Copeland, perché il caso Uijtdebroeks è così grave?

13.12.2023
7 min
Salva

Per fare un passo avanti rispetto ai post social, abbiamo raggiunto Brent Copeland, team manager della Jayco-AlUla, mentre ieri pomeriggio guidava alla volta di Losanna per un corso di aggiornamento all’UCI. La sua presa di posizione sulla vicenda di Cian Uijtdebroeks gli è valsa la chiamata di Alex Carera, di cui è amico da lunga data e anche a lui ha spiegato il punto. In questi giorni, su siti e social circolano foto del giovane belga vestito di nero in ritiro con la Jumbo-Visma, è chiaro che il passo sia ormai fatto, costi quel che costi. E proprio questo è alla base del fastidio con cui il sudafricano vive il momento.

In questi giorni, Uijtdebroeks è in allenamento con la Jumbo-Visma in Spagna (foto Het Laatste Nieuws)
In questi giorni, Uijtdebroeks è in allenamento con la Jumbo-Visma in Spagna (foto Het Laatste Nieuws)
Come mai questa volta ti sei arrabbiato così tanto?

Non sono arrabbiato, sono preoccupato. Si potrebbe creare un precedente pericoloso per le squadre e anche per il corridore e i suoi agenti. Pericoloso per tutti. A cosa serve avere un contratto se è così facile terminarlo senza motivi abbastanza gravi? Non conosco i dettagli e le vere ragioni. Ho visto che oggi sono uscite delle spiegazioni (si è letto di prese in giro subite dal belga nel corso della Vuelta e di un gruppo whatsapp creato allo scopo alle sue spalle, ndr), però mi sembra tutto esagerato. Se vuoi fare un trasferimento del corridore, va bene. Sono cose che vengono fatte tra tutte le squadre. Noi quest’anno abbiamo preso due corridori che erano sotto contratto: uno è Plapp, l’altro è Caleb Ewan. Però c’è una procedura da seguire.

In cosa consiste?

Devi prima chiedere l’autorizzazione al PCC, il Consiglio del ciclismo professionistico presieduto da Tom Van Damme. Addirittura il regolamento dice che bisogna chiedere l’autorizzazione prima di parlare con il corridore o il suo agente. Ovviamente questo è difficile, perché se c’è la possibilità di un trasferimento vuol dire che hai già avuto un contatto. Poi viene fatto un accordo fra tre parti: la vecchia squadra, la nuova e il corridore per la parte finanziaria legata ai costi del trasferimento. Solo a quel punto si può procedere al contratto fra l’atleta e il nuovo team.

Piuttosto laborioso…

Ma se questa procedura viene seguita correttamente, non ci sono problemi. Il corridore non è contento della sua squadra, cerca qualcos’altro o magari una squadra nuova gli ha fatto un’offerta più importante o altro? Questi sono i protocolli da seguire. Invece mi sembra qui che non sia stato seguito nulla, perché se una squadra annuncia che un corridore ha firmato con loro e dopo un’ora la squadra attuale dice che resta lì, mi sembra che passi l’immagine di uno sport tutt’altro che professionistico. E secondo me vuol dire che non sono state seguite le corrette procedure. Vuol dire che un corridore di vent’anni, che ha poca esperienza, ha preso una decisione non facile. E allora mi chiedo: chi è il responsabile di questo? Chi deve guidare il ragazzo? Chi deve curare questi aspetti?

Brent Copeland, manager del Team Jayco, si è mostrato piuttosto preoccupato per la vicenda Uijtdebroeks
Brent Copeland, manager del Team Jayco, si è mostrato piuttosto preoccupato per la vicenda Uijtdebroeks
Bella domanda: a chi tocca?

Io credo che siano la squadra e l’agente, poi il CPA e tanto dipende anche dalla squadra. Quando un corridore viene da noi, cerchiamo di insegnargli la nostra cultura, il nostro modo di fare. Cerchiamo di essere trasparenti e di rispettare tutti. Nel momento in cui ci fosse una mancanza di rispetto o qualcosa non va, si deve parlare. E a quel punto è una responsabilità sia della squadra sia dell’agente. Ci sono regole chiare dell’UCI per gestire la situazione.

Di chi è la colpa se non vengono seguite?

L’agente sicuramente fa una trattativa, però immagino che sia stato il corridore a chiedergli di cercare una nuova squadra. Certamente non credo che l’agente vada a mettere certe cose in testa al corridore, almeno spero. Serve qualcuno che educhi bene il ragazzo prima che si arrivi a questo punto. Qualcuno che gli faccia capire che il contratto l’ha firmato lui. Loro magari sono stati bravi a farti firmare per tre anni, hanno fatto un affare, ma adesso devi osservare quel contratto. Poi se il corridore va forte e cresce, l’agente dovrà mettersi a tavola con la squadra, cercando di aumentare il suo stipendio, come succede sempre.

Quindi l’agente esegue sempre le direttive del suo assistito?

Ho parlato con Alex Carera, che era arrabbiato con me perché ho fatto quel post su X facendomi proprio queste domande. E gli ho risposto che non c’è solo un responsabile e comunque non è solo colpa dell’agente. E’ anche colpa della squadra, perché se arrivi al punto in cui non riesci più a parlare col tuo corridore, allora sì, è meglio lasciarlo andare, ma che la cosa venga fatta con il protocollo giusto. Ecco perché più che arrabbiato sono preoccupato. Se va in porto questa faccenda e l’UCI non richiede un’udienza disciplinare, si crea una precedente per il futuro, in cui i ragazzi possono rompere il contratto più facilmente.

Fu una sentenza del tribunale belga a fine 2018 a portare Van Aert dalla Willems alla Jumbo
Fu una sentenza del tribunale belga a fine 2018 a portare Van Aert dalla Willems alla Jumbo
La stessa cosa accadde con Van Aert, che andò alla Jumbo Visma per una sentenza.

Sì, più o meno, anche se non ricordo bene i dettagli. Forse quel caso fu un po’ diverso perché non erano due squadre WorldTour e nella precedente lui faceva solo cross e poca strada. Ma forse a livello burocratico fu la stessa cosa.

Il sistema attuale funziona o sarebbe meglio passare al sistema dei cartellini come nel calcio?

Secondo me il sistema funziona se vengono rispettati i regolamenti. I passaggi sono semplici. Se le tre parti sono d’accordo, non ci sono problemi. Ma se la squadra dove lui ha il contratto non è d’accordo che vada via, allora diventa complicato. Certo che nessuno vuole rovinare la carriera del corridore, questo no, però quello che hanno fatto questa settimana per me è vergognoso. Chi vede certe cose si chiede cosa stia succedendo, anche perché nel frattempo il ragazzo è là che si allena con loro vestito di nero. E’ chiaro che Uijtdebroeks correrà alla Jumbo, non credo che rimarrà alla Bora, però le cose andrebbero fatte meglio. Fino al 31 dicembre lo stipendio arriva dalla Bora e anche se ci sono gli accordi per cui un corridore può provare la bicicletta nuova prima della fine del contratto, dal punto di vista della visibilità e dell’immagine ha l’obbligo di rispettare chi gli paga lo stipendio (a quanto detto da Carera, il contratto è stato terminato il 1° dicembre, ndr).

Secondo te c’è modo nello scrivere i contratti di tutelarsi rispetto a queste situazioni?

Anche qui è molto complicato. Ogni squadra è sottoposta alla legge del Paese in cui è registrata, più bisogna vedere il Paese in cui il corridore è residente. In questo caso mi pare di capire che Uijtdebroeks potrebbe andare in un tribunale del Belgio a chiedere di rescindere il contratto. Poi c’è il discorso dei contratti self-employed o employed: libero professionista o dipendente. Se lui è self-employed, allora ha più libertà di manovra. Ma in ogni caso c’è qualcosa di poco etico. Un po’ di rispetto deve esserci e questo è preoccupante.

