Non integrare nel modo corretto quando si pedalaal chiuso è un grande errore. Lo è quando ci si allena sui rulli e quando per le gare in pista si resta in ballo per ore. Chi si allena tutti i giorni, con la bici in esterno oppure con le diverse possibilità del ciclismo indoor, deve avere energie (buone) sempre a disposizione.
Abbiamo affrontato l’argomento con Francesca Selva, sempre sul pezzo quando si trattano approfondimenti tecnici. La vita delle gare in velodromo, ma anche tante sedute di rulli per i training specifici e di qualità, soprattutto quando si trasferisce in Danimarca dal compagno Oskar Winkler, senza mai dimenticare le sessioni in palestra.
Il carburante non deve mai mancare. Francesca utilizza integratori Nduranz (foto Selva)Il carburante non deve mai mancare. Francesca utilizza integratori Nduranz (foto Selva)
Sui rulli, quando e quanto?
Li faccio molto spesso ed ormai ricoprono quasi il 90% dell’attività di training. Sono un alleato perfetto per combattere il freddo, il brutto tempo, ma soprattutto per gli allenamenti specifici dove è fondamentale limitare il più possibile le variabili dell’ambiente esterno. L’allenamento sui rulli inoltre, è ottimale con la bici classica e anche quella da pista. Tendenzialmente con la bici tradizionale uso dei rulli smart, in pista e con la bici dedicata quelli liberi, senza elettronica.
Ti è mai capitato di fare una seduta indoor endurance?
Sì, anche oltre le 3 ore e mezza, in Z2, simulando una distanza con andatura tranquilla. Configurazione virtual, una serie televisiva e tanta dedizione, il gioco è fatto.
Quando si spinge anche sui rulli, l’acqua da sola non basta (foto Selva)Quando si spinge anche sui rulli, l’acqua da sola non basta (foto Selva)
Integrazione anche per l’attività indoor e pista, sì oppure no?
Assolutamente sì, sempre. L’integrazione di qualità è un sostegno, soprattutto quando l’attività indoor prevede sedute specifiche, magari con intensità elevate, quando è combinato alla palestra e quando è un allenamento continuativo. Quando ci si allena tutti i giorni non bisogna mai andare in deficit di energia. Avere del carburante a disposizione da assumere nelle giornate di velodromo, magari tra una gara e la successiva, tra una seduta e l’altra, permette di non restare a secco di energie.
Nella borraccia solo acqua oppure anche un integratore?
Partiamo dal presupposto che nella borraccia metto sempre qualcosa, non fosse altro per una questione di gusto. Poi calibro il quantitativo in base alle esigenze, all’allenamento e se faccio un lungo in esterno porto una seconda borraccia con acqua.
Ai bordi della pista integratori di energia sempre a portata di manoAi bordi della pista integratori di energia sempre a portata di mano
Ci puoi dare qualche riferimento?
Per me il prodotto di riferimento è l’Nduranz NRGY Drink in polvere solubile, quello al gusto pesca è anche ghiotto. Tengo con me sempre la borraccia da litro, che indicativamente copre le mie esigenze per due ore. Per un allenamento tranquillo tengo come riferimento 45 grammi di carboidrati diluiti nella borraccia, man mano a salire, 60, 100 grammi e poco oltre. Come detto in precedenza, dipende dall’intensità e dalla durata. Quando ti alleni tutti i giorni, Acqua e sali non bastano, i carboidrati sono il carburante che non deve mancare, anche quando si parla di rulli.
Anche durante le sessioni di palestra?
Quasi mai, ma a volte capita, dipende da quello che c’è da fare dopo la palestra. Generalmente è uno strumento di riattivazione muscolare, di ripresa della forza e non di rado mi piace farla anche a digiuno, prima di fare colazione.
Il “borraccione” capiente da litro, indoor e anche outdoorIl “borraccione” capiente da litro, indoor e anche outdoor
Problemi intestinali legati all’eccesso di carboidrati?
Per fortuna mai avuti. Oltre a quella che può essere una predisposizione, credo che gli integratori che utilizzo sono di ottima qualità e ben equilibrati nelle proporzioni, non sbilanciati. Aggiungo inoltre, io non bevo caffè nella vita quotidiana e questo ai fini di una corretta assimilazione può dare dei vantaggi.
Integrazione con gel, liquidi o solidi?
Vedo il supplemento in gel o con la soluzione liquida maggiormente pratica e pronta, adeguata a chi ha sempre necessità nell’avere calorie da bruciare subito disponibili. L’integrazione solida quando si fanno tante ore consecutive in bici e si ha bisogno anche di gratificazione, oltre alle energie. In questo ambito credo sia da rispettare anche una certa soggettività di interpretazione. Aggiungo però, durante le giornate intere passate in velodromo, ovviamente l’integrazione solida gioca un ruolo importante.
L’integratore solido durante le uscite più lunghe, anche per gratificare e cambiare gusto (foto Selva)Le barrette gommose quasi al pari di gel e integrazione liquida (foto Selva)L’integratore solido durante le uscite più lunghe, anche per gratificare e cambiare gusto (foto Selva)Le barrette gommose quasi al pari di gel e integrazione liquida (foto Selva)
Prima e dopo l’allenamento?
Se ho la possibilità preferisco un pasto classico e un recupero con i cibi tradizionali, ma ci sono delle eccezioni. Ad esempio quando siamo a gareggiare in pista e siamo in ballo per 5/6 ore e oltre ed è complicato accedere alla mensa. In quei casi è importante avere sempre carboidrati al proprio fianco e magari utilizzare degli integratori specifici per il recupero nell’immediato post gara. Mi viene in mente Nduranz Regen, che oltre ai carboidrati ha anche una giusta quantità di proteine.
Iniziano a girare in rete le prime immagini e video spoiler (anche noi di bici.PRO abbiamo pubblicato qualcosa in merito) relativi ad un nuovo sistema pedale sviluppato da SRM.
Siamo certi che il nuovo pedale, o sistema, è stato fornito fornito ad alcuni atleti per avere i primi feedback di utilizzo reale e di messa alla frusta. Non abbiamo notizie di chi potrebbe usare i pedali SRM su strada, ma in pista è il danese Oskar Winkler (compagno della nostra Francesca Selva) a fare da tester. E proprio a lui abbiamo chiesto di raccontarci i primi feedback e sensazioni.
Oskar Winkler durante la London3 (foto Selva)Oskar Winkler durante la London3 (foto Selva)
Quando hai iniziato ad usare i pedali SRM?
Mi hanno fornito i pedali circa due mesi fa. Da quel momento ho cercato di combinare il più possibile l’attività in pista e quella su strada, usando lo stesso pedale per entrambe le attività.
Cosa ci puoi raccontare dei nuovi pedali?
Hanno un corpo tutto in alluminio. La base di appoggio è molto ampia, la più larga che visto fino ad oggi e la sezione relativa all’aggancio e leggermente spostata verso il retro, paragonandola ai sistemi conosciuti oggi. La tacchetta è differente, ha due fori, uno anteriore e uno posteriore ed è sottilissima nella sezione centrale. Per avvitare le tacchette alle scarpe è stato necessario adattare la stessa suola.
Si nota il corpo allungato verso il retro (foto Selva)Si nota il corpo allungato verso il retro (foto Selva)
Nulla a che vedere con il sistema SpeedPlay?
Assolutamente no. Come dicevo i fori della tacchetta sono due in totale, davanti e dietro. In questo caso è possibile montarli su una scarpa con i tre fori standard, ai quali però è necessario aggiungerne un quarto. Noi lo abbiamo fatto in modo un po’ artigianale, ma prendendo dei riferimenti corretti per lavorare nel modo giusto.
In sostanza avete forato la suola con i tre fori tradizionali?
Esatto. Direi che SRM starà lavorando anche per sviluppare suole dedicate in modo specifico.
Grande differenza tra una tacchetta Shimano e quella SRM (foto Selva)Grande differenza tra una tacchetta Shimano e quella SRM (foto Selva)
Prima di SRM che sistema pedali usavi?
Pedali con piattaforma Shimano, combinando le tacchette blu e rosse. Con le tacchette SRM attuali ho una libertà angolare di 1,2°.
Passando a SRM sei stato obbligato a rifare la posizione in sella?
Mi sono abbassato di 1 centimetro e ho dovuto abbassare anche lo stem togliendo 1 centimetro agli spessori. Ho lasciato invariato l’arretramento sella.
Nuovo pedale (nero), rispetto al modello precedente che era rosso (foto Selva)Nuovo pedale (nero), rispetto al modello precedente che era rosso (foto Selva)
Hai cambiato la lunghezza delle pedivelle?
No, uso le 165 in pista e su strada già da tempo.
In merito alle sensazioni?
Una maggiore connessione al pedale, più forza nella pedalata ed anche un maggiore sfruttamento della parte centrale del pedale. La stessa sensazione di essere super centrato è riferita a tutto il gesto di rotazione della pedalata, pienezza nella spinta e zero spazi vuoti. Non in ultima una sensazione di una rigidità più elevata rispetto al passato.
La bici usata da Winkler durante la London3. Ci sono i nuovi pedali SRM (foto Winkler)La bici usata da Winkler durante la London3. Ci sono i nuovi pedali SRM (foto Winkler)
Sei riuscito ad avvalorare le tue sensazioni con dati ed analisi?
