La nuova vita di Plebani, ora a caccia del podio olimpico

09.04.2024
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Per Davide Plebani la notizia della prossima convocazione per i Giochi Paralimpici ha un sapore dolce come il miele. E’ già di per sé un riscatto dopo che la sua carriera da pistard si era chiusa senza essere riuscito a ottenere quel che voleva. Per anni parte della nazionale, sempre nel gruppo del quartetto anche se non titolare, nel corso del tempo Plebani era diventato l’esempio della grande speranza non concretizzatasi, di un corridore di grande talento ma con risultati inferiori a quelli che si attendevano. Il treno olimpico sembrava passato, invece…

La storia del suo connubio con Lorenzo Bernard, che l’ha portato al bronzo mondiale e quindi all’ammissione d’ufficio alla rassegna a cinque cerchi è un racconto che Davide fa con una gioia palpabile, che traspare dalla sua voce anche per il fatto che questo successo è condiviso.

I due in allenamento a Rio. Il loro bronzo vale direttamente la qualificazione olimpica
I due in allenamento a Rio. Il loro bronzo vale direttamente la qualificazione olimpica

«Io avevo smesso di correre per mia scelta, i mondiali del 2022 erano stati l’ultimo atto di una carriera comunque importante, considerando che ho dalla mia anche un bronzo mondiale ed europeo nell’inseguimento. Un mese dopo aver appeso la bici al chiodo mi ha chiamato il presidente della Fci Dagnoni, dicendomi che ha sempre creduto in me e che era un peccato mollare, ma che avrei potuto dare un contributo diverso. Mi ha suggerito l’idea del paraciclismo, fatto sta che a gennaio ero già in sella al tandem».

Una specialità completamente diversa, anche dal punto di vista tecnico…

Sì, serviva un po’ di tempo per abituarsi, ma d’altro canto la regola che vuole il decorrere di un anno di passaggio dal ciclismo olimpico a quello paralimpico mi dava il tempo per ambientarmi. Poi la mia esperienza nei velodromi mi consentiva di prendere presto confidenza col nuovo mezzo. Attenzione però, perché con Lorenzo il nostro impegno non riguarda solo la pista, ma anche le gare su strada, in linea e a cronometro. Io prima ero abituato ad affrontare le prove contro il tempo come un di più, ora invece sono un obiettivo vero e proprio.

Per Plebani e Bernard c’è anche la strada, con due occasioni di gara a Parigi 2024
Per Plebani e Bernard c’è anche la strada, con due occasioni di gara a Parigi 2024
Che cosa significa correre in tandem?

E’ diverso, non tanto e non solo per il gesto tecnico. E’ fondamentale trovare il giusto feeling con il compagno, conoscersi anche fuori dalla gara, entrare in sintonia. Soprattutto nel nostro caso dove per forza di cose abbiamo compiti diversi. Lorenzo, dietro, è fondamentale, perché deve spingere e trovare una grande sensibilità di gesto verso di me, seguire e assecondare la mia pedalata. In sella comunichiamo molto, io non sono solamente i suoi occhi, ma devo dargli i tempi. E’ importantissimo che ci sia sincronia e questa si acquisisce con il lavoro.

Accennavi al fatto che non sarete impegnati solo su pista, quanto cambia il vostro impegno passando alla strada?

Sono sforzi diversi. Le cronometro sono intorno ai 30 chilometri e anche qui bisogna trovare il giusto rimo di pedalata. Nelle gare in linea serve anche la sensibilità nel coesistere con gli altri, sono prove sui 100-120 chilometri, forse sono quelle dove il connubio è più forte. Resta il fatto che pista e strada sono connesse, ognuna è utile all’altra come per me è sempre stato, ogni specialità aiuta l’altra.

Ai mondiali hai ritrovato tanti corridori che erano con te nelle gare su pista e su strada da normodotati. Che effetto ti ha fatto ritrovarli in una situazione così diversa?

E’ particolare, tra una gara e l’altra a Rio spesso ci ritrovavamo, ci salutavamo, condividevamo le nostre esperienze e in tutti ho trovato la gioia di essere lì, di vivere questa nuova esperienza molto più profonda. E’ qualcosa che va al di là della pura competizione, è appagante già per il solo fatto di esserci. Ho trovato campioni della pista e anche della strada, è stato bellissimo.

Personalmente che effetto ti fa questa nuova esperienza?

Sono contentissimo, mi sento per la prima volta teso verso un obiettivo chiaro. Avevo chiuso la mia carriera insoddisfatto, mi era mancato qualcosa, soprattutto non sentivo fiducia intorno a me. Invece qui è tutto diverso. A gennaio avevamo gareggiato in Coppa del Mondo e le cose non erano andate bene, ma sapevo di poter crescere e avevo chiesto fiducia a Perusini. Lui me l’ha accordata, si è fidato. Io e Lorenzo abbiamo lavorato insieme trovando il giusto mix e ho potuto dare risposta a quella fiducia. Ora so che possiamo fare anche molto meglio, abbiamo ampi margini di crescita, quindi per Parigi sono molto ottimista.

