Guerciotti-story, un tuffo fra i campioni di casa

20.12.2023
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La famiglia-azienda Guerciotti nella sua storia ha prodotto bici, formato corridori, allestito squadre e gare. E quando si è prossimi a festeggiare i primi 60 anni di attività, diventa complicato battezzare i momenti più importanti.

Con l’organizzazione del campionato italiano il prossimo 14 gennaio a Cremona – dove negli ultimi due anni si è disputato il Trofeo Guerciotti – abbiamo colto l’occasione per chiedere ad Alessandro Guerciotti (in apertura con Sara Casasola a Vermiglio) quali sono stati i campioni di casa a cui sono più legati. Un compito di memoria, cuore e speranza forse non facile, sicuramente piacevole.

I big del passato

Appena concludiamo la nostra introduzione, Alessandro Guerciotti ha già pronta la risposta. I primi nomi sono quelli del passato, gli stessi che ha apprezzato anche papà Paolo.

«Vado abbastanza sul sicuro – racconta l’amministratore delegato – nominandone tre. Il primo non può che essere Vito Di Tano. Lui ha fatto la storia prima e dopo per noi. E’ stato un nostro corridore ed ora è il diesse. Ha corso praticamente sempre solo con noi per 13 stagioni vincendo da dilettante sei campionati italiani e due mondiali. Scontato dire che siamo molto legati a lui. L’altro nome è Daniele Pontoni, l’attuale cittì della nazionale. E’ stato con noi 7 anni vincendo tanto, soprattutto manifestazioni importanti. Oltre a diversi tricolori, detiene due primati tutt’ora imbattuti ottenuti con la nostra maglia. Nel 94/95 ha vinto Coppa del Mondo, unico italiano a riuscirci, ed il mondiale elite nel 1997, ultimo italiano a vincerlo».

«Se invece penso ai campioni stranieri – prosegue Guerciotti – non posso che fare il nome del belga Roland Liboton. Per darvi l’idea, lui negli anni ’80, la sua epoca era un cannibale del ciclocross. Una vera star, ciò che adesso lassù sono Van der Poel e Van Aert. Con noi ha vinto due dei suoi quattro mondiali e cinque dei suoi dieci campionati belgi. Ancora adesso quando vado in Belgio per le gare, trovo persone che ricordano bene il connubbio Guerciotti-Liboton di quel periodo. E naturalmente per noi è motivo di orgoglio e soddisfazione».

Marco Aurelio danza e vince nel fango l’italiano 2008. E’ stato lanciato da Guerciotti, ha ricambiato con risultati e visibilità
Marco Aurelio danza e vince nel fango l’italiano 2008. E’ stato lanciato da Guerciotti, ha ricambiato con risultati e visibilità

Epoca recente

L’arco temporale si sposta più avanti con atleti che hanno smesso da poco e le cui imprese appaiono più fresche. E c’è spazio anche per ricordare quei talenti inespressi che avrebbero potuto raccogliere di più.

«Certamente Marco Aurelio Fontana – va avanti Alessandro Guerciotti – è quello che ha contrassegnato un determinato periodo. E’ rimasto da noi per quattro-cinque anni nei quali lo abbiamo fatto sbocciare e lui ha contraccambiato dandoci tanta visibilità. Ha vinto un titolo italiano U23 ed elite, tanti podi in Coppa del mondo da U23 e sempre da U23 nel 2006 ha conquistato un incredibile quarto posto al mondiale che valeva una vittoria. In pratica fu il primo degli umani arrivando dietro a Stybar, Boom e Albert, ovvero tre extraterrestri in quegli anni. Quella per Marco Aurelio fu una grande stagione. Poi ha scelto la Mtb e guardando poi i risultati ottenuti, come il bronzo olimpico di Londra, direi che ha fatto bene».

«Con noi c’è stato anche Franzoi – continua – che avevamo inseguito a lungo. Purtroppo ha vinto meno di quello che poteva, anche per sfortuna. Dorigoni negli ultimi anni ci ha regalato bei successi, tra campionati italiani e tappe del Giro d’Italia del ciclocross. Però l’atleta che ritengo il più grande rimpianto in maglia Guerciotti è Elia Silvestri. Ragazzo dotato di tantissima classe e grande potenza che invece si è perso. Da junior era già con noi facendo quarto al mondiale (dove secondo chiuse Sagan, ndr) poi ha conquistato un argento all’europeo U23. Purtroppo talvolta la testa non segue le gambe e si spreca un talento. Peccato, aveva un potenziale incredibile, che avrebbe potuto vincere molto».

Le grandi ex

I vari team Guerciotti che si sono succeduti nel corso del tempo, hanno poi visto nascere anche le formazioni femminili negli ultimi 15 anni. Una realtà che vanta nomi di spicco.

«La nostra atleta più rappresentativa – spiega Alessandro – è sicuramente Alice Maria Arzuffi. La sentiamo un nostro prodotto. Ha vinto cinque tricolori tra juniores e U23, categoria quest’ultima con cui ha conquistato un argento e un bronzo agli europei. Andando ancora più indietro, ricordo con piacere Sanne Cant, una che poi ha vinto tre mondiali consecutivi da elite. L’abbiamo avuta solo nel suo secondo anno da junior con cui ha vinto a Oderzo e il titolo belga, ma è stato un vero piacere. Passa sempre a salutarci quando ci incontriamo alle Coppe del Mondo».

Fino a pochi anni fa con la maglia Guerciotti correva Gaia Realini. Non era ancora l’atleta di adesso ma già mostrava grandi doti. «Siamo legati a Gaia. Per un paio di stagioni è stata con noi, riuscendo a vincere anche un campionato italiano U23. Aveva ancora un anno di contratto, ma non potevamo chiederle di correre ancora. Abbiamo assecondato la sua volontà di abbandonare il ciclocross per la strada dove andava fortissimo. Siamo molto contenti per quello che sta facendo, è già una delle migliori in assoluto. Quest’anno ci siamo sentiti spesso per tutti i suoi risultati».

Presente e futuro

L’attualità del team FAS Airport Services-Guerciotti-Premac è proprio l’ingresso dei due nuovi sponsor, ormai già inseriti da tempo nel ciclismo. La filosofia per Alessandro sembra essere cambiata, andando verso una linea decisamente giovanile che sta regalando buone prestazioni a tutti i marchi della società.

«Tra gli uomini – chiude Alessandro Guerciotti – oggi ci simboleggia Gioele Bertolini. Ha raggiunto undici anni con noi seppur non consecutivi, ma è il secondo per militanza dietro Di Tano. Gioele ha tagliato tanti traguardi importanti con la nostra maglia. E’ stato il primo italiano U23 ad indossare la maglia di leader di Coppa del Mondo. Da U23 ha vinto il campionato italiano elite, come aveva fatto tra l’altro Silvestri. Ha vinto tappe al Giro d’Italia. E può raccogliere tanto».

«Nelle donne stiamo portando Sara Casasola a livelli sempre più alti. Stiamo facendo un buon lavoro con lei e gli sforzi stanno pagando. Il terzo posto agli europei è un grande risultato. Anche lei correrà su strada, ma al momento il ciclocross resta la sua prima disciplina. Tra le U23 la sorpresa migliore è senza dubbio Valentina Corvi se pensiamo che la sua prima gara di ciclocross l’ha fatta ad inizio novembre. A Vermiglio sulla neve ha chiuso sesta assoluta e seconda U23, prestazione grandiosa.

«Tra i più giovani stanno venendo su molto bene Mattia Proietti Gagliardoni ed Elisa Ferri. Sono al primo anno junior e non gli chiediamo subito i risultati. Vogliamo che crescano con calma per vederli protagonisti più avanti. Il ciclocross non perdona e tutto è possibile, ma nelle tre categorie femminili spero di centrare un bel tris ai prossimi campionati italiani».

