbyt, Van Der Haar e Mason e nel giro finale ha espresso la sua maggiore potenza sui tre. Una grande prestazione anche la sua».

L’impressione è che i due abbiamo comunque grandi margini di crescita, sia nella prestazione fisica, ma ancor più dal punto di vista tecnico: «E’ indubbio e ho l’impressione che lo sappiano entrambi – prosegue Bramati – anche per questo VDP dopo lo scivolone ha scelto una condotta più controllata. C’è da lavorare sul piano della guida anche perché non tutti i percorsi esaltano la potenza come quello di Herentals. C’è però un aspetto da sottolineare a proposito del vincitore: nella principale salita del circuito, quella dove tutte le ragazze scendevano di bici e anche gli uomini hanno sempre faticato a restare in sella, lui saliva con il 50 davanti…».

VDP nelle interviste dopogara ha espresso tutta la sua soddisfazione per un esordio molto promettente
VDP nelle interviste dopogara ha espresso tutta la sua soddisfazione per un esordio molto promettente

VDP-Van Aert, la vigilia di Natale

«Questo è un dato che dice tutto della superiorità fisica che può mettere in campo – continua nella sua disamina Bramati – sinceramente non so se Van Aert sia allo stesso livello. E’ chiaro che una vittoria come quella odierna esalta ancor di più la prima sfida che vedrà impegnati tutti e tre, la vigilia di Natale ad Anversa».

Davanti ai microfoni Pidcock, pur soddisfatto della sua prima prestazione sui prati giudicandola anche oltre le sue aspettative della vigilia, ha confermato che per quest’anno i mondiali non sono nel suo programma, allineandosi così all’idea di Van Aert. Dopo un dominio così schiacciate, verrebbe da pensare che il titolo mondiale di ciclocross 2024 sia già virtualmente assegnato, ma Bramati mette in guardia.

«Il percorso di Tabor – dice – è molto diverso, soprattutto se sarà ghiacciato. Allora potrebbe diventare più difficile di quello di Vermiglio. In Repubblica Ceka conteranno altri aspetti oltre alla potenza: la guida, l’equilibrio, anche la calma. Io dico che Van Der Poel sarà nettamente il favorito, ma la corsa se la dovrà giocare».

Il podio finale con VDP, Pidcock secondo a 27″, terzo Van Der Haar a 28″, ora leader del circuito (foto Eurosport)
Il podio finale con VDP, Pidcock secondo a 27″, terzo Van Der Haar a 28″, ora leader del circuito (foto Eurosport)

Qualcosa di unico

Resta comunque la sensazione che in nessuno sport, neanche nel tennis al tempo dei “big four” Djokovic, Nadal, Federer e Murray, ci sia mai stato uno strapotere tale da parte di pochissimi corridori, capaci appena entrano in gioco, senza nessun passaggio intermedio, senza alcun prologo agonistico, di dare scacco matto a chi la stagione l’ha affrontata tutta crescendo gara dopo gara. E solo il tempo potrà dire se questo per la disciplina è un bene…

“Mentalità Belga”, la chiave di Bramati per il cross in Nord Europa

07.11.2023
4 min
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«Avete presente quelle magliette con su scritto “mentalità belga”? Ecco, quello è ciò che serve e che si troverà andando ad un ciclocross nel Nord Europa». Luca Bramati ci porta subito nel cuore dell’articolo. Tra pochi giorni saremo in Belgio anche noi e ci tufferemo nel cuore di catini storici del cross come Niel e Dendermonde.

«Lassù è un altro sport – spiega Bramati, oggi tecnico della Alé Cycling Team – E la dimostrazione l’abbiamo avuta anche l’altro giorno al campionato europeo: un percorso veloce, con l’acqua è cambiato del tutto ed è diventato un percorso da ciclocross vero. E i nostri, a parte qualche caso, sono naufragati perché non siamo più abituati».

