Trent’anni di storie, apriamo l’album di “Checco” Villa

08.12.2021
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Fra una cosa e l’altra, con Francesco Villa abbiamo cominciato insieme: anno 1992. Chi vi scrive, col taccuino in mano. Lui, con le chiavi da meccanico alla Gatorade di Bugno. E adesso che l’inverno sta scendendo e che la sua avventura nel ciclismo delle squadre sta per concludersi, una chiacchierata fra… veterani è quello che ci vuole per passare quest’8 dicembre decisamente freddino.

Per chi non lo conoscesse, smessi i panni del meccanico a fine 2002, Francesco è stato autista dei pullman, dal Team Bianchi con Ullrich, alla Quick Step con Bettini, al Team Cervelo di Sastre e Hushovd, alla BMC delle meraviglie, alla Tinkoff di Sagan e Contador e da ultimo alla Dimension Data, poi NTT e ora Qhubeka che, almeno in apparenza, sta lottando per non sparire. Dite che qualcosa da raccontare la troveremo?

Con Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccanici
Con Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccanici
Prima squadra?

Gatorade-Chateau d’Ax nel 1992, con Bugno, Corti e Stanga. Carminati guidava il bus. Ci sono rimasto fino al 1994, poi seguii Gianni alla Mg-Technogym e di lì passai alla Mapei. Sempre come meccanico. Poi ho lavorato alla Quick Step e, a parte un anno con la Vittoria, sono stato sempre con le squadre…

Parlaci di Bugno.

Per noi era un riferimento. Nel 1992 avevo 22 anni, ero suo tifosissimo: lavorare per lui era un sogno. Il capo era Giovanni Tonoli, suo meccanico di fiducia. Fu lui a volermi accanto, perché la tradizione era che i vecchi insegnassero il mestiere ai “bocetti”, ai ragazzini. Non lavoravano bene con altri d’esperienza, perché non avevano tempo né voglia di discutere, ma Tonoli era bravissimo a insegnare. Purtropppo morì nel 1993 per un brutto male, a soli 46 anni, e a quel punto Gianni volle portarmi con sé. Un campione cui eravamo affezionati. C’ero nel 1992 quando fece terzo al Tour e anche quando nel 1994 vinse il Fiandre.

Nell’anno di passaggio fra Team Bmc e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale Vittoria
Nell’anno fra BMC e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale Vittoria
Meccanico e autista del pullman, quali differenze?

Da meccanico entri nel cuore della corsa, sei sull’ammiraglia. Il bus ti dà il contatto più frequente con il corridore. Ci sono momenti in cui stare zitti e quelli in cui dargli coraggio e qualche consiglio, soprattutto ai più giovani. Ma ad esempio le Liegi di Bettini dall’ammiraglia sono indimenticabili.

Storia parallela a quella di Carminati, che abbiamo già raccontato. Cosa ricordi della Mapei?

Era una famiglia. Il dottor Squinzi era presente con il suo appoggio morale, non dava soldi e basta. Quella squadra ha rivoluzionato il ciclismo, anche per l’investimento tecnologico che facemmo con Colnago.

Negli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi diventata Ntt e Qhubeka
Negli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi Ntt e Qhubeka
Eri ancora meccanico, con chi legasti di più?

Molto con Bartoli, ero nell’ammiraglia dietro di lui quando vinse la Freccia Vallone del 1999 sotto la nevicata. Poi Bettini, si vide subito che aveva una gran classe. Paolo, come prima Gianni, devo ringraziarlo perché creò il suo gruppo e pensava prima a noi e poi a se stesso. Parlo di Bramati, Tonti, Zanini, i massaggiatori Cerea e Bignotti, Fausto Oppici come altro meccanico. Ci chiedeva se fossimo a posto e poi andava a firmare il suo contratto.

Iniziasti da autista alla Bianchi, chi ti aveva insegnato a guidare il pullman?