Richard Plugge, a destra e i suoi trofei 2023: Giro, Vuelta e Tour. Roglic è passato alla Bora con regolare trattativa
Richard Plugge, a destra e i suoi trofei 2023: Giro, Vuelta e Tour. Roglic è passato alla Bora con regolare trattativa
Fra team manager vi capita mai di affrontare questi argomenti?

Dipende dal rapporto che hai con i singoli. Noi, per esempio, tre anni fa dalla Jumbo abbiamo preso Groenewegen, seguendo le procedure correttamente. Abbiamo chiesto l’autorizzazione di procedere con le trattative a Tom Van Damme. A quel punto abbiamo chiesto alla Jumbo quanto volesse per il corridore. Quindi abbiamo firmato tutti gli accordi e il passaggio è andato a buon fine, senza alcun problema. Qui è evidente, pur non conoscendo i dettagli, che il ragazzo non sia contento con la squadra e che ci siano delle frizioni, per i materiali, per i trattamenti ricevuti. Qualunque cosa ci sia sotto, ci si siede a un tavolo, si chiede alla squadra se è disposta a pagare una cifra, si fa una trattativa, si  mette giù un accordo tra le tre parti e si va avanti. Invece mi sembra che il corridore abbia deciso di rompere il contratto senza chiudere bene con la squadra attuale. Magari la Bora avrà pure fatto qualcosa di sbagliato, questo non lo so, ma questo non ti solleva dal rispettare le regole.

Quel che sembra è che alla fine sarà solo una questione di soldi…

Ma stiamo finendo nel ridicolo. Mettiamo che il PCC dica di no, che hanno valutato le situazioni e l’atleta deve rispettare il suo contratto e rimanere alla Bora. Uijtdebroeks allora va in tribunale, chiede di rompere il contratto e il tribunale accoglie la richiesta e lui va a correre per la Jumbo-Visma senza pagare la penale. Chi ci dice che l’anno prossimo non ti trovi con 3-4 corridori che davanti alla facilità di fare certi passaggi non proveranno la stessa strada? Per questo dico che adesso toccherebbe all’UCI richiamare le parti e fare un’udienza disciplinare, altrimenti si cade nell’anarchia.

Un giorno ad Herentals dove tutto parla di Van Aert

19.11.2023
6 min
Salva

HERENTALS (Belgio) – Capita che in una bella (chiaramente un eufemismo!) giornata d’autunno ci si ritrovi ad Herentals, il paese di Wout Van Aert. Pianura, pianura e ancora pianura. Piste ciclabili ovunque. Un campanile in stile gotico-fiammingo e tutto ordinato in un modo che è quasi irritante!

Ci mettiamo, come molti tifosi, in “pellegrinaggio”, vale a dire alla ricerca della casa di Van Aert. Sapevamo che comunque non lo avremmo incontrato. Wout era in Sud America da Rigoberto Uran. Però questo “gioco” non ha fatto altro che portarci ancora di più nel suo mondo.

Campagna “poco” tranquilla

Herentals, paese di 26.000 abitanti nelle Fiandre Orientali, fa parte della provincia di Anversa. Qui si respira ciclismo, nel raggio di 25 chilometri sono nati non si sa quanti campioni. Due su tutti? Eddy Merckx e Tom Boonen. Ed è la patria del ciclismo anche perché tutti vanno in bici e perché il mito non è solo Van Aert. Herentals è la patria di Rik Van Looy, uno dei tre assieme al Cannibale e De Vlaeminck, che è riuscito a vincere tutti e cinque i Monumenti. Anzi, ad essere pignoli questa è più la patria di Van Looy che di Van Aert. 

Il fuoriclasse della Jumbo-Visma è infatti di Lille, non quella francese, ma un paese omonimo poco distante da Herentals. 

E proprio nelle campagne tra Herentals e Lille, ma in territorio di Herentals, c’è la sua casa. Una bella villa. Assolutamente non esagerata, col giardino e il tetto spiovente. La tranquillità in teoria regna sovrana. Campi di rape, di barbabietole e ampi pascoli.

Quando siamo andati noi, pioveva a dirotto e non c’era davvero nessuno in giro, ma giusto qualche tempo fa Van Aert si era risentito. Aveva chiesto pubblicamente di essere lasciato in pace quando era a casa. «Ogni giorno viene da me qualcuno per autografi, selfie o per propormi questo o quell’evento. Ognuno con una sua storia, una richiesta… Ormai non rispondo più», riportava la Gazet van Antwerp. 

E scatta automatico il paragone con Remco Evenepoel, per molti belgi reo di essersi trasferito in Spagna. La metà dei tifosi ama Remco, l’altra metà decisamente no. Ma tutti tifano Van Aert.

E qui è davvero un Vip, come potrebbe essere un calciatore da noi. 

Si legge della nascita del suo secondogenito. Dell’acquisto di una nuova automobile. Del primo giorno di scuola del primogenito, con tanto di foto di mamma Sarah e papà Wout che lo accompagnano.

Nella patria del ciclocross

Da Lille a Herentals ci sono una dozzina di chilometri, forse meno. Van Aert abita nel mezzo come detto. Qui non c’è davvero lo spettro di una salita, neanche uno “zampellotto”. C’è da chiedersi come faccia questo atleta ad essere tanto forte quando la strada sale. Okay esserci portati, ma un minimo di allenamento, di feeling con le pendenze, servirà pure.

Però recupera in quanto ai percorsi di cross. In questi giorni in Belgio, abbiamo visto una quantità spropositata di nuovi percorsi ciclabili, anche gravel, per quella che è una vera rete ciclistica, e badate bene non abbiamo detto ciclabile, ma ciclistica. Van Aert dunque recupera con una zona particolarmente adatta al cross. 

E’ proprio dietro casa sua infatti che c’è la foresta di Bosbergen. Qui qualche lieve avvallamento c’è… relativamente al cross chiaramente. L’area di Bosbergen-Lichtaart è tutta in sterrato, è una roccaforte per la mtb, il gravel e appunto il ciclocross. Van Aert ha una vera palestra naturale. Ci abbiamo messo in naso: era un tappeto di foglie morte, ma i sentieri promettevano bene. Ci hanno detto che nel weekend è un brulicare di rider di ogni tipo.

Ad Herentals con Van Looy

Nei negozi di bici c’erano i poster di Van Aert. Sul vetro di un ufficio c’era Van Aert. In un grande cartello al centro della piazza che annunciava vari eventi, c’era Van Aert. E lo stesso Wout, ma anche Rik Van Looy, Erwin Vervecken e Sanne Cant, i quattro campioni del mondo della città, comparivano stilizzati su un murales nel quartiere Vest (nella foto di apertura).

Nella piazza centrale, la Grote Markt, di Herentals due anni fa andò in scena una super festa in onore del corridore, al ritorno dal Tour de France. Wout aveva vinto una tappa, la maglia verde ed era stato protagonista assoluto nella prima conquista della Grande Boucle del compagno Vingegaard. Si stima ci fossero quasi 40.000 persone e non tutte riuscirono ad entrare nella piazza.

Sempre in Grote Markt c’è la statuta di Van Looy. Lo hanno ritratto in veste borghese e in anzianità, come per sottolineare che Rik era uno di loro. Non c’era bisogno di metterlo su una bici per dire al mondo che quello era Van Looy e cosa aveva fatto.