Lorenzo Bernard, 27 anni della Valsusa, è già stato olimpico a Tokyo 2020 nel paracanottaggio
Lorenzo Bernard, 27 anni della Valsusa, è già stato olimpico a Tokyo 2020 nel paracanottaggio
Oltretutto avere già in tasca il biglietto olimpico è una motivazione in più…

Sì, perché possiamo concentrarci totalmente sulla preparazione, anche le tappe di Coppa diventano ora semplici test, non dobbiamo dannarci l’anima per qualificarci. Noi ci crediamo fortemente, possiamo davvero puntare al massimo risultato, l’importante è finalizzare l’obiettivo. Il mondiale era una tappa, il target è più in là…

Ti ritroverai a Parigi come la tua compagna Elisa Balsamo. Che cosa ha detto di questa tua seconda carriera?

Elisa mi aiuta e mi supporta in tutto, come io faccio con lei. Ci siamo sentiti durante i mondiali, ma lei era contenta per me già prima, mi diceva che da tempo non mi vedeva così felice, così concentrato verso qualcosa e per lei tanto bastava, i risultati venivano di conseguenza. Sarebbe stato bellissimo condividere la nostra esperienza olimpica, ma anche il fatto di viverla entrambi anche se con qualche settimana di differenza è esaltante.

Plebani con Elisa Balsamo: saranno entrambi a Parigi, ma in periodi diversi
Plebani con Elisa Balsamo: saranno entrambi a Parigi, ma in periodi diversi
Che impressione hai tratto dal mondo del ciclismo paralimpico?

Non credevo davvero di trovare tanta professionalità. Sono atleti veri. Il primo pensiero che mi è venuto in mente è che qui dovevo andare anche più forte di prima, se volevo emergere. Poi c’è il fatto che non si corre solamente per se stessi, si condivide l’esperienza con un compagno ed è bellissimo. Vorrei che Parigi fosse già domani…

Il ciclismo paralimpico italiano ha trovato un nuovo tesoro: la pista

02.04.2024
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Nei giorni scorsi Rio de Janeiro ha ospitato i mondiali di ciclismo paralimpico su pista e la nazionale italiana è tornata a casa con un oro, un argento e 3 bronzi (nella foto di apertura della Fci). Un bottino sontuoso, considerando che la disciplina era sempre stata l’anello debole del movimento, pochissimo praticata e pressoché senza squilli. Qualcosa si era già visto lo scorso anno a Glasgow, ma si gareggiava in un contesto particolare, con tutte le discipline su due ruote concentrate in una sorta di “Olimpiade interna”. Questa volta no, tutti i fari dell’attenzione erano sul velodromo e sugli atleti paralimpici.

Perusini insieme a Claudia Cretti. Il tecnico azzurro ha costruito il settore quasi dal nulla
Perusini insieme a Cretti. Il tecnico azzurro ha costruito il settore quasi dal nulla

Tre anni per costruire una disciplina

Inoltre, dato da non sottovalutare, fino a pochissimi anni fa in Italia il ciclismo paralimpico era sinonimo di handbike e nient’altro. Tanti allori in quello specifico settore, niente nell’altro al punto che tre anni fa, ai Giochi Olimpici di Tokyo, non eravamo neanche presenti (e nel mondo paralimpico il ciclismo su pista è disciplina trainante, quasi al livello di atletica e nuoto).

Per questo i risultati ottenuti in Brasile hanno un peso enorme e Silvano Perusini, il cittì del settore ci tiene che venga messo in rilievo: «Non guardo solo al medagliere, ma anche alle prestazioni generali, ho visto tempi davvero di rilevanza internazionale. Poi è arrivato l’oro e non in una specialità qualsiasi, ma nel team sprint con i tandem, battendo la Gran Bretagna che di questo sport è un po’ il faro per tutti».

La squadra azzurra del team sprint, con Colombo, Bissolati, Meroni e Ceci
La squadra azzurra del team sprint, con Colombo, Bissolati, Meroni e Ceci

Cretti e il tandem già a Parigi

Non era, quello di Rio, un mondiale normale, perché arriva a pochissimi mesi dai Giochi Paralimpici di Parigi e quindi non solo dava punti fondamentali per le qualificazioni, ma era anche uno specchio di quel che ci poteremo aspettare.

«Ci presenteremo a Parigi non per fare comparsa. Intanto ci sarà Claudia Cretti che a Rio ha preso tre medaglie pur essendo lontana dalla miglior condizione per alcuni problemi e questo dà a lei e a noi molta speranza. Poi avremo Bernard e Plebani nel tandem che a Rio hanno preso un bronzo clamoroso. Anche perché è una coppia costituita da pochissimo. Non dimentichiamo che Plebani fino a poco più di un anno fa era nel gruppo di Villa, ha dovuto aspettare che decorressero i 12 mesi richiesti dall’Uci per il passaggio dal settore olimpico a quello paralimpico».

