Colombo e l’avventura al Nord terminata in ospedale

13.04.2023
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Nel giro di una settimana Filippo Colombo è passato dalla fuga da protagonista del Fiandre alla caduta della Roubaix. Ora lo svizzero si trova in ospedale a Zurigo e nei giorni scorsi è stato sottoposto ad un’operazione per sistemare la frattura al gomito. Il suo 2023 era iniziato iniziato in modo diverso, correndo un po’ di corse al Nord, sempre con un occhio alla mountain bike: suo terreno di caccia. Vale la pena ricordare infatti che lo svizzero di Gussago, classe 1997, ha vinto per due volte il mondiale della staffetta (2017 e 2018) e una volta il titolo europeo nella stessa specialità (2017), mentre è stato argento ai mondiali U23 di cross country e bronzo agli ultimi europei di Monaco, dietro Pidcock e Carstensen.

«Quest’anno – racconta dal letto dell’ospedale – grazie a Scott ed al Team Q36.5 ho avuto modo di mettermi alla prova su strada. Dovevo fare una prima parte di stagione con un po’ di gare tra Belgio e Francia e poi tornare concentrato al massimo per preparare la stagione di Mtb».

La stagione su strada di Colombo si è aperta prima con la Kuurne, poi con Le Samyn, qui in foto
La stagione su strada di Colombo si è aperta prima con la Kuurne, poi con Le Samyn, qui in foto
Come sono andate queste gare?

Bene, almeno fino alla Roubaix. Ho iniziato la stagione con un ritiro in Sud Africa insieme alla Scott-Sram Mtb. Successivamente ho gareggiato alla Kuurne e a Le Samyn, devo ammettere che mi sono trovato a mio agio fin da subito. 

Eri soddisfatto della condizione?

Sono riuscito a performare bene, fino alla Roubaix, che se vogliamo dirla tutta è stata l’eccezione. Ero molto curioso di vedere come sarebbe andata, passando dalla Mtb alla strada. 

Con quale obiettivo ti eri messo in gioco?

Non avevo necessità di fare risultato, volevo capire se un periodo su strada mi avrebbe poi aiutato a fare meglio in Mtb. L’obiettivo era di iniziare un blocco di lavoro in vista poi delle Olimpiadi di Parigi 2024.

Sei partito per testarti arrivando a guadagnarti la convocazione al Fiandre…

Sì, non me lo aspettavo nemmeno io ad essere sincero. Però, come detto, fin dalle prime gare mi sentivo bene e quindi anche la squadra mi ha dato fiducia. 

Che cosa hai provato a correre lì?

E’ stata un’esperienza bellissima, super intensa. L’ambiente in Belgio è sensazionale, la gente vive per il ciclismo e la corsa, manco a dirlo, è magnifica. Il fatto di essere andato in fuga mi ha permesso di prendere i Muri davanti e di godermi ancor di più l’atmosfera

Sei stato in avanscoperta per 135 chilometri, nel Fiandre più veloce di sempre…

Si è trattata di una prova di forza, la squadra aveva voglia di andare in fuga e nei primi 100 chilometri ci siamo messi d’impegno. Nessuno però voleva mollare, il gruppetto è uscito solamente dopo 109 chilometri, è stata una vera guerra. 

Al Fiandre 135 chilometri in avanscoperta, Colombo è stato uno degli ultimi della fuga ad arrendersi
Al Fiandre una fuga cercata e sudata, poi 135 chilometri in avanscoperta
Con una distanza importante da affrontare.

Fino ai 250 chilometri è andata nella maniera prevista, poi però non ero preparato per affrontare i rimanenti 20. Mi mancava la base che mi avrebbe permesso di concludere al meglio la prova. 

Che sensazioni hai avuto?

Nelle fasi finali ho davvero sofferto, sono però riuscito ad arrivare al traguardo in 50ª posizione. Con il senno di poi, mi viene da dire che con la giusta preparazione sarebbe stato possibile ambire alla top 20. 

Una bella esperienza?

E’ stato un bell’esperimento, a febbraio non ero a conoscenza delle gare che avrei fatto e nemmeno che corridore fossi su strada. Però fin dalla prima gara, la Kuurne-Bruxelles-Kuurne mi ero comportato bene, entrando nel gruppo dei primi. 

Poi c’è stata la parentesi Roubaix, meno positiva per come è finita?