Giacomo Carminati. Mi ha insegnato a guidarlo e ad amarlo, prendermene cura. Mi ha insegnato un mestiere, per questo lo considero come un fratello maggiore.

Cosa ricordi di Ullrich?

Uno dei più grandi corridori che abbia mai incontrato, gradevole come persona. Anche lui, come Bugno, un po’ troppo sfruttato dall’entourage e purtroppo neanche lui aveva grande personalità, come purtroppo si è visto negli anni successivi. Nel 2003 andava fortissimo e gli fecero perdere il Tour dall’ammiraglia. Lui voleva attaccare, soprattutto essendosi accorto che Armstrong non era brillantissimo. Invece continuarono a dirgli di aspettare, così Armstrong tornò forte e vinse anche quella volta.

Alla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto Contador
Alla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto Contador
La Tinkoff di Contador e Sagan?

Una squadra che senza Riis (il danese fu allontanato da Oleg Tinkoff a marzo del 2015, ndr) si capiva non sarebbe durata. C’era il gruppo di Contador, quello di Sagan, gli italiani… Con Alberto legai parecchio. Nel 2016 fu sfortunato, era già in fase discendente, ma sempre una grande persona. Non si fidava di lasciare le scarpe sul pullman, al massimo lo faceva se le chiudevo a chiave in un armadietto. Aveva paura del sabotaggio, molto diffidente. Lasciava avvicinare inizialmente solo il suo meccanico Faustino, io me ne stavo sulle mie. Non sono un adulatore, se hanno bisogno chiedono loro e alla fine diventammo amici.

Riis però l’hai trovato alla Ntt l’anno scorso…

Una persona molto preparata, che non è stata capita. Io ero abituato a Ferretti e Stanga, non mi faceva paura e lavoravo bene, gli altri hanno fatto fatica e infatti non è durata. Al Tour del 2020 venne al bus e mi disse che dal giorno dopo non avrebbe più voluto vedere lattine di Coca e Fanta, perché i corridori erano grassi. Per me era un’osservazione giusta, gli altri non lo capirono.

Che rapporto hai con il pullman?

E’ la mia casa. Devo pulirla, tenerla in ordine. Ne sono molto geloso, discuto con i corridori che non mostrano rispetto. Per fortuna i campioni aiutano, loro sono sempre i più educati. Sastre era un modello, Cavendish se vedeva disordine, sgridava i compagni: «Siamo in una stalla?». Il pullman per un autista è come il camion officina per il meccanico: serve passione per il lavoro, sennò lo trascuri.

Che rapporto hai avuto con Cavendish?

Grandioso, come con Bettini. Alla Dimension Data si stava spegnendo, ha fatto bene ad andare via ed ero certo che sarebbe tornato. Con Lefevere e Bramati alla Deceuninck-Quick Step la sola ricetta è pedalare, conosco quell’ambiente. Sono contento che abbia firmato per un altro anno, anche con la clausola che non farà il Tour. E poi secondo me certe cose le dicono anche per dargli grinta

Hai scelto di mollare, ti dispiace?

Sicuramente mi mancherà tantissimo. Ma abbiamo due bimbe di 11 e 7 anni e a un certo punto sei costretto a fare delle scelte. Non potevo più fare 180 giorni via, in casa c’è bisogno del papà. Mia moglie non mi ha mai ostacolato, ma vedevo che la fatica per gestirle aumentava. Ho fatto per 30 anni la vita che qualunque tifoso di ciclismo sognerebbe, è giusto che adesso lasci spazio ad altri.

Bugno 2019

Bugno taglia corto: «Solo Nibali sa davvero come sta…»

08.06.2021
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Torniamo a parlare di quel famoso caffè al Trofeo Melinda, anno 1992, protagonisti Alfredo Martini da una parte e Gianni Bugno dall’altra. Ripensandoci, l’ex iridato ci tiene a dare una lettura leggermente diversa a un evento che nel tempo si è ammantato di leggenda, sapendo però che è uno spunto per un discorso più ampio: «Quell’anno non vincevo, ma ero stato pur sempre terzo al Delfinato, secondo al Giro di Svizzera, terzo al Tour. Con risultati del genere, oggi ai mondiali ci vai da capitano…».