Malacarne-Viezzi, videochiamata fra 2 epoche del cross

05.12.2023
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Davide Malacarne e Stefano Viezzi: fra loro ci sono 19 anni di differenza, come 19 sono gli anni fra il 2004 dell’ultima vittoria in Coppa del mondo del primo e quella di Viezzi a Troyes. Appena una settimana dopo, il friulano si è presentato a Dublino e ha vinto anche la seconda tappa della challenge del cross, rafforzando il suo primato in classifica.

Tanti punti in comune e tante differenze fra i due. Malacarne, molto impegnato nel suo lavoro per Gobik e Ridley, ammette che non ha avuto tempo e modo di vedere direttamente le imprese di Viezzi, ma lo ha seguito attraverso i media e i social, apprezzando come il friulano sia riuscito a ricucire un periodo di astinenza fin troppo lungo. Abbiamo allora pensato di metterli direttamente in contatto, attraverso le possibilità che la tecnologia oggi consente, per una chiacchierata che ha riservato molti spunti d’interesse.

Pontoni e Viezzi, un selfie per celebrare il suo secondo successo. Prossimo impegno a Namur il 17 dicembre
Pontoni e Viezzi, un selfie per celebrare il suo secondo successo. Prossimo impegno a Namur il 17 dicembre

Un tuffo nel passato

«Le vittorie di Stefano mi hanno fatto tornare indietro con la memoria – esordisce Davide – e mi fa piacere potermi complimentare direttamente con lui che sta dando nuova luce alla nostra disciplina. Seguo purtroppo poco quello che era il mio mondo, ma so bene che cosa significa essere in cima al mondo ed è una bellissima sensazione».

«Non posso che ringraziare Davide per le sue parole – replica subito Viezzi – io mi sto impegnando al meglio e sto anche scoprendo tante cose. A Dublino dove per la prima volta, indossando la maglia di leader, sapevo di essere il punto di riferimento per i corridori. Perciò ho corso di rimessa lasciando l’iniziativa agli altri fino a un giro e mezzo dalla fine, quando ho rotto gli indugi ed è andata bene».

Davide riprende la parola e lancia un primo argomento di discussione: «E’ passato molto tempo fra le nostre due carriere e conoscendo ora Stefano, voglio dirgli di non ripetere i miei errori, per poter rimanere sulla cresta dell’onda».

Gli errori del “Mala”

Quali sono questi errori? «Lasciarsi influenzare da commenti e valutazioni esterne che finiscono per fuorviare. E’ innegabile – spiega – che i nostri tempi vissuti sulla bici siano diversi, oggi siamo nell’era della multidisciplinarietà. Esempi come quelli di Van Der Poel e Van Aert hanno cambiato tutto, stanno influenzando la cultura stessa del nostro sport. Allora era diverso, era un ciclismo più radicale dove il ciclocrossista era visto come lo sfigato. Quello di serie B che era quasi costretto a scegliere il passaggio armi e bagagli alla strada. Ma per un cambiamento totale, soprattutto qui in mezzo alle radicate tradizioni italiane, ci vuole tempo e per questo Stefano deve resistere alle pressioni esterne».

«Spero davvero di non trovarmi in una situazione simile – risponde il leader di Coppa – io da parte mia non ho la minima intenzione di mollare il cross, anche se, come è normale che sia, guardo alla strada come attività primaria. Questo però non deve comportare una scelta, sono specialità che possono benissimo coesistere».

La splendida stagione di Viezzi è iniziata con la vittoria nell’apertura del Giro d’Italia a Tarvisio (foto Billiani)
La splendida stagione di Viezzi è iniziata con la vittoria nell’apertura del Giro d’Italia a Tarvisio (foto Billiani)

I consigli interessati

L’argomento, ricordando anche le tante discussioni dopo la conquista del titolo mondiale 2005, solletica ancor di più Malacarne, che poi ha avuto una buona carriera nel WorldTour (anche se allora si chiamava ProTour) dal 2009 al 2016 fra Quick Step, Europcar e Astana.

«Sono d’accordo – sorride – e da tifoso italiano trovo le parole di Stefano molto incoraggianti. Valutando bene gli impegni si può fare tutto. E’ giusto considerare la strada come impegno fondamentale per la propria carriera, ma va fatto in maniera ponderata. Se c’è un atteggiamento di chiusura da parte di chi consiglia, posso solo dire a Stefano di chiedersi sempre perché, che cosa c’è dietro da parte di chi la pensa in quel modo».

Ma se Malacarne avesse corso nel ciclismo di Van Aert e Van der Poel, sarebbe cambiato qualcosa? «Probabilmente sì considerando il peso che hanno. Anche ai miei tempi – risponde il veneto – c’era chi correva su strada a buoni livelli, da Sven Nys a De Clercq, ma non era la stessa cosa, non avevano quell’importanza. Ora la multidisciplina comanda: lo stesso Pogacar d’inverno fa qualche gara di cross e nessuno lo condanna per questo».

Malacarne ha corso su strada per 8 stagioni, conquistando anche una tappa alla Volta a Catalunya
Malacarne ha corso su strada per 8 stagioni, conquistando anche una tappa alla Volta a Catalunya

Due epoche diverse

Stefano, hai avuto occasione di vedere online qualcuna delle gare di cross al tempo di Malacarne? «Non ho visto direttamente quelle di Davide – ammette il friulano – ma alcune sì, soprattutto le imprese di Pontoni. Le differenze con i cross di adesso sono notevoli, soprattutto a livello di componentistica e di percorsi. La cosa che mi ha colpito è che gli ostacoli allora si speravano ancora a piedi, ora li saltiamo direttamente…».

«Il cross stava cambiando ai miei tempi – ricorda Malacarne – si cominciava anche allora a superare le tavole rimanendo in bici. Prima dei miei tempi le gare erano molto più basate sulla parte podistica e le bici pesavano tantissimo. Si cominciava a lavorare sulle sue varie componenti. Ora il peso è enormemente minore e questo ha contribuito a cambiare lo stesso modo di intendere la specialità».

Per Viezzi una discreta stagione su strada per il Team Tiepolo, con il 2° posto al Giro del Friuli (foto Instagram)
Per Viezzi una discreta stagione su strada per il Team Tiepolo, con il 2° posto al Giro del Friuli (foto Instagram)

Belgio e Olanda? Semplici comparse…

Continuiamo nel confronto fra le due epoche, partendo dalle prove di Viezzi, che ha avversari di valore, ma pochi provenienti dalle due patrie della specialità, Belgio e Olanda. Perché?

«E’ una bella domanda. Io credo – ragiona – che nelle categorie giovanili ci sia maggior concorrenza, tanti Paesi operano nel cross e possono emergere. Ogni gara è a sé, dipende dalle caratteristiche del corridore che si mette in luce su questo o quel percorso. Poi arrivando fra i professionisti, le due scuole principali fanno leva sul loro movimento di gare e prendono il sopravvento».

«Quando io vinsi il mondiale – annota Malacarne – il secondo fu uno svizzero che poi ha avuto una lunga carriera nel ciclocross, terzo un tedesco che fino a due anni fa correva con la Bora. Belgi e olandesi? Neanche visti. Concordo con Stefano, quel che cambia con la crescita è la situazione culturale: in Belgio e Olanda con il cross si può vivere bene, si monetizza, c’è un gran movimento di gare con cui non possiamo competere. Ma pian piano anche altri Paesi stanno emergendo, la stessa Gran Bretagna non è più legata solo a Pidcock, tanto per fare un esempio».

