Longo Borghini, il quinto tricolore per scacciare i fantasmi

22.06.2024
7 min
Salva

SCARPERIA – Ha attaccato poco prima del suono della campana, quando mancavano 26 chilometri al traguardo. La Lidl-Trek l’ha lanciata come si fa negli sprint col velocista ed Elisa Longo Borghini ha preso il largo. Dieci secondi. Poi venti. Poi quasi cinquanta. E quando alla fine il traguardo ha interrotto l’inseguimento, il gruzzolo di 13 secondi rimasti le ha permesso di alzare le braccia e inscenare una mimica che poi ci spiegherà.

Dietro inseguivano le ragazze delle Fiamme Azzurre, con Elena Cecchini e Chiara Consonni per Letizia Paternoster. Anche la UAE Adq sembrava voler lavorare per Eleonora Gasparrini (poi tricolore U23), ma non ha messo tutte le ragazze a tirare. E la Longo, voltandosi appena un paio di volte, ha ringraziato e portato a termine il quinto successo tricolore. Pensando allo smacco di due giorni fa, quando il titolo della crono le è stato tolto per una penalizzazione a causa dell’esigua distanza dell’ammiraglia alle sue spalle, si capisce che fosse super motivata.

«Me la sono ripresa!»

Raramente infatti abbiamo visto Elisa sorridere al limite della commozione. Quando scherzando, prima del podio, le abbiamo detto che almeno una maglia le è rimasta, ha cambiato sguardo e con tono minaccioso ha detto: «Non mi è rimasta, me la sono ripresa!». Ma ora che siamo occhi negli occhi e si parla un po’ più a fondo, il suo stato d’animo viene a galla e tutto si spiega. Si è seduta sugli scalini del podio, noi siamo qui davanti, in ginocchio ai suoi piedi. Scherza anche su questo, l’umore è comunque buono.

«Ero molto triste ieri – spiega – non tanto per aver perso il titolo italiano a cronometro, ma per il pensiero che qualcuno credesse che io vinca con il sotterfugio. Questo non mi appartiene, a me piace vincere e perdere correttamente. Ho accettato il verdetto della giuria. Io credo profondamente nella giustizia e andava bene così, però sono rimasta molto male. Devo dire che ho provato anche un forte senso di vergogna ieri nel fare la sgambata, indossando la maglia della Lidl-Trek…».

Perché?

Avevo paura che le persone mi guardassero e pensassero che io non voglia vincere correttamente. Però poi alla fine mio marito mi ha detto una cosa molto intelligente. Mi ha detto che era tutto nella mia testa e nessuno del mestiere pensa una cosa così. Ed ha aggiunto: «Domani fai vedere che tu vinci lealmente e che sei la più forte». Stessa cosa mi ha detto ieri la mia amica Audrey: «Corri col cuore e smentisci tutti anche quelli che pensano male, che sono molto pochi». E oggi per me è un sollievo e questa è la maglia tricolore del sollievo e della correttezza. Sapete cosa ho detto ieri a Jacopo?

Cosa?

Se domani vinco, mi giro e faccio il segno alla moto di stare dietro. E oggi l’ho fatto (sorride, ecco spiegata la mimica sul traguardo, ndr).

Il rientro di Elisa Balsamo è stato molto positivo: i numeri c’erano, come pure i dubbi
Il rientro di Elisa Balsamo è stato molto positivo: i numeri c’erano, come pure i dubbi
Un attacco preparato e messo a segno con la squadra…

Attacco preparato. Sapevamo che Elisa Balsamo era forte, però aveva anche il dubbio della prima corsa dall’infortunio. Ci siamo parlate e lei mi ha detto di attaccare. Ilaria Sanguineti e Gaia Realini mi hanno fatto una leadout galattico. A quel punto avevo solo da sparare il mio colpo e sono riuscita a staccarle tutte ed arrivare all’arrivo. Sapevo che non era semplice sopravvivere nei tratti controvento sulla strada grande. Però ho tenuto dei watt costanti e sapevo che se fossi salita ad un determinato wattaggio sugli strappetti, non mi avrebbero più presa. E’ stata un’azione lunga quasi come la crono di giovedì. E’ una bella soddisfazione avere questa maglia, sono felice.

Quanto è importante avere delle conferme di questo tipo prima del Giro d’Italia e delle Olimpiadi?

Molto! Ho lavorato tanto in altura, ma soprattutto sull’endurance e non su lavori più esplosivi. Adesso tornerò al Rifugio Flora Alpina, a San Pellegrino, con la nazionale e riuscirò a fare ancora un bel blocco di lavoro. Slongo verrà con me per fare determinati tipi di lavoro dietro moto. Cercherò di prepararmi al meglio.  Per ora è stata una bellissima stagione e spero di riuscire ad affrontare il Giro in un’ottima condizione. Altrimenti mi metterò l’anima in pace.

Parlavi di Elisa Balsamo: incredibile come sia rientrata forte già alla prima corsa, no?

Per me è una bellissima cosa. Elisa ha passato due anni veramente di inferno e ci ha sempre messo la faccia, nel vero senso della parola. Immagino la sua sofferenza e la stimo molto proprio per il modo in cui riesce sempre a tornare. Perché alla fine rinasce sempre e io sono una sua fan. La stimo tantissimo e mi ispira ogni giorno a fare meglio.

C’è una dedica particolare per questa maglia?

Oltre a mio marito Jacopo, la dedico a mio papà e mia mamma. E’ un evento più unico che raro che mio papà sia venuto a vedermi, perché adesso è la stagione del fieno e lui sta facendo il fieno, quindi è sempre un po’ preso. Però fortunatamente a casa piove e allora mi ha detto che sarebbe venuto. E sono contenta che mio papà fosse qua oggi.

A parte quello che deciderà Velo, quanto sarebbe importante per te fare la crono di Parigi, sia per la prova in sé e sia in funzione della strada?

Sicuramente la crono per me è importante e ci ho anche lavorato abbastanza. Migliorare era uno degli obiettivi della stagione, anche in chiave Grandi Giri. Penso di avere fatto un’ottima prova anche all’italiano, perché comunque su un percorso così poco adatto alle mie caratteristiche, sono riuscita a mettere giù dei buoni numeri, nonostante la stanchezza dello Svizzera dove non ci siamo per niente risparmiate. Alle Olimpiadi ci terrei veramente molto, poi la scelta non dipende da me. Accetterò qualsiasi verdetto, non muore nessuno. Sarebbe bello poterla fare per cercare un buon risultato, ma anche per sbloccarsi in vista della strada. E adesso andiamo. Stasera torno a casa e preparo la valigia per me e per Jacopo che domani corre. Viene anche lui in altura. Vedete che anche io faccio delle cose da brava moglie?