Magari un giorno di fronte a Rik ci sarà anche la statua di Wout, come quelle di Peppone e Don Camillo a Brescello. Chissà, anche lui sarà riuscito a mettere nel sacco tutti e cinque i monumenti. O magari il Giro d’Italia.

Ranking UCI 2023: UAE regina, Astana nei guai

26.10.2023
6 min
Salva

La classifica dei team assume sempre più valore come ha detto Mauro Gianetti patron della UAE Emirates. La sua squadra ha vinto la classifica WorldTour succedendo alla Jumbo-Visma. E assume più valore perché dopo le ultime riforme, oggi la classifica determina il WorldTour e di conseguenza il diritto-dovere di partecipare alle più importanti gare del pianeta.

La dirigenza UAE Emirates ad Abu Dhabi per festeggiare il primato nel WorldTour (foto UAE – Instagram)
La dirigenza UAE Emirates ad Abu Dhabi per festeggiare il primato nel WorldTour (foto UAE – Instagram)

La “panchina” della UAE

Non solo, ma al termine di questo triennio, il nuovo regolamento è ancora più stringente. E coinvolge anche le squadre che non fanno parte del WT. Per ottenere infatti un invito nei tre maggiori Giri, bisognerà essere tra le prime 50 squadre al termine di quest’anno. Nelle prime 40 al termine del 2024 e nelle prime 30 al termine del 2025.

Insomma ciclismo sport individuale… ma sempre più di squadra. E tutto sommato, per certi aspetti è bello così. Pensiamoci in un attimo. La Jumbo-Visma ha vinto tutti e tre i grandi Giri, ha messo nel sacco molte corse importanti di un giorno eppure non ha vinto la classifica, perché la UAE Emirates gli era subito a ruota negli stessi GT, ma ha sfruttato meglio la “panchina lunga” della sua rosa nelle corse minori. Quel migliaio di punti di differenza tra le due corazzate è infatti tutta lì. E questo a nostro avviso aumenta il senso di squadra.

SQUADRANAZIONESTATUSPUNTI
1UAE Team EmiratesEmirati Arabi UnitiWT30.958,18
2Jumbo – VismaOlandaWT29651,45
3Soudal – Quick StepBelgioWT18697,85
4Ineos GrenadiersRegno UnitoWT17794,26
5Lidl – TrekStati UnitiWT16054,45
6Bahrain – VictoriousBahrainWT15787,81
7Groupama – FdjFranciaWT14834,51
8Alpecin – DeceuninckBelgioWT14517,25
9Lotto – DstnyBelgioPRO14112.83
10Bora – HansgroheGermaniaWT13325,13
11EF Education – EasypostStati UnitiWT11818,69
12Movistar TeamSpagnaWT10984,53
13Team Jayco – AlUlaAustraliaWT10704,31
14Intermarché – CircusBelgioWT10492,28
15CofidisFranciaWT10437,41
16Israel – Premier TechIsraelePRO10022
17Ag2R – CitroenFranciaWT9109
18Team Dsm – FirmenichOlandaWT9102,2
Le prime 18 squadre del 2023, quelle che sarebbero nel WT al termine del triennio 2023-2025 (fonte UCI)

La Dsm chiude il WT

Ma facciamo la foto della classifica UCI. Come detto guida la UAE Emirates. La squadra araba conta 30.958,18 punti. Alle spalle c’è la Jumbo-Visma con 29.651,45 punti. Chiude il podio la Soudal-Quick Step con 18.697,85 punti… a seguire tutte le altre. Chiude la top 18, vale a dire il limite per restare nel WT la Dsm-Firmenich con 9.102,2 punti.

Quel che si nota è l’enorme divario, ben oltre 10.000 tra le prime due e le altre. A portare i punti sono i primi 20 atleti. E non si può dire che i grandi team non abbiano delle rotazioni. Tanto per dare un dato, Fisher-Black con 296,62 punti è  il 21° della UAE Emirates. Sarebbe tra i primi 18 già nella Soudal-Quick Step e addirittura il decimo nella Ag2R-Citroen.

Nel borsino di chi sale e chi scende, fanno un bel balzo in avanti la EF EasyPost e Lidl-Trek che passano rispettivamente dal 18° all’11° posto e dal 12° al 5°. Mentre la parte del gambero spetta alla Bora-Hansgrohe (lo scorso anno quarta e quest’anno decima) e alla Intermarché-Wanty Circus che addirittura perde nove posizioni: dal quinto al 14° posto.

Tra Giochi asiatici, Langkawi e Turchia (in foto) l’Astana è andata a caccia di “punti facili”. Qui Lutsenko, l’atleta che ne ha portati di più
Tra Giochi asiatici, Langkawi e Turchia (in foto) l’Astana è andata a caccia di “punti facili”. Qui Lutsenko, l’atleta che ne ha portati di più

Astana nella tempesta 

Passiamo poi alle note dolenti. C’è una frase di Alexandre Vinokourov che ci torna in mente, tanto più dopo aver letto la classifica della sua Astana-Qazaqstan: «Non stare nel WorldTour sarebbe una tragedia per noi». E il campione olimpico di Londra 2012 non aveva torto. L’Astana infatti è attualmente fuori dalla top 18, quindi dal WT. Il team kazako è 20°, ultimo delle WorldTour con 7.044,44 punti. E’ alle spalle dell’Arkea-Samsic che si è accaparrata i 658 punti di Demare, altrimenti sarebbe stata ultima.

Da questi dati si capisce – ma si sapeva – perché l’Astana abbia corso molto in Asia a fine stagione. E’ stata una vera caccia di punti, il cui bottino nonostante le vittorie non è stato così voluminoso. Il divario dalla 18ª non è piccolo da colmare: parliamo di oltre 2.000 punti, vale a dire quelli che porta da solo un corridore di livello quale Pidcock per dare un’idea.

SQUADRANAZIONESTATUSPUNTI
19Arkea -SamsicFranciaWT7.229
20Astana – QazaqstanKazakistanWT7.044,44
21Uno-X Pro CyclingNorvegiaPRO6.569
22Team Total EnergiesFranciaPRO5.765
23Q36.5 Pro Cycling TeamSvizzeraPRO3.397,67
24Green Project – BardianiItaliaPRO3.388,75
25Tudor Pro Cycling TeamSvizzeraPRO2.606
… 27Eolo – KometaItaliaPRO2.397
… 35Corratec – Selle ItaliaItaliaPRO1.506
Le altre squadre in lotta per un posto nel WT più le italiane (fonte UCI)

Strategie mirate

E quei 2.000 punti non sono pochi, anche perché le corse che contano e che danno più punti vanno sempre più o meno alle stesse squadre e quindi le occasioni per recuperare non sono tantissime. Quante “corsette” – che rendono poco – dovrebbero vincere in Astana o Arkea? Se poi mandi gli atleti buoni in quelle gare a caccia di punti, con chi ti presenti in quelle maggiori?

No, non è semplice. Anche perché gli altri team nella “zona retrocessione-promozione”, vedi Ag2R, Dsm lottano col coltello tra i denti e si faranno i loro conti e di conseguenza attueranno le loro strategie. La Total Energies per esempio è lì. E lo stesso la Uno-X.

A proposito, la squadra norvegese, essendo stata la miglior professional fuori dalla top 18, si è guadagnata l’invito per le classiche monumento per il 2024. Sempre in termini d’invito le retrocesse dell’anno scorso, Israel-Premier Tech e Lotto-Dstny essendo rimaste nella top 18, ma non essendo WT, hanno il diritto di prendere parte ai grandi Giri. La Lotto, ottima nona e prima professional, quest’anno ha rinunciato al Giro.

