Van Aert è tornato in gara. Pensando all’oro olimpico

24.05.2024
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Sessantesimo posto a 2’52” dal vincitore Thibau Nys. Inizia così il Tour of Norway di Wout Van Aert, ma quel che è certo è che l’attenzione che il belga della Visma-Lease a Bike ha avuto da parte di addetti ai lavori e pubblico è stata ben superiore a quella del vincitore. Non poteva essere altrimenti dopo oltre due mesi di assenza dalle corse di uno dei “magnifici sei”, uscito con le ossa rotte (in senso letterale) dalla Dwars door Vlaanderen.

La terribile caduta di Van Aert, costatagli fratture a sterno, clavicola e diverse costole (foto team)
La terribile caduta di Van Aert, costatagli fratture a sterno, clavicola e diverse costole (foto team)

Al di là delle vittorie che in casa belga non sono mancate, l’assenza sua (unita a quella di Evenepoel) è pesata e non poco e intorno al suo ritorno alle gare si è creata una grande attesa, per questo un piazzamento di per sé insignificante ha avuto così grande risalto. Lo ammette anche Guy Van den Langenbergh, prestigiosa firma di Het Nieuwsblad.

Quanto si è sentita l’assenza di Wout Van Aert in questi due mesi per il ciclismo belga?

Molto, in realtà era l’unico che sarebbe stato in grado di competere con Van der Poel al Fiandre e alla Roubaix. Senza di lui la meccanica di queste corse è diventata un po’ prevedibile. Era il migliore in quel momento della stagione. Sono convinto, e molti come me, che avrebbe davvero potuto fare la differenza. Con la sua assenza, non c’era nessuno che potesse opporsi a VdP. Quindi sì, ci è mancato molto.

Per la Visma il ritorno del belga è fondamentale, in attesa di notizie più certe su Vingegaard
Per la Visma il ritorno del belga è fondamentale, in attesa di notizie più certe su Vingegaard
Che cosa avrebbe potuto fare Van Aert in questo Giro, che spazi avrebbe avuto?

Difficile da dire. Non ho visto tutte le tappe, ma ovviamente con il suo modo di correre, Wout è sempre in grado di vincere. A volte lo consideriamo un velocista, ma anche se rispetto a specialisti come Milan e Merlier ha qualcosa in meno, ha un treno a sua disposizione di prima qualità e penso che avrebbe avuto le sue occasioni. Sarebbe stato lui il protagonista. Quindi penso che forse avrebbe potuto vincere una o due tappe. È così forte, così versatile che può vincere tappe in ogni Grand Tour. Se è sulla linea di partenza puoi sempre aspettarti che possa alzare le braccia, questo è certo.

La sua bruttissima caduta di marzo che spazio aveva avuto sui media belgi?

Tanto. Nel bel mezzo di quella che chiamiamo Settimana Santa, c’erano tutte le grandi gare in arrivo e si stava preparando il terreno per il Giro delle Fiandre. Si sa quanto sia importante il ciclismo in Belgio: in Italia se guardi la Gazzetta dello Sport, il ciclismo lo trovi in fondo, in Belgio soprattutto in quei giorni era il primo argomento sportivo sui giornali. Lo schianto ovviamente è diventato una notizia molto importante da noi.

Van Aert ha ripreso a correre in Norvegia. Finora ha 12 giorni di gara con 2 vittorie
Van Aert ha ripreso a correre in Norvegia. Finora ha 12 giorni di gara con 2 vittorie
Gli appassionati in Belgio ora a chi sono più legati, a Van Aert o a Evenepoel, si è creata una rivalità fra le tifoserie come avveniva da noi ai tempi di Moser e Saronni?

Beh, non si può paragonare con quel periodo perché in quell’epoca tutti facevano le stesse gare. Wout predilige le classiche su pietre, Remco quelle delle Ardenne e anche nei grandi giri partono con obiettivi e compiti diversi. Quindi difficilmente si incontrano durante le gare. Ognuno ha i suoi fan, questo è certo, ma ci sono molte persone che sono tifose di entrambi i corridori proprio perché non si deve scegliere.

Wout riparte questa settimana dal Giro di Norvegia: a questo punto è la gara olimpica il suo grande obiettivo?