I due tandem oro nel team sprint con Bissolati e Colombo davanti, Ceci-Meroni dietro
I due tandem oro nel team sprint con Bissolati e Colombo davanti, Ceci-Meroni dietro

Tokyo 2020 senza azzurri al velodromo

E’ qualcosa per certi versi clamoroso, perché tre anni fa la nostra assenza nel velodromo, in un’edizione paralimpica considerata la migliore di sempre, fece comunque scalpore: «Siamo partiti da zero, non posso negarlo. Nel precedente quadriennio non c’era alcuna attività nei velodromi. Non c’era organico, non avevo niente in mano. Devo dire grazie alla Federazione e al Cip che si sono resi conto di come quell’assenza fosse una macchia nell’immagine dello sport italiano e mi hanno messo nelle migliori condizioni per lavorare. Negli ultimi 18 mesi si è investito molto, considerando anche che per colpa del Covid abbiamo avuto un anno in meno per lavorare. Ma non dobbiamo illuderci: anche se a Parigi ci saremo, abbiamo un lungo cammino da compiere.

Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano Parigi
Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano Parigi

Manca ancora un calendario

«Ora abbiamo un velodromo per lavorare, materiali, anche un budget seppur non cospicuo. Ma siamo anni luce lontani dalle altre Nazioni. Ai mondiali abbiamo portato gente che era alle prime armi in assoluto, non solo in ambito internazionale, ma proprio immersa in un ambiente completamente sconosciuto. E ci confrontiamo con nazioni dove c’è una tradizione pluridecennale. Per questo i nostri risultati sono clamorosi».

Perusini, pur facendo leva sull’entusiasmo e sulle speranze per Parigi, non dimentica dove si deve lavorare: «E’ fondamentale che si costruisca un calendario nazionale di gare. Noi non l’abbiamo e questa è una grave lacuna. C’è gente che non ha mai fatto gare di gruppo, senza alcuna esperienza, facendo leva solo sulla propria preparazione che in contesti del genere risulta quasi asettica. Da noi deve crescere la cultura paralimpica, abbiamo bisogno dell’impegno delle società, anche, anzi soprattutto nell’allestimento di eventi. Costruiamo una strada che porta ai grandi eventi. Allora le imprese di Cretti o Bernard-Plebani non saranno più isolate».

Per Claudia Cretti a Rio l’argento nello scratch e il bronzo nell’omnium e nell’inseguimento
Per Claudia Cretti a Rio l’argento nello scratch e il bronzo nell’omnium e nell’inseguimento

Il cammino verso Parigi

Che atmosfera c’era a Rio? «Pubblico ce n’era, ma è stato sicuramente molto diverso da quanto avvenuto a Glasgow. Lì avevamo un’attenzione mediatica straordinaria perché eravamo fianco a fianco con i grandi campioni del ciclismo. Questa volta l’impatto è stato più tranquillo».

Ora la mente è proiettata verso Parigi, ma il cammino è ancora lungo: «Abbiamo in programma due prove di Coppa del Mondo, a Maniago e Ostenda, poi verranno stilati i ranking definitivi e sapremo a quanti posti abbiamo diritto per tutto il ciclismo paralimpico. A quel punto con Pierpaolo Addesi che è il cittì della strada faremo le nostre scelte. E’ chiaro però che un podio iridato dà già un posto nella selezione azzurra e mi dispiace che il team sprint non sia fra le specialità previste a Parigi, meritavano quella chance. La Colombo ha appena 19 anni, anche Meroni è giovanissimo e con Bissolati e Ceci hanno subito trovato un connubio importante. Quell’oro è stato un capolavoro ed è lo specchio di dove possiamo arrivare se c’è collaborazione da parte di tutti».

Per la rappresentativa azzurra 8° posto nel medagliere vinto dalla Cina con 14 ori
Per la rappresentativa azzurra 8° posto nel medagliere vinto dalla Cina con 14 ori

Come a Tokyo, se non di più…

Finora l’Italia del ciclismo paralimpico è stata identificata con l’handbike. In che modo questa, non prevista a Rio, si presenterà al consesso olimpico?

«Dopo Tokyo abbiamo profondamente rivoluzionato la nazionale, immettendo nomi nuovi, molti giovani che hanno fatto esperienza come Pini e Testa già assiso sul massimo gradino del podio mondiale. Tanti elementi sono ancora “grezzi” nel senso che hanno poca esperienza, ma io dico che andremo a Parigi per puntare allo stesso obiettivo di Tokyo ma con la possibilità di fare anche di più».

Da Glasgow a Rotterdam, la rincorsa di ct Addesi a Parigi 2024

16.08.2023
6 min
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Oggi a Rotterdam, nel contesto degli European Para Championships (voluti dalla EPC, che sta a tutti gli sport paralimpici europei come UEC sta al ciclismo) sono iniziate anche le prove di ciclismo. Direttamente da Glasgow, dove li abbiamo incontrati, sono volati in Olanda anche alcuni atleti azzurri guidati da Pierpaolo Addesi, abruzzese classe 1976, che fino a Tokyo 2021 ha gareggiato in bici in mezzo a questi stessi ragazzi.