La Green Project-Bardiani è stata la prima italiana del 2023: un buon mix tra gli elite e il gruppo giovani U23
La Green Project-Bardiani è stata la prima italiana del 2023: un buon mix tra gli elite e il gruppo giovani U23

Italiane (quasi) bene

E questa rinuncia al Giro d’Italia da parte della squadra belga introduce al discorso delle italiane. E sì perché pensando alla corsa rosa, che è l’appuntamento più importante – se non vitale – per le nostre squadre, la questione si fa delicata.

Non tanto perché bisogna essere tra le prime 50 per il prossimo anno e tutte e tre le nostre professional ci sono, quanto perché il GT di riferimento deve invitare una squadra della stessa Nazione (per esempio è scontato che il Tour inviti la francese Total Energies). Ma vedendo le sponsorizzazioni della Tudor con Rcs, appare scontata una sua presenza al prossimo Giro.

Facendo i “conti della serva”, le due wild card del prossimo Giro potrebbero essere appunto la svizzera Tudor e la Green Project-Bardiani, prima italiana. Tra l’altro la Tudor segue a ruota proprio la Green Project in classifica. Se poi Israel o Lotto rinunciassero si avrebbe uno slot in più.

E veniamo alla classifica delle italiane. La prima è, come detto, la squadra dei Reverberi: 24ª con 3.388,75 punti. Seguono la Eolo-Kometa, 27ª con 2.397 punti, e la Corratec-Selle Italia 35ª con 1.506 punti. Se fossimo al termine del triennio 2023-2025 quest’ultima non potrebbe ricevere l’invito per il Giro in quanto fuori dalle top 30. C’è tempo per migliorare e crescere.

La forchetta tra le primissime e le altre sembra aprirsi sempre di più, ma poiché contano le posizioni e non i punteggi, è lecito essere ottimisti. E’ vero che ci sono le briciole, ma sono briciole per tutti e magari anche con “pochi” punti si può restare nel limite delle trenta. E sperare… 

La ricerca di Plugge, l’appetito di Kuss: la Jumbo del 2024

25.10.2023
4 min
Salva

Mentre i corridori sono in vacanza, la macchina organizzativa del team che nel 2023 ha vinto Giro, Tour e Vuelta lavora a pieni giri. La squadra di Richard Plugge ha presentato infatti il dossier per la registrazione 2024, ma non è ancora chiaro se il primo nome sarà ancora Jumbo oppure se la catena di supermercati si ritirerà con una stagione di anticipo. Alcuni ipotizzano che il team potrebbe chiamarsi Visma-Lease a Bike, mentre parrebbe tramontato l’interesse da parte di Amazon e di Neom, una nuova megalopoli miliardaria di prossima costruzione nel deserto saudita.

Il marchio Lease a Bike, che promuove il noleggio di biciclette all’interno delle aziende, è un marchio dell’olandese Pon Group, già proprietaria di Cervélo e delle scarpe Nimbl che vestono i corridori del team. Il budget, per quello che ipotizza Wielerfits, sarà di circa 40 milioni di euro anche per il 2024. Saltata la fusione con la Soudal-Quick Step, quando lo stesso Plugge parlandone con l’UCI si è reso conto dei tanti esuberi che avrebbero colpito entrambe le squadre, il manager olandese si è nuovamente rimboccato le maniche.

Quest’anno Richard Plugge ha brindato ai tre Grandi Giri, oltre che ad altre 66 vittorie
Quest’anno Richard Plugge ha brindato ai tre Grandi Giri, oltre che ad altre 66 vittorie

Uscite e mercato 

Nel frattempo, non è prevista a breve una fuga di talenti: i corridori sono sereni, anche perché la temuta necessità di ridurre gli stipendi parrebbe scongiurata. La fuoriuscita di Roglic ha origini sportive e non economiche, il ritiro di Van Hooydonck è stato dovuto a problemi cardiaci, Michel Hessmann è fermo per la positività a un diuretico.

Ai corridori già in rosa, si sono aggiunti Bart Lemmen e i due giovani norvegesi Johannes Staune-Mittet (21 anni, vincitore del Giro Next Gen) e Per Strand Hagenes (20 anni, vincitore di tappa alla Quattro Giornate di Dunkerque e iridato da junior su strada a Leuven 2021), oltre all’olandese Loe van Belle (21 anni). Corridori che non hanno ingaggi da primi della classe, mentre gli arrivi di Matteo Jorgenson dalla Movistar e Ben Tulett dalla Ineos avranno avuto certamente un costo superiore.

Johannes Staune-Mittet, vincitore del Giro Next Gen, passa in prima squadra (foto LaPresse)
Johannes Staune-Mittet, vincitore del Giro Next Gen, passa in prima squadra (foto LaPresse)

La lezione di Roglic

Resta da stabilire quali saranno i nuovi assetti all’interno del team. Ad ora, infatti, le punte della squadra per i grandi Giri sono due: Jonas Vingegaard, re di due Tour, e Sepp Kuss, la cui vittoria alla Vuelta è stata certamente propiziata dalla… complicità di Roglic e Vingegaard che hanno scelto di non attaccarlo. In ogni caso, se Roglic fosse rimasto in squadra, l’imbarazzante senso di abbondanza si sarebbe riproposto.

«Penso che sia stato meglio per tutti – ha detto Kuss – che Primoz sia andato in un’altra squadra. Adesso riceverà il sostegno che merita. Primoz ha portato la nostra squadra dove è oggi. Ha spinto tutti a dare il meglio di sé e ci ha mostrato che fare abbastanza bene non era sufficiente. Ho imparato molto da lui. Non significa necessariamente che mi abbia insegnato delle cose, ma osservarlo crescere, sbagliare e migliorarsi è stato una lezione molto importante. Se il tuo leader commette un errore e lo vedi correggerlo alla corsa successiva, vale più di tante parole».

L’abbraccio fra Kuss e Roglic sul podio della Vuelta: c’era già la consapevolezza dell’addio?
L’abbraccio fra Kuss e Roglic sul podio della Vuelta: c’era già la consapevolezza dell’addio?

Il destino di Kuss

Il punto ora è capire se il livello di Kuss nella Vuelta dominata dai tre compagni di squadra basti per farne un leader nelle prossime grandi corse a tappe. La squadra olandese partirà al Giro d’Italia con il numero uno, ma non si sa ancora con chi potrebbe correrlo.

«Penso che alla Vuelta – dice Kuss – mi sono mosso in molti ambiti diversi. Sono stato gregario, ma a un certo punto ho scoperto l’istinto di vincere. Sono stato orgoglioso di come ho gestito la situazione, ma ho anche capito che molti dei vincitori hanno una mentalità diversa dalla mia. Il difficile sarà trovare quell’equilibrio senza perdere di vista il mio modo di essere. Fare classifica al Tour? Vedremo il percorso, ma penso che la Vuelta sia più adatta…».

Jorgenson, un altro americano per la Jumbo-Visma

21.10.2023
5 min
Salva

BEIHAI – Matteo Jorgenson ha 24 anni e viene dall’Idaho, Stati Uniti. Per il corridore del Movistar Team si tratta della prima volta in Cina, per cui se ne va in giro spesso con gli occhi sgranati, cercando di memorizzare il più possibile. Jorgenson sembra la persona più gentile del mondo, ma quando si tratta di addentare le salite, si trasforma in un bel mastino.

Della sua storia vi avevamo già raccontato, ma ora il suo cammino nella squadra spagnola è giunto al termine. Dal prossimo anno, infatti, Matteo correrà alla Jumbo-Visma. Aveva già deciso di cambiare aria, vedendo nella Movistar la scarsa propensione a sposare la modernità del ciclismo contemporaneo.

