Campionati del mondo Kigali 2025, GDavid Lappartient, conferenza stampa

Kigali, Lappartient e la celebrazione dell’UCI

01.10.2025
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KIGALI (Rwanda) – Rieletto alla guida dell’UCI per i prossimi quattro anni, il presidente dell’UCI Lappartient si è mostrato in giro per i mondiali con un bel sorriso e la sicurezza di chi non ha avuto neanche bisogno di difendersi da candidati avversi. L’apparato federale svizzero è ormai una solida industria, che produce fatturato e continua la sua espansione verso confini un tempo inimmaginabili. Lo sbarco in Rwanda è stato accolto con toni trionfali sia da parte del presidente dell’UCI, che se l’è appuntato sul petto, sia da parte dei media locali. Peccato ad esempio che alla celebrazione sia subito seguito ad esempio il contraltare delle parole di Girmay, che ha smontato il castello delle cerimonie. E invitando a riflettere sulla parola stessa: l’Africa non è il Rwanda. L’Africa è un continente immenso e ciascun Paese ha la sua storia e le sue esigenze.

All’indomani della sua elezione, Lappartient ha incontrato i media nella conferenza stampa di rito, in cui ha mostrato delle straordinarie doti oratorie, ma anche la scarsa volontà di affrontare a fondo i temi più seri. La sicurezza in gara. Le proteste contro Israele. Le rivolta delle aziende. Le azioni contro le squadre per l’annosa (e noiosa) vicenda dei GPS. Le cose hanno un solo punto di vista valido: quello dell’UCI. Intanto però le 5 squadre escluse dal Romandia Donne si sono rivolte al TAS, mentre SRAM si è rivolta al Garante Belga della concorrenza per la decisione legata alla limitazione dei rapporti. Quando abbiamo chiesto all’ufficio comunicazione dell’UCI di conoscere in che modo si svolgeranno i test in questo senso al Tour di Guangxi, ci è stato risposto che proprio in seguito al ricorso di SRAM, tali informazioni non possono essere condivise con i media

Campionati del mondo, Kigali 2025, Biniam Girmay
Girmay ha detto chiaramente che in Africa servono cose più elementari – ad esempio le bici – che grandi eventi internazionali
Campionati del mondo, Kigali 2025, Biniam Girmay
Girmay ha detto chiaramente che in Africa servono cose più elementari – ad esempio le bici – che grandi eventi internazionali
Finalmente in Africa, dunque?

Ho avuto l’obiettivo di organizzare i campionati mondiali in Africa e finalmente, 8 anni dopo la mia prima elezione, siamo qui in Rwanda e sono molto felice per l’alto livello di organizzazione e gare meravigliose. Il ciclismo in Africa sta crescendo. Tanti di noi non sapevano cosa aspettarsi. Sono rimasti colpiti dal livello dell’organizzazione.

Non rischia di essere un grande evento che domani non lascerà nulla?

Il ciclismo su strada è diverso da tutte le altre discipline. Bisogna correre, non puoi solo allenarti e gareggiare una o due volte al mese. Purtroppo non ci sono abbastanza gare e a volte ci sono problemi di risorse. Servono più corse a livello locale, ma anche internazionali. Se gli atleti africani vogliono raggiungere un determinato livello, non c’è nessun plan B che tenga: devono trasferirsi in Europa. Solo lì sono in grado di competere ogni settimana. Organizzare le gare, vista l’economia di alcuni Paesi, è molto più difficile.

E come si fa?

Il nostro obiettivo è che questo mondiale non sia un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Il fatto che gli eventi siano stati trasmessi in quasi tutti i Paesi dell’Africa ci aiuterà. Sono sicuro che potremo avere molti più eventi internazionali e in altre discipline, come la mountain bike o il gravel. Continueremo a investire, ma l’Africa è grande ed è difficile spostarsi da uno Stato all’altro. Per questo l’idea è di aprire un centro di ciclismo all’Ovest. Questi hub regionali saranno molto importanti per individuale i talenti e poi portarli al livello più alto. Dobbiamo continuare a discutere con le Federazioni nazionali per aiutarli a portare avanti una vera agenda, perché non sempre sono strutturate. Dobbiamo implementare una strategia per i prossimi 5 anni in Africa. E’ importante prendere in considerazione i risultati positivi di questi mondiali, ma anche quello che si può migliorare.

Vuelta Espana 2025, ultima tappa MAdrid, protesta pro Palestina, disordini, tappa annullata
Il rifiuto dell’UCI e dello sport di prendere posizione sulla situazione di Gaza ha prodotto le proteste della Vuelta
Vuelta Espana 2025, ultima tappa MAdrid, protesta pro Palestina, disordini, tappa annullata
Il rifiuto dell’UCI e dello sport di prendere posizione sulla situazione di Gaza ha prodotto le proteste della Vuelta
Mentre qui si celebra il mondiale, la Vuelta in Europa è stata fermata per una protesta politica.

Riconosciamo completamente il potenziale della democrazia e il diritto di protestare, quando le persone non sono d’accordo con qualcosa. Ma protestare ed essere rispettosi è una cosa, protestare e danneggiare gli atleti è un’altra e questo non lo possiamo accettare. E’ molto complicato. In Spagna la polizia ha cercato di proteggere i corridori, ma ugualmente gli atleti si sono sentiti insicuri e spaventati. Nel frattempo, il Primo Ministro spagnolo ha detto che supporta i protestanti, quindi non deve essere stato facile per gli agenti difendere la corsa.

La protesta mirava a escludere la squadra israeliana dal gruppo…

Secondo i valori olimpici, lo sport è un strumento di unità. Chiaramente come UCI non possiamo pretendere di salvare il mondo soltanto portando le persone insieme a una gara di bicicletta o in una competizione. Ma questo è anche il nostro DNA, la storia dei valori olimpici, essere in grado di competere qualunque sia la nostra nazionalità, la nostra religione, il nostro background, anche se i Paesi sono in guerra. Ieri nel Congresso c’erano la federazione palestinese, la federazione israeliana, la federazione ucraina nella stessa stanza, ma dobbiamo essere molto attenti che i nostri team portino un altro tipo di messaggio. Noi siamo sicuri che la Israel-Premier Tech abbia il diritto di partecipare, mentre il governo spagnolo mi ha chiesto di rimuoverlo: su quale base legale?

Sulla base di una inedita sensibilità umana, probabilmente…

Qualsiasi controversia futura sarebbe il pretesto per rimuovere un altro team. La politicizzazione dello sport è un grande pericolo. Non significa che dobbiamo accettare tutto. Quello che è successo il 7 ottobre è stato inaccettabile e ciò che succede oggi a Gaza è terribile per i civili. Se vogliamo la pace, la violenza non è la soluzione. Ma noi siamo politicamente neutrali e non vogliamo entrare nelle decisioni politiche, perché non possiamo diventare un strumento per applicare sanzioni.

Campionati del mondo Kigali 2025, GPS soto sella di Eleonora Ciabocco
Questo il sistema GPS usato dall’UCI al mondiale per la sicurezza dei corridori
Campionati del mondo Kigali 2025, GPS soto sella di Eleonora Ciabocco
Questo il sistema GPS usato dall’UCI al mondiale per la sicurezza dei corridori
Veniamo ai GPS e a tutto quello che è successo intorno?