Che cosa ti disse allora Martini?

Fu una chiacchierata semplice, non mi chiese se volevo andare ai mondiali, perché potevo partecipare indipendentemente come campione uscente, né mi diede un ruolo specifico. Ero un uomo in più, libero di fare la mia corsa. Mi trasmise tranquillità, che era ciò di cui avevo bisogno.

Bugno Mondiali 1992
Bugno ai Mondiali del 1992, seguito dall’austriaco Harald Maier. Gianni vincerà in volata su Jalabert e Konychev
Bugno Mondiali 1992
Bugno ai Mondiali del 1992, seguito dall’austriaco Harald Maier. Gianni vincerà in volata su Jalabert e Konychev
Proiettiamo quella situazione ai giorni nostri, dove c’è un Nibali ancora in bilico se partecipare alle Olimpiadi…

Nibali è una persona intelligente prima ancora che un grandissimo corridore e se sente di poter correre a Tokyo, deve andarci. Nessuno può sindacare come sta andando, i risultati che fa o altro: l’unico che può dire se è in grado di correre è lui stesso.

Cassani sembra restio a convocarlo, visto l’ultimo Giro d’Italia…

Davide è mio amico e lo stimo, ma su questo voglio essere molto chiaro: né lui, né la Federazione, nessuno può dire a un corridore come Nibali che cosa fare, sarà Vincenzo stesso a prendere la decisione più saggia perché sa bene come sta e come starà. Vorrei ricordare a tutti che è partito con un polso rotto da poco, eppure il Giro lo ha finito e sono convinto che la sua condizione sia in crescita, questo è un fattore da non trascurare.

Nibali Cassani 2020
Nibali e Cassani: li rivedremo insieme a Tokyo? Una decisione deve però prescindere da ogni eventuale test
Nibali Cassani 2020
Nibali e Cassani: li rivedremo insieme a Tokyo? Una decisione deve però prescindere da ogni eventuale test
Secondo te che ruolo potrebbe avere?

Partiamo dal presupposto che l’Olimpiade è una corsa strana, con principi che esulano da qualsiasi altra gara ciclistica. Innanzitutto con soli 5 corridori al massimo non la puoi controllare, poi vi partecipano molti corridori che dopo un quarto di gara non trovi più perché non sono neanche professionisti, terzo discorso è che vincono in tre e non uno solo, perché un bronzo ha un valore enorme, superiore a quasi tutte le altre vittorie assolute.

Ok, ma tornando a Nibali?

In una corsa del genere Nibali si attira addosso un uomo di ogni altra nazionale di spicco, resta un riferimento assoluto. Nessuno ha caratteristiche come le sue, in fatto di resistenza ma anche di fantasia, per portare a casa un risultato. Anche strategicamente avrebbe un peso non indifferente.

Nibali Olimpiadi 2016
Vincenzo Nibali a Rio de Janeiro 2016, una gara che si era messa benissimo fino alla rovinosa caduta
Nibali Olimpiadi 2016
Vincenzo Nibali a Rio de Janeiro 2016, una gara che si era messa benissimo fino alla rovinosa caduta
Ti dispiace non aver potuto mai correre le Olimpiadi?

Molto, ma a quei tempi erano ancora i dilettanti a correrle. Nel ’92 ad esempio vinse il compianto Casartelli. Io avrei potuto partecipare nel ’96, ma dissero che non ero adatto a quel percorso di Atlanta, dicevano che era troppo facile quando poi alla fine facile non lo fu ed emersero tre specialisti delle classiche (Richard, Sciandri e Sorensen, ndr) io sono convinto che avrei potuto dire la mia, non nascondo che con Martini ci rimasi un po’ male…

Tempo fa Bettini disse che avrebbe rinunciato a un suo titolo mondiale anche per un solo bronzo olimpico. Tu lo faresti?

