Diario belga di Consonni, dall’alba al tramonto

29.03.2021
7 min
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«La gente e i giornalisti – dice Consonni – vedono solo quelli davanti. Ma per capire la vera essenza di una Gand-Wevelgem, bisognerebbe mettere la telecamera sugli ultimi. Ai primi sembra tutto facile. Sul computerino nell’ultimo Kemmel, un muro in pavé al 20 per cento dopo 5 ore e mezza di gara con le gambe che urlavano, c’era scritto “corsa interrotta”. Dice così quando la velocità scende sotto i 4 orari. Ma staccarsi ai 90 dall’arrivo e ugualmente tenere duro per arrivare al traguardo, vuol dire cercare di tirare fuori il meglio. Fenomeni si nasce, buoni corridori si diventa».

Per Consonni a colazione anche una fetta con pasta di mandorle
Per Consonni a colazione anche una fetta con pasta di mandorle

Ginocchio okay

Inizia così questo viaggio tecnico a ritroso nella Gand-Wevelgem di Simone Consonni, il cui ginocchio parrebbe aver messo la testa a posto. Il bergamasco è tornato alle corse e a Wevelgem si è piazzato in 62ª posizione.

«Dopo Harelbeke – dice – ero finito. La Gand è stata la quarta corsa dell’anno e lassù siamo nell’elite del ciclismo mondiale. Sono abbastanza soddisfatto per averla finita senza dolore al ginocchio».

Mentre davanti Van Aert e i tre italiani si giocavano la corsa, Consonni pedalava a fatica verso il traguardo. Noi ci siamo fatti raccontare la sua giornata in sella.

La presentazione del Team Cofidis a Ypres e poi di nuovo sul pullman
La presentazione del Team Cofidis a Ypres e poi di nuovo sul pullman

Sveglia e colazione

Se l’hotel è come sempre in zona Oudenaarde, per andare alla partenza da Ypres c’è da fare un bel pezzetto di trasferimento.

A che ora la sveglia?

Prestissimo, non buono per me. Nei giorni prima, ero da solo in hotel e mi svegliavo alle 9. Per le altre corse in Belgio la sveglia di solito è alle 8. Questa volta ha suonato alle 7 e nella notte c’è stato anche il passaggio all’ora legale. Ho anche provato ad andare a letto un po’ prima, ma non sono riuscito a prendere sonno. Una partenza a handicap (ride, ndr).

Colazione in camera come in Belgio in epoca Covid?

No, per fortuna la squadra ha preso tutto un piano dell’hotel e così siamo riusciti a mantenere la bolla, con due stanze adibite a ristorante. Se la colazione è alle 8, io metto la sveglia alle 8 e arrivo a tavola sempre un po’ dopo, per sfruttare il riposo al massimo. Quando sono arrivato, ho visto che qualcuno aveva preso della pasta, ma non ne avevo voglia. Invece ho mangiato yogurt, cereali e miele. Due fette tostate. Una con crema di mandorle, uova e prosciutto. L’altra con la marmellata. Un caffettino e via…

Senza pasta prima di una corsa tanto impegnativa?

Preferisco non ingolfarmi, prevedendo la partenza a tutta. Comunque nel pullman ho mangiato una banana e una barretta di carboidrati, per partire senza essere appesantito. E poi ho dormito per altri 15 minuti.

Che cosa hai fatto arrivato a Ypres?

Ho messo il body e sopra un giubbino pesante. Siamo andati alla firma e alla presentazione della squadra. Poi siamo tornati al bus e abbiamo fatto la riunione. Ho bevuto un altro caffè. Ho fatto il pieno di gel e barrette e 5 minuti prima di partire ho preso un altro caffè: il terzo di giornata.

La Cofidis attinge per i suoi corridori dal catalogo di Named Sport
La Cofidis attinge per i suoi corridori dal catalogo di Named Sport

Bici da strada

Lo avevano detto anche Nizzolo e prima Trentin. Fra le corse del Nord, la Gand è quella che si affronta con la bici più normale. Il Kemmel è l’unico tratto in pavé un po’ lungo, ma ha il fondo così buono da non richiedere accorgimenti speciali.

Bici normale?

Quella da strada, con tubolari da 25 e cerchi più bassi. Da 40 e non da 55. Ruote sulla difensiva, insomma, per prendere meno sventagliate. Visto che il solo pavé era quello del Kemmelberg, le gomme le ho gonfiate a 6 davanti e dietro, mentre ad esempio ad Harelbeke avevo 6,2 davanti e 6,4 al posteriore.