Come abbiamo già detto a proposito del settore pista, la concomitanza scozzese ha dato visibilità anche allo sport paralimpico. Tuttavia, mentre gli atleti di Perusini hanno gareggiato nello stesso velodromo di Ganna e compagni, gli stradisti di Addesi sono stati spediti a Dumfries, 130 chilometri a nord.

Addesi e Tarlao: per l’azzurro di Gorizia, bronzo nella prova in linea C5 (foto FCI)
Addesi e Tarlao: per l’azzurro di Gorizia, bronzo nella prova in linea C5 (foto FCI)

La staffetta di Glasgow

L’incontro col tecnico azzurro, che da quest’anno ha preso in mano tutto il settore, avviene dopo la caduta di Luca Mazzone nella staffetta a squadre, che ha visto l’Italia prima in seconda posizione e poi sparire dalle classifiche a causa dell’incidente.

«Stavano andando forte – dice Addesi – era un argento assicurato, bisognava solo gestire il vantaggio sulla terza, mentre la Francia al comando non si prendeva più. Probabilmente una distrazione, forse la curva troppo veloce. Quell’ultimo giro si poteva fare in modo più tranquillo, dato che il tempo si costruisce nel secondo, ma anche questa grande organizzazione poteva pensare di mettere qualche materasso nelle curve più pericolose? A Dumfries se non altro sugli spartitraffico al centro hanno messo i materassi. Questi ragazzi hanno una visibilità completamente diversa dalle bici. Sono in basso, quindi vedono gli ostacoli all’ultimo e a volte non li vedono neanche. Quindi forse un po’ più di attenzione in questo ci voleva».

Guardandolo nel complesso, che mondiale è stato?

Ottimo, perché a parte quest’ultima disavventura, qualche incidente di troppo con le donne H3 e H4 e qualche quarto posto che ci sta stretto, direi che è andato bene. La squadra si è comportata in modo egregio, sono stati compatti. Il risultato dell’H3 (vittoria di Mirko Testa, foto FCI in apertura, ndr), dimostra proprio che c’è un affiatamento non indifferente. Abbiamo tre personaggi molto forti nella stessa categoria, cercare di gestirli non è semplice. Invece hanno seguito le indicazioni che gli ho dato e questa cosa mi fa molto piacere perché vuol dire che si vogliono bene.

Quali indicazioni avevano?

Ho voluto risparmiare Mirko Testa, perché era un arrivo dove poteva fare differenza, e gli altri si sono messi a disposizione. Maestroni ha gestito la prima parte di gara, poi ha mollato e nell’ultimo giro si è riposato, pensando al team relay. Invece Cortini l’ha sostenuto sino in fondo ed è finita come pensavamo.

Nella gestione personale di Pierpaolo Addesi, com’è andata? Che esperienza è stata?

Questo è il primo anno con il titolo di tecnico, ma in fondo anche lo scorso anno ho gestito molto questa nazionale. Non la chiamerei seconda esperienza, perché ci sono dentro da vent’anni. Prima da atleta, per cui questo mondo lo conosco bene. E poi ho un ottimo rapporto con gli atleti, perché con tanti di loro eravamo compagni di squadra. Sicuramente ho il vantaggio, essendo stato dentro ed essendo anch’io un ex atleta paralimpico, di poter fornire qualche accorgimento in più sulla logistica e sulla gestione personale degli atleti.

Addesi e Mazzone: momento ad alta intensità emotiva dopo l’incidente: bici distrutta, l’atleta sta bene
Addesi e Mazzone: momento ad alta intensità emotiva dopo l’incidente: bici distrutta, l’atleta sta bene
Anche al di fuori delle gare?

Qui non c’è solamente da stare attenti ai percorsi, ma c’è tutto un discorso completamente diverso, a partire dall’accessibilità dei servizi degli alberghi. Quindi questa è una parte molto importante per farli stare bene.

Credi che il mondiale tutti insieme vi abbia dato più visibilità?

Sicuramente è stato una vetrina importante, perché il mondo ci guardava. Una notorietà che prima si aveva ogni quattro anni con le Paralimpiadi e che ora raddoppia. Soprattutto c’è stato molto più spazio televisivo, soprattutto per la pista. Credo che, essendo all’interno di un velodromo, seguirli sia stato più semplice. Magari, se anziché metterci così lontano dal centro di Glasgow, fossimo stati più vicini, sarebbe stato diverso. Oggi era un’occasione per pubblicizzare questo settore, ma è andata così.

Da Glasgow agli europei di Rotterdam con quale obiettivo?

Saremo forti anche lì, perché i ragazzi stanno molto bene. Abbiamo programmato la stagione in questo modo, iniziandola volutamente sotto tono. Non ho chiesto loro il 100 per cento, perché lo volevo per i mondiali e per gli europei. Diciamo che mi hanno ascoltato, perché nelle Coppe del mondo non abbiamo brillato, ma va bene.

