I mille volti di una cronometro, non solo gambe ma anche rapporti. Per la stragrande maggioranza dei “girini”, la tappa contro il tempo rappresenta quasi un giorno di “riposo” (le virgolette sono d’obbligo). Per specialisti e uomini di classifica è un giorno cruciale, tra i più faticosi e stressanti.
Per questo si notano differenze enormi anche nelle scelte tecniche. Ieri Filippo Ganna (e non solo lui) ha vinto spingendo una corona da 58 denti. Mentre gli uomini della Vinzi Zabù-Ktm avevano una corona da 50 denti.
Alla Vini Zabù- Brado Ktm hanno utilizzato guarniture Sram 50-37Guarniture (Sram) 50-37 per la Vini Zabù-Ktm
Corone da 50 a 60 denti
I ragazzi di Luca Scinto non erano interessati alla tappa. O almeno sapevano di non poter competere per la vittoria e non avevano grosse necessità di modificare i loro assetti tradizionali. Dovevano portare la bici all’arrivo e risparmiare energie preziose magari per la tappa di oggi, adattissima alle fughe.
E lo stesso hanno fatto molti loro colleghi, che non hanno toccato l’usuale 52 o 53 che forniscono loro i costruttori. Sram infatti mette a disposizione il 50 o il 52. Volendo anche il 54, ma sono in pochi ad utilizzarlo nella tappe normali, tra questi c’è Jacopo Mosca della Trek-Segafredo.
Più ampia invece è stata la scelta per coloro che si appoggiavano al colosso giapponese, Shimano. Per questi atleti si poteva optare per una gamma di corone che andava dalla 50 alla 60. Come Campagnolo più o meno. Il brand italiano forniva dentature fino alla 58. E anche gli EF Procycling potevano far leva con FSA su corone dalle dentature più importanti.
In casa EF Procyling si è optato per corone FSACorone FSA per la EF Procycling
Ricognizione delicata
Il percorso di ieri però, con il muro di Ca’ del Poggio, i tratti vallonati ed altri molto molto scorrevoli non era facile da interpretare. Tanto che persino uno specialista come Alex Dowsett è rimasto “spiazzato”. L’inglese della Israel StartUp Nation infatti ha scelto una corna da 56, ma per sua stessa ammissione ha detto che gli avrebbe fatto parecchio comodo un 58 se non addirittura un 60. Avrebbe spinto in modo più composto e magari avrebbe guadagnato qualcosa in velocità. In poche parole non sarebbe andato oltre cadenza (110 rpm e più).
Poi molto dipende anche dalla scala posteriore. Chi ha Sram dispone anche dal 10. E il 56×10 sviluppa qualche centimetro in più del 58×11, pertanto alla fine la scelta spetta alla sensibilità dell’atleta. E in tal senso la ricognizione del mattino è cruciale. Lì il corridore avverte, intuisce, le sensazioni delle sue gambe. Sensazioni a poche ore dal via. Ma proprio per stress e percorso complicato anche in quel frangente non è facile azzeccare tutto al millimetro.
Ciccone lo tirano per la manica affinché corra per la classifica. Il manager Guercilena è d'accordo, ma la generale sarà conseguenza di tappe ben fatte
Il sole tiepido di Valdobbiadene diventa ancora più freddo per Jakob Fuglsang. Il danese doveva ricominciare la sua rimonta proprio oggi, nei 34 chilometri contro il tempo. Invece tra gli uomini di classifica è quello che ne esce con le ossa più rotte.
Oddio, anche Nibali non è andato benissimo. Il siciliano è stato 19” più veloce di lui. Ma a pensare che si aspettavano il contrario, stasera in casa Astana non ci sarà un grande clima.
Fuglsang è alla sua seconda partecipazione al Giro. Nel 2016 lavorò proprio per Nibali.Fuglsang è al suo secondo Giro d’Italia
Ritmo subito basso
Già nel dopo tappa, in una stradina che s’inerpicava tra i vicoli di Valdobbiadene, il suo staff si muoveva in modo frenetico. Il team manager Vinokourov aveva lo sguardo più serio del solito. Alexandr Shefer, un dei direttori sportivi, non poteva far altro che allargare le braccia.
«Cosa è successo? Una giornata no – dice il tecnico kazako – Poca potenza. Non andava avanti. Dobbiamo ancora analizzare la tappa, ma c’è poco da dire. Sin da subito il ritmo non è stato buono. E’ partito così così. Non aveva le gambe sulla salita».