Rapporti?

Classici. 39-54 e 11-29. Sul Kemmel il 29 è servito e se lo avessi avuto, avrei spinto anche il 32. Due borracce e via…

Dopo pochi chilometri, gruppo in pezzi: per Consonni, la temuta partenza a fiamma
Dopo pochi chilometri, gruppo in pezzi: la temuta partenza a fiamma

Rifornimenti smart

Ognuno ha le sue abitudini e come si può vedere Consonni, oltre alla pasta a colazione, non mangia panini. Anche se forse l’eccezione è dovuta al tipo di corsa.

Cosa c’era nelle due borracce?

In entrambe 45-50 grammi di carboidrati. In più avevo in tasca 5 gel e 2 barrette, in modo da integrare ogni ora con 60-80 grammi di carboidrati. Siamo partiti subito a fiamma, poi sono andati via i ventagli. Solo dopo 100 chilometri sono riuscito a mangiare l’unica barretta di tutto il giorno.

Niente panini?

In corse come questa, in cui vai sempre a tutta e non hai il tempo per mangiare, preferisco integrare i carboidrati bevendo e con gel. In una corsa a tappe, quando dopo la prima ora il ritmo scende, il panino ci può anche stare.

Cosa ti è arrivato con il sacchetto del rifornimento?

C’erano due borracce. Non semplice acqua, perché non è ancora così caldo. Erano ancora carboidrati, più un paio di panini che io però ho lasciato, barrette e gel. La mia Gand è stato un continuo reintegrare. Ed è stata una grandissima faticaccia.

Dopo l’arrivo, per Consonni 40 minuti senza mangiare, poi proteine e quinoa preparata dal team
Dopo l’arrivo, 40 minuti senza mangiare, poi proteine e quinoa

Lavoro duro

Se usi le corse del Nord come ripartenza da un periodo di stop, considerando il livello della competizione, devi essere consapevole che dovrai stringere i denti fino a farti male.

Dicevi: una faticaccia…

Basta guardare il cuore. Ad Harelbeke ho corso per 4 ore e alla fine sono venuti fuori 158 battiti medi, il chiaro segno che non sono troppo allenato e lo sapevo. Ieri invece la gamba spingeva, ma non avevo il cambio di ritmo. Ho fatto 150 chilometri a inseguire. I battiti medi si sono abbassati fino a 149 con picchi di 185, da cui si vede bene quanto fossi finito. Sabato infatti ero salito fino a 196, per cui mi sento di dire che abbiamo fatto un bel blocco di lavoro. Sapevamo che avrei fatto fatica e che non avrei avuto la gamba per stare davanti e aiutare la squadra. Ma sono contento di averla finita e di aver lavorato bene. Zitto zitto, la scorsa settimana mi sono sparato 1.000 chilometrini. Il giorno dopo la Nokere Koerse ho fatto 4 ore e poi 3 ore ogni giorno, per completare il lavoro.

Come dire che in un modo o nell’altro la condizione arriverà?

L’idea è quella, anche se si tratta di un’arma a doppio taglio, perché ho fatto davvero tanti fuorigiri. Adesso mi aspettano tre giorni di recupero, continuando a fare gli esercizi per fortificare il ginocchio. Anche lassù comunque avevo i miei elastici e ci ho lavorato.

Recupero attivo

Consonni è arrivato a casa alle 21,30 circa della domenica, con un volo su Linate. Tornerà in Belgio la prossima settimana per Scheldeprijs, il mercoledì tra il Fiandre e la Roubaix sulla quale il mistero resta fitto.

Recupero a casa?

Due giorni senza bici e palestra per lavorare sul ginocchio. Poi sentirò Villa, perché non mi dispiacerebbe fra giovedì e venerdì andare a fare qualche sessione di lavoro in pista.

Quando hai mangiato per l’ultima volta in corsa?

Più o meno mancavano 150 chilometri alla fine. E quando siamo arrivati in fondo, avevo la pancia sottosopra, per i tanti zuccheri che ho buttato dentro. Alla fine sono rimasto in gruppo e ho lasciato che mi portassero all’arrivo. Mi hanno raccontato delle brutte scene mostrate di Bennett che rimetteva. Bè, questo è il Nord per buona parte gli atleti. Bello da guardare, bello anche da vivere, ma diverso da come si immagina.