Bella domanda… Io le Olimpiadi non le ho mai fatte, non conosco le sensazioni che si vivono in quel contesto così particolare. Diciamo che in cambio potrei dare il bronzo iridato del ’90, va bene lo stesso?…

La borraccia al pubblico e il voltafaccia del Cpa

06.04.2021
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Chi doveva dirglielo a Michael Schar che non sarebbe stata la ripartenza per un salto di catena a metà di un muro a farlo fuori dal Fiandre, bensì il lancio della borraccia verso un gruppo sparuto di tifosi? Ci sarebbe da scherzare dicendo che se quelle persone non fossero uscite di casa, allo svizzero non sarebbe venuta la tentazione, ma si tratta ovviamente di una provocazione. E come Schar, poco dopo è stata fatta fuori dalla corsa anche Letizia Borghesi.

Anche Borghesi (qui al trofeo Binda) espulsa dal Fiandre per lancio della borraccia
Anche Borghesi (qui al trofeo Binda) espulsa dal Fiandre per lancio della borraccia

Sono stati scritti commenti e lettere piene di sentimento, ma è come cercare di intenerire l’agente di Polizia che ti ha pizzicato con il laser: non attacca e non serve. Mentre forse è utile cercar di capire che cosa ci sia a monte dei vari provvedimenti dell’Uci in tema di sicurezza. E come certe decisioni vengano prese (sembrerebbe) in barba agli accordi raggiunti.

Trentin racconta

«Quando si è parlato di queste cose – racconta Trentin, che ha smaltito la rabbia del Fiandreavevamo raggiunto l’accordo con tutte le parti che non fosse giusto gettare le borracce nei posti in cui fosse impossibile raccoglierle. Ma ricordo che dicemmo di sì alla possibilità di darle al pubblico. Invece questi qui si sono riuniti con le rappresentanze nostre e dei gruppi sportivi e hanno votato il divieto di borracce al pubblico, inserendo anche sanzioni così dure. Sono furibondo. E chi c’era non ha detto una sola parola».

Bugno e Salvato, presidenti del Cpa e dellAccpi, l’associazione dei professionisti italiani
Bugno e Salvato, presidenti del Cpa e dell’Accpi

Le tavole della legge

Le informazioni a corridori e gruppi sportivi in merito alle nuove norme sulla sicurezza sono arrivate in un file pdf di 5 slide. Come tavole della legge, con tanto di illustrazioni, come si fa con i bambini dell’asilo con le istruzioni per lavarsi le mani. In ogni caso, il messaggio è chiaro. Si parla delle posizioni bandite in bicicletta e appunto dell’aspetto ecologico dello sport. Con il divieto di lancio di rifiuti e borracce e l’obbligo di servirsi delle aree verdi che gli organizzatori dovranno predisporre. Le borracce si potranno consegnare in mano agli arrivi, fermandosi. E quando la norma è stata votata e con essa il sistema delle sanzioni, come dice Trentin, non c’era nessuno ad opporsi.

C’era il Cpa

Oltre ai tecnici dell’Uci che hanno preso la decisione, a quel tavolo c’era Gianni Bugno, presidente del Cpa, in rappresentanza dei corridori. E’ lui per primo a dire di essere stato convinto dagli argomenti dell’Uci. Ma se sei rappresentante dei corridori e viene votata una norma diversa da quanto si è concordato, è giusto andare avanti?