«Eppure devo loro eterna gratitudine – sorride dalle sue lentiggini e gli occhi chiari – perché mi hanno accolto che ero un bambino e hanno fatto di me un corridore. Quando sono arrivato in Europa non ero neppure certo di avere le qualità per fare il corridore. In allenamento ero capace di ottimi numeri, però in gara era un’altra cosa».

L’americano è professionista dal 2020, è alto 1,90 e pesa 65 chili
L’americano è professionista dal 2020, è alto 1,90 e pesa 65 chili
Le cose sono cambiate. Hai vinto in Oman, sei arrivato secondo al Romandia, ti aspettavi una stagione così convincente?

Non so se me l’aspettassi, ma di certo la volevo. Durante l’inverno ho lavorato duramente, volevo che fosse un anno di svolta. 

C’è un obiettivo che ti è sfuggito e che l’avrebbe resa perfetta?

Direi di no, il mio obiettivo principale era vincere una gara professionistica e l’ho fatto staccando tutti in salita. Devo dire che l’ho raggiunto subito, dato che era la quarta corsa di stagione. Mentre al Romandia ero andato per vincere, ma il secondo posto alla fine è stato comunque buono. Non parlerei di obiettivo mancato, parlerei piuttosto di utili indicazioni per il futuro.

Pensi che nei tuoi piani un giorno potranno esserci i Grandi Giri?

Non credo per la classifica generale. Dal punto di vista energetico, sono un ragazzo grande e non so se per me sarebbero possibili più giorni consecutivi ad alto livello sulle grandi montagne. Però resta tutto da vedere.

La Movistar al Tour of Guangxi è stata guidata da Pablo Lastras, a destra: una vita nello stesso team, da atleta e tecnico
La Movistar al Tour of Guangxi è stata guidata da Lastras, a destra: una vita nello stesso team
Dal prossimo anno cambierai squadra, quali sono state le ragioni della scelta?

Diciamo che l’offerta economica c’è entrata ben poco. Fondamentalmente volevo un posto dove avrei potuto raggiungere il mio miglior livello. Era questo il mio obiettivo principale. Penso di avere ancora molti margini di miglioramento, non so quale sia effettivamente il mio limite.

Qual è stato il giorno quest’anno in cui ti sei sentito più forte?

E’ una buona domanda. Penso che forse è stato all’E3 Saxo Classic (quando si piazzò 4° a 33 secondi dietro Van Aert, Van der Poel e Pogacar, ndr). Non ho sentito le gambe per tutta la corsa, probabilmente è stato il mio giorno migliore in bici quest’anno.

Invece il giorno peggiore?

Probabilmente la tappa di Saint Gervais Mont Blanc del Tour, dove soprattutto ero disconnesso mentalmente e ho sofferto tutto il giorno nel gruppetto. Il giorno dopo infatti non sono ripartito. Al Tour ero messo piuttosto male, semplicemente non ero in una buona condizione.

La Jumbo Visma ha messo gli occhi su Jorgenson dopo il quarto posto al GP E3, quando fu 4° dietro Van Aert, Van der Poel e Pogacar
La Jumbo Visma ha messo gli occhi su Jorgenson dopo il quarto posto al GP E3, quando fu 4° dietro Van Aert, Van der Poel e Pogacar
Quali pensi siano le differenze fra la Movistar e la Jumbo Visma?

Non ne sono ancora sicuro, non facendo ancora parte della squadra. Alla Movistar negli ultimi anni ho visto Patxi Vila cercare di portare il cambiamento, ma in realtà non è riuscito a cambiare molto e adesso è tornato alla Bora-Hansgrohe. La squadra è gestita da persone in gamba che però sono ferme al ciclismo di vent’anni fa. Tutto quello che posso vedere della Jumbo-Visma è dall’esterno. Sono entusiasta di scoprirlo. La sensazione è che attuino una programmazione tipica più degli sport di squadra americani che del ciclismo. Curano tutti i dettagli, almeno da quello che raccontano i corridori che ne fanno già parte. La sensazione è che il rendimento sia la prima attenzione, dai gregari ai leader.

E’ vero, come hai raccontato, che al momento di inviarti l’offerta, hanno allegato anche una presentazione in cui ti mostravano tutto quello che avresti potuto trovare?

Verissimo, sono stati gli unici ad avere questo tipo di approccio. Le altre squadre con cui ho avuto contatti, mi hanno parlato di programmi, rassicurandomi che avrei avuto il mio spazio. La Jumbo-Visma non lo ha fatto e neppure mi hanno detto se sarò leader o aiutante. Credo che non sia questo il punto accettando di andare in una squadra così.

Qual è il punto?

E’ dentro di me. Se saprò andare forte come spero, allora penso che potrò avere il mio spazio. Non hanno fatto promesse, ma hanno reso chiaro il cammino che farò ed è quello di cui avevo bisogno.

Jorgenson voleva lasciare il Movistar Team con un successo, ma si è dovuto accontentare del 6° posto finale
Jorgenson voleva lasciare il Movistar Team con un successo, ma si è dovuto accontentare del 6° posto finale
In cosa pensi di dover migliorare?

Ci sono parecchi aspetti da mettere a posto. Uno è che se voglio fare classifica nei grandi Giri, devo migliorare nelle cronometro. In qualche modo devo trovare una posizione più aerodinamica. Sono alto e non sono ancora riuscito a essere abbastanza aerodinamico per essere competitivo. E poi, sempre se quello sarà il mio obiettivo, probabilmente dovrò lavorare sull’essere scalatore. Per ora, dopo il secondo giorno di alta montagna, faccio fatica.

Perché ami il ciclismo?

Mi piace il processo per cui ogni giorno, a casa o nel mondo, si cerca sempre di migliorare con l’allenamento. La fatica è molto mentale e penso che possa essere controllata con la testa. Penso che valga sempre la pena di spingersi oltre il limite della sofferenza, perché capisci che se hai superato un certo limite per una volta, puoi farlo ancora. E’ sempre qualcosa di utile.

A Trento con Roglic tra passato, presente e futuro

19.10.2023
5 min
Salva

TRENTO – Un abbraccio rosa e sogni a tinte gialle. Dopo aver fatto da grande ospite alla presentazione del Giro d’Italia 2024, Primoz Roglic si è raccontato al Festival dello Sport di Trento, ripercorrendo la sfavillante carriera fino al trionfo sul Monte Lussari che gli ha consegnato la sua prima Corsa Rosa dopo le tre affermazioni alla Vuelta (in apertura, foto di Mattia Pistoia). Ora resta il Tour de France per chiudere il cerchio e, proprio perché l’ex campione mondiale juniores di salto con gli sci non è uno che si accontenta, ecco la nuova sfida con la Bora-Hansgrohe.

Il giorno dopo la presentazione del Giro d’Italia, Roglic ha incontrato il pubblico di Trento (foto Il Festival dello Sport/Mattia Pistoia)
Il giorno dopo la presentazione del Giro d’Italia, Roglic ha incontrato il pubblico di Trento (foto Il Festival dello Sport/Mattia Pistoia)
Comincia una nuova era: che cosa ti aspetti?

Le aspettative non devono mai essere troppo alte, perché altrimenti c’è il rischio di rimanere delusi. Diciamo che voglio rimanere sorpreso, non vedo l’ora di scoprire tutto. Voglio vedere come lavorano e come sono, ma dall’altro lato spero che ci stimoleremo a vicenda per essere i migliori.

Hai parlato con Jay Hindley alla presentazione del Giro?