Non ancora, o diciamo solo in parte. Ho notato che riesco ad essere più veloce con i medesimi watt erogati e riesco a sfruttare un migliore coefficiente aerodinamico,fattore legato anche all’abbassamento di sella e manubrio.
BePink, parola alle velociste. Lara Crestanello e Valentina Basilico sono le due giovanissime frecce che promettono di centrare gli obiettivi prefissati.
Avevamo lasciato Francesca Selva in partenza per il Wisconsin, dopo la serie di circuiti in Texas in cui aveva rotto il ghiaccio con il ciclismo americano. Ricordate il racconto dell’atleta padovana che quest’anno ha deciso di passare l’estate a correre negli USA? Qualche giorno fa ci ha mandato una foto dal velodromo olimpico di Los Angeles ed è stato chiaro che il suo diario americano andasse aggiornato. Per questo ci siamo sentiti nuovamente, tenendo conto del suo essere indietro di 9 ore, e il racconto ancora una volta è stato ricco di dettagli e adrenalina.
In questa pista (molto veloce) si assegneranno le medaglie olimpiche di Los Angeles 2028Il velodromo di Los Angeles si trova in una cittadella dello sport: ecco il cartello che lo identificaIn pista a Los Angeles: Francesca e accanto Anita Stenberg, norvegeseIn questa pista (molto veloce) si assegneranno le medaglie olimpiche di Los Angeles 2028Il velodromo di Los Angeles si trova in una cittadella dello sport: ecco il cartello che lo identificaIn pista a Los Angeles: Francesca e accanto Anita Stenberg, norvegese
Era nei programmi di andare a girare in pista in California oppure è venuto fuori in corso d’opera?
In corso d’opera (sorride, ndr). La squadra per cui corro ha il mio stesso sponsor di bici, per cui ci siamo detti che se ci fosse stata l’opportunità, avrei potuto prendere una loro bici e usarla. Ho portato sella e manubrio per questo, però non era nei programmi. Diciamo che nel mio calendario c’era tutto e niente, avrei visto strada facendo. Ed è venuta fuori l’occasione di fare tre gare in pista.
Di che gare si tratta?
C’è un bel calendario, sono gare UCI classe 2 e io ne ho fatte tre. Mercoledì scorso, sabato e poi oggi. Ho sempre detto che stavo andando in America per correre, ma se posso vedere anche qualcosa di diverso, perché no? Diciamo che venire a Los Angeles è servito anche a questo. Poi visto che si tratta di un velodromo olimpico, ho accettato a maggior ragione.
C’è una bella partecipazione?
In realtà il livello è molto più alto di quanto mi aspettassi. C’è ad esempio anche Anita Stenberg, che è leader del ranking mondiale. E poi ci sono principalmente americane, messicane, colombiane. C’è anche qualche velocista tedesco, quindi il livello è alto e stanno venendo fuori dalle gare tirate. Io con la mia preparazione riesco a stare a galla, però tornare al chiuso dopo così tanti mesi, è stato sicuramente uno shock. L’ultima gara che ho fatto in pista è stata a Capodanno, però l’ultima fatta davvero prima di avere la miocardite è di ottobre. Erano nove mesi che non correvo in pista, sono andata una volta a girare con la nazionale prima di venir via, però in un giorno a fare quartetti non prendi quel che serve per correre.
Pedalate in compagnia, approfittandone per vedere un po’ di panoramaLa compagna americana (anche della madison) che si sta allenando in ottica quartetto con la nazionale nel velodromo olimpicoCompagne in bici, ma anche a tavola. E così si scopre il sapore d’americaPedalate in compagnia, approfittandone per vedere un po’ di panoramaLa compagna americana (anche della madison) che si sta allenando in ottica quartetto con la nazionale nel velodromo olimpicoCompagne in bici, ma anche a tavola. E così si scopre il sapore d’america
Quindi?
Il primo giorno è stato abbastanza scioccante, anche perché secondo me la pista è molto veloce. Avevo solo un rapporto troppo agile, poi ne ho messo uno più duro, ma le mie gambe ovviamente non sono pronte per quel tipo di sforzo. Già il secondo giorno sono riuscita a stare un po’ meglio nella mischia. Ho fatto entrambe le volte scratch, corsa a punti e madison.
Si muore di caldo anche lì?
In realtà, secondo me, state peggio in Italia. Difficilmente in California ci sono più di 30 gradi, oggi ce ne sono 25.
Ti avevamo lasciata in partenza dal Texas per il Wisconsin per andare a fare un criterium del Tour of America Dairyland, come è andata?
Devo farne un altro fra 10 giorni, un altro di questi cinque eventi più importanti. Ho visto tanta gente, tanto pubblico, tanta partecipazione. Anche perché, come vi ho scritto nei messaggi, c’è anche qualche ragazza WorldTour di qui che viene a fare un po’ di show. Non è detto che vincano, perché sono gare completamente diverse rispetto al normale ciclismo su strada, però il livello è superiore rispetto ai circuiti del Texas.
Sempre circuiti cittadini?
Il più corto era un circuito di 600 metri a giro, come fare una gara su pista, all’interno di un centro commerciale. Il più lungo era un chilometro e mezzo, ma purtroppo non piatto. Ogni tanto c’è anche qualche strappetto e quelli diventano veramente letali. Nell’ultima settimana di gare, il primo e l’ultimo giorno sono stati quelli per me più duri, perché gli strappi di solito li mettono dopo una curva a U o dopo una ripartenza. Per cui ci entri piano e poi devi fare lo strappo a blocco quasi da fermo. E quando inizi a farlo 30-40-50 volte, dopo un po’ si inizia a sentirlo.
I circuiti sono brevi e pieni di curve: un continuo rilanciare piuttosto impegnativoUna volata finale di Francesca Selva, mentre davanti ci sono le atlete doppiateI circuiti sono brevi e pieni di curve: un continuo rilanciare piuttosto impegnativoUna volata finale di Francesca Selva, mentre davanti ci sono le atlete doppiate
I social mostrano una grande cornice di pubblico…
Sì, confermo, tantissima gente. Poi più vai verso il finale, diciamo negli ultimi giorni, più gente c’è a guardare. Sono dei veri e propri festival, si svolgono in cittadine belle vivaci. Quindi ci sono i ristoranti nei viali dove fanno le gare, oppure passi nei giardini della gente seduta fuori che ti guarda per tutto il giorno. Le gare iniziano la mattina e finiscono la sera, ci sono tutte le categorie. Sono degli eventi classici, si ripetono ogni anno. E poi ci sono tanti soldi come premi e quindi diventa molto avvincente da guardare perché c’è gente che si fa pezzi per vincere i traguardi volanti.
Quindi il sistema è sempre quello dei traguardi a premi annunciati di volta in volta?
Il traguardo volante è annunciato con la campana e quindi chiaramente se non sei nelle prime 3-4 posizioni, è quasi impossibile partecipare. Specialmente quando il giro è di 600 metri, con 4-5-6 curve, non hai proprio lo spazio fisico per avanzare. E comunque ci sono stati dei giorni in cui c’erano anche 1.600-2.000 dollari a traguardo volante. La cosa che rende le gare molto difficili e molto veloci è che magari hai 3-4 giri senza niente, poi per i 3-4 giri successivi fanno una volata per ogni passaggio, ma ti informano mentre stai già facendo la prima volata.
Sei riuscita a vincerne qualcuno?
Non ci ho neanche provato (sorride, ndr). Correndo da sola, è difficile. Avevo una compagna, ma perdeva le ruote e avevamo contro delle squadre organizzate, in cui c’erano corridori addetti a fare i traguardi volanti, senza preoccuparsi di altro. Spesso attaccano e fanno gioco di squadra. Una attacca, le altre fanno il buco e quindi chiaramente ci sono delle dinamiche per cui loro guadagnano più soldi di chi invece deve concentrarsi sulla volata finale. E se con la condizione che ho adesso, faccio un traguardo volante, cioè una volata massimale, non riesco neanche a vedere la volata finale.
Sul canale YouTube “Ride with Franci” ci sono i video delle gare complete con dati live e i ruzzoloni…Sul canale YouTube “Ride with Franci” ci sono i video delle gare complete con dati live e i ruzzoloni…
Come ci si scalda per gare così frenetiche?
Alcuni hanno i rulli, ma io per motivi logistici non li ho portati. Nei giorni in cui sono vicino alla zona di gara, diciamo 15 chilometri, vado in bici. Altrimenti, se devo guidare per arrivare, come ora che sono ospite di una famiglia trovata dagli organizzatori, magari esco prima per fare una pedalata e poi prima di partire faccio una ventina di minuti con un paio di accelerazioni. Serve tenere caldo il motore, per questo faccio il riscaldamento tipo pista. Quindi una progressione che va da zona 1 fino a 300 watt e un paio di volate in progressione da seduta, proprio per accendere bene il motore. Perché tante volte questi benedetti traguardi volanti te li mettono anche al primo giro.
Si parte subito forte?
Un giorno sono arrivata tardi per il traffico e non ho fatto in tempo a scaldarmi. Così ho pensato di partire un po’ sfilata, di prendermi qualche giro per scaldarmi e respirare e poi sarei andata davanti. Non l’avessi mai fatto! Il circuito era pieno di curve e c’era gente che saltava dal primo giro, perché intanto mettevano tantissimi soldi a ogni passaggio e non c’era tempo per respirare. Ho fatto un’ora di gara a chiudere buchi cercando di guadagnare posizioni, è stato un incubo. Poi sono riuscito ad andare davanti e fare la volata, ma ci ho messo veramente tutta la gara per risalire.