Il grande pubblico, componente fondamentale nei ciclocross del Nord Europa
Il grande pubblico, componente fondamentale nei ciclocross del Nord Europa
A Pont-Chateu abbiamo visto rettilinei lunghi, dislivelli, sezioni ampie, noi abbiamo anelli di fettucciato. Lassù anche questo aspetto è diverso?

Con quei percorsi del Nord se hai gamba in qualche modo emergi. Da noi c’è questa abitudine di fare le gimkane, perché di questo si tratta. Però le gimkane le fanno i bambini e quando poi vai nei percorsi veri è normale che fai fatica. Purtroppo da qualche anno è così in Italia.

Prima era tanto diverso?

Sì, decisamente. Prima c’erano i percorsi, percorsi veri. Per dire, anche Milano ai tempi della Montagnetta si correva su un percorso vero. Adesso vogliono concentrare tutta la gara in un campo da calcio ed è normale che fai le gimkane.

“Torniamo in Belgio”. Tu ci hai corso lassù. L’atleta cosa sente? Percepisce l’idea che sta disputando un evento di serie A? 

Sicuramente sì, perché correre davanti a 20.000 persone o anche di più è emozionante. Però questo dipende anche dalla freddezza dell’atleta. Ci sono degli atleti che patiscono tutto ciò, perché comunque si è anche intimoriti da una cosa del genere. E ci sono invece atleti che si esaltano a correre in mezzo alla bolgia.

Luca Bramati (classe 1968) lassù ci ha anche vinto: «Bisognava essere anche sfrontati»
Luca Bramati (classe 1968) lassù ci ha anche vinto: «Bisognava essere anche sfrontati»
A te piaceva personalmente?

Sì, sì! Mi è sempre piaciuto, anche perché ero un tipo esuberante. Non avevo paura di niente ed mi buttavo nella mischia.

E poi cambiano gli avversari: Li ci sono i “cavalli veri”, con le cosce grosse, i motori potenti e grandi abilità: com’è l’approccio mentale? Si studiano anche i corridori?

In realtà non fai in tempo a studiarli, poi dipende anche dal livello a cui sei. Se vai bene, tutto sommato qualcosa puoi fare, ma purtroppo il livello attuale degli italiani è veramente basso. Quella gente neanche la vedi in corsa.

Ma nel contesto magari sì: la preparazione, i momenti prima e dopo la gara. La ricognizione…

Ma sono attimi troppo piccoli. In quei momenti tu stesso cerchi di capire il più possibile quello che ti serve. Come affrontare quella curva, dove spingere… Io continuo a dirlo ai miei atleti che il corridore vero deve essere anche intelligente. Non può essere superficiale, perché poi non si ricorda la curva, la staccata… Uno intelligente memorizza tutti i punti dove deve mettere la ruota. Ha una certa memoria fotografica. Fateci caso: Van Aert, Van de Poel…  ogni volta che passano mettono la ruota sempre in quei 5 centimetri. Vuol dire che tu hai lucidità, che sei sveglio.

Scegliere l’abbigliamento è fondamentale secondo Bramati
Scegliere l’abbigliamento è fondamentale secondo Bramati
Ma questi sono i campioni, tutto ciò che abbiamo detto sin qui vale anche per i più giovani? Gli under 23 o gli juniores?

Loro corrono più allo sbaraglio. Non si conoscono tutti, perché corrono poco assieme… In generale sono un po’ disorientati.

E quindi sono al parco giochi o all’inferno?

Dipende… È un inferno nel parco giochi! Spesso li ho visti sballottati, spaesati. Ci sono avversari che ti passano da tutte le parti, con un’altra foga. Ci sta che sei frastornato, che non riesci a capire cosa fare. Non abbiamo sicuramente un leader neanche negli under 23.

E nella valigia cosa si mette? Giacche a vento, copriscarpe gomme da fango.