Un pochino sì. Abbiamo già avuto qualche incontro informale con lo staff e questa settimana ci sarà il primo raduno tutti insieme, per cui sono davvero curioso di conoscere tutti.

Hai detto che hai cominciato a pensare al cambio di squadra a inizio 2023: perché?

Sono passato dal salto con gli sci al ciclismo, un cambiamento direi abbastanza marcato, mentre stavolta passo soltanto a un’altra squadra, per cui direi che le differenze sono minori. Sono una persona che ama le nuove sfide, provare cose differenti. Quando ti trovi ai piedi di una salita, devi arrivare in cima, ma per farlo ci vuole un percorso e non sai cosa troverai dopo, finché non l’hai raggiunta. Per me è così, andare a caccia di qualcosa di diverso.

Il 27 maggio Roglic vince la cronoscalata del Lussari davanti ai suoi tifosi: il Giro è conquistato
Il 27 maggio Roglic vince la cronoscalata del Lussari davanti ai suoi tifosi: il Giro è conquistato
Perché proprio la Bora?

Diciamo che è andato tutto così veloce, alla fine. Tante squadre erano interessate, ma poche diciamo che avrebbero potuto permettersi di avermi in squadra. Da quando abbiamo parlato con Bora, c’è stato subito entusiasmo e abbiamo trovato immediatamente un buon feeling, andando alla ricerca di una sfida comune. Vedremo come andrà nel corso della prossima stagione.

Come la lasci la Jumbo-Visma?

Diciamo che non è stata un’avventura passeggera. Abbiamo cominciato insieme nel 2016 e insieme siamo arrivati al vertice. Il ciclismo è cambiato molto e tante squadre ora lottano per la vittoria, per cui sarà divertente. Lascio la miglior squadra del 2023, quindi non mi aspetto di trovarne una ancora più forte, è chiaro, ma vedremo cosa porterà il futuro

Pensi mai al Tour che ti ha strappato Tadej Pogacar nel 2020?

Avrei potuto vincere quel Tour, è vero, ma forse poi non avrei ottenuto tanti altri successi: posso affermare che quel secondo posto mi abbia insegnato molto. Tutto dipende sempre da come guardi quello che ti capita nella vita. Puoi essere deluso, ma devi sempre prendere qualche aspetto positivo da cui ripartire per costruire il tuo futuro. 

Roglic ha avuto la conferma di essere uno dei beniamini dei tifosi italiani
Roglic ha avuto la conferma di essere uno dei beniamini dei tifosi italiani
Ci racconti qualche retroscena dell’ultima campagna spagnola?

Alla Vuelta ci siamo trovati in una nuova posizione, con tre compagni ai primi tre posti. Forse, se mi fossi spinto al limite, avrei potuto distruggere questo quadretto, ma non si può mai sapere quello che sarebbe potuto succedere. Il ciclismo è uno sport di squadra ed ero il primo a essere felice perché Sepp se l’è davvero meritata. E’ stato il migliore e non ha mostrato debolezze. E’ stato incredibile essere sul podio con i due ragazzi che sono cresciuti alle mie spalle e hanno imparato qualcosa anche da me, diventando campioni. E’ stato speciale essere parte di questa storia.

Pensi che avrai più libertà nella nuova squadra?

Direi soprattutto in alcune corse, in particolare al Tour de France. Ho sempre voluto avere il massimo supporto, con 7 compagni che lavorano soltanto per me e prima era impossibile. Voglio vincere ancora tanto, sono affamato, ma preferisco prendere una cosa alla volta e godermi quello che faccio, senza caricarmi di troppe pressioni. So quello che manca nel mio palmares e tutto quello che, invece, ho vinto: il Tour non è un’ossessione.

Che consiglio daresti ai giovani che sognano di seguire le tue orme?

Abbiate passione e godetevi quello che fate. Lottate sempre per quello che amate, non è mai facile, ma per ottenere le vittorie più dolci, dovete spingervi oltre i vostri limiti e superare ostacoli che a volte sembrano insormontabili.

Nel 2023 Roglic ha vinto il Giro d’Italia, in precedenza per tre volte la Vuelta (foto Il Festival dello Sport/Mattia Pistoia)
Nel 2023 Roglic ha vinto il Giro d’Italia, in precedenza per tre volte la Vuelta (foto Il Festival dello Sport/Mattia Pistoia)
Hai mai pensato a quanto ancora potremmo goderci le tue gesta in sella?

Ho cominciato tardi col ciclismo, per cui non mi metto a contare gli anni. Quando hai la possibilità di coronare i tuoi sogni, devi continuare a farlo finché ti piace. Continuerò a pedalare finché mi diverto, mi piace e sono felice di come mi colloco nel mondo del ciclismo. Quando capirò che è tempo di dedicarmi ad altro, darò spazio ai giovani che stanno emergendo velocemente.  

Ci ricordi che cosa ti ha portato dalla neve all’asfalto?

Quando avevo 22 anni e non ero ancora un campione olimpico e la mia carriera non stava andando secondo i piani, ho capito che forse era ora di cambiare sport. Mi sono reso conto che il ciclismo era fatto per me e così mi sono lanciato in questa sfida. Il salto con gli sci era una disciplina totalmente diversa e sono passato da fare uno sforzo di pochi secondi a uno di ore. Però, il background che avevo mi è servito, in particolare la meditazione e le tecniche di visualizzazione, mentre ho dovuto lavorare tanto sulla resistenza. La tenacia è stato sempre uno dei miei punti forti.

Vader, Kooij e la loro “banda”: Jumbo-Visma fa il pieno

17.10.2023
5 min
Salva

GUILIN – Se nei giorni scorsi i velocisti che avevano già vinto al Tour of Guangxi si erano in qualche modo mostrati accondiscendenti verso quelli che ancora mancavano all’appello, oggi nella volata finale nessuno avrebbe fatto sconti. Per questo, quando Viviani è passato sul traguardo ha picchiato il pugno sul manubrio, mentre Olav Kooij sfrecciava sorridendo e giallo come il sole. Oggi la Ineos ha corso per Ethan Hayter e c’è mancato davvero un soffio. Secondo Molano e terzo dunque il britannico, che grazie al piazzamento è passato dalla settima alla terza posizione in classifica.

La Jumbo Visma è volata in Cina con 5 corridori, ha vinto tre tappe e la classifica finale
La Jumbo Visma è volata in Cina con 5 corridori, ha vinto tre tappe e la classifica finale

Festa Jumbo Visma

Il capannello della Jumbo-Visma è un continuo darsi pacche, con il divertente siparietto di uno dei due gemelli Van Dijke che a ogni abbraccio perdeva la lattina di Coca Cola ricevuta dal massaggiatore. Solo che quello, al secondo episodio del genere, ha smesso di passargliene altre. Milan Vader ha ringraziato i compagni per il lavoro fatto. I ragazzi del personale scambiavano abbracci con i corridori. E quando poi è arrivato anche Kooij, l’abbraccio è stato collettivo come la foto ricordo. E un’altra lattina è finita sull’asfalto.

«E’ stato bellissimo – dice Kooij – siamo venuti solo in cinque, ma alla fine è stata una settimana di grande successo. Abbiamo dato il massimo ogni giorno e alla fine questo è il risultato. Non è stato facile vincere oggi, perché un corridore aveva il compito di stare sempre con Milan Vader, quindi per me ne restavano due. In tre non si può fare un granché, per cui ho preso l’aiuto che potevo dalla squadra e poi ho provato a fare da me.