Eppure sullo strappo di Ca’ del Poggio Fuglsang non era sembrato così in difficoltà. Addirittura aveva rifilato 16” a Nibali e qualche altro secondo agli altri diretti rivali. Forse però proprio quella rampa lo aveva definitivamente logorato.
La mattina era stato l’unico del suo team a provare il percorso. I rapporti scelti: 58-42 all’anteriore 11-32 al posteriore. Tutto secondo programma. In un attimo, prima della partenza lo avevamo visto rifinire il riscaldamento in sella. Era serio e concentrato.
Una rimonta difficile
Ma poi è successo quel che non ci aspettava. Lui il favorito nella lotta con Nibali che cede. Mentre la nuova generazione, McNulty, Almeida… viaggia forte.
Forse quel che pesa non sono solo le gambe, ma la pressione. La querelle sulle sue dichiarazioni riguardo al Sud Italia, smentite anche al Processo alla Tappa, il dualismo con lo Squalo. Forse…
Il danese spesso si è trovato ad inseguire per forature o noie meccanicheIl danese ha avuto diverse noie meccaniche
«No, Jakob ieri sera era tranquillo – riprende Shefer – ha dormito bene, ha fatto la sua ricognizione. Ci aspettavamo un tempo di 30 secondi migliore di quello di Nibali, Majka, questa gente qua. Lui non è un cronoman ma le aspettative erano maggiori. Però dai, adesso inizia la terza settimana. Si può recuperare».
Nulla è perduto
Sta di fatto che dopo l’arrivo, forse proprio i volti di Nibali e Fuglsang sembravano i più provati. Pozzovivo è arrivato piuttosto “fresco”. E anche Kelderman si è mostrato subito lucido.
Chi la vede meno nera è colui che con i numeri del danese ci lavora, il preparatore Maurizio Mazzoleni.
«Alla fine Jakob ha fatto una crono in linea con gli altri. Certo, se pensiamo che già partiva dietro e che dovevamo recuperare qualcosa non è andata benissimo, ma questa era la prestazione che mi aspettavo. E poi questa crono va sommata con l’arrivo di domani a Piancavallo. Vediamo domani».
I due “vecchietti” dovranno dare fondo a tutta la loro esperienza per battere la concorrenza. Da domani Fuglsang, senza veri uomini per la salita (ha perso Lopez e Vlasov), dovrà iniziare a recuperare i 4’08” che lo separano dalla vetta. Ha poche ore per riordinare gambe e idee.
Parcheggio dei bus. Noi al di qua delle transenne, Jacopo Guarnieri al di là. Bolla inviolata. E’ sotto il cielo grigio di Conegliano prima della crono che incontriamo l’apripista più desiderato del Giro d’Italia.Il corridore della Groupama-Fdj però è molto più di un ultimo vagone da volata. E’ prima di tutto un uomo, un regista in corsa, un corridore vero.
Guarnieri (33 anni) è al suo secondo Giro d’ItaliaGuarnieri (33 anni) è al suo secondo Giro
Jacopo, rispetto a molti tuoi colleghi sei sempre informato. Anche il fatto di usare molto Twitter la dice lunga. Non solo ciclismo, ma anche politica, ambiente… Dove nasce questo senso critico?
Ormai sono diventato grande. Nelle mie frequentazioni mi ritrovo a parlare di altri argomenti. Se capita una cena con i miei amici, con le persone conosciute negli anni… non parlo di ciclismo.
Cosa hai studiato?
Itis e avevo iniziato legge a Brescia. Poi in concomitanza con il passaggio nel professionismo e col fatto che mi sentivo fuori luogo (erano tutti figli di avvocati) ho perso lo stimolo e ho lasciato. Penso che per essere istruiti e informati non si debba per forza passare dall’università.
Il cittì della nazionale di calcio, Roberto Mancini, sulla questione stadi chiusi e Covid, ha dichiarato che gli italiani hanno diritto al calcio. Cosa ne pensi? E soprattutto, cosa sarebbe successo se una cosa simile l’avesse detta un dirigente del ciclismo?
Ad un manager del ciclismo non lo avrebbero chiesto. Il problema per me è chi ha chiesto a Mancini una cosa che forse non è di sua competenza. Da parte sua avrei preferito una risposta del tipo: sarebbe bello che gli italiani potessero tornare allo stadio. Klopp a questa domanda replicò: e a me lo chiedete?
