EDITORIALE / Pogacar, signori: lieto di stupire

27.05.2024
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ROMA – Il giorno dopo è difficile persino rendersi conto che non si tratti di un altro riposo. Si torna alla solita vita e il Giro di Pogacar rimane negli occhi e negli appunti: quelli già trasformati in articoli e quelli che presto lo saranno. Andando via dalla zona di arrivo dell’ultimo traguardo, la sensazione di aver preso parte a un grande evento è stata rafforzata dalla presenza oceanica di pubblico, che si è ripetuta anche a Roma come su ogni strada d’Italia. Pensavamo che il Veneto fosse stato un’eccezione, fra Padova e il Monte Grappa, ma scorrendo le foto delle 21 tappe è immediato rendersi conto che quest’anno il riscontro di pubblico sia stato ogni giorno impetuoso.

Il ragazzo biondo col ciuffo

Non è semplice spiegare il perché. La considerazione più ovvia è che il ragazzo biondo con il ciuffo abbia stregato i tifosi di tutta Italia. Sarebbe stato bello avervi a bordo per rendervi conto del quotidiano assedio del pullman della UAE Emirates, ma sarebbe riduttivo limitare tutto a Pogacar. I tifosi hanno avuto attenzioni per tutti i corridori, dimostrando di aver capito la sola cosa che conta di questo Giro d’Italia. Abbiamo assistito allo show del solista più grande, quello che dopo la Strade Bianche definimmo in un altro Editoriale il vero fenomeno di questo ciclismo. Perché vince le classiche, le crono, doma le montagne e lo fa senza la supponenza e la freddezza di alcuni suoi colleghi altrettanto forti.

La disponibilità di Pogacar verso i bambini non è venuta meno neppure sulle grandi salite
La disponibilità di Pogacar verso i bambini non è venuta meno neppure sulle grandi salite

Tadej Pogacar ha firmato migliaia di autografi e se lungo le salite ha avuto occhi e cuore per i bambini non è stato per ruffianeria, ma perché sente di dover fare qualcosa per i più piccoli. Allo stesso modo in cui, portato a seguire la tappa di Trieste al Giro del 2014, quando aveva 16 anni, trasse da quello sprint l’ispirazione per diventare un corridore. A ben vedere, andando da anni in cerca di un faro per il ciclismo italiano, quale fra i grandi azzurri degli ultimi tempi ha mostrato una simile disponibilità verso i piccoli? Pogacar ha mostrato lo stesso candido entusiasmo che nei primi anni fu di Sagan, non a caso altro beniamino di un pubblico ampio e trasversale.

Le regole di una volta

All’inizio del Giro ci sono state critiche, compresa quella di Bettini che abbiamo condiviso e in parte ancora sposiamo. Sembrava strano che il leader della corsa si mettesse a inseguire tutti, come animato da un’ingordigia mal mascherata. In realtà con il passare dei giorni abbiamo imparato a riconoscere nei gesti di Pogacar lo stupore per logiche che non gli appartengono, forse perché i campioni o o vecchi del gruppo che lo hanno accolto non hanno avuto il carisma, la capacità o la voglia di spiegarle. O forse perché a 25 anni non si ha troppa voglia di sottostare a schemi che si reputano vecchi e ti impediscono di dare un seguito e un premio al duro lavoro. La faccia di Pogacar nel giorno in cui ha lasciato andare la fuga di Cusano Mutri era piena di stupore, più che di convinzione. Avrebbe potuto e forse voluto vincere anche lassù, ma ha scelto di stare a quelle regole. Poi però basta. E dove ha potuto, ha vinto.

Un arrivo e un inchino: a Bassano del Grappa, Pogacar ha ringraziato così il pubblico del Giro
Un arrivo e un inchino: a Bassano del Grappa, Pogacar ha ringraziato così il pubblico del Giro

Dicono e pensiamo che lo abbia fatto con un margine così ampio perché non aveva di fronte avversari della sua altezza. Vero, ma se guardiamo la classifica dell’ultimo Tour in cui Vingegaard lo piegò a suon di scatti, i margini sono gli stessi di questo Giro. E alle spalle dei due giganti (pur divisi da 7’29”) c’erano stati baratri altrettanto profondi. La sua supremazia ha infastidito qualcuno? Immaginate di essere andati a un concerto di Eric Clapton e di annoiarvi per i suoi assoli di chitarra. Il Giro d’Italia del 2024 è stato un grande concerto, con momenti corali e altri splendidi assoli, ma quando Pogacar ha guadagnato il centro del palco, non s’è potuto fare altro che applaudirlo.

L’Italia che arriva

E l’Italia c’è stata, forse più che in un recente passato. Il quinto posto di Tiberi che riporta a casa la maglia bianca dopo nove anni è uno squarcio molto interessante di futuro. Gli scatti di Pellizzari hanno mostrato la grinta di un ragazzino per nulla intimorito dai nomi che ha osato sfidare. Piganzoli si è messo alla prova scegliendo di non uscire di classifica: il suo 13° posto al primo grande Giro dice che ha la testa dura e i mezzi per riprovarci. Milan sta diventando un gigante dello sprint, con ancora tanto da imparare per gestire i finali più complessi. Ganna ha ritrovato il passo nella crono di Desenzano e per il resto della corsa ha tirato per la squadra con una generosità a volte persino eccessiva. Sembrano piccoli sprazzi, al cospetto di un gigante come lo sloveno, ma sono molto di più.

Sportivi e tifosi

E sullo sfondo, ma più spesso davanti c’è stato Pogacar. Ha attaccato. Ha vinto, gestito e dimostrato qualità di leadership fuori del comune. Ogni giorno ha confermato una normalità e un’educazione sbalorditive. Ha mostrato coraggio nel correre il Giro prima del Tour e insieme la determinazione feroce nel cercare di migliorare ancora. Si è aperto con i giornalisti, ammettendo anche dei piccoli momenti di difficoltà. Ha raccontato di sé. Ha dato spettacolo in tappe da campioni che altrimenti sarebbero state consegnate a velleità di rango inferiore.

Non ha corso al risparmio, come avrebbe potuto fare avendo in testa il Tour: gli sarebbe bastato gestire il vantaggio delle crono e correre sulle ruote. Non l’ha fatto. A quelli che l’hanno criticato e hanno criticato il suo Giro chiediamo il favore di chiudere per un istante gli occhi. Di rivedere tutti i momenti salienti di questo Giro e le sue vittorie. E poi, arrivati al podio di Roma, di riaprirli e immaginare che Pogacar sia italiano. Parlerebbero ancora allo stesso modo?