Davide Malacarne si è ritirato da qualche anno. Lavora per Gobik e Ridley e conserva con cura i suoi ricordi
Davide Malacarne si è ritirato da qualche anno. Lavora per Gobik e Ridley e conserva con cura i suoi ricordi

Lo stimolo Philipsen

E’ il momento di chiudere la piacevole parentesi, ma prima Davide ha un augurio da fare: «Stefano, il talento e il tempo sono dalla tua parte, vai avanti su questa strada e pensa che è decisamente ora di riportare quella maglia a casa. E magari non solo quella…».

«Ce la metterò tutta – risponde fiero Viezzi – non ho paura di chi mi troverò davanti. So che anche Philipsen sta per arrivare, che punta alla terza maglia iridata dopo quelle su strada e in mtb: sarà uno stimolo in più…».

Viezzi fa la storia a Troyes, ora è caccia alla Coppa

20.11.2023
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Il viaggio di ritorno da Troyes si prolunga: dopo il lungo volo ci sono almeno due ore di macchina per raggiungere casa, ma nella mente di Stefano Viezzi è come se il buio della notte, intervallato dalle luci dei lampioni lungo la strada, non ci sia. Nella mente sfavilla ancora la gioia del successo, la sua prima tappa in Coppa del Mondo. Un successo azzurro che mancava nella categoria dal 28 dicembre 2004, per opera di Davide Malacarne. Viezzi, a quel tempo non era ancora nato…

Al mattino la voce è ancora assonnata e non potrebbe essere altrimenti, ma c’è la consapevolezza che è il mattino di un nuovo Viezzi, ora protagonista assoluto dello scenario internazionale: «Ho rivissuto varie volte la gara, me la sono rivista nella mente in tutti i suoi passaggi. Non era una prova facile, era la mia prima stagionale nelle condizioni classiche del ciclocross, quelle con il fango, dove si vince sì fisicamente, ma anche con la tecnica e soprattutto la strategia».

L’azzurro dietro il campione europeo Sparfel. Era fondamentale essere fra i primi sin dall’inizio (foto Uci)
L’azzurro dietro il campione europeo Sparfel. Era fondamentale essere fra i primi sin dall’inizio (foto Uci)
Pontoni nel giudizio sulla gara sottolineava come tu sia stato ligio alla tattica prevista alla vigilia…

Quello francese era un percorso infido, dove il minimo errore poteva costarti la gara. Inoltre richiedeva il massimo dell’attenzione in ogni singolo passaggio e col passare dei giri e l’aumento della stanchezza, il rischio di sbagliare aumentava.

Come hai costruito la tua vittoria?

Al primo giro avevamo stabilito con il cittì che sarei rimasto guardingo, ma dovevo partire bene perché dopo 300 metri c’era una contropendenza e se non eri nei primi 5-6 dovevi fermarti e scendere di bici. Ho studiato gli avversari e nel secondo giro ho alzato il ritmo per vedere se qualcuno mi seguiva, invece mi sono ritrovato da solo. Al penultimo giro ho visto che il campione panamericano David John Thompson (USA) era vicino, sotto i 10”, ma non ho mai realmente sofferto, nel finale anzi mi sono goduto la gioia del successo.

Viezzi fra lo staff azzurro dopo l’arrivo. Il successo ha riscattato l’europeo andato non come se lo aspettava (foto Uci)
Viezzi fra lo staff azzurro dopo l’arrivo. Il successo ha riscattato l’europeo andato non come se lo aspettava (foto Uci)
Questa era la tua seconda esperienza all’estero quest’anno, che idea ti sei fatto del livello generale?

E’ sicuramente molto alto perché c’è tanta concorrenza. Alcuni già li conoscevo dallo scorso anno, ma ci sono tanti che sono entrati nella categoria quest’anno che vanno già molto forte. Il livello è alto in molti Paesi, più che in altre categorie.

Ora questo successo cambia un po’ le tue prospettive, gli altri ti guarderanno come l’uomo da battere…

A me non cambia nulla nell’approccio alle gare, continuerò ad affrontarle gare come sempre, con grande attenzione per ogni singolo particolare perché questo è l’unico modo per emergere. Non guardo tanto agli avversari che ci sono, quanto ai singoli tracciati e a far bene quel che so fare.

Il podio finale con Viezzi fra l’americano Thompson e il francese Sparfel (foto Uci)
Il podio finale con Viezzi fra l’americano Thompson e il francese Sparfel (foto Uci)
Seguirai ora tutto il percorso della Coppa?

Vorrei tanto. Sicuramente sarò a Dublino e sarà un test importante, poi vedremo per le altre ma vorrei decisamente provare a tenermi questa maglia di leader perché rappresenta tanto. A dir la verità il calendario italiano non l’ho neanche più guardato, temo che non ci saranno molte occasioni per frequentarlo, campionato nazionale a parte.

La vittoria ti consente di partire davanti a tutti…

Già a Troyes avevo diritto alla prima fila, infatti sono riuscito a passare per 3° o 4° alla prima curva, ora però ho punti in più e sono più tranquillo. La stagione è lunga e poter essere davanti è un vantaggio notevole per le prossime gare. Io ci voglio provare…

Fra gli elite nuovo successo per Iserbyt: solo l’olandese Van Der Haar è rimasto sempre vicino
Fra gli elite nuovo successo per Iserbyt: solo l’olandese Van Der Haar è rimasto sempre vicino

Viezzi, ma non solo: parla Pontoni

A dare garanzie a Viezzi è lo stesso Pontoni, anche lui reduce da pochissime ore di sonno: «Ho già parlato con Amadio, seguiremo tutto il percorso di Coppa, perché Stefano merita di giocarsi le sue chance. Ma vorrei sottolineare che è tutta la categoria che sta facendo bene: Agostinacchio e Fantini stavano ampiamente nella top 10 quando un francese è andato addosso al primo che ha colpito il secondo. Risultato: rottura del cambio per Agostinacchio e bici rovinata anche per l’altro azzurro. Ma hanno dimostrato che le possibilità per emergere ci sono».

Stefano ha detto che la tattica giusta l’avevi suggerita tu…

Diciamo che ne abbiamo discusso prima della gara. La sua grande capacità è quella di leggere la corsa prima che si effettui. Dopo la ricognizione del sabato ne abbiamo parlato a lungo e anche dopo il giro domenicale ci siamo confrontati per trovare la tattica giusta. Gli avevo detto che c’erano tanti tratti dove a causa della pioggia del giorno prima e del fango c’era una sola traiettoria disponibile per non cadere, bisognava stare davanti. Lui ha saputo gestire il tutto in maniera precisa, non ho mai temuto per il risultato neanche quando l’americano si avvicinava.

Ancora una grande prestazione per la Casasola, quarta alla fine a 5″ dal podio. Prima la Alvarado
Ancora una grande prestazione per la Casasola, quarta alla fine a 5″ dal podio. Prima la Alvarado
Guardando la gara nel suo complesso, colpisce il fatto che belgi e olandesi siano indietro…

Non è un caso, se si guarda la top 10 c’è una grande diffusione geografica. In ambito giovanile sembra strano, ma i riferimenti sono altri: la Francia che sta facendo bene ormai da 5-6 anni, gli stessi americani, l’Ungheria che ha un paio di ragazzi fortissimi. Ma ci metto anche l’Italia soprattutto quando i primo anno saranno cresciuti un po’. Abbiamo tanti giovani emergenti e tutti avranno le loro occasioni. La vittoria di Stefano non è certo un caso.

Cecchini stregata dal gravel, per “colpa” di Pontoni!

08.11.2023
5 min
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«Caro Daniele mi hai fregato!». E’ questa la battuta che Elena Cecchini ha rivolto al cittì del cross – e del gravel – Daniele Pontoni. Una battuta che si riferiva proprio al gravel, specialità dalla quale l’atleta della  SD Worx sembra sia rimasta stregata.