Anche in Belgio aveva gli elastici per lavorare con il ginocchio
Anche in Belgio aveva gli elastici per lavorare con il ginocchio

Dopo l’arrivo

Da Wevelgem a Bergamo, passando per Bruxelles e Linate. Ricordate il racconto di Moschetti della scorsa settimana? A Consonni è andata meglio.

Hai mangiato qualcosa dopo l’arrivo?

Ho fatto passare almeno 40 minuti, altrimenti ho lo stomaco chiuso e non riesco a far scendere niente. Poi ho mandato giù la classica borraccia di proteine. E poi, andando verso l’aeroporto, il pasto dopo gara preparato dalla squadra. Stavolta c’erano la quinoa con mozzarella, tonno e pomodorini. Infine in aeroporto, con tutti i ristoranti chiusi, ho mangiato un panino con il prosciutto. Il bello è che arrivato in Italia, nonostante la grande fatica e avendo mangiato da corridore, non avevo più fame. Vuol dire che ho lavorato bene e integrato nel modo giusto. Quando le gambe iniziano a funzionare, entri nel loop giusto. Capisci che le cose funzionano.

Nei giorni del male al ginocchio hai parlato del peso.

In effetti un po’ avevo mollato, però dal momento in cui ho potuto riprendere, sono restato concentrato. Adesso sono intorno ai 73,5 mentre al Tour ero 71,5. Per cui va bene.

Prossime corse?

Il mio programma, a causa del ginocchio, arriva a Scheldeprijs per cui dovremo rifarlo anche alla luce dei programmi di Elia (Viviani, ndr). Ho sentito parlare della Valenciana, forse di gare in pista. E’ tutto sul tappeto, non so nemmeno se si farà la Roubaix…

La Gand del belga e dei tre italiani. E Nizzolo rimugina…

28.03.2021
6 min
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Nizzolo sta cominciando a capirlo solo ora. Forse la Gand l’ha buttata, anche se Van Aert magari avrebbe vinto lo stesso. E’ passata quasi un’ora dall’arrivo e Giacomo non ha ancora rivisto la volata, ma a forza di sentirsi dire che forse qualcosa è andata storta, qualche crepa si sta aprendo nella convinzione professata sul traguardo di aver fatto tutto bene.

«L’arrivo era corto – dice – ho corso per tutto il giorno come volevo. La volata l’ho presa così da dietro perché pensavo di non avere gambe per farla in testa. Pensavo di essere stanco e forse farla di rimonta era meglio. Potevo giocarmela meglio, ma ha vinto il più forte. Vorrei che questo fosse chiaro…»

In attesa del podio, ciascuno con i suoi pensieri
In attesa del podio, ciascuno con i suoi pensieri

Rimonta strozzata

Forse il nuovo finale della Gand-Wevelgem con dei chilometri nuovi a causa di un incendio. Oppure il fatto che Van Aert si sia tenuto saggiamente accanto Van Hooydonck, impedendo a chiunque di scattare. Magari davvero il senso di affaticamento per aver risposto agli scatti sul Kemmel e poi a due allunghi di Kung nel finale. Il 55 e le ruote da strada, perché tanto pavé in realtà non c’era. C’era tutto per fare bene, eppure qualcosa non ha girato nel verso giusto. Infatti mentre Van Aert con Trentin e Colbrelli a ruota si lanciavano nello sprint, Nizzolo doveva ancora iniziare la rimonta. Che in un arrivo breve come l’ha descritto benissimo lui, è rimasta soffocata nella gola.

Il gruppo di testa sotto al Menin Gate di Ypres, monumento ai caduti
Il gruppo di testa sotto al Menin Gate di Ypres, monumento ai caduti

Doppio rimpianto

«E proprio la gola – sorride mestamente – continua a darmi fastidio dalla Sanremo, ricordo che ne avevamo già parlato. E diciamo che certi sforzi e il vento freddo del Nord non aiutano a farlo passare. In salita non mi hanno staccato perché si andava troppo forte per fare la differenza. In finale poi Van Hooydonck ha ricevuto l’ordine di tirare fino all’ultimo. Io ho risposto a Kung, che mi è partito da davanti e non volevo lasciarlo andare. La rimonta, già la rimonta. Ero indietro. Mi sono lanciato e ho dovuto smettere di pedalare. Ho girato attorno a uno e poi sono ripartito. Mi resta la consapevolezza che alla fine delle corse lunghe sono ancora veloce, ma sta iniziando a venirmi anche un po’ di rimpianto. Come ho ancora qua sulla gola la Sanremo. Ho vinto bene la volata del gruppo. Quel colpo che ho dato col ginocchio sul manubrio a inizio anno mi ha fatto arrivare alla Classicissima con un po’ di ritardo, ma ora sto bene e guardo con curiosità al Fiandre. L’ho fatto una sola volta da neopro’ con Cancellara, ricordo poco. Starò quassù fino alla Roubaix. Perché a noi dicono che si dovrebbe fare».