Il nostro obiettivo è non avere più un caso come l’anno scorso, in cui il corridore è caduto e non è stato possibile trovarlo (il riferimento è alla morte di Muriel Furrer, ndr) Vogliamo essere in grado di trovare l’atleta e di sapere quando si ferma. E’ chiaro che l’obiettivo è di avere questi dispositivi per tutte le gare in futuro. Non parlo di avere il nostro sistema, ma come principio vogliamo averlo almeno per il WorldTour e se è possibile per le ProSeries, ma sarebbe un grande investimento.

Perché non adottare il sistema Velon, già collaudato e che non avrebbe costi, dato che le squadre WorldTour lo usano già?

Non metteremo mai la sicurezza nelle mani delle compagnie private, privando l’UCI del diritto di adottare un suo sistema. Alcune squadre hanno voluto bloccarci, per il timore che avremmo commercializzato i loro dati. Gli ho detto: ragazzi, la situazione è stata stessa per gli ultimi 6 anni, non lo faremo, non commercializzeremo i dati, ma non voglio essere ricattato (Lappartient usa il termine “blackmailed”, ndr) nel nome della sicurezza, quindi se non volete usare i GPS sarete rimossi dalla gara. E’ stato molto difficile per tutti noi e spero che possiamo trovare soluzioni. Velon non è pronto per questo. Stanno lavorando per mettere a punto e fare un test al Giro di Lombardia. Ma per il futuro voglio essere in grado di avere dei GPS per i corridori, nel nome della sicurezza e senza commercializzare nulla.

Nei giorni scorsi è stata deliberata la fine della Nations Cup per U23: significa che si andrà verso la soppressione della categoria?

C’è una discussione, perché oggi la maggior parte degli under 23 sono professionisti e il livello della gara U23 non è stato molto alto. E’ difficile per le nazioni ottenere un buon livello di partecipazione. Ormai i team professionistici si occupano anche degli juniores, per cui l’esigenza per cui creammo questo sistema oggi non c’è più. Prima i team non investivano nei devo team per cui abbiamo deciso che non fosse necessario mantenere la stessa struttura di un tempo, anche se il Tour de l’Avenir rimarrà una gara per team nazionali. Non siamo gli organizzatori, ma la sosterremo con un contributo perché si tratta di una gara riservata alle nazionali. Il mondiale U23 continuerà, ma a nostro avviso non è più necessario mantenere la Nations Cup. Avevamo avuto delle richieste, ma non tantissime, per cui abbiamo deciso di rinunciare.

Altezza dei cerchi, limitazione dei rapporti e larghezza dei manubri: i punti caldi delle nuove regole UCI
Altezza dei cerchi, limitazione dei rapporti e larghezza dei manubri: i punti caldi delle nuove regole UCI
A luglio avete varato le nuove normative tecniche nel segno della sicurezza, ma in una fase in cui i brand stavano lanciando delle novità non i linea con i nuovi standard. Non sarebbe meglio avere una collaborazione migliore con l’industria ciclistica?

Ovviamente possiamo migliorare il livello di discussione, ma posso dirvi che ci sono molti contatti con il WFSGI, che in un certo modo è l’unione di tutti i produttori. Pensiamo che sia buono avere un frame per le nostre discussioni e le relazioni sono state utili anche nelle ultime settimane, ad esempio per raggungere l’accordo sulla larghezza dei manubri. Quanto all’altezza dei cerchi, perché abbiamo scelto come limite massimo i 65 mm? Perché abbiamo osservato. Nell’ultimo Tour de France, nessuno aveva cerchi più alti  di 60 mm, quindi la misura che proponiamo è ancora più alta rispetto a ciò che usano i corridori.

Perché non coinvolgere le aziende nel quadro di SafeR?

Il nostro obiettivo non è solo seguire il lavoro dell’industria, ma anche mettere le regole per la sicurezza. Le gare sono sempre più veloci e manovrare una ruota da 80 mm in condizioni di vento è critico. Per questo abbiamo messo la limitazione a 65 mm, ovviamente per le gare su strada, nelle crono sono liberi. Quello che vorrei dire è che siamo aperti a tutte le discussioni, ma una cosa deve essere chiara: non useremo mai la nostra influenza per modificare il mercato. L’innovazione è la chiave dello sport, ma per noi viene prima la sicurezza. Tanti miei colleghi vorrebbero avere un’industria forte come la nostra. Sappiamo anche noi che serve il giusto preavviso perché il lancio di un prodotto richiede anche due anni, ma qui si trattava di limitare la velocità delle gare, perché continuando ad aumentarla, avremmo messo in pericolo i nostri atleti.

EDITORIALE / La grande famiglia del ciclismo, il delirio dell’UCI

18.08.2025
4 min
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La grande famiglia del ciclismo. Per fare digerire ai team WorldTour la sperimentazione improvvisata dei gps di sicurezza e giustificarne poi la squalifica, l’UCI ha attinto a questa raffigurazione retorica che negli anni ha assunto svariate connotazioni.

I politici di Losanna hanno infarcito il ciclismo di così tanta burocrazia e regole, che sentire un appello alla famiglia suona davvero insolito. In base a quale logica, nel ciclismo dei millimetri e delle sanzioni fiscalissime, si possono sperimentare i segnalatori GPS senza un protocollo approvato? Si sbandiera il rigore scientifico e poi si chiede una sperimentazione fatta a pane e salame? Dov’e l’oggettività se devono essere le squadre a scegliere il campione? E in base a quale regolamento si possono squalificare le atlete della squadra che si sia rifiutata di indicarne una?

Milan vince, Consonni dietro festeggia: da quest’anno l’esultanza per il compagno che vince è punita
Milan vince, Consonni dietro festeggia: da quest’anno l’esultanza per il compagno che vince è punita

La grande famiglia

La grande famiglia del ciclismo è un un luogo di cui l’UCI non fa parte ormai da tanti anni. Era una delle espressioni favorite di José Miguel Echavarri, lo storico mentore di Indurain e della grande Banesto da cui oggi è nato il Team Movistar. E anche lui ne ammise la fine nei giorni dello scandalo doping al Tour del 1998. Anche in quel caso tuttavia il ricorso alla famiglia ebbe uno strano suono. Quasi fosse stata negli anni il tacito accordo per tenere al sicuro i segreti inconfessabili.

Una forma di famiglia esiste a livello nazionale. Per questo in Italia ci si preoccupa delle società di base. Della difficoltà di trovare squadra per gli allievi e per gli U23. Del criterio con cui i ragazzi arrivano al professionismo e di quelli che a 18 anni partono verso squadre juniores all’estero. E’ il motivo per cui si chiede alla Federazione di studiare contromosse che tutelino il movimento nazionale. I connotati della famiglia ci sono ancora, ma essa rischia di trasformarsi in un far west per difendersi dalle tante spinte centrifughe. Ed è il motivo per cui, al momento della rielezione, dedicammo un Editoriale al presidente Dagnoni. Sottolineammo come avesse davanti quattro anni decisivi per guidare il movimento sulla giusta strada. Se vuole, su questa strada saremo al suo fianco.