Lo è sempre stato. Anche senza l’incidente e il conseguente cambio di programma. La crono olimpica e la corsa su strada sono due dei suoi obiettivi principali perché è alla ricerca di nuovi traguardi. Ecco perché ha deciso di cambiare la sua pianificazione, fare meno gare in primavera e ancora prima di dedicarsi meno al ciclocross. Avrebbe fatto solo Fiandre e Roubaix, poi sarebbe andato in ritiro in quota per il Giro, ma sempre pensando a Parigi. Dedicando molto spazio per concentrarsi sull’allenamento specifico per la cronometro di Parigi e la corsa su strada. Naturalmente ora le cose sono cambiate.

Intorno al belga c’è sempre una grande pressione mediatica, anche in Norvegia
Intorno al belga c’è sempre una grande pressione mediatica, anche in Norvegia
In che maniera?

Il Norvegia è il primo passo per prepararsi verso Parigi. Non è ancora chiaro se parteciperà al Tour. Io sono abbastanza sicuro che ci sarà, ma nella comunicazione del team si procede per gradi. Ma sì, Parigi resta il suo obiettivo principale. Ora ha una gran fame di vittorie e una medaglia d’oro olimpica è in cima alla sua lista dei desideri. E’ già stato secondo a Tokyo, quindi se sei secondo una volta, vuoi essere il vincitore in quella successiva. Le due gare di Parigi ovviamente sono molto importanti per lui. Nella cronometro dovrà battere Ganna, sarà difficile ma io sono ottimista.

Il percorso di Parigi è adatto alle sue caratteristiche secondo te?

Ci ho parlato, lui dice di sì, gli ricorda un percorso da classiche. Lo conosce bene, ci ha già corso un paio di volte, sembra anche molto simile al tracciato di Glasgow dell’anno scorso. Su quel percorso, lui che ha vinto sprint ma anche corse collinari, può inventare qualcosa. Se è in ottima forma, se la può giocare su ogni tipo di tracciato. Quello di Tokyo è stato un percorso molto duro eppure lui era lì ed è riuscito a chiudere secondo. Se sta bene è tra i favoriti, questo è certo.

Per Van Aert l’avvicinamento ai Giochi potrebbe ora prevedere anche il Tour de France
Per Van Aert l’avvicinamento ai Giochi potrebbe ora prevedere anche il Tour de France
Tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei, Van Aert ha 6 medaglie d’argento e 2 di bronzo. Non c’è il rischio che questo sia un peso psicologico, che corra pensando all’ennesima sconfitta?

E’ stato anche tre volte campione del mondo di ciclocross, quindi sa cosa vuol dire vincere. E’ un problema che forse riguarda più noi, la stampa o i tifosi che lui. Non si può negare che sia stato secondo troppe volte, non solo in campionati ma anche nelle classiche. Ma è così forte mentalmente che normalmente non gli importa. Voglio dire, se arriva 2° e ha fatto del suo meglio, allora può sopravvivere. Avrebbe potuto vincere se qualcosa fosse andato un po’ diversamente? Forse, ma non ho mai avuto l’impressione che sia frustrante per lui arrivare al secondo posto, anche se so che vorrà ancora di più vincere. Questo è un dato di fatto. Vuole diventare campione olimpico o campione del mondo o campione europeo. Wout pensa che i Mondiali di quest’anno sono troppo difficili per lui. Ma crede con fermezza che un giorno ci riuscirà, che diventerà campione del mondo o campione europeo. Ogni volta che è sulla linea di partenza, sa che può essere la volta buona. E’ un vero animale da competizione.

Con la stampa belga, il ritorno del venerato Van Aert

17.09.2023
5 min
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Il grande ritorno di Wout Van Aert. Al Tour of Britain abbiamo rivisto il miglior Wout: quello che aiuta e gestisce la squadra, che vince e domina per potenza pura. Eppure la sua è stata una stagione strana. E per strana intendiamo costellata più che di alti e bassi, di una latente opacità. E’ mancato l’acuto sostanzialmente.

In questo quadro abbiamo voluto coinvolgere due dei maggiori giornalisti di ciclismo del Belgio, Guy Van Den Langenbergh e Renaat Schotte, per sapere cosa si pensa dell’asso della Jumbo-Visma nella loro Nazione.

Una tappa e la classifica generale del Tour of Britain per Van Aert. In questa stagione ha ottenuto 23 top 5 sin qui
Una tappa e la classifica generale del Tour of Britain per Van Aert. In questa stagione ha ottenuto 23 top 5 sin qui

Wout sempre presente

Partiamo con Van Den Langenbergh di Het Nieuwsblad. E partiamo proprio dall’estate di Van Aert e da quel ritiro al Tour de France. Un ritiro che forse ha colpito più noi che i belgi stessi.