Le suole Michelin, ecco una bella novità al Giro d’Italia

27.05.2024
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Le corse a tappa e le Classiche Monumento rappresentano da sempre una vetrina privilegiata che le aziende scelgono per presentare le loro novità di prodotto. Non sfugge l’edizione di quest’anno del Giro d’Italia e ancora prima il Tour de Romandie. Proprio nella breve corsa a tappa elvetica hanno fatto il loro debutto le nuove suole Michelin realizzate per scarpe strada. Si è trattato di un debutto vincente visto che erano ai piedi di Carlos Rodriguez, giovane stella del team Ineos Grenadiers, capace di portarsi a casa la classifica generale del Romandia. Le nuove suole Michelin hanno debuttato anche al Giro d’Italia grazie a Thymen Arensman, sempre del team Ineos Grenadiers.

Le suole Michelin hanno esordito anche al Giro, ai piedi di Arensman
Le suole Michelin hanno esordito anche al Giro, ai piedi di Arensman

Tocca alla strada

Per gli appassionati delle discipline offroad, le suole Michelin non rappresentano una novità essendo già presenti nelle discipline enduro, gravel, downhill e cross country. Il debutto su strada è merito di JV International srl. Si tratta di un’azienda italiana a cui Michelin ha affidato la licenza mondiale dal 2013 per la progettazione, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione delle suole a marchio Michelin.

In collaborazione con JV International, e attraverso la partnership con il brand francese Ekoi, Michelin è oggi il primo produttore di pneumatici per il ciclismo su strada ad avere anche una suola per scarpe dedicata.

La possiamo infatti ammirare sul modello Road C12 Proteam di Ekoi.
La possiamo infatti ammirare sul modello Road C12 Proteam di Ekoi.

Niente colle e viti

La principale innovazione della suola risiede nel suo metodo di produzione. Puntale e contrafforte del tallone, sviluppati esclusivamente da JV International per Ekoi, sono co-modellati. Questo processo porta all’eliminazione di colle e viti, aumentando così la leggerezza della scarpa, una caratteristica sempre ricercata e fondamentale nel ciclismo su strada. La suola presenta inoltre un set di combinazioni innovative.

Alla struttura in carbonio intrecciato, che garantisce ulteriore leggerezza e rigidità, è stato aggiunto un sistema di gradazioni di spessore diverso, come sul puntale e sul contrafforte del tallone, per massimizzare le prestazioni, proteggere il carbonio dal contatto con il suolo e aumentare la sicurezza del ciclista quando sgancia i pedali. I componenti sono realizzati in un polimero termoplastico con una percentuale limitata di gomma, migliorando ulteriormente la protezione della suola. 

La suola Michelin realizzata per il modello Road C12 Proteam di Ekoï non è che il primo importante tassello nella collaborazione fra l’azienda francese e JV International.

Jv International

Ma non dimentichiamo Dani Martinez, il primo degli altri

27.05.2024
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ROMA – Forse la prestazione di Daniel Felipe Martinez è passata sin troppo inosservata. Tadej Pogacar si è preso la scena, è vero, ma il secondo posto dell’atleta della Bora-Hansgrohe ha un grande valore. Ha un grande valore soprattutto per questo ragazzo che a 28 anni si è trovato a fare il leader e ha risposto presente. Ha valore per la squadra che ha enormi ambizioni e si ritrova un atleta di enorme sostanza. E ha valore per i tifosi colombiani, sempre numerosissimi sulle strade del Giro d’Italia.

Quegli stessi tifosi che erano presenti anche a Roma. Il podio all’ombra del Colosseo è un’emozione che Martinez non dimenticherà mai. E lo ha anche ribadito dopo essere sceso da quel palco.

«E’ stato un Giro di sostanza il suo – ha detto Enrico Gasparotto – Dani è stato davvero bravo. E’ andato forte a crono e in salita. E di fatto ha battuto tutti gli altri».

Pogacar che guarda tutti da davanti e Martinez che guida gli altri: è la foto del Giro
Pogacar che guarda tutti da davanti e Martinez che guida gli altri: è la foto del Giro

Il retroscena

Il suo Giro è nato sin da questo inverno, con una programmazione dettagliata. Ma poi ha anche avuto qualche complicazione. Forse perché le cose, per assurdo, stavano andando sin troppo bene.

«Il programma iniziale – racconta Paolo Artuso, il preparatore – era quello di farlo tornare in Colombia subito dopo la Strade Bianche, corsa che avevamo deciso di fargli fare per prendere confidenza con lo sterrato che avrebbe poi trovato qui verso Rapolano. Ma Dani stava così bene che ha insistito per fare anche la Tirreno. Però, proprio alla Strade Bianche è caduto. Ha fatto dei numeri e dei valori pazzeschi per cercare di recuperare, ma il problema è che il giorno dopo aveva un ginocchio gonfio così».

A quel punto è scattato l’allarme. Dani è partito per la Tirreno ma piano. D’accordo col team, Martinez si è fermato dopo quattro frazioni. Prima di ritornare in Colombia per l’altura, Artuso se lo è portato in Veneto. Gli ha fatto fare qualche sopralluogo, degli accertamenti al ginocchio e anche una visita in galleria del vento.

«Poi – continua il coach – abbiamo rivisto qualche dettaglio della sua preparazione e fino all’ultimo ci sono state delle piccole incertezze, degli aggiustamenti. Ha saltato il Romandia che era nel programma iniziale. Una volta tornato in Europa lo abbiamo tenuto in altura ad Andorra fino all’ultimo. Dovete sapere che Martinez è un generoso. Pensate che a dicembre l’ho dovuto richiamare perché andava troppo forte!».

Sul Grappa Martinez ha controllato. Non era a tutta e, sapendo di non poter vincere la tappa, non ha rischiato nulla
Sul Grappa Martinez ha controllato. Non era a tutta e, sapendo di non poter vincere la tappa, non ha rischiato nulla

Parola a Dani

A Roma Martinez è stato raggiunto dalla sua famiglia. Mentre ci parliamo i suoi bimbi girano tra le nostre gambe. Lui è disponibilissimo e contento di raccontare. Di raccontare un secondo posto che magari, chissà, potrebbe anche incidere sul resto della sua carriera.

Dani, primo podio della tua carriera…

Sono veramente contento. Contento del podio, ma anche del lavoro realizzato sin qui. E’ un risultato che mi soddisfa appieno.

Hai trovato un Pogacar gigantesco. Ma hai battuto tutti gli altri.

Eh già! Quando abbiamo cominciato il Giro d’Italia tutti noi all’inizio credevamo che Pogacar si potesse battere. Abbiamo anche provato ad attaccarlo tutte le volte che è stato possibile, ma lui aveva una gamba molto buona. E’ un fenomeno. Alla fine Tadej ha fatto il suo Giro e noi abbiamo fatto l’altro. E in quest’altro Giro eravamo tutti vicini: Thomas, Tiberi, O’Connor… di più non si poteva fare.

Cosa ti ha soddisfatto del tuo Giro? C’è stata una prestazione in particolare?