Devi avere un programma ben chiaro di ciò che devi mettere, anche in base alle tue caratteristiche. Guanti da freddo o guanti intermedi, in base a quanto lo soffri. Body pesante, body leggero sapendo di essere pronto ai cambiamenti del tempo ogni 30 secondi. Ma trenta secondi veri! All’europeo ero sull’arrivo che c’era il sole e 200 metri più in là era “buio” e pioveva. Per quanto riguarda invece i materiali, le gomme su tutto, ci pensano i meccanici. Ma come detto all’inizio serve la mentalità belga per stare lì in mezzo. Bisogna essere sfrontati.

Corvi alla Guerciotti: il cross ci sarà, ma in misura ridotta

03.11.2023
5 min
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La notizia era nell’aria sin dall’inizio della stagione sui prati, ma si è concretizzata solo nelle ultime ore: Valentina Corvi approda al team Fas Airport Sevices-Guerciotti-Premac. Il che significa che la sua permanenza nel ciclocross è assicurata e spazza via le voci che la volevano sempre più lontana dalla specialità. Lei come altre big – Persico e Venturelli su tutte – sulla cui presenza invece Pontoni ha già avuto rassicurazioni, sebbene si parli di un impegno limitato rispetto al passato per non stressarle alla vigilia di un’importante stagione su strada.

La stessa Corvi non nega di essere stata combattuta su cosa fare nella stagione invernale: «Avevo concluso l’attività di mtb molto stanca, sentivo il bisogno di staccare la spina. Poi però ragionando con il mio preparatore siamo giunti alla conclusione che abbandonare il ciclocross sarebbe stato controproducente, anche per preparare al meglio l’attività principale della mountain bike, perché in qualche modo completa l’avvicinamento. Bisognava solamente rimodulare il mio calendario, per questo abbiamo previsto il mio esordio nel cross non prima della fine di novembre».

Il giorno della firma. L’azzurra va ad arricchire il parco atlete del team Guerciotti
Il giorno della firma. L’azzurra va ad arricchire il parco atlete del team Guerciotti
Com’è andata la stagione offroad?

Era partita molto bene, ma ad aprile ho avuto problemi fisici che mi hanno un po’ debilitata. Sono comunque riuscita a riprendermi al punto da conquistare la vittoria agli europei di categoria e quella è stata davvero una gioia enorme. Contavo di far bene anche agli italiani e soprattutto ai mondiali, ma ho sbagliato qualcosa nei giorni precedenti la trasferta iridata, perdendo così la forma che avevo raggiunto e i risultati sono stati modesti. Diciamo che poteva andare molto meglio, ma con la medaglia d’oro al collo non posso comunque lamentarmi.

Perché hai scelto di passare nel team di Guerciotti?

La decisione di correre nel ciclocross l’ho presa molto tardi, per questo non avevo deciso alcunché come team di riferimento. Poi, quando l’orizzonte si è diradato, mi sono guardata intorno e si è palesata l’opportunità di approdare in quello che è uno dei team più qualificati non solo in Italia. Ho deciso di dire sì anche perché cambiando categoria avevo bisogno di affidarmi a una struttura consolidata, capace di farmi crescere ulteriormente. Sono contenta di essere nelle loro sapienti mani.

Per la Corvi una buona stagione di Mtb nella prima parte, con le delusioni di tricolori e mondiali (foto Instagram)
Per la Corvi una buona stagione di Mtb nella prima parte, con le delusioni di tricolori e mondiali (foto Instagram)
La domanda è d’obbligo: tu eri parte di un altro team consolidato come quello di Bramati, com’è stato il distacco?

Ci tengo a sottolineare che Luca non potrò mai ringraziarlo abbastanza. Con lui ho fatto esperienze importantissime, è stato decisivo nella mia crescita e ho colto risultati di spicco, ma sentivo il bisogno di cambiare prospettive. Con il suo team comunque mi sono sempre trovata bene, gli sarò sempre grata.