«L’abbandono del Tour – spiega Van Den Langenbergh – è stato un po’ triste, ma anche abbastanza normale direi. La moglie era incinta e loro da tempo volevano il secondo genito. Semmai ha colpito più il fatto che se ne sia andato senza una vittoria. E le occasioni le aveva avute, una su tutte quella di San Sebastian».

Quel giorno la Jumbo-Visma non lavorò benissimo nel finale e nel dopogara c’era una certa tensione. Van Aert tornò in hotel da solo in macchina e non con i compagni sul bus. Forse proprio quel giorno è stato, l’emblema della sua stagione… per ora.

«Non possiamo dire – riprende Van Den Langenbergh – che Wout sia andato piano. E’ sempre stato lì davanti in tutte le gare che ha fatto, dalla primavera all’estate. Gli è mancata la ciliegina sulla torta. Poteva esserci alla Roubaix, ma è stato sfortunato.

«Okay, in Gran Bretagna è andato forte ma non è sufficiente. Da lui ci si aspetta una vittoria di peso, però come ripeto non si può dire che sia andato piano».

«Spesso ha lavorato per la squadra e come sempre è stato determinante. E’ stato così al Tour ma anche alla Gand-Wevelgem per esempio, quando ha lasciato vincere Laporte. Ma in Belgio nessuno lo critica proprio perché comunque è sempre stato presente. E dà sempre tutto».

Van Aert e la sfortunata foratura quando era davanti con Van der Poel all’ultima Roubaix
Van Aert e la sfortunata foratura quando era davanti con Van der Poel all’ultima Roubaix

Il Belgio lo ama

Quest’ultima affermazione si lega benissimo con quanto sostiene il collega Renaat Schotte, di Sporza. 

«Io – spiega Shotte – penso che il pubblico lo ami e anche più di Remco Evenepoel perché Van Aert è il campione del popolo. Lui è sempre disponibile, fuori dalle polemiche, mentre Remco ha una personalità più “battagliera”. Forse anche perché uno è più giovane e l’altro più esperto. E anche se come quest’anno non ha vinto, Wout è sempre molto rispettato. Il grande desiderio del popolo belga è che Van Aert vinca il mondiale, non c’è riuscito, non è facile, ma i tifosi sono sempre per lui».

Anche con Schotte si passa poi ad esaminare l’estate di Van Aert. Il corridore di Herentals è uscito dal Tour e dal mondiale soprattutto col “barometro in ribasso”: stanco, appannato e ancora una volta battuto dallo storico rivale Van der Poel a complicare le cose.

«Dopo il Tour – riprende Shotte – e la nascita del figlio indubbiamente Wout ha pagato qualcosa, non è stato facile per lui. Però poi ha staccato e ha ripreso per bene. E si è visto al Tout of Britain: ha svolto un lavoro favoloso per la squadra, ha vinto una tappa e la generale. Si è rimesso in linea per il suo principale obiettivo di questo finale di stagione che è il campionato europeo».

Dopo il riposo estivo Wout sembra aver ritrovato gli “occhi della tigre” (foto Instagram)
Dopo il riposo estivo Wout sembra aver ritrovato gli “occhi della tigre” (foto Instagram)

Verso il finale

Shotte mette sul piatto l’europeo. Questa gara, che assume sempre maggior importanza, sarà poi seguita dal mondiale gravel. Ecco come i due giornalisti belgi inquadrano i due obiettivi.

«L’europeo non è un mondiale chiaramente – dice Shotte – ma è importante. E’ una corsa giovane (tra i pro’, ndr) e conquistare quella maglia è prestigioso. Se dovesse andare a Van Aert, andrebbe sulle spalle di un corridore molto presente in gruppo, di un corridore in vista e di colpo anche la stessa maglia europea sarebbe più importante che in passato. Sarebbe una maglia che pesa. Tanto per fare un paragone non sarebbe come ai tempi di quando vinceva Sagan (lo sloveno di fatto non la indossò in quanto campione del mondo aveva quella iridata, ndr)».

Anche Van Den Langenbergh sottolinea l’importanza dell’europeo e non solo: «E’ comprensibile che ne voglia fare l’obiettivo principale di questa seconda parte di stagione. Tra l’altro l’europeo si corre in Olanda, Paese della sua squadra di club. Loro ci tengono. Sarà il leader del Belgio insieme a De Lie

«E poi a seguire c’è il mondiale gravel che arriva appunto quando la stagione su strada è ormai finita, quindi non crea alcun problema. A lui questa disciplina piace. Il gravel è una via di mezzo fra la strada e il cross e potrà sfruttare questa sua esperienza del cross appunto. In più anche Cervélo spinge in tal senso per sviluppare e promuovere le sue bici gravel. Di certo andrà per vincere… come sempre».