Si alza e si allontana con il dottor Daniele e con Elisabetta Borgia. Il sorriso che ha riscoperto in questo lungo periodo iniziato con il lockdown illumina le sue prestazioni e l’umore di chi la circonda. Non ci si abitua mai a vincere, l’ha appena detto, soprattutto se ogni vittoria costa tanta fatica. Quella di oggi non è stata banale, ma serviva un gesto come questo per scacciare gli ultimi fantasmi.

La nutrizione della Lidl-Trek, con i buoni consigli di Stephanie

18.06.2024
5 min
Salva

«Durante i blocchi di gara – risponde Stephanie Scheirlynck – utilizziamo le stesse bevande sportive, barrette, gel e tutto il resto che usiamo anche in allenamento. E’ importante abituarsi a tutti questi prodotti. Invece altri come vitamine e altri integratori, utili sia per la salute che per la prestazione, sono diversi tra allenamento e gara. Ancora tanti pensano che il nutrizionista sia colui che stringe le maglie della rete, mentre io guardo davvero il mio ruolo in termini di prestazioni. Il cibo è una storia positiva, dovrebbe essere divertente e gustoso…».

Stephanie Scheirlynck lavora per la Lidl-Trek, laureata in Scienza della nutrizione con successivo master in Nutrizione sportiva. Ha trascorso gli ultimi 15 anni abbinando la scienza allo sport, dedicandosi alla ricerca scientifica e alla scrittura di libri di cucina sportiva incentrati sulle prestazioni. Negli anni ha collaborato con atleti di diverse discipline, dal calcio al ciclismo, passando per l’atletica leggera. Scopo dello scambio è capire in che modo il team americano gestisca l’integrazione e come collabori con Enervit che ne è sponsor (in apertura, foto The Trek Shop).

Stephanie Scheirlynck, belga, è nutrizonista alla Lidl-Trek (foto Het Nieuwsblad)
Stephanie Scheirlynck, belga, è nutrizonista alla Lidl-Trek (foto Het Nieuwsblad)

L’analisi del percorso

La strategia nutrizionale in gara viene impostata analizzando il profilo della corsa e adattando sin dal mattino il buffet della colazione alle esigenze degli atleti. Gli chef e i massaggiatori sanno cosa preparare e i corridori sono consapevoli di quando mangiare, quanto e perché.

«Nel nostro team – spiega – diamo sempre la possibilità ai corridori di avere una tripla opzione. Ad alcuni infatti piace avere tutto calcolato, altri preferiscono avere linee guida più ampie e altri ancora preferiscono scegliere da soli. Gli atleti di vertice non sono robot. La nostra missione è fornire loro informazioni su ciò di cui hanno bisogno e quando. Anche in allenamento ottieni prestazioni migliori, se mangi il cibo giusto al momento giusto. Recuperi più velocemente, eviti infortuni e così via. Ma l’attenzione non deve esaurirsi all’allenamento, anche l’alimentazione di base deve essere coerente. Il tempismo è essenziale. Con il nostro staff aiutiamo i corridori dove possiamo e ascoltiamo le loro preferenze».

Tutto sotto controllo

Pedalare per tre settimane attraverso la Francia comporta molta pressione, la nutrizione è uno dei pochi aspetti che si possano davvero controllare. Così con il Tour ormai in partenza, è interessante notare la differenza di trattamento fra corridore e corridore e il fatto che spesso siano proprio gli atleti a essere contenti di avere schemi alimentari predefiniti e rigidi.

«Alcuni pensano: se è stato calcolato per me – dice ancora Stephanie – allora non devo più pensarci. Alla Lidl-Trek diamo libera scelta, ma spesso sono loro a volere una routine ben definita. Conosco atleti molto razionali. Se faccio così, pensano, mi riprenderò molto meglio, quindi lo faccio. Ma una volta finita la competizione, si lasciano andare. Per fortuna ci sono sempre le date che fissano le scadenze e viene il momento in cui si torna a fare sul serio. Anche sul discorso del peso si sono fatti dei grandi passi avanti: adesso sappiamo che c’è un minimo sotto il quale non si deve scendere: tutto lo staff medico è sulla stessa linea in questo senso».

Fra scienza e tradizione

E’ il leit motiv di quasi tutti i team WorldTour: l’alimentazione rientra fra i… protocolli più soggettivi. Ciascuno ha le sue esigenze, la sua corporatura, il suo ruolo all’interno della corsa e ogni team ha il suo modo nell’approcciarle. Questo si traduce nel fatto che a parità di sponsorizzazione con Enervit, ad esempio, la UAE Emirates abbia necessità di gestire la perdita di sodio con la sudorazione, mentre questa alla Lidl-Trek è evidentemente una necessità meno urgente.

«Quando sono in gara – spiega – i nostri corridori preferiscono avere un mix di entrambe le bevande sportive (con un quantitativo di carboidrati fra 30 e 60 grammi per borraccia di carboidrati e sodio/sali), combinate con gelatine, gel o barrette. Invece non mettiamo in atto delle precise strategie per quanto riguarda la sudorazione. Con una buona pre-idratazione ed elettroliti extra prima e durante le gare o gli allenamenti possiamo soddisfare tutti i loro bisogni.

«Solo nelle corse veramente lunghe, pianeggianti e “più facili” i corridori prenderebbero anche del “cibo normale”, ma questo ormai è davvero raro. Nel menu di gara ci sono ancora le gallette di riso, ma torte e panini non si vedono più tanto spesso. Quindici anni fa ci si chiedeva se avessimo il miglior allenatore e i migliori materiali, adesso il mondo dello sport ha capito che le corrette abitudini alimentari non sono garanzia di vittoria, ma aiutano».

Tao al Delfinato: «Ora è in tabella», parola di Larrazabal

01.06.2024
5 min
Salva

Abbiamo ancora il Giro d’Italia in circolo nel sangue e nella testa, ma con l’inizio del Delfinato domani ci si sposta già sul Tour de France. E inevitabilmente si finisce a parlare dei suoi interpreti. Tra questi ci sarà anche  Tao Geoghegan Hart.

Attorno l’inglese, quest’anno approdato alla Lidl-Trek c’è tanta curiosità. E parte di queste curiosità ce le siamo tolte proprio al Giro quando una mattina abbiamo incontrato Josu Larrazabal, capo del settore performance della squadra americana.

Ricordiamo che Tao Geoghegan Hart era caduto rovinosamente proprio lo scorso anno durante la corsa rosa. Un infortunio terribile, tra le varie fratture anche quella del femore. Una riabilitazione lunghissima e un ritorno incerto o quantomeno complicato. Sin qui l’ex maglia rosa ha disputato 24 giorni di corsa facendo anche vedere qualche buona prestazione, ma certo la strada per lottare con Pogacar, Roglic e Vingegaard appare lunga.

Josu Larrazabal è il capo dei preparatori in casa Lidl-Trek
Josu Larrazabal è il capo dei preparatori in casa Lidl-Trek
Josu, come sta Tao?