La mia regolarità. Sono sempre andato forte, tutti i giorni, mentre di solito c’era un giorno in cui pagavo (cosa che ci ha confermato anche Artuso, ndr). Se facciamo i conti c’erano oltre 70 chilometri a crono e questo avvantaggiava appunto Thomas, Tiberi, O’Connor, ma le mie gambe erano buone anche contro il tempo.

Complice qualche sfortuna, la Bora-Hansgrohe non è stata super. Aleotti il vero supporto grande per Martinez
Complice qualche sfortuna, la Bora-Hansgrohe non è stata super. Aleotti il vero supporto grande per Martinez
Quindi nessun giorno difficile?

ne ho avuti tanti, come quello alla seconda tappa, quando verso Oropa ho avuto un problema meccanico. E poi anche nella quarta tappa sono stato coinvolto in una caduta e ho battuto una spalla. Ma ho saputo recuperare bene da questi giorni.

Dani, hai detto che almeno all’inizio e nelle prime tappe, pensavate che si potesse fare di più contro Pogacar, ebbene dopo Prati di Tivo, quando Pogacar ha fatto “solo” la volata, questa convinzione si è rafforzata? In quei giorni in gruppo si diceva non fosse più al top…

A Prati di Tivo abbiamo pensato di fare qualcosa. Era il giorno dopo la crono e magari qualcosa poteva cambiare per gli avversari. Ci abbiamo provato, ma è anche vero che la squadra era quella che era. Per infortunio abbiamo perso presto Lipowitz e non si poteva fare molto. La corsa era tutta nelle mani di UAE Emirates o Ineos Grenadiers. Poi da quel giorno è stata dura attaccarlo.

Di più non si poteva fare insomma. Qui c’è aria di festa. Ti piace Roma?

Sì, sì… è la terza volta che sono qui. Ma devo dire che mi piace tutta l’Italia. Sono cresciuto qui, le mie prime squadre da professionista sono state qui da voi e ci sono molto legato.

La volata perfetta di Merlier, la sfortuna di Milan: è tre pari

26.05.2024
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ROMA – La sua ruota è quella che “svirgola di meno” sui sampietrini della Capitale. Busto più fermo, sedere più indietro. Insomma, baricentro più arretrato. In questo modo la ruota posteriore fa più trazione. E anche la linea strettissima alle transenne non è casuale. Tim Merlier vince così la volata finale del Giro d’Italia. In via di San Gregorio allunga con prepotenza su tutti. Anche su Jonathan Milan. Uno sprint tecnicamente e tatticamente perfetto quello del belga.

«Ho fatto tesoro della mia esperienza nel cross e sul pavé – ha detto Tim – anche se questo di Roma era un pavé diverso da quello belga. Però sono riuscito comunque a fare velocità e sono certo che questa mia esperienza appunto mi abbia dato un buon vantaggio». 

Stretto alle transenne, baricentro arretrato e linea più pulita studiata durante i passaggi: lo sprint perfetto di Merlier
Stretto alle transenne, baricentro arretrato e linea più pulita studiata durante i passaggi: lo sprint perfetto di Merlier

Ciao Giro

Le ombre si allungano sui Fori Imperiali e come le Dolomiti, anche Roma si accende al tramonto. I colori diventano ancora più vivaci e la folla, la tantissima folla presente lungo il circuito sembra ancora di più. Una festa super per il ciclismo. Il ciclismo a Roma? Uno spot da favola.

Come capita ogni volta che si è alla fine di un grande Giro, l’aria è quella da ultimo giorno di scuola. Ma dopo tre settimane di questa famiglia itinerante non manca un pizzico di nostalgia.

E forse anche per questo al via dall’Eur si colgono al volo i volti che dicono di emozioni differenti. Per molti questa è solo una passerella, per altri la via del trionfo, per altri ancora è tappa vera. Dainese, Milan, Groves, Merlier, le ruote veloci, sono sciolti, ma non scioltissimi.

Catena ko

La tappa finale va secondo copione. Almeno fino alla campana dell’ultimo giro, quando, colpo di scena, la maglia ciclamino si accosta e chiama l’ammiraglia. Catena rotta. Impossibile procedere un solo centimetro in più.

«Ero alla sua ruota – ha detto  Simone Consonniha preso un buco, un sobbalzo su questi sampiterini e gli si è rotta la catena. L’ho visto in diretta. Ho chiamato subito tutti a raccolta per aspettarlo».

Impresa quasi impossibile, ma con la sua forza e le ammiraglie, Milan riesce nell’impresa di rientrare in gruppo. Poi viene avanti e anche bene. Forse è la volata migliore della Lidl-Trek in quanto a posizionamento e fa il suo sprint. Ma non basta.

Jonathan scoda molto. Forse la potenza è troppa. Forse il 54 è troppo agile su questo fondo sconnesso. E’ secondo, come seconda è la maglia ciclamino che conquista.

Intanto scatta la polemica sulla scia prolungata di Milan. Il friulano e la sua squadra hanno giocato il tutto e per tutto. Squalifica sì, squalifica no: il verdetto resta quello dell’arrivo.

La Soudal oggi credeva nel successo, ha controllato moltissimo la corsa, tenendo a tiro la fuga
La Soudal oggi credeva nel successo, ha controllato moltissimo la corsa, tenendo a tiro la fuga

Il 56 di Merlier

E così Tim Merlier ha potuto pareggiare i conti proprio con Milan. Fossano, Padova, Roma per il belga ed è tris.

«Chi è il più forte? Non lo so – dice il belga – decidete voi. Noi facciamo il nostro lavoro al massimo. Sì, ho saputo del problema e che era rimasto dietro, ma mi avevano anche detto che stava rientrando», come a dire che poi non è stato sorpreso di rivederselo a fianco.

Rispetto a Milan, Merlier aveva il 56, un rapporto forse più idoneo, almeno su carta, per questo finale. E’ chiaro che atleti e corridori hanno le loro ragioni circa le scelte tecniche, ma vista da fuori la sua opzione è più che comprensibile.

«Ho scelto questo rapporto così grande – continua il corridore della Soudal-Quick Step – perché ho visto che il finale era molto veloce, si arrivava da una discesa. Lo abbiamo studiato con attenzione e abbiamo deciso di puntare su quello».

Tris per Merlier (scortato dal massaggiatore Yankee Germano), poker per il team con la vittoria di Alaphilippe
Tris per Merlier (scortato dal massaggiatore Yankee Germano), poker per il team con la vittoria di Alaphilippe

Duello tra sprinter

Tre vittorie per parte sono un bel bottino anche per il Giro d’Italia, che ha visto un vero testa a testa tra le ruote veloci. Se il duello è mancato nella generale, non si può dire altrettanto negli sprint, dove il livello era davvero alto.

«Io sono soddisfatto del mio Giro – ha concluso Merlier – L’ho preparato e avevo le idee chiare. Prima le classiche, che sono andate bene, poi appunto il Giro d’Italia: anche per questo non avevo pressioni. Mi sentivo bene».

