La Carnia con Silent Alps, tra valli, orologi e acque poetiche

30.05.2024
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ARTA TERME – La Carnia, stando alla definizione che ne dà Wikipedia, “è una regione storico-geografica prevalentemente montana, situata nella parte nord-occidentale della provincia di Udine, in Friuli, comprendente buona parte delle Alpi Carniche italiane con le sue valli alpine. Il centro principale è Tolmezzo.”

Ma come sempre accade, le definizioni dei dizionari – o delle enciclopedie – non restituiscono l’anima dei luoghi. Per quella, nei luoghi bisogna andarci. Noi abbiamo avuto la fortuna di farlo, ospitati da Silent Alps, il Consorzio Turistico di Arta Terme: un paesino di 2.000 abitanti nel cuore della Carnia, a pochi chilometri da Tolmezzo.

Arta è un importante centro termale nato attorno alla fonte di Acqua Pudia, un’acqua “solfato-calcico-magnesiaco-sulfera” nota fin dall’epoca romana e che nei secoli è stata determinante alla crescita e alla notorietà del paese. Anche Giosuè Carducci era solito trascorrere il suo tempo qui, tanto che decantò le proprietà terapeutiche dell’acqua e dell’aria di questi posti e ad Arta dedicò addirittura una poesia “Il Comune Rustico”.

Esploratori su due ruote

Noi però a differenza di Carducci siamo qui anche e soprattutto per scoprire questi luoghi attraverso uno degli itinerari cicloturistici offerti dal Consorzio. Lo faremo accompagnati da Omar, la nostra guida. Partiamo dal “Grand Hotel Gortani – Wellness&Relax” nel centro del paese, con l’obiettivo di scoprire la Val Pesarina, detta anche la Valle del Tempo.

L’itinerario prevede una settantina di chilometri con circa mille metri di dislivello. Risaliamo la Valle del But, una delle otto della Carnia, e in breve ci troviamo a Sutrio. Se questo nome non vi è nuovo, è perché da lì parte la salita di uno dei due versanti dello Zoncolan, il primo che venne scalato nel Giro d’Italia del 2003 e che fece conoscere il Kaiser al mondo, quando a vincere fu Gilberto Simoni. Perché, scopriamo da Omar, il nostro percorso è di fatto il giro dello Zoncolan, ma – per nostra fortuna, almeno questa volta – senza doverci arrivare in cima.

Da Sutrio svoltiamo a sinistra e passiamo per Cercivento, un piccolo borgo montano famoso per essere una Bibbia a cielo aperto, grazie ad un progetto che ha decorato il paese con oltre trenta opere tra mosaici, murales e affreschi raffiguranti scene bibliche.

I bignè giganti di Lilly

Dopo Cercivento la strada inizia a salire ma senza mai diventare una crucis. In breve scolliniamo a Sella Valcalda e scendiamo a Comeglians dove ci fermiamo alla pasticceria “Lilly” per assaggiare i suoi bignè giganti, che scopriamo essere apprezzatissimi in tutto il Friuli. 

Ripieni di crema pasticciera e decorati con cioccolato e una ciliegia candita, capiamo il perché della loro fama e probabilmente l’ha capito anche il giovane ciclista seduto al tavolo di fronte al nostro assieme a suo papà. Mangia felice mentre sfoggia la divisa del POGI Team, la squadra giovanile creata da Tadej Pogačar per supportare gli aspiranti corridori del suo Paese. Il Giro d’Italia è passato qui giusto ieri e molto probabilmente lui si è goduto il passaggio del suo idolo e poi ha deciso di restare ancora qualche giorno per scoprire, come noi, le bellezze della Carnia e la dolcezza dei bignè di Lilly. Finita la pausa ripartiamo verso la meta del nostro itinerario, la Val Pesarina.

Il paese degli orologi

Appena la imbocchiamo ci accoglie un cartello con scritto “Valle del Tempo” con un grande orologio vintage a fianco. Domandiamo ad Omar maggiori informazioni. Ci racconta che in questa piccola valle nel bel mezzo della Carnia, precisamente nella frazione di Pesariis, nel 1725 fu fondata la Solari, una piccola ditta familiare che costruiva allora orologi da torre e che negli anni è cresciuta fino a diventare ora una delle più importanti fabbriche di orologi del mondo.

Tutto, a Pesariis, parla di orologi. Un numero imprecisato di orologi monumentali orna ogni angolo del paese, orologi a vasche d’acqua, orologi ad acqua turbina, orologi a pendolo, meridiane, orologi a palette giganti, orologi a carillon. 

Camminiamo stupiti tra le vie e assieme a noi molte altre persone arrivate da chissà dove per godersi questo spettacolo di ingegno, tecnica ed estetica, che ha fatto di Pesariis (178 abitanti all’ultimo censimento) uno dei più importanti centri turistici della Carnia.

Tempo di rientrare

Ma il tempo, anche nella Valle del Tempo, è tiranno ed è già ora di ripartire, nuvole minacciose incombono e cerchiamo di sfuggirgli (spoiler: non ce la faremo).  Scendiamo a ritroso la Val Pesarina e ci tuffiamo nella Val Degano ad Ovaro, da dove parte il versante più famoso dello Zoncolan, quello terribile, durissimo, quello che ne fa la salita più dura del ciclismo mondiale.

Noi passiamo soltanto sotto l’arco di legno che dà il via a quel tormento, non a caso conosciuto come la Porta dell’Inferno, lo salutiamo e poi prendiamo una bellissima ciclabile in falsopiano (in discesa) e in breve siamo a Tolmezzo.

Qui imbocchiamo di nuovo la Val del But e, sotto un acquazzone biblico, dopo pochi chilometri torniamo ad Arta Terme. Per fortuna ad accoglierci c’è di nuovo il “Grand Hotel Gortani – Wellness&Relax”, con gli innumerevoli servizi offerti dalla sua Spa, cullati dai mille benefici dell’Acqua Pudia tanto cara a Carducci.

Un’Acqua che, dopo un giro in bicicletta attraverso i tesori nascosti della Carnia, ha un sapore ancora migliore.

Per informazioni e prenotazioni:

Silent Alps

Che Giro social! Tadej vince anche online

30.05.2024
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Il Giro d’Italia che si è appena concluso si potrebbe dire essere stato uno tra i più belli di sempre, una di quelle corse che verrà ricordata come noi oggi ricordiamo, per esempio, le imprese di Eddy Merckx. Anzi, potremmo dirci più fortunati, perché nessuno degli splendidi momenti che abbiamo vissuto verrà mai dimenticato…dai social! Già, il Giro 107 è stato molto attivo sui social grazie a dei protagonisti che sanno il fatto loro davanti ai cellulari.