Sta andando bene, ovviamente ci ha messo un po’ più di tempo… Che poi non so neanche se dire “più tempo” sia giusto o sbagliato, perché non si sapeva da dove Tao ripartisse dopo un intervento del genere. Però è vero che l’inverno è andato molto bene, forse anche per questo motivo ci aspettavamo già di vedere qualcosa al Catalunya. Ma quello che non abbiamo visto al Catalunya l’abbiamo visto al Romandia un mese più tardi.

Dunque ora è in tabella di marcia?

Diciamo che sin qui eravamo con un mesetto di ritardo. Adesso Tao è nel pieno della preparazione del Tour, è a Sierra Nevada (è sceso giusto un paio di giorni di fa, ndr) con la squadra. Secondo me al Delfinato vedremo ancora un altro step rispetto al Romandia e saremo pronti per il Tour.

Dopo un incidente importante come il suo, Josu, hai notato qualche momento di flessione? Non solo fisica, ma anche a livello morale?

Non conosco il corridore così bene, perché è arrivato quest’anno. Lo sto conoscendo. Nelle conversazioni con lui c’era quel tratto d’incertezza su se stesso, che va alla ricerca di una continua conferma. A dicembre, in ogni test vedevamo che aveva, tra virgolette, lo stress di confermare che fosse in ripresa, che andava benissimo. Lui voleva sempre di più. Mettiamoci anche che nel ciclismo di oggi tutto viene misurato e i ragazzi hanno continui riferimenti numerici. Lui ci badava moltissimo e abbiamo cercato di tirarlo fuori da questo aspetto.

L’inglese è stato a Sierra Nevada tre settimane con la squadra. Da domani sarà al Delfinato (foto X)
L’inglese è stato a Sierra Nevada tre settimane con la squadra. Da domani sarà al Delfinato (foto X)
E come?

La nostra aspettativa nella prima parte di stagione era tornare, tornare a correre. Metterlo in una squadra, farlo lavorare. E questo Tao lo ha fatto molto bene. Ai Paesi Baschi ha lavorato per Skjelmose dando un contribuito da leader importante e poi al Romandia si è fatto vedere lui. Un risultato che è sotto il suo standard, ma visto da dove veniva è stata un’ottima top 10 (ha chiuso 9° a 1’02” da Carlos Rodriguez, ndr). Lì ha avuto belle conferme e  belle sensazioni. Ora però non basta.

Cioè?

Non abbiamo ancora chiuso il cerchio. Secondo me per lui sarà importante misurarsi al Delfinato, per arrivare al Tour con la fiducia al top.

Josu, abbiamo parlato di numeri, cosa gli è venuto a mancare di più dopo l’incidente? Picchi di potenza, resistenza, recupero?

Efficienza dico io. Alla fine con l’allenamento limi, limi ogni giorno qualcosa e porti tutte le componenti ad un livello di eccellenza. Un livello che ti permette di arrivare alla fine della corsa più fresco possibile e con più possibilità di fare i numeri massimali. Quando tu fai un test massimale i dati sono lì, ma il ciclismo non è cosa fai quando sei fresco, il ciclismo è cosa fai dopo 5 ore. E’ quella fatigue resistance che perdi quando subisci un intervento del genere.

Tra nuovi materiali e rincorsa della forma quest’anno Tao Geoghegan Hart non è stato super a crono. Tuttavia al Romandia è andato meglio
Tra nuovi materiali e rincorsa della forma quest’anno Tao Geoghegan Hart non è stato super a crono. Tuttavia al Romandia è andato meglio
L’efficienza in generale, in corsa…

Il fisico perde quelle tante piccolezze che sono necessarie. Il ciclismo è un sport tecnico e non solo tattico. La pedalata è un movimento che si ripete mille volte ed è lì che sta l’efficienza. E’ lì che una buona efficienza fa la differenza. E se tu per ognuna di quelle mille pedalate perdi anche solo un pochino, dopo 4-5 ore il gap che devi colmare è enorme.

Avete lavorato anche un po’ in palestra? O meglio, visto il muscolo da recuperare l’avete portata avanti nel corso della stagione?

Sì, ci abbiamo lavorato tanto. La palestra è stata la base della sua riabilitazione. Tao ha fatto un grande lavoro ad Amsterdam, in questo centro dove hanno fatto l’intervento. Hanno lavorato molto in monopodalico, cioè con la gambe separate affinché tutto tornasse al top, misurando ogni valore della forza di quell’arto. E infatti da quel punto di vista già in inverno era ben messo però, una cosa è come sei tu a livello fisico in un test, tra l’altro non specifico, e un’altra cosa è come sei tu in bici pedalando con tutte e due le gambe insieme, con quella coordinazione necessaria. Ecco che si ritorna al discorso dell’efficienza.

Ciccone: l’inizio al Romandia e i nuovi obiettivi della stagione

30.05.2024
4 min
Salva

Il Tour de Romandie ha significato il rientro alle corse per Giulio Ciccone. Un inizio di stagione tardivo causato da un problema al soprasella che lo ha escluso dal Giro d’Italia, suo primo obiettivo del 2024. Finite le fatiche in terra svizzera è volato in Spagna, a Sierra Nevada, per fare un lungo blocco di lavoro in vista dei prossimi impegni. Lo scalatore abruzzese sarà prima al via del Giro del Delfinato e poi al Tour de France

«Sto bene ora – racconta Ciccone – sono stato in ritiro con la squadra e abbiamo fatto tre settimane intense di allenamento. Iniziare la stagione al Tour de Romandie è stato strano, non avevo mai cominciato così tardi a correre. Ma se ci pensate il calendario è ricco di impegni e da qui a settembre ci sono tante gare alle quali guardare con ottimismo».

Al Tour de Romandie è arrivato l’esordio stagionale per lo scalatore abruzzese
Al Tour de Romandie è arrivato l’esordio stagionale per lo scalatore abruzzese

Due ritmi differenti

In Svizzera erano presenti tanti corridori che sarebbero poi stati protagonisti al Giro d’Italia appena concluso come Arensman, Caruso e Alaphilippe. Oppure altri che andranno verso il Tour de France: Bernal, Vlasov e Simon Yates. Anche Ciccone punta alla Grande Boucle, ma per lui il Romandia era il primo passo, mentre per gli altri era l’ennesimo verso questo importante appuntamento. 

«Il Romandia – continua Ciccone – serviva per mettere insieme ritmo gara e condizione. Ovvio, ho fatto tanta fatica, ma non correvo da mesi quindi era prevedibile. In più il livello degli altri corridori era alto. Io ho preso l’impegno come un prosieguo degli allenamenti fatti in precedenza. Finito il Romandia sono andato alla Eschborn-Frankfurt dove la condizione era già più alta».