Sull’ultimo Kemmel, il forcing di Van Aert. Trentin risponde bene
Sull’ultimo Kemmel, il forcing di Van Aert. Trentin risponde bene

Grazie a Van Hooydonck

Prima Van Aert e poi i tre italiani, da capire se esserne depressi oppure prendere atto che alle spalle del gigante ci fossero soltanto i nostri.

«E’ stato uno sprint velocissimo – dice il belga – abbiamo avuto vento favorevole fin dal Kemmel e siamo stati in grado di gestire bene il finale. Van Hooydonck ha fatto per tutto il giorno un lavoro fantastico, ma nel finale è stato superlativo. Non è stato un giorno semplice. La fuga non era molto numerosa e abbiamo dovuto fare parecchi chilometri tirando ciascuno per la sua parte. Abbiamo avuto sempre il vento di traverso, è stato uno sforzo enorme, ma ne è valsa davvero la pena».

Probabilmente sul Kemmel ha ragionato e ha scelto di non attaccare a fondo, come magari avrebbe fatto Van der Poel. Certe corse si vincono con la testa e non solo con il carattere. Per questo Van Aert è forse superiore all’olandese.

Schermaglie in pianura: Van Aert fa buona guardia
Schermaglie in pianura: Van Aert fa buona guardia

Trentin, quasi perfetto

Ieri Trentin le aveva azzeccate tutte. Ha sbagliato solo il pronostico sulla Trek-Segafredo, perché non poteva sapere che a causa di una doppia positività Covid, la squadra americana non sarebbe partita. Ma quando il discorso si è spostato sullo sprint, contro Van Aert c’è stato poco da fare.

«Ancora terzo come l’anno scorso – dice – un po’ sono deluso, ma non è una vergogna arrivare dietro un così. Diciamo che posso essere contento al 50 per cento. E’ venuta fuori una gara molto dura. Dopo 60-70 chilometri era già tutto spaccato. La prima selezione l’ho fatta io. Volevo dare una ripassata al gruppo, che era tutto compatto. Mi sono girato e avevo tutta la Bike Exchange a ruota. Si è formato un bel gruppo, nessuno ha fatto il furbo. E poi il Kemmel ha dato le scremate successive. Cosa vuol dire in prospettiva del Fiandre? Tutto e niente. Non si possono paragonare le due corse. Il Fiandre ha più salite e più pavé e spero di vincerlo. Così quando domenica parleremo della settimana trascorsa, potremo dire che il terzo alla Gand era il segnale della condizione».

Van Avermaet è rimasto fuori dai primi ed ha inseguito per tutto il giorno
Van Avermaet è rimasto fuori dai primi ed ha inseguito per tutto il giorno

I dubbi di Colbrelli

Alla fine c’è Colbrelli, che il podio l’ha perso negli ultimi 30 metri e un po’ gli scoccia. La voce sempre venir fuori da un pozzo, sfinita e cupa. Sono andati forte per tutto il giorno e nel bilancio della stagione di Sonny c’è la scelta di non correre fino alla Sanremo, provando un modo di fare che probabilmente non ha dato frutti.

«Ma questo qua è un fenomeno – dice Colbrelli, riferendosi a Van Aert – e il compagno l’ha aiutato perché ha impedito gli scatti. Senza di lui magari vinceva ugualmente, ma gli toccava chiudere tutti i buchi. E in salita non ci ha staccato. La volata? Riguardandola, magari ho sbagliato a uscire dalla sua scia. Invece di pensare a passarlo, dovevo restare lì e magari mi portava lui sul podio, visto che Trentin mi ha passato con le ultime tre pedalate. Mi manca ancora qualcosa, perché non ho corso tanto. Abbiamo provato questa preparazione, era giusto farlo, ma non ho esplosività e facilità nei rilanci. E’ stato un buon test per domenica, anche se al Fiandre torneranno in ballo Van der Poel, Alaphilippe e altri. Comunque le corse quassù sono tutte diverse. Ad Harelbeke la Deceuninck sembrava imbattibile, oggi si sono squagliati. Se cambiava qualcosa senza il malanno di Bennett? Probabilmente sì. Ero accanto a lui quando ha rimesso, per poco non prendeva anche me. Non credevo ai miei occhi. L’ho guardato e mi sono detto: che cosa sta facendo questo qua?».

