POC Cytal Carbon, l’inserto in carbonio che cambia tutto

11.11.2024
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POC lancia ancora una volta un casco diverso, un prodotto con un impatto estetico che fa parte del DNA dell’azienda svedese, ma con qualcosa in più.

Il nuovo Cytal Carbon (dovrebbe arrivare anche la versione con inserto tradizionale, senza carbonio) ha una vera e propria lama in tessuto composito nella parte superiore, un pannello/ala che ha diverse funzioni ed uno spessore contenuto. Non è la prima volta che un casco presenta degli inserti in carbonio, ma con un’ampiezza del genere è una prima assoluta. Lo abbiamo provato.

Powless della EF, tra i primi ad usare il Cytal Carbon
Powless della EF, tra i primi ad usare il Cytal Carbon

Il casco della EF-Easy Post

Circa a metà stagione inizia a vedersi un casco con un design posizionato tra il Ventral e l’iconico Octal. Più squadrato, quasi appiattito nella sezione frontale, ma con un forte richiamo alle forme che hanno reso celebre l’azienda svedese.

Che piaccia oppure no, POC ha il merito di aver cambiato il design dei caschi di alta gamma, rendendoli ancor di più un oggetto che va a completare l’immagine dell’atleta. Il Cytal Carbon è tutto questo, con quel pizzico di azzardo in più per l’applicazione dei materiali.

Leggero e super rigido

Leggerissimo, questo lo si percepisce quando lo si prende in mano per la prima volta, anche se il valore alla bilancia (taglia media) è in linea con una categoria super top. E’ la rigidità complessiva che lascia di stucco, perché premendo con forza i lati del casco, le piccolissime flessioni (talvolta impercettibili) legate al binomio copertura superiore/mold sono pari a zero. Ancor più che in passato il casco da l’idea di essere un blocco unico, granitico e con una sezione superiore ampia, molto avvolgente.

Il nuovo “elmo” cambia tanto nella sezione frontale, meno arrotondata e caratterizzata da linee più decise. A prescindere dagli accostamenti, la soluzione è mirata ad aumentare l’efficienza aerodinamica funzionale alla ventilazione interna, agevolando i flussi di aria che entrano anche a velocità ridotte. Al tempo stesso e con un concetto simile, tutto l’interno è rastremato. Barriere ed ostacoli ridotti al minimo, aria che passa e porta verso il retro (e verso l’esterno) il calore, l’umidità ed il vapore prodotto durante lo sforzo. Le imbottiture sono ridotte all’osso, così come il mold nella sezione frontale, molto scavata. La densità di quest’ultimo è elevatissima, significa che nonostante il minimalismo ed il peso ridotto, la sicurezza non è stata sacrificata, tutt’altro.

Chiusura super light

E’ costruito grazie alle fibbie annegate e ancorate direttamente nel mold e ad una gabbia posteriore regolabile in altezza. La stessa gabbietta, tramite il piccolo rotore posteriore permette di regolare anche il fitting, con il vantaggio che il Cytal Carbon ha una forma interna “molto rotonda”, senza spigoli e zero punti di pressione. I due filler laterali sono sottilissimi (mutuati del Ventral Lite) e si innestano grazie ad un braccetto bello robusto nella zona dell’osso sfenoide, comunque protetto dall’imbottitura.

Il braccetto allungato tende a distribuire meglio le pressioni che inevitabilmente si generano. Una volta indossato e regolato nel modo corretto, in base alle preferenze ed esigenze personali, il Cytal Carbon quasi scompare. Si sentono maggiormente i passanti laterali che “smistano” le fibbie, ma non creano alcun fastidio.

In conclusione

POC Cytal Carbon è un gran bell’oggetto, sicuramente esclusivo per via dei suoi 400 euro di listino. L’integrazione di tanto carbonio e di rinnovate analisi CFD portano dei vantaggi prestazionali, ma anche una crescita esponenziale del prezzo. La versione Carbon non vuole essere per tutti, perché è prima di tutto uno strumento creato per categoria dei professionisti e per chi lima anche sul dettaglio più piccolo. Il casco non è esente e diventa un marginal gain importante. Il marchio di fabbrica POC si vede ed è uno di quei caschi che non ha bisogno delle decalco per far risaltare il nome dell’azienda. Le forme son ben riconoscibili a distanza.