A Villafranca Tirrena ha preparato il primo successo per DemareA Villafranca Tirrena in testa per Demare
Come è cambiato il mestiere del ciclista da quando hai iniziato ad oggi? E in particolare quest’anno?
E’ sempre più esigente. Nelle prime gare da pro’ (2008-2009) riuscii a fare qualche risultato e per come mi allenavo allora oggi sarebbe impensabile. Anche con una condizione appena sufficiente potevi cavartela, oggi sarebbe impossibile. E quest’anno ancora di più. Per fare un esempio alla Poitou-Charentes, corsa di secondo piano, ho fatto la stessa fatica che sto facendo al Giro.
Oggi nulla è lasciato al caso: tanti ritiri, alimentazione curata all’estremo…
Sì e no. E’ così per gli uomini di classifica e per alcuni team. Noi siamo un po’ diversi. Di ritiri e di altura ne facciamo poca. E questo mi piace visto che siamo molto lontano da casa per le gare. Prima del Giro abbiamo fatto un ritiro di sei giorni e basta. Pochi allenamenti, ma ben fatti. Quest’anno Demare ha voluto provare a fare un po’ di altura dopo il lockdown ed è andato a Sierra Nevada. Ma solo lui. Siamo più liberi. Sono energie “nervose” che si risparmiano.
I giovanissimi sono già vincenti. Pogacar, Evenepoel o lo stesso Antonio Tiberi che vince alla prima gara tra gli U23. Perché secondo te?
Quando sono passato io, i tempi per vincere erano diversi. Io ci misi qualche mese, Oss per esempio impiegò due anni. In generale si maturava più tardi. Non dico che i giovani di oggi siano sfruttati, ma certo sanno già tutto. Però non hanno margini di miglioramento. Sono già al 100 per 100. Io ho sempre fatto una distinzione tra campioni e fenomeni. Il campione è quello che si ripete. Pogacar è un fenomeno. Froome è un campione. Se Tadej si ripeterà sarà un campione. Perché un conto è vincere senza pressioni e un conto è farlo con le attese di sponsor, media, con uno stipendio pesante. Parlavo di questa cosa giusto l’altro giorno con Peter (Sagan, ndr). Gli ho detto: «Sono anni che vinci, ti sei ripetuto».
Demare con Guarnieri, i due corrono insieme dal 2017Demare e Guarnieri corrono insieme dal 2017
A 25-26 anni potrebbero già “smettere”?
Voi media chiedete sempre fin dove possono arrivare. Pogacar vince il Tour, più di quello cosa può fare? Vincerne due in una stagione! Oltre questo non possono andare. Passano e sono pronti. E’ così. Questo magari limita ragazzi che da dilettanti non vanno così forte e che invece avrebbero margini più avanti. Il rischio vero è che se il prossimo anno Pogacar fa terzo al Tour, è andato male.
Non sei vecchio, ma neanche un ragazzino: cosa c’è nel futuro di Jacopo Guarnieri?
Per ora spero di fare altri quattro anni di carriera. Perché ho un sogno: Andare alle Olimpiadi. Voci di corridoio dicono che il percorso di Parigi 2024 sia per velocisti. Quella è la meta, poi vediamo cosa succede strada facendo. Il mio lavoro per ora mi piace e qualche progetto per la testa ce l’ho.
A Rimini la gioia immensa per il poker di DemareLa gioia immensa per il poker di Demare
Cosa?
Lo tengo per me. Vorrei allontanare la sfiga!
In gruppo sei un senatore. Lo vediamo in tv, ma anche come gli altri ragazzi s’interfacciano con te sui social. Questo ti rende orgoglioso? Ti cambia in qualche modo?
No, però mi dà sicurezza quando devo preparare uno sprint. Gli altri cercano di capire cosa farà la Groupama-Fdj con Guarnieri. Semmai sono un senatore del gruppetto! Davide Cimolai mi dice sempre: «Guarnierone come la vedi? Lo chiamiamo sto gruppetto?». Sarà che ho la voce grossa e mi sentono fino alla testa del gruppo…
Qual è lo sprint perfetto?