I fatti. E’ estate e Pontoni chiede ad Elena se le va di provare il gravel. In palio dapprima la maglia azzurra agli europei e poi forse anche quella per i mondiali. Gli appuntamenti arrivano a fine stagione e Cecchini accetta. Curiosità, e il fatto di non fermarsi troppo presto per lo stacco invernale, inducono la friulana ad accettare. Da quel momento si apre un mondo.

Due friuliani in foto: Cecchini con il cittì Pontoni. Amicizia di lungo corso ma prima esperienza di lavoro insieme
Due friuliani in foto: Cecchini con il cittì Pontoni. Amicizia di lungo corso ma prima esperienza di lavoro insieme
Elena, e così Pontoni ti ha fatto innamorare del gravel, ti abbiamo visto pedalare sullo sterrato anche dopo questi due appuntamenti in azzurro…

Diciamo che mi è piaciuta tutta questa cosa! Le cose sono andate così: durante l’inizio dell’off-season volevo fare un’uscita e ho deciso di farla in gravel. Io ho fatto la mia primissima esperienza con questa disciplina giusto in Belgio, per l’Europeo. Lì c’erano anche i cugini De Marchi. Così ho chiesto a loro se in Friuli c’erano dei bei percorsi per fare gravel. 

E loro?

Mi hanno risposto: «Sì, sì… è bellissimo, abbiamo dei percorsi stupendi». In quei giorni ero ad Udine e così mi sono scaricata una traccia di una sessantina di chilometri e sono andata. Mi sono divertita molto. Ho intersecato spesso le strade che facevo su strada, ma con queste deviazioni gravel.

Quindi si può rifare?

Sì, sì… Alla fine la verità è che questa specialità è arrivata nel momento giusto. Ero a fine stagione, io dovevo comunque risalire in Olanda per fare alcune cose con la squadra e l’europeo non era troppo distante. Da sempre ho fatto solo strada e pista e non sapevo quanto questo potesse aiutarmi. Ma Barbara Guarischi, che è in squadra con me, mi ha detto di venire, di provare, che ci saremmo divertite. Lei aveva fatto questa esperienza anche lo scorso anno (era la tricolore in carica, ndr). Così mi sono ritrovata a debuttare all’europeo. Ed è stata una tra le gare più dure che abbia fatto in vita mia per l’intensità con cui si è corso.

Esordio col botto per Cecchini, terza all’europeo alle spalle della compagna di club Wiebes (prima) e della crossista Fem Van Empel (seconda)
Esordio col botto per Cecchini, terza all’europeo alle spalle della compagna di club Wiebes (prima) e della crossista Fem Van Empel (seconda)
Per il prossimo anno pensi che potresti valutare qualche evento?

In effetti ho dato uno sguardo al calendario, perché con il ranking se sei messa bene in classifica parti più avanti e questo ti consente di fare un grande sforzo in meno. Se in primavera o in qualche momento idoneo della stagione si potrà fare qualche gara magari ci si potrà organizzare.

Quindi l’interesse c’è…

Vediamo! La squadra ha dato l’okay. Specialized chiaramente è interessata, nessuno ci ha messo i bastoni tra le ruote, abbiamo tutte una certa libertà. E poi ho notato che è un ottimo allenamento per la strada: si fa parecchio endurance, perché comunque le gare durano ore, ma con tanta intensità. Un’intensità così prolungata non è cosa da poco. E ancora dico che in generale mi è piaciuto moltissimo. Mi è piaciuto anche l’ambiente.

Cioè?

E’ stato anche bravo Pontoni secondo me. Conosco Daniele da una vita, anche se non avevo mai lavorato con lui. E credo che lui si stata la chiave di volta di tutto. In nazionale si respirava davvero un clima di divertimento, pur mantenendo quella serietà necessaria visto che in palio c’erano delle medaglie. Pontoni ha creato un bel gruppo, nonostante fosse molto eterogeneo: c’erano stradisti, biker, crossisti… Forse ci ha aiutato anche il fatto che la componente friulana era corposa. Ma nel complesso tutti ci siamo divertiti tantissimo.

Anche tecnicamente Elena potrà trarre vantaggio da questa specialità (foto Instagram)
Anche tecnicamente Elena potrà trarre vantaggio da questa specialità (foto Instagram)
Insomma ci sono aspetti fisici e tecnici importanti in tutta questa vicenda. Ci puoi dire la cosa che ti è piaciuta di più in tutta questa nuova avventura?

Mi è piaciuto il fatto che da tanto tempo non riuscivo a divertirmi così in gara. Mi spiego: correndo solo su strada sei più concentrata, hai inevitabilmente qualche pressione in più. Queste volte invece sono stata più spensierata. Se sbagliavo una curva non era un dramma, non era un problema. Su strada questo non sempre è possibile in quanto è il mio lavoro. Ma questa esperienza mi insegnato questo nuovo approccio mentale alla gara.

Quindi agli aspetti fisici e tecnici dobbiamo aggiungere anche quelli mentali. E invece una cosa che non ti è piaciuta?

Non mi è piaciuto il fatto che si tratta di corse ufficiali in cui si assegnano maglie e medaglie e dopo 3 minuti partono atleti uomini “non-pro”. Ciclisti senza una licenza da professionisti, che poco dopo si sono mischiati nella nostra corsa. A quel punto per tutte noi si è trattato di sopravvivere alle loro ruote. Per fortuna al mondiale eravamo solo donne e infatti è andata meglio, anche da un punto di vista tattico. C’è stata una gara più lineare. Almeno so che l’UCI ci sta lavorando. Di certo questo gravel è una disciplina coinvolgente e che attira tante persone.

Europei al via, ma Pontoni guarda più lontano

02.11.2023
5 min
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Sono 20 i ragazzi che da venerdì saranno impegnati a Pontchateau negli europei di ciclocross e l’evento ha quest’anno un sapore particolare, soprattutto in casa italiana, perché a differenza di quanto avveniva negli scorsi anni, non ci sono state prove introduttive. Questa è la prima uscita della nazionale impostata da Daniele Pontoni, che finora si è mosso attraverso un raduno con i suoi ragazzi e valutando le loro apparizioni, scarne, nelle gare d’inizio stagione.

Va subito detto che si tratta di una scelta forzata. In Coppa del mondo si sono disputate due sole prove, di cui una negli Usa disertata dai più e anche in Italia la stagione sta entrando ora nel vivo, dopo le prime tre gare del Giro d’Italia e il classico appuntamento di Brugherio. Per questo Pontoni parte per la Francia con tanta curiosità.

Tommaso Cafueri, appena passato U23 è subito in nazionale, dopo una buona stagione su strada (foto Billiani)
Tommaso Cafueri, appena passato U23 è subito in nazionale, dopo una buona stagione su strada (foto Billiani)

«Non posso negarlo – dice il tecnico friulano – arrivo a quest’evento con uno spirito diverso rispetto a quello dello scorso anno. E’ come un nuovo inizio: abbiamo un gruppo rinnovato, soprattutto nella sua componente giovanile. La metà degli junior che sono del primo anno e gli altri, salvo rarissimi casi, all’esordio internazionale. Sono 10 ragazzi e potevano essere di più, ma ci saranno occasioni per rifarsi con le tappe europee di Coppa, ci saranno opportunità per tutti».

Come tuo costume hai scelto di puntare soprattutto sulle categorie giovanili…

Sì, anche fra gli under 23 abbiamo Filippo Agostinacchio, Paletti e Cafueri che sono tutti fra i più giovani della categoria. Ho le idee chiare non solo su questi europei, ma su tutto il cammino da compiere. I convocati sapevano già da un paio di settimane di questa opportunità proprio perché voglio che non ci siano fraintendimenti e che ci si possa concentrare completamente sull’obiettivo.