Trentin, la dannata foratura e la voglia di rivincita

27.03.2021
5 min
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«Quanto ha inciso la foratura nella corsa di eri?», Trentin sorride amaro. «Ha inciso tutto. Ho forato ai piedi della salita, non in cima. Ed è successo tutto in quel tempo che mi è servito per mettere a posto la bici e rientrare. Li ho ripresi, ma ho speso tanto. Il numero l’ho fatto nella parte sbagliata, da dietro, mentre davanti si scattavano sul muso».

Vigilia della Gand-Wevelgem. Nell’hotel di Oudenaarde, il Uae Team Emirates affila le armi per una corsa che sulla carta dovrebbe essere più adatta rispetto al Gp E3 Saxo Bank che ha visto la vittoria di Kasper Asgreen. Ma quello che si è visto ieri è stata soprattutto la vulnerabilità dei due giganti Van der Poel e Van Aert.

«Ce lo siamo detti anche la mattina della Sanremo – ricorda Trentin – sono umani anche loro e in queste ultime corse hanno dimostrato di essere meno incisivi di quello che ci aspettavamo. Ieri è stata una bella corsa, che la Deceuninck-Quick Step ha dominato a livello tattico».

L’arrivo di Baldato ha portato un riferimento in più per il Nord
L’arrivo di Baldato ha portato un riferimento in più per il Nord
Meno incisivi di quanto si pensava significa che potrebbero essere in calo di condizione?

Non lo so. Sento gente chiedersi come facciano a reggere dopo il ciclocross, potrebbe essere. Ma basterà aspettare per vederlo.

Tu come stai?

Bene, ci arrivo con la gamba che volevo. Ieri c’è stato un attacco di undici e alla fine siamo rimasti davanti soltanto Matthews, che è caduto, e io. Rientrare dopo la foratura è stato una bella sfaticata. Col livello che c’è adesso, non puoi sbagliare più niente.

Come va con Baldato in ammiraglia?

Abbiamo corso bene, considerando anche che ci sono tanti corridori giovani come Bjerg e Oliveira che sono qui per capire quale sia il loro posto nel mondo. E sono rimasti a bocca aperta vedendo quanto si va forte. Van der Poel e Van Aert sono quelli che saltano di più all’occhio, ma vanno tutti fortissimo.

Bjerg e Oliveira: in effetti sei ormai uno degli anziani della squadra…

Uno dei più esperti, anziano non mi piace. Nel team c’è un bel gruppo di corridorini, molto giovani, cui manca l’esperienza. Conoscere le strade qui fa la differenza. Anche il modo di correre è molto aggressivo. Sei davanti, ti distrai un attimo e ti scappa la corsa. Ieri chi ha sprecato energie è rimasto davanti, gli altri sono arrivati con calma…

Ad Harelbeke una foratura lo ha tolto dai giochi nel momento meno indicato
Ad Harelbeke una foratura lo ha tolto dai giochi nel momento meno indicato
Li hai accompagnati a fare ricognizioni?

Io non ho avuto il tempo, viste le corse e i viaggi. Loro qualcosa sono andati a vedere. Ricordo quando passai alla Quick Step, in queste corse ero l’unico corridore giovane in un gruppo solido ed esperto. Adesso, a parte Kristoff e il sottoscritto, c’è giusto Bystrom che è un po’ esperto, ma gli altri sono tutti alle prime armi. Ci vorrà tempo, ma arriveranno.

Come va con Kristoff, che è stato per anni un rivale?

Abbiamo un bel rapporto, è un tipo alla mano. Ieri abbiamo provato a correre con la testa, io davanti e lui dietro a giocare di rimessa. E se non gli avessero sfasciato una ruota e io non avessi avuto quella foratura, magari si faceva meglio del mio 8° posto. Nella prima parte delle classiche abbiamo lavorato bene.

Domani come sarà?