Com’è vivere in una famiglia americana?
Le famiglie che mi hanno ospitato in tutto questo periodo sono composte da gente di ciclismo, persone appassionate per cui è difficile considerarli solo come americani. Voglio dire che la comunità del ciclismo è abbastanza universale. Quel che posso dire è che tutti tendono a essere disponibili per aiutarti, sia con il cibo sia con darti un passaggio e altre mille cose. Ho sempre trovato disponibilità, ma come dicevo sono persone che vengono dal mio stesso ambiente. Ho provato a fare domande su temi come l’Ucrain, Gaza, il confine con il Messico, perché anche da casa mi fanno spesso domande…
Si passa davanti alle tipiche villette e le famigli sono fuori dal mattino per veder passare le gareQuando l’evento è grande, si corre nei viali costeggiati da ristorantiWisconsin, gara del circuito Toad: la folla e Francesca SelvaSi passa davanti alle tipiche villette e le famigli sono fuori dal mattino per veder passare le gareQuando l’evento è grande, si corre nei viali costeggiati da ristorantiWisconsin, gara del circuito Toad: la folla e Francesca Selva
E che cosa hai capito?
Quando ero in Texas, uscivo per strada e non vedevo niente. La gente ne parla poco. Ho guardato i notiziari e sono tutti abbastanza tranquilli. E quando glielo chiedo, non si esprimono più di tanto. Forse è la distanza e vivono tutto di riflesso, non saprei.
Cosa ti pare degli americani?
In California sono tutti un po’ fricchettoni, se posso dire così. In spiaggia vedi l’immagine classica che avevo in mente anche prima di venire, di gente che cerca di sembrare giovane e va con lo skateboard a ritmo di musica. L’altro giorno ho visto una signora con il cane, poverino, tutto tinto di rosa con le macchie di leopardo. In Texas sono più normali, anche se nell’immaginario dovrebbero essere tutti pazzi. A parte che girano davvero con gli stivali e con i cappelli da cowboy e a parte che nei supermercati trovi le armi da fuoco. Per fortuna ho trovato persone cui appoggiarmi, che mi stanno permettendo di vivere l’America anche extra ciclismo. Sto girando posti diversi ed ho avuto il tempo per guardarmi un po’ attorno.
Il programma prevede oggi l’ultima gara in pista e poi?
Domani volo a Chicago e da venerdì fino alla domenica successiva corro per dieci giorni di fila nella Chicago Grit, con la “g” al posto della “c”. Poi torno a Dallas per due giorni e per fare l’ultima gara del mio capo, quella del martedì. Quindi torno in Italia per correre a Fiorenzuola, sperando che tanto girare mi dia anche un po’ di condizione e cercando di capire a quali gare partecipare. Ma a fine agosto probabilmente tornerò qui per partecipare alle ultime gare. Ma appena lo scopre mio padre, stavolta mi butta davvero fuori casa…
Francesca Selva egli USA per correre i criterium. Lampi di un ciclismo diverso dal nostro, con i traguardi volanti a sorpresa e premi da fiera di paese
Fra le storie di questa estate che aspetta soltanto il Tour, dopo il rocambolesco finale del Giro, quella di Francesca Selva che sta correndo dei circuiti in Texas e da domani nel Wisconsin potrà sembrare poca cosa. Invece racconta la passione di una ragazza che ha messo la bici al centro della sua vita e non vuole privarsi di alcuna esperienza.
Quando la raggiungiamo, a Dallas è quasi l’ora di pranzo. Francesca è appena rientrata dall’allenamento e ha il timbro sicuro di chi non ha paura di mettere tutto in un trolley e partire. Anche se la trasferta americana ha una logistica complessa e l’aiuto di un suo vecchio team manager si è rivelato provvidenziale.
«Negli ultimi due anni – racconta Selva, 26 anni – sono stata tesserata per una squadra UCI pista americana, parallelamente a quella della strada. I regolamenti sono cambiati e la squadra non ha più lo stesso nome, ma Ryan Crissey, il team manager, mi sta ospitando a casa sua e mi sta portando alle gare. Era l’unico contatto che avessi. Quest’inverno gli avevo scritto per chiedergli indicazione su dove andare e quali gare ci fossero, perché non avevo idea da che parte iniziare. E lui in tutta risposta mi ha proposto di correre per lui e si sarebbe fatto carico delle spese. Avevo già messo in preventivo di tirar fuori i soldi per il viaggio della vita, quindi è andata meglio del previsto. Perciò sto correndo per il suo team nuovo che si chiama Turbo Velo Pickle Juice».
In Texas per ora piccole gare fra Dallas e Austin, con tanto di vittoria e premiSi corre spesso su percorsi chiusi al traffico: la formula del circuito facilita il compito agli organizzatoriIn Texas gare in circuito. Anelli di 1,5-2 chilometri di rilanci e cambi di ritmoVolata a due dopo un attacco nel finale: l’italiana vuole vincere ed è ormai una sorvegliata specialeIn Texas per ora piccole gare fra Dallas e Austin, con tanto di vittoria e premiSi corre spesso su percorsi chiusi al traffico: la formula del circuito facilita il compito agli organizzatoriIn Texas gare in circuito. Anelli di 1,5-2 chilometri di rilanci e cambi di ritmoVolata a due dopo un attacco nel finale: l’italiana vuole vincere ed è ormai una sorvegliata speciale
Non male avere un appoggio così…
Fa la differenza, soprattutto quando si viaggia da soli. Le conoscenze poi si fanno, ma avere una base è molto importante. Per questo sono sbarcata a Dallas, in Texas: è qui che vive Ryan.
Com’è il ciclismo in Texas?
Inclusivo, nel senso che da noi sei uomo o sei donna e corri nel gruppo dedicato. Sei FCI, oppure sei ACSI, Master oppure Elite e non ci sono commistioni possibili. Qui invece funziona a livelli e poi ci sono i Master. Se sei Master, puoi correre sia con i Master che con il livello che ti compete in base alla graduatoria. Però nelle gare più piccole, posso correre sia nella gara PRO che in quella delle donne. Finora ho partecipato a corse locali. Non posso correre con i Master, perché sono troppo giovane, ma posso correre nelle altre categorie maschili.
L’hai già fatto?
Sì, un paio di giorni fa. La gara donne era corta e per allenarmi mi sono buttata nel gruppo dei maschi. E’ bello perché in corsa ci sono atleti di tutti i livelli e tutte le età, da quello di 25 anni a quello di 60 e non è detto che il più giovane vada anche più forte.
Francesca Selva ha iniziato la trasferta americana in Texas, con la maglia della Turbo Velo Pickle JuiceFrancesca Selva ha iniziato la trasferta americana in Texas, con la maglia della Turbo Velo Pickle Juice
C’è tanto pubblico?
Qui in Texas sono gare minori, quindi c’è pubblico solo all’arrivo. Ma da domenica farò una serie di prove che si chiamano Tour of America’s Dairyland in Wisconsin che durano per 11 giorni. Sono iniziate giovedì, io inizierò da domenica. Mi hanno detto che nel giro dei criterium è una delle cinque gare più grandi che ci sono negli USA: lì ci sarà una vera folla.
Sono tifosi di ciclismo?
L’approccio è diverso. Non vengono solo per la gara, ma per passare una giornata di festa al cui interno c’è una gara.
In Wisconsin vai con il tuo team manager?
Questa volta parto da sola. Mi sono organizzata con la gente di lì, devo capire se ci sono degli shuttle per arrivare dall’hotel alla gara o se devo scoccare i passaggi di qua e di là. Invece se le gare sono vicine, andrò in bicicletta.
Le gare che Selva andrà a disputare da domani in Wisconsin hanno una grande cornice di pubblico (foto Tour of America’s Dairyland)Le gare che Selva andrà a disputare da domani in Wisconsin hanno una grande cornice di pubblico (foto Tour of America’s Dairyland)
Le strade sono transennate?
Solo dove c’è gente. Finora si è trattato di correre in circuiti di 1,5-2 chilometri, anche in un kartodromo. Mercoledì abbiamo corso nel paese del mio team manager, che organizzava la gara. Eravamo in un circuito ciclabile, come se fosse un ciclodromo di un miglio all’interno di un parco totalmente chiuso al traffico.
Ci sono premi in denaro per chi vince?
Le poche gare che ho fatto finora erano locali, quindi c’era il premio in denaro. Quello che c’è di diverso rispetto all’Italia è la gestione dei traguardi volanti, in cui i premi sono anche di “mila” dollari per chi vince. Fanno una colletta tra il pubblico che scommette e quello diventa il premio. E poi la cosa bella è che i traguardi volanti sono a sorpresa…
Cioè?
Non sai quando ci sono. La distanza di gara è misurata in base al tempo, come nel cross. Per cui inizi a correre e quando stimano che manchino 5-10 giri al termine, iniziano a contarli. Per cui quando senti la campana, sai che il giro dopo c’è il traguardo volante. A quel punto, i tifosi puntano i soldi sullo sprint del giro dopo. Può capitare che urlino mille dollari per il primo e quindi c’è molta più gente che lotta per i traguardi volanti che per la vittoria finale. Magari nelle squadre più numerose, c’è chi si dedica prettamente a fare le volate intermedie, mentre altri si dedicano alla volata finale.