I tandem di Andreoli-Chiesa sfiorano il podio, sesti Agostini-Gasparini (foto FCI)
I tandem di Andreoli-Chiesa sfiorano il podio, sesti Agostini-Gasparini (foto FCI)
Avete atleti di età diverse, facili da gestire?

Abbiamo una nazionale con molti giovani, adesso possiamo dirlo. Ragazzi giovani, che devono ancora crescere. Accanto ce ne sono altri molto adulti, per cui se con i giovani non possiamo pretendere troppo perché hanno appena iniziato, con gli adulti non possiamo pretendere che siano al top per tutto l’anno. L’età non è dalla loro parte, quindi i picchi di forma non possono essere tanti. Ne servivano due, uno a Glasgow e uno a Rotterdam. E grazie a questa pianificazione, abbiamo ottenuto secondo me dei risultati importanti nell’anno pre-olimpico, in cui il livello è altissimo. Portare a casa 15 medaglie su strada e le 4 su pista credo che sia stato un eccellente risultato.

Da qui alle Olimpiadi, quale pensi che sarà il cammino?

Da settembre in poi, vorrei prima inquadrare il discorso delle classificazioni. Per 3-4 mesi vorrei concentrarmi su questo, perché credo che fino ad oggi forse non abbiamo prestato la giusta attenzione. Magari abbiamo atleti borderline che potrebbero stare in altre categorie, mentre ho visto che in altre nazionali, soprattutto in occasione di questo mondiale, ci sono stati molti passaggi di categoria verso il basso, quindi in classi più favorevoli. Questo naturalmente mi fa pensare che anche noi dobbiamo muoverci in questo senso. Però adesso serve anche staccare…

Gli europei paralimpici si stanno svolgendo a Rotterdam dal 6 agosto e si concluderanno il 20
Gli europei paralimpici si stanno svolgendo a Rotterdam dal 6 agosto e si concluderanno il 20
Dopo Livigno, i mondiali e ora gli europei: un’estate impegnativa?

Molto, ma dopo gli europei sarà già il tempo per programmare la prossima stagione a livello di ritiri. Il prossimo anno ci saranno tre Coppe del mondo e il mondiale su pista che daranno punti per le Paralimpiadi, cosa che non è mai successa. I punti si chiudevano al 31 dicembre dell’anno precedente, invece quest’anno hanno inserito queste altre prove. Saranno quattro appuntamenti importanti e dobbiamo darci da fare perché se arrivassimo troppo indietro, perderemmo posti e questo non lo voglio di certo. 

Il metodo Perusini, tecnico azzurro della pista paralimpica

14.08.2023
5 min
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GLASGOW – Alla guida del settore pista del paraciclismo c’è Silvano Perusini, friulano, una lunga esperienza tecnica nelle categorie giovanili e ora indicato dai suoi atleti come fautore del salto di qualità. Lo abbiamo incontrato per la seconda volta nella Sir Chris Hoy Arena, dopo l’argento della velocità a squadre.

La prima volta, celebrata con un abbraccio, risale al giugno del 2021, quando assieme ad altri amici Silvano accompagnò Riccardo Piccini nel suo lungo viaggio in bicicletta dal Friuli a Roma, per portare in Vaticano la figlia Silvia, uccisa da un’automobilista. E forse anche questo apre uno spaccato sulla sua personalità e conferma in modo indiretto la disponibilità di cui parlano i suoi atleti.

Le tre medaglie di Claudia Cretti e quella del tandem compongono una bella base su cui lavorare in vista dei prossimi mondiali di Rio e le Paralimpiadi di Parigi.

Andrea Tarlao ha sfiorato il bronzo nell’omnium, preceduto dal brasiliano Lauro Chaman
Andrea Tarlao ha sfiorato il bronzo nell’omnium, preceduto dal brasiliano Lauro Chaman
Allora Silvano, sei soddisfatto di come è andata?

Non mi ero fissato dei particolari obiettivi di prestazione, per quanto riguarda l’aspetto atletico. Ma ci interessava fare esperienza, anche perché ho un gruppo prevalentemente nuovo. Su 11 atleti che partecipano al mondiale, 8 sono alla prima esperienza. Abbiamo dei ragazzini veramente giovani e dei talenti, che però non hanno mai corso. E non parlo del mondiale, ma proprio di prime gare in assoluto. Quindi siamo veramente alle prime esperienze. Per quanto riguarda le prestazioni, sono molto contento perché siamo andati al di là anche di quello che potevo preventivare. Ho visto un’altissima motivazione, nonostante ovviamente le tensioni qui siano state alte.

C’era da valutare anche l’aspetto psicologico?

L’ansia da prestazione può essere molto elevata, soprattutto in un mondiale per ragazzi abbastanza giovani. Ma io sono soddisfatto perché il gruppo si è reso protagonista in tutte le gare alle quali ha partecipato. Li ho visti veramente determinati e convinti e questo mi fa ben sperare. Il gap con le altre nazionali è ancora elevato, ma nonostante questo siamo riusciti a prendere delle medaglie e anche altri due quarti posti e altri piazzamenti nelle prime dieci posizioni.