Josè Miguel Echavarri è stato il maestro di Unzue, il fondatore della grande Banesto di Indurain (foto Cadena Ser)
Josè Miguel Echavarri è stato il maestro di Unzue, il fondatore della grande Banesto di Indurain (foto Cadena Ser)

Tutti contro tutti

Che cosa c’entra oggi il richiamo dell’UCI alla grande famiglia del ciclismo se il ciclismo stesso è stato trasformato in una lotta di tutti contro tutti? Di squadre contro le altre, per paura della retrocessione e per scovare budget maggiori (impossibile non notare il rifiuto di introdurre la divisione dei profitti di tutti gli attori sulla scena). Cosa volete che gliene importi a una squadra WorldTour se la professional di turno non trova i soldi per andare avanti? Di atleti contro gli atleti, con gli sconfitti che puntano il dito contro la forma fisica di chi ha vinto. Di agenti contro gli agenti, per piazzare il maggior numero di corridori. Dei media contro i media, per scrivere le notizie più ad effetto. Dell’UCI contro le federazioni nazionali: come definire altrimenti l’imposizione di calendari sempre più costosi? E da ultimo dell’UCI contro gli atleti. Prima pretende di ingabbiarne i gesti e poi decide di squalificare 30 lavoratrici dipendenti (le 30 atlete del Romandie) per punire le loro squadre.

Dopo l’esclusione di 5 squadre senza un regolamento UCI che la prevedesse, il Romandie Feminin è partito con 30 atlete in meno
Dopo l’esclusione di 5 squadre senza un regolamento UCI che la prevedesse, il Romandie Feminin è partito con 30 atlete in meno

E’ ancora ciclismo?

Caro David Lappartient (il presidente dell’UCI è in apertura con Ferrand Prevot), la sua gestione sta trasformando il ciclismo in qualcosa che non è mai stato. Migliore o peggiore? Non è un fatto di gusti, ma di cose che non funzionano. Se mai fosse esistita la grande famiglia del ciclismo e avesse avuto dei padri con i piedi nella storia e il cervello nel futuro, il suo posto dalla tavola sarebbe stato già tolto da un pezzo. Questa non è più una famiglia e forse non lo è mai stata. Questo non è più il ciclismo che ha fatto la storia e siamo certi che prima lo fosse davvero.

EDITORIALE / Il Tour, l’UCI e le aziende calpestate

14.07.2025
5 min
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Quanti corridori attualmente in gara al Tour de France sarebbero in regola con le nuove norme approvate dall’UCI per il 2026? E perché tante, ma davvero tante aziende hanno appena immesso sul mercato componenti palesemente fuori legge, sapendo che resteranno invenduti? Lo sanno anche i muri: se un oggetto non possono usarlo i professionisti, nei negozi non lo guarderanno neppure.

L’annuncio delle nuove disposizioni tecniche in materia di altezza dei cerchi, di larghezza per i manubri e sviluppo metrico dei rapporti, di cui abbiamo dato notizia nell’articolo pubblicato il primo luglio, ha avuto diverse reazioni piuttosto energiche. L’approvazione di quelle norme è stato un brusco risveglio ed evidentemente non ha seguito le tempistiche necessarie. Altrimenti come si spiega che Deda Elementi, DT Swiss e Swiss Side, ad esempio, abbiano lanciato nelle ultime 3-4 settimane delle ruote ad alto profilo, quando li limite massimo è fissato a 65 e manubri più stretti dei 380 millimetri c/c consentiti?

Preavviso di 6 mesi

Come spiegò con grande chiarezza Claudio Marra già un anno fa, di simili adeguamenti, in concerto con l’UCI, si occupava inizialmente il GOCEM (Global Organisation of Cycling Equipment Manufacturers), l’associazione dei costruttori di biciclette e parti. Quando tuttavia si capì che sarebbe stato più saggio confluire in una struttura di più ampio respiro, anche il ciclismo è entrato nella WFSGI (World Federation of the Sporting Goods Industry), l’associazione mondiale delle aziende che, messe insieme, dialogavano con le varie federazioni. Ad essa si rivolge Gianluca Cattaneo, general manager e direttore commerciale di Deda, con un post su Linkedin.

«La World Federation of the Sporting Goods Industry (WFSGI) – scrive – che pretende di essere l’organismo mondiale autorevole per l’industria sportiva, riconosciuto dal Comitato Olimpico e referente dell’UCI, dimostra di aver fallito due volte. La prima, non riuscendo a intercettare le regole allucinanti annunciate dall’UCI. La seconda, non avvertendo per tempo i suoi membri (molti marchi di biciclette e componenti). Deda non è un membro».

Adam Hansen, attuale presidente del CPA, correva con manubrio Deda 36 c/c: lo riteneva pericoloso?
Adam Hansen, attuale presidente del CPA, correva con manubrio Deda 36 c/c: lo riteneva pericoloso?

La voce dei corridori

La riforma voluta dall’UCI si muove nel senso della sicurezza, in seguito alle indicazioni messe insieme da SafeR, la struttura dedicata alla sicurezza nel ciclismo su strada, maschile e femminile. Essa riunisce i rappresentanti e le associazioni di tutte le parti interessate al ciclismo su strada: organizzatori, squadre, corridori e l’UCI. Ci sono gli organizzatori dei tre Grandi Giri e per i corridori il CPA guidato da Adam Hansen. Fin qui tutto bene, ma come hanno agito?

«Il ruolo della CPA, di cui Adam Hansen è presidente – scrive ancora Cattaneo – è quello di servire gli interessi dei ciclisti professionisti. La posizione di Adam Hansen, che come mio ciclista e prima dell’attuale tendenza utilizzava manubri Deda da 38 esterno/esterno (36 c/c), è davvero curiosa. In che modo le nuove regole possono garantire una maggiore sicurezza? Non ci sono prove di una correlazione diretta tra l’uso di manubri stretti e gli incidenti di gara. Se si vuole intervenire sulla sicurezza, penso che si possa e si debba agire su altri aspetti».

L’UCI è intervenuta anche sullo sviluppo dei rapporti: dal 2026, massimo consentito 10,46 metri
L’UCI è intervenuta anche sullo sviluppo dei rapporti: dal 2026, massimo consentito 10,46 metri

Prodotti da buttare

Perché l’UCI si è resa promotrice di questo strappo, avvertendo le aziende appena sei mesi prima dell’entrata in vigore della nuova norma? Tanti sponsor ben più potenti, come ad esempio quelli della Formula Uno, hanno dovuto negli anni piegarsi all’introduzione di norme restrittive in tema di elettronica, geometrie delle auto e larghezza delle gomme, ma hanno ricevuto l’avviso con il tempo necessario per adeguare la produzione.

Una simile decisione sarebbe stata da ratificare nell’ambito del Congresso UCI agli ultimi mondiali di Zurigo, in modo che certi investimenti venissero fermati quando c’era ancora il tempo per farlo in modo indolore. Un preavviso così breve significa buttare progetti, stampi e prodotti in una fase economica in cui molti sponsor tecnici faticano a ritrovare l’equilibrio dopo gli scossoni del post Covid.

Il presidente dell’UCI Lappartient e quello del Rwanda Kagame: continui scossoni al ciclismo che sbanda (foto KT Press Rwanda)
Il presidente dell’UCI Lappartient e quello del Rwanda Kagame: continui scossoni al ciclismo che sbanda (foto KT Press Rwanda)

L’UCI di Lappartient

La sicurezza resta centrale. Ma allo stesso modo in cui per le bici da crono sono stati individuati dei range antropometrici in cui contenere tutte le atlete e gli atleti del gruppo, forse anche nel caso dei manubri sarebbe stato opportuno prevedere una gradualità. Tutto il resto fa pensare a mancanza di realismo, scarso collegamento con il mondo delle aziende e anche ad un filo di arroganza.