Il re del Giro

Come se la Maglia Rosa non gli bastasse, Tadej Pogacar sui social è stato il Re indiscusso di questo Giro. Non sono passati di certo inosservati gli aggiornamenti praticamente quotidiani che faceva sui suoi profili, associando canzoni rap che hanno subito messo le cose in chiaro.

Pogi alla seconda tappa, quando ha preso la rosa, cantava “Volevo fare il boss”. In maglia rosa pedalava sulle note della Pantera Rosa. Nel giorno di riposo si è dedicato “Fenomeno” di Fabri Fibra. Mentre dopo la vittoria a Bassano del Grappa si è dato a qualcosa di più classico con il celebre pezzo di Andrea Bocelli “Con te partirò”, a richiamare quanto epica fosse la sua vittoria.

Tra pose simpatiche sul palco e sorrisi smaglianti, ci ha fatto anche emozionare parecchio. «La borraccia Tadej, la borraccia!», gli urlava un piccolo tifoso, al quale ha poi passato (direttamente in mano) la borraccia fresca fresca di rifornimento, dalla quale non ha nemmeno staccato il gel. Assieme a quello tra Coppi e Bartali, questo è il passaggio di borraccia più bello della storia. Spensierato assieme alla sua Urska che bacia dolcemente sulla fronte, complice con Giulio Pellizzari con quell’occhiata d’intesa sul Monte Grappa, Tadej ha indubbiamente vinto anche il Trofeo Social.

Dopo la terza tappa, su Instagram foto e messaggio di Thomas: «Bravo Tadej, ti sei divertito, domani tappa tranquilla»
Dopo la terza tappa, su Instagram foto e messaggio di Thomas: «Bravo Tadej, ti sei divertito, domani tappa tranquilla»

Le provocazioni di “G”

Nessuno (nemmeno a dirlo) riesce ad eguagliare lo sloveno nemmeno da questo punto di vista. Ma sui social sono stati molti i volti che ci hanno fatti divertire.

Geraint Thomas, in ballo tra la seconda e la terza posizione in generale, ha lanciato diverse frecciatine. Dopo la terza tappa, quella dell’attacco di Fossano, scriveva: “Bravo Tadej ti sei divertito, domani però tappa tranquilla”. Nella tappa degli sterrati, quando Mister G è stato ripreso dalle telecamere con Tadej sulla sua ruota, ha chiesto al pubblico social: “Chi è l’impostore che ho a ruota?”.

Si sono divertiti anche alla Lidl-Trek, tra balletti pre-partenza sulle note degli ABBA e con uno scatenato fan club di Jonathan Milan. Grande protagonista anche il nostro Pippo Ganna, che ha dato il meglio di sé indossando il tricolore. Tra gli abbracci con la sua cagnolina, al siparietto con Luke Plapp dove chiedeva (gentilmente) a Tadej di rallentare cosicché potesse vincere la crono di Perugia.

Da Alaphilippe, una pizza per Maestri? Macché, dentro c’è la sua maglia
Da Alaphilippe, una pizza per Maestri? Macché, dentro c’è la sua maglia

Una pizza per Maestri

Hanno fatto il giro dei social anche le immagini di Giulio Pellizzari che gongola un po’ incredulo con in mano occhiali e maglia del suo idolo: (indovinate un po’) Tadej Pogacar.

Con il suo fascino tutto francese, Julian Alaphilippe è molto seguito sui social: a favore di camera ha portato in regalo, in un cartone della pizza, una sua maglia a Mirco Maestri, dopo l’avventura in fuga del giorno prima. Sui social l’hanno definito “leggenda”, e non potevamo esimerci dal ricordarvelo.

Menzione speciale per Andrea, il meccanico della Intermarche-Circus Wanty. Dopo l’epica spinta in gara per aiutare il suo corridore a ripartire, i social si sono divertiti a fargli spingere… qualunque cosa, anche Marcell Jacobs!

Momento social particolarmente apprezzato anche il primo giorno di riposo, dove corridori e squadre sono stati avvistati nella città partenopea tra golose pizze e pause gelato.

E’ stato anche il Giro d’Italia del pubblico, raramente così numeroso
E’ stato anche il Giro d’Italia del pubblico, raramente così numeroso

Il Giro del pubblico

Ma quindi, chi c’è sul podio social accanto a Tadej? Senza dubbio voi: il pubblico, i tifosi. Quest’anno il Giro d’Italia ha avuto un seguito incredibile di appassionati che si sono riversati sulle strade di tutta Italia anche sono per un saluto veloce alla carovana rosa. Tra striscioni, scritte e feste improvvisate lungo i percorsi, i veri protagonisti sono stati forse proprio i tifosi, che hanno indiscutibilmente contribuito a rendere questa edizione della Corsa Rosa unica e speciale. Ovviamente, documentando tutto sui social!

A Camerino con Pellizzari: un giorno di emozioni forti

30.05.2024
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CAMERINO – Lo sguardo abbraccia il mondo. La mattina si rischiara, dopo che l’alba ha coperto la campagna di un’insolita nebbia in quest’angolo silenzioso delle Marche. Pellizzari guarda giù, dopo aver raccontato la storia di un tunnel che collegherebbe la Rocca dei Borgia in cui ci troviamo con il castello dei Varano. Dice che quando erano bambini hanno provato a percorrerlo, ma di aver trovato una grata.

Si fanno quattro passi. Siete mai stati a Camerino negli ultimi otto anni? Era una città universitaria piena di vita, dopo il terremoto del 2016 è una città fantasma. Il centro è deserto, puntellato, ingabbiato, sfregiato. Fatti salvi pochi cantieri, è come se il tempo si sia fermato ai giorni del sisma. Tanta gente vive ancora nelle casette, altri se ne sono andati. Per questo quando Giulio ha attaccato sulle salite del Giro, è stato come se portasse nel petto anche il battito dei loro cuori. Glielo hanno detto martedì sera nella festa di bentornato, con una spinta d’animo che veniva da piangere. Erano quasi in 700 nell’Auditorium Benedetto XIII, intitolato al Papa che nel 1727 fondò l’Università di Camerino. E’ stato un incontro emotivo e dignitoso, con l’orgoglio marchigiano che si è sollevato sopra la difficile quotidianità.

Pellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro Martinez
Pellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro Martinez

Sveglia all’alba

Casa Pellizzari è una villetta divisa in due, che nell’altra metà ospitava il bed&breakfast di famiglia, ora occupato da una zia. Quando abbiamo mandato il messaggio per dire che eravamo arrivati, Giulio è sceso ad aprire con gli occhi di chi si è svegliato presto. Infatti alle 6,30 hanno suonato anche gli ispettori della Wada: quando entri nel gruppo di chi va forte, anche i controlli diventano più assidui. Un caffè farà bene ad entrambi. Il Giro d’Italia si è concluso da due giorni. Quando nella tappa di Roma abbiamo saputo che il martedì sera lo avrebbero accolto nella sua città, gli abbiamo chiesto di assistere e poi di fare due parole l’indomani. E’ tutto nuovo, aver incontrato la sua gente è stato un’esperienza inattesa.