Non c’è. Forse c’è quello quasi perfetto. E credo che a Rimini ci siamo andati vicini. E infatti dopo l’arrivo si è vista la nostra felicità. Dipende da molte cose: larghezza della strada, vento, velocità, se tutti riescono a dare il 100 per 100.
Demare è partito quando tu eri ancora in piena spinta. Ha deciso lui tempi e lato per uscire…
Per questo siamo stati contenti. Perché è stata come una delle simulazioni che facciamo in allenamento. Quella cosa del “buco”, del metro di distanza in piena velocità consente ad Arnaud di lanciarsi più forte e quando mi affianca è già velocissimo. A Rimini mi ha passato che ero ai 150 metri. Meglio di così…
Sei il regista del treno. Parli molto in quelle fasi concitate?
In quel momento non molto. Parliamo più sul bus prima della corsa. In gara ognuno deve sapere cosa fare. Qui al Giro non essendoci Sinkeldam abbiamo lavorato su Scotson. Lui ha un po’ sbagliato nella prima volata, ma poi si è integrato subito.
Jacopo ha un grande rapporto d’amicizia con Peter SaganJacopo ha un grande rapporto d’amicizia con Sagan
Visto che sei un “twitteriano” facciamo un tweet su un po’ di corridori. Partiamo da Almeida…
Coriaceo. Non credo che lo stiano sottovalutando, piuttosto fin qui non c’è stato il terreno per staccarlo. Le difficoltà vere arriveranno da oggi.
Sagan…
Una rock star, anche senza far risultato… (si ferma un istante, ndr). Vedete che anche io casco nel tranello. Alla fine ha vinto. Peter fa sempre notizia. Con le sue interviste e le sue impennate ha portato un vento di novità.
Pozzovivo…
Cavolo! Non molla mai. Determinato. Lo vedo in bici e mi chiedo come faccia a pedalare. Sinceramente dopo il ritiro dal Tour credevo fosse agli sgoccioli. Invece… Stoico!
Ganna…
Una centrale idroelettrica. Mai visto uno con così tanti watt. In una frazione di 100 abitanti illumina tutte le case! Senza limiti.
Infine Nibali…
Fenomeno… e campione. Se lo vuoi mandare più forte basta che gli vai vicino e gli dici: «Vince, ieri proprio non andavi eh…». Orgoglioso com’è vedi poi cosa combina. Allenamenti, corsa, fuori corsa… lui è un artista della bici.
E’ lui il tuo favorito del Giro d’Italia?
Di solito la terza settimana Vincenzo fa le buche per terra!
Una gara per onorare un campione del passato con un metodo moderno: è il Premio Francesco Cesarini. L'8 dicembre a Spoleto si sfideranno sui rulli 40 ragazzi
Vivere alla giornata. E’ il refrain in casa Bahrain-McLaren. E’ quel che ci aveva detto Alberto Volpi a Roccaraso e quel che ha ribadito al via di Cervia, Franco Pellizotti. L’oggetto del discorso è chiaramente Pello Bilbao.
Dopo quasi due settimane di Giro lo spagnolo è ancora lì. A poche ore dalla crono di Valdobbiadene è terzo a 49” dal vertice. E si muove quasi nell’ombra dei media. Sulla strada invece il basco si è fatto vedere. Bello il suo forcing sulle colline marchigiane nel giorno di Sagan.
Franco, ma dove può arrivare davvero Pello Bilbao in questo Giro?
Vedremo. Noi ragioniamo tappa per tappa. Esce dal Tour e nessuno gli chiede niente. Sappiamo che potrebbe saltare, ma per ora sta bene. Volevamo sfruttare la condizione del Tour e prendere la maglia rosa in Sicilia, non ci siamo riusciti però siamo messi bene.
Franco Pellizotti è uno dei direttori sportivi della Bahrain McLarenFranco Pellizotti, ds della Bahrain McLaren
Ma era prevista la sua presenza al Giro?
Era prevista, ma avremmo sciolto i dubbi proprio all’ultimo, dopo il Tour.
Quindi ci crede?
Pello sta bene, sin qui non ha mostrato cedimenti. E poi se si guarda bene, la seconda settimana del Giro a parte la crono proponeva tappe di transizione. Non c’erano frazioni per la classifica e in generale erano meno dure. Si poteva “recuperare” in qualche modo.