Prima della gara con Ryan Crissey, il team manager che organizza e si diverte a correrePrima della gara con Ryan Crissey, il team manager che organizza e si diverte a correre
Vuoi dire che durante la corsa, sentite la campana e viene detto anche l’ammontare del premio?
A volte sì, a volte no. Di solito lo dicono gli speaker quando passi sotto l’arrivo. Se non dicono nulla, invece dei soldi potrebbe esserci un gadget o premi di altro tipo.
Non c’è la mortadella come al Giro dell’Emilia?
Può essere (ride, ndr). L’altro giorno c’erano quattro traguardi volanti e li ho vinti tutti, più la volata finale. Di solito in quasi tutti i criterium, l’ultimo traguardo volante è alla campana, quindi quando chiamano l’ultimo giro, c’è anche il traguardo volante. E’ letale perché fai due volate di fila. Però considerando che il giro è lungo circa un chilometro, per chi fa pista è più o meno la distanza tra una volata e l’altra nella corsa a punti.
Che cosa hai vinto?
Con il primo traguardo volante, mi hanno dato i buoni per comprare i gelati. Con il secondo, avevo dei buoni per il caffè. Mentre con il terzo ho preso dei soldi. Con il quarto è arrivato un box pieno di oggetti da cui potevo scegliere delle cose da portare a casa. Fa molto fiera di paese, però è bello.
Francesca Selva, padovana di 26 anni, corre prevalentemente su pistaFrancesca Selva, padovana di 26 anni, corre prevalentemente su pista
Nelle gare grandi cambia qualcosa?
Ve lo dico settimana prossima. Queste qua in Texas non erano grandi, ma erano comunque partecipate. Non hanno dietro la grande organizzazione, sono le Driveway Series, gare del martedì e del giovedì: martedì a Dallas, giovedì a Austin per tutto l’anno. In Wisconsin farò una gara al giorno. Quelle delle donne durano circa un’ora e alla fine ci sarà la classifica di tutti i giorni, che suppongo sarà a punti, dato che nessuno prende nota dei tempi.
Come ti presentano al foglio firma?
Non c’è il rituale come da noi, almeno finora era così. Però diciamo che quando vieni da fuori confine, hai gli occhi addosso. La gente sa che sono io l’italiana e quindi mi guardano sempre con un occhio di riguardo. Nel mondo del ciclismo gli italiani sono famosi per essere competitivi, perciò non me la faranno sicuramente facile. Zero favori. Agli organizzatori fa piacere avere gente che arriva da lontano, dà lustro alle loro gare.
Ci sono tanti stranieri?
Più di qualcuno, ma sono tutti ragazzi e ragazze che vengono da questa parte del mondo. Argentini, messicani, da Trinidad e Tobago. Pochi dall’Europa. C’è Alina Seitz, una ragazza svizzera che fatto le ultime Olimpiadi e ha il compagno americano, per cui si sta facendo qui l’estate. Lei l’avevo incontrata anche in pista a Brno a metà maggio.
Il 29 giugno, gran finale in Wisconsin al Cafè Hollander Tosa Village Classic (foto Tour of America’s Dairyland)Il 29 giugno, gran finale in Wisconsin al Cafè Hollander Tosa Village Classic (foto Tour of America’s Dairyland)
Quando torni a casa?
Il primo agosto perché devo andare a Fiorenzuola, sennò Claudio Santi si arrabbia. Però mi hanno già chiesto se voglio tornare a settembre per fare uno degli altri grandi eventi per cui vediamo. Volevo fare più di un mese, ma non più di due, per tutto il discorso della miocardite. Quando ho preso i voli, non sapevo in che condizione sarei arrivata. Però l’esperienza merita. Sto quasi per due mesi. Con quello che è successo quest’inverno, non ho voluto fare il passo troppo lungo.
Avevamo lasciato Francesca Selva alla fine di dicembre nei panni di coach per il compagno Oscar Winkler e dopo l’idoneità agonistica ricevuta dopo un allarme fisico. In realtà poi, era stata lei su Instagram a raccontare in maniera più approfondita la natura del problema, parlando di una miocardite da Covid. Uno dei mali tipici del nostro tempo che si è portato via ben più di un corridore e ha costretto altri a chiudere la carriera.
Francesca l’ha vista brutta e deve la vita all’intervento del suo cardiologo. Questo l’ha prevedibilmente spaventata. Si è presa un lungo periodo di stop. E adesso che ha ricominciato ad allenarsi, chiederle di parlarne è il modo per esorcizzare quel che è accaduto e far riflettere chi potrebbe trovarsi o essersi trovato inconsapevolmente nella stessa situazione. Il punto di partenza è il Covid, asintomatico e sottovalutato.
Francesca Selva, veneziana di 25 anni, al momento di trova a Noto per allenarsi su strada e in pista. Ha iniziato a frequentare la pista siciliana dal 2018 e vi è di casa. Al punto che essendo occupata la casa in cui era solita fare i soliti ritiri invernali, ha scelto di alloggiare nella foresteria del velodromo Paolo Pilone. Nel momento in cui l’Italia è sotto un rigurgito d’inverno, il sole e gli oltre 20 gradi di Sicilia sono un bel modo per farsi venire la voglia di pedalare.
Francesca Selva ha 25 anni e svolge la preparazione invernale in Sicilia sin dal 2018Francesca Selva ha 25 anni e svolge la preparazione invernale in Sicilia sin dal 2018
Racconta, Francesca: che cosa ti è capitato?
Ho sempre sofferto di aritmie quindi sapevo già cosa volesse dire averne una, perché quelle più forti riesci a percepirle. E’ successo però che a inizio ottobre ho preso il Covid, ma senza saperlo. L’ho capito dopo tutta questa storia, perché ho riconosciuto i sintomi. Quei 2-3 giorni di febbre poco sopra i 37 gradi. Non gli avevo dato peso perché un paio di giorni prima avevo fatto per due volte cinque ore sotto la pioggia, quindi pensavo di aver preso freddo. Classico dell’autunno, no?
Invece cosa stava succedendo?
Il giorno in cui mi sono svegliata con quella poca febbre, avevo da fare ancora cinque ore, con dei lavori neanche particolari in zona 3, un po’ più del medio. Ho provato a farne uno in salita e mi sono fermata dopo una trentina di secondi perché non riuscivo a respirare. Sono andata in affanno, però era umido, pioveva e mi sono detta che potesse dipendere da quello. Era il terzo o quarto giorno di carico, quindi ho continuato.
E hai fatto le cinque ore?
Più di cinque ore, da sola. Un bell’allenamento, solo che non riuscivo a fare i lavori perché se spingevo, andavo in affanno. Come se uno mi stesse tenendo la gola e mi impedisse di respirare. Non gli ho dato peso, ma il giorno dopo mi è venuta ancora la febbre e ho ricollegato quella difficoltà al fatto che stessi incubando l’influenza. Mancava una decina di giorni ai mondiali in pista. Sono andata in Danimarca, poi mi sono spostata a Londra per correre la Tre Giorni e lì davvero mi sono accorta che qualcosa non andava. Nella normalità stavo bene, però appena abbiamo iniziato a correre la prima madison, non riuscivo neanche a tenere le ruote di quelle che si staccavano. Ero completamente in affanno, una sensazione stranissima.
Selva ha concluso la stagione invernale alla Sei Girni di Brema insieme a Veronika Bartonikova (foto Instagram/Frontalvision)Selva ha concluso la stagione invernale alla Sei Girni di Brema insieme a Veronika Bartonikova (foto Instagram/Frontalvision)
Poteva dipendere da una condizione non buona?
Il livello non era astronomico, c’erano la Guazzini e la Consonni, però a ruota ci potevo stare senza problemi. Invece faticavo e non capivo perché. La cosa strana è che le altre scendevano di bici con 160-170 battiti medi e io invece ne avevo 190, con picchi di 210 che non ho mai avuto in vita mia. Finché una settimana dopo, mentre mi allenavo su strada in un tratto di discesa, mi è sembrato di sentire un’aritmia. Ho guardato per vedere i valori e il cardio segnava zero, come se si fosse scollegato. Poi, appena si è ricollegato, segnava 195 battiti, nonostante non stessi neppure pedalando.
Sei andata da un medico?
No, ho continuato a correre, anche perché la stagione invernale è quella degli ingaggi migliori. Ho pensato che il mio corpo avesse bisogno di riposo. Non avendo pensato che quella febbre potesse essere Covid, ma fosse solo un’influenza: non dicono tutti questo? Così sono andata a correre a Copenhagen. Andavo meglio che a Londra, però ugualmente non recuperavo, tanto da chiedere alla mia compagna di fare i doppi turni nella madison. E alla fine, era novembre, sono andata dal mio cardiologo, che si chiama Marco Moretti, per fare la visita di idoneità, che in ogni caso mi sarebbe scaduta a gennaio.
Dicevi di avere familiarità con le aritmie?