Non del tutto, i primi chilometri stavo molto bene, ero sempre nelle prime posizioni e nel prendere i settori di pavé non facevo fatica a lottare per il piazzamento. Due settori prima di Arenberg ho bucato la ruota davanti ed ho fatto tutto il pavé sul cerchio. Alla fine del settore c’era un meccanico e siamo riusciti a montare la ruota, ma non so perché è stato messo un copertone con sezione da 28 al posto di un 30

La caduta nella Foresta di Arenberg è costata a Colombo la frattura del gomito e il ricovero in ospedale
La caduta nella Foresta di Arenberg è costata a Colombo la frattura del gomito e il ricovero in ospedale
A breve è arrivata la caduta nella Foresta…

Nel frattempo tra la foratura e Arenberg sono riuscito a rientrare ed ho preso l’imbocco del pavé nei primi quindici. Dopo 100 metri, purtroppo ho bucato ancora, sempre la ruota davanti ma sono riuscito a rimanere in piedi. Wright, che era accanto a me, ha forato anche lui ed è caduto ed io mi sono ritrovato a terra. Avevo capito fin da subito che si trattava di una frattura.

Che esperienza è stata?

Positiva, anche se i risultati li vedremo una volta che riuscirò a tornare in sella. Anche questo fa parte del processo di crescita, le conclusioni le tirerò dopo la stagione di Mtb, però mi piacerebbe continuare questa doppia attività.

Pidcock mtb 2022

Intanto Pidcock in mtb non ha perso il suo vizio: vincere…

09.05.2022
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Raramente si è visto Tom Pidcock sorridere come dopo la sua vittoria ad Albstadt, nella prima prova europea della Coppa del Mondo di mtb. Il perché non è dato tanto dalla portata pur significativa dell’evento, quanto da quando questa vittoria è arrivata, ossia dopo un periodo di classiche del Nord che per il britannico non è davvero andato come sperava. Per questo, per capire che cosa davvero Tom ha fatto in terra tedesca, non si può non partire da un paio di settimane prima.

Pidcock Albstadt 2022
Abstadt è un posto magico per la mtb, in migliaia ad assistere alle gare (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock Albstadt 2022
Abstadt è un posto magico per la mtb, in migliaia ad assistere alle gare (foto Alessandro Di Donato)

La caduta della Doyenne

Liegi-Bastogne-Liegi. Pidcock cerca il riscatto, dopo una stagione di corse in linea dalla quale si aspettava molto di più. Ha portato a casa il terzo posto alla Dwars door Vlaanderen e il 5° alla Freccia del Brabante, poco rispetto a quanto si attendeva. La sua Doyenne si chiude però a una sessantina di chilometri dal traguardo, in quella maxi caduta costata buona parte della stagione al campione del mondo Alaphilippe e infortuni diffusi a buona parte del gruppo. Anche Pidcock non ne è esente: «Volete sapere una cosa? Ho sacrificato una delle mie nove vite…

«Un corridore della Total Energies (identificato poi in Jeremy Cabot, ndr) ha fatto una mossa da irresponsabile cercando di passare dove non si poteva e questo è il risultato. Io ho riportato forse un dito rotto e posso dirmi fortunato».

Pidcock discesa
Il britannico è rimasto sulle sue per due terzi di gara, ma quando ha forzato, ha chiuso i conti (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock discesa
Il britannico è rimasto sulle sue per due terzi di gara, ma quando ha forzato, ha chiuso i conti (foto Alessandro Di Donato)

Una gara dominata

Alla fine poi quel dito non era fratturato, ma Tom è uscito dal periodo con un diavolo per capello. Tornare alla mtb è stato come riappropriarsi delle sue radici, resettare tutto dopo un periodo che gli ha dato più dolori che gioie. E’ vero, in mtb non si era allenato molto dall’inizio della stagione, non c’era neanche la possibilità, ma sapendo di avere qualche giorno a disposizione per Albstadt si è messo al lavoro con un piglio nuovo, con una rabbia interiore che gli ha dato quel qualcosa in più.

In terra tedesca Pidcock è tornato alle corse fuoristrada dopo la splendida stagione di ciclocross, culminata con il trionfo ai mondiali di Fayetteville, ma in fin dei conti non prendeva in mano una mtb dalla vittoria olimpica di Tokyo. Appena si è rimesso a girare però è come se tutto fosse tornato come in quel magico giorno giapponese. Aveva dominato allora, lo ha fatto anche in Germania.