Per Sara Casasola buoni risultati nelle sue uscite internazionali. L’obiettivo è almeno una top 10
Per Sara Casasola buoni risultati nelle sue uscite internazionali. L’obiettivo è almeno una top 10
Che cosa ti aspetti da loro?

Partiamo un po’ al buio non avendo avuto occasioni di confronto, ma io sono ottimista. E’ chiaro che altre Nazioni, soprattutto quelle di riferimento come Belgio e Olanda sono più rodate, ma anche i nostri ragazzi hanno potuto gareggiare più volte e, grazie al nuovo calendario internazionale in Italia, raccogliere punti utili per partire più avanti. Cominceremo venerdì con la novità del Team Relay e i ragazzi sanno quanto io tenga a questa prova, che testimonia lo stato di salute del movimento.

Che idea hai del percorso?

Io lo conosco bene, sono sempre andato molto bene su quel tracciato francese, arrivavo sempre primo o secondo, anzi paradossalmente l’ultimo mio mondiale, nel 2004 disputato proprio a Pontchateau è stata la volta dove ero andato più forte. Bucai appena fuori dal box e mi feci mezzo giro con la ruota sgonfia, eppure risalii dal ventesimo al quarto posto. Fu un legno che aveva un sapore davvero particolare… Tornando ai ragazzi, conoscono bene le particolarità e insidie del tracciato, abbiamo visionato più volte le gare disputate negli scorsi anni, sanno come devono interpretarlo.

Per Francesca Baroni un importante ritorno in azzurro, il primo con Pontoni cittì
Per Francesca Baroni un importante ritorno in azzurro, il primo con Pontoni cittì
C’è una variabile che può influenzarlo?

Sicuramente il vento. Da quelle parti – siamo nella Francia del nord, particolarmente vicini all’Atlantico e al Belgio – il vento c’è sempre e cambia continuamente direzione, quindi farà la sua parte.

Sarà anche la prima volta per Francesca Baroni sotto la tua guida…

Sono molto contento che ci sia, se lo è meritato. Dopo due anni di gare in Belgio, ho trovato una ragazza più matura, conscia delle sue possibilità. La sua stagione è iniziata presto, si è avvicinata alla gara continentale nella maniera giusta, sono molto confidente che possa far bene. Questa oltretutto è una tappa fondamentale per tutto il lavoro che stiamo facendo. Ad esempio con me ci sarà un tecnico del gruppo performance, Marco Decet con cui stiamo lavorando specificamente su tutta la parte del riscaldamento pregara.

Pontoni con Silvia Persico. Possibile un suo ritorno in gara per dicembre
Pontoni con Silvia Persico. Possibile un suo ritorno in gara per dicembre
L’impressione è che si parta per questa trasferta con una formazione “work in progress”…

E’ vero in parte, nel senso che non andiamo certo solo per figurare. Questo lavoro è proiettato molto in avanti, verso il prossimo biennio. Ci sono tanti esordienti e l’aspetto psicologico, l’impatto emotivo ci sarà, ma dovranno essere bravi a saperlo gestire, anche quello fa parte del gioco. Se facciamo tutto bene però, so che possono arrivare anche buoni, anzi ottimi risultati, ma non mi sbilancio sui pronostici, non è mia abitudine.

A questa nazionale mancano atlete di spessore come Corvi, Venturelli senza dimenticare Silvia Persico. Hai una road map su quando e come saranno impiegate nel corso della stagione?

Ho avuto frequenti contatti con ognuna di loro e con i loro team, il mio compito è assecondare i programmi stabiliti dalle squadre e in base ad essi studiare come e quando potrò averle a disposizione. Ci sarà chi inizierà fra poco e chi più avanti, nel pieno della stagione internazionale, ma è obiettivo di tutte loro, e anche mio, essere presenti al suo culmine, ossia nella parte di fine gennaio-inizio febbraio coincidente con i mondiali. Strada facendo vedremo come arrivarci al meglio.

Bertolini sarà con Ceolin l’unico italiano al via tra gli elite, dove Iserbyt, Nys e Van Der Haar sono i favoriti
Bertolini sarà con Ceolin l’unico italiano al via tra gli elite, dove Iserbyt, Nys e Van Der Haar sono i favoriti
Un cenno finale sulla gara clou, quella elite maschile che sarà naturalmente priva dei “tre tenori”…

Noi saremo al via con Bertolini e Ceolin. Che cosa mi aspetto? Innanzitutto attaccamento alla maglia e ai colori. Sono professionisti, so che hanno tutte le possibilità per una gara di alto livello, poi i risultati verranno di conseguenza se sapranno tradurre il loro valore sul percorso. Ma questa è la base della nostra attività, non sto dicendo nulla di nuovo.

Le difficoltà del ciclocross. Scotti ne ha per tutti…

30.10.2023
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Con i protagonisti della strada a riposo e in giro per il mondo per le vacanze, l’attenzione è tutta incentrata sul ciclocross. L’attività sui prati è già entrata a pieno regime, con tappe di Coppa del Mondo ogni fine settimana abbinate a prove degli altri principali circuiti. Non ci sono naturalmente i grandi protagonisti. Van der Poel ha già annunciato che tornerà sui prati solo nella seconda metà di dicembre per la serie di gare del periodo natalizio. Probabilmente sia Van Aert che Pidcock, gli altri “tenori” seguiranno la stessa impostazione.

Per Van Aert e VDP un inverno con poche gare, come ormai prassi vista l’attività su strada
Per Van Aert e VDP un inverno con poche gare, come ormai prassi vista l’attività su strada

E’ chiaro quindi che fino ad allora seguiremo “un altro sport”, con altri protagonisti ma con la consapevolezza che i valori espressi non sono quelli assoluti. Un trend che si sta allargando. Fra le donne, dove continua il netto dominio olandese, c’è chi come la Van Anrooij comincia a selezionare le sue apparizioni. In Italia poi è ormai chiaro come il panorama di praticanti di vertice si sia ulteriormente ristretto. Il ciclocross continua ad essere visto come un fastidioso intermezzo per i nostri ciclisti.

Su questo e tanto altro abbiamo ragionato con Fausto Scotti, organizzatore del Giro d’Italia ma per anni commissario tecnico azzurro e profondo conoscitore del movimento da tutta una vita. Partendo proprio dalle considerazioni internazionali: «I tre campioni li vedremo sempre meno spesso. La loro stagione su strada è troppo intensa, ma non lasceranno l’attività sui prati e questo non solo per una questione di passione. Ogni gara vale per loro un ingaggio dai 15 ai 25 mila euro, è un’attrattiva di non poco conto, ma che sta anche creando squilibri».

Fausto Scotti, ex cittì azzurro, oggi organizzatore del Giro d’Italia di ciclocross
Fausto Scotti, ex cittì azzurro, oggi organizzatore del Giro d’Italia di ciclocross
In che senso?

Agli altri, a quelli che tirano la carretta per tutta la stagione resta poco, ma da parte loro c’è anche una certa rassegnazione sapendo del loro strapotere, anche se sono convinto che col tempo anche Thibau Nys salirà a quel livello, d’altro canto anche lui fa strada. I team dal canto loro hanno tutto l’interesse a lasciarli lavorare in pace e favorire le loro uscite nel ciclocross perché hanno ritorni d’immagine anche fuori stagione, con gli sponsor che vengono così gratificati nei loro investimenti. Gli organizzatori? Loro con gli introiti per ogni gara vedono i loro investimenti negli ingaggi ampiamente coperti. Hanno d’altronde protagonisti che ad ogni gara se le danno di santa ragione ma sempre nel reciproco rispetto. Ti garantiscono lo spettacolo.