«Sono contento di aver terminato il mio quarto grande Giro. Anche se ho 31 anni questa è un’esperienza in più e la possibilità di migliorare ancora».

Il Giro di Pogacar, ultimo atto: Roma impazzita per la rosa

26.05.2024
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ROMA – Roma è davvero bella in questa sera che celebra la vittoria al Giro d’Italia di Tadej Pogacar. La maglia rosa si affaccia dal balcone della Sala Protomoteca e guarda la città eterna ai suoi piedi. Non era mai stato a Roma, probabilmente non riuscirà nemmeno a farsene una grande idea. Ha l’espressione stanca. L’ultima tappa è stata tirata, altro che passerella. E poi la serie di interviste e formalità è stata appesantita dalla scorta della Polizia che ha sbagliato strada e ha allungato il tragitto dal podio alla sala stampa. Può capitare, le strade trasudano ancora di tifosi (tanti bambini) con lo sguardo sognante: non è stata una giornata qualsiasi.

«Sono stanco, è vero – conferma – voglio solo andare a preparare la cena e godermi questo momento con i ragazzi. Penso che tra una settimana, quando mi riposerò a casa, mi renderò conto di tutto. Mi guarderò indietro e sarà fantastico. Ho vissuto tanti bei momenti, alcuni splendidi soprattutto con i bambini. Sono super felice di vedere tante maglie del Pogi Team sul percorso. Tanti ragazzi sono venuti a tifarci e avevano l’espressione felice. Quello che voglio lasciare loro è il consiglio di godersi il momento, godersi il gioco. Finché è un gioco, va tutto bene. Per cui che si divertano e sviluppino la giusta mentalità»

La giornata per la UAE Emirates è iniziata con festeggiamenti tutti rosa
La giornata per la UAEEmirates è iniziata con festeggiamenti tutti rosa

L’idolo dei bambini

Ci pensavamo stamattina guidando allegri da Bassano del Grappa a Roma: quanto è stata bella la sua attenzione verso i tifosi più piccoli? E’ sembrato che il campione abbia sentito su di sé la responsabilità di ispirare le nuove generazioni, allo stesso modo in cui da ragazzo fu portato a vedere il passaggio del Giro d’Italia e il suo connazionale Mezgec vinse la tappa, destando in lui la voglia di essere un corridore del Giro d’Italia.

«Penso che un giorno potrei tornare – dice – ma vediamo come va questa stagione e come il Giro incide sui prossimi impegni. Penso che sia stata una gara bellissima, un momento bellissimo e sicuramente vorrò provarci ancora in futuro. E’ stato pazzesco. L’atmosfera, i tifosi. Tifosi da tutto il mondo e anche molti sloveni. Quindi ho potuto godermelo davvero con una grande emozione. E’ stato una grande esperienza, i percorsi erano super belli e anche l’organizzazione è stata abbastanza buona. Devo dire che mi sono davvero divertito con i miei compagni».

Ti mancheranno tutte queste interviste?

Sarò super felice quando tutto sarà finito. Queste sono le ultime pedalate, per cui andiamo avanti. Penso che fra due, tre giorni tutto sarà perfetto.

Davanti a tanto calore, abbiamo avuto l’impressione di vederti cambiare anche nel modo di porti, come se tu in qualche modo sia cresciuto durante il Giro.

Penso che ogni gara ti dia esperienza. Tre settimane sono un periodo lungo e forse in questo Giro ho fatto davvero un altro passo avanti come uomo. Vedrò come mi sento e come saprò pormi davanti alle prossime sfide.

Hai detto dall’inizio dell’anno che saresti venuto per provare a fare qualcosa di nuovo e con nuove certezze come corridore: pensi di esserci riuscito?

Come corridore, mi sono sentito molto forte e a mio agio sulla bici. In tre settimane si passano tante ore in sella e mi sono trovato nel punto in cui volevo essere. Penso di poter trarre molto da questa gara per quanto riguarda le prestazioni, per come mi sento in bici e anche come l’ho guidata. Perciò penso che dopo un buon riposo questa sensazione potrà anche migliorare. Penso di essere davvero sulla buona strada anche per la prossima parte della stagione.

Era la tua prima volta a Roma: avevi chiesto informazioni sul Giro a Roglic?

Devo dire che Roma è una città davvero fantastica, bella. E soprattutto avere la maglia rosa alla fine del Giro me l’ha fatta sembrare stupenda. E’ fantastico che gli ultimi due vincitori del Giro siano due sloveni, qualche anno fa non ci avremmo neppure immaginato. Possiamo essere tutti orgogliosi. Quanto a Primoz, ho parlato qualche volta con lui, ma mai di ciclismo. Altrimenti è come se questo sport fosse attivo 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Per cui a volte è meglio non parlare delle gare… (sorride, ndr).

Pensi che sarà difficile chiudere col Giro e riprogrammarti per il Tour?

Penso che ci vorrà ancora qualche giorno per spegnere un po’ la mente, rilassarmi e poi ricostruire lentamente. Spero di mantenere questa condizione e se possibile provare a migliorarla. Vedremo le sensazioni alla ripartenza.

Vedremo se sei cresciuto come uomo, ma di certo sei parso un grande capitano. Pensi che gli insegnamenti dei tuoi genitori ti abbiano in qualche modo preparato per questo ruolo?

Sono piuttosto felice e orgoglioso di come i miei genitori mi hanno cresciuto, fino a diventare quello che sono. Gli sono grato per tutto quello che hanno fatto per me. Cerco di comportarmi per come mi hanno insegnato. Sono convinto che se ricevi qualcosa da qualcuno, devi sempre ricambiarlo.

La prossima sfida

Tadej se ne va con il trofeo che lo segue fra le braccia di Luke Maguire. Ha vinto e convinto, richiamando sulle strade una folla che non si vedeva da tanti anni e da altri campioni. E’ stato un Giro che ha fatto riscoprire al pubblico italiano il bello di scalare le montagne e scendere in strada per guardare il ciclismo. Ha davvero richiamato sulle strade il pubblico orfano di Pantani?

Non serve forzare paragoni con qualcuno che è stato immensamente grande e non sarà mai uguagliato nei cuori di chi lo seguiva. Tuttavia la presa di Pogacar sul pubblico è un dato su cui riflettere. Stasera farà festa. La prossima sfida che lo attende lo metterà contro Vingegaard, Roglic, Evenepoel, Bernal, Rodriguez e Tao Geogeghan Hart. Per allora dovrà aver smaltito la fatica e messo nelle gambe altro fuoco. Dopo un Giro alla grande, il Tour che parte da Firenze sarà qualcosa di stellare.