Sommando a questo il disagio di aver imposto il mondiale in Africa a federazioni economicamente provate, la devastazione delle categorie giovanili nel nome del risultato a tutti i costi, la sensazione è che il presidente Lappartient abbia perso la misura e il senso stesso del suo mandato. Forse distratto dalla corsa alla poltrona del CIO, da cui è uscito con le ossa rotte, e in preda alla voglia di rivincita? O perché incapace di governare l’ennesima infrastruttura di cui ha dotato l’UCI senza che ce ne fosse davvero bisogno?

Il Rwanda fa quadrato: mondiale al sicuro? Si ragiona sui costi

28.02.2025
5 min
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Il Tour of Rwanda e le sue cronache stanno allontanando le ombre dal mondiale che a settembre si dovrebbe svolgere per la prima volta in un Paese africano. Il condizionale è sempre meno d’obbligo, anche se la mossa dell’UCI di indicare già l’alternativa di Martigny aveva fatto pensare che alla fine le cose avrebbero preso una direzione diversa (in apertura il presidente Paul Kagame con David Lappartient danno il via alla corsa, foto KT Press Rwanda).

In realtà gli scontri tra le forze governative della Repubblica del Congo e i ribelli filo-ruandesi a tre ore dalla Capitale Kigali sembrano essersi calmati e i discorsi virano finalmente sull’aspetto sportivo e semmai su quello economico, allontanandosi dalle cronache di guerra.

«Come africano – ha detto pochi giorni fa Biniam Girmay – è un immenso orgoglio che i mondiali siano organizzati per la prima volta nel nostro continente. Come corridore e viste le mie caratteristiche, so che il percorso non è fatto per me. Il Rwanda ha dato molto al ciclismo africano e mi sarebbe piaciuto partecipare da favorito. Purtroppo non sarà così perché i percorsi saranno troppo duri. Ma se la mia federazione vorrà che vada, non mi rifiuterò mai. Sarò onorato di vestire i colori eritrei».

La defezione della Soudal

Un po’ per paura e forse anche un po’ per pregiudizio, la sola squadra che si è rifiutata di andare al via della corsa africana è stata la Soudal-Quick Step. La decisione, attribuita al nuovo proprietario Jurgen Foré, è stata presa quando i suddetti scontri erano nel vivo e si temeva potessero condizionare due tappe del Tour of Rwanda che si sarebbero svolti in prossimità del confine: a Goma e a Kubavu.

In realtà, come confermano gli organizzatori della corsa nelle tante dichiarazioni rilasciate, la vita di Kigali non ne ha mai risentito e la città ha continuato nel solito binario. Si temeva un effetto domino, invece la corsa è partita con 14 squadre continental e un solo italiano: Enea Sambinello del UAE Team Emirates Gen Z.

Foré ha spiegato di essersi attenuto alle raccomandazioni del nuovo Ministro degli Esteri del Belgio e ci si chiede se la decisione coincida con l’interruzione degli scambi di cooperazione fra il Governo del Rwanda e quello di Bruxelles. Una scelta che i membri della squadra si sono ben guardati dal commentare, pur ricordando che nelle due partecipazioni precedenti le cose sono filate nel migliore dei modi.

La Soudal-Quick Step è rimasta a casa. Lo scorso anno vinse una tappa con William Lecerf
La Soudal-Quick Step è rimasta a casa. Lo scorso anno vinse una tappa con William Lecerf

La difesa del patron

La risposta degli organizzatori invece non è tardata ad arrivare, con una giusta precisazione da parte del patron Kamuzinzi, che non è caduto nelle provocazioni e, anzi, ha difeso con orgoglio la sua creatura.

«Organizziamo questa gara da 16 anni – ha detto – e abbiamo sempre dato prova di saper garantire lo stesso grado di qualità organizzativa che abbiamo riscontrato in Europa. Il Tour du Rwanda non dovrebbe essere al centro di un dibattito. Teniamo tanto alla sicurezza dei corridori quanto a quella del nostro pubblico, che verrà in massa ad applaudire i corridori per tutta la settimana. Anche altre manifestazioni si sono svolte vicino a vere zone di guerra (il riferimento potrebbe essere al Tour de Pologne, ndr) e di conseguenza non siamo tenuti a dare più risposte di quelle che sono state loro richieste».

Un passaggio classico della corsa, lungo la “Milky Way” da Rukomo a Kayonza (foto KT Press Rwanda)
Un passaggio classico della corsa, lungo la “Milky Way” da Rukomo a Kayonza (foto KT Press Rwanda)

Il sogno di Lappartient

Di fronte al serpeggiare di umori e malumori, il presidente dell’UCI Lappartient è volato a Kigali per dare il via alla corsa e sgombrare, per quanto possibile, il campo dagli equivoci.

«Il Rwanda – ha detto a Cyclingnews – rimane completamente sicuro per il turismo e gli affari. I prossimi mondiali celebreranno i 125 anni dalla fondazione dell’UCI ed il fatto di andare in Africa ha secondo me un valore simbolico notevole. Erano il mio sogno e il mio obiettivo, sin da quando sono diventato presidente. Il continente africano ha grandi potenzialità, le federazioni si stanno strutturando sempre meglio e con il nostro centro di Aigle abbiamo una collaborazione sempre più stretta con questi Paesi».

Al via anche il team del Rwanda, qui con Didier Munyaneza (foto KT Press Rwanda)
Al via anche il team del Rwanda, qui con Didier Munyaneza (foto KT Press Rwanda)

I costi troppo alti

I motivi per cui le federazioni del resto del mondo avevano salutato con malcelato sollievo l’ipotesi di spostamento del mondiale non hanno radici politiche o legate alla sicurezza, bensì soprattutto ai costi del viaggio e del soggiorno. Dopo il salasso di Zurigo, la prospettiva dei costi del Rwanda ha già spinto l’Olanda ad annunciare che non porterà le squadre juniores. E anche il Belgio e fra gli altri Paesi la stessa Italia sarebbero alle prese con identiche valutazioni. Un mondiale privo di squadre di un certo peso sminuirebbe il senso di grandezza dell’evento e l’UCI non lo vuole. 

«Poiché sappiamo che viaggiare in Africa centrale è più costoso – ha perciò detto Lappartient – stiamo anche lavorando con il governo ruandese per operare più voli RwandAir e persino organizzare alcuni charter. Per poter portare con sé più atleti e ridurre i costi finali per le nazionali».

A tu per tu con Lappartient: il ciclismo globalizzato e i costi

25.11.2024
5 min
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RIVA DEL GARDA – Al margine della presentazione del Tour of the Alps c’è stata la conferenza dell’AIOCC (Association Internationale des Organisateur de Courses Cyclistes). La corsa a tappe dell’Euregio punta in alto e vuole entrare nel ciclismo dei grandi, ne ha il diritto e la forza di farlo. A questo incontro ha partecipato anche David Lappartient, presidente dell’UCI. Il momento è delicato, il ciclismo vive un periodo di forte globalizzazione, con tante gare fuori dal Vecchio Continente. Da un lato è giusto, la crescita porta ad un’espansione del movimento e della disciplina. Dall’altra parte bisogna fare in modo che gli attori possano seguire il calendario proposto. Nel 2026 si parla di ben 14 gare WorldTour in più, un numero non da poco che obbliga le squadre a pensare al futuro, programmando già gli investimenti. 