Esattamente. Infatti da quando mi segue lui, tutti gli anni facciamo l’holter, l’ecografia e tutto quello che serve. E per fortuna questa volta, nella fase di recupero dopo la prova da sforzo, mi sono venute in serie delle extrasistole doppie e triple. Lui si è allarmato e io con lui, anche se da un lato mi sono sentita sollevata perché voleva dire che c’era un problema e non che fossi diventata di colpo la più scarsa di tutte. Però il sollievo è durato poco…
In questi giorni siciliani, con Francesca c’è il compagno Oscar che a breve volerà in Turchia per la Nations CupIn questi giorni siciliani, con Francesca c’è il compagno Oscar che a breve volerà in Turchia per la Nations Cup
Che cosa ti ha detto il medico?
Mi ha spiegato che una cosa simile era già successa ad altri atleti, ciclisti e calciatori, che non hanno fatto una bellissima fine. Ho rischiato e non so cosa sarebbe successo se avessi continuato, ma sono contenta di non saperlo. Secondo lui si è trattato della classica miocardite da post-covid e la conferma l’abbiamo avuta ricostruendo i vari passaggi di quella febbre che ho sottovalutato, allenandomi e poi andando a correre. Io mi sono fermata, altri sono stati spinti a correre dalle loro squadre e hanno chiuso la carriera. Per fortuna, il cardiologo mi ha detto che il modo più sicuro di guarire fosse riposare e da lì mi sono fermata.
Riposo assoluto?
Ho continuato solo con un po’ di palestra, perché nella mia testa c’era l’idea di fare le Sei Giorni, ma c’è voluto un mese di stop per riavere l’idoneità. Poi per fortuna qualche gara l’ho fatta, ma dicendo sempre con grande sincerità alle mie compagne, che il mio livello non sarebbe stato quello di prima. Fra l’altro ho dovuto lasciare libera Amalie Winther Olsen, la mia compagna di sempre, che quest’inverno ha chiuso la carriera e mi sarebbe piaciuto scortarla. Ci tenevo tanto, ma non sarei stata in grado.
Come si fa a ripartire e scacciare la paura?
Cerco di stare con i battiti bassi, perché non ha senso stressare il cuore. Appena mi alzo sui pedali per fare un cavalcavia, la fatica è tanta, perché dopo un mese ferma a livello aerobico sono praticamente a zero. Adesso mi sto riabituando, però nelle prime uscite sentivo che il battito era pesante e mi chiedevo se fosse così anche prima. Ho passato un mese di transizione, in cui cercavo di non stancarmi neppure a salire le scale. Un po’ di paranoia, comunque di paura. L’ansia di riposare, di stare ferma, di non fare niente perché non volevo assolutamente che succedesse qualcosa di irreparabile.
Nel 2023, Francesca Selva ha preso parte alla Champions League, anche quella volta con qualche problema di salute (foto SWpix.com)Nel 2023, Selva ha preso parte alla Champions League, anche quella volta con qualche problema di salute (foto SWpix.com)
Hai mai pensato di mollare il ciclismo?
Diciamo di no. All’inizio ero arrabbiata. Pensavo: “Sono un’atleta e ho rischiato di fare un infarto, dovrei essere l’esempio di persona che fa la vita attiva, mangia bene e si allena e invece stava per succedere anche a me”. Quando ho parlato col dottore, fra le ipotesi che mi sono vista davanti c’era anche che non avrei potuto fare più alcuno sport. Per me sarebbe stato ancora più pesante, perché fin da bambina non sono mai stata ferma. Per questo ho accettato di fermarmi. Ho fatto un mese completo di stop per fare un reset del corpo, sperando che questo poi mi permetta anche di migliorare il mio livello. E così riparto dalla Sicilia, pensando a cosa sarebbe potuto accadere se non fossi andata dal medico e avessi insistito a correre pensando di aver avuto soltanto un’influenza. Insomma, l’ho davvero scampata bella…
Abbiamo perso il conto degli atleti e degli ex atleti che sono morti inspiegabilmente per problemi cardiaci. Alcuni, come Sonny Colbrelli, sono arrivati a un passo dal farlo. Altri, come Francesca Selva, sono stati fermati prima che il problema divenisse irreparabile. Con la solita superficialità adesso qualcuno dirà di smetterla con la favoletta del Covid, pensiamo che invece sia acclarata la necessità di approfondire le visite di idoneità. Perché la superficialità con cui si può spiegare qualche linea di febbre negando l’esistenza del virus potrebbe portare diritti al campo santo.
Gianni Pederzolli è il manager che in agosto ha organizzato 5 corse in 19 giorni nel Monferrato. Non è stato facile, ma bisognava continuare dopo Extra Giro
Parte domattina il Tour of Guangxi. Sarà un festival di velocisti. Pubblico entusiasta. Si corre dopo lo stop Covid durato 4 anni. Connessioni complicate
Forse nel suo immaginario Francesca Selva non poteva desiderare un Natale migliore di questo. L’idoneità sportiva arrivata qualche settimana fa dopo un inaspettato allarme fisico. Il soggiorno in Danimarca a Roskilde a casa del fidanzato. Il velodromo iridato di Ballerup a venti minuti. E la famosa madison di 100 chilometri in mezzo agli amici-colleghi nel doppio ruolo di atleta e coach.
Il legame col Paese nordico è sempre stato profondo per Selva, ma nell’ultimo anno si è rafforzato ulteriormente da quando ha conosciuto il velocista Oskar Winklerpoco prima della Champions League della pista nel 2023. Nonostante i suoi soli 25 anni, la veneziana ha maturato una grande esperienza in pista, intravedendo nel suo compagno potenzialità da esprimere in modo più completo. Francesca si è messa al servizio di Oskar come allenatrice o, come dice lei, consulente e pianificatrice, tanto che sono arrivati subito un paio di risultati importanti, col beneplacito dello staff della nazionale danese. E siccome proprio in questi istanti Selva sta correndo sull’anello di Ballerup, l’abbiamo sentita alla vigilia della gara per farci spiegare come sta vivendo questa fase della sua vita.
Winkler ha vinto i titoli nazionali nell’inseguimento a squadre e nel keirin. Nel 2025 correrà anche su strada (foto Skovbolle)Winkler ha vinto i titoli nazionali nell’inseguimento a squadre e nel keirin. Nel 2025 correrà anche su strada (foto Skovbolle)
Francesca sei una presenza fissa nel velodromo danese in questo periodo, giusto?
Sì, è vero. E’ un evento incredibile questa gara di Capodanno, come la chiamano loro. Gli uomini corrono questa madison di 100 chilometri, mentre per noi donne è più corta, e il pubblico si gode lo spettacolo. Poi alla fine si festeggia in anticipo l’arrivo del nuovo anno. Per loro è una grande tradizione. E quest’anno ha un sapore particolare…
Come mai?
Perché è l’ultima gara da pro’ di Morkov, che correrà il coppia con Mads Pedersen. Ma è l’ultima gara anche per Julie Norman Leth (un argento olimpico, due ori europei e due mondiali proprio quest’anno tra madison e corsa a punti, ndr) e per la mia storica compagna di Sei Giorni e meeting Amalie Winther Olsen (nove titoli nazionali, ndr). Insomma, stavolta non potevo proprio mancare.
Francesca e Oskar alla Sei Giorni delle Rose a Fiorenzuola. Una trasferta per fare esperienza internazionaleSelva e Winkler si sono conosciuti a settembre 2023. Da allora si sono supportati a vicenda nelle varie gare in pistaFrancesca e Oskar alla Sei Giorni delle Rose a Fiorenzuola. Una trasferta per fare esperienza internazionaleSelva e Winkler si sono conosciuti a settembre 2023. Da allora si sono supportati a vicenda nelle varie gare in pista
Naturalmente in gara ci sarà anche il tuo fidanzato Winkler. Che tipo di corridore è?
Oskar ha un anno in meno di me. Alto, fisico potente da passista, ha ricominciato a correre circa cinque anni fa. In Danimarca c’è un regolamento diverso dall’Italia con tre categorie, dove un elite sale in base ai punteggi ottenuti anziché per età. Lui è come se fosse ripartito dagli amatori e tra strada e pista è tornato nella categoria in cui possono aprirsi porte importanti. Avendo corso quando era più giovane, ha dovuto solo togliersi un po’ di ruggine di dosso. I risultati infatti si sono visti.
Quali sono stati?
Lui nasce come velocista, tant’è che da U23 aveva corso un europeo in pista facendo il chilometro da fermo. Contemporaneamente faceva anche lo scratch, ma ha voluto dedicarsi maggiormente alle discipline endurance. Così in un anno e mezzo di lavoro è riuscito ad andare alla prova di Nations Cup a Il Cairo nel 2023. Ora Oskar è entrato nel gruppo della nazionale danese, specialmente quello del quartetto. E sapete meglio di me quanta concorrenza ci possa essere in una nazionale di così alto livello. Pochi giorni fa, ha vinto il titolo danese del keirin e dell’inseguimento a squadre. Nel frattempo la sua formazione Team Give Steel-2M Cycling è diventata continental e nel 2025 potrà fare maggiore attività su strada.
Donegà ha corso in coppia con Winkler, notando le sue potenzialità e gli aspetti da migliorareDonegà ha corso in coppia con Winkler, notando le sue potenzialità e gli aspetti da migliorare
Tu ti sei definita sua “coach”. Come mai?