Sembra di capire che il cambio di categoria ti inquieta un po’…

Non posso negarlo, è un passaggio impegnativo e va affrontato con consapevolezza e attenzione. Anche perché si sale di età, ma si sale e tanto anche di livello e questo vale sia per il ciclocross che per la mountain bike. Le ultime stagioni hanno dimostrato che la qualità cresce velocemente. Anche per questo abbiamo scelto di non fare un calendario completo, ma di avvicinarci per gradi e questo varrà anche nella mtb.

Il podio degli europei di mtb nella portoghese Anadia, con Corvi meritatamente prima
Il podio degli europei di mtb nella portoghese Anadia, con Corvi meritatamente prima
Molti altri ragazzi, sia tuoi coetanei che più grandi hanno mostrato una certa ritrosia a rimanere nel ciclocross, preferendo dedicarsi solo a una specialità.

Non nego di averci pensato anch’io. Allenarsi per il ciclocross è complicato, richiede tempo ed è complicato farlo in una stagione dove le ore di luce sono meno e il clima (almeno da me) è davvero rigido. Nella comparazione tra vantaggi e svantaggi abbiamo comunque convenuto che prevalgono i primi, perché il ciclocross ti dà quella completezza fisica, quella forza, quella reattività che poi saranno armi in più anche a stagione finita, cambiando bici.

Diresti lo stesso se fossi una stradista?

Non saprei, non ho abbastanza esperienza con la superleggera. La preparazione è molto diversa da quella che affronto io. Non è però un caso se i migliori atleti sono tutti corridori che fanno anche ciclismo su strada, quindi i vantaggi ci sono anche in quel caso.

L’azzurra era stata seconda agli europei del 2022 fra le juniores, quest’anno ha scelto di rinunciare
L’azzurra era stata seconda agli europei del 2022 fra le juniores, quest’anno ha scelto di rinunciare
La tua amica-rivale Venturelli è solita dire che d’inverno il ciclocross l’aiuta a mantenere vivo lo spirito agonistico e interrompe la monotonia della preparazione.

Ha pienamente ragione, c’è anche l’aspetto del puro divertimento che va messo in conto. Sapere che ti aspetta la gara, affrontarla spinge la tua prestazione in avanti. E’ comunque un aspetto importante.

Ti sei posta degli obiettivi?

Riguardo alla stagione di ciclocross no, voglio affrontarla con la mente sgombra cercando unicamente di essere a un buon livello, soprattutto per la rassegna tricolore. Poi vedremo il da farsi, in base alla mia condizione e alla situazione generale.

Ciclocross alle porte, viaggio fra i team nostrani

13.09.2023
6 min
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Mentre la stagione su strada si avvia alla sua conclusione con ancora tante emozioni da vivere, tra finale della Vuelta, europei, classiche italiane di fine stagione già si parla di ciclocross. Pontoni è diviso fra l’allestimento della nazionale di gravel per i mondiali dell’8 ottobre e la programmazione dei primi impegni sui prati, le squadre intanto fanno i loro progetti per il nuovo anno, con qualche novità e soprattutto con un atteggiamento nuovo verso la struttura della stagione italiana.

Questo almeno è quel che emerge dai primi contatti con i responsabili di alcune squadre fra quelle più in vista, quelle che vengono viste un po’ come le colonne portanti di un movimento che attende lo start, previsto per il 1° ottobre con l’apertura del Giro d’Italia.

Guerciotti con Sara Casasola, che resta la sua punta di diamante femminile, ma si lavorerà sulle junior
Guerciotti con Casasola, sua punta di diamante femminile, ma si lavorerà sulle junior

Nuovi sponsor per Guerciotti

A prima vista può sembrare che in casa Guerciotti tutto sia come prima, ma non è così: la squadra di ciclocross viene ridisegnata partendo soprattutto dal sostegno degli sponsor.