Quindi bilancio positivo?

Sono molto soddisfatto, perché ci sono veramente delle superpotenze alle quali è difficile avvicinarsi in un periodo breve. Dobbiamo lavorare sulla programmazione, sui materiali, ma anche sulla base per la promozione di un movimento che su pista fatica a crescere. Il problema principale secondo me attualmente è proprio che in Italia non c’è attività paralimpica su pista. Abbiamo gare su strada, c’è qualche gara di bike, però niente per la pista.

Questi risultati quindi sono un piccolo miracolo?

Siamo venuti con una buona preparazione, però ci siamo arrivati senza correre, facendo solo allenamenti. Nell’affrontare determinate specialità, in cui si deve correre in gruppo affiancati agli avversari, abbiamo avuto qualche problema tecnico nell’interpretazione della gara. In termini della tattica da assumere in determinati frangenti…

Come si risolve, chiedendo a qualcuno di organizzare gare in Italia o girando l’Europa?

Abbiamo due obiettivi. Uno è curare il gruppo che ho a disposizione e farlo crescere, quindi fare esperienza a livello internazionale. L’altro è fare promozione sul territorio, responsabilizzando un po’ tutti quelli che ci circondano come nazionale, a partire dalla Commissione paralimpica nei Comitati Regionali, passando per la promozione di base fatta dal CIP. Abbiamo bisogno di un’opera collegiale, grazie alla quale come nazionale possiamo individuare anche dei talenti nuovi o comunque delle persone interessate a fare attività ad alto livello.

Come nasce il tuo coinvolgimento?

In realtà è nato parecchi anni fa. Io sono un laureato in Scienze Motorie e lavoro da diversi anni in un centro di riabilitazione per tetra e paraplegici. Faccio l’avviamento allo sport per i disabili, quindi sono quotidianamente a contatto con dei fisiatri e con medici. Avevo già iniziato a collaborare con delle società che si occupavano di paralimpico, per cui è una cosa che seguo professionalmente da anni. E poi l’anno scorso c’è stato il coinvolgimento da parte della Federazione che mi ha dato l’incarico della pista.

Ecco il doppio equilaggio dei tandem che hanno preso l’argento: Colombo-Bissolati, Meroni-Ceci
Te ne eri già occupato, giusto? Eri fra l’altro il direttore della pista di Pordenone.

Venivo dalla pista e avevo già avuto esperienze in nazionale. Parecchi anni fa ho guidato quella degli juniores, quindi per me questo incarico è veramente una soddisfazione. Riesco a lavorare a questi livelli in un ambito nel quale credo molto, perché per me la miglior cura per la disabilità è proprio l’attività motoria. Attraverso lo sport possono raggiungere l’autonomia.

I corridori con cui lavori parlano molto bene di te.

Mi fa piacere, abbiamo un buon rapporto. Gli dico sempre: «Io non pretendo che facciate le cose che non potete fare, però vi voglio sempre protagonisti, non solo durante la gara, ma anche nei momenti collegiali e nei momenti a casa». Devono veramente essere protagonisti della loro vita. E il risultato si è visto in gara, dove mi sono piaciuti tantissimo per la determinazione che hanno mostrato. 

Dopo l’abbuffata europea De Candido fa il punto

03.06.2022
4 min
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21 medaglie di cui 9 d’oro. E’ stata una campagna trionfale, quella della nazionale italiana agli europei paralimpici in Austria. Un trionfo che di fatto ha chiuso la prima parte di una stagione che alla vigilia era ritenuta quanto mai delicata, non solo perché arrivata dopo le Paralimpiadi di Tokyo, ma per il cambio alla guida tecnica arrivato non senza qualche trauma con Rino De Candido (nella foto di apertura alla sinistra di Giorgio Farroni, oro a cronometro categoria T1) che si è ritrovato gettato in una mischia che non conosceva.

Lo ha fatto non senza qualche timore, ma ora è tempo di consuntivi, dopo le prime tappe di coppa del mondo e la rassegna continentale e l’analisi non può che essere positiva: «Appena ero entrato ho visto che c’erano molte cose da sistemare e in questi mesi ho lavorato soprattutto per riuscire ad allargare il gruppo quanto più possibile cercando di coniugare la quantità con la qualità.

Europei staffetta 2022
La veterana Francesca Porcellato fra Diego Colombari e Federico Mestroni: è la staffetta d’argento
Europei staffetta 2022
La veterana Francesca Porcellato fra Diego Colombari e Federico Mestroni: è la staffetta d’argento

Nel gruppo azzurro sono entrati molti giovani da Colombari a Mestroni e sono subito arrivati ai vertici, questo mi fa capire che la strada intrapresa è quella giusta e di questo il merito va condiviso con i ragazzi e il personale, dai massaggiatori ai meccanici».