Remco se ne va in Spagna. E in Belgio cosa dicono?

11.11.2022
5 min
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Remco Evenepoel lascia il Belgio e va a vivere in Spagna. La notizia, come del resto tutto ciò che fa il campione del mondo, è stata ripresa da tutti media belgi, ma al tempo stesso non ha creato indignazione, o chissà quale scalpore, come ci si sarebbe attesi da un Paese dalle forti tradizioni ciclistiche. Nessuna levata di scudi contro il talento di Schepdael. Cosa che invece avvenne per Tom Boonen quando decise di andare a Monaco, ormai una ventina di anni fa.

Remco se ne va nella zona di Alicante sulla Costa Blanca, al fine di allenarsi meglio, di sfruttare il clima migliore. Si farà costruire anche una camera ipossica.

Evenepoel con sua moglie Oumaima di origini marocchine in abiti da cerimonia tipici (foto Instagram – @mirroreffect.co)
Evenepoel con sua moglie Oumaima di origini marocchine in abiti da cerimonia tipici (foto Instagram – @mirroreffect.co)

Fuga sì o no?

«Questo trasferimento – ha detto Evenepoel – renderà tutto più semplice. Nessuno saprà cosa sto facendo e dove sono. Potrò concentrarmi sulla mia quotidianità di sportivo in un periodo in cui gli inviti in Tv sono spesso troppo numerosi». Insomma vuol sfuggire alle pressioni mediatiche e, si dice, anche ai fan troppo pressanti.

Ma è davvero così? E come l’hanno presa i suoi connazionali, sempre molto attaccati al ciclismo?

Di fronte a tanta “normalità” abbiamo coinvolto tre esperti di ciclismo belga. Si tratta del giornalista di Het Nieuwsblad, Guy Van Den Langenbergh, di Alessandro Tegner colonna portante della Quick Step di Remco e di Valerio Piva, diesse della Intermarché Wanty Gobert, che da anni vive in Belgio.

Il numero dei tifosi di Evenepoel sta crescendo. Parecchi erano anche in Australia
Il numero dei tifosi di Evenepoel sta crescendo. Parecchi erano anche in Australia

Il giornalista…

«Nessuno è rimasto sorpreso – ha detto Van Den Langenbergh – di questa sua decisione. Ormai ci sono diversi corridori che hanno fatto la scelta di andare fuori dal Belgio. In più Remco neanche ha scelto un paradiso fiscale come Andorra o il Principato di Monaco. 

«Andare in Spagna è una scelta che lui fa per allenarsi, perché il suo unico obiettivo è vincere e laggiù ha i percorsi e il clima ideale. Tutto rientra in quest’ottica di atleta di grande ambizione».

«E’ vero, Remco è molto popolare, ma non è ancora ai livelli di Boonen. In più è passato del tempo da allora. Non si tratta di lasciare il Belgio per sempre, non credo sentirà la nostalgia. Lui va lì perché, come ho detto, è motivato a fare bene, a vincere.

«E poi è un cosmopolita. Viene dal calcio. Ha giocato anche in Olanda, oltre che nell’Anderlecht, è a cavallo con la parte vallone e quella fiamminga, sua moglie ha origini marocchine… Stare in Spagna per lui non farà troppa differenza».

Tegner, marketing & communication manager della Quick Step, con Boonen, vera star di quegli anni in Belgio e non solo
Tegner, marketing & communication manager della Quick Step, con Boonen, vera star di quegli anni in Belgio e non solo

Il manager

Alessandro Tegner è responsabile del marketing e della comunicazione della Quick Step-Alpha Vinyl. Da anni è nel gruppo di Lefevere e ha vissuto anche “l’emigrazione” di Boonen. Il quale però dopo un po’ di tempo volle tornare a casa.

«Era un altro periodo – spiega Tegner – e le cose venivano vissute diversamente. Si era in piena “Boonen mania”. Non c’era ragazzino fiammingo che non avesse il poster di Tom in cameretta. Era molto famoso. Si veniva dai Museeuw, Van Petegem… ma Tom era più internazionale. Inoltre parlando con lui c’era subito una certa empatia e ci sta che la notizia fosse accolta diversamente. Poi nel tempo le necessità cambiarono: la famiglia, la figlia… e decise di tornare».