«Il primo punto riguardava il rispetto per l’ambiente – spiega – e ci è stato confermato che alcuni Comuni in Francia rifiutano il passaggio delle corse, dicendo che il ciclismo è uno sport che inquina. Sappiamo che non è così, ma per non dare adito a certi pretesti, abbiamo approvato che i rifiuti si gettano solo nelle aree verdi. Quando poi si è parlato di dare le borracce al pubblico e hanno previsto l’espulsione, ho votato a favore. Mi hanno convinto con le loro motivazioni. Se il corridore lancia la borraccia e un bimbo per raccoglierla scende dal marciapiede e viene travolto dalla moto di un fotografo? L’espulsione è una sanzione severa, ma è il modo per far perdere le cattive abitudini. La borraccia puoi darla quando ti fermi. Se rallenti e la dai a un bambino, non è lanciarla. So che i corridori sono a favore del dare le borracce ai tifosi e contro il lancio inutile. Le loro obiezioni sono pertinenti, ma non si devono creare situazioni pericolose. Hanno lavorato bene sulla sicurezza, su questo aspetto non c’entrano nulla».

La slide in cui si comunica a team e corridori il divieto di lancio della borraccia
La slide in cui si comunica a team e corridori il divieto di lancio della borraccia

Come rimediare?

In realtà c’entrano, perché ne fanno le spese. E ci sarà da vedere cosa accadrà quando il giudice vedrà un corridore rallentare e porgere la borraccia al bambino di turno. Lo sanzionerà o non valuterà il gentile passaggio come un lancio? E poi è davvero giusta l’espulsione?

«Sulle sanzioni – dice Bugno – cercheremo di intervenire il 14 aprile alla riunione del Ccp, il Consiglio del ciclismo professionistico. I giudici devono applicare le nuove regole che ai corridori sono state inviate. Non è facile nemmeno per la giuria».

Il commento di Trentin giunge lapidario. «Il guaio – dice – è che chi fa le regole non capisce niente di ciclismo. Non è mai successo un incidente come quello di cui hanno parlato, mentre succede spesso che si condividano delle decisioni e poi si faccia il contrario».

Il regno degli italiani, a partire dal “Leone” Magni

03.04.2021
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Per i belgi il Giro delle Fiandre è la corsa più amata, quella che vale una carriera e soprattutto l’amore della propria gente. L’hanno vinta ben 69 volte, i belgi, anche se sono tre anni che la gara sfugge. Dietro, con 11 successi, ci sono Olanda e Italia. Agli italiani il Fiandre ha spesso sorriso, basti pensare che tra la vittoria di Argentin nel ‘90 e di Ballan nel 2007 ci sono ben 14 presenze sul podio, ma i successi azzurri iniziarono ben prima.

Iniziando da Fiorenzo Magni, che resterà sempre il Leone delle Fiandre. Tre successi per lui, unico a fare tris consecutivo dal ‘49 al ‘51 e proprio l’ultima vittoria è quella più leggendaria, fra i belgi inferociti per la lesa maestà, sicuri che in una giornata di tregenda l’italiano sarebbe crollato. Invece tra vento e pioggia Magni ha energie doppie rispetto ai rivali. Se ne va a 70 chilometri dal traguardo e solo il francese Gauthier, secondo a 5’35”, rimane sotto i 10 minuti di distacco. Una lezione amara per i locali.

Lo sprint vincente di Bugno su Museeuw e Tchmil, più indietro Ballerini
Lo sprint vincente di Bugno su Museeuw e Tchmil, più indietro Ballerini

Il Fiandre più inaspettato

Nel 1967 il favoritissimo è Eddy Merckx, agli inizi della sua parabola da Cannibale. Alla Salvarani la punta è Gimondi, ma un esperto stratega come Luciano Pezzi sa che per Merckx va prevista una marcatura speciale, affidata a Dino Zandegù, che in gara non lo molla un secondo, infastidendolo non poco. Alla fine rimangono in tre: Eddy, Dino e il belga Foré. Tutti scommetterebbero su Merckx, invece è Zandegù che attacca, Foré lo segue, Eddy non ne ha più. Ma neanche l’altro, che nemmeno fa la volata e Zandegù sul palco intona “O Sole Mio” per salutare i tanti immigrati italiani presenti.

Bugno, che rischio….