Affini e la Visma fino a Roma solo in quattro

26.05.2024
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BASSANO DEL GRAPPA – Lo scorso anno il pullman della Jumbo-Visma – oggi Visma-Lease a Bike – era inavvicinabile per la presenza della maglia rosa Roglic e dello sbarramento in sua difesa. Quest’anno il gigantesco mezzo giallo e nero se ne sta parcheggiato fra poca gente. La squadra olandese lo scorso anno ha conquistato Giro, Tour e Vuelta e sarebbe dovuta venire al Giro con Wout Van Aert, che però in Italia non c’è mai arrivato. Hanno così schierato il giovane Uijtdebroeks, che si è ritirato per malattia. Hanno incassato i forfait di Gesink e Laporte, quindi hanno festeggiato con Kooij a Napoli prima che si ritirasse. E alla fine si sono ritrovati in quattro a stringere i denti fino a Roma: Tratnik, Valter, Van Dijke e Affini.

Hanno tentato qualche fuga. Ci hanno provato, ma certo non è stato facile resettare abitudini e motivazioni. Chi va alle corse per tirare, si costruisce addosso un abito di riferimenti e routine cui adempiere, che sono poi difficili da abbandonare. Per questo ci siamo presentati davanti a quel gigante di Affini, chiedendogli che effetto gli abbia fatto vivere un Giro con tre soli compagni e in che modo abbia ricostruito le sue motivazioni.

In fuga nella tappa di Padova, Affini è entrato con un’azione di forza e si è arreso al lavoro di due squadre
In fuga nella tappa di Padova, Affini è entrato con un’azione di forza e si è arreso al lavoro di due squadre
Che effetto fa?

E’ una sensazione un po’ diversa. L’anno scorso siamo partiti con l’idea di vincere il Giro con Primoz e questo ti dà qualcosa di più in termini di motivazioni e di tenere duro, anche in certe tappe più difficili, specialmente per un corridore come me. Tutto sommato anche quest’anno siamo partiti con delle belle idee, con Kooij per le volate e Cian per la classifica, ovviamente non con la stessa pressione che aveva Roglic. Purtroppo li abbiamo persi tutti e due, ma almeno siamo riusciti a vincere con Olav a Napoli. Ciò non toglie che fare metà Giro in quattro è diverso. Ci siamo dovuti adattare e penso che ci siamo riusciti abbastanza bene.

In che modo?

Abbiamo messo il chip della fuga, degli attacchi e… dell’intrattenimento (ride, ndr). Abbiamo provato a farci vedere, entrare in qualche azione, anche se è quasi impossibile. Di noi quattro non ce n’è uno che possa effettivamente lasciare il segno, perché è il migliore su un terreno in particolare. Il miglior scalatore, il miglior velocista. Quindi devi buttarti e cercare di crearti le occasioni e poi provare a coglierle.

Diciamo che la stagione è particolare, ne sono successe parecchie…

Davvero parecchie, sì. Tutto sommato siamo stati anche abbastanza vincenti, se guardiamo bene. La Parigi-Nizza, la Tirreno-Adriatico, la Het Nieuwsblad, Harelbeke… Non è stato un inizio anno disastroso, ma è chiaro che per gli standard che avevamo messo l’anno scorso, sembra che ad ora sia un anno più brutto. Sicuramente gli infortuni dei vari leader hanno fatto la differenza. Qui al Giro con Wout avremmo avuto la possibilità di vincere più di una tappa. Nel frattempo Jonas avrebbe fatto bene in qualche altra corsa a tappe di avvicinamento al Tour, però su quelle cose non ci puoi fare niente. Purtroppo è successo e speriamo che si rimettano al meglio.

Affini e Consonni, quel dito puntato per gioco parla anche di qualche inseguimento di troppo?
Affini e Consonni, quel dito puntato per gioco parla anche di qualche inseguimento di troppo?
Eri venuto per aiutare un capitano, il cambio di chip è stato facile?

All’inizio ti dispiace, perché sei già mentalizzato su un tipo di lavoro che devi fare, un tipo di sforzo anche che pensi di dover fare nelle tre settimane. Cambiare a questo modo ti crea qualche spazio per provare a fare risultato a livello personale, però allo stesso tempo è difficile. Di occasioni effettivamente non ce ne sono state tante. E’ stato un Giro bloccato. Sono arrivate poche fughe, il gruppo non ha mai dato spazio. Si vede che le squadre dietro non vogliono rischiare niente. Mi metto nei loro panni: se ho il velocista non vorrei rischiare di sciupare un’occasione.

Siete i principali rivali del UAE Team Emirates, cosa ti pare di come hanno corso il Giro?

Hanno controllato quando dovevano controllare e anche quando non l’hanno fatto, hanno ricevuto aiuto. Qualche volta la Movistar, altre la DSM e poi alla fine hanno vinto ugualmente loro le tappe perché sono super motivati.

Com’è avere un hotel per quattro corridori? A tavola siete insieme allo staff?

No, no, c’è sempre il tavolo dei corridori, però c’è più spazio. C’è più spazio nel bus. E’ strano, ma adesso ci siamo adattati.

La Visma-Lease a Bike si è rotrovata con soli 4 uomini dalla 11ª tappa. Qui Valter e Affini
La Visma-Lease a Bike si è rotrovata con soli 4 uomini dalla 11ª tappa. Qui Valter e Affini
Cosa farai dopo il Giro?

Dovrei fare il Giro del Belgio, poi dipende da come finisco il Giro, come starò nelle prossime settimane. Arriverò agli italiani, dopo ci sarà un momento di stacco. Me ne vado dal Giro con qualche tentativo ben fatto. Nel giorno di Padova hanno tirato per tenerci vicino anche quando non serviva. Aspettavano tutti che andassi in fuga io e poi non collaboravano. E allora ho deciso di fare da me. Non ci hanno mai lasciato andare, ma qualcuno me lo sono tolto di ruota. Potevano lasciarci più spazio, ma evidentemente anche loro erano super motivati…

Le volate del Giro d’Italia alla lente di Guarnieri

26.05.2024
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L’allenamento è terminato in concomitanza con l’arrivo della 19ª tappa del Giro d’Italia, vinta da uno straordinario Vendrame. Un’uscita di sei ore per Guarnieri che si prepara per i prossimi impegni tra i quali spicca il Giro di Svizzera. 

«Al momento non c’è un programma troppo stabilito – dice Guarnieri – correrò in Belgio tra qualche giorno e poi sarò al Giro di Svizzera. La speranza è che possa tornare utile per trovare il giusto feeling con De Lie, anche se non credo che ci saranno grandi occasioni per i velocisti. Lo Svizzera però è una corsa che mi piace sempre, molto tirata ed è il miglior avvicinamento al Tour de France, sempre ammesso che ci sarò».

Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora
Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora

Le prime misure

De Lie dovrebbe essere l’uomo di punta della Lotto Dstny alla Grande Boucle. Il “Toro di Lecheret” sarà chiamato a continuare il grande momento di forma, da quando ha ripreso a correre a fine aprile ha messo insieme 3 vittorie e 2 podi. 