«Beh, è stato emozionante – dice – non pensavo che fossero così tanti. Qua a Camerino ci conosciamo tutti, perché il paese è piccolino e tanti mi ricordano come il ragazzino che girava sempre in bici intorno alla città con gli amici. E ieri me l’hanno detto in tanti: “Allora era una cosa seria!”. E’ stato bello anche sentire questo…».

Il ragazzino che girava con la bici: eri così?

Sì, sempre. Facevamo le gare, partivamo da casa del mio amico Mirco, a 500 metri da qui. Andavamo in centro, ma qualcuno imbrogliava e prendeva le scale mobili. Poi scendevamo dalla Rocca e ritornavamo. Facevamo sempre lo stesso giro, sempre la gara: è stata così dai 7 ai 15 anni. In casa c’era una mountain bike, il mezzo più veloce per muoverci. Poi ogni tanto, quando finivamo giù in basso, le caricavamo nelle navette. Però solo quando c’era l’autista buono…

Massimiliano Gentili, il tuo padrino ciclistico, racconta che nella prima uscita con lui, a 16 anni, lo guardasti in faccia e poi scattasti…

E’ vero (sorride, e abbassa lo sguardo, ndr), è successo sulla salita di Trevi, vicino Foligno. Questa cosa di arrivare primo in salita ce l’ho sempre avuta, anche quando ero più piccolo e mi allenavo qua a Matelica. Volevo sempre fare la salita per scattare. La salita è quello che mi piace, il simbolo del ciclismo. Da bambino guardavo il Giro d’Italia, soprattutto con mio nonno Mario e con il mio amico Mirco. Mi ricordo il Giro del 2015 con Aru in maglia bianca, infatti i suoi cani si chiamavano Aru e Contador.

Il passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima Coppi
Il passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima Coppi
Martedì ti sei commosso al ricordo di tuo nonno…

Mario, detto Mariuccio (annuisce, ndr). Un signore accanto a me ha fatto un racconto su di lui: non volevo piangere, ma non ce l’ho fatta. Adesso gli anziani mi riconoscono come il nipote di Mariuccio e dicono che sarebbe orgoglioso di me. Ho scoperto al bar tramite amici che fosse un grande tifoso di ciclismo e suo padre anche più di lui. Gli assomiglio tanto. Quando nonna morì, andavo a dormire da lui e anche a tavola mangiavamo allo stesso modo. Strappavamo la carne col pane e mangiavamo pane e ciauscolo la mattina. Nonno se ne è andato nel 2015, l’anno prima del terremoto.

La gente, i tuoi compagni sanno che qui c’è stato il terremoto?

Ricordo che 3-4 mesi dopo, a mia madre è capitato di incontrare gente che le chiedeva dove si andasse per il centro. E lei doveva rispondere che il centro non c’era più. Erano passate poche settimane e nel telegiornale se ne era parlato anche parecchio…

Quei giorni ti hanno cambiato?

Se ci penso ora, magari non mi hanno cambiato, però mi dispiace non aver vissuto da grande lo splendore di Camerino prima che crollasse tutto. Il centro delle mie sfide in bici non c’è più. E allora penso alle nuove generazioni. Io potevo lasciare la bici per due giorni poggiata a un muro e trovarla ancora, oggi nel quartiere dei negozi che hanno costruito a valle non so se sia ancora così. Nel centro storico non passavano le auto, sotto ora c’è il traffico e non so se i bambini possono fare quello che facevamo noi.

Cosa ricordi di quei giorni?

Era mercoledì e io ero a casa di Mirco, praticamente ci ho passato l’infanzia. Stava venendo il temporale, così ho preso la bici per tornare che già cominciava a piovere. Nel parcheggio meccanizzato, quello con le scale mobili, le luci si accendevano e si spegnevano, c’erano tuoni e lampi. La sera eravamo qua e di colpo tutto ha iniziato a ballare. Due sono usciti da quella porta, uno si è messo sotto il tavolo, che era la cosa giusta da fare. In due siamo usciti dall’altra parte. Vedo diverse scene, una è quella delle coppe che cadono e si rompono. Subito dopo, la domenica, siamo andati con mia nonna a Bassano da amici di mio padre, però solo noi tre figli. Mamma e papà sono rimasti qui, perché giravano anche i ladri.

Nella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di Camerino
Nella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di Camerino

Il viaggio nel ciclismo

Il suo viaggio è iniziato a 16 anni, quando Massimiliano Gentili ebbe una visione e lo indicò come possibile corridore da corse a tappe. Glielo affidarono, riconoscendogli grande fiducia. «Suo padre Achille – raccontava l’altra sera l’umbro – è sempre stato presente, ma rigorosamente un passo indietro». Achille sorride e ringrazia, discreto e per questo elegante. Sa che i genitori possono essere un peso, così ha preferito lasciar fare, tenendo l’occhio vigile. Ed è stato così che crescendo, Giulio Pellizzari si è trovato catapultato fuori dalla dimensione ovattata e protetta di Camerino, per andare a scoprire il mondo.

I tuoi coetanei erano qui con la solita vita, mentre tu a 18 anni giravi già per aeroporti. Hai mai avuto paura?

Sì! Più che altro a 18 anni non avevo mai preso un aereo, per cui finché si girava con la squadra, non avevo problemi. Ma da solo era un’altra cosa, ho avuto le mie ansie. Oltre a tutte le esperienze, anche questa mi ha fatto crescere. Mi sono ritrovato da solo dall’altra parte del mondo, in un aeroporto immenso, con la borsa della bici e l’inglese un po’ così. Un po’ d’ansia ti prende. Però adesso ho imparato a gestire anche quello. I miei amici mi dicono: “Beato te che sei sempre in giro!”. E io gli rispondo: “Beati voi perché state a casa!”. Non c’è una via di mezzo. Girare il mondo fa tanto, fa crescere, però in certi momenti la vita di casa mi manca davvero.

Queste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana
Queste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana
Finalmente però sei arrivato a fare il Giro d’Italia…

E’ stato bello. Dopo il Tour of the Alps che è andato bene, il Giro diventava un banco di prova. Non volevo solo fare esperienza, volevo fare bene. All’inizio ero inquieto, perché tre settimane sono lunghe. Poi ho scoperto che diventa una routine e perdi anche il conto dei giorni. Solo a 3-4 tappe dalla fine, inizi a capire che sta per finire.

Hai vissuto giorni esaltanti e altri duri: come è stato correre per tre giorni con gli antibiotici in corpo?