«Per Remco è tutto diverso. Anche le squadre oggi danno un altro supporto ai corridori di vertice. Quindici anni fa c’ero solo io, ora ci sono altre strutture. S’impara e si cresce anche sotto questo profilo.

«Evenepoel va in una zona della Spagna in cui non ci sono solo altri corridori, ma tanti belgi in generale. Sono tanti i connazionali che vanno a svernare lì. Un po’ come i tedeschi a Palma di Mallorca».

Tegner parla di un cambio di residenza prettamente per fini sportivi: «Remco è un metodico. Vuole programmare per tempo la sua vita. Ama avere i suoi spazi. E quella per lui è la scelta migliore. Senza contare che ovviamente laggiù si può allenare bene.

«E poi è a meno di due ore di volo dal Belgio. Quando ha bisogno prende e va. Anche qualche giorno fa è stato tre giorni in sede. Ha sbrigato degli impegni ed è ripartito. Immagino possa fare così anche per le sue esigenze familiari. Insomma, non è una fuga».

Remco Evenepoel in allenamento sulle strade spagnole d’inverno. Molto tempo ci è stato anche in primavera (foto Instagram)
Remco Evenepoel in allenamento sulle strade spagnole d’inverno. Molto tempo ci è stato anche in primavera (foto Instagram)

Il diesse

E che non è una fuga ce lo conferma anche Valerio Piva. Il direttore sportivo italiano, ex corridore, da anni vive in Belgio. Lassù ha trovato l’amore e messo su famiglia. Se vogliamo, in questo caso, è un po’ “un Remco al contrario”.

«Non ha fatto tanto scalpore la scelta di Evenepoel di andare in Spagna – ha dichiarato Piva – Sono diversi i corridori che lasciano casa in cerca di destinazioni climatiche migliori. Tanti belgi hanno la residenza in Spagna, ma qualcuno vive anche in Italia o nel Sud della Francia. A mio avviso la sua è una decisione spinta da clima e possibilità migliori per allenarsi».

Piva poi non crede totalmente che Remco scappi via da pressioni mediatiche.

«Non sono così vicino al ragazzo per poter giudicare. Dopo il mondiale ci sono state tante feste, ma non so se ha problemi a tal punto da spingerlo a lasciare Belgio. Di certo è conosciuto e laggiù sarà più tranquillo».

«La popolarità cresce in funzione dei risultati. Lui è giovane e ha già conquistato grandi gare pertanto la sua popolarità sta crescendo enormemente e penso che presto si potrà paragonare a quella di un Boonen. Ma se dovesse continuare a vincere i grandi Giri presto potrebbe essere paragonato anche in termini di popolarità ad un Merckx».

«Malinconia? Non penso potrà essere questo il suo problema. Va lì per lavoro. Si tratta di una scelta momentanea. Io abito in Belgio ma le mie relazioni con l’Italia ci sono sempre. E Remco ha con sé i suoi affetti. Anche io senza quelli non sarei rimasto qui».

Che fine ha fatto VdP? Lo chiediamo alla stampa belga

24.02.2022
5 min
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Mathieu Van der Poel continua il suo recupero. Dopo l’infortunio alla schiena, che si era manifestato con un gonfiore ad un disco intravertebrale, che lo ha costretto a fare una pausa di riposo forzato da fine dicembre, l’olandese sta ripartendo. E sta ripartendo anche abbastanza forte, come testimoniano le foto dalla Spagna. Le news però non sono molte e quelle poche provengono quasi tutte dai social. Anche la stampa belga si interroga sulle condizioni di Mathieu.

L’olandese ha ripreso a pedalare con costanza in Spagna (foto Instagram – @bastiengason)
L’olandese ha ripreso a pedalare con costanza in Spagna (foto Instagram – @bastiengason)

Il treno riparte…

Le cose per Mathieu sembrano volgere al meglio. Gli ultimi allenamenti caricati su Strava dicono di un ragazzo che inanella qualcosa come cinque ore, 160-170 chilometri e circa 2.500 metri di dislivello per ogni file caricato. Ma soprattutto dicono di un ragazzo sorridente, come ha confermato anche la sua fidanzata, Roxanne.

Per la prima volta dopo diversi anni, VdP si è fermato per cinque settimane. Ha ripreso con alcune pedalate indoor, ben visibili sulla piattaforma Zwift il 29 gennaio. Il 2 febbraio ha fatto la prima sgambata in bici. Nel frattempo ne ha approfittato anche per fare un piccolo intervento al ginocchio: gli è stato rimosso del tessuto cicatriziale. 