E’ assolutamente comodo. A nostro parere un gran lavoro è stato fatto nell’ottimizzazione del mold soprattutto nelle due zone dove il casco scende verso le zone occipitale e temporale. Cytal Carbon, se messo a confronto con Ventral e Octal, è stato migliorato. E’ uno di quei caschi ampi in fatto di larghezza, un fattore che merita una considerazione adeguata, perché protegge tantissimo in caso di impatto, ad ogni latitudine. Il suo impatto cambia tantissimo con o senza occhiali, fattore legato a quanto sporge dalla testa. La ventilazione frontale è esponenziale ed è un valore di completamento della sua resa tecnica.

POC

Le tendenze del mercato passano dai caschi Poc

26.09.2024
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Le tendenze del mercato passano dai caschi Poc. Cytal Carbon eredita in parte il design iconico di Poc, Procen Air rappresenta il futuro dei caschi aero concept da usare per le competizioni in linea. Ancora una volta Poc diventa un riferimento per design, ricerca e tecnologie applicate ai caschi. Philip Putzer di Summit Sport, distributore esclusivo di Poc ci presenta i due nuovi caschi dell'azienda svedese.

MISANO – Design e tecnologia: le tendenze del mercato, per quello che concerne le forme e di ricerca passano ancora una volta da Poc. Cytal Carbon e Procen Air sono i due prodotti che abbiamo visto (soprattutto) nel periodo compreso tra il Tour de France e le Olimpiadi di Parigi. Sono prodotti di elevata caratura tecnica che rientrano in una fascia di mercato identificabile come hors categorie, anche in fatto di prezzo (il listino è intorno ai 400 euro).

Il primo è una sorta di casco con forme tradizionali Poc, discendente diretto della famiglia Ventral. Procen Air porta con sé dei concetti di aerodinamica estremizzata, con la lente integrata e utilizzato in diverse occasioni (dai pro) anche per le gare in linea. Entriamo nel dettaglio dei nuovi caschi.

Famiglia Poc Cytal

Il simbolo e il top di gamma è il Cytal Carbon, casco dai contenuti tecnici e tecnologici al top. Poc dovrebbe prevedere nei prossimi mesi un inserimento ufficiale a catalogo anche della versione standard, senza carbonio, con le medesime forme. Concentriamoci sul Carbon.

Il disegno del Cytal Carbon si basa su una sorta di superficie frontale rialzata e asole con ampiezza aumentata. La soluzione è voluta per massimizzare l’ingresso dell’aria verso i canali interni del casco ed aumentare l’efficienza in fase di aerazione. La superficie superiore presenta una lamina in carbonio leggera, rigida ed estremamente protettiva. Il disegno di questo Poc è il risultato di un’analisi approfondita dei dati ottenuti con nuovi modelli CFD, inoltre le stesse forme hanno l’obiettivo di minimizzare l’impatto frontale quando l’atleta è in posizione ribassata al manubrio.

Densità differenziate

Il mold interno ha densità differenziate con un duplice obiettivo. Il primo si riferisce alla sicurezza, perché deve dissipare in modo adeguato dove serve e contrastare l’impatto in altri punti dove le forze negative agiscono in maniera differente. Il secondo si riferisce alla necessità di sostenere tutto l’impianto di chiusura del casco, sostegni delle fibbie e regolazioni della gabbia posteriore.

Nel concetto di sicurezza, abbinato al design iconico, rientra anche la forma rialzata nella zona delle orecchie, che non contrasta le aste degli occhiali e permette un’aerazione costante in un punto dove è possibile l’accumulo di sudore e calore.