A destra David Lappartient, mentre a sinistra Christian Prudhomme, entrambi intervenuti alla presentazione del TOTA
A destra David Lappartient, mentre a sinistra Christian Prudhomme, entrambi intervenuti alla presentazione del TOTA

Il passo giusto?

Uno degli argomenti che ha fatto discutere ultimamente è la questione campionati del mondo. L’appuntamento di Zurigo ha sicuramente regalato un grande spettacolo per il pubblico. Tuttavia è innegabile che i costi del mondiale svizzero abbiano avuto un grande impatto sui bilanci delle varie federazioni. La via però sembra ormai tracciata, e il prossimo appuntamento iridato in Ruanda non sarà di certo meno costoso

«Per noi – ci dice Lappartient in disparte – che siamo l’Unione Ciclistica Internazionale, l’obiettivo è andare ovunque. Nel 2024 siamo stati a Zurigo, ed è stato uno dei mondiali più costosi in una delle città più costose al mondo. Tuttavia l’organizzazione è stata davvero perfetta (forse Lappartient si è dimenticato della scomparsa di Muriel Furrer, la junior svizzera deceduta nella prova in linea iridata, ndr). L’anno prossimo saremo in Rwanda, non siamo mai stati in Africa e quindi è un sogno per tutti. Quando sono diventato presidente dell’UCI ho dichiarato che entro la fine del mandato saremmo andati in questo Continente. Dovevamo andare e così sarà, dopo più di cento anni il campionato del mondo arriva in Africa

Il campionato del mondo di Zurigo è stato uno dei più costosi degli ultimi anni per le federazioni
Il campionato del mondo di Zurigo è stato uno dei più costosi degli ultimi anni per le federazioni
Le federazioni nazionali, con grande probabilità, saranno costrette a sostenere un costo elevato

Sappiamo che per le nostre federazioni nazionali ha un costo. Tuttavia non siamo al pari di altre federazioni internazionali, come la FIFA nel calcio. Quindi non siamo in grado di sostenere direttamente tutte le federazioni nazionali dal punto di vista finanziario. Quello che possiamo fare è dare un sostegno a tutte le Nazioni che partecipano alla prova del mixed team relay. È una cosa che ho proposto due anni fa e che ora non è più così grande, ma almeno aiuta un po’.

Le varie Nazioni dove possono trovare il sostegno?

E’ difficile, sappiamo che è un tasto dolente per le federazioni nazionali, ma hanno le risorse per farlo o il sostegno anche da parte dei vari governi. Il ciclismo è obbligato ad andare nel mondo, nel 2026 i mondiali saranno a Montreal, per poi tornare in Europa nel 2027. 

Girmay Alcudia 2022
Per Lappartient l’arrivo del ciclismo in Africa è un passo doveroso vista la crescita di questo Continente
Girmay Alcudia 2022
Per Lappartient l’arrivo del ciclismo in Africa è un passo doveroso vista la crescita di questo Continente
Il ciclismo è davvero uno sport così internazionale?

La maggior parte delle Nazioni che prendono parte agli eventi UCI sono localizzate in Europa, così come la maggior parte dei corridori in gruppo. Tuttavia ci sono circa cento Nazioni che partecipano attivamente ai campionati del mondo. Ecco perché dobbiamo essere ovunque. 

Non è però un periodo facile, economicamente. 

Vero, lo si vede anche dai governi che tagliano le spese, è il caso dell’Italia ma anche del mio Paese (la Francia, ndr). Naturalmente di questo risentono anche i budget dello sport. A volte sono fermi, il che è vero. E’ chiaro che questa difficoltà si ripercuote anche sulle sponsorizzazioni private, le quali non stanno crescendo a causa dell’inflazione. 

La richiesta di un salary cup non fa piacere ai team che guidano la classifica UCI e che possono accaparrarsi i corridori più forti
La richiesta di un salary cup non fa piacere ai team che guidano la classifica UCI e che possono accaparrarsi i corridori più forti
Le soluzioni quali possono essere?

Cerchiamo di modellare anche altre organizzazioni. Ad esempio, abbiamo ridotto da sei a tre le tappe di Coppa del mondo su pista, passando a tappe di Coppa delle Nazioni. Questo per ridurre anche i costi per la federazione nazionale. Abbiamo anche lavorato sulla Coppa delle Nazioni juniores e under 23, per avere una maggiore collocazione a livello continentale. Non è facile, come UCI cerchiamo sempre di non aumentare gli obblighi per le nostre federazioni nazionali.

Il salary cup tanto richiesto dalle squadre è attuabile?

Crediamo che questo sia un modo per assicurarsi che non ci siano due o tre squadre in grado di dominare. Per l’interesse del gruppo e dello sport stesso è meglio avere più squadre in grado di vincere come avviene in NBA o nel campionato di rugby. Stiamo quindi lavorando a stretto contatto con l’AIGCP.

Guercilena è stato uno degli ultimi team manager ad affrontare il tema dei costi nel ciclismo
Guercilena è stato uno degli ultimi team manager ad affrontare il tema dei costi nel ciclismo
Si riuscirà a raggiungere un accordo?

Naturalmente ci sono alcune discussioni, ma il direttivo è fortemente sostenuto, non da tutti, perché ovviamente i team di punta non sono sempre completamente d’accordo. Direi che la grande maggioranza delle squadre sostiene l’argomento. Ma è vero che il diavolo si nasconde nei dettagli, quindi stiamo lavorando molto anche su quelli. La prossima settimana faremo una presentazione del progetto al seminario dei team WorldTour.

Ci sono degli obiettivi?

Vorremmo iniziare con il prossimo ciclo triennale, nel 2026. Ma inizieremo lentamente e ci vorranno tre anni per avere l’implementazione completa, visto che ci sono già dei contratti firmati che bisogna rispettare. L’obiettivo non è ridurre il budget, è solo fare in modo che il divario tra i top team e gli altri possa essere più contenuto. 

Santini “vestirà” l’UCI anche per i prossimi sette anni

09.10.2024
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I recenti campionati del mondo di Zurigo resteranno negli occhi e nei cuori degli appassionati di ciclismo per molto tempo, soprattutto grazie alla straordinaria impresa compiuta da Tadej Pogacar. Oltre 100 chilometri di fuga di cui ben 50 in solitaria. A realizzare la maglia che sul podio iridato ha premiato il fuoriclasse sloveno è stata naturalmente Santini Cycling, che dal 1998 è partner tecnico dell’Unione Ciclistica Internazionale. Proprio a Zurigo UCI e Santini hanno ufficializzato il rinnovo del loro accordo di partnership per altri sette anni, dal 2025 al 2031. Un vero record.

In occasione dei mondiali, Santini veste anche i campioni del mondo delle discipline paralimpiche (foto Borserini/FCI)
In occasione dei mondiali, Santini veste anche i campioni del mondo delle discipline paralimpiche (foto Borserini/FCI)

Non solo Pogacar

La maglia iridata di Pogacar non è la sola. Santini è infatti responsabile della fornitura della maglia iridata destinata a vestire i campioni del mondo UCI in tutte le discipline ciclistiche. L’azienda bergamasca fornisce infatti anche le maglie dei leader per le varie classifiche all’interno dell’UCI Women’s WorldTour. La collaborazione con l’Unione Ciclistica Internazionale si estende alla fornitura delle maglie per le classifiche generali nelle Coppe del Mondo UCI e per un’ampia gamma di eventi, tra cui il para-cycling, il mountain bike eliminator, i trials, il ciclismo artistico e il cycle-ball.