Quella di Cesenatico però si è rischiato che lo diventasse…
Hanno preso un gran freddo e a parte Pozzovivo che ha forzato sull’ultima salita non ci sono stati attacchi. Pozzo ha “dovuto” fare quello scatto per giustificare il lavoro della squadra. Pello è basco e in qualche modo è abituato al maltempo. Guardate l’attacco a Tortoreto, ma ieri anche lui era provato a fine tappa.
Bilbao in fuga (poi ripreso) nella tappa di TortoretoBilbao in fuga nella tappa di Tortoreto
Tra poco c’è la crono: l’avete vista?
Io sì. Abitando non lontano da lì l’ho fatta più e più volte. I ragazzi invece non la conoscono ma domattina ci sarà tempo per provarla. Bilbao comunque a crono va bene (è campione nazionale in carica, ndr). Ci si allena parecchio. Inoltre passa da una bici all’altra senza problemi. Il che va bene pensando alla tappa di salita del giorno dopo a Piancavallo. In questi casi qualcuno può pagare. Pello non la teme la terza settimana. L’anno scorso al Giro ha vinto due tappe e la seconda è stato il tappone dolomitico che finiva sul Monte Avena il penultimo giorno.
Non la teme neanche con Giro e Tour così ravvicinati?
Non dimentichiamo che questo è un anno particolare. I ragazzi non hanno corso molto. E le energie sono ancora buone. E poi scusate. A parte Thomas che è andato a casa e poteva essere il più forte, i corridori che ci sono qui mi sembrano tutti abbastanza livellati.
Alla fine il sapere di poter saltare da un giorno all’altro può essere anche una valvola di sfogo per la pressione?
Sì, ed è proprio quello che vogliamo noi. Sappiamo che fare due grandi Giri a questo livello in così poco tempo non è facile, ma al tempo stesso questa situazione lo alleggerisce da un punto di vista psicologico.
Questo week-end ci dirà molte cose. Anche se Pello Bilbao potrà lottare davvero per la maglia rosa.
Nella carovana del Giro d’Italia,Massimo Ghirotto rappresenta ormai una colonna portante. Vive ogni tappa da dieci anni, in sella alla moto di Radio Rai. Ex corridore, dopo diverse esperienze come commentatore radio a cavallo del 2000, un giorno Antonello Orlando, Giovanni Scaramuzzino e il caporedattore Riccardo Cucchi gli fanno la proposta: «Massimo te la senti di salire in moto?». «Perché no, risposi io», racconta il padovano. «Il ciclismo lo conosco e qualche esperienza col microfono l’ho fatta. Mi butto».
Ghirotto arriva da noi con l’attrezzatura da moto ancora in mano. Ci sediamo su un muretto a bordo strada ad Agrigento. Alle nostre spalle gli operatori della logistica smontano le transenne e di fronte invece il sole tramonta sul Mediterraneo. Questo non è un luogo casuale. Qui, nel 1994 Massimo rischiò di diventare campione del mondo, dopo una lunga fuga.
Giro d’Italia 2020, Massimo Ghirotto dopo la tappa arrivata ad AgrigentoMassimo Ghirotto dopo la tappa di Agrigento
Massimo, salire in moto significa tornare ogni giorno in gruppo?
Eh sì, vivi delle immagini e delle situazioni da così pochi metri che mi rivedo corridore. Anch’io vedevo queste moto che ci giravano intorno.
Cosa ricordi delle prime volte?
L’inizio non fu facile. La radio è bella, ma micidiale perché ha i tempi. E se non riesci a rispettarli e a fare tutto bene in quello spazio è un problema. Ho trovato giornalisti come Emanuele Dotto che mi hanno aiutato, che sono stati maestri. Professionisti gentili e molto aperti. Perché, credetemi, ci vuole molto poco ad andare in difficoltà
Spiegaci meglio…
Solitamente hai tra i 30 e i 50 secondi per il tuo intervento. E in quel lasso di tempo devi sviluppare il tuo concetto in modo chiaro e corretto. A volte appena chiudi il microfono ti rendi conto di qualche errore: un nome sbagliato, una frase che non scorreva bene. Inoltre se c’è un tema tecnico devi essere bravo a spiegarlo in poco tempo.
Ricordi un momento particolarmente difficile?