Il Poc Procen Air
Il Poc Procen Air

Procen Air, crono oriented

Le prime apparizioni di questo casco, indossato dagli atleti e dalle atlete delle compagini EF, hanno destato un interesse particolare. Un casco da crono usato nelle gare in linea? La forma allungata verso il posteriore e la visiera/lente integrata ricorda da vicino un casco da crono e/o da triathlon, ma la realtà è che il Procen Air rappresenta il futuro dei casco aero concept da usare per le competizioni in linea.

Porta i benefici tecnici normalmente utilizzati per i caschi da crono, con un focus non secondario anche sulla qualità della ventilazione (elevatissima se consideriamo la categoria della quale fa parte), il comfort, l’integrazione e naturalmente il fattore sicurezza.

Lenti integrate, clip magnetica

Dal punto di vista dell’impatto estetico, Poc Procen Air si presenta come un casco rotondo in tutte le sue parti, con una coda troncata, ma non in modo netto (un’evoluzione del design Venturi). La soluzione è voluta e “nasconde” delle asole di estrazione per l’aria calda che è veicolata verso l’esterno. Inoltre lo stesso casco non copre in modo netto la zona cervicale, in modo di lasciare libertà di circolazione dell’aria. Viene protetta anche la gabbietta di ritenzione, in modo che questa non influisca in modo negativo sull’efficienza aerodinamica.

Le orecchie sono coperte solo in parte, non completamente. Le lenti integrate sono Poc con tecnologia Zeiss e hanno una clip magnetica. Sono amovibili e in caso di necessità si posso spostare verso il posteriore, ad esempio quando si affronta una salita lunga e la temperatura sale. I due caschi Poc, Cytal Carbon e Procen Air utilizzano il gancetto classico per la chiusura, non è magnetico.

POC

Uvex Surge Aero Mips, un gran bel casco

17.08.2024
6 min
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Il nuovo Surge Aero di Uvex è il casco che ha debuttato al Tour de France. E’ una sorta di due in uno, perché è dotato di una copertura che lo trasforma da casco tradizionale in aerodinamico. Il fitting, la cura di tutti i dettagli ed il grande comfort fanno la differenza.

Inoltre è dotato di Mips Air Node integrato nelle imbottiture, sistema pratico che non influisce sul peso complessivo del casco. Comodo e che al tempo stesso permette di scaricare (dove serve) le stesse imbottiture (aspetto favorevole alla termoregolazione). Entriamo nel dettaglio della prova.

Surge Aero Mips ha debuttato al Tour con Girmay
Surge Aero Mips ha debuttato al Tour con Girmay

Surge Aero Mips, quello di Girmay

Il Surge Aero è il casco più giovane della gamma Uvex. Presentato ed utilizzato da Girmay (in dotazione al Team Intermarché-Wanty) e molto differente rispetto al modello Rise Pro. Surge Aero Mips è decisamente più completo, per tecnica e tecnologie applicate, in fatto di versatilità e utilizzo, che mantiene quel comfort e cura dei dettagli che hanno fatto di Uvex un brand leader nel ciclismo (ed in questo rientrano anche gli occhiali con una elevata qualità visiva delle lenti).

Nato per l’agonismo. Il concetto di sicurezza che occupa il primo gradino del podio nella scala dei valori e dove il design è funzionale alla performance tecnica. Più efficiente in termini di penetrazionne dello spazio quando è utilizzato con la copertura, robusta e solida, non eccessivamente pesante e non invasiva perché non cambia per nulla l’impatto estetico del casco. E’ semplice da montare. Più ventilato e con feritoie abbondanti quando non viene utilizzato con la copertura. La sua forma arrotondata funzionale alla sicurezza (aumenta il potere di scivolamento in caso di caduta e d’impatto, distribuendo le forze negative su una superficie ampia, fattore assecondato dall’integrazione Mips).