Bisognerà stare davanti. Domani c’è una sola tattica: menare. Il tempo sarà buono, ma con tanto vento.

Un altro giorno per la Deceuninck?

Per loro, ma anche per la Trek-Segafredo, che in queste situazioni è a suo agio con quei… bersaglieri. E noi dovremo stare davanti, non ci sarà il tempo per giocare di rimessa. Se giochi di rimessa, porta un paio di barrette in più, che arrivare all’hotel sarà lunga…

Ruote normali e il 54 sempre in tiro?

Ruote normali e neanche i tubolari da pavé, perché a parte il Kemmel e un paio di strappi, il pavé non c’è neanche. E il 54 in queste corse ormai si fa fatica a levarlo. Ieri abbiamo fatto la prima ora a 47 di media, con il 53 avrei girato a vuoto. Alla Gand si toglierà il 54 a dir tanto tre volte, per fare il Kemmel.

Alla Gand del 2018, con Bettiol e Viviani, che arriverà secondo dietro Sagan
Alla Gand del 2018, con Bettiol e Viviani, che arriverà secondo dietro Sagan
Ti sei fatto un’idea della situazione di Viviani, che ha lasciato il Belgio per correre in Francia?

Bisognerebbe chiederlo a lui. E’ sempre più difficile fare il velocista in questo ciclismo così veloce. Avere un treno come la Deceuninck fa una differenza non banale, in più la Gand non si può certo definire una classica per velocisti. L’anno scorso dal vento che c’era, finimmo con un corridore per cantone. E domani vedrete che sarà lo stesso.

Resti su fino al Fiandre?

Sì e per la prima volta correrò anche a Waregem. Si sta quassù come una volta, ma una volta almeno potevi farti il giro e fermarti a prendere un caffè. Adesso invece è tutto chiuso, quassù non è come in Italia o in Francia, dove almeno prendi il caffè e lo bevi seduto sulla canna della bicicletta. Che non è il massimo, ma è sempre un modo per staccare. Siamo rinchiusi in hotel, un hotel solo per noi. Abbiamo il nostro cuoco. Ci alleniamo e aspettiamo la prossima corsa…

Cipollini, ci racconti le tue Gand-Wevelgem?

27.03.2021
4 min
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Le vittorie di Mario Cipollini non sono mai state comuni, come comune non può essere considerato lui. 189 nella sua lunga carriera e fra queste ben 3 Gand-Wevelgem, nel 1992, 1993 e 2002. Ognuna con una sua storia, ognuna piantata nella sua memoria.

Una classica per velocisti? La prova belga è sempre stata considerata uno dei pochi appuntamenti di spicco delle corse d’un giorno adatta per gli sprinter, ma il lucchese, oggi costruttore di bici, si è sempre ribellato a questa identificazione: «Casomai è il contrario, quando correvo io erano 285 chilometri affrontando il Kemmel per 3 volte. Se non tenevi in salita, la Gand non la vincevi di certo, era più dura della Strade Bianche, ve l’assicuro…».

Ancora oggi, a 55 anni, il Re Leone fa uscite di 6 ore per 4.000 metri di dislivello
Ancora oggi, a 55 anni, il Re Leone fa uscite di 6 ore per 4.000 metri di dislivello

La gara di… allenamento

E’ cambiata molto rispetto ad allora?

Diciamo che è cambiato il ciclismo, sono cambiati i corridori, anche strutturalmente, tanto è vero che quando passai professionista io eravamo in 7, ora sono vere orde di neoprofessionisti e non credo che tutti siano pronti. Ma tornando alla gara molto influiva la sua collocazione…

In che maniera?

Allora la Gand-Wevelgem era al mercoledì di mezzo tra il Fiandre e la Roubaix, il che significa che quasi tutti la consideravano il mega-allenamento in vista della gara del pavé. Per questo c’erano davvero tutti, aveva un’importanza maggiore.

Quel demone di Abdu…

Proviamo a rivivere le tue vittorie, partendo dal 1992 (foto di paertura)…

Non mi è mai andato giù il fatto di aver vinto a tavolino, dopo la squalifica di Abdujaparov che mi aveva tirato per la maglia. Per fortuna c’era la giuria… Già l’anno prima aveva scartato davanti a me, quando avevo già preso una gomitata da Vanderaerden. Ma il sapore della vittoria sul traguardo è diverso.