Ah sì! Fu proprio al primo Giro. Eravamo in Romagna, nella tappa che arrivava a Cesenatico e che vinse Manuel Belletti. All’epoca ero sulla moto 2, quindi dietro al gruppo. Mi chiama la regia e mi dice: Massimo vai avanti che la moto di Scaramuzzino si è rotta. Così piombammo sulla fuga, ma andai nel panico perché non avevo le informazioni dei fuggitivi. Cercai di arrangiarmi come potevo. Ad un certo punto nel fuorionda chiamai la regia e dissi loro di coinvolgermi il meno possibile. Capirono la situazione e mi diedero sostegno. Da lì però ho capito tante cose e mi sono organizzato meglio.
Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto dietro ai comunicati stampa che emette la macchina d’informazioneGli appunti del “Ghiro” scritti in moto
E adesso come gestisci il tuo lavoro?
Con questi (ed indica lo smartphone ciondolandolo tra pollice ed indice, ndr) tutto è più facile. A metà tappa vado nella macchina di radio informazioni e prendo i fogli dei comunicati. Inizio a leggerli e poi nel retro scrivo i miei appunti. Con lo smartphone ricostruisco la corsa e studio i corridori. Sapete, mi sono preparato un foglio Excell con tutti i partecipanti del Giro. Su ognuno posso cliccare e finisco sulla loro pagina di Wikipedia.
Quindi non segui tutta la corsa?
No. Noi entriamo in diretta solitamente alle 15, magari in altre tappe possono cambiare gli orari. Ma in base all’inizio della diretta prendo la tabella oraria del Garibaldi (il librone del Giro su cui c’è TUTTO, ndr) e con il motociclista arriviamo un po’ prima nel punto dove passerà la corsa e nell’orario stabilito. Mi cambio ed entro in gara.
Rispetto ai tuoi tempi cosa è cambiato nel gruppo?
Poco. Una strada, una bici e un corridore: l’essenza del ciclismo è ancora questa. Sono cambiati i materiali, ci sono le radioline, nuove tecnologie… ma alla fine resta l’atleta che fatica. Forse i corridori si conoscono un po’ meno rispetto a noi. Il ciclismo era meno globalizzato e noi eravamo sempre gli stessi. Quindi sapevamo quello che sarebbe caduto in quel tratto di strada, quello che sarebbe andato in fuga, quello che avrebbe fatto lo sprint.
Giro 2016, Guillestre – Sant’Anna di Vinadio. Nibali completa la rimonta su Kruijswijk e va in rosaGiro 2016, Nibali verso la rimonta su Kruijswijk
Da quando sei sulla moto Rai chi è il corridore che più ti ha colpito?
Facile, Nibali. Vincere il secondo Giro come ha fatto lui non è stata cosa da poco. Anche noi tecnici lo davamo per spacciato. Vincenzo invece in due tappe ha ribaltato la situazione. E mi piace questa sua capacità di non sottovalutarsi mai. Evidentemente si conosce così bene che sa quando non deve mollare. In quel Giro fu l’unico a restare lì con le gambe e con la testa. E alla fine ci è riuscì. Anche come ha vinto la Sanremo senza essere al top. Stiamo parlando di un ragazzo che ha vinto i tre grandi Giri e questo dovrebbe bastare. Andiamo a vedere i nomi di chi ci è riuscito. Devi tirare giù Merckx, Anquetil, Gimondi, Hinault, Contador… E poi è sempre coi piedi per terra, modesto. Dà una bella immagine di sé
Ci sono dei momenti intensi coi corridori, in cui li inciti, vi guardate?
Cerco di farli stare tranquilli e concentrati. Anche perché non posso avvicinarli troppo per regolamento. Semmai li affianco per studiare il volto e capire come stanno. Piuttosto mi muovo tra le ammiraglie, con i direttori sportivi, molti dei quali sono stati corridori con me e sento il loro pensiero.
Giro d’Italia 2014, da Ponte di Legno a Val Martello. Nairo Quintana prenderà la maglia rosa accumulando vantaggio nella discesa dallo Stelvio.Giro 2014, Quintana prenderà la rosa in fondo allo Stelvio.
In dieci Giri ne hai viste di situazioni e di corridori. Ci racconti come andò il “caos” della discesa dello Stelvio nel Giro 2014, quello di Quintana?