Tante regolazioni

Il sistema di ritenzione ha un numero infinito di regolazioni. E’ strutturato grazie alle fibbie (morbidissime) che sono completamente annegate nel mold e la chiusura è con un classico buckle, leggero, affidabile e immediato. Il punto di snodo delle stesse fibbie è un inserto in materiale plastico, un po’ ingombrante, impercettibile (anche quando fa molto caldo) una volta indossato il casco. La gabbia posteriore è regolabile in altezza. Le due piastre di appoggio che non prevedono imbottiture (ottima soluzione, il sudore non si ferma) e si adeguano bene alla forma della testa, senza creare pressioni.

Il rotore posteriore ha una doppia funzione. Blocca il casco alla testa ed è anche una sorta di regolatore della taglia. C’è un filler perimetrale, soluzione utile alla microregolazione della misura ed evita dei movimenti indesiderati del casco in tutte le direzioni. Le pressioni che si generano inevitabilmente in fase di chiusura sono distribuite a 360°.

Disegno funzionale

In precedenza abbiamo fatto menzione ad un design che è funzionale alla sicurezza, ma non è solo questo. La funzionalità si riferisce a diversi fattori, importanti quando anche il fitting e l’interazione con altri accessori (ad esempio gli occhiali, durante il test abbiamo utilizato il modello Pace Stage con l’ottima lente ColorVision) è un valore aggiunto non secondario.

Il riferimento è questa sorta di linea laterale su tre livelli diversi del casco Uvex, che permette di indossare gli occhiali senza interferenze, senza che il casco si abbassi eccessivamente sulle orecchie, ma senza sacrificare la protezione che necessita la zona occipitale e parietale della testa. Anche frontalmente si nota una ricerca non banale in fatto di disegno, arrotondato sì, ma senza ingombri eccessivi ai lati e davanti (una volta indossato sembra scomparire e lascia libero l’orizzonte), perché anche l’immagine non deve essere sacrificata.

In conclusione

Con Surge Aero Mips, Uvex torna all’apice della categoria dei caschi sviluppati per un pubblico di agonisti, o per chi ama indossare un casco moderno e ricercato nelle soluzioni. La qualità complessiva di questo casco è davvero alta, perché è molto curato e ben fatto in ogni parte, leggero il giusto e capace di trasmettere quella solidità, compattezza e robustezza che da sempre fanno parte dei caschi Uvex.

Il prezzo di listino è di pochissimo inferiore ai 250 euro, perfettamente in linea con la fascia di mercato alla quale appartiene. E’ da considerare però la sua versatilità, perché può diventare aero e protettivo (magari per la stagione fredda o in caso di pioggia) con la cover montata ed ecco che il rapporto tra prezzo/qualità/trasversalità di utilizzo si sbilancia molto di più verso il terzo fattore, un aspetto decisamente da valutare per chi vuole fare tutto (e farlo bene in totale comfort) con un solo casco.

Uvex-Sport

Cytal Carbon, il nuovo super casco POC dall’anima italiana

01.08.2024
4 min
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POC ha da poco presentato il suo nuovissimo casco da strada top di gamma, il Cytal Carbon, che si propone come pioniere di un nuovo approccio alla sicurezza, all’aerodinamica e alla ventilazione. Tutto questo grazie ad un’ala in carbonio realizzata a mano in Italia, integrata perfettamente nella calotta. Quest’innovazione ha permesso agli sviluppatori del brand svedese di realizzare un casco più aperto nella parte anteriore. Sono migliorate in un colpo solo l’ingresso dell’aria nel casco, la resistenza agli urti e le prestazioni in galleria del vento.

«Con il Cytal Carbon – dice Oscar Huss, Chief Product Officer di POC – ci siamo chiesti come potessimo sfruttare le nostre conoscenze nello sviluppo di caschi da strada ad alte prestazioni. L’obiettivo era di portarle a un altro livello. Abbiamo sfidato il pensiero convenzionale, utilizzando materiali unici e sviluppando nuove forme: E alla fine abbiamo trovato una risposta creando un casco nuovo di zecca e integrando un’ala in carbonio realizzata a mano in Italia. E siamo estremamente soddisfatti del risultato».