Dovesti aspettare un anno…

Un successo netto, ma era quello il primo anno in cui Lefevere stava gettando le radici di quella che oggi è la Deceuninck. Uno squadrone, basti pensare che a tirarmi la volata avevo Ballerini, Tchmil e Museeuw. Ne venne fuori uno sprint da cineteca.

La volata vincente del 1993, su Vanderaerden e Abdujaparov
La volata vincente del 1993, su Vanderaerden e Abdujaparov

Ecco Cipollini in fuga

La vittoria del 2002 fu molto diversa…

Fu una corsa interpretata in modo differente. Erano in fuga in 4 e sapevo che non li prendevamo più se non mi muovevo, eravamo dopo il Kemmel e non avevo compagni di squadra. Andai all’attacco per riagganciarli, c’erano il campione uscente Hincapie e Rodriguez, in volata non fu difficile contenerli.

Quell’anno iniziato con la vittoria alla Sanremo culminò con il titolo mondiale: fu il tuo migliore?

Certamente, avevo 36 anni, ero nel pieno della maturazione e decisi di cambiare squadra, ma andando all’Acqua & Sapone dissi a Santoni che volevo avere carta bianca su tutto e i fatti mi diedero ragione.

Mario Cipollini 2002
Nel 2002 per Cipollini vittoria diversa. Va in fuga e vince la volata ristretta
Mario Cipollini 2002
Nel 2002 per Cipollini vittoria diversa. Va in fuga e vince la volata ristretta

L’esperienza dei “vecchi”

E’ possibile nel ciclismo attuale fare lo stesso, avere il culmine della propria parabola a 36 anni?

Chi può dirlo? Io credo che dipenda molto dalla passione che uno ha. Io ebbi la fortuna di avere come Ds nel ’92 un certo Roger De Vlaeminck che m’insegnò la cultura del sacrificio. A proposito della Gand-Wevelgem lo volete sapere un episodio?

Dicci…

Lui correva la Gand sempre per preparare la Roubaix: un anno disputò la gara di 280 km e subito dopo si sorbì altri 120 km dietro moto. Se ascolti i campioni sei invogliato a fare di più. Oggi invece sembra che tutti sappiano già tutto, io invece andrei a rivedere le tabelle dei corridori di tempi neanche troppo lontani.

In viaggio con Velo nell’inferno del Kemmel

02.03.2021
5 min
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La memoria dei ciclisti è come quella degli elefanti o poco ci manca. Ce ne siamo accorti con Paolo Fornaciari parlando della discesa del Kemmel. Certi paesaggi o alcune strade non si dimenticano facilmente. Specialmente se corri una classica in Belgio e cadi sul pavè. A Marco Velo bastano questi ultimi due elementi per iniziare a raccontare un episodio del 2007. E’ lui il corridore nella foto di apertura…

Marco Velo oggi collabora con Davide Cassani e con Rcs Sport: qui con Allocchio
Velo con Allocchio al Giro d’Italia

Kemmelberg

Il punto chiave della Gand-Wevelgem è il Kemmelberg – la “montagna” più alta delle Fiandre Occidentali con i suoi 156 metri sul livello del mare – e la sua discesa iniziale in porfido è un piano inclinato con punte al 22%. Le borracce cadono dalle bici e diventano palline impazzite simili a quelle di un flipper che colpiscono i corridori oppure perdono acqua e le pietre diventano scivolose. L’abilità è cercare di restare in piedi. 

Quella edizione – era l’11 aprile di quattordici anni fa, 203 chilometri di gara e si disputava ancora di mercoledì tra Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix – è famosa per una serie di cadute incredibili: 65 ritiri, 13 feriti, di cui 9 ricoverati.

Nel 2004 con la pioggia altre cadute: guardate Balducci
La discesa del Kemmel è sempre stata pericolosa: nel 2004 con l’acqua altre cadute, riconoscete Balducci?

Casper e Velo

Il primo corridore che paga un dazio salato è il francese Jimmy Casper che nella prima discesa dal Kemmel si rompe il setto nasale, gli saltano un po’ di denti riportando una commozione cerebrale. Ma anche a Velo non va molto meglio. Il bresciano della Milram, durante la seconda ed ultima discesa dal totem fiammingo (-36 chilometri dalla fine), rovina a terra a causa di una borraccia. Cade anche il suo compagno Fabio Sacchi (botta al femore) mentre il suo capitano Alessandro Petacchi invece, pur restando in piedi, rompe la bici dovendo abbandonare così la corsa (le ammiraglie in quel tratto non potevano transitare) e con essa le speranze di vittoria che andrà a Burghardt della T-Mobile.