Tu vieni da un’esperienza totalmente diversa come quella junior. A tuo modo di vedere il lavoro che il personale deve svolgere, dai tecnici ai meccanici, è molto diverso rispetto al ciclismo tradizionale?

Su questo tema vorrei dire subito una cosa: anche questo è “ciclismo tradizionale, ciclismo normale”. Stiamo parlando di gente che va in bici in maniera perfettamente identica ai pro’, tanto è vero che molti militano in squadre continental con marchi che la Tv ci mostra ogni giorno. Lo stesso dicasi per i tandem e per le handbike, anche se in quest’ultimo settore ci sono specificità tecniche, ma parliamo sempre di freni, ruote, cambi… Non solo: guardate le gare e vedrete ruote lenticolari, protesi per i manubri, radioline, insomma tutto quel che è normalmente usato fra i pro’. Certamente serve qualche accortezza per persone che hanno condizioni fisiche specifiche, ma hanno anche una volontà di ferro, una voglia di arrivare spaventosa.

Europei Pini 2022
Martino Pini, una delle rivelazioni in Austria, per lui oro sia in linea che a cronometro
Europei Pini 2022
Martino Pini, una delle rivelazioni in Austria, per lui oro sia in linea che a cronometro
Facendo un bilancio di questi primi mesi, al di là di vittorie e medaglie che cosa ti resta?

Innanzitutto la consapevolezza che mi trovo a lavorare con atleti molto preparati, gente che fa sport al massimo livello usando tutta quella strumentazione e quei dati ai quali ero abituato fino allo scorso anno. Seguono programmi esattamente come fanno i campioni di Giro e Tour e questo mi ha stupito ed entusiasmato. Pensavo prima di entrare in questo mondo che fosse più dilettantistico, non è assolutamente così.

Uno dei principi di base del dopo Tokyo, parlando anche con un “totem” del settore come Francesca Porcellato, era procedere a un progressivo ricambio nel gruppo azzurro. Come procede?

I risultati sono lì, sia in coppa che agli europei i vecchi campioni hanno “tenuto botta”, ma insieme a loro sono arrivati molti allori con i giovani, con atleti appena entrati nel gruppo, come Mirko Testa ma anche atleti che si sono intanto avvicinati al podio come Giorgia Ruffato. La cosa che mi piace di più è che è un gruppo coeso, amalgamato, dove c’è molta armonia come è giusto che sia in una squadra di ciclismo. E’ qualcosa che ha colpito non solo me, ma anche i miei collaboratori, da massaggiatori a osteopati, immersi in questo mondo.

Europei staff 2022
Lo staff azzurro con i 4 ori del primo giorno: Simona Canipari, Roberta Amadeo, Martino Pini e Fabrizio Cornegliani
Europei staff 2022
Lo staff azzurro con 3 dei 4 ori del primo giorno: Simona Canipari, Roberta Amadeo e Martino Pini
Ora che cosa attende il vostro settore?

A giugno faremo un raduno a Montichiari per la pista perché voglio portare la nazionale ai mondiali in Francia, iniziando a coprire quel buco che si è visto a Tokyo. Ci sono molti nuovi nomi che possono entrare, ho un taccuino pieno, ma non solo: vorrei formare due tandem sia al maschile che al femminile con ex pro’ già coinvolti nel progetto, come avviene all’estero. A luglio poi faremo dei raduni in altura dividendo i gruppi, perché sono previsti lavori specifici diversi e gli atleti andranno seguiti con attenzione particolare e con personale diverso.

E dal punto di vista agonistico?

Ad agosto avremo una nuova prova di coppa del mondo in Canada e a seguire i mondiali sempre lì. E confesso che non mi dispiacerebbe portare a casa qualche maglia in più…

De Candido 2020

De Candido: «Se si prendessero ad esempio i ciclisti paralimpici…»

14.02.2022
4 min
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Non c’è dubbio che per Rino De Candido la fine del 2021 abbia portato un cambiamento profondo nella sua professione, ma anche nella sua vita perché quella che traspare dalle sue parole è la sensazione di un uomo nuovo, quasi liberato mentalmente da quelle tensioni che, soprattutto negli ultimi tempi, avevano caratterizzato la sua esperienza fra gli juniores. De Candido è passato al settore paralimpico, scoprendo un mondo completamente nuovo.

Anche se per molti anni ha gravitato nel ciclismo giovanile, De Candido non ha accusato il colpo, anzi si è tuffato con nuovo entusiasmo nel suo nuovo ruolo: «Abbiamo già avuto diversi incontri con atleti e società, abbiamo fatto una prima presa di contatto a Verona a inizio anno e un ritiro di quasi una settimana a Montichiari per la pista. Ecco, proprio il settore della pista è quello sul quale la federazione ha posto l’accento a momento della mia nomina, era stato un po’ lasciato da parte».