Perché allora non seguire questa strada anche in Italia?

Intanto perché è un paragone improponibile considerando i nomi, ma anche a livello internazionale non tutto funziona. Questa continua volontà di portare la Coppa in America ad esempio non va. I team, piuttosto che programmare una trasferta simile preferiscono investire su un ritiro prestagionale in più che gli costa meno e coinvolge più gente. Guardate quanti sono andati a Waterloo, anche tra belgi e olandesi non erano così tanti.

Thibau Nys, vincitore della prima di Coppa negli Usa. Scotti è pronto a scommettere su di lui
Thibau Nys, vincitore della prima di Coppa negli Usa. Scotti è pronto a scommettere su di lui
Torniamo in Italia: spesso si sono criticati i diesse perché negano i permessi ai loro atleti per l’attività invernale, Si diceva che con l’avvento della multidisciplinarietà stava cambiando questa cultura, ma oggi senti i ragazzi più giovani che dicono che non vogliono più fare ciclocross per curare la preparazione per la strada. Allora di chi è la colpa?

E’ un discorso che coinvolge tanti attori e tante responsabilità. Iniziamo dai procuratori, che prendono i ragazzi da quando sono allievi, li lasciano correre nelle varie discipline ma appena possono li indirizzano verso quelle più remunerative. Faccio l’esempio di Fiorin che da ragazzo faceva un po’ tutto e che viene da una tradizione familiare dove il ciclocross era molto apprezzato, il padre l’ha quasi svezzato sui prati. Ora che è junior però viene spinto a fare solo strada e pista perché lì può emergere e soprattutto ha maggiori obiettivi, anche olimpici.

E i team che voce hanno?

I team guardano ai soldi, chi ha i campioni li coccola e chi non li ha cerca altre strade. In Italia come si diceva si dà molta colpa alle squadre ma io con loro ho lavorato per anni. Guardate Reverberi: a Paletti non ha messo limitazioni, ma qui è la famiglia che comincia ad avere perplessità, perché il ragazzo d’inverno rischia di avere un’attività ancor più stressante, fra allenamenti per la strada e le trasferte del fine settimana.

Luca Paletti sta gareggiando con regolarità, una rarità fra i pro’ italiani (foto Lisa Paletti)
Luca Paletti sta gareggiando con regolarità, una rarità fra i pro’ italiani (foto Lisa Paletti)
Che cosa servirebbe allora per dare un’inversione di tendenza?

Semplice: una vagonata di denaro. Per fare un team di primo piano che agisca su tutto, come l’Alpecin, servono decine di milioni di euro e dove sono gli sponsor italiani che possono investire tanto? Che cosa si garantisce loro?

Torniamo però al punto di prima, gli stessi ragazzi che sono contrari anche a fare qualche semplice gara per allentare la preparazione. Toneatti ad esempio vuole concentrarsi sulla strada…

Qui entriamo in un altro campo: la consapevolezza di sé dell’atleta. Davide era nato come ciclocrossista, i suoi risultati li ha ottenuti lì, è con quelli che l’Astana l’ha preso. Ora rinuncia alla disciplina dove aveva più chance di emergere per puntare alla strada dove le porte sono obiettivamente chiuse.

Per la Realini il ciclocross è ormai un bel ricordo. Ma siamo sicuri che qualche gara senza assilli non sia utile?
Per la Realini il ciclocross è ormai un bel ricordo. Ma siamo sicuri che qualche gara senza assilli non sia utile?
E in campo femminile?

Avviene un po’ lo stesso. La Realini ormai non fa più ciclocross, con lei ho parlato a lungo, non è per pressioni esterne ma più per delusioni avute in questo ambiente, ad esempio la mancata convocazione per i mondiali americani. La Persico ha staccato la spina e forse farà qualche gara fra dicembre e gennaio, ma il 2024 è anno olimpico e lei può ambire non solo a partecipare a Parigi. Sono tutte cose che devi mettere nel conto: Silvia ha pagato l’attività nel ciclocross in questa stagione faticando a trovare la miglior forma perché non si era fermata mai. Lei al mondiale potrebbe anche far bene, ma le servono almeno 5-6 gare per trovare la forma.

Poi però ci sono casi come la Venturelli che reclama addirittura la possibilità di competere anche d’inverno perché le dà la carica per affrontare la preparazione…

Ma lei è junior, siamo sicuri che le cose non cambieranno passando di categoria? Io credo che la vedremo sempre meno nel ciclocross per privilegiare strada e pista, perché i suoi orizzonti sono già proiettati verso Los Angeles 2028, lì potrà davvero scrivere pagine storiche per tutto lo sport italiano. Intanto però non credo che quest’anno la vedremo spesso sui prati…

In Italia l’attività è aumentata, i praticanti anche, ma mancano reali investimenti (foto Lisa Paletti)
In Italia l’attività è aumentata, i praticanti anche, ma mancano reali investimenti (foto Lisa Paletti)
Fa bene Pontoni a lavorare quasi esclusivamente sui giovani?

Che altro dovrebbe fare? Talenti veri non ce ne sono, quelli che abbiamo come Bertolini si sono persi inseguendo fantasmi come una convocazione olimpica nella mtb penalizzando quella che era la sua via preferenziale. Puoi lavorare sulle categorie giovanili, far crescere i ragazzi, poi loro prenderanno la direzione più redditizia e certamente non è il ciclocross perché chi ci investe sopra?

Pontoni e il gravel: romanticismo e tanto agonismo

11.10.2023
6 min
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Il secondo campionato del mondo gravel, corso il fine settimana scorso, ha chiuso la breve parentesi su questa disciplina. Aperta in occasione del primo campionato europeo, disputato in Belgio il primo ottobre. Il gravel cresce, accoglie sempre più appassionati, sia tra i ciclisti quanto tra i tifosi. La provincia di Treviso, tra sabato e domenica, ha potuto godere di nomi illustri del panorama del ciclismo mondiale e di un pubblico da classiche. 

Ma dove potrà arrivare questa disciplina? Piace a tanti atleti, grazie a percorsi sempre nuovi e diversi tra di loro. La differenza tra il campionato europeo e quello del mondo era estremamente profonda. Scelte tecniche che portano anche ai vari cittì a dover fare delle selezioni, così da portare in gara la miglior squadra possibile. La stessa Italia di Pontoni tra uomini e donne è variata tanto, costruendo quattro squadre (due per gara tra europeo e mondiale) tanto diverse tra di loro. 

Le due prove elite del mondiale gravel 2023 hanno visto protagonisti di primo piano (foto Bolgan)
Le due prove elite del mondiale gravel 2023 hanno visto protagonisti di primo piano (foto Bolgan)
I due percorsi tra europeo e mondiale ci hanno detto che il gravel cresce e cambia nei percorsi, questo comporta scelte diverse per la selezione dei corridori?

Assolutamente, devi schierare il miglior atleta possibile in base alle caratteristiche del percorso. Quello degli europei mi ha spinto a scegliere atleti molto più veloci e a puntare quindi su di loro. Per esempio nelle donne ho portato Elena Cecchini in tutte e due le prove, ma all’europeo era l’atleta di punta, mentre al mondiale ha dato supporto alle altre. 

Cittì, tra europeo e mondiale hai cambiato tanto, soprattutto nella corsa delle donne.

Avevo più scelta, anzi ora posso dirlo: avremmo dovuto avere anche la Longo-Borghini, ma a causa dell’infortunio non è stato possibile. Con gli uomini ho lasciato più spazio agli under 23 all’europeo ma al mondiale non me la sono sentita, anche perché è venuta fuori una gara da cinque ore.