Petacchi resta indietro impaurito dalla caduta di Velo sul Kemmel, rompe la bici e si ritira
Petacchi rompe la bici dopo il Kemmel e si ritira
Marco facciamo un flashback, che istanti sono stati quelli?

Mi andò via la ruota davanti, fu una grande caduta e pensate che quella di Casper del giro prima non l’avevo nemmeno notata nel caos più totale. Lì per lì, malgrado i dolori, pensavo di non essermi fatto nulla, non mi rendevo conto delle botte. Ma nel momento in cui ho provato a piegare il ginocchio destro per rimettermi in piedi, ho sentito un click che mi ha un po’ preoccupato. Ho immaginato qualcosa di serio alla rotula, però c’era anche la clavicola destra fratturata e due costole rotte che mi avevano perforato un polmone. Ho avuto subito pensieri di ogni tipo, tutti negativi. Ho capito che avrei dovuto saltare il Giro d’Italia e buona parte della stagione. Fui portato via in ambulanza all’ospedale di Gand, dove rimasi per tre giorni prima di tornare in Italia, sempre in ambulanza, poiché non potevo volare per il danno al polmone.

Era un periodo importante per la vostra stagione.

Esatto, ma poco fortunato. La settimana prima al Fiandre era caduto Zabel, mentre in quella Gand-Wevelgem ci stavamo organizzando per andare a ricucire sulla fuga (erano fuori in tre da molti chilometri con un vantaggio di 1’30” in diminuzione, ndr) per portare Petacchi a giocarsi lo sprint. Si facevano un po’ di prove generali in vista delle volate della corsa rosa.

Sul Kemmel, Jimmy Casper va giù di faccia. A destra, in fondo, ecco Fornaciari
Jimmy Casper va giù di faccia
Al rientro in Italia hai dovuto affrontare una lunga riabilitazione?

Prima di partire dal Belgio avevo avuto il supporto della squadra e di alcuni ex compagni che mi erano venuti a trovare in ospedale, facendomi forza e tirandomi su di morale. E’ stato importante avere quel genere di aiuto perché mi è servito per metabolizzare meglio la caduta. Il polmone si sistemò a fine aprile, nel frattempo avevo subito l’intervento al ginocchio in cui mi tolsero circa 8 centimetri di cartilagine. Rimasi a letto per quaranta giorni, facendo solo terapia al ginocchio, che mi provocava un dolore immenso. La fisioterapia in quei tre mesi abbondanti è stata fondamentale, non ho mai saltato un giorno. Facevo lavori in piscina e in pratica sono passato dalle stampelle alla bici.

Quando rientrasti in gruppo?

A fine luglio disputai il Brixia Tour e poi a settembre la Vuelta, in cui andai molto forte aiutando Petacchi e Zabel. Non male, considerando che il medico dopo l’operazione mi aveva detto che sarei tornato in bici molto dopo e con problemi futuri al ginocchio.

Sul Kemmel cade anche Wilfried Crestkens: quel giorno sarà un’ecatombe
Cade anche Wilfried Crestkens: quel giorno sarà un’ecatombe
Marco, a distanza di anni, sei anche direttore e regolatore di corsa per Rcs Sport. Con quale punto di vista guardi adesso quella caduta?

Quel giorno io non potevo fare diversamente, ma va detto che dopo le nostre cadute, quel versante in discesa del Kemmel venne tolto. Gli organizzatori optarono per aggirare quei 350 metri terribili di pavé prendendo un’altra strada in asfalto un po’ meno pericolosa. Adesso sono cambiati anche i materiali, all’epoca non c’erano i freni a disco e usavamo copertoni da 23 millimetri, mentre gli attuali da 28 o addirittura 30 ti danno più controllo. Però devo dire, ora che sono dall’altra parte della barricata e con la moto sono nel cuore della corsa, che è sempre difficile domare i corridori.

E quindi?

Quindi, per quanto riguarda le gare Rcs, c’è una attenzione maniacale nel cercare di mettere il ciclista nelle migliori condizioni di sicurezza. Ma io vorrei che i corridori fossero più formati, magari grazie a dei corsi proposti dall’Uci, con la partecipazione di driver, regolatori e organizzatori per cercare di portare al minimo il margine di pericolosità di certe situazioni.