«Entrano importanti entità come Premac e Fas Airport Services – afferma Alessandro Guerciotti – grazie a loro contiamo di allargare la nostra attività e naturalmente ottenere sempre nuovi successi. La nostra ambizione è essere protagonisti un po’ in tutte le categorie, ma soprattutto abbiamo investito sul settore femminile junior acquisendo i migliori prospetti, per dare anche un messaggio di speranza e investire sulla crescita del settore».

L’obiettivo del team lombardo è fare molta attività all’estero, in contesti che consentano ai ragazzi di acquisire esperienze ed emergere: «Gareggeremo soprattutto in Svizzera – prosegue Guerciotti – dove faremo il nostro esordio il 24 settembre e in Francia, ma non per questo trascureremo il Belgio che resta la patria di questo sport. Nel periodo delle feste tutti i migliori si concentrano lì, noi ci saremo speriamo nella forma migliore, anche perché di lì a poco ci saranno i campionati italiani che sono il nostro riferimento principale».

Cambio di casacca per Lucia Bramati e tutto il suo gruppo che approda in Emilia Romagna
Cambio di casacca per Lucia Bramati e tutto il suo gruppo che approda in Emilia Romagna

Anche Bramati cambia colori

Novità in vista anche per Luca Bramati: se nella mtb il marchio di riferimento resta Trinx, nel ciclocross tutto il suo gruppo affluisce nell’Alé Cycling Team: «E’ il gruppo di Milena Cavani, con la quale ho condiviso svariate stagioni di ciclismo offroad. Il roster resta pressoché lo stesso, con Eva Lechner che probabilmente vivrà la sua ultima stagione di vertice».

Anche la Alé Cycling affronterà tutte le categorie con un gruppo di 19 corridori, decisamente ampio: «Quest’anno però seguiremo con più attenzione il calendario nazionale, che è stato arricchito con molte prove internazionali che danno punti Uci, ma non per questo trascureremo l’attività all’estero. La sensazione è che comunque, da parte della Federazione, si ascoltino finalmente le richieste e i suggerimenti delle società».

Bramati mantiene però un punto di vista critico sulla gestione della nazionale di Pontoni: «Lasciamo che finisca il quadriennio olimpico, poi si vedrà. Pensare di partecipare ai grandi eventi solo se hai la possibilità di vincere medaglie è utopistico. Ho sempre detto che mondiali ed europei devono essere l’occasione per far fare ai ragazzi esperienze fondamentali. Io comunque vado avanti per la mia strada, so che a livello giovanile ho bei talenti per le mani, ma devono crescere con calma e facendo i giusti passi».

Per Nicolas Samparisi e il suo team un inizio stagione ritardato a causa di mtb e gravel
Per Nicolas Samparisi e il suo team un inizio stagione ritardato a causa di mtb e gravel

Samparisi e lo stress da fuoristrada

Chi invece mantiene la sua impostazione consolidata è la Ktm Alchemist powered by Brenta Brakes, ossia il team dei fratelli Samparisi. Tra mtb e gravel, la loro stagione del ciclocross inizierà più tardi e questo certamente rappresenta un problema, considerando i calendari.

«Noi abbiamo avuto una stagione molto intensa nelle ruote grasse – spiega Lorenzo – partecipando a ben 7 corse a tappe. Ormai il calendario delle marathon e prove a tappe è ricchissimo, i nostri chiuderanno con oltre 50 giorni di gara, siamo a livelli da ciclismo professionistico su strada. Questo influirà sul nostro calendario di ciclocross, ma ci aiuta la sua nuova struttura nazionale, significa che viaggeremo un po’ meno, faremo meno prove di Coppa del mondo ormai strutturata su troppe gare».

Una scelta che Lorenzo è deciso ad attuare anche per preservare i suoi ragazzi: «L’esperienza mi ha insegnato che i risultati arrivano solo quando i ragazzi sono al massimo dal punto di vista fisico, ma anche mentale e psicologico. Un’attività troppo stressante non fa assolutamente bene, la coincidenza dei tre aspetti deve sempre essere considerata».