Pesante, ti senti fiacco. Non riesci a spingere. Stare in gruppo non è mai facile, perché si va ogni giorno a tutta. Per fortuna l’unica partenza tranquilla del Giro è stata quella verso Francavilla in cui io stavo peggio e quindi mi sono salvato. Continuavo ad andare dietro e rientrare, andare dietro e rientrare. Per fortuna il giorno dopo si arrivava nelle Marche e mi sono ripreso, ma arrivare a Francavilla è stato davvero duro. Volevo mollare, ma mi hanno convinto a non farlo e devo dire grazie per questo. Una cosa che non ho mai raccontato è che nel riposo di Livigno, il giorno prima di fare secondo a Monte Pana, ho sognato che mi ero ritirato e il giorno dopo piangevo, pregando Roberto Reverberi che mi facesse rientrare in gara.

Giulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePink
Giulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePink
Il tuo amico Pogacar?

Prima del Giro, il sogno era correre con lui, adesso il sogno è staccarlo. Con calma, ovviamente, però alla fine se stacchi lui, vinci la corsa. La differenza fra me e lui è che lui è proprio un fenomeno, però un po’ mi rivedo nel suo modo di fare. Se avessi il suo motore, correrei allo stesso modo. Sempre per vincere. Alla fine, se uno ha le gambe… Corriamo per vincere, no? Ho letto un’intervista a Gianetti, ha detto che ci pagano per vincere ed è vero…

Come hai fatto a rientrare sulla fuga nel giorno del Grappa proprio a 100 metri dal GPM e prendere i punti per la maglia azzurra?

Ero partito per fare la gara, la squadra voleva che andassi in fuga. Io mi sentivo bene e sapevo che la fuga non sarebbe arrivata, quindi non volevo buttare via tutto. Però non ero certo che se mi fossi ritrovato con i primi venti, avrei avuto le gambe per attaccarli. Non sentivo bene la radio, perché prendeva poco e c’era tanta gente. Non sapevo quanto mancasse e nel dubbio sono partito a 3 chilometri dalla vetta. Alla fine tutti mi hanno chiesto come abbia fatto a riprenderli a 100 metri dal GPM, ma davvero penso che sia stato anche per fortuna.

Stremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPM
Stremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPM
Serve motivazione per andare in fuga sapendo che Pogacar punta alla stessa tappa?

Alla fine è una guerra persa, però ci provi: non sai mai come va. Se avessi preso un minuto in più, mi avrebbe ripreso un pezzettino dopo. Forse mi avrebbe staccato sullo strappo, ma rinunciare non mi appartiene. E’ stato bello correre a Roma con la maglia azzurra della montagna, il sogno però è arrivarci con un colore diverso. Alla fine ci siamo salutati, gli ho fatto i complimenti e in bocca al lupo per il Tour.

Com’è quando il giorno dopo si spengono le luci?

Un po’ mi manca. Quando c’è tanta gente che fa il tifo, i paesi in rosa, respiri l’aria di festa. Alla fine ti ci abitui, però è sempre emozionante. Negli ultimi giorni, ho capito che stava per finire, ma al contempo sono stanco, è giusto recuperare. Per cui farò lo Slovenia, il campionato italiano e poi si stacca per un po’ la spina.

Lo lasciamo alla sua casa, al suo cielo, alla famiglia e agli amici e andiamo a fare un giro in centro. Nella serata per Giulio abbiamo toccato con mano l’orgoglio. Ce ne andiamo con la speranza che la sua voce continui a raccontare la storia di Camerino e della sua gente. Basta che continui ad essere se stesso, il Giulio di sempre. Forse allora per queste strade l’oblio smetterà di essere l’unico destino possibile.

Piganzoli, debutto coi fiocchi e corse a tappe nel futuro

30.05.2024
4 min
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ROMA – Tredicesimo al primo grande Giro non è affatto male. E soprattutto quando è un risultato cercato. Un risultato che va a scapito della possibilità di conquistare una vittoria di tappa. Tutto questo è il Giro d’Italia di Davide Piganzoli, talento della Polti-Kometa.

Lottando con i più grandi, tenendo duro, mettendosi alla prova a cronometro, il “Piga” è arrivato a Roma. E tutto sommato, sembra esserci arrivato anche bene. Il suo volto era molto meno provato di quello di tanti altri. Ecco dunque un altro giovane, oltre ad Antonio Tiberi, che in ottica futura ci dà buone speranze per i grandi Giri.

Davide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica a 32’23” da Pogacar
Davide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica a 32’23” da Pogacar
Davide, prima di tutto complimenti…

Grazie! Sì, direi che alla fine è andato bene questo mio Giro. Forse all’inizio eravamo partiti con altre intenzioni, magari provare a vincere una tappa e prendere una buona fuga. E invece ci siamo ritrovati un po’ in classifica, tanto più che Matteo (Fabbro, ndr) non è stato bene. E così abbiamo cercato di fare il possibile, di correre sempre davanti…

Eppure sappiamo che in classifica non ti ci sei ritrovato, ma hai detto tu al team di voler tenere duro…

Più che altro non avevo e non volevo lo stress della classifica al via. Nel momento in cui magari fossi stato davanti le cose sarebbero un po’ cambiate. Sostanzialmente mi dicevo: «Se farò una tappa buona, se riuscirò a prendere una una fuga importante e magari guadagnerò qualche minuto sul gruppo allora terrò duro». Poi però è successo che in questo Giro il gruppo non ha mai lasciato tanto spazio alle fughe e io mi sono trovato lì lo stesso….  Ne sono contento!

Quanto è diverso il Piganzoli di Roma da quello Torino?

Alla fine sono state tre settimane intense e, dico la verità, sono passate abbastanza velocemente. Tre settimane in cui penso che un po’ sono cambiato in effetti. Ho preso più consapevolezza di me stesso e dei miei mezzi, ma al tempo stesso ho capito che c’è ancora tanto da lavorare. Però ho visto che i grandi non sono poi così lontani. A parte Pogacar.

Lui togliamolo! Nel senso che non va preso come esempio…

Esatto. Però è innegabile che c’è ancora tanto da lavorare. Io sono fiducioso.

Il lombardo è consapevole che a crono deve lavorare molto, anche se la sua posizione di partenza non è così male
Il lombardo è consapevole che a crono deve lavorare molto, anche se la sua posizione di partenza non è così male
Come sono state le sensazioni in salita? E queste sono cambiate durante il Giro?

Ho avuto un paio di giornate in cui non sono stato al cento per cento. Penso per esempio alla tappa con il Passo Sella in partenza. Lì non stavo benissimo e infatti mi sono staccato subito. Sono rientrato e ho tenuto il più possibile fino all’arrivo. Ma penso che se a 21 anni hai solo due giornate così così e perdi abbastanza poco, vuol dire che si può sperare. Che si può crescere.

Qual è il punto dove dovresti lavorare di più secondo te?