L’infortunio al soprasella lo ha fermato per tutto il mese di febbraio (foto Instagram)
L’infortunio al soprasella lo ha fermato per tutto il mese di febbraio (foto Instagram)

Ricominciare da capo

Lo stop subito da Giulio, a inizio febbraio, ha costretto il corridore della Lidl-Trek a ripartire da zero e ricostruire tutto il lavoro dell’inverno. Una cosa che mentalmente può abbattere anche gli atleti più motivati.

«Sono arrivato al Romandia con meno di due mesi di allenamento – riprende – fermarsi durante l’inverno ha azzerato tutto il lavoro fatto in precedenza. L’uno di marzo sono partito da zero e dopo qualche settimana sono tornato in gruppo. Si deve ripartire con le gambe, ma anche di testa. Non bisogna farsi abbattere dalla situazione anche se rimettere insieme i pezzi è difficile. Arrivare ad una condizione decente mi è costato fatica e impegno. Probabilmente questo è stato uno dei periodi più difficili, ma sono contento di come l’ho superato». 

L’anno scorso al Tour Ciccone conquistò la maglia a pois, proverà a difenderla?
L’anno scorso al Tour Ciccone conquistò la maglia a pois, proverà a difenderla?

Nuovi obiettivi

Con appena sette giorni di corsa messi insieme in questo 2024 Ciccone si avvicina alla seconda parte di stagione carico di aspettative, grazie anche al supporto della squadra.

«Il team – conclude – mi ha subito cambiato il calendario e i piani. L’avvicinamento al Tour è dei migliori e forse farò un calendario più intenso del previsto. Farò la Grande Boucle e a settembre la Vuelta, mentre con il programma iniziale avevo un solo una corsa a tappe di tre settimane: il Giro d’Italia. Ovvio che gli obiettivi cambiano, al Tour Thao sarà il capitano mentre io mi metterò nel ruolo del “jolly”. Porterò fantasia, ma sarò comunque a disposizione di Geoghegan Hart. Probabilmente avrò più spazio alla Vuelta, ma vedremo come mi sentirò durante la stagione. Dispiace aver perso il Giro, ma ora mi concentro sul Tour de France, che parte comunque dall’Italia. 

«Il Delfinato – che partirà domenica 2 giugno – sarà un po’ una sorpresa visto che è la prima gara in cui arriverò con una buona condizione e una preparazione mirata. Provo e testo con tanta curiosità, vedremo dove mi porterà».

Le volate del Giro d’Italia alla lente di Guarnieri

26.05.2024
5 min
Salva

L’allenamento è terminato in concomitanza con l’arrivo della 19ª tappa del Giro d’Italia, vinta da uno straordinario Vendrame. Un’uscita di sei ore per Guarnieri che si prepara per i prossimi impegni tra i quali spicca il Giro di Svizzera. 

«Al momento non c’è un programma troppo stabilito – dice Guarnieri – correrò in Belgio tra qualche giorno e poi sarò al Giro di Svizzera. La speranza è che possa tornare utile per trovare il giusto feeling con De Lie, anche se non credo che ci saranno grandi occasioni per i velocisti. Lo Svizzera però è una corsa che mi piace sempre, molto tirata ed è il miglior avvicinamento al Tour de France, sempre ammesso che ci sarò».

Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora
Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora

Le prime misure

De Lie dovrebbe essere l’uomo di punta della Lotto Dstny alla Grande Boucle. Il “Toro di Lecheret” sarà chiamato a continuare il grande momento di forma, da quando ha ripreso a correre a fine aprile ha messo insieme 3 vittorie e 2 podi. 

«Alla Ronde Van Limburg – racconta Guarnieri – abbiamo raccolto un bel terzo posto. Il treno ha funzionato bene nonostante sia stata la terza o quarta gara fatta insieme da inizio anno. Sicuramente non c’è quel feeling che si vede nei treni più forti, ma la prestazione di Limburg ci dà fiducia. Sono contento del lavoro fatto, sia fisico che di squadra. Personalmente sto bene, dopo tanti anni in gruppo so riconoscere le sensazioni e arrivare in forma ai momenti chiave. Vero che la mia convocazione per il Tour non dipende tanto da me ma dalle intenzioni della squadra».

Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan
Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan

Uno sguardo al Giro

Tra i treni migliori visti ultimamente in circolazione c’è quello della Lidl-Trek di Jonathan Milan. Il velocista di Buja ha inanellato tre successi di tappa e altrettanti secondi posti al Giro. Guarnieri, che da casa ha visto l’operato della Lidl-Trek però non è rimasto così sorpreso.

«Da come andava alle classiche del Nord – spiega – ce lo aspettavamo tutti che Milan potesse essere così forte. Alla prima vittoria, quella di Andora, ha fatto vedere di cosa è capace. Ha preso tanto vento, ma era talmente superiore agli altri che non si è scomposto e ha comunque messo dietro tutti. Poi se hai una squadra così forte come la Lidl-Trek, con uomini di spessore che lavorano per te, tutto viene più semplice. Loro hanno Stuyven, uno che ha vinto la Sanremo, come terzultimo uomo, dopo di lui va in azione Theuns e infine Consonni. Simone è uno che di treni ne ha fatti in carriera, si sta dimostrando un grande ultimo uomo».

Tutto semplice

Per Milan e la Lidl-Trek tutto sembra semplice. Poi ci sono delle tappe in cui qualcosa si è sbagliato, come a Fossano o a Padova, ma gli errori fanno parte del gioco. 

«Vorrei anche sottolineare – riprende Guarnieri – che gli avversari forti a questo Giro ci sono stati. Merlier, Kooij, Gaviria. Poi alla Lidl-Trek sono molto bravi, hanno le giuste tempistiche e anche quando non le hanno riescono a cavarsela. Mi ricorda un po’ il treno che avevamo con Demare, eravamo sempre noi a prendere in mano la situazione. Quando hai il velocista più forte anche se sei lungo non cambia, ne esci sempre bene. Meglio farsi trovare fuori tempo ma essere i primi a partire che rimontare e rischiare di rimanere incastrati».

I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione
I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione

Affinità

Tutto però è stato costruito giorno dopo giorno, a partire dall’inverno e passando per le diverse corse. Consonni e Milan hanno messo alle spalle, prima del Giro d’Italia, 12 giorni di corsa insieme. 

«Queste volate dominate – analizza ancora – arrivano da un lungo periodo di prove. Fanno sprint su sprint dalla Valenciana, sono passati dalla Tirreno e sono arrivati al Giro. La forza di un treno è anche l’affinità che si crea tra i vari “vagoni”. La Lidl-Trek ha investito tanto tempo su questo aspetto, al contrario nostro. Sanno perfettamente cosa fare e dove andare. Nella tappa di Cento sono stati perfetti, gli avversari possono fare poco, se non sfruttare qualche errore, come successo a Padova. Secondo me contro questa Lidl-Trek tutti partono battuti, anche la Alpecin di Philipsen».