Diversa invece la sua posizione sulla gestione della nazionale: «Con Pontoni abbiamo contatti frequenti, c’è un feedback continuo e questo va a vantaggio dell’attività e della gestione dei ragazzi. Ora siamo tutti concentrati, noi e lui, sul gravel, vedremo poi come venirci incontro per il ciclocross. Il nostro gruppo è rimasto lo stesso, ma contiamo molto sul giovanissimo Falcioni, laureatosi tricolore di cross country nella sua categoria, che può fare il salto di qualità anche sui prati».

Alessia Bulleri in azione. L’elbana farà una stagione a metà visti gli impegni per il team della strada
Alessia Bulleri in azione. L’elbana farà una stagione a metà visti gli impegni per il team della strada

Cycling Café, un anno italiano

Il nuovo calendario, arricchito di prove internazionali, rappresenta un indubbio aiuto e anche la Cycling Café, la società di Cristian Cominelli e Alessia Bulleri è intenzionata a sfruttare maggiormente questa possibilità. Fabio Ottaviani, responsabile del team di Ciampino alle porte di Roma conferma che la squadra, riconfermata nel suo roster salvo Baldestein che passa fra i dirigenti, svolgerà la sua attività soprattutto in Italia.

«Il calendario in questo modo sicuramente ci aiuta – spiega – anche se non rinunceremo ad alcune trasferte, in Svizzera per l’apertura della stagione in Slovenia a novembre per due gare. Il problema è la gestione dei corridori che fanno anche strada: la stessa Bulleri già sa che quest’anno non potrà rinunciare allo stage invernale di preparazione con il suo team spagnolo».

Anche per questo il team segue un po’ un sentiero tracciato da altri e punta sui giovani: «Abbiamo 5 junior, di cui un paio dalla Toscana e uno dalla Puglia, che sono molto promettenti e puntiamo su di loro per la stagione italiana, come Ferruzzi che quest’anno ha vinto l’Eroica per allievi».

E il discorso nazionale? Questo resta un punto interrogativo: «Con Pontoni non ci sono stati contatti, salvo per lo stage di Monte Prat dove ho portato mia figlia. Ma so che Daniele deve far fronte a mille impegni soprattutto ora che c’è alle viste il mondiale gravel che interesserà anche i nostri, quindi confido che dopo ci saranno occasioni di confronto. Una Bulleri brillante potrebbe rientrare nel giro azzurro».

Il ciclocross chiude la stagione fra venti di bufera

18.02.2023
6 min
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Come sempre succede, la stagione del ciclocross va lentamente spegnendosi dopo la disputa dei mondiali. La rassegna iridata di Hoogerheide ha però lasciato degli strascichi, soprattutto in casa italiana con un montare di polemiche dettato dai risultati. Ma sarebbe meglio dire dalle mancate medaglie, visti i due “legni” ottenuti peraltro da Venturelli e Persico, le due annunciate punte della squadra.

A innescare le discussioni fra le società di ciclocross sono state le parole di Luca Bramati, tecnico della Trinx, messe per iscritto in una lettera inviata a dirigenti e addetti ai lavori immediatamente dopo la conclusione della rassegna iridata.

«Il comportamento e le decisioni del Cittì Daniele Pontoni, condivise dalla Federciclismo – ha scritto Bramati – sono stati sbagliati sia nel merito sia nel metodo per tutto l’arco della stagione. Nel metodo, è mancato totalmente il dialogo sia con la stragrande maggioranza degli atleti sia con i tecnici e i manager delle squadre. Malgrado questa grave lacuna gli sia stata puntualmente rappresentata a metà stagione in un incontro con presente Roberto Amadio, nulla è cambiato.