Penso che a crono devo lavorarci un bel po’. Bisogna capire come migliorare. E poi anche in salita, però su questo fronte è più “semplice”. Mi hanno sempre detto che si migliora con gli anni, quindi cercherò di continuare a lavorare per poi provare a essere davanti.

Se chiudi gli occhi, qual è il tuo ricordo del Giro? La tua foto della corsa rosa?

Sicuramente i tanti tifosi sulle strade. Ti riempiono veramente il cuore. Alla fine è vero che senti un pochino meno la fatica, perché i tanti tifosi ti spingono. Quantomeno è una fatica diversa, mettiamola così.

Verso Livigno, nella sua Valtellina, tanti tifosi e un’ottima prestazione
Verso Livigno, nella sua Valtellina, tanti tifosi e un’ottima prestazione
Di Pogacar cosa ci dici? Tu che ci hai pedalato fianco a fianco è davvero impressionante anche per voi corridori?

Sì, è impressionante vederlo in azione. Tu vedi che quando gli altri fanno veramente tanta fatica, lui invece è proprio tranquillo. Si gestisce, si guarda attorno. Salendo sul Grappa eravamo rimasti in una ventina. Vedevi gente come Thomas o Martinez che stavano facendo fatica, che comunque erano impegnati, avevano lo sguardo fisso, e Tadej invece saliva facile facile, controllava tutto, si voltava. Lì capisci che sta facendo una gara da sé.

Quali sono i tuoi programmi adesso?

Riposerò un pochino, poi farò subito il Giro di Slovenia e i campionati nazionali. Poi ancora un bel po’ di riposo per programmare la seconda parte di stagione.

Se la gamba è buona allo Slovenia ci farai divertire?

Ah – ride Piganzoli – non lo so. Intanto recuperiamo e poi vediamo.

Milesi e la corsa rosa: «Tutto come mi aspettavo e che atmosfera»

29.05.2024
4 min
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Su carta è il suo secondo grande Giro, in realtà è stato il primo. Lorenzo Milesi ha concluso il suo primo Giro d’Italia. Lo scorso anno la sua vecchia squadra, la Dsm-Firmenich, lo aveva schierato alla Vuelta, ma Lorenzo era stato costretto a fermarsi anzitempo, nonostante fosse partito col botto: maglia rossa dopo la prima tappa, una cronosquadre. Tuttavia alla sesta tappa era a casa.

Al primo anno, la Movistar lo ha schierato subito nella gara di casa. In ballo c’erano due crono importanti per il campione mondiale di specialità under 23 e un percorso che tutto sommato non era impossibile per un ragazzo del 2002. Lorenzo era tra i più giovani in assoluto al via.

Milesi in azione in pianura al servizio di Gaviria. Per la Movistar un corridore duttile come lui è stata una risorsa
Milesi in azione in pianura al servizio di Gaviria. Per la Movistar un corridore duttile come lui è stata una risorsa
Lorenzo, sei arrivato a Roma: come stai?

Bene direi. Avevo fatto una settimana alla Vuelta l’anno scorso e devo dire che questo primo Giro d’Italia è stato fantastico. Fantastico tutto il contorno, l’atmosfera…  la gara. Che è stata dura, ma noi siamo qua. Le gambe le sento come il primo giorno!

Un altro esordiente come te qui al Giro, Lorenzo Germani, ci diceva che in effetti ci sono dei momenti in cui si respira, ma quando si va forte il ritmo è incredibile. Anche per te è così?

E’ vero, è vero. Anche se poi a me sembra che qui tra i pro’ si vada forte in tutte le gare, alla fine. Sono le corse WorldTour che hanno queste caratteristiche.

Ti aspettavi che il Giro fosse più o meno duro?

Più o meno così. Mi aspettavo di non poter competere tutti i giorni sin da quest’anno. Immaginavo che non sarei stato lì davanti a sgomitare. Ma per questo mi dicono, servirà del tempo.

Nelle due crono (tra l’altro lunghe) del Giro, Lorenzo ha ottenuto un 12° e un 11° posto
Nelle due crono (tra l’altro lunghe) del Giro, Lorenzo ha ottenuto un 12° e un 11° posto
Come ti sei gestito durante queste tre settimane?

Ho cercato di fare bene soprattutto le cronometro. Di queste sono abbastanza soddisfatto. Ho mancato la top 10… però di poco. Per il resto cercavo di risparmiare il più possibile e fare il mio compito.

E qual era il tuo ruolo?

Nelle tappe piatte dovevo cercare di aiutare Fernando Gaviria, in quelle in salita dovevo stare vicino ad Einer Rubio. Quindi anche per questo non ho provato spesso ad andare in fuga. Ci sono andato solo nel giorno del Mortirolo, quando si arrivava a Livigno, però alla prima salita sono rimbalzato! Si andava a tutta e davanti eravamo ancora tantissimi, quindi c’era poco da fare…

Cosa ti porti via da questo Giro d’Italia?

Più che altro quello che spero di portare via, cioè una buona gamba per poter fare bene nelle prossime gare. Ovviamente ho imparato anche a come gestirmi nelle varie settimane, a dosare gli sforzi, a capire il recupero… Un esperienza un po’ generale direi.

Cimolai e Milesi, compagni di stanza al Giro: tra i due ballano 13 anni di differenza
Cimolai e Milesi, compagni di stanza al Giro: tra i due ballano 13 anni di differenza
Hai detto che speri in una buona gamba per le prossime corse, ebbene quali saranno queste gare?

Non so ancora di preciso, bisogna decidere appunto in base a come finisco il Giro e a come recupererò. Quindi si vedrà nei prossimi giorni cosa fare. Sicuramente farò i campionati italiani, sia su strada che a cronometro.

Con chi hai parlato di più durante questo Giro d’Italia?

Degli avversari con Piganzoli. Eravamo tutti giorni là in coda al gruppo a chiacchierare! Dei compagni di squadra con Davide Cimolai. Cimo è mio compagno di stanza, è italiano ed è anche più facile confrontarmi con lui.

Quando abbiamo incontrato Milesi, lui e la sua squadra stavano per andare al foglio firma, proprio in quel momento ci raggiungeva Davide Cimolai.  Quale occasione migliore per una foto insieme e per chiedergli qualcosa di Lorenzo. E Davide: «E’ un po’ testone perché parla poco e potrebbe domandare di più, ma ha un motore che neanche lui sa quanto è grande! Potrà fare molto bene».

“Win Like a Pro”: il concorso Enervit per celebrare Tadej Pogacar

29.05.2024
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Enervit, il brand tutto italiano produttore di integratori sportivi, ha recentemente lanciato un nuovo concorso a premi chiamato “Win Like a Pro“. Questa iniziativa mira a celebrare la straordinaria prestazione di Tadej Pogacar, autentico dominatore del recente Giro d’Italia.