Un altro sguardo alla tappa di ieri per parlare di Ghebreigzabhier

23.05.2024
5 min
Salva

FIERA DI PRIMIERO – Piove anche stamattina. I pullman li hanno parcheggiati in un piazzale ampio abbastanza perché tutti potessero aprire la pergola. Milan è fuori per capire come mai il potenziometro della sua bici non comunichi con il computerino. Poi arriva il meccanico Campanella, smuove un po’ la batteria e il contatto si attiva. Siamo qui per incontrare Amanuel Ghebreigzabhier, andato in fuga ieri verso il Brocon e atteso oggi al solito duro lavoro per portare avanti proprio il velocista. Quello che sapevamo di lui lo avevamo letto in altre interviste.

Un metro e 87 per 65 chili, ha il fisico da mezzofondista. E’ magrissimo e ha lo sguardo gentile. Il suo Giro d’Italia è stato sinora decisamente positivo e la fuga di ieri in qualche modo lo ha avvicinato al sogno della vittoria che non ha ancora centrato da quando corre nel gruppo Trek, fatti salvi i campionati eritrei della crono.

«Ieri è stata una tappa dura – ricorda – sono stato davvero bravo e ho fatto una buona prestazione. Se sperassi di vincere? Non dico sì né no, ma ero davvero in buona forma. Anche il corridore della EF (Georg Steinhauser, che ha vinto, ndr) si è mostrato davvero forte, forse con una compagnia diversa avrei potuto ottenere di più».

Nella tappa di ieri, Amanuel Ghebreigzabhier è stato in fuga con Steinhauser. Alla fine si è piazzato al 30° posto
Nella tappa di ieri, Amanuel Ghebreigzabhier è stato in fuga con Steinhauser. Alla fine si è piazzato al 30° posto

Esempio per i giovani

Il ciclismo e la bicicletta in generale sono parte integrante della cultura del suo Paese. Amanuel è nato ad Addis Abeba ed è cresciuto ad Asmara, dove la passione per le due ruote deriva proprio dalla cultura portata dagli italiani ai tempi delle colonie: forse l’unico lascito degno di menzione.

«Mi sono avvicinato al ciclismo come un gioco – dice – poi grazie ad un amico che correva in mountain bike, ho iniziato a vederlo come uno sport. Dopo un paio d’anni sono entrato a far parte di uno dei principali club ciclistici nazionali è ho iniziato a gareggiare su strada. Ogni volta che incontro i giovani corridori del club in cui sono cresciuto, sento calore e affetto. Mi guardano per quello che sono diventato, perché nonostante ci siano tanti ciclisti, emergere non è semplice. Io stesso ho avuto delle possibilità andando all’estero con la nazionale. Mi chiedono come si fa, rispondo che è importante lavorare su se stessi, perché il ciclismo non regala nulla. Le possibilità sono poche, bisogna saperle cogliere».

Primo anno da pro’ nel 2018 e subito alla Vuelta, con un 7° posto nella 3ª settimana
Primo anno da pro’ nel 2018 e subito alla Vuelta, con un 7° posto nella 3ª settimana

L’obiettivo della squadra

La sua opportunità è arrivata ieri ed è stato bravo a coglierla. L’atleta è forte, anzi fortissimo. Se non fosse stato per la caduta rovinosa al Catalunya del 2022, magari la sua carriera avrebbe seguito un diverso binario.

«Normalmente nelle tappe pianeggianti – spiega – lavoro per Milan, vado al 100 per cento per lui. Altrimenti quando ci sono tappe in cui si può andare in fuga, magari con qualche salita, posso provare a giocare le mie carte e ottenere un risultato. Ho una buona condizione, è stata buona per tutto l’anno, sin dalla Valenciana dove ho iniziato la stagione. Ho i miei sogni, sono gare di un giorno o tappe. Dopo il Giro correrò il Wallonie e anche Burgos, magari potrò sfruttare questa condizione per ottenere dei risultati. Però sono contento anche quando vince Milan. E’ l’obiettivo della squadra. E quando ci riusciamo, sono davvero felice, tutta la squadra è felice».

Al Giro dello scorso anno, Amanuel Ghebreigzabhier assieme al connazionale Testatsion
Al Giro dello scorso anno, Amanuel Ghebreigzabhier assieme al connazionale Testatsion

Credere nel sogno

Attualmente i professionisti eritrei sono 10, con Girmay per bandiera. Qui al Giro ci sono Amanuel ed Henok Mulubrhan in maglia Astana. L’acquisto più gradito della Lidl-Trek per Ghebreigzabhier è stato quello di Natnael Tesfatsion, ugualmente eritreo ma cinque anni meno di lui, che ha disputato per tre volte la corsa rosa e attualmente è al Tour of Norway.

«L’Eritrea è un paese diverso dal resto dell’Africa – ammette – altri sono in crescita, come il Rwanda e il Sud Africa. Nel resto dell’Africa manca una spinta verso la bicicletta: è un mezzo per spostarsi, non tanto uno sport. Non ci sono politiche in questo senso e speriamo che il mondiale del 2025 sia una buona occasione. Se devo dare un consiglio ai ragazzi del mio Paese, gli direi di credere in un sogno e coltivare con passione e dedizione il proprio talento. Io lo sto ancora facendo su me stesso. Ho un buon livello. Se devo dire la verità, in questo Giro non ho ancora avuto un giorno di vera difficoltà o in cui abbia sofferto. Per cui oggi lavoro per Johnny, poi ci saranno altre due tappe di montagna per provare qualcosa».

L’abbraccio di Milan dopo la vittoria di Cento conferma l’ottimo lavoro di Ghebreigzabhier per il friulano
L’abbraccio di Milan dopo la vittoria di Cento conferma l’ottimo lavoro di Ghebreigzabhier per il friulano

L’altura e il freddo

Dopo il Giro, mentre forse la pioggia accenna a diminuire, ammette che tornerà un po’ in Eritrea. E qui scatta la curiosità di chiedergli come vada con l’altura: quando si parla delle alte quote, siamo tutti a ricordare gli scalatori colombiani, senza considerare le alte quote africane.

«Asmara è alta 2.325 metri – conferma – per cui in alta quota mi sento sempre bene. E’ un vantaggio, chiaramente, ma non è sufficiente essere abituati all’altitudine per vincere le corse. Sarebbe troppo facile. Quello che non mi piace è il freddo. Mi sta bene anche la pioggia, ma se la temperatura scende sotto i 10 gradi, smetto di stare bene. Quando ieri Steinhauser se n’è andato, ho provato a resistere. Ma penso che riproverò, stare davanti è stato una bella esperienza».

P.S. Sul traguardo di Padova, il treno della Lidl-Trek non ha funzionato come si sperava. Ghebreigzabhier ha fatto la sua parte, poi nel finale Milan ha perso la scia dei compagni, aprendo la porta per la vittoria a Tim Merlier.

Dietro l’attacco della Ineos c’era qualche ruggine nascosta?