Pidcock tecnica
Nuova forcella? Un’evoluzione elettronica della Suntour usata a Tokyo? (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock tecnica
Nuova forcella? Un’evoluzione elettronica della Suntour usata a Tokyo? (foto Alessandro Di Donato)

Poco allenamento in mtb

In Germania, in quel che è considerato ormai un tempio della mtb, Pidcock inizialmente ha lasciato fare agli specialisti, con un folto gruppo in testa guidato dal vincitore della passata edizione, quel Victor Koretzky, francese, che ha scelto la stessa via del britannico dedicandosi quest’anno più alla strada correndo nella B&B. Più volte era Nino Schurter, il pluricampione del mondo svizzero a provare a fare selezione, senza però riuscirci.

«Quando ho visto che le acque non si smuovevano ho provato io a fare qualcosa – ha raccontato Pidcock alla fine della gara – e ho visto che si era creato un divario, anche più facilmente di quanto immaginassi. Vi posso assicurare che è stata più dura di quel che si è visto, proprio perché in mtb mi sono allenato poco, ma d’altronde il principio di base è sempre vero: quando impari ad andare in bici, poi non lo dimentichi più…».

Pidcock arrivo
Impennata per salutare il pubblico, dopo un ultimo giro senza spingere (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock arrivo
Impennata per salutare il pubblico, dopo un ultimo giro senza spingere (foto Alessandro Di Donato)

In Coppa sempre più stradisti

Effettivamente il britannico della Ineos Grenadiers ha scavato un solco fra lui e gli altri ben più grande di quel che i risultati finali dicono, perché l’ultimo giro si è trasformato in una passerella per lui, che salutava il pubblico e dava spettacolo sulla sua bici, mentre gli avversari si dannavano per le posizioni di rincalzo, ha ricordato molto quel che si era visto a Fayetteville, con quel volo d’angelo sul traguardo del quale tanto si è discusso.

Guardando la classifica di Albstadt, si nota come la commistione fra strada e mtb stia diventando sempre più abituale nell’offroad. Detto di Koretzky, andato in verità spegnendosi nel corso della gara, c’è stato l’ottavo posto di Filippo Colombo, lo svizzero sempre più coinvolto dalle gare su strada e del quale vi abbiamo già raccontato. 20° è stato Ondrej Cink, 31enne tornato alla Mtb dopo un’esperienza poco rimarchevole alla Bahrain. Solo 41° invece Samuel Gaze, neozelandese dell’Alpecin Fenix che due giorni prima però aveva fatto saltare il banco nello short track, la gara breve che da quest’anno ha una vita propria nella mtb, con un proprio circuito di coppa del mondo (anche se continua ad assegnare i posti principali in griglia di partenza alla domenica) e avrà anche la sua prova ai mondiali.

Gaze Albstadt
Nel giorno del trionfo rosa di VDP, Gaze esalta l’Alpecin Fenix anche ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)
Gaze Albstadt
Nel giorno del trionfo rosa di VDP, Gaze esalta l’Alpecin Fenix anche ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)

Un kiwi alla corte di VDP

Gaze era considerato un grande talento fin dalle categorie giovanili con due titoli mondiali U23 al suo attivo, ma su di lui ha poggiato gli occhi la sfortuna, che lo ha martoriato. Basti pensare che quest’anno, dopo che si era messo in luce al Tour of Antalya con una Top 10, si è dovuto fermare per un’operazione a entrambe le ginocchia. Nel 2019 aveva deciso di provare la strada, era entrato a far parte della Deceuninck Quick Step, ma dopo un anno la sua parabola sembrava già conclusa.

Conoscendolo da vicino, Mathieu Van Der Poel ha invece deciso di prenderlo sotto la sua ala, convincendo i dirigenti dell’Alpecin Fenix a dargli una possibilità, per condividere gli sforzi sia su strada che nella mtb. In fin dei conti ha ancora 26 anni e può dare molto, soprattutto è pronto a fare di tutto per il suo capitano olandese, che nel suo sogno di vincere tre titoli mondiali in tre discipline diverse, avrà bisogno di un sostegno anche al di fuori della nazionale orange.

Filippo Colombo, un biker doc, che va forte anche su strada

07.05.2022
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C’è un corridore che al Giro di Romandia vestiva la maglia della nazionale svizzera. Agli appassionati della strada il suo nome magari non dirà molto, ma per i biker è un vero campione. Stiamo parlando di Filippo Colombo (in apertura, foto Maxime Schmid).

Il ticinese ha chiare origini italiane. Vive a Lugano e, come dicevamo, nella Mtb è uno dei ragazzi più forti. Se la gioca con Nino Schurter, Van der Poel, Avancini… e per disputare le Olimpiadi (quelle di Tokyo) nella nazionale svizzera devi andare davvero forte, vista la quantità e la qualità degli atleti che ci sono.