Van der Poel vuole recuperare in fretta e non è un caso che abbia scelto Denia come meta anziché Benicassim, dove di solito va la sua squadra, la Apecin-Fenix. Nella zona di Denia infatti sorge l’hotel più gettonato dell’inverno ciclistico, vale a dire quello che simula la quota. Anche se, almeno all’inizio, una delle stanze “in altura” non erano destinate a Van Der Poel.

Con le prime gare di cross, Van der Poel ha capito che doveva fermarsi
Con le prime gare di cross, VdP ha capito che doveva fermarsi

News dal Belgio…

Alla luce di questo quadro, cerchiamo di capire come stanno le cose. Cosa dicono i media belga sulla questione Van der Poel.

Per farlo ci siamo rivolti ad un collega della “stampa di Bruxelles”, Guy Van Den Langenbergh, giornalista della Gazet van Antwerpen e dell’Het Nieuwsblad, una delle testate più autorevoli del Belgio. Anche se Van der Poel è olandese, la sua squadra è belga.

«Questa sosta – spiega  Van Den Langenbergh – non è del tutto una sorpresa. Dopo la caduta alle Olimpiadi Mathieu aveva già avuto quei problemi alla schiena. Era rientrato a settembre, aveva corso bene il mondiale ma già alla Roubaix non era al massimo. Altrimenti non avrebbe perso allo sprint, quantomeno non avrebbe fatto terzo. Il problema alla schiena gli ha tolto un po’ del suo spunto veloce quel giorno.

«Ha poi provato a fare il ciclocross per arrivare al mondiale, ma a quel punto è tornato a farsi sentire il dolore. Non riusciva ad allenarsi bene. Non riusciva a dare il 100% come al solito. E ancora adesso non è certo di fare le classiche. Ed è un peccato perché lui è un corridore che dà spettacolo, che attacca da lontano».

Van der Poel in allenamento in Spagna con Victor Campenaerts (foto Strava)
Van der Poel in allenamento in Spagna con Victor Campenaerts (foto Strava)

Sospetti e bluff

In molti, qui in Italia, iniziano a sospettare che lo stop di Van der Poel, e tutto sommato anche di Van Aert, sia dovuto ad un accumulo di stress e di fatica di lungo corso. Alla fine questi due fenomeni non riposavano da anni. E infatti c’è anche chi sostiene che presto anche Pidcock dovrà rallentare la sua cavalcata perpetua.

Tuttavia Van Den Langenbergh non è d’accordo su questa linea.

«Non credo si tratti di stress e di affaticamento. Conosco bene Christoph Roodhooft (uno dei tecnici  della Alpecin-Fenix, ndr) e Adrie, suo papà, e so quale sia il loro approccio scientifico.

«Anche il suo team non sapeva quando avrebbe ripreso veramente. E poi per me è anche una questione genetica: Anche Adrie soffriva di mal di schiena».

E su un eventuale “bluff” dell’olandese Guy ha le sue idee.

«Bluff? Difficile da dire, ma io non credo. La squadra, la sua famiglia non sono soliti fare certe cose. Mathieu sta mettendo i suoi allenamenti su Strava e non ha nulla da nascondere. Il mal di schiena è una cosa complessa, non svanisce così».

Lo scatto decisivo di VdP alla Strade Bianche 2021
Lo scatto decisivo di VdP alla Strade Bianche 2021

Classiche a rischio

E il futuro? Se quello a lungo termine sembra più che saldo, c’è da fare i conti con quello prossimo: in una parola con le classiche. Ce la farà Van der Poel a farsi trovare al top per i primi grandi appuntamenti della stagione?

«Van der Poel cercherà di rientrare il più presto possibile. L’ultima volta, avevo parlato con Roodhooft a Fayetteville in occasione del mondiale di cross e non avevano una data certa del suo rientro. 

«Mathieu vorrebbe esserci in queste classiche, è chiaro. Per sua fortuna non ha bisogno di molto tempo e di molte gare per essere al top».

E sulla Strade Bianche, dove Van der Poel è campione in carica: «Ah – conclude Van Den Langenbergh – di sicuro non ci sarà. Primo perché è troppo presto e poi perché è rischioso rientrare in quella gara. La Strade Bianche è una corsa molto esigente per la schiena. Sarebbe già una sorpresa vederlo ad una Tirreno-Adriatico o ad una Parigi-Nizza».