17.05.2024
6 min
Salva

CENTO – Milan esce dalla porta del camion interviste. Paolo Barbieri gli apre la strada, sotto un mare di ragazzini lo aspetta. Resta l’ultima domanda della sera, lo chiamiamo.

«Johnny!».

Si ferma sul secondo gradino e si volta.

«Quando ti hanno attaccato ti eri fermato a fare la pipì?».

«E già…».

Un ragazzo normale

Poi riprende a scendere. Sotto lo aspetta il dottor Daniele, probabilmente deve ancora andare all’antidoping. Però ora la sua risposta permette di rileggere le parole dopo l’arrivo. C’era Manuel Quinziato, il suo agente, vicino ai tifosi venuti da Buja. Si ragionava sul fatto che Jonathan sia quello di sempre e Manuel, sorridendo ha tirato fuori una massima.

«Lo diceva sempre Massimo Troisi – ha detto – o almeno credo sia stato lui, io però lo cito sempre. A uno che gli chiedeva se il successo lo avesse cambiato, rispose di no. “Uno stronzo diventa più stronzo, chi è normale resta normale”. E Johnny è rimasto normale, solo che a volte gli si chiude la vena e su questo deve lavorarci. Non l’ho visto, cosa ha fatto quando è rientrato in testa al gruppo? E’ la seconda volta che lo attaccano dopo che si è fermato a fare pipì. La prima a Lucca e dietro c’era anche Pogacar. S’è trattato di rientrare in salita e ovviamente Tadej ha fatto meno fatica. Mi chiedo se oggi quando è rientrato sia andato da qualcuno in particolare per dirgli qualcosa. Un po’ ho tremato…».

Chissà se fra i risvolti del Giro, dopo aver a lungo dissertato sulla tirata di Pogacar nella scia di Narvaez a Napoli, la tirata di Ganna abbia avuto il sapore della rivincita. Può esserci ancora la delusione per quando Consonni e Milan andarono a riprenderlo ad Andora? Di certo l’azione della Ineos non ha messo in difficoltà gli uomini di classifica, dato che erano tutti nel gruppo di testa.

E’ stata la Ineos Grenadiers ad aprire i ventagli: qui il forcing di Ganna
E’ stata la Ineos Grenadiers ad aprire i ventagli: qui il forcing di Ganna

Una volata irresistibile

L’attacco, come ha ben spiegato Popovych, è scattato mentre cercavano di rientrare dopo una sosta… tecnica. Davanti Ganna e la Ineos, dietro Milan e i suoi uomini. A quel punto nella testa di Johnny è scattato quasi un corto circuito, che fortunatamente la squadra ha saputo disinnescare. La volata e tutto quello che è venuto dopo sono stati un altro capolavoro della Lidl-Trek, la cui grandezza sta nelle parole di Aniolkowski, il polacco della Cofidis arrivato secondo.

«Ero lì che aumentavo – ha raccontato subito dopo l’arrivo a Benjamin Thomas che gli chiedeva come fosse andata – e mi sembrava di rimontarlo. Lo vedevo vicino e per un po’ ci ho creduto: spingevo e lui era lì. Ho pensato di dare tutto, che forse avrei potuto vincere. Poi ho alzato lo sguardo – si è messo a ridere – ho visto il cartello dei 100 metri e Milan se ne è andato…».

E con questa fanno tre: dopo Andora e Francavilla
E con questa fanno tre: dopo Andora e Francavilla
Johnny, che cosa hai detto e a chi quando sei rientrato in gruppo dopo la fine dei ventagli?

Ho detto: «Santo cielo!», (ride). Eravamo io e Simo (Simone Consonni, ndr) e questa è stata un po’ la reazione. Non è tanto quello che ho detto, quanto quello che ho pensato, perché comunque è stato un bello sforzo, devo ammetterlo. Ci siamo trovati in un posto sbagliato, stavamo per rientrare in gruppo e davanti è successo questo. E’ normale, con il vento che c’era. I ragazzi hanno fatto veramente un grandissimo sforzo. C’erano anche altre squadre che ci aiutavano, ci abbiamo messo un po’ perché davanti avevano un bel passo. E a quel punto ho deciso di andare immediatamente in testa e restarci.

Come mai?

Sapevamo che il finale era bello impegnativo, complicato, con curve, dossi, rotonde. Bisognava stare davanti, questo era fondamentale. Ce lo avevano spiegato nel meeting prima di partire e alla fine è andata bene. Devo dire grazie a due corridori come Stuyven e Theuns, sono due persone con una grandissima esperienza e penso che stiano facendo un lavoro impeccabile. Con loro due davanti, mi sento come se avessi dei bodyguard. Mi accompagnano fino al finale, credono in quello che facciamo e questo mi motiva un sacco. Il lavoro della squadra si vede dalle immagini, è semplicemente impressionante. Ma chiudere oggi è stato faticoso anche per loro.

Che cosa ti hanno detto dall’ammiraglia quando si è capito che la fase dei ventagli si poteva gestire?

Ci siamo accorti subito di quello che stava per succedere. Abbiamo alzato lo sguardo e abbiamo visto il ventaglio che si apriva e noi eravamo indietro. Dall’ammiraglia ci hanno avvisato per radio e abbiamo cercato di rimontare il gruppo il più possibile sulla sinistra, per rimanere nel secondo gruppo se si fosse spaccato in altre parti. Poi abbiamo iniziato subito a girare, non abbiamo mai avuto un grandissimo gap, però comunque è stato faticoso. Davanti andavano a tutta, avevano veramente un bel ritmo.

Theuns, assieme a Stuyven, è una delle due guardie del corpo di Milan
Theuns, assieme a Stuyven, è una delle due guardie del corpo di Milan
Cosa c’è negli abbracci con i tuoi compagni e come festeggiate poi la sera?

Quegli abbracci mi vengono abbastanza spontanei, il fatto di andare a cercarli è qualcosa che mi viene da dentro. Invece la sera a cena mi piace sempre parlare della giornata. Ci diciamo dove abbiamo sbagliato e dove abbiamo fatto bene. Ci si ride sopra, ma sono situazioni sempre diverse.

Sei contento?

E’ fantastico ottenere il terzo successo di tappa nonostante abbia temuto quando sono rimasto indietro a causa dei ventagli. I miei compagni di squadra mi hanno guidato alla perfezione, aiutandomi a rientrare in gruppo e successivamente a posizionarmi per lanciare la volata. Simone Consonni è stato fondamentale, tirando dai -400 metri. E’ impressionante vedere come tutti mi abbiano supportato al meglio per la volata, sono orgoglioso del mio team.

Per Pogacar, qui con l’addetto stampa McGuire, una tranquilla vigilia della crono
Per Pogacar, qui con l’addetto stampa McGuire, una tranquilla vigilia della crono

Pogacar e i selfie

Il tempo di salutare Pogacar e si va a scrivere. La maglia rosa confida che domani potrà fare bene la sua parte nella crono, sia pure su un percorso che non gli si addice. Ammette che non si aspettava tanta gente sulle strade del Giro, ma di trovarla rispettosa e capace di dare grandi emozioni. L’unica cosa che non tanto gli va a genio è dover fare tanti selfie.