«Alla Ronde Van Limburg – racconta Guarnieri – abbiamo raccolto un bel terzo posto. Il treno ha funzionato bene nonostante sia stata la terza o quarta gara fatta insieme da inizio anno. Sicuramente non c’è quel feeling che si vede nei treni più forti, ma la prestazione di Limburg ci dà fiducia. Sono contento del lavoro fatto, sia fisico che di squadra. Personalmente sto bene, dopo tanti anni in gruppo so riconoscere le sensazioni e arrivare in forma ai momenti chiave. Vero che la mia convocazione per il Tour non dipende tanto da me ma dalle intenzioni della squadra».

Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan
Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan

Uno sguardo al Giro

Tra i treni migliori visti ultimamente in circolazione c’è quello della Lidl-Trek di Jonathan Milan. Il velocista di Buja ha inanellato tre successi di tappa e altrettanti secondi posti al Giro. Guarnieri, che da casa ha visto l’operato della Lidl-Trek però non è rimasto così sorpreso.

«Da come andava alle classiche del Nord – spiega – ce lo aspettavamo tutti che Milan potesse essere così forte. Alla prima vittoria, quella di Andora, ha fatto vedere di cosa è capace. Ha preso tanto vento, ma era talmente superiore agli altri che non si è scomposto e ha comunque messo dietro tutti. Poi se hai una squadra così forte come la Lidl-Trek, con uomini di spessore che lavorano per te, tutto viene più semplice. Loro hanno Stuyven, uno che ha vinto la Sanremo, come terzultimo uomo, dopo di lui va in azione Theuns e infine Consonni. Simone è uno che di treni ne ha fatti in carriera, si sta dimostrando un grande ultimo uomo».

Tutto semplice

Per Milan e la Lidl-Trek tutto sembra semplice. Poi ci sono delle tappe in cui qualcosa si è sbagliato, come a Fossano o a Padova, ma gli errori fanno parte del gioco. 

«Vorrei anche sottolineare – riprende Guarnieri – che gli avversari forti a questo Giro ci sono stati. Merlier, Kooij, Gaviria. Poi alla Lidl-Trek sono molto bravi, hanno le giuste tempistiche e anche quando non le hanno riescono a cavarsela. Mi ricorda un po’ il treno che avevamo con Demare, eravamo sempre noi a prendere in mano la situazione. Quando hai il velocista più forte anche se sei lungo non cambia, ne esci sempre bene. Meglio farsi trovare fuori tempo ma essere i primi a partire che rimontare e rischiare di rimanere incastrati».

I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione
I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione

Affinità

Tutto però è stato costruito giorno dopo giorno, a partire dall’inverno e passando per le diverse corse. Consonni e Milan hanno messo alle spalle, prima del Giro d’Italia, 12 giorni di corsa insieme. 

«Queste volate dominate – analizza ancora – arrivano da un lungo periodo di prove. Fanno sprint su sprint dalla Valenciana, sono passati dalla Tirreno e sono arrivati al Giro. La forza di un treno è anche l’affinità che si crea tra i vari “vagoni”. La Lidl-Trek ha investito tanto tempo su questo aspetto, al contrario nostro. Sanno perfettamente cosa fare e dove andare. Nella tappa di Cento sono stati perfetti, gli avversari possono fare poco, se non sfruttare qualche errore, come successo a Padova. Secondo me contro questa Lidl-Trek tutti partono battuti, anche la Alpecin di Philipsen».

Il Grappa si inchina a sua maestà Tadej: il Giro 2024 è suo

25.05.2024
7 min
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BASSANO DEL GRAPPA – E’ tutto un tripudio rosa, nello sventolare di bandiere slovene che ricorda le scene di Monte Lussari. La sensazione è che Roglic ne avesse richiamate di più, forse per la vicinanza del confine, ma certo oggi il Monte Grappa ha offerto uno spettacolo di folla che raramente è capitato di vedere negli ultimi anni. Solo qualche tifoso troppo irruente ha rischiato di rovinargli la festa, ma alla fine Tadej dirà grazie anche per loro. Adesso sorride nel recinto alle spalle del palco. Regala un mazzo di fiori alla figlia di Alex Carera e uno alla sua compagna Urska. Il terzo prova a lanciarlo dall’altra parte della strada dove sono assiepati i tifosi, ma il tiro è corto e i fiori finiscono per terra. Ci pensa Joseba Elguezabal, il massaggiatore basco, a raccoglierlo e tirarlo oltre la transenna.

Ha attaccato quando davanti era rimasto solo Pellizzari ed è piombato su di lui come una furia. Fra i due si è creata una sorta di legame. Giulio era al Processo alla tappa e ne è uscito quando Pogacar è uscito sul palco per ricevere la maglia rosa. Il marchigiano si è fermato con la bici dietro la schiera dei fotografi e l’ha guardato. Tadej l’ha visto, ha sorriso e l’ha salutato con il pollice in alto. Lo stesso ha fatto Giulio, che poi si è diretto verso la sua gente.

Il Veneto risponde alla grande. Dopo la folla di Padova, ecco Ca’ del Poggio sulla via per Bassano
Il Veneto risponde alla grande. Dopo la folla di Padova, ecco Ca’ del Poggio sulla via per Bassano

Umile e cannibale

Matxin si avvicina e racconta che le cose sono andate come avevano previsto. Che la squadra è stata grande e che lavorare per uno come Pogacar rende tutti dei leoni. Dice che il piano di spendere il giusto per non arrivare vuoti al Tour ha dato ottimi frutti. Ogni giorno si faceva il punto su quanto si potesse spendere e le cose sono andate come nei piani. Sulla strada invece c’è ancora Majka, che come al solito ha dato l’ultima stoccata prima dell’attacco del capitano.

«Si faceva due volte il Monte Grappa – dice Rafal – voleva vincere. Con la bici rosa e tutto quel pubblico, lo capite. Con Pogacar è tutto bello. Io avevo già vinto la Vuelta con Contador, il Tour e adesso il Giro con lui, ma è la prima volta in vita mia che incontro un ragazzo così forte e umile. Più che un vincitore è un cannibale. Sono molto contento. Il Grappa è stato bellissimo. Quando siamo rimasti in tre o quattro corridori, mi ha detto di fare l’ultima accelerata, ma oggi tutta la UAE Emirates è andata fortissimo. Siamo partiti che pioveva, ma quando siamo arrivati qua c’era il sole. E’ stata una giornata perfetta. Non l’ho mai visto in difficoltà, per me al Tour arriverà ancora più forte. Sta crescendo, adesso recupera e poi sarà pronto per la Francia».