Non pensate alla preparazione atletica perché lui ha già il suo allenatore, che è uno dei cittì della nazionale. Sto seguendo Oskar più dal punto di vista della gestione psicofisica della gara e degli altri eventi. Gli ho visto vincere degli scratch con tre giri di anticipo, poi però non aveva la stessa energia per primeggiare nelle altre specialità dell’omnium. Ha corso la Quattro Giorni di Ginevra in coppia con Donegà. Anche lui mi ha detto che saper dosare la potenza, sincronizzando gambe e testa. E quando lo farà potrebbero essere dolori per tutti (dice sorridendo, ndr). Ma gli curo anche altri aspetti.
Quali?
Si sa che noi pistard facciamo una vita un po’ nomade e dobbiamo quindi sempre organizzarci da soli facendo incastrare tante cose. Ho proposto ad Oskar una serie di gare in Europa per fargli fare esperienza non solo in pista, ma anche a livello organizzativo. Così gli ho pianificato le gare e i relativi spostamenti. Avevamo un planning preciso (ride, ndr). Ad esempio l’ho voluto portare alla Sei Giorni di Fiorenzuola, anche perché era in concomitanza con la partenza del Tour de France da Piacenza. Il suo cittì mi ha detto che ho fatto bene a farlo girare. Più si confronta, più cresce.
La pista è il regno di Selva, che ha imparato a fare tutto da sola, compresa la meccanica di biciTetris perfetto. Per le sue gare, Selva in estate ha girato mezza Europa in auto con quattro bici La pista è il regno di Selva, che ha imparato a fare tutto da sola, compresa la meccanica di biciTetris perfetto. Per le sue gare, Selva in estate ha girato mezza Europa in auto con quattro bici
E come ti trovi in questo ruolo?
Mi sono sempre reputata un buon corridore senza aver il talento di altre atlete. Tuttavia penso di conoscere bene questo mondo e di sapermi destreggiare in tutto, facendo pure la meccanica. Vorrei insegnargli i trucchi del mestiere e come la testa può colmare il gap con le gambe. Oppure come ci si sposta finché non fai parte di una squadra in modo stabile. Questa estate ho fatto quasi 11.000 chilometri in 40 giorni con l’auto piena di quattro bici. Da Marcon, casa mia, a Praga, poi in Belgio nella casetta della Torelli per andare in traghetto alla Ride London. Quindi rientro in Belgio e ripartenza per la Danimarca. Infine ritorno in Italia. Per queste pianificazioni mi sento molto preparata e mi piacerebbe un domani fare questo di mestiere, magari anche in un team pro’ seguendo la logistica.
Che annata è stata per te invece?
Devo dire che questi ultimi mesi, seguendo i progressi di Oskar, sono stati la mia rivincita. Lui è stato la mia motivazione per tante cose. Ho avuto una stagione difficile, dove non mi sono mai sentita bene. Prima della Tre Giorni di Londra a fine ottobre ho preso il Covid. Le gare successive le ho sofferte tutte, finché non ho fatto dei controlli. A novembre sono andato dal dottor Moretti che mi ha trovato una miocardite da Covid. Lui è il medico che aveva curato Colbrelli dopo il suo malore e per un attivo ho rivisto in me lo stesso problema di Sonny. Ho curato la miocardite facendo due settimane di riposo assoluto, poi il 7 dicembre ho avuto l’idoneità sportiva dopo tante visite.
Francesca sorride. L’idoneità sportiva è arrivata dopo una miocardite e i suoi consigli hanno portato il fidanzato in nazionaleFrancesca sorride. L’idoneità sportiva è arrivata dopo una miocardite e i suoi consigli hanno portato il fidanzato in nazionale
Cosa chiedi al 2025?
Onestamente non saprei, però sicuramente di non avere più noie fisiche o di salute. Per il resto vorrei continuare come sto finendo quest’anno. Nuovi stimoli e nuove obiettivi da raggiungere. Per la prossima stagione ho deciso di tesserarmi con la società del mio paese. Si chiama ASD Velodrome Marcon e per me non poteva esserci soluzione migliore.
Finite le Olimpiadi di Tokyo, facciamo il punto con Silvio Martinello sulla spedizione azzurra della pista. Bene il settore endurance, velocità dimenticata
La pista non va mai in vacanza, lo si può affermare serenamente. Nei suoi tanti appuntamenti è sempre presente un certo tipo di agonismo, anche per ciò che c’è in palio. Dal prestigio personale all’affinamento della condizione, dai punti per il ranking internazionale alle qualificazioni olimpiche o mondiali.
La collezione autunno-inverno tradizionalmente è sempre stata popolata dalle iconiche Sei Giorni (come quella di Gand), cui nelle ultime tre stagioni si è aggiunta la Uci Track Champions League, voluta per rendere le gare nei velodromi appetibili ad un pubblico più ampio e meno di nicchia, come ci aveva detto il suo direttore Florian Pavia. La campagna primaverile-estiva invece lascia spazio alle prove di Nations Cup e alle gare nei velodromi scoperti. Ma esistono differenze di livello qualitativo tra queste varie corse? E se sì, quali sono? Abbiamo chiesto le risposte a Francesca Selva, che con la sua partecipazione alla Champions League se ne è fatta un’ulteriore idea. Sentiamo cosa ci ha detto la 24enne veneziana di Marcon, che in questi giorni è impegnata a Montichiari per un raduno azzurro in vista delle prossime gare e del 2024, nel quale proverà ad intensificare anche l’attività su strada.
Selva corre su strada col team irlandese Torelli. Nel 2024 vorrebbe intensificare l’attività in funzione della pistaSelva corre su strada col team irlandese Torelli. Nel 2024 vorrebbe intensificare l’attività in funzione della pista
Ormai Francesca possiamo considerarti fissa nel gruppo della nazionale?
Direi di no per il momento, perché mi devo ancora confrontare con calma con Marco (Villa, il cittì della pista, ndr). Lui però sa che io sono disponibile alle sessioni di allenamento che ci sono sempre state tutte le settimane. E sa anche che se c’è bisogno, può contare su di me. Le convocazioni in Nations Cup per Cali nel 2022 e per Il Cairo lo scorso marzo sono state le occasioni per entrare nel giro azzurro ed io voglio provare ad investirci più tempo.
Punti a guadagnarti un posto per le prossime Olimpiadi?
A chi non piacerebbe andarci? Ma non esageriamo (sorride, ndr). Non mi sono fatta alcun tipo di aspettative e false speranze. So perfettamente che c’è già un gruppo di atlete che andrà a Parigi ed è giusto così. Vedremo dopo le Olimpiadi se si potranno aprire nuove possibilità. Di sicuro so che vorrei allenare l’inseguimento a squadre e migliorare altre mie caratteristiche. E’ per questo che proverò a correre un po’ di più su strada sempre in funzione della pista. La Torelli, la mia squadra, ha ricevuto nuovamente l’invito per correre la RideLondon e nel 2024 vorrebbero farmela correre. Sono affascinata da quella gara, ma dovrò prepararmi bene.
Cosa intendi per “in funzione della pista”?
Non sono mai stata entusiasta di correre su strada, ma l’ho rivalutata dopo le gare che ho fatto tra fine luglio e settembre. In Polonia ho finito una piccola corsa a tappe e non lo avrei mai detto. Sono rimasta piacevolmente sorpresa perché non ero abituata a quel tipo di fatica. Ho capito che su strada posso migliorare la mia resistenza in pista, visto che faccio le discipline endurance. Anche se di pochi secondi, in pista necessito sempre di un momento dove poter rifiatare e a volte è quello che ti manca per fare la differenza o finire meglio la gara. Anche le tre kermesse che ho fatto in Belgio erano simili allo sforzo che faccio solitamente in pista. Facendo così, spero quindi di potermi presentare più preparata alle prossime corse nei velodromi.
Secondo Selva, nelle gare classe 1 e classe 2 i pistard sanno tutti cosa fare e come correreIntesa. La danese Amelie Winther Olsen è la fidata compagna di madison (e di squadra) di SelvaSecondo Selva, nelle gare classe 1 e classe 2 i pistard sanno tutti cosa fare e come correreIntesa. La danese Amelie Winther Olsen è la fidata compagna di madison (e di squadra) di Selva
Proprio a Londra si è conclusa la Champions League. Cosa prevede ora il tuo calendario?
Nel frattempo, verso fine novembre, ho disputato la “4 Giorni di Ginevra” infilandoci anche qualche giorno di recupero. La settimana prossima torno in Svizzera per la Track Cycling Challenge di Grenchen, poi andrò a Copenaghen per le gare di fine anno (28 e 29 dicembre, dove sarà presente anche Viviani, ndr). A gennaio invece sarò in Germania per le Sei Giorni di Brema e Berlino, anche se in realtà correrò le mie discipline rispettivamente solo per uno e tre giorni.
Considerando le esperienze che hai accumulato nelle varie manifestazioni in pista, ci sono differenze fra loro?
Assolutamente sì, ma vanno contestualizzate. Ho corso tante gare di classe 1 e classe 2, ho fatto la Nations Cup e ultimamente la Champions League. Tre eventi diversi fra loro per modo di correre e dove ci sono corridori con esperienze ed obiettivi diversi. Le differenze maggiori le ho notate sul piano tecnico.
Puoi spiegarcele?