Questa la maglia da donna del kit creato per l’edizione dei mondiali di Zurigo
Questa la maglia da donna del kit creato per l’edizione dei mondiali di Zurigo

C’è anche il merchandising

Chi ha avuto la fortuna di assistere dal vivo ai mondiali di Zurigo avrà sicuramente avuto l’opportunità di visitare lo store Santini, presente all’interno dell’area hospitality posizionata a poche decine di metri dalla linea di arrivo della rassegna iridata. All’interno dello store era presente l’intera collezione che Santini ha realizzato per l’UCI: abbigliamento tecnico per il ciclismo, che combina qualità, performance e stile, e abbigliamento casual. Non mancavano gadget e accessori, tutti caratterizzati dalle iconiche strisce arcobaleno che simboleggiano l’eccellenza dei campioni UCI e dei campionati del mondo UCI.

Non mancava naturalmente il kit che Santini ha realizzato esclusivamente per la rassegna iridata di Zurigo e che è andato letteralmente a ruba.

Lo store di Santini presente a Zurigo durante la settimana iridata
Lo store di Santini presente a Zurigo durante la settimana iridata

Parola ai protagonisti

Il Presidente dell’UCI, David Lappartient, ha così commentato il rinnovo della collaborazione fra l’Unione Ciclistica Internazionale e Santini: «Siamo lieti di rinnovare la storica partnership tra la nostra Federazione Internazionale e Santini, e rendiamo omaggio al supporto che questo marchio di fama mondiale ha dato all’UCI e al ciclismo sin dalla fine degli anni ’80. Le maglie prodotte da Santini, dalla maglia iridata alle varie maglie dei leader, sono il sogno di campioni e aspiranti campioni da decenni. Fanno parte della leggenda del nostro sport».

Per finire ecco le parole di Monica Santini, Amministratore Delegato di Santini Cycling: «Siamo orgogliosi di annunciare il rinnovo del nostro accordo con l’Unione Ciclistica Internazionale per i prossimi sette anni. Questa collaborazione storica, iniziata nel 1988, riafferma il nostro impegno a vestire i migliori atleti del mondo in diverse discipline ciclistiche. Questo segna un capitolo importante nella storia della nostra azienda, mentre continuiamo la nostra partnership con la più alta istituzione del ciclismo mondiale, consolidando il nostro ruolo di partner tecnico ufficiale».

Santini

Vittoria è Main Partner dei Campionati del mondo MTB

20.04.2024
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Nei giorni scorsi Vittoria ha ufficializzato una nuova partnership con l’Union Cycliste Internationale (UCI, ndr). Per il biennio 2024-2025, quindi a partire già da quest’anno, l’azienda di Brembate sarà Main Partner dell’UCI per quel che concerne i Campionati del Mondo di Mountain Bike. Si tratta di un accordo di assoluto prestigio, un ulteriore tassello nella collaborazione fra l’UCI e Vittoria che negli ultimi tre anni ha visto l’azienda italiana partner della Coppa del Mondo di Mountain Bike.

Vittoria ha una forte tradizione anche nel campo della mountain bike
Vittoria ha una forte tradizione anche nel campo della mountain bike

Un investimento importante

Questa nuova collaborazione con l’UCI rappresenta per Vittoria un investimento significativo finalizzato ad affermare il marchio e i prodotti all’interno della community della mountain bike mondiale. Ricordiamo che i Campionati del mondo rappresentano il principale evento annuale di mountain bike dell’UCI. Quest’anno la rassegna iridata si svolgerà a Pal Arinsal, Andorra, dal 28 agosto all’1 settembre. Per l’occasione Vittoria sarà presente con un suo stand, il suo personale e atleti per intrattenere tifosi e appassionati, mostrando loro le ultime novità di prodotto per il mondo off road.

Il presidente Lappartient ha salutato ovviamente con favore la collaborazione che porterà all’UCI nuove risorse
Il presidente Lappartient ha salutato ovviamente con favore la collaborazione che porterà all’UCI nuove risorse

Partner prezioso

Il presidente dell’UCI David Lappartient si è espresso con queste parole in merito alla nuova partnership: «Vittoria è un partner prezioso dell’UCI e della disciplina della mountain bike. Sono lieto che intensifichi il suo sostegno come partner principale dei Campionati del mondo di mountain bike UCI per i prossimi due anni. La presenza dell’azienda italiana fornirà un valore aggiunto a questo prestigioso evento che unisce i migliori atleti di mountain bike del mondo».

Alle parole di Lappartient hanno fatto seguito quelle di Stijn Vriends, presidente e amministratore delegato di Vittoria: «Siamo molto lieti di intensificare la nostra partnership con l’UCI per la disciplina mountain bike. Lavoriamo da molti anni fianco a fianco con l’UCI per supportare i corridori di varie discipline e continueremo a farlo con entusiasmo!».

La partnership con l’UCI sarà valida per il biennio 2024-2025
La partnership con l’UCI sarà valida per il biennio 2024-2025

Ecco le squadre

Vittoria è da diversi anni una presenza costante nel mondo off road, come testimonia il lungo elenco  dei team sponsorizzati. Tra questi meritano di essere segnalati i seguenti: Wilier-Vittoria Factory Team XCO, Santa Cruz Rockshox Pro Team, KMC Ridley MTB Racing Team, Caloi Henrique Avancini Racing, CS Carabinieri – Cicli Olympia, Berria-Polimedical MTB Racing Team, Pump for Peace Racing Team nell’XCO, XCC e XCM, Commençal ICStudio nella categoria DH, e i team Abetone Ancillotti Vittoria Factory Team, We Ride e Cube Mavic Collective nella categoria EDR ed E-EDR. Tutti questi team garantiscono a Vittoria una presenza in tutte le principali discipline della Coppa del Mondo di Mountain Bike.

Vittoria

Le idee di Lappartient e il timore di contraddirle

02.12.2023
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Chissà se David Lappartient, il megapresidente dell’Uci sapeva che, nel rilasciare la lunga intervista di qualche giorno fa a DirectVélo, avrebbe smosso così tanto le acque. Di quel che è successo nel mondo del ciclocross abbiamo avuta testimonianza diretta al Superprestige di Niel, con la protesta neanche troppo velata dei team principali verso le sue dichiarazioni. Tuttavia il dirigente francese ha coinvolto tutto il mondo delle due ruote.

La particolarità è che se da una parte il presidente non si è sentito successivamente di commentare ulteriormente, di entrare ancor più nello specifico di alcuni argomenti, dall’altra molti altri “attori” del mondo delle due ruote hanno preferito evitare accuratamente ogni commento, quasi timorosi di smuovere le acque.

Il massimo dirigente francese a colloquio con il gruppo, dopo la forzata sosta a Glasgow 2023
Il massimo dirigente francese a colloquio con il gruppo, dopo la forzata sosta a Glasgow 2023

Non solo presidente dell’Uci

Quel che Lappartient ha messo sul tavolo non è di poco conto e stupisce il fatto che una simile presa di posizione sia arrivata ora, alla vigilia dei Giochi di Parigi 2024. Giochi che lo vedono assoluto protagonista, visto che dal giugno 2023 unisce alla carica di numero 1 dell’organo internazionale anche quella di presidente del Comitato olimpico francese. Lappartient è in carica sul trono dell’Uci dal 2017, nel 2025 andrà a caccia del terzo mandato, intanto pensa già oltre, alle riforme del 2026 che a suo dire saranno profonde.