Quel giorno ci fu un errore della giuria e dell’organizzazione. Nessuno capì davvero se il tempo era stato neutralizzato o no. Il regolatore delle moto (era Marco Velo, ndr) iniziò a fare cenno di andare piano con le braccia, ma non ci furono comunicazioni ufficiali. Nairo Quintana non fece un attacco vero, andò giù regolare per i fatti suoi, mentre dietro c’era chi si fermava, chi si cambiava perché nevicava. Una volta a valle ci si rese conto della frittata.
Alberto Contador con la sua andatura ciondolante sulle strade del Giro 2015Contador e la sua andatura ciondolante
Diamo un po’ di giudizi tecnici: chi ti è piaciuto di più?
Tra gli scalatori AlbertoContador. Il suo stile era unico. Era un ondeggiare sui pedali molto elegante. Quel modo di mulinare i pedali. In generale mi piace molto Elia Viviani: un ragazzo che si muove bene, si prende le sue responsabilità e ammette quando sbaglia. Mentre il vero funambolo era Robbie McEwen, un bel limatore. E Caleb Ewan è sulla sua strada.
Filippo Ganna nella cronometro di Monreale. Il piemontese ha stregato il “Ghiro”Nella crono di Monreale Ganna ha stregato il “Ghiro”
E a cronometro?
Fino a questo Giro avrei detto Tom Dumoulin. Quando vedo un ragazzo che fa velocità, che è composto, mi esalto. Inoltre Tom aveva la maglia di campione del mondo. Ma poi è arrivato Filippo Ganna!Pippo mi ha davvero stregato. Bello, potente, composto, mulinava il 60×11. L’ho seguito e sono rimasto affascinato dalla sua posizione. Questo busto perfettamente allineato con l’asfalto. Io metto il computerino che uso in bici sulla moto così ho dei dati a me più familiari. E vedere che per più volte ha superato i 100 all’ora e lui è rimasto fermo sulla bici è stato unico. Non a caso nelle mie pagelle alla radio, la sera gli ho dato 10 e oro!
La crono inaugurale del Giro d’Italia, da molti criticata, non era affatto banale: 15,1 chilometri da Monreale a Palermo. Un chilometro di salita e poi quasi tutta discesa. Questo ha reso le scelte tecniche e quelle tattiche molto incerte. Alla fine gli specialisti hanno fatto la differenza. Non solo, ma chi non lottava per la generale ha potuto rischiare qualcosa in più, come ci spiega anche Marco Pinotti, ex cronoman ed ora al servizio della CCC Sprandi.
Marco, una prova tutt’altro che banale…
Banale? Complicatissima direi. Una discesa con la bici da crono non è facile, inoltre c’era l’incognita vento. E i primi ne hanno preso moltissimo, anche a favore. Andava divisa per sezioni: il prima in salita, quella finale in pianura e quella centrale (la più lunga) in discesa. In particolare quella finale erano 6’30” da fare in apnea e già si avevano 10′ di sforzo. Non era facile da gestire.
Rafal Majka (ultimo a partire) ha incassato 2′ tondi, tondi da GannaMajka (ultimo a partire) ha incassato 2′ netti da Ganna
Inoltre c’era la parte centrale di Corso Calatafimi, che scendeva ed aveva molti avvallamenti. Basta guardare il ruzzolone di Miguel Angel Lopez…
Esatto, quella era la parte più delicata. Lì magari non si vinceva, ma era molto rischiosa. Prendere un avvallamento a 75 orari significa volare. Significa sbandare, tanto più col vento laterale che c’era. E’ un po’ come nelle discese libere nello sci alpino. Se non le ammortizzi ti sparano via.
Quindi serviva pelo sullo stomaco per mettere le mani sulle protesi in quelle condizioni?
Chiaro, ma è così che si vinceva ed è così che sono riusciti a fare gli specialisti. In molti hanno tolto le mani dalle protesi con quel vento. Ganna ed altri no. La prima staccata era difficilissima. Si passava dai 100 ai 30 orari. Chi ha dimestichezza col mezzo lo fa in poco tempo. E guadagna terreno.
Voi avete studiato il percorso prima di partire?
Sì. L’ho fatto io da solo nei giorni precedenti e poi la mattina prima del via senza traffico con i ragazzi. In ricognizione, da solo, per fare 15 chilometri ci ho messo due ore. Mi sono fermato spesso a osservare il terreno per individuare le linee con meno avvallamenti, quelle più pulite. C’era un grande problema di trazione. Anche in partenza c’erano sampietrini e lastroni (non a caso a Monreale avevano stesso una sorta di materiale grippante in uscita dalle curve, ndr).