1994, la grande paura di Bugno: si presentano alla volata decisiva in 4, l’ex iridato è in forma, la volata è imperiosa, solo che dura un po’ troppo poco, alza il braccio al cielo quando ancora c’è spazio e il belga Johan Museeuw lo agguanta. Questione di millimetri, per decifrare i quali passano interminabili minuti mentre De Zan in telecronaca affianca al pessimismo una malcelata stizza per il marchiano errore del lombardo. Invece il responso dei giudici gli è favorevole, per fortuna…

Andrea Tafi sul Grammont: quel giorno non ce n’è per nessuno…
Andrea Tafi sul Grammont: quel giorno non ce n’è per nessuno…

Bartoli, la prima Monumento

Due anni dopo è la volta di Michele Bartoli, che si consacra specialista delle classiche vincendo la prima delle sue cinque Monumento (foto di apertura). Sul Kapelmuur si scatena, mette in crisi tutti gli specialisti, Museeuw in testa, scollina con una manciata di secondi che andranno progressivamente aumentando, mostrando una supremazia che sa di grandi capacità di affrontare un percorso così particolare, fra muri e pavé.

Fiandre, sobborghi di Toscana…

Le Fiandre sembrano diventati terra di Toscana… Nel 2002 Andrea Tafi mette il suggello alla sua quindicennale carriera, passata anche per il trionfo a Roubaix cogliendo quel successo che nessuno più si aspettava, alla soglia dei 36 anni, interpretando una corsa sempre d’attacco, facendo faville sul Paterberg e il Taienberg finché sul Kapelmuur rimangono in cinque, compreso il compagno di colori Nardello. Il finale è un tutti contro tutti, ma la stoccata giusta è la sua, a 4 km dalla fine, sfruttando la stanchezza dei rivali.

Una vittoria inattesa, quella di Alberto Bettiol, pronto a ripetersi, influenza permettendo
Una vittoria inattesa, quella di Alberto Bettiol, pronto a ripetersi, influenza permettendo

Bettiol, il più fresco

L’ultimo sigillo è del 2019, firmato Alberto Bettiol, che parte sul Kwaremont per riprendere i due fuggitivi di giornata per poi ritrovarsi solo, senza che da dietro riescano a riprenderlo a dispetto degli attacchi di Van der Poel e Asgreen. E’ la vittoria italiana numero 11 (le altre sono di Bortolami nel 2001 e Ballan nel 2007), ma la serie è ancora aperta, chi vuole aggiungersi?

Bugno saluta il Cpa, ma difende la squadra

18.03.2021
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Con il cappellino nero calato sugli occhiali scuri, i capelli lunghi e la mascherina nera, prima di riconoscere il campione della maglia rosa e delle due iridate, è servito sentirne la voce. Bugno è passato alla Tirreno-Adriatico, assieme al presidente federale Cordiano Dagnoni e quello dell’Accpi Cristian Salvato. E così in un momento di calma prima dell’epilogo della corsa, ricordando il comunicato con cui il Cpa ha annunciato il voto elettronico, abbiamo pensato bene di farci raccontare come vadano le cose nel sindacato mondiale dei corridori che Gianni presiede da 12 anni.

Potente ed elegante, nel 1990 il Giro in rosa dall’inizio alla fine
Potente ed elegante, nel 1990 il Giro in rosa dall’inizio alla fine

«Il voto elettronico – dice Bugno – cambierà tante cose ed è anche giusto. Cambierà il presidente, ma non il Consiglio Direttivo. Io mi faccio da parte, ad ora non intendo più candidarmi, perché penso di aver raggiunto gli obiettivi che mi ero proposto quando ho cominciato. Spero però che la squadra costruita in questi anni rimanga e le singole Associazioni possano ben lavorare per rappresentare i corridori, che non hanno davvero il tempo per occuparsi di persona di tante questioni».

Quali obiettivi pensi di aver raggiunto?