«Metodo totalmente assurdo che porta poi nel merito a voler gestire in proprio la rifinitura della preparazione degli atleti a questi campionati del mondo. Senza così coinvolgere chi la preparazione dell’atleta l’ha curata tutta la stagione, stravolgendo metodiche di allenamento e carichi di lavoro. Con esiti evidenziati dallo ZERO nel medagliere finale di Hoogerheide.

Pontoni e Bramati, rivali da atleti, oggi su posizioni concettuali diverse sul futuro del ciclocross italiano
Pontoni e Bramati, rivali da atleti, oggi su posizioni concettuali diverse sul futuro del ciclocross italiano

Pochi azzurri ai mondiali

«Altro grave errore nel merito – prosegue Bramati – portare solo 14 corridori ai mondiali nella vicina Olanda, quando si poteva quasi raddoppiare la nostra presenza. Non convocare atleti è una sconfitta per il movimento. In una disciplina che non regala soddisfazioni economiche, la convocazione ai mondiali è uno stimolo e una crescita per gli atleti, una soddisfazione ed un impulso ad andare avanti per le squadre. Sono stati lasciati a casa, delusi e sconfortati, parecchi atleti meritevoli che non avrebbero sfigurato più di quelli schierati, ma che da questi Mondiali avrebbero avuto motivazioni per continuare e per migliorare».

Ascoltato in merito Bramati ha rincarato la dose: «Le scelte di Pontoni, con il quale peraltro abbiamo frequenti contatti – dice – sono controproducenti per le squadre. Se non porti gli atleti di vertice delle società al mondiale che è la vetrina per antonomasia, cade tutta l’attività, che cosa porti agli sponsor? Se il mondiale viene riservato solo a una ristretta cerchia di corridori, qualsiasi sia il metodo di scelta, non si danno stimoli a tutto il movimento del ciclocross italiano.

Hoogerheide è stata una festa per 50 mila persone. In Italia i numeri sono molto diversi
Hoogerheide è stata una festa per 50 mila persone. In Italia i numeri sono molto diversi

Il contributo delle società

«Si è parlato di scelte dettate da scarsità di fondi – afferma Bramati – ma sono sicuro che ogni società ci metterebbe del suo per sostenere la trasferta. Parlando non solo degli atleti, ma anche del personale a loro disposizione. Faccio un esempio: i belgi ai mondiali, salvo i 2-3 di primissimo livello, hanno al seguito meccanici messi a disposizione dalle squadre di appartenenza. Praticamente ogni atleta ha il suo staff. Perché non possiamo fare lo stesso?».

Nel frattempo Pontoni dava indirettamente una risposta partecipando alla trasmissione Scratch Tv, ospite di Nicola Argesi.

«Ai mondiali erano in 14 – ha detto – ma nel corso dell’anno abbiamo sostenuto, fra trasferta in Spagna a inizio stagione, Coppa del mondo ed europei, 13 trasferte di ciclocross con 150 atleti ruotati fra le varie categorie. La filosofia, condivisa con Amadio, è dare ampio spazio a tutti in queste prove. Al mondiale però andrà un gruppo ristretto, una quindicina di atleti perché è la summa della stagione, dove si deve dare valore alla maglia e devono essere presenti i migliori.

«Le società non possono aspettare sempre che la Federazione si muova – rincara la dose il cittì – anche loro devono sostenere l’attività all’estero, dare possibilità ai propri ragazzi di fare esperienza, crescere ed emergere. E’ stata una decisione tecnica sulla quale sono convinto di andare avanti».

Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Vito Di Tano, diesse della Gurciotti Selle Italia Elite. Il suo team ha fatto molta attività all’estero
Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Vito Di Tano, diesse della Gurciotti Selle Italia Elite. Il suo team ha fatto molta attività all’estero

Una linea non condivisa

Il malessere coinvolge diverse società. La Torpado ad esempio, formazione nella quale milita Dorigoni, sarebbe portata ad esempio a limitare la partecipazione del suo pupillo ai soli campionati italiani per preservarlo per la stagione Mtb. Lo stesso Vito Di Tano, responsabile della Guerciotti Selle Italia Elite, non nasconde la sua perplessità.