Partecipare al concorso “Win Like a Pro” è estremamente facile. Gli interessati devono semplicemente visitare il sito ufficiale di Enervit e compilare un modulo con i propri dati personali. La “landing page” dedicata, raggiungibile all’indirizzo https://vinciconenervit.enervit.com/, è disponibile fino al 18 giugno. Una volta completata la registrazione, i partecipanti riceveranno immediatamente un buono sconto per l’acquisto online di integratori Enervit, sponsor ufficiale della squadra ciclistica UAE Team Emirates.

Oltre al buono sconto, tutti i registrati avranno l’opportunità di partecipare automaticamente all’estrazione di premi esclusivi. Saranno messe in palio tre maglie Pissei e dieci borracce ufficiali del team UAE Emirates, prodotte da Elite, tutte rigorosamente autografate da Tadej Pogacar (in apertura foto Fizza). L’estrazione dei premi avverrà il 30 giugno, offrendo ai partecipanti la possibilità di vincere oggetti unici e memorabili.

Enervit supporta da oltre quarant’anni atleti di tutti i livelli, fornendo loro prodotti che migliorano la resistenza, l’energia e la capacità di recupero, aiutandoli a raggiungere i loro obiettivi sportivi.

Tra Sport e sostenibilità

Enervit non è solo un marchio di integratori sportivi, ma anche un’azienda impegnata nella promozione di uno stile di vita sano e sostenibile. «Lo spirito sportivo è un’energia positiva che ci rende migliori…», affermano dall’azienda, sottolineando come la passione per la nutrizione sportiva guidi la loro ricerca scientifica da oltre quarant’anni. Enervit è dedicata alla creazione di prodotti funzionali e integratori alimentari innovativi e di alta qualità, sviluppati nel rispetto dell’ambiente e della comunità.

L’azienda è inoltre profondamente impegnata sui temi della sostenibilità ambientale e sociale. Enervit punta difatti a contribuire in modo significativo alla transizione verso pratiche più sostenibili, riducendo l’impatto ambientale dei propri processi produttivi e promuovendo comportamenti responsabili. La missione è aiutare le persone a migliorare la qualità della propria vita attraverso una corretta alimentazione e un’attività fisica costante. Enervit promuove una cultura della nutrizione positiva, sostenendo l’importanza di un’alimentazione bilanciata e di qualità come base per uno stile di vita sano. L’azienda si dedica a sensibilizzare le persone sui benefici di una dieta equilibrata, che non solo migliora le performance sportive, ma anche il benessere generale.

Il concorso “Win Like a Pro” rappresenta un’occasione unica per celebrare il successo di Tadej Pogacar al Giro e per avvicinarsi al mondo dell’integrazione sportiva con Enervit. Partecipare è semplice e le possibilità di vincere premi davvero esclusivi sono molte. Ma oltre ai premi, questo concorso offre l’opportunità di scoprire l’impegno di Enervit verso uno stile di vita sano e sostenibile. Registratevi subito e tentate la fortuna entro il 18 giugno!

Enervit

Il Giro di Aleotti, forse la ripartenza che serviva

29.05.2024
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ROMA – Un gran bel Giro e ci voleva. Lunedì mattina Giovanni Aleotti 25 anni compiuti nel giorno del Monte Grappa (in apertura con Martinez e una candelina), ha ripreso la strada di casa portando via con sé un’ottima condizione, che finalmente si è vista anche bene. Certo, ancora una volta gli è servita per tirare, ma intanto ha chiuso la corsa con la forza giusta per provare altre strade. Nel suo caso, a breve, ci sarà il Giro di Slovenia.

La Bora-Hansgrohe ha concluso sul podio l’ultimo grande Giro prima di cambiare nome e convertirsi in Red Bull, anche se non è chiaro a tutti in che modo si andrà avanti: se la struttura rimarrà invariata, quindi nelle mani di Ralf Denk, oppure se subentreranno altre figure. Comunque sarà, affidata a Enrico Gasparotto e Bernhard Eisel e priva di leader come Roglic, Vlasov e Hindley, la squadra tedesca ha dato prova di compattezza attorno a Dani Martinez. Doveva esserci Lennard Kamna, finito in terapia intensiva dopo un incidente ai primi di aprile, e forse qualcosa sarebbe cambiato. E se alla fine hanno fatto meglio della Ineos è stato certamente per la solidità del leader, ma anche per la presenza accanto a lui nei momenti delicati dello stesso Aleotti, tornato su livelli che mancavano da un paio di stagioni.

Monte Pana, Martinez terzo all’arrivo: Aleotti lo ha scortato sino alla salita finale
Monte Pana, Martinez terzo all’arrivo: Aleotti lo ha scortato sino alla salita finale
Soddisfatto?

Sono contento, dai. Sono stato solido per tre settimane: con Martínez, tutta la squadra è stata molto concreta. “Dani” non ha mai mancato un giorno, quindi sono contento. Ovviamente giocandoci il podio, sono dovuto stare sempre con lui, quindi senza una fuga o chance personali. Ma allo stesso modo è stato importante per me vedere fino a quanto potessi tenere duro con i migliori.

Un Giro diverso da quello vinto con Hindley?

Sì, per me molto diverso. Sicuramente sto vivendo un buon cambiamento, perché ho visto che in salita sono migliorato. Sono rimasto quasi ogni giorno con i migliori 15 e penso che ciò sia dovuto all’ottimo lavoro con Paolo Artuso che mi allena da quest’anno. Abbiamo svolto un lavoro molto consistente, senza aver mai saltato un giorno. Sono sempre stato bene e questo ha fatto la differenza rispetto all’anno scorso.

Un anno da dimenticare…

Ho avuto tanti problemi, ma sono riuscito a venirne a capo già nelle ultime settimane del 2023. Ho voltato pagina e messo nel mirino questo Giro, che è andato come speravo e forse anche un po’ meglio. Ho imparato qualcosa di più su me stesso e la mia capacità di fare corsa di testa.

Nel giorno del suo compleanno, ha fatto corsa di testa fino all’attacco di Pogacar sul Grappa
Nel giorno del suo compleanno, ha fatto corsa di testa fino all’attacco di Pogacar sul Grappa
Quale è stato il giorno del Giro in cui ti sei sentito meglio?

Penso a Prati di Tivo, ma stavo bene anche nella prima tappa a Torino e quella dopo il riposo di Napoli. Riuscire a stare ogni giorno vicino a Daniel è stato stimolante e ce l’ho messo a tutta per supportarlo al meglio.

Secondi alle spalle di Pogacar: i primi normali. Si può dire così?

Penso che lui per primo e tutta la UAE Emirates abbiano dimostrato di essere di gran lunga i più forti. Ovviamente noi eravamo sempre pronti a ogni passo falso, però loro sono stati molto bravi ogni giorno. E poi Tadej è stato talmente superiore, che se anche qualche volta si è trovato in una posizione critica, non ha avuto bisogno di difendersi perché andava all’attacco.