«Siamo tutti ragazzi per lo più giovani, più Steven (Kruijswijk, ndr) che ha molta esperienza. Abbiamo trascorso una settimana davvero bella e abbiamo avuto la conferma che alla fine i risultati arrivano anche divertendosi. E’ stato un finale di stagione davvero bello, il modo migliore per andare in vacanza».

Guilin, ultima tappa del Tour of Guangxi a Kooj, 2° Molano all’estrema destra, 3° Hayter
Guilin, ultima tappa del Tour of Guangxi a Kooj, 2° Molano all’estrema destra, 3° Hayter

E’ tornata la Cina

Si conclude il primo Tour of Guangxi dopo gli anni del Covid. E’ stato necessario aspettare tre stagioni per rivedere eventi internazionali in Cina. La riapertura di questa frontiera ha ridato ossigeno a squadre di ogni livello, anche le professionali italiane, che sono volate in Oriente per riaprire la caccia ai punti. Il ritorno del WorldTour ha in qualche modo sancito la riapertura definitiva.

Non tutte le squadre hanno raccolto il messaggio e l’opportunità. Forti della possibilità di rinunciare alla partecipazione, al Tour of Guangxi non erano presenti la Ag2R, l’Astana, la Cofidis e la Soudal-Quick Step.

Il calore con cui il pubblico cinese ha accolto chi c’era e il livello dell’organizzazione non hanno fatto rimpiangere le strade europee. Alcuni aspetti e rigidità tutti cinesi (come la doppia transenna o lo sbarramento di polizia per evitare che i tifosi arrivino alle vere transenne), continuano tuttavia a sembrarci eccessivi, ma sono figli della loro cultura.

La Cina è il posto dove nasce la maggior parte dei telai e della componentistica presenti sul mercato mondiale, se la gestione delle risorse fosse in mano ai privati e non allo Stato, probabilmente il ciclismo esploderebbe ben più di quanto sia possibile ora.

Olav Kooij aveva già vinto la terza tappa a Nanning. Chiude il 2023 a quota 14 vittorie
Olav Kooij aveva già vinto la terza tappa a Nanning. Chiude il 2023 a quota 14 vittorie

Tre tappe su sei

In mezzo ai tanti tifosi che lo acclamavano, Milan Vader ha conquistato la maglia rossa finale. Ha abbracciato uno ad uno coloro che lo hanno accompagnato in questa risalita e si è lasciato alle spalle una volta per tutti i fantasmi del suo infortunio.

«Vincere questa gara significa molto per me – dice l’olandese – sono molto orgoglioso dei ragazzi perché abbiamo vinto tre tappe su sei e anche la classifica generale. Mi piace aver ottenuto la prima vittoria con questo gruppo e penso anche di averli sorpresi. Per questo si sentiva che l’atmosfera stava crescendo e stamattina eravamo tutti super motivati e avevamo tutto sotto controllo».

La prima vittoria e la classifica finale sono il segno della rinascita di Vader
La prima vittoria e la classifica finale sono il segno della rinascita di Vader

Vader riparte da Guilin

L’altro giorno, dopo la vittoria di Nongla, le lacrime gli strozzavano la gola e parlare era stato difficile, per l’emozione e il ricordo dei momenti duri vissuti lo scorso anno. Oggi la chiacchiera sgorga via da sé ed è un parlare che mette allegria.

«Forse prima di lasciarmi tutto alle spalle – dice Vader – servirà ancora del tempo. Sicuramente ho avuto un po’ di nervosismo fino al traguardo, ma penso anche che tutti abbiamo bisogno di qualche giorno per capire bene. L’importante è che io mi senta bene. Sulla bici non ho dolori, anche se adesso non vedo l’ora di stare con la mia famiglia, passare del tempo con la mia ragazza e godermi un po’ la vita. Poi mangerò del buon cibo e andrò in cerca di un posto caldo. So che mi aspetta un inverno di lavoro per continuare a migliorare. Ma questo sarà per dopo. Ho chiara in testa la lista delle cose da fare».

Salita in apnea, tappa e maglia. A Nongla rinasce Vader

15.10.2023
6 min
Salva

NONGLA SCENIC ROAD – Spunta dalla curva e raggiunge l’arrivo in totale apnea, dietro di lui a due soli secondi il francese Rochas. Spiegherà poi che per i suoi trascorsi in mountan bike, fare un minuto e mezzo a tutta sia cosa fattibile. Milan Vader, olandese della Jumbo-Visma, si accascia sull’asfalto del piazzale in cima a questa collina ripida e ricca di suggestioni. Il ritmare incessante dei tamburi, gli abiti tipici delle donne e dei bambini, il tempio là in alto in cui al contrario si coltiva il silenzio: tutto rende il giorno vagamente magico.

Questa è la storia di un ragazzo di 27 anni che lo scorso anno, il primo su strada dopo tre bronzi europei nella mountain bike e il decimo posto alle Olimpiadi di Tokyo, cadde in una discesa nella quinta tappa del Giro dei Paesi Baschi. Ricoverato nel Policlinico Universitario di Bilbao, gli fu indotto il coma a causa delle condizioni critiche. Aveva riportato svariate fratture vertebrali, oltre a quelle di una clavicola e di una spalla. Fu anche sottoposto a un intervento alla carotide per l’inserimento di uno stent che aumentasse l’afflusso di sangue al cervello.

Senza parole

Vader fatica a parlare. Rientrò alle gare in tempo per disputare la CRO Race e poi andò incontro all’inverno consapevole del tanto lavoro da fare. La cima della montagna si è svuotata di corridori e personale. I primi sono scesi in bici per il chilometro e mezzo che li divideva dalle ammiraglie, gli altri sono saliti su provvidenziali navette che se le sognano persino il Giro e il Tour. Lo hanno premiato. Gli hanno infilato la maglia rossa di leader e adesso l’olandese è senza parole. Nella sua commozione c’è la rinascita, che va oltre la prima vittoria da professionista.

«E’ stato uno sforzo totale – dice prima in olandese – ma è venuto dal cuore per tutto ciò che ho vissuto l’anno scorso. Non è stato un momento facile, soprattutto per la mia famiglia. Per fortuna non ricordo nulla della caduta e dei giorni successivi. Quelle due settimane e mezza sono state cancellate dalla mia memoria. La prima settimana ero mezzo paralizzato. Il dottore disse che non c’erano sicurezze che sarei tornato a camminare. Fortunatamente non ho vissuto tutto, ma i miei genitori e la mia ragazza erano lì. Ho reagito magnificamente. Ho avuto il supporto della squadra e oggi i ragazzi hanno avuto fiducia in me. Lo abbiamo pianificato stamattina e sono contento di aver concluso bene».

Alle interviste Vader si è presentato evidentemente commosso: il suo racconto ha chiarito il perché
Alle interviste Vader si è presentato evidentemente commosso: il suo racconto ha chiarito il perché

Chiamare casa

Ha gli occhi umidi. Lui è uno degli artefici della qualificazione olimpica per l’Olanda nella mountain bike, ma anche a causa dell’incidente ne ha fatto gentile omaggio a Van der Poel. Dice che conosce abbastanza bene Mathieu e Pidcock da stargli alla larga. Che Parigi era un sogno, ma che per ora ha deciso di concentrarsi sulla strada in attesa che il suo corpo recuperi le abilità necessarie per gareggiare nel fuoristrada. Ma la bici con le ruote grosse non la molla ed è la base dei suoi allenamenti.