Ma Filippo è anche un super appassionato della strada. La prima volta che lo incrociammo era in Costa Azzurra, durante un ritiro invernale. Non aveva neanche 18 anni. Alex Moos, ex stradista e all’epoca direttore di quella squadra, la Bmc, se lo portò dietro. C’era Le Roi, Julien Absalon, in quel gruppo.

Filippo, partiamo da questo Romandia: come è andato?

Direi che è andato bene. Non avevo mai corso prima in una gara WorldTour e non sapevo cosa mi aspettasse. Prima, su strada, avevo fatto gare minori, molte delle quali erano delle under 23. Quindi non sapevo che ritmi avrei trovato. Per questo l’obiettivo primario era riuscire a finire la corsa. Alla fine sono riuscito a fare anche qualche chilometro davanti. E’ stata una nuova esperienza, speriamo sia appagante per il futuro e per le prossime gare.

Futuro: dov’è quello di Filippo Colombo?

In mtb. Adesso c’è la Coppa del mondo (domenica prossima in Germania c’è la seconda tappa, ndr) e da questo momento in poi integrare l’attività su strada con quella offroad non sarà facile. Però vediamo un po’ cosa si potrà fare.

Tu avevi già corso su strada. Lo scorso anno addirittura sfiorasti la vittoria in Turchia. Come mai hai questa passione?

La strada è un qualcosa che mi piace, ma la mia passione resta la mtb e non ho dubbi a riguardo. Certo però che mi piacerebbe integrarla sempre di più con la strada. Fare queste corse è per me un ottimo allenamento. Senza contare che gli ultimi 20-30 chilometri sono adrenalinici. Tutto cambia, è un rischio diverso rispetto alla mtb, si va forte, c’è tensione.

Lo scorso anno Colombo (sullo sfondo) fu secondo Grand Prix Alanya alle spalle di Gabburo
Lo scorso anno Colombo (sullo sfondo) fu secondo Grand Prix Alanya alle spalle di Gabburo
Però vedere i Pidcock e i Van der Poel che fanno certi numeri anche in Mtb è un incentivo in qualche modo? Non pensi che puoi riuscirci anche tu?

Certo che può servire. Sono esempi da seguire o comunque bisogna cercare di emulare, con tutte le proporzioni del caso. Sono i migliori al mondo. Ma certo è difficile andare come loro.

E’ difficile, però proprio Diego Ulissi, con cui esci spesso, ci ha detto che hai davvero un gran motore…

A Lugano ci sono pochi biker, ma molti stradisti e sì, quando loro sono a casa sfruttiamo spesso queste occasioni per uscire tutti insieme. C’è Diego, ci sono Bettiol, Nibali, Pozzovivo, Honoré… Ecco, Michael forse è la persona con cui esco di più. E poi è arrivato anche Bagioli, anche se ancora non lo conosco.

Uscire con i professionisti su strada, tenere il loro ritmo: ti aiuta ad andare forte poi nella mtb?

Sì, sicuramente è un buon metodo di lavoro. Lo scorso anno con le tante gare che ci sono state non ci siamo allenati tanto assieme. Ma andare con loro mi ha fatto capire quanto vadano forte. Provare a stare con loro è di grande aiuto. Poi ognuno ha il suo piano di allenamento e suoi lavori da fare. Ma in linea di massima si cerca di partire insieme.

Sei ancora abbastanza giovane (Colombo è un classe 1997): se dovesse arrivare una chiamata dalla strada rinunceresti?

Se si tratta di correre solo su strada sì. Se invece mi dessero la possibilità di combinare le due discipline, come appunto fanno Van der Poel e Pidcock, ci penserei. Ci penserei moltissimo.

E che tipo di corridore potresti essere? Con le tue caratteristiche e la tua potenza potresti essere un ottimo finisseur?

Dopo l’esperienza fatta al Romandia posso dire ancora di più che potrei giocarmi qualche tappa un po’ mossa, perché devo ammettere che sulle salite lunghe rispetto a me gli stradisti fanno un altro sport. La tipologia di corsa ideale per me quindi potrebbe essere una classica. Ma come profilo altimetrico, intendo. Perché chiaramente mi manca la distanza. Alla fine sono discretamente veloce e tengo bene su salite di 10′-15’.

Un Van der Poel insomma…

Eh – ride – diciamo qualcosa del genere!