Ora vengono un po’ di corse per te?

Sì, penso che già lo Slovenia tra un paio di settimane sia una buona opportunità. Quindi non resta che ragionare bene sul Giro, chiudere la pagine e poi cercare di mantenere la condizione fino allo Slovenia e poi all’italiano. Adesso è arrivato il momento di fare qualcosa per Giovanni…

Pogacar ha davvero riunito i tifosi di Pantani? L’idea di Agostini

28.05.2024
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ROMA – L’ultimo giorno del Giro, a margine del delirio in rosa nella zona del bus del UAE Team Emirates, abbiamo sequestrato per qualche minuto Andrea Agostini che nella squadra è cresciuto come dirigente al fianco di Gianetti e Matxin: ciascuno con la sua area di competenza. Andrea lo conosciamo da una vita, da quando era l’ex compagno di squadra di Pantani nei dilettanti e dopo la laurea fu voluto proprio da Marco come addetto alle comunicazioni nella Mercatone Uno. C’era lui la mattina di Campiglio a difendere la posizione, in un battesimo del fuoco di cui chiunque avrebbe fatto a meno. Tanta strada da allora, passando per varie squadre, fino al team di Pogacar con il ruolo Chief Operating Officer. Un incarico che lo vede alle dirette dipendenze dell’amministratore delegato, quindi di Gianetti, con responsabilità di coordinamento e ottimizzazione delle attività della squadra.

Nonostante tutto questo e la definizione altisonante, Agostini è soprattutto un appassionato di ciclismo e nella mattina di Roma ha gli occhi ebbri per la soddisfazione della vittoria. Quando lo intercettiamo ha appena finito di partecipare alla discesa dal pullman dei corridori vestiti di rosa. E anche se della comunicazione di Pogacar si occupa da tre anni Luke Maguire, che ha instaurato con lo sloveno un rapporto di fiducia, il punto di vista di Andrea può arricchire la figura di Tadej di altre sfumature.

Pogacar è arrivato al UAE Team Emirates nel 2019, a 21 anni. Prima corsa il Tour Down Under
Pogacar è arrivato al UAE Team Emirates nel 2019, a 21 anni. Prima corsa il Tour Down Under
Pogacar è arrivato da voi cinque anni fa, quanto è cambiato rispetto al ragazzino di allora?

Guardate, è maturato tanto nella gestione del quotidiano, però i principi sono rimasti quelli. Tadej è sempre il ragazzo della porta accanto e questa da un certo punto di vista è la cosa più facile da gestire. E’ chiaro che deve fare i conti con una pressione che è centuplicata, questo è normale. Quindi, se vogliamo, in certe situazioni è un po’ più schivo, ma per una questione di autoprotezione che aiuta tutte le persone che raggiungono un certo livello di notorietà.

Si è parlato del suo cambio di allenatore, c’è stato forse un momento in cui ha avvertito la necessità di fare il corridore un po’ più sul serio?

L’anno scorso! Al Tour de France si è reso conto che il dettaglio è fondamentale anche per un campione come lui. E’ vero che arrivava da cinque settimane di stop per l’infortunio, però se prima, tra virgolette, gli bastava allenarsi con il sostegno di madre natura, poi ha capito che doveva essere un po’ più maniacale. Il grosso salto l’ha fatto soprattutto nell’alimentazione.

All’inizio del Giro è parso infastidito, poi è venuta fuori la spiegazione dell’allergia. E’ possibile che fosse seccato anche dalle critiche per il suo modo di correre e voler sempre vincere?

No, non era infastidito da quello, assolutamente: ne abbiamo parlato più di una volta. Avere questo malessere generale, che ha colpito mezza squadra, lo ha reso più nervoso del solito. E poi ha dovuto fare i conti con la popolarità in Italia che non si aspettava. E’ il motivo per cui è voluto venire al Giro. Ama tuttora alla follia sentir pronunciare il suo nome dappertutto, ma all’inizio questo lo ha un po’ disorientato. E’ normale, non si aspettava una cosa del genere.

Le fatiche del Tour 2023 hanno convinto Pogacar ad alzare il livello dell’impegno
Le fatiche del Tour 2023 hanno convinto Pogacar ad alzare il livello dell’impegno
Tu invece pensavi che sarebbe accaduto?

Io credevo che lui potesse raccogliere in parte i tifosi di Pantani in Italia, perché è quello che si avvicina un po’ di più come caratteristiche. Gli italiani stanno aspettando da tanti anni un personaggio del genere ed è diventato un po’ il beniamino di tutti, Tadej in questo momento non ha bandiere. Quindi mi aspettavo la popolarità, ma non a questi livelli. Probabilmente il fatto che abbia vinto le sei tappe e il modo in cui l’ha fatto, ha accresciuto a dismisura la sua popolarità.

Hai toccato la nota dolente: Tadej ha sempre rifiutato di parlare di Pantani, dicendo di essere nato nell’anno delle sue grandi vittorie. Gliene hai mai parlato?

No, mai.

Perché? Non è stato bello sentirlo rispondere in modo evasivo sull’ultimo che ha vinto Giro e Tour nello stesso anno…

Lui sa tante cose, Tadej sa tutto. E’ molto più sveglio e informato di quel che noi pensiamo. Sa tantissime cose, sa tantissime cose di me. Io non gli ho mai parlato di Marco semplicemente perché ho un ruolo diverso. Oggi sono dirigente di una squadra e faccio fatica a condividere con gli atleti le cose personali. Non c’è il rapporto di amicizia di quando ero un addetto stampa. Ho sempre pensato che quella parte della storia sia una cosa mia privata, forse perché ne sono un po’ geloso…

Pogacar vince la seconda Liegi, Agostini lo accoglie sul traguardo
Pogacar vince la seconda Liegi, Agostini lo accoglie sul traguardo
A livello di gestione dei media, Luke Maguire è super indaffarato: il Giro ha richiesto un lavoro straordinario?

Al momento è sotto controllo, ma è chiaro che ci stiamo facendo questo tipo di domanda perché la pressione sta aumentando di giorno in giorno. Non solo per la presenza di Tadej, perché anche senza di lui, la squadra sarebbe ugualmente la prima al mondo. Tadej è la ciliegina su una torta ben farcita. Quindi ci stiamo facendo questo tipo di domande e dovremo rinforzare un po’ tutti i reparti, a partire da quello delle comunicazioni.

Anche Agostini è convinto, come Gianetti, che Tadej rimarrà a vita in questa squadra?

Sì, assolutamente.