Bisogna capire se saranno anche legittime. Potrebbero esserlo quelle riguardanti la Coppa del mondo di ciclocross, per la quale ha detto di pensare a un giro di vite. Chi salta una gara per partecipare a un’altra prova non del circuito, verrà escluso dallo stesso e anche dai mondiali. E’ questo che ha scatenato le ire dei team ed è su questo che ora si tratta a fari spenti, perché il rilancio della challenge non può passare senza l’avvallo delle squadre che costituiscono l’humus dell’attività. Ora la Coppa è articolata su 14 gare e si vuole arrivare a 15, sempre nel weekend: che spazi restano agli altri?

Nel ciclocross c’è grande tensione dopo le dichiarazioni di Lappartient legate alla Coppa del mondo
Nel ciclocross c’è grande tensione dopo le dichiarazioni di Lappartient legate alla Coppa del mondo

Classiche e contraddizioni

Certamente qualcosa va fatto, non è un caso se alla tappa inaugurale di Waterloo negli Usa c’erano solo 4 dei primi 10 del ranking e prossimamente, a Vermiglio, sono annunciate già defezioni di peso come quella dell’olandese Van Der Haar. Lappartient ha messo già sul tavolo qualche proposta come la diminuzione della durata totale delle competizioni e l’aumento dei punti validi per il ranking Uci. Basterà?

Le cronache si sono concentrate sul discorso legato al ciclocross, ma Lappartient è andato ben oltre e nel suo progetto di riforma un ruolo preminente lo avrà il calendario. Nella sua disamina il dirigente è andato anche in apparente contraddizione. Da una parte ha detto che è necessario accorpare sempre più l’attività in varie zone geografiche: «L’esperienza delle classiche franco-belghe che portano lì le squadre per tre settimane va ripetuta. Mettiamo insieme le prove in varie zone in modo da ridurre gli spostamenti per avere benefici sia economici che ambientali».

La Vuelta potrebbe cambiare ancora periodo di svolgimento per evitare il gran caldo
La Vuelta potrebbe cambiare ancora periodo di svolgimento per evitare il gran caldo

La riforma del calendario

Tutto bello, salvo poi sentire che non è assolutamente detto che Fiandre e Roubaix debbano sempre svolgersi in primavera e che non è un delitto pensare a un’inversione tra Liegi e Lombardia. In barba alle tradizioni, spazzando via ogni punto fermo. Lappartient avrebbe anche accarezzato l’idea di accorciare i grandi Giri, trovando però un netto no da parte degli organizzatori (Aso e Rcs, insieme a Flanders Classics tengono su il nocciolo duro dell’attività, impossibile tenere fede ai propri propositi andando loro contro…) mentre non è favorevole all’allungamento di altre corse fino a due settimane.

«Perché pensare alle gare sempre alla domenica? Perché le corse a tappe non possono partire di domenica e chiudersi al sabato? Le classiche hanno dimostrato che si vive di ciclismo anche di mercoledì o venerdì, con tanta gente sulle strade».

In questo Lappartient non sbaglia, seguendo d’altronde un fiume che coinvolge tanti altri sport, come il tennis che prevede tante finali di sabato. Nella sua rincorsa al cambiamento, il francese pensa anche a spostare la Vuelta da agosto, per evitare il gran caldo che d’altronde colpisce anche l’Australia a gennaio, quando l’attività si rimette in moto e intanto pensa a introdurre nel WorldTour nuove piazze, come ad esempio il Sudamerica.

Il podio della Liegi-Bastogne-Liegi 2020, corsa a fine estate. Lappartient pensa di riprovarci…
Il podio della Liegi-Bastogne-Liegi 2020, corsa a fine estate. Lappartient pensa di riprovarci…

Gli errori di calcio e basket

Capitolo Superlega. Qui ci si sarebbe aspettati una presa di posizione ferra, soprattutto dopo l’abortito progetto di fusione fra Jumbo Visma e Soudal QuickStep, invece i toni sono molto concilianti. Lappartient vuole assolutamente evitare una contrapposizione come quella ormai da guerra conclamata che c’è nel basket o sotterranea come nel calcio. La tutela dei grandi eventi passa per un accordo con i team.

«E’ desiderio dei team – ha detto – essere più coinvolti economicamente per avere maggiori dividendi e una soluzione si può trovare discutendone. Ci sono 5 squadre che oggi dominano e le altre che seguono a ruota, ma se le prime 5 si concentrano su loro stesse, paghiamo tutti. Dobbiamo invece lavorare insieme perché il prodotto ciclismo diventi più appetibile, commercializzabile. A parte i tre grandi gruppi organizzativi, non ci sono altri enti in grado di negoziare accordi di teletrasmissione, bisogna farlo tutti insieme, generando più entrate».

Ultimo aspetto, quello della sicurezza e qui Lappartient prosegue su quanto fatto in estate con il lancio di SafeR, l’organismo delegato al controllo della sicurezza nelle corse. L’idea è fare in modo che tutti contribuiscano, seguendo l’esempio della Formula 1: circuiti più sicuri ma anche auto più sicure. Quindi tutti i componenti del mondo ciclistico hanno la loro fetta di responsabilità. Si pensa a un giro di vite nell’autorizzazione delle zone di arrivo, nella scelta delle strade («Come pensare che strade dove le auto vanno a 30 all’ora possano accogliere gruppi di ciclismo che viaggiano al doppio della velocità?»).

In tema di sicurezza verranno rivisti tutti i sistemi di approvazione degli arrivi
In tema di sicurezza verranno rivisti tutti i sistemi di approvazione degli arrivi

Ciclismo a pagamento…

L’idea di Lappartient va però oltre, spingendo verso gare in circuito con il pubblico invitato a pagare un biglietto.

«Quando organizzavo il GP Plumelec – ha detto – chiedevamo 5 euro a persona. Dicevamo che era necessario per far sì che la gara fosse nel calendario delle Pro Series e la gente pagava volentieri». Sarà anche vero, strano però che le gare in circuito per antonomasia, come i mondiali, abbiano nel frattempo cambiato pelle strutturandosi sul modello della tappa finale del Tour, con il circuito riservato solo alle battute finali. Una grande classica in circuito non avrebbe lo stesso fascino e Lappartient non può non saperlo…

Tra vittorie e polemiche, a tu per tu con Thibau Nys

21.11.2023
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«Sono convinto che col tempo anche Thibau Nys salirà al livello dei “tre tenori”, d’altro canto anche lui fa strada in maniera importante». Parole dell’ex cittì Fausto Scotti pronunciate solo qualche settimana fa. Nel frattempo il figlio d’arte è diventato sempre più un riferimento nell’ambiente, ancor più con l’assenza dei tre grandi, ancora a riposo per smaltire le fatiche della stagione “on the road”. E’ particolare il fatto che, oltre che per i suoi risultati, Nys sia diventato l’uomo più chiacchierato del momento, dopo essere entrato nel mirino degli strali del presidente Uci Lappartient per le scelte legate al calendario.

Tanta attenzione avrebbe anche potuto renderlo refrattario ai contatti con la stampa, anche subito dopo la gara di Coppa a Troyes, a dispetto del suo 7° posto finale era il più ricercato dagli addetti ai lavori. Smaltite le fatiche, Nys si è invece prestato volentieri a una chiacchierata sui vari temi della stagione partendo dalle sue condizioni attuali.