Volevamo portare il Cpa a parlare con l’Uci, perché prima andavano il presidente e il segretario e nessun altro aveva diritto di parola. L’ultima assemblea, quella in cui è passato il voto elettronico, è stata la prima in cui abbia parlato il presidente dell’Uci. Credo che abbiamo lavorato bene sulla sicurezza, sui delegati per ogni Paese, come in Italia c’è Salvato, sul professionismo per le donne e sul Protocollo per le condizioni meteo avverse.

Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Cristian Salvato, presidente dell’Accpi, nel giorno dello sciopero dei corridori a Morbegno
Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Salvato, presidente Accpi, allo sciopero di Morbegno
Per sicurezza intendi il voto sulle strane posizioni in sella?

Aspettiamo il voto degli atleti, ma io sono a favore del divieto di quella posizione pericolosa. Un po’ perché le bici non sono strutturate per reggere il peso del corridore sul tubo orizzontale. E un po’ perché quello che fanno i pro’ viene imitato dai ragazzi ed è meglio evitarlo. Sicurezza però è anche quella dei percorsi e degli arrivi. L’Uci sta seguendo da vicino gli organizzatori che non si sono adeguati al protocollo. Il 2020 è stato un anno difficile, il 2021 sarà lo stesso. Il ciclismo era già più freddo di un tempo, ma adesso il fatto di non poter avere contatti con gli atleti è brutto. Speriamo ci siano belle corse e grandi campioni che vincono, così le cose gireranno per il meglio.

Il Cpa dice qualcosa in merito alle wild card?

In realtà si tratta di una questione che compete agli organizzatori e all’Associazione dei gruppi sportivi. L’anno scorso, per far partire 25 team alla Sanremo, si chiese di avere 6 corridori per squadra, per un totale di 165 corridori e le WorldTour ovviamente si lamentarono. Quest’anno si partirà in 7 per squadra: io sarei per un gruppo di 200, ma l’Uci non vuole. Non credo che il numero dei corridori in gara incida sulla sicurezza.

Che cosa farà Bugno se non si candiderà più?

Nessun ruolo nel ciclismo. Ho deciso da subito che avrei fatto il pilota e ho studiato per quello. Il 26 marzo ho la visita per riavere l’abilitazione e mettere via questo periodo (il 30 aprile 2020, nei giorni in cui pilotava l’elicottero del 118 a Roma, Gianni ebbe un malore in seguito al quale fu ricoverato al San Camilo e in attesa di accertamenti venne messo a terra, ndr). E’ stato pesante, tra il malanno che ho avuto e il Covid. Ma è andata bene. Mi sono goduto le corse e ho avuto la fortuna di fare il Giro con la Rai, che ringrazio. Un’esperienza che mi è piaciuta e mi ha fatto capire che quello del commentatore non è il mio ruolo. Ho provato, ma non lo farò mai più. Ringrazio un tale Max, che in un forum ha scritto: “Bugno, no grazie”. Devo ringraziarlo perché ha confermato la mia sensazione.

Scatto del 2019, Mohoric nella posizione a uovo ora proibita
Scatto del 2019, Mohoric nella posizione a uovo ora proibita
Però da presidente del Cpa, ti sei ritrovato in tivù a parlare dello sciopero di Morbegno.

E’ stata fatta la volontà dei corridori, ma non è stato semplice gestirla. E’ stato organizzato tutto all’ultimo momento, la sera prima si sapeva che volevano fare qualcosa, ma non la modalità. Ne accettiamo le conseguenze. Come presidente avrei dovuto dire qualcosa. Mi prendo la mia parte di responsabilità.

Non vedi l’ora di tornare in elicottero?

Davvero tanto, ma non so dove andrò. Sono stato al Giro e poi al 118. Quel che verrà, lo vedremo poi. E nel frattempo porto avanti il progetto bici con mio figlio Alessio. Ora stiamo lavorando su una bici assistita. E soprattutto è un bel modo di fare le cose insieme.