Giro handbike
Il Giro d’Italia handbike sarà uno dei momenti chiave della stagione insieme alle prove internazionali
Giro handbike
Il Giro d’Italia handbike sarà uno dei momenti chiave della stagione insieme alle prove internazionali
Effettivamente a Tokyo 2020, a fronte di grandi vittorie e medaglie su strada, su pista non c’eravamo, eppure venivano assegnate tante medaglie…

Infatti la cosa non era passata inosservata e si è capito che bisognava rimetterci mano, con la volontà di rafforzare il settore. Intanto saremo presenti in tutte le grandi manifestazioni, poi vedremo se qualcuno riuscirà anche a staccare il biglietto per Parigi 2024. Il tempo a disposizione è davvero poco, ma chissà, l’obiettivo è quello.

Ti trovi ad affrontare un lavoro molto grande, proprio perché sei entrato all’inizio di un quadriennio olimpico che tale non è.

I tempi sono stretti, per questo non c’era da tentennare. Faremo un raduno al mese fino ai mondiali su pista in ottobre a Roubaix e nel corso dell’anno avrò modo anche di capire questo mondo bellissimo. Un’idea però me la sono già fatta: al di là delle tante vittorie ottenute, dobbiamo alzare l’asticella, avvicinarci agli esempi che troviamo all’estero, dove ci sono team continental dedicati al paraciclismo, tandem con corridori ex pro’, atleti che fanno del ciclismo quasi una professione, con mental coach, nutrizionisti, preparatori. Se vogliamo rimanere al passo dobbiamo adeguarci, non è più un settore promozionale.

Tandem paralimpico
Il lavoro su tandem e prove su pista è un aspetto primario nella scelta federale caduta su De Candido
Tandem paralimpico
Il lavoro su tandem e prove su pista è un aspetto primario nella scelta federale caduta su De Candido
Pensi che in Italia ci si potrà arrivare?

L’interesse della Bardiani è un punto di partenza, collaborerà con una ditta di paraciclismo, questa è la strada giusta. Dobbiamo rendere questo settore quasi a livello professionistico perché gli atleti lo sono già. Ho conosciuto ragazzi con una determinazione spaventosa, ragazzi eccezionali per nulla limitati dai loro incidenti e menomazioni. Ho conosciuto esempi di gente a cui è subito scattato qualcosa. Un termine che si usa spesso quando si parla di questi ragazzi è “normalità”: io posso garantire che sono ragazzi normalissimi, che fanno fronte alle difficoltà del loro stato con una determinazione incredibile. Per questo ho in mente un progetto…

Quale?

Vorrei far allenare i ragazzi insieme a quelli della nazionale normodotati. Sono convinto che la vicinanza farebbe bene a entrambi i gruppi e sarebbe una bella spinta. Ne stiamo parlando.

Qual è lo stato di salute del movimento? Se dal punto di vista dei campioni siamo sicuramente all’avanguardia, come base come siamo messi?

Ci sono tante società, questo dato mi ha favorevolmente impressionato. Anch’io ero abituato a vedere il paraciclismo da fuori, conoscevo qualche personaggio, ma immergendosi nell’ambiente la percezione è diversa. Siamo sicuramente molto ben messi nell’handbike, un po’ meno nel ciclismo paralimpico. Ribadisco però che è ora di fare un ulteriore passo avanti, creare una mentalità diversa, più professionistica, ci sono tutte le possibilità.

Giro d'Onore 2018
Da Cecchetto a Zanardi (qui al Giro d’Onore 2018) i campioni nel paraciclismo non sono mai mancati
Giro d'Onore 2018
Da Cecchetto a Mazzone (qui al Giro d’Onore 2018) i campioni nel paraciclismo non sono mai mancati
Che ambiente hai trovato?

Molto bello, allegro, libero da quei condizionamenti dettati dagli evidenti problemi fisici che ci si aspetterebbe. Non nascondo che, quando mi hanno prospettato l’idea, ho un po’ tentennato, ma a conti fatti sono contento della scelta. Vivono lo sport senza pressioni, eppure hanno una determinazione incredibile, una voglia di arrivare straordinaria. Dico una cosa: se nelle altre categorie mettessero solo la metà della loro determinazione per emergere, saremmo pieni di campioni…

Quali saranno i principali impegni della stagione?

Ci attende un’annata molto ricca, con innanzitutto le prove di Coppa del mondo in Olanda e Germania, gli europei a maggio in Austria, poi un’altra tappa di Coppa del mondo e i mondiali in Canada e infine i mondiali su pista in Francia. Senza dimenticare il calendario normale, le gare praticamente tutte le domeniche. Ci sarà molto da girare per seguire l’attività, ma vorrei che essa fosse seguita di più dai media, che si ricordano di questi ragazzi solo quando portano a casa medaglie olimpiche. Ma questo è un discorso vecchio…

E’ anche vero che finora il ciclismo paralimpico è risaltato soprattutto per le vittorie e i personaggi a cominciare da Alex Zanardi

E’ vero, ma la federazione ora si sta muovendo davvero, ha inserito il ciclismo paralimpico in tutti i settori, sia su strada che offroad. C’è molto da fare, questo lo so e non mi tiro indietro.