«Adoro firmare autografi – ha detto – ma quando si fanno i selfie c’è sempre da aspettare il conto alla rovescia di cinque secondi e quello non mi piace troppo».

Tadej appare più sereno di qualche giorno fa. Domani nella crono vedremo se saprà chiudere ancora di più il Giro e soprattutto saremo tutti in attesa di una grande prestazione di Ganna: viatico necessario sulla via delle Olimpiadi di Parigi.

Sangue freddo e informazioni giuste, così la Lidl-Trek ha fatto tris

17.05.2024
4 min
Salva

CENTO – Yaroslav Popovych arriva al bus strombazzando con l’ammiraglia della Lidl-Trek. «E sono tre. Sono tre!», ripete dal finestrino quando ancora deve scendere dall’auto. Gli abbracci con gli altri dello staff, con qualche corridore che è già arrivato al bus e si gode il momento.

La vittoria di Jonathan Milan, la terza di questo Giro d’Italia, sembra essere arrivata con grande facilità. E forse è anche così se ci si limita a guardare la volata. Una volata perfetta. Prima però c’era stato il momento dei ventagli. Ma è anche da questi momenti che si vede cha la Lidl-Trek è una squadra arrivata qui con le idee chiare e le energie canalizzate per il friulano.

Yaroslav Popovych è uno dei direttori sportivi della Lidl-Trek
Yaroslav Popovych è uno dei direttori sportivi della Lidl-Trek
Yaroslav, sei arrivato dicendo è la terza, è la terza…

Ed è anche bella. E’ da tanto che non si vedeva un treno così forte. Tutti i ragazzi hanno fatto un lavoro spettacolare. Ognuno sa bene cosa fare.

Continuiamo su questo aspetto del treno. Si vede che ci avete lavorato e si vede anche quello che tempo fa ci disse Simone Consonni: «Per essere perfetti dobbiamo fare e rifare volate in corsa»…

Sono già un po’ di mesi che ipotizzavamo che la situazione potesse essere questa al Giro. I ragazzi migliorano costantemente. Nei primi giorni abbiamo sbagliato qualcosa. Poi abbiamo fatto dei piccoli aggiustamenti, come restare più vicini. Ma quando si è forti, si è forti… Il morale è altissimo. E tutto diventa più facile.

Questo il treno. Ma forse, la tappa l’avete vinta qualche chilometri prima, quando non avete perso la testa in occasione dei ventagli. E’ così?

E’ successo che qualche chilometro prima dei ventagli i ragazzi si erano fermati a fare pipì. Poi quando sono rientrati, sono rimasti un po’ indietro. Pertanto quando il gruppo si è spezzato sono rimasti indietro. Ma tutto sommato noi eravamo abbastanza tranquilli perché sapevamo che poi, più avanti, il vento sarebbe calato. La strada era lunga. E devo dire che i ragazzi hanno gestito bene la situazione.

Jonathan Milan (classe 2000) mentre provava a rientare da solo quando si sono aperti i ventagli
Jonathan Milan (classe 2000) mentre provava a rientare da solo quando si sono aperti i ventagli
Quali sono state le vostre indicazioni dall’ammiraglia? Le tue e quelle di Raast…

Di stare tranquilli, di lavorare, di spingere, che si sarebbe risolta. Informarli soprattutto del vento che era in calo.

C’è stato un momento in cui Milan ha provato a rientrare da solo sul primo gruppo. Come è andata? Lo avete fermato voi?

No, sono stati direttamente i ragazzi a richiamarlo per radio. Gli hanno detto: «Stai tranquillo, ti riportiamo dentro noi». Per questo dico che è un bel gruppo e che hanno lavorato bene. 

Gli staff degli uomini di classifica vanno a visionare le tappe di montagna e le crono, voi siete venuti a vedere questa?

Non proprio. Sono io andato a vedere quella di Lucca, perché vivo lì vicino. Ma per questi altri arrivi abbiamo Adriano Baffi che è un esperto di volate. Lui ci precede di circa 30-40 chilometri e ci spiega per filo e per segno il finale.

Notizie fresche insomma…

Esatto, ci dice anche del vento. Anche perché un arrivo del genere tu puoi anche andarlo a vedere qualche giorno prima, ma con cartelloni, sponsor, transenne la situazione cambia molto (il riferimento è soprattutto alla larghezza della carreggiata, dato fondamentale per impostare un treno, ndr). E così abbiamo informazioni specifiche e aggiornate per ogni sprint.

Piena bagarre, la Lidl-Trek resta dietro: si intravedono i caschi rossi dei compagni di Milan che tirano in lontananza
Piena bagarre, la Lidl-Trek resta dietro: si intravedono i caschi rossi dei compagni di Milan che tirano in lontananza
Conosci Milan da pochi mesi, come sta cambiando?

E’ giovane e molto impulsivo. Ma si vede che è un grande campione. Anche per come si comporta con le gente e con tutta la squadra, non solo i compagni. Deve ancora imparare tanto, ma poi quando la squadra è forte e le gambe sono buone anche questo aspetto diventa facile.

Tre tappe sono un bel po’, di solito i velocisti che ne vincono tante nello stesso grande Giro sono quelli che dominano. Milan se la può giocare con i più grandi?

Eh – ride Yaroslav – si dai… è bello e credo di sì. Ma intanto pensiamo a questo Giro. Abbiamo altre due tappe nel mirino e speriamo che andrà tutto bene.

Ma non è che Milan a forza di fare volate diventi “solo” un velocista?

No, no… Jonathan Milan è un corridore da classiche al 100 per cento. Prenderà anche quella via.

Philipsen, sei pronto a diventare un vincitutto?

17.05.2024
6 min
Salva

Vincere la Corsa della Pace è già di per sé un patentino di qualità, farlo con indosso la maglia di campione del mondo significa che siamo di fronte a un vero campione. Se poi lo si fa alla maniera di Albert Withen Philipsen, allora siamo davvero in presenza di qualcosa di molto importante.

Il danese ha dominato la breve cronometro imponendo distacchi pesanti. Una nuova freccia al suo arco
Il danese ha dominato la breve cronometro imponendo distacchi pesanti. Una nuova freccia al suo arco

Salvoldi, parlando della corsa in Repubblica Ceca era stato chiaro nel definire come la superiorità del danese fosse stata un fattore discriminante, ad esempio per come aveva condotto l’inseguimento a Bessega nella penultima tappa. Ricordando come la vittoria di Philipsen avesse sorpreso tutti ai mondiali di Glasgow, come lo stesso danese avesse sottolineato le sue persistenti difficoltà a gestirsi in una corsa su strada rispetto a una del suo primo amore, la mountain bike, un simile crescendo stupisce.