Questo è il momento dell’attacco: Majka dà tutto, sta per scattare l’attacco di Tadej
Questo è il momento dell’attacco: Majka dà tutto, sta per scattare l’attacco di Tadej

Tadej è rilassato e capiremo a breve che il giorno della crono era nervoso per davvero. Un attacco imprevisto di allergia lo ha preoccupato per diversi giorni. Poi col cambiamento del meteo le cose sono andate a posto e il risultato si è toccato con mano. Così adesso il Pogacar che ci troviamo davanti è sereno, felice, consapevole e in apparenza ancora fresco. Certo anche lui avrà fatto fatica e avrà avuto qualche preoccupazione, ma dando sempre la sensazione di essere in controllo. Ci fosse stato qualche avversario più solido, forse l’asticella sarebbe stata più alta.

E’ stato davvero tutto facile?

In un grande Giro non c’è mai niente di facile. Sono state tre settimane difficili, a cominciare da questo problema di allergia che a Napoli si è fatto più fastidioso e non se ne andava nemmeno con la pioggia. Non è stato tutto liscio, ma siamo arrivati fin qui con un buon margine sul secondo, per cui sono contento.

Per 18 chilometri senza soluzione di continuità: il pubblico del Grappa è stato una cornice eccezionale
Per 18 chilometri senza soluzione di continuità: il pubblico del Grappa è stato una cornice eccezionale
Difficile valutare le prestazioni senza i numeri: pensi di essere il miglior Pogacar visto finora?

Forse sì. Ho fatto un altro passo avanti, ma ogni anno è più difficile migliorare. Sono fortunato di poter ancora trovare qualche margine durante l’inverno. Sto ancora crescendo, invecchio, per cui adesso entra in gioco anche l’esperienza. Non posso dire tutto quello che ho fatto di diverso nella preparazione, ma è certo che qualcosa volevo cambiare.

Perché?

Con Inigo Sanmillan (suo preparatore fino al 2023, ndr) ci siamo lasciati in ottimi rapporti. L’allenamento con lui è stato molto positivo, ma a volte hai bisogno di un po’ di cambiamento di ritmo e di cose diverse. Un diverso metodo di lavoro. Per cui dopo cinque anni, ho voluto provare qualcosa di nuovo, anche giù dalla bici. Ho lavorato di più anche sul fisico e devo dire che è stato un bel cambiamento. Niente di troppo grande, ma sono soddisfatto del risultato e di come sono andati il mio inverno e la preparazione per le gare.

Non solo il bambino visto in tivù: Tadej ha regalato borracce anche ad altri
Non solo il bambino visto in tivù: Tadej ha regalato borracce anche ad altri
Adesso che è finito si può dire: sei mai stato in difficoltà durante il Giro?

Certo, è successo. Mi sono sentito a disagio molte volte. Sono state tre settimane di gare e ci sono molti momenti in cui ti senti a disagio sulla bici, fuori dalla bici. Hai problemi a dormire e cose del genere. E’ stata una corsa dura, ma devo dire che è stato uno dei migliori grandi Giri che abbia mai fatto nella mia carriera. Mi sono sentito benissimo con le gambe durante le tre settimane.

Potresti descrivere due momenti della tappa? Il primo, quando hai affiancato i compagni prima dell’attacco. Il secondo quando hai preso una borraccia e l’hai data a un bambino…

Sulla salita finale era impossibile parlare alla radio, perché nessuno sentiva niente a causa del baccano della gente. Quindi se vuoi comunicare, devi andare dai tuoi compagni di squadra e dire quello che vuoi dire. In quel momento volevo solo sapere come si sentissero, quanto ancora potessero spingere. Così avrei saputo dove prepararmi per attaccare e ho potuto pianificare gli ultimi chilometri. Invece quel ragazzo è stato davvero fortunato ad essere lì e correre accanto a me. Ho visto un uomo della mia squadra con la borraccia. L’ho presa e gliel’ho data. Penso di avergli rallegrato la giornata e forse non solo quella. Forse sarà una storia che racconterà per tutta la vita. Io comunque avevo ancora le borracce piene dalla cima della salita, perché in discesa non sono riuscito a bere.

Un arrivo e un inchino: nell’ultimo chilometro Tadej Pogacar ha ringraziato i tifosi che lo hanno accolto
Un arrivo e un inchino: nell’ultimo chilometro Tadej Pogacar ha ringraziato i tifosi che lo hanno accolto
Sei riuscito a finire il Giro con il serbatoio ancora pieno?

Il piano era sicuramente quello di finire il Giro con il morale alto, buone gambe e buona forma e penso di esserci riuscito. Sono felice di aver raggiunto questo obiettivo. Oggi è stata la prova finale in salita, per vedere se esco dal Giro con buone gambe e sono davvero soddisfatto della risposta che ho avuto dalle gambe.

Ci sono stati momenti di tensione con i tifosi?

Il Grappa è stato fantastico. Dal basso verso la cima, c’era un’atmosfera pazzesca. Davvero, davvero incredibile. Non potevamo nemmeno parlare alla radio, non si sentiva niente. Abbiamo pedalato così per 18 chilometri, c’era un sacco di gente. Qualcuno ha cercato di avvicinarsi troppo e ha provato a toccarmi. Qualcuno mi ha colpito in modo un po’ troppo energico, ma bisogna essere preparati anche per questo. Devi essere abbastanza stabile sulla bici per non cadere. Tutto sommato non è stato così male. A un certo punto c’era un ragazzo con una torcia in mano che mi correva accanto, forse un po’ troppo vicino. Ho avuto paura che mi bruciasse, ho sentito le scintille sul braccio. Ma dico anche che senza di loro non ci sarebbe stato questo spettacolo, per cui gli sono grato.

Il bacio a Urska, arrivata sul traguardo pochi minuti dopo il trionfo
Il bacio a Urska, arrivata sul traguardo pochi minuti dopo il trionfo

Nessun rimpianto

Il discorso va avanti fra le motivazioni per cui secondo lui gli sloveni brillano in così tanti sport. Poi con la domanda se ci tenesse ad arrivare con 10 minuti sul secondo, che Tadej ha rispedito al mittente dicendo che è bello vincere anche con un solo secondo di vantaggio. E a chi gli chiede se non aver preso la maglia rosa il primo giorno gli abbia rovinato la festa, risponde con le parole che chiudono degnamente questa sua giornata tutto rosa.

«Non ho rimpianti – sorride – penso che abbiamo corso davvero bene. Ci manca una sola cosa, provare a vincere domani a Roma con Molano. Se ci riusciamo, sarà un Giro più che perfetto. Ma se anche non si riuscisse, posso dice che è andato tutto alla grande, non ci sono stati brutti momenti. Sono felicissimo di come è andata, non potevo chiedere di meglio».

Per due ore Pellizzari ha fatto sognare gli italiani

25.05.2024
5 min
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BASSANO DEL GRAPPA – «Quando mi ha ripreso mi ha detto di mettermi a ruota. Io ci ho provato ma andava troppo forte e mancavano ancora tre chilometri alla vetta. Era una volata per me quel ritmo. Sono passato da 350 a 600 watt». Tadej Pogacar che riprende Giulio Pellizzari. E’ questa “la foto” di oggi e, forse, dell’intero Giro d’Italia. Di certo lo è per il marchigiano.