«Penso per ora di potermi considerare abbastanza soddisfatto. Ovviamente sono davvero contento delle tre vittorie che ho già ottenuto, ma le ultime due settimane non sono state come mi aspettavo. Ora ho provato a riprendere lo stesso ritmo di prima e andremo avanti come abbiamo iniziato la stagione, spero con qualche segnale di crescita».

Il belga in trionfo a Waterloo, nella tappa americana di Coppa. Dopo l’inizio la sua forma è andata in calo (foto Uci)
Il belga in trionfo a Waterloo, nella tappa americana di Coppa. Dopo l’inizio la sua forma è andata in calo (foto Uci)
A dicembre dovrebbero arrivare alle gare anche Van der Poel, Van Aert e Pidcock: quanto cambia la loro presenza nell’evoluzione delle gare?

Molto, ormai lo sappiamo bene. Penso che saranno ad un livello davvero alto fin dalla prima gara e questo cambierà l’evoluzione della stessa e delle altre. Per me come per gli altri che abbiamo affrontato la stagione dall’inizio, il compito sarà cercare di seguirli il più a lungo possibile invece di lasciargli fare la gara da soli. Sarà interessante, ma anche molto difficile.

Secondo te, senza di loro, l’attenzione sul ciclocross è la stessa o diminuisce?

Dipende un po’ da come vanno le cose. Penso che abbiamo avuto delle grandi battaglie già nelle prime gare della stagione, gare che hanno fatto spettacolo e chi ci ha seguito, sul posto o in tv, si è divertito. E’ chiaro però che quando saranno alla partenza, ci saranno sempre un po’ più persone che guarderanno e analizzeranno la gara. E se poi riesci a vincere una gara quando ci sono loro, ha molta più importanza.

Agli europei di Pontchateau la sua corsa si è chiusa anzitempo. Ora punta tutto sulle singole gare e sui mondiali
Agli europei di Pontchateau la sua corsa si è chiusa anzitempo. Ora punta tutto sulle singole gare e sui mondiali
A tal proposito molti pensano che tu sia il loro vero avversario, anche per la tua capacità di emergere anche su strada: pensi che potrai raggiungere i loro livelli e quando?

Io non mi sento battuto in partenza, credo anch’io che potrò essere al loro livello, ma non ancora quest’anno. Forse tra uno o due anni avrò fatto quel salto di qualità che ancora manca e sarò alla pari per lottare per la vittoria. Per ora cercherò solo di scegliere le gare che più si adattano a me e di andare avanti il più a lungo possibile e magari provare ad arrivare nelle fasi finali con loro. Ma c’è una differenza tra questo e lottare già per la vittoria. Io non vedo l’ora e cercherò di essere nella migliore forma possibile per correre quando arriveranno.

La tua stagione su strada com’è stata?

Sinceramente non mi aspettavo di ottenere due vittorie già nella mia prima stagione da professionista. D’altra parte, è stata un’annata con molti alti e bassi e ho avuto anche dei brutti momenti. Quindi quello che cercherò di migliorare per il prossimo anno è la costanza di rendimento, dalla quale penso potranno derivare anche più vittorie.

Il corridore della Lidl-Trek ha avuto una buona stagione su strada con 2 vittorie e 12 Top 10
Il corridore della Lidl-Trek ha avuto una buona stagione su strada con 2 vittorie e 12 Top 10
Ti abbiamo visto emergere soprattutto nelle brevi corse a tappe: è quella la tua dimensione ideale?

Sì, penso che sia qualcosa su cui mi concentrerò davvero nei prossimi anni, provando innanzitutto a migliorare il mio rendimento nelle cronometro lavorandoci specificamente soprattutto sulla posizione e la sua resa in termini di potenza. Io credo che gare a tappe più piccole come il Giro di Norvegia e di Ungheria siano nelle mie corde. Forse anche il Romandia ha una conformazione che mi sta bene. Forse non per la classifica generale, ma per le vittorie di tappa. Giro del Belgio, Vallonia, sono gare che non vedo l’ora di fare e che dovrebbero attagliarsi alle mie caratteristiche.

Tornando al ciclocross, quanto pesa portare il tuo cognome vista la carriera di tuo padre Sven Nys?

Tanto, ma più che un peso è una responsabilità che mi porto dietro volentieri, visto il nostro rapporto e tutto quel che lui ha rappresentato per il ciclocross e nel complesso per lo sport belga. Chiaramente quello che faccio assume sempre una connotazione diversa rispetto a quello che fanno i miei colleghi, sia nel bene che nel male, ma non mi lascio condizionare, cercherò semplicemente di seguire la mia strada e non pensare a ciò che mio padre ha ottenuto durante la sua carriera.

Per il belga le continue comparazioni con il padre Sven aumentano la pressione (foto Getty Images)
Per il belga le continue comparazioni con il padre Sven aumentano la pressione (foto Getty Images)
Tecnicamente siete diversi?

Difficile a dirsi. Quando aveva la mia età aveva già vinto tanto anche grazie alla sua abilità tecnica. Rispetto a me era sicuramente più bravo nello sprint, io sono un po’ più esplosivo, ma non mi piace fare paragoni.

Lui aveva scelto la mountain bike come alternativa al ciclocross, tu come sei arrivato al ciclismo su strada?

Sono sempre stato molto interessato anche alla mountain bike, ma è molto più difficile combinarla con il ciclocross, quindi ho sempre fatto la mia preparazione su strada invece che in mtb. Poi a un certo punto stavo vincendo alcune gare su strada e mi è stato chiesto di partecipare ai campionati europei come primo anno under 23 e ho vinto quella gara, a Trento. Quel giorno ha cambiato tutto, passo dopo passo mi sono fatto strada nel World Tour. Tutto è andato davvero velocemente, certe volte me ne stupisco ancora.

Nys in allenamento al Superprestige di Niel, dove la sua presenza è stata seguita dalla rinuncia alla Coppa del giorno dopo
Nys in allenamento al Superprestige di Niel, dove la sua presenza è stata seguita dalla rinuncia alla Coppa del giorno dopo
Che cosa pensi delle parole di Lappartient e della possibilità di dover saltare i mondiali se non si partecipa alla Coppa del Mondo?

Diciamo che lascio parlare (il tono di voce di Nys diventa risentito, ndr) e proverò semplicemente a rispondere con i miei pedali, con i miei risultati. Se non mi sarà permesso di alzare il livello dei campionati del mondo, sarà una loro perdita e non mi sento di dire altro per non rinfocolare la polemica.

Tra Coppa del Mondo, superprestige e le altre challenge, secondo te le gare sono troppe in 4 mesi?

Certamente, è su questo che bisogna discutere. I programmi non possono coincidere, ormai è impossibile competere per tutte le classifiche generali, almeno per le tre challenge principali (oltre alle due della domanda, Thibau contempla anche l’H2O Badkamers Trophée, ndr). Ci sono troppe gare in Coppa del mondo per il momento. Amo ancora correre la Coppa, vincere la Coppa, puntare alla classifica, ma a qualcosa devi rinunciare se vuoi essere in buona forma nel periodo natalizio. Per questo abbiamo scelto di allenarci e concentrarci su altre gare perché quest’anno sarà davvero difficile vincere la classifica generale. Quindi mi concentro solo sulle gare singole per quest’anno. Poi si vedrà…