«E’ stato un inizio stagione pieno di alti e bassi – racconta Philipsen appena tornato nella sua Danimarca – sono davvero contento di aver vinto una classica corsa a tappe come quella ceca, ma anche deluso di non aver potuto ottenere di più alla Roubaix, dopo che si era messo tutto al meglio, ma allo sprint non sono stato abbastanza veloce. Erano i due obiettivi di questo inizio stagione, diciamo che averne centrato uno è positivo ma volevo di più».

Lo sprint perso da Philipsen nella prima semitappa. Un aspetto sul quale lavorare (foto organizzatori)
Lo sprint perso da Philipsen nella prima semitappa. Un aspetto sul quale lavorare (foto organizzatori)
Le due maglie iridate ti hanno dato qualcosa in più in termini di tua sicurezza in corsa, di personalità?

Sì, soprattutto su strada. Avere quella maglia indosso ti porta ad essere più tattico e un po’ più creativo nel modo in cui corri perché tutti guardano te. Quindi abbiamo 50 ragazzi che fissano la tua ruota posteriore e reagiscono ogni volta che attacchi. Quindi questo rende tutto un po’ più difficile e devi davvero usare la tua energia con saggezza, altrimenti la sprechi e basta. Quella maglia ti dà effettivamente qualcosa in più.

Alla Course de la Paix sei sembrato il vero padrone della corsa. Quanto ha influito la squadra?

Hanno fatto davvero una grande differenza. È stata davvero una prestazione di squadra e non avrei potuto farcela senza di loro. Naturalmente sono stato io a vestire la maglia, ma è stata l’intera squadra a vincerla. Sì, hanno fatto una performance straordinaria e sono davvero grato di quanto mi hanno aiutato. Facendomi stare al sicuro nel gruppo e aiutandomi a controllare tutto, hanno reso possibile che ogni gara potesse essere pianificata come volevamo.

Per l’iridato fondamentale è stato l’apporto dei compagni di squadra, tutti al suo servizio
Per l’iridato fondamentale è stato l’apporto dei compagni di squadra, tutti al suo servizio
Rispetto al Philipsen di un anno fa, nelle corse su strada quanto sei migliorato?

Direi molto. Non so dire con precisione quanto sia migliorata la mia resa in gara. Ovviamente ho scoperto che ho fatto dei passi avanti, ma è più una questione di come corro, delle tattiche attuate in corsa, un progresso c’è stato. Mi sento più sicuro. Le dinamiche in una gara su strada sono migliorate molto, penso di essere cresciuto in modo molto più intelligente ora rispetto all’anno scorso e posso davvero vedere come questo sta influenzando le mie corse. Posso sprecare molte meno energie non dovendo andare sempre in fuga, utilizzandole quando conta.

Dopo Glasgow avevi detto di avere ancora qualche problema a correre in gruppo. Ora sei migliorato e quanto ciò è utile nella scelta delle strategie?

Rende tutto molto, molto più semplice quando non hai paura di essere nel gruppo. Mi sono abituato di più, quindi non mi dà più fastidio e potrebbe rendere le corse molto più facili perché l’anno scorso ero in testa per la maggior parte delle gare. Mi gestisco meglio, rimango un po’ più indietro nel gruppo e guardo come stanno guidando tutti gli altri. Questo consente di prevedere la gara e risparmiare anche molta energia. Era un passaggio fondamentale e lo sto completando.

L’iridato (casco rosso Trek) ha ormai imparato a stare in gruppo, seguendo le mosse degli altri
L’iridato (casco rosso Trek) ha ormai imparato a stare in gruppo, seguendo le mosse degli altri
Dove trovi più concorrenza fra le due discipline?

È una domanda difficile. Non ho corso molto quest’anno in mtb e nelle due prove vinte di Junior Series non c’erano proprio tutti i migliori, quindi è difficile dare una risposta compiuta. Nell’ultimo fine settimana di maggio gareggerò in Coppa del mondo a Nove Mesto, penso che lì avrò un quadro chiaro del mio livello rispetto agli altri. Su strada posso dire che il livello è più alto rispetto al 2023, è una disciplina davvero competitiva e al momento sono tutti super forti. La cosa che mi colpisce di più è quanto professionale sia il livello di lavoro generalizzato degli juniores.

Il prossimo anno passerai alla Lidl-Trek. Sai già se continuerai a correre sia su strada che in mountain bike?

Continuerò a promuovere entrambi questi piani. Sono stato molto chiaro in questo nella mia scelta. Il mio obiettivo principale sarà la strada, ma ho deciso che voglio continuare a correre anche un po’ in mountain bike quando avrò tempo per farlo. Non saranno così tante gare, ma mi piace molto tornare alla mountain bike e talvolta anche all’ambiente della mountain bike, è una valvola di sfogo. Per me un modo per mantenere alto il livello di divertimento.

Per Philipsen due vittorie nelle Junior Series di mtb in Spagna, a Chelva e Banyoles (foto Ocisport)
Per Philipsen due vittorie nelle Junior Series di mtb in Spagna, a Chelva e Banyoles (foto Ocisport)
Molti aspettano il tuo passaggio parlando di un nuovo campione che presto sarà all’altezza di Pogacar, Evenepoel, Van der Poel. Questo ti mette pressione addosso?

Non penso di prenderlo come una pressione, ma più come un complimento. Ma è difficile prevedere quale sarà il mio livello perché sono ancora giovane e ho ancora molto sviluppo da fare, non ho mai gareggiato contro i primi, quindi è difficile sapere come andrà a finire in futuro. E’ ovvio che spero di essere come alcune delle grandi star in futuro. Questo è l’obiettivo della mia carriera.

Dopo la Course de la Paix ti ritieni più un corridore da classiche o per corse a tappe?

Un’altra domanda difficile… Penso che in questo momento sono un po’ un tuttofare e vorrei continuare così almeno per ora. Ed è difficile capire tra i ranghi juniores che tipo di corridore sei. A questo livello penso che sia possibile fare un po’ di tutto, quando sali di categoria diventa un po’ più chiaro che caratteristiche avere. Io vorrei rimanere un corridore completo, in grado di vincere sempre. Poter partecipare con ambizione sia alle classiche, sia alle corse a tappe.

Il trionfo in maglia iridata a Banyoles. Philipsen punta al bis mondiale anche nel 2024 (foto Ocisport)
Il trionfo in maglia iridata a Banyoles. Philipsen punta al bis mondiale anche nel 2024 (foto Ocisport)
Quali sono ora i tuoi obiettivi per questa stagione?

Per quanto riguarda la mountain bike, punto a confermarmi campione nazionale e naturalmente campione del mondo. Su strada sarà più difficile vincere la maglia di campione danese perché il percorso è per velocisti. Poi punterò ai mondiali, su un percorso che a me piace. Fare doppietta un’altra volta non sarebbe male, no?