Daniel Oss e quei giorni al Giro sulla moto di Eurosport

27.05.2024
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Daniel Oss ha seguito parte del Giro da una moto di Eurosport. Ora si trova negli Stai Uniti per partecipare alla Unbound Gravel, gara di altissimo livello per specialisti, ma si capisce che pur a distanza ha continuato a seguire la corsa rosa, lasciata alla vigilia della terza settimana. L’esperienza è andata bene. Le sue osservazioni sono parse puntuali e in un ottimo inglese, figlio di tanti anni in team non italiani. E così incuriositi per le dinamiche del numerosissimo contingente di Eurosport al Giro, ci siamo fatti raccontare questo debutto inatteso.

«Per la Sanremo – racconta Oss – ero stato nella sede di Londra per fare una puntata di The Breakway con Adam Blythe e Orla Chennaoui. E’ un programma in cui prima della corsa fanno una sorta di preview, poi gli highlights e dopo la gara fanno un commento, un po’ come fanno Magrini e Luca Gregorio su Eurosport Italia. La via di mezzo fra un confronto e un battibecco. Per cui ho partecipato ed è stato molto bello. Sono arrivato la sera prima, l’indomani abbiamo fatto tutta la giornata in diretta. E a quel punto Doug Ferguson, il produttore di Eurosport Londra, mi ha chiesto se mi interessasse l’idea di fare qualche giorno con la moto. E io ho detto di sì a pelle, perché sembrava una proposta molto bella. Una bella esperienza da vivere».

Oss si era già dedicato alle interviste al Tour of the Alps, con cui collabora. Qui con Tiberi
Oss si era già dedicato alle interviste al Tour of the Alps, con cui collabora. Qui con Tiberi
Anche perché iniziano a essere parecchi gli ex atleti che si cimentano in questo ruolo…

Infatti mi sono rivisto nell’immagine di Wiggins e dello stesso Blythe. Mi stuzzicava l’idea di essere su una moto dentro la tappa, con il pensiero di viverla e raccontarla offrendo dei piccoli spunti a chi commenta. Per cui ho detto di sì e loro si sono organizzati. Qualche settimana prima del Giro mi hanno contattato e ho confermato, guardando le mie date possibili. Ci stavo dentro bene e non potevo dire di no. Magari a scapito di un allenamento in più o in meno, però era un’esperienza che andava fatta.

Com’è stare in gruppo su due ruote ma senza faticare?

Figo, tutto bellissimo, da insider, però pensavo di vedere di più. Nei miei pensieri prima di cominciare mi vedevo in mezzo al gruppo, però effettivamente ci sono delle dinamiche e delle tempistiche che non immaginavo. C’è chi deve andare avanti, chi va dietro e quindi c’è il tuo momento di vedere l’azione: non ci sei sempre. Anche se, come moto di Eurosport, da giornalista o comunque vogliate chiamare quello che ho fatto, ci sono molte possibilità di vedere bene la corsa da vicino. E’ stato bellissimo.

Loro in bici tu sulla moto, appena un anno dopo…

Soprattutto questo mi ha un po’ spiazzato. Non immaginavo come sarebbe stato vedere i ragazzi far fatica rispetto a me che non la faccio più. Insomma, mi sentivo molto vicino pur essendo molto lontano. Ho riconosciuto la fatica, ma vista da fuori mi ha stupito molto di più. E da fuori è impressionante anche la condotta di gara. La moto dà l’impressione della velocità, dello sforzo che fanno, dell’attendismo, della paura nel muoversi.

Appesa al chiodo la bici da strada, Oss si è dato alla gravel agonistica
Appesa al chiodo la bici da strada, Oss si è dato alla gravel agonistica
In quali situazioni?

La difficoltà nel muoversi in certe circostanze, come può essere il paese o la strada particolarmente ventosa. Tutte queste cose, colte dal mio punto di vista, mi hanno coinvolto parecchio sul piano emotivo. Ho visto per la prima volta da vicino Ganna in una cronometro. Mi ha fatto impazzire, è stato incredibile. E poi anche le volate e le situazioni di vento. Lo sparpagliamento nella tappa di Cento che ha vinto Milan, quando si sono rotti col ventaglio. E io ero lì a vedere in che modo gestivano e superavano le situazioni e questo in un certo senso mi emoziona.

Durante la tappa hai avuto contatti con i corridori oppure la moto sta rigorosamente a distanza?

Le regole sono abbastanza severe. Non si può fare l’intervista ai corridori, si può parlare con le macchine. Tanti corridori li ho salutati, s’è fatta giusto una battuta e ci siamo scambiati un in bocca al lupo. Ad esempio in una tappa sull’Adriatico, Pellizzari non stava bene e lo vedevo che si staccava dal gruppo in pianura. Era tra le macchine, mancava 15-20 chilometri alla fine e io gli dicevo di stare tranquillo. Lui era nervoso, aveva paura di non farcela e io allora gli ho urlato di mollare, che non serviva a niente tenere duro. Meglio recuperare e arrivare, che il giorno dopo sarebbe stato meglio.

Il colpo d’occhio da corridore serve sulla moto?

Il feeling è lo stesso, magari ci vuole un po’ per entrare nei meccanismi e diventare bravi a valutare le situazioni standone fuori. Senti e vedi tutto, però effettivamente senza la spinta di quello che percepisci dalle gambe, è difficile. E’ chiaro che da casa o comunque davanti a una tv capisci molto di più, però dalla moto puoi vedere dei dettagli che da fuori sfuggono.

Con Milan dopo la volata di Cento e un finale da brividi con i ventagli
Con Milan dopo la volata di Cento e un finale da brividi con i ventagli
Come funzionavano le tue giornate?

Sveglia la mattina e circa un’ora prima di partire, si faceva un briefing che partiva dalle indicazioni mandate su whatsapp dalla regia e dalla direzione. Dipende dalla trama della tappa. Se c’è una volata in cui se la giocano Milan e Merlier, si fanno le interviste a entrambi, in modo da poterle usare nei momenti in cui serve. Si realizzano servizi slegati da luoghi e tempi, in modo da poterle inserire quando servono.

Pensi che lo farai ancora?

Spero sia andata bene, che gli sia piaciuto. Devo migliorare, mi piacerebbe fare altre esperienze. Vedo che a loro comunque piace l’entusiasmo, il fatto che si lavori in gruppo. Non è solo una questione di lingua madre, ma anche di quello che si trasmette. Gliel’ho detto, vediamo se mi richiameranno. Intanto domenica si corre. E qua vanno tutti davvero molto forte…

Hai parlato di Ganna, com’è stato invece vedere Pogacar in azione?

Beh, cosa posso dire… abbastanza emozionante! E poi il mio parametro è sempre quando piaci ai bambini, allora hai fatto centro. Ma al di là di questo, tecnicamente mi ricorda tantissimo quando mi emozionavo con Peter (Sagan, ndr). Quando faceva quelle cose che, cavoli, resti proprio a bocca aperta. E non puoi che dire: «Wow, che bomba!». Davvero tanta roba…