Parto dalla Champions, visto che era una novità per me. Anche se non c’era la madison, la mia specialità principale, devo dire che a livello mentale è piuttosto semplice, così come per l’interpretazione. Tuttavia si ha una qualità dei partecipanti molto alta. Si viaggia con rapporti folli e si va a tutta per quei 10/15 minuti. Se ne hai da restare agganciata, meglio per te. Paradossalmente andando così forte, non devi quasi preoccuparti di tattica o errori altrui. Cose che invece si verificano nelle altre competizioni.
Selva dopo Parigi 2024 vorrebbe allenare meglio l’inseguimento a squadre e altre sue caratteristicheSelva dopo Parigi 2024 vorrebbe allenare meglio l’inseguimento a squadre e altre sue caratteristiche
Continua pure.
Alla Nations Cup ho sempre trovato un livello poco omogeneo. Questo è dato anche dal periodo in cui si corre. Spesso le prove sono in concomitanza con l’attività su strada e quindi la qualità può variare tanto. Sia a Cali che al Cairo ricordo che nella madison c’erano 3/4 coppie forti o che comunque sapevano correre, tra le quali inserisco anche noi italiane. Le altre invece erano pericolose e si vedeva che non erano ben affiatate. Infatti la difficoltà maggiore era stare attente continuamente alle manovre delle ragazze meno pratiche. Molte di loro facevano il cambio al contrario rispetto al tradizionale e questo può influire sulla gestione della gara.
In che modo?
Se non si parte forte o davanti, poi si rischia di restare imbottigliate per troppo tempo. Per uscire dalle retrovie o per evitare le cadute si consumano tante energie psicofisiche. Ad esempio a Il Cairo abbiamo sempre corso col coltello fra i denti. Eravamo tante coppie e pure le qualifiche per la madison erano state difficili. Personalmente soffro sempre tanto una madison disordinata e, come me, credo anche altri puristi della pista.
Per Selva ci sono evidenti differenze tra le gare all’aperto e quelle indoor, però il livello è sempre altoAlla Nations Cup, Selva ha trovato un livello eterogeno e atlete meno esperte del solitoPer Selva ci sono evidenti differenze tra le gare all’aperto e quelle indoor, però il livello è sempre altoAlla Nations Cup, Selva ha trovato un livello eterogeno e atlete meno esperte del solito
Nelle gare di classe 1 e classe 2 invece che livello c’è?
A proposito di puristi, lì si trovano proprio quegli atleti che in pista sono a proprio agio e che amano quel tipo di ciclismo. Non sono gare facili perché molti corridori vengono per prendere punti per il ranking. Di base il livello è medio-alto, poi ci sono sempre quelle star che lo alzano ulteriormente. Ci sono differenze anche tra le corse all’aperto e indoor. Non solo per una questione climatica ma anche per il fondo in legno o in asfalto. Sembrano due mondi totalmente agli antipodi. Ecco, nonostante tutto e si vada forte anche qua, diventa più semplice correre perché ogni atleta sa cosa deve fare e come si corre.
LONDRA – L’espressione sorridente che Emma Finucane, campionessa del mondo in carica della velocità, indirizza a Miriam Vece significa una bella iniezione di fiducia per lei. La ventenne gallese ha vinto da poco il primo round facendo tanta fatica per superare l’italiana nella batteria che le vedeva di fronte anche alla olandese Ruby Huisman.
Nella zona box del Lee Valley Velopark si assiste ad un continuo pellegrinaggio di atleti che salgono e scendono dalla pista per le varie prove della Uci Track Champions League. L’atmosfera è quella del grande evento che conoscerà il suo atto finale nella prima serata di oggi. Vece è alla terza partecipazione su tre edizioni e conosce bene la manifestazione allestita da Warnes Bros Discovery. Attualmente sta lottando per la top 10, però sa quali indicazioni trarre. Ne parla con Daniele Napolitano, suo compagno di nazionale ed arrivato nella capitale britannica per supportarla, oltre che per osservare gli avversari. Parlando con Miriam sul 2024 che la aspetta, abbiamo compreso meglio il valore di quello sguardo iniziale.
Nella Champions, Vece (in secondo piano) tra velocità e keirin ha alternato buone prove ad altre più anonime (foto Uci Track CL)Nella Champions, Vece (in secondo piano) tra velocità e keirin ha alternato buone prove ad altre più anonime (foto Uci Track CL)
Possiamo considerarti una veterana della Champions. Che differenze hai notato dal 2021 ad oggi nelle tue prestazioni?
Nella prima edizione ho avuto più fortuna. Venivo dal mondiale di Roubaix dove ero andata bene ed avevo continuato ad allenarmi. Invece quest’anno e lo scorso arrivavo direttamente dalla off-season. Sono venuta qua per fare della gamba, correre e vedere il livello che c’è. Naturalmente mi fa piacere aver ricevuto l’invito, è sempre una bella manifestazione. Mi sto divertendo e qualche risultato l’ho ottenuto.
Lo sprint di prima con Finucane è uno di questi?
Direi proprio di sì, se contestualizzo la mia forma attuale. In pratica sono tornata veramente in pista a Maiorca. Dopo i mondiali non sono stata molto bene. Ho avuto problemi ai denti, poi mi sono operata al naso. Ho ripreso facendo lavori in palestra e su strada a Salerno, la città originaria dei miei genitori. Solo a ottobre inoltrato abbiamo ricominciato gli allenamenti a Montichiari. Poco fa ho fatto sudare Emma, che aveva lanciato uno sprint lunghissimo. Sono comunque soddisfatta in un certo senso perché qua, considerando il bel montepremi in palio, nessuno mente e tutte vanno forte.
A Londra è arrivato Daniele Napolitano a supportare Miriam, sua compagna di nazionalePer Vece è fondamentale avere il sincero parere dei colleghi maschi per credere di più in se stessaA Londra è arrivato Daniele Napolitano a supportare Miriam, sua compagna di nazionalePer Vece è fondamentale avere il sincero parere dei colleghi maschi per credere di più in se stessa
Un pregio e un difetto della Champions League?
La cosa brutta, per modo di dire, o comunque stancante sono i viaggi. Arrivi il giorno prima della gara, devi montare la bici, corri al sabato, smonti la bici e la rimetti nel cartone da spedire. Diventa un po’ stressante fare così tutto di fretta. Lo penso ogni volta, però poi penso che se non mi avessero invitata ci sarei rimasta male (dice sorridendo, ndr). La cosa bella invece è che corri senza pressioni, almeno io. Faccio le mie prove cercando di imparare un po’ di tecnica e tattica. E un altro aspetto positivo è che posso rappresentare l’Italia, quest’anno assieme a Francesca (Selva, ndr).
La Champions può dare indicazioni per le altre manifestazioni internazionali?
Sì e no. La stessa Finucane non la vedo performante come ai mondiali. Sono sicura però che a gennaio, quando ci saranno gli europei, lei sarà al top. Viceversa, la Propster (campionessa europea nel team sprint e U23 nella velocità, ndr) che di solito non è tra le titolari della nazionale tedesca, in cui il livello è molto alto, qua alla Champions è stata leader nelle prime due prove. Diciamo che si può vedere a che punto sono le avversarie, ma non è troppo attendibile. Adesso da una settimana all’altra cambiano tante cose. Ad esempio io a Berlino sono arrivata in finale nel keirin, a Parigi la settimana scorsa invece un disastro. Poi contano gli allenamenti che si fanno, specie per me con Quaranta.
Vece (qui con l’iridata Finucane e Huisman) alla Champions può trarre indicazioni sulle avversarie in vista degli altri impegni internazionaliMiriam ha partecipato alle tre edizioni della Champions League della pista: 10ª nel 2021, 14ª nel 2022 (foto Uci Track CL)Vece (qui con Finucane e Huisman) alla Champions può trarre indicazioni sulle avversarie in vista degli altri impegni internazionaliMiriam ha partecipato alle tre edizioni della Champions League della pista: 10ª nel 2021, 14ª nel 2022 (foto Uci Track CL)
Cosa ti ha detto Ivan per questa Champions League?
Anche se mi considera una ragazza esperta, lui ha sempre da ridire (sorride, ndr). Mi dice sempre che devo ancora imparare a correre, più che altro perché mi sottovaluto tanto. In gara mi sembra sempre di non riuscire a fare le cose, quando invece Ivan mi ripete che le gambe le ho e che vado più forte di tante altre che mi arrivano davanti. Questa è una cosa negativa per quello che faccio. Perciò quando a casa analizziamo le gare, c’è sempre da discutere (e sorride nuovamente, ndr).
In vista degli europei e quindi delle Olimpiadi stai lavorando per colmare questo gap psicologico?
Sì, assolutamente, lo stiamo già facendo. Stare nel gruppo dei ragazzi mi aiuta tanto. Mi spronano e me lo dicono a ragion veduta, visto che mi alleno con loro. Spero di qualificarmi per Parigi…
La scorsa estate Quaranta la dava quasi per certa.
Con un piede sono a Parigi, con l’altro sono ancora in Italia. Al momento sono ampiamente dentro al ranking per andarci, sia nella velocità sia nel keirin, però per la qualificazione mancano ancora quattro passaggi. Voglio partire subito bene con l’europeo e poi guadagnare i punti necessari nelle altre tre prove di Nations Cup. Io dovrei andare malissimo e quelle dietro di me dovrebbero stravincere. Tutto può succedere. Finché non la ottengo, non ci credo. Di sicuro se dovessi fare dei bei tempi, allora anche quel famoso gap psicologico si ridurrebbe e sarebbe un po’ più facile prepararsi.