«Il problema – spiega – è la mancanza di coinvolgimento delle società. Perché non concordare una linea d’azione con tutti i team, prima dell’inizio di stagione? Parliamoci chiaro: pensare di andare ai mondiali solo con gente che possa puntare al podio significa ridurre la presenza azzurra a un numero infinitesimale. Fra gli elite ad esempio, con quei due mostri (Van der Poel e Van Aert, ndr), è una strada impossibile per tutti. Noi facciamo tanta attività all’estero, siamo d’accordo con Pontoni su questo. Il mondiale però ha significati che vanno anche al di là del puro discorso legato al risultato».

Di Tano nella sua disamina chiama in causa anche altri fattori: «Qui in Italia affrontiamo percorsi che sono nella stragrande maggioranza molto diversi da quelli abituali di Belgio e Olanda, proprio per caratteristiche del territorio. E’ chiaro quindi che quando andiamo all’estero abbiamo un gap da colmare ed è difficile. Non essere presenti al mondiale toglie entusiasmo ai ragazzi e alle società, non si fa il bene del movimento».

Fontana ai mondiali ha chiuso 28°, lontano non solo dai campioni belgi e olandesi
Fontana ai mondiali ha chiuso 28°, lontano non solo dai campioni belgi e olandesi

Le differenze con gli altri

Il discorso, evidentemente, coinvolge soprattutto la categoria elite e analizzando le parole dei manager, questo gap è evidente. Non solo nei confronti di Belgio e Olanda, ma anche verso altre realtà più simili a noi, come Svizzera (3 atleti nella top 20), Francia, Spagna. Fontana, unico italiano al mondiale, ha chiuso 28°, preceduto da atleti di 9 Nazioni, quindi non solo le due corazzate che non a caso si sono divise le prime 8 posizioni.

Proprio partendo da questo assunto Pontoni da noi chiamato in causa ribadisce le sue scelte: «Non voglio rispondere a lettere ed entrare nel merito. Il mio pensiero l’ho già più volte condiviso avendo il pieno appoggio della Federazione. La convocazione va a chi se l’è meritata nel corso di tutta la stagione, ribadisco che per gli europei adottiamo una strategia, ma il mondiale è diverso».

Persico e Venturelli hanno chiuso quarte. Difficile considerare questa una mancanza di risultati…
Persico e Venturelli hanno chiuso quarte. Difficile considerare questa una mancanza di risultati…

L’orientamento per il futuro

C’è una preferenza verso le categorie giovanili? «Non è scritto: io considero di portare una media di 3 atleti a categoria. Quest’anno ce ne saranno stati di più in una e di meno in un’altra, ma non è detto che sarà così anche nel 2024. Resta il fatto che la maglia va guadagnata sul campo, perché al mondiale è mio dovere portare il meglio che c’è, la crema del movimento in grado di figurare in maniera degna».

Le bici da ciclocross andranno ora in soffitta per qualche mese, ma è facile presumere che di questi temi si continuerà a discutere. Ma al di là di lettere, chiacchiericci, polemiche, sarebbe bene che proprio a bocce ferme si procedesse con un confronto a viso aperto. Magari indetto proprio dalla Federazione, ascoltando le istanze delle società non solo in tema di convocazioni (Pontoni si assume la responsabilità tenendo fede al suo ruolo, in fin dei conti tornare a casa con due quarti posti qualche lustro fa sarebbe stato impensabile), ma di gestione più generale dell’attività, dalla struttura dei calendari alla promozione presso ai giovani fino all’incentivo verso la multidisciplinarietà. Farsi la guerra in casa difficilmente porta risultati…