Il vento è stato determinante. Tu lo avevi studiato?
Era da una settimana che controllavo l’evoluzione del vento, ma il giorno della crono era decisamente maggiore della media dei sette giorni precedenti. Inoltre prima di andare in Sicilia mio padre mi aveva parlato del vento di Monreale. Lui, tanti anni fa, aveva fatto il militare nella caserma Scianna che si trova al quarto chilometro del percorso.
Chi è partito alla fine è stato penalizzato. Vediamo Nibali, Majka.. mentre gli Ineos più forti sono partiti un’ora prima. Come si delinea l’ordine di partenza?
Si sorteggiano le squadre e poi sono gli stessi team che decidono quando far i propri atleti. Dennis, Thomas e Ganna sono partiti uno dietro l’altro proprio per avere dei feedback.
Che rapporti si utilizzavano?
Io dico che il 58×11 era l’ideale. In molti hanno usato il 60, ma sono pezzi che devi far fare perché non si trovano facilmente. Se Ganna avesse scelto il 62 come si vociferava sarebbe stato solo per girare il 12 e non l’11, almeno credo. Sono sensibilità dello specialista.
E per le gomme? In molti hanno gonfiato a 6,5 bar…
I “miei” ragazzi oscillavano tra le 7 e le 8,5 bar
Gaia Tormena fa un altro passo vero la multidiciplina e dopo la pista prova la crono. Lo fa con una bici Guerciotti. Obiettivo: il tricolore di specialità
Poche ore al via del Giro d’Italia. Le squadre si stanno preparando per la ricognizione della crono d’apertura. E’ una crono davvero particolare essendo quasi tutta in discesa. In questa fase di attesa facciamo due chiacchiere con Luca Guercilena, team manager della Trek-Segafredo di Vincenzo Nibali.
Luca, cosa significa partire per il Giro con Nibali in squadra, per di più dalla sua Sicilia?
E’ già importante esserci, vista l’annata particolare. Avere Nibali è uno stimolo in più per tutti noi. Credevo che Vincenzo potesse smettere nella squadra che aveva scelto tre anni fa. Invece si è ricreata questa opportunità e vogliamo sfruttarla al massimo. C’è davvero una bella atmosfera.
Vincenzo è un vero leader?
Assolutamente sì. Ormai ha un esperienza tale che anche gli altri gli riconoscono questo suo ruolo.
Giro d’Italia 2020, da sinistra: Gianluca Brambilla, Julien Bernard e Vincenzo Nibali Da sinistra: Bernard e Nibali
Cosa ti fa credere che Nibali possa ancora essere vincente?
I campioni sono campioni sempre. Quello che fa la differenza è la motivazione e questa con lui non è un problema.
Riguardo alla preparazione sei intervenuto anche tu, il capo?
Come in tutti i team ci coordiniamo. Da anni ormai c’è uno staff collaudato con Josu Larrazabal che pianifica il lavoro. Da quest’anno si è aggiunto anche Paolo Slongo, che è il punto di riferimento di Vincenzo. Lui ha le sue idee, ma come tutte le persone intelligenti, si è aperto alla discussione.
Si teme che il Giro non possa arrivare a Milano. Voi correrete come se ci fossero da fare le tre settimane o magari pensando che possa terminare prima?
Noi correremo come se dovessimo arrivare a Milano. Anche perché per noi la terza settimana è la migliore. E’ quella in cui Nibali può fare la differenza. Poi vedremo se ci sarà da raccogliere qualcosa prima.
Giulio Ciccone non sta ancora benissimo, dopo aver avuto il covid. Almeno in queste prime tappe il suo lavoro ricadrà su Nicola Conci?
Tutti i ragazzi sanno che devono dare il massimo per Vincenzo. Loro sanno che in queste prime frazioni Giulio potrebbe non essere in condizione. Sono motivati e sapranno svolgere il loro lavoro. Con la speranza che poi anche Ciccone sarà pronto più avanti.
Il giusto compromesso tra comfort e rigidità, è la Giro Imperial II. E' anche leggera e ventilata, una calzatura tanto performante, quanto adatta a molti
Abbiamo chiesto a Paolo Slongo di leggere per noi la preparazione di Lenny Martinez. I volumi sono in linea con gli juniores, ma usa metodi troppo avanzati