Miriam Vece (qui con Ivan Quaranta) a Parigi 2024 potrebbe essere la prima donna italiana della storia a fare velocità alle OlimpiadiMiriam Vece (qui con Ivan Quaranta) a Parigi 2024 potrebbe essere la prima donna italiana della storia a fare velocità alle Olimpiadi
A Parigi potresti scrivere la storia come prima donna italiana nella velocità. Quando inizierà Miriam Vece a preparare il suo intenso 2024?
Finita la Champions League, farò una settimana di riposo d’accordo con Quaranta. Poi da fine novembre ci rimettiamo sotto. Per l’europeo si dice che potremmo fare anche un team sprint. Ivan vorrebbe portare delle giovani, ma vedremo. In effetti andare alle Olimpiadi sarebbe già un grandissimo traguardo, un vero orgoglio per me, visto che prima di me nessuna azzurra lo ha mai fatto. In ogni caso ci arriverò tranquilla. Quando vedremo che l’Italia sarà qualificata, allora con Ivan inizieremo a lavorare per il podio, pur sapendo che non sarà per nulla semplice. Però a Tokyo Kelsey Mitchell vinse la velocità ed era l’ultima arrivata. Quindi mai dire mai.
Un malinconico post su Instagram, con cui Francesca Selva ha voluto fare il punto sulla sua partecipazione alla Champions League della pista. Le attese erano tante, l’ambizione non si è certo fermata davanti alla consapevolezza di una preparazione messa insieme frettolosamente nelle ultime settimane. E così all’orgoglio di farne parte si è sovrapposto un velo di sfiducia, nato più che altro dalla pressione psicologica. Allora per metterla un po’ sul leggero, strapparle un sorriso e in attesa di seguirla di persona nelle ultime due serate di Londra, abbiamo aggiunto Francesca a casa, un paio di giorni prima dell’ultima valigia.
Questa la foto utilizzata da Francesca Selva su Instagram per raccontareil suo stato d’animo (foto SWpix.com)Questa la foto utilizzata da Francesca Selva su Instagram per raccontareil suo stato d’animo (foto SWpix.com)
Insomma, cos’era quel post?
A me piace scrivere, analizzare. E’ stato come fare un bilancio, concedersi uno sfogo. Sto facendo fatica e c’è stata anche un po’ di sfortuna. Nella prima tappa ho bucato e stavo bene. Nella seconda tappa, ho avuto una giornata no. Stavo male, non mi sarei neppure alzata dal letto. La settimana scorsa tutto sommato stavo abbastanza bene, non ho avuto problemi. Però ho fatto una serie di movimenti sbagliati in gruppo, ero spesso nella posizione sbagliata. E quindi, a causa di questi errori tecnici, anche se stavo bene il risultato che si può essere percepito dall’esterno non esprime quel che mi sento. Ho un po’ di amaro in bocca, mi dispiace perché vorrei riuscire a raccogliere tutto quello che posso. Chiaramente non è facile e probabilmente sto pagando il fatto di non aver mai gareggiato a livelli così alti. Non ho mai partecipato a europei o mondiali. Quindi la gestione della grandezza dell’evento mi pesa.
Ci sei arrivata anche senza una grande preparazione, no?
Esatto, infatti inizialmente ero già felice di essere là. Quando poi ci sono arrivata, ho scoperto che non mi bastava più. Questo è il succo della faccenda.
Le gare sono tiratissime, servono gambe ed esperienza per gestirsi al meglio (foto SWpix.com)Le gare sono tiratissime, servono gambe ed esperienza per gestirsi al meglio (foto SWpix.com)
Non hai fatto mondiali, però sei stata due volte in Nations Cup, quindi un po’ di alto livello l’hai visto. Quali sono le differenze?
E’ la grandezza dell’evento, anche se non sono un’atleta che si agita prima delle gare. In Nations Cup si corre con la maglia azzurra e quello un po’ di peso sulle spalle lo mette. La prima volta ho corso con Matilde Vitillo e sapevamo che comunque era impossibile correre per una medaglia, per cui abbiamo cercato di fare il massimo. Lei è giovane, doveva fare esperienza, io dovevo portarle un po’ della mia nella madison. Quindi è stato più un passaggio di crescita per lei e l’ho vissuta tranquilla, senza pressioni. L’anno scorso a Cali correvo con Letizia Paternoster, quindi ero un po’ più agitata, perché sapevo di essere la pedina debole della coppia e avrei dovuto sputare sangue per vincere la medaglia che poi abbiamo preso. Però il livello era oggettivamente molto più basso, non c’è nessun paragone.
La Champions è così tirata?
Io non ho mai corso gare di questa portata. Il livello delle atlete è alto e le gare sono velocissime. Si va forte, si va tanto forte. E’ un altro mondo, proprio un modo di correre completamente diverso. E poi col fatto che è un format televisivo, tutti vogliono farsi vedere e cercano di dare il meglio. Quindi vengono fuori delle gare veramente tiratissime. Anche nella corsa a punti che facciamo al pomeriggio, che non serve assolutamente a niente, si scannano come se fosse veramente il campionato del mondo.
Francesca Selva divide le trasferte con Miriam Vece, impegnata nelle gare veloci (foto SWpix.com)Francesca Selva divide le trasferte con Miriam Vece, impegnata nelle gare veloci (foto SWpix.com)
Come mai secondo te?
Si sente tanto la grandezza dell’evento. In un mondiale sai che ti stai giocando la maglia iridata, qua è diverso. L’atmosfera che c’è in pista ti fa sentire che sei al centro di una cosa enorme. Hai tutti gli occhi addosso e ti dici che non devi fare brutta figura, perché il mondo sta guardando.
Possiamo dire che hai cominciato dall’Università, senza passare dalla materna?
Diciamo di sì. A livello di esperienze, sono ancora una bambina. Sono entrata in nazionale a 23 anni, che è una cosa abbastanza fuori dagli schemi. Quindi chiaramente dalla parte della gestione emotiva mi manca ancora qualcosa. In più mettiamoci che è tutto molto frenetico. Arrivi il giorno prima. Monti le bici. Corri. Smonti le bici. Parti di nuovo. Vai a casa e fai tutto da sola. A me non pesa particolarmente, perché sono abituata a viaggiare così durante l’anno. Però chiaramente quando sei a quel livello, con gli inglesi che magari sono in 12 e hanno con loro lo staff della nazionale, le differenze si vedono. Intendiamoci, non credo che a me possa fare la differenza, se non un paio di posizioni. Non stiamo dicendo che potrei vincere.
Bici Handsling per Francesca Selva, così chiamate proprio per il cambio all’americana (foto SWpix.com)Sulla sua bici, ruote e trasmissione sono Miche, come per la nazionale della pista (foto SWpix.com)Bici Handsling per Francesca Selva, così chiamate proprio per il cambio all’americana (foto SWpix.com)Sulla sua bici, ruote e trasmissione sono Miche, come per la nazionale della pista (foto SWpix.com)
Lo consideriamo un punto di partenza?
Prima di partire ero contenta di essere lì, mentre adesso effettivamente mi scontro col mio essere una persona competitiva. Quindi non mi basta semplicemente partecipare. Voglio giocarmela, però onestamente non potevo aspettarmi chissà cosa da me stessa. Quando sei lì, vuoi ottenere sempre di più. Anche io ho scritto che è un punto di partenza, invece la mia nutrizionista mi ha risposto che non è molto d’accordo. Secondo lei non è un punto di partenza, nel senso che io qua ci sono arrivata con un percorso ben duro e difficile e l’ho affrontato da sola. Quindi secondo lei, è un bel traguardo che ho raggiunto.
E tu cosa ne pensi?
Per me è il modo di realizzare quanto devo ancora lavorare, quanto voglio lavorare per arrivare lì, non solo per esserci. Spero che anche questo inverno io possa allenarmi ancora con la nazionale. Mi sono sentita con Marco Villa e Diego Bragato che stanno facendo i piani e ho chiesto di poter lavorare con loro. Ancora non sono pronta per giocarmi una vittoria a questo livello, però ci voglio arrivare. E farò tutto quello che serve.
Il fatto di essere sempre in diretta tivù fa sì che le gare siano sempre molto combattuteIl fatto di essere sempre in diretta tivù fa sì che le gare siano sempre molto combattute
Manca l’ultimo turno di questa Champions. Come quale spirito andrai a Londra?
Voglio provare a tirar fuori qualcosa di più, l’unica cosa che mi chiedo è di non pensarci. A questo punto non ho niente da perdere, quindi meglio fare ultima avendoci provato, piuttosto che restare per tutto il tempo a ruota. A Londra proverò a viverla un po’ più serenamente, senza pensare a dove sono e cosa sto facendo. La prenderò come una gara normale e la gestirò come faccio di solito. Alla fine devo essere contenta di essere lì e devo cercare di trarne il meglio, quindi proverò a divertirmi e basta. Il fatto che ci sia Miriam Vece con me è una fortuna e mi aiuta. La settimana scorsa ha fatto una volata che mi ha esaltato e quando sono salita nell’eliminazione, anche se stavo male, avevo voglia di spaccare il mondo. Insomma, siamo solo in due ed è sempre bello avere una compagna di nazionale che un po’ ti capisce. Ci stiamo divertendo tanto, al di là dell’aspetto delle gare.