Era già successo sul Monte Pana che Pogacar rintuzzasse Pellizzari, ma stavolta questo recupero ha un valore gigantesco. Stavolta Pellizzari era in fuga da solo. Stavolta era una tappa lunga.

E in tutto ciò la folla impazzisce. Quella a bordo strada. Quella all’arrivo di Bassano e quella alla televisione.

Qualche attimo di stanchezza, ma un minuto dopo Pellizzari era già pronto per le interviste
Qualche attimo di stanchezza, ma un minuto dopo Pellizzari era già pronto per le interviste

Per sé e per la gente

Appena arriva, il corridore della VF Group-Bardiani si appoggia alle transenne. Si siede. Ha il fiatone, ma poco dopo è già pronto a raccontare. Un recupero impressionante. Aspetto non secondario. Vuol dire che sta bene.

Pellizzari è un fiume in piena di emozioni: «Volevo assolutamente prendere quel Gpm, perché volevo indossare la maglia blu a Roma domani, anche se non è mia. Non pensavo di aver guadagnato così tanto quando sono partito».

«Sull’ultima salita ho dato tutto. E forse ad un certo punto ci ho anche creduto. C’era tanta gente sulla strada che urlava il mio nome e mi diceva di crederci. “Vai che è tua”. Io facevo le corna! Ma quel tifo è servito. E’ stato come avere una gamba in più. Ero qui nel 2014 da bambino a vedere Quintana e oggi c’ero io: un’emozione assurda».

Lo spettacolo del Grappa. «Mio padre è di queste parti. Ci tenevo a fare bene per tutta questa gente»
Lo spettacolo del Grappa. «Mio padre è di queste parti. Ci tenevo a fare bene per tutta questa gente»

Sguardo avanti

Quel ragazzino, under 23 di primo anno, che incontrammo al Giro della Valle d’Aosta, guarda caso in lotta per la maglia dei Gpm, sembra lontanissimo. E invece è storia di appena due estati fa. Condividevamo l’albergo e ogni sera si parlava un po’. Ma in quanto a spontaneità è lo stesso.

«Tutto il Grappa – va avanti Giulio – è stata una grande emozione, poi quando ho visto Pogacar che potevo fare? Ho pensato solo ad andare a tutta e di provare a tenerlo ma lui andava troppo, troppo forte. Speravo solo di arrivargli il più vicino possibile. Probabilmente se non ci fosse stato Tadej ora avrei due vittorie al Giro».

Prima abbiamo accennato al recupero di Giulio, qualità fondamentale per chi punta ai grandi Giri. L’aver concluso bene il Giro, essere stato così protagonista nella terza settimana, dopo aver persino superato dei malanni, ha un significato gigantesco in ottica futura.

«Il mio Giro non era iniziato proprio nel modo che volevo – riprende il corridore – Qualcuno addirittura mi aveva detto che non ero pronto a questo e al salto nel WorldTour: io volevo solo dimostrare il contrario, quindi sono contento anche per questo.
«Questa mattina ho sentito Massimiliano Gentili (il suo diesse tra gli juniores, ndr) e lui mi ha detto: “Dimostra che al ventesimo giorno sei questo”».

Tonelli sta tagliando il traguardo, Pellizzari al Processo alla Tappa si volta e lo cerca con lo sguardo
Tonelli sta tagliando il traguardo, Pellizzari al Processo alla Tappa si volta e lo cerca con lo sguardo

Tonelli, che guida

Ma oggi è stata brava anche la sua squadra, come del resto per tutto il Giro. La VF Group-Bardiani ci ha sempre provato e verso Bassano sono riusciti ad imbastire un gioco di squadra tra i giganti. L’aiuto di Alessandro Tonelli è stato funzionale… e bello.

«Stamattina – ha raccontato Tonelli – l’idea era di portare Giulio in fuga con uno tra me, Fiorelli o Tarozzi. Poi invece sono entrato io e Giulio si è mosso solo al primo passaggio sul Grappa. Io sono rimasto davanti ma senza forzare troppo. Anche perché hanno preso la salita come se il traguardo fosse a lì a tre chilometri. Io mi sono gestito. Poi quando è uscito Giulio ho pensato solo ad aiutarlo.

«Certo, nello strappo in discesa è stato un po’ frenetico. Mi ha fatto spendere tanto, magari senza quello sforzo sarei riuscito ad aiutarlo un pelo di più dopo».

Tonelli non solo ha tirato, e si è preso l’Intergiro, ma ha pensato a Pellizzari anche dopo che lui lo avrebbe lasciato.

«Nel breve tratto in pianura tra i due Grappa gli ho detto di mangiare, d’idratarsi e soprattutto di gestirsi in salita, perché la scalata sarebbe durata un’ora. Per due terzi di salita Roberto (Reverberi, ndr) mi teneva aggiornato. Sentivo che Giulio teneva bene. Poi è uscito Pogacar. Ma si sapeva…».

Tonelli (qui al podio per l’Intergiro) e la squadra hanno dato a Pellizzari un ottimo supporto
Tonelli (qui al podio per l’Intergiro) e la squadra hanno dato a Pellizzari un ottimo supporto

Futuro Pellizzari

Il ciclismo può diventare tecnico e futuristico quanto vuole, ma il nocciolo resta questo: il ragazzo che attacca in salita. E’ l’emozione, il sogno.

E non si può non insistere sul coraggio di Pellizzari e su quella manciata scarsa di chilometri con Pogacar.

«Quando Tadej mi ha ripreso – continua il marchigiano – ho pensato proprio a lui l’anno scorso al Tour, quando andando in crisi disse: “I’m gone, I’m dead”. Pensavo a come oggi questa frase la dicano gli altri… ed anche io». 

Giulio Pellizzari (classe 2003) in azione sul Grappa. Alla fine ha chiuso 6° con il drappello dei big
Giulio Pellizzari (classe 2003) in azione sul Grappa. Alla fine ha chiuso 6° con il drappello dei big

E ora Roma

Il fatto di aver tenuto il ritmo dei migliori, stando già fuori da oltre un’ora, nel secondo passaggio sul Grappa non è una cosa banale.

«La resistenza – prosegue Pellizzari – è un po’ il mio punto di forza. Ho cercato di procedere con regolarità. L’ho scalato entrambe le volte con lo stesso ritmo. Il Grappa è davvero duro, ma è il tipo di salita che piace a me».

«Sono contento del mio Giro d’Italia. Tanti tifosi mi chiedevano una tappa, ma ora sono anche contento che sia finito perché sono veramente stanco».

Giulio Pellizzari alle 21:45, come tutta la carovana, volerà verso Roma. La valigia che caricherà sull’aereo conterrà un’esperienza in più… e ovviamente gli occhiali e la maglia rosa che Pogacar gli ha dato sul Monte Pana.