Nella gara delle donne l’Italia si è messa la corsa sulle spalle conducendo le danze per tanti chilometri (foto Bolgan)
Nella gara delle donne l’Italia si è messa la corsa sulle spalle conducendo le danze per tanti chilometri (foto Bolgan)
Il livello degli atleti si è alzato, lo si è visto sia tra le donne che tra gli uomini…

Si è alzato e molto. Sia come nomi che come qualità dello sforzo da parte degli atleti. Troviamo team professionisti, che fanno di mestiere questa specialità. Credo che nel giro di 2-3 anni avremo squadre dedicate a questa disciplina con professionisti del settore sempre più competitivi. Soprattutto nel campo femminile abbiamo visto il meglio, mancava la Ferrand-Prevot e qualche atleta della mtb, però se si guarda alla strada c’erano tutte. 

Il Lombardia il giorno prima della prova maschile ha un po’ precluso le scelte?

Alessandro De Marchi e Simone Velasco hanno comunque partecipato, certo la loro presenza va di pari passo con le esigenze dei team. Forse slittando la prova avanti di una settimana rispetto al Lombardia avremmo avuto differenti atleti, ma non scordiamo chi ha vinto (Mohoric, ndr) e il fatto che ci fosse un corridore come Van Aert.

Com’è il rapporto con le squadre dei vari corridori?

Non è semplice, siamo una specialità emergente, però già dall’anno scorso ad oggi si nota una voglia maggiore di partecipare. Una voglia che è anche delle aziende. Gli atleti, fosse per loro, ne avremmo tanti di più a disposizione. Credo che questi due mondiali e il prossimo, che si svolgerà nelle Fiandre, daranno il “la” definitivo a questa specialità

Ci si riesce a coordinare in maniera costruttiva?

Molte squadre in questi due giorni post mondiale mi hanno contattato mostrando un grande interesse, così come i costruttori. Basta pensare a quali tipologie di bici vengono vendute maggiormente ora: le gravel occupano una buona fetta di mercato.

Tra le protagoniste della gara femminile c’era anche Demi Vollering, vincitrice dell’ultimo Tour de France Femmes
Tra le protagoniste della gara femminile c’era anche Demi Vollering, vincitrice dell’ultimo Tour de France Femmes
Che crescita si immagina per il gravel in futuro?

Quella che c’è stata per la mountain bike negli anni ‘90. Pensiamo che le Olimpiadi del 2028 si svolgeranno negli Stati Uniti e questa è una specialità che nasce lì. Il gravel si afferma come terza disciplina del fuoristrada, considerando che hanno assegnato i mondiali fino al 2028. Si è partiti con due edizioni in Italia, poi ci sposteremo in Belgio, Australia, Francia, ancora Belgio e poi Emirati Arabi ad AlUla. Ripeto, non mi stupirei se questa specialità potesse avere un futuro sempre più radioso

Arrivare dal fuoristrada aiuta, ma le distanze poi diventano molto impegnative…

Chi ha già corso nel ciclocross o nella mtb a livello di guida è estremamente avvantaggiato. Già solo fare le curve in maniera corretta dà una grande mano, però poi entra in gioco la distanza. Entrambe le gare sono state sulle 5 ore, è chiaro dunque che la resistenza conta eccome. E quella la alleni solamente su strada. Pensiamo per esempio alla Cecchini che non ha mai fatto nulla in fuoristrada e si è comportata alla grande.

Il pubblico di Pieve di Soligo si è riversato in strada nella due giorni iridata, una prova di quanto il gravel sia ormai popolare
Il pubblico di Pieve di Soligo si è riversato in strada nella due giorni iridata, una prova di quanto il gravel sia ormai popolare
Il pubblico poi ha risposto in maniera incredibile, sia sabato che domenica…

Ho visto tantissima passione e secondo me chi era a bordo strada torna a casa con uno stupore negli occhi non indifferente. Il gravel è tanto entusiasmante, non si ha assistenza e il corridore ci mette tanto del suo, è un tornare indietro nel tempo. Bisogna saper sfruttare i piccoli momenti e noi cittì dobbiamo riuscire a far sentire il nostro appoggio in ogni istante.

A lei che è rimasto di questa esperienza?

Mi ha lasciato un’altra medaglia oltre a quella della Persico, le persone e lo staff ci hanno davvero messo il cuore e questo per me è un premio enorme. Devo ringraziare tutti per questa seconda esperienza fantastica.

Silvia Persico: argento tra la polvere e l’emozione

07.10.2023
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PIEVE DI SOLIGO – «Si sente la gara», ha esordito così il commissario tecnico della nazionale azzurra di ciclocross e gravel Daniele Pontoni, come se dentro di sé sentisse che sarebbe stato un grande mondiale.

Al Lago Le Bandie la giornata inizia molto presto: l’erba è ancora bagnata dalla rugiada della notte e fa fresco, ma nulla importa. Oggi si corre la gara dell’anno, il mondiale gravel: a prepararsi non sono solo le donne élite ma anche tutti i partenti delle altre categorie in programma in giornata tra master uomini e donne. C’è chi fa stretching, chi preferisce i rulli e chi la totale tranquillità.

Un argento che per la Persico è il modo migliore per chiudere l’anno e avvicinarsi a quello olimpico
Un argento che per la Persico è il modo migliore per chiudere l’anno e avvicinarsi a quello olimpico

Mentre le atlete si incolonnano davanti ad uno spettacolo naturale, cala il silenzio, interrotto solo dal via ufficiale. All’improvviso il parco si riempie di colori e di urla d’incitamento: sarà la strada ad eleggere la più forte, colei che sarà la campionessa del mondo.

Gli spettatori si fanno curiosi, bramosi di sapere cosa sta succedendo in gara, come sono messe le nostre azzurre, quanto manca al finale. Un’attesa che pare infinita ingannata dagli arrivi che continuano a susseguirsi sulla linea del traguardo: ogni casco che si intravede in lontananza è un sussulto.

La Niewiadoma ha chiuso con 32″ su Persico e Vollering, 1’29” sulla Kastelijn, 1’33” sulla Wiebes
La Niewiadoma ha chiuso con 32″ su Persico e Vollering, 1’29” sulla Kastelijn, 1’33” sulla Wiebes

Vittoria polacca con Niewiadoma

Al mondiale di Pieve di Soligo fa caldo, pare una bellissima giornata d’estate e l’agitazione di certo non aiuta. Per l’Italia ci sono sei tecnici all’arrivo, che non devono attendere molto per festeggiare. La prima a tagliare il traguardo è la polacca Katarzyna Niewiadoma, ma appena 37” più indietro ci sono la nostra Silvia Persico e la neerlandese Demi Vollering.

La volata per l’argento la vince l’azzurra e la piazza esplode in applausi e urla di gioia. Dopo il traguardo Silvia si abbandona in un abbraccio con il CT Daniele Pontoni che con gli occhi lucidi non dice nulla: l’impresa fatta da Silvia parla da sé.

Come lei stessa ci ha raccontato, quella del 2023 è stata una stagione molto lunga, iniziata con il cross a gennaio e conclusa oggi con l’argento mondiale nel gravel, una specialità nuova per lei che approfondirà nei prossimi mesi, non prima di aver festeggiato s’intende. Mentre si dirige verso la sala stampa, con la mano fa il segno di una croce e ci fa capire quanto è stanca: «Credo sia stata una delle gare più dure della mia vita. Gli ultimi 10 chilometri sono stati terribili, sembravano non finire mai!».