«Il mio primo obiettivo ora – sorride – prima ancora di ragionare se questa maglia di leader sia al sicuro oppure no, è chiamare la mia famiglia e la mia ragazza Ilse. Sono abbastanza sicuro che anche lei stia piangendo a casa. Ora mi emoziono di nuovo anche io, sono senza parole. L’anno scorso ho ricevuto così tanto supporto da lei e dalla mia famiglia, mi hanno davvero tenuto in vita e questo rende la vittoria ancora più speciale. Non ho pensato agli altri, ero concentrato solo su me stesso».

La scelta cinese

Qui il racconto si fa divertente, perché il dolore resta nella memoria, ma la gioia ha il potere straordinario di coprirlo e renderlo incapace di farci ancora del male.

«Penso di essere stato il primo della squadra – ride Vader – a chiedere se potevo venire in Cina. All’inizio hanno riso, poi hanno detto:“ Okay, vediamo se troviamo qualche compagno da mandarti e poi potete andare”. Sono un grande fan della cucina asiatica, questo è certo, ma il motivo era un altro. Appena ho guardato le altimetrie della corsa nel file che ci è stato mandato, ho visto questo giorno tutto piatto e con il finale durissimo. Se ora penso che dopo l’incidente non potevo nemmeno camminare, credo che questo giorno resterà a lungo nella mia memoria».

Vader ha conquistato la maglia di leader. Ha ora 6 secondi di vantaggio su Rochas e 14 su Carthy
Vader ha conquistato la maglia di leader. Ha ora 6 secondi di vantaggio su Rochas e 14 su Carthy

Un po’ di scaramanzia

Nella classifica generale del Tour of Guangxi ora Vader guida con 6 secondi su Rochas, 14 su Carthy, 17 su Barrè, 18 su Jorgenson e Ethan Hayter. La corsa per domani propone un’altra tappa impegnativa: 209,6 chilometri da Liuzhou a Guilin, senza troppa pianura e una salita senza grandi pretese a 30 chilometri dall’arrivo.

La corsa potrebbe essersi chiusa oggi quassù, ma se c’è una cosa che gli incidenti insegnano è a non fare mai il passo troppo lungo. Starà pensando questo Vader dirigendosi verso il buffet. Da qui all’hotel di Liuzhou ci sono quasi due ore. Mentre l’olandese si avventa sul piatto, sul pullman che trasporta i giornalisti, cominciamo tutti a scrivere la sua storia…

Guangxi, terza volata: tocca a Kooij. Domani si sale

14.10.2023
5 min
Salva

NANNING – E’ bastata una salita senza troppa storia, indicata sul libro della corsa col nome Qingxiushan Scenic Songtao Road, e lo scenario nel gruppo dei velocisti del Tour of Guangxi è cambiato radicalmente. Primo Kooij, secondo Pluimers, terzo Van Den Berg.

Manning, pur immersa nella foschia, trasmette un senso di possenza, che è strano per una città di cui in Europa forse non si è mai sentito parlare e conta oltre 7 milioni di abitanti. E così nel corso dei cinque passaggi davanti all’arrivo, posto all’ombra dell’imponente Palazzo delle Arti, prima a tenere il gruppo in tiro ci ha pensato la fuga. E quando poi a 10 chilometri dall’arrivo, il gruppo ha riassorbito il drappello in cui viaggiavano De Bondt (nuovo leader della corsa) e Wandahal (sempre più maglia a pois), i velocisti si sono guardati in faccia.

Il circuito di Nanning prevedeva il passaggio del fiume Jong Jiang su ponti giganteschi
Il circuito di Nanning prevedeva il passaggio del fiume Jong Jiang su ponti giganteschi

Lavorone Jumbo

Viviani sin dal mattino ha detto che qualcuno avrebbe fatto di tutto per arrivare in volata. Ma mentre il nome da lui ipotizzato era quello di De Lie, gli unici in grado di scendere nelle retrovie e prendere per mano l’uomo veloce sono stati i corridori delle Jumbo-Visma. Così, quando il Kooij ripescato si è trovata spalancata la via dello sprint, ha avuto gioco relativamente facile.

Alle interviste il corridore ventunenne olandese arriva con comodo, in tuta e scarpe da tennis, dopo essersi sottoposto all’antidoping, Poi però, una volta arrivato, è gioviale e disponibile.

Per Olav Kooij, la tappa di Nanning è la 12ª vittoria stagionale. Ha 21 anni, è alto 1,84 e pesa 72 chili
Per Olav Kooij, la tappa di Nanning è la 12ª vittoria stagionale. Ha 21 anni, è alto 1,84 e pesa 72 chili
Uno sprinter di sostanza, insomma…

Non penso oggi di aver fornito la prova più grande. Su quella salita ho faticato, ma grazie ai miei compagni sono riuscito a risalire. Sono venuto perché è bello poter vincere a fine stagione. Il paesaggio è selvaggio, qualcosa di diverso da quello a cui siamo abituati, ma è arrivata un’altra vittoria WorldTour, quindi è sempre bello.

A parte le volate, come sta andando questa esperienza cinese?

Al di fuori della gara è tutto completamente diverso. Probabilmente sarebbe carino venire una volta per turismo e assaggiare la cucina cinese. Qualche giorno fa lo avete visto tutti nel nostro hotel, abbiamo un bel buffet, ma anche tante limitazioni.

I tuoi amici in Europa sanno che sei qui a correre?

Per la maggior parte delle persone potremmo anche essere andati in vacanza. Penso che sia stata davvero una grande stagione per la nostra squadra e siamo stati in grado vincere molte corse. Averlo fatto anche questa settimana aggiunge un buon sapore

Nanning è una città modernissima, ma non mancano manifestazioni folkloristiche che la legano alla tradizione
Nanning è una città modernissima, ma non mancano manifestazioni folkloristiche che la legano alla tradizione
Intanto si è parlato molto della fusione con la Soudal-Quick Step, che cosa ne avete pensato?

Come corridori, anche noi abbiamo seguito la notizia sui media. Ovviamente non abbiamo alcuna influenza su questo aspetto. Quindi sostanzialmente si è trattato di aspettare che le cose evolvessero. Non so quale squadra avessero in mente di costruire, ma la sensazione è che per noi non sarebbe cambiato molto.

E’ difficile essere Olav Kooij in una squadra così votata ai Grandi Giri? Avrai la possibilità di farne uno?

Normalmente, il 2024 sarà l’anno in cui correrò un Grande Giro. La squadra ha già fatto qualcosa di speciale vincendoli tutti e tre e nel frattempo c’erano molte altre gare più adatte per i velocisti. Ma per me uno degli obiettivi è andare in un Grande Giro.

A un certo punto si è iniziato a dire che avresti lasciato la Jumbo-Visma, invece sul più bello la squadra ha annunciato il prolungamento del tuo contratto fino al 2025. Decisione difficile da prendere?

Quando hai il contratto in scadenza, guardi alle opzioni e poi anche a dove vuoi andare con la tua carriera. Io mi trovo ancora in una squadra olandese, per me la migliore al mondo. E’ stato davvero bello che abbiano avuto fiducia in me. Avevo la sensazione di avere ancora le possibilità per crescere, avere un buon programma e fare dei bei risultati.

Alla presentazione della squadra fu dichiarato per te un bilancio di 10 vittorie stagionali: ti ha sorpreso essere tanto considerato?

E’ bello che oltre ai Grandi Giri ci siano anche altri obiettivi, soprattutto nelle gare più piccole, quelle di una settimana. Il mio era quello di avere un anno corposo, mantenere un buon livello e ovviamente provare a vincere dall’inizio alla fine. Sono davvero felice di aver vinto questa settimana per chiudere il 2023 nel modo migliore. Domani sarà decisivo per la classifica e poi ci saranno altre due occasioni per me, quindi non depongo le armi. Magari ci vedremo ancora qui…