Per Niewiadoma un oro che aggiusta una stagione con ben 26 Top 10 ma senza altri squilli
Per Niewiadoma un oro che aggiusta una stagione con ben 26 Top 10 ma senza altri squilli

Persico: «Esperienza da ripetere»

Che non si tratti di una gara semplice lo si intuisce guardando il percorso: quando il gruppo ha affrontato l’iconico muro di Ca’ del Poggio, all’arrivo mancavano ancora 62 chilometri, praticamente quasi metà gara e la parte più tosta è proprio il finale, sulle Colline patrimonio Unesco, con quattro strappi impegnativi (San Viglio, Le Serre, Le Tende, Collagù).

Silvia arriva stanca e accaldata, è richiesta da amici, parenti e giornalisti e attorniata dai fotografi, ma non perde mai il sorriso. Ci racconta che il debutto nel mondo del gravel le è piaciuto, si è divertita (e si vede!) e ha raggiunto l’obiettivo.

«Vincere sarebbe stato un sogno – ammette – ma nei miei piani c’era il podio e ce l’ho fatta. Mi sono divertita davvero molto, per migliorarmi dovrei creare un calendario più incentrato sulla disciplina. Non so ancora bene quali saranno i programmi per la prossima stagione, ma so che coltiverò sicuramente la gravel. Ora penso di meritarmi una pausa, al resto ci penserò dopo».

Per Realini un’ottima gara. Protagonista fin quasi alla fine ha chiuso nona a 6’03”
Per Realini un’ottima gara. Protagonista fin quasi alla fine ha chiuso nona a 6’03”

Azzurri, fatevi spingere dal tifo…

Prima di salutarci chiacchieriamo un po’, in vista anche della prova maschile: «Devono crederci fino alla fine – aggiunge Silvia – senza farsi intimorire dal percorso davvero duro. Correre sulle strade di casa con un tifo così speciale ti dà tanta carica, bisogna farsi forza così».

Il podio è un tripudio di colori e di emozioni e in prima fila, da tifoso più grande, c’è il CT Daniele Pontoni che sorride a Silvia con uno sguardo a dir poco orgoglioso: «Ha vinto la più forte, non c’è nient’altro da dire. Sulle salite finali la Niewiadoma ha iniziato ad allungare creando un buco dietro di sé che le è valso la vittoria: Silvia Persico intanto, forte della collaborazione di Demi Vollering, ha continuato la corsa con un passo regolare, preferendo giocarsela in volata».

Le olandesi hanno provato a fare gara dura, ma ai -25 Niewiadoma ha chiuso i conti
Le olandesi hanno provato a fare gara dura, ma ai -25 Niewiadoma ha chiuso i conti

All’arrivo lo speaker parlava di un rallentamento di Silvia, come se si stesse rialzando, versione smentita da Silvia stessa: «Dire che ho rischiato di staccarmi non è corretto, le ho lasciato al massimo cinque metri, ma sono sempre stata lì». E noi, davanti a tutta questa bellezza e a quella medaglia d’argento che ha grande valore, non possiamo che emozionarci sinceramente.

La settimana dei titoli di gravel. Pontoni pianifica le nazionali

26.09.2023
4 min
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La stagione del ciclocross è in rampa di lancio, anzi già qualcosa si è mosso sia in Italia che in Svizzera, ma Daniele Pontoni in questo momento è concentrato sul gravel. Non bastasse il mondiale dell’8 ottobre nella Marca Trevigiana, l’UEC ha inserito anche il neonato europeo esattamente una settimana prima, in Belgio, ma con i calendari strada e marathon di mtb ancora in pieno svolgimento. Far quadrare il cerchio è davvero difficile, molto più di quanto lo fu lo scorso anno.

Daniel Oss al centro fra i cittì Celestino e Pontoni. Il trentino vuole tornare sul podio mondiale
Daniel Oss al centro fra i cittì Celestino e Pontoni. Il trentino vuole tornare sul podio mondiale

Pontoni non nasconde le difficoltà, ma parte da un concetto base: «Saremo presenti ad entrambe le manifestazioni, questo è certo. Non so ancora con chi, ma saranno due squadre diverse anche se ci saranno corridori che doppieranno e questo perché i due tracciati di gara avranno caratteristiche differenti. Il mondiale è stato disegnato su un tracciato impegnativo, che sono sicuro farà selezione, con strappi brevi e duri che alla lunga si faranno sentire».

Mentre l’europeo?

E’ un percorso più scorrevole, dove i passisti potranno avere buon gioco. Nella scelta mi baserò sulle caratteristiche dei singoli e sulla strategia da adottare per ognuna delle due gare. Non nascondo che dobbiamo puntare al podio, soprattutto per la gara iridata che corriamo in casa, come abbiamo già fatto lo scorso anno.

L’europeo a una settimana di distanza dal mondiale è secondo te un vantaggio o uno svantaggio?

Dipende da come lo si guarda. Io voglio prenderlo come una prova generale e non mi riferisco solamente agli atleti che gareggeranno, ma anche allo staff, a noi che saremo fuori gara. Sarà un modo per prendere sempre più confidenza con la specialità e la tipologia del mezzo, ben diverso sia da una bici da strada che da una mountain bike. Il gravel sta correndo nel suo cammino di affermazione, è difficile tenere il passo, ogni occasione va sfruttata al massimo.

Ma il progresso sta procedendo geograficamente di pari passo?

No e questo mi dispiace. Da noi, in Europa ma ancor più in Italia, c’è ancora un po’ di scetticismo, anche se vedo che cominciano a nascere team specifici e questo è un passo basilare per l’affermazione della specialità. In America sono molto più avanti, si sta affermando una cultura, esattamente com’era avvenuto nella mountain bike.

Il ceko Petr Vakoc quest’anno primo a Swieradow-Zdroj e alla Monsterrato, tappe delle World Series
Il ceko Petr Vakoc quest’anno primo a Swieradow-Zdroj e alla Monsterrato, tappe delle World Series
Lo scorso mondiale aveva visto gli stradisti avere vita facile, chiaramente con una preponderanza per quelli abituati alla multidisciplina. Pensi che quest’anno ci saranno più specialisti puri nelle parti alte della classifica?

Io credo di sì, ma credo anche che, se l’europeo si presta a una soluzione simile, il mondiale vedrà contendersi il titolo ancora gente che viene dalla strada. Chi viene dal WorldTour ha un colpo di pedale superiore anche a chi frequenta la mountain bike, c’è una disparità di forze e ne dovrò tenere conto nelle convocazioni. Credo però che ci sarà qualche inserimento in più da parte di chi frequenta unicamente le corse di gravel.

Ti sei fatto un’idea di chi saranno i favoriti?

Difficile dirlo non sapendo chi sarà al via, credo comunque che Belgio e Olanda presenteranno in entrambi gli eventi formazioni molto qualitative perché so che ci tengono molto. C’è poi l’incognita legata a Van Aert, se sarà al via l’8 ottobre al mondiale, il favorito d’obbligo sarà lui, anche per la voglia di mettere fine alla collezione di secondi posti

Van Aert ha vinto l’Houffa Gravel con grande facilità. Il mondiale sarebbe un riscatto in un anno difficile
Van Aert ha vinto l’Houffa Gravel con grande facilità. Il mondiale sarebbe un riscatto in un anno difficile
Hai già in mente chi schierare?

Qualche nome ce l’ho già, ma non sarebbe giusto farli prima di ufficializzare le squadre, anche se è chiaro che Oss, vicecampione mondiale in carica, non potrà non esserci. Quel che posso garantire è che presenteremo squadre popolate di gente con la voglia di far bene, perché correre un mondiale in casa ha un valore particolare in qualsiasi specialità. Il problema sono le concomitanze, considerando che ci sarà la Tre Valli che coinvolge molti team del WorldTour al maschile e al femminile e c’è la Coppa del mondo di mountain bike negli Usa. Noi comunque ci sapremo far valere, non ho dubbi.