Andiamo quindi a scoprire nel dettaglio gli aspetti più importanti del Cytal Carbon.

Ventilazione e aerodinamica totali

Il segreto del Cytal Carbon è appunto quest’ala in carbonio, ispirata a quella delle auto da corsa. E’ stata costruita con forma e spessore variabili per aumentare la velocità dell’aria e migliorare così il raffreddamento del casco. Il suo design unito alla resistenza del carbonio ha consentito anche di aumentare la dimensione delle prese d’aria frontali. Questo, in combinazione con i canali interni che guidano il flusso d’aria, ne fa – a detta di POC – il casco più ventilato che l’azienda abbia mai realizzato.

Per quanto riguarda l’aerodinamica, Cytal Carbon è stato sottoposto ad un grande numero di test. Parliamo sia in simulazioni CFD (fluidodinamica computazionale) che in galleria del vento. Poi la palla è passata ai corridori della EF Education-EasyPost che l’hanno provato a lungo prima di indossarlo al Tour de France 2024. In apertura, Alberto Bettiol, mentre Carapaz lo indossava nel giorno in cui a Torino ha conquistato la maglia gialla.

Anche qui, comunque, il punto forte sono state le generose prese d’aria frontali che l’adozione dell’ala in carbonio ha permesso di realizzare. Infatti le dimensioni e gli angoli delle prese d’aria catturano e conducono l’aria all’interno del casco anziché intorno ad esso. Si riducono così in modo significativo le turbolenze. Mentre si mantiene un flusso lineare anche al di fuori della calotta, migliorando in questo modo le prestazioni aerodinamiche.

Carapaz lo aveva in testa quando a Torino ha conquistato la maglia gialla
Carapaz lo aveva in testa quando a Torino ha conquistato la maglia gialla

Sicurezza iper-testata

Abbiamo parlato di ventilazione e aerodinamica, ma la funzione principale di un casco resta pur sempre la sicurezza. In POC non si sono accontentati dei normali test di certificazione. Il Cytal Carbon è stato sottoposto anche a tutta una serie di test interni, che ormai costituiscono una guida fondamentale per l’azienda. Ed essi hanno ispirato anche un’altra miglioria in termini di resistenza agli urti. Tra le lamine di carbonio dell’ala è stata infatti inserita un’anima realizzata con tecnologia Koridion. Si migliora così la sicurezza gestendo e trasferendo le forze attraverso il casco, rafforzandone in questo modo l’integrità complessiva.

Per finire, nello sviluppo e nella progettazione del Cytal Carbon è stato utilizzato il Whole Helmet Concept™. Si tratta di un sistema che garantisce che il casco sia superiore alla somma delle sue parti. Tutti i dettagli del prodotto – la qualità e la forma dei materiali, la costruzione uni-corpo, le diverse zone di densità dell’EPS, le cinghie ergonomiche e il sistema di regolazione – lavorano insieme per garantire la massima qualità possibile.

Peso, prezzo e altri dettagli

Il nuovo Cytal Carbon è disponibile in due colorazioni, Hydrogen White e Uranium Black. Sono invece tre le taglie disponibili: S (50-56 cm), M (54-59 cm) e L (56-61cm).

Il peso in taglia M è di 250 grammi, mentre il prezzo consigliato al pubblico sul sito di POC è di 400 euro. Ricordiamo che il distributore italiano di POC è Summit Sports.

POC

Per Abus il Made in Italy è un vanto e motivo di orgoglio

12.06.2024
7 min
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VANZO NUOVO – I caschi Abus della categoria performance sono disegnati, sviluppati e prodotti in Italia. In più di un’occasione abbiamo eseguito test, approfondimenti tecnici sui caschi Abus, sottolineando l’elevata qualità complessiva dei prodotti, ma è la prima volta che entriamo nel cuore del sistema.

Siamo stati a Vanzo Nuovo, in provincia di Vicenza, dove ha sede Maxi Studio, ovvero la sezione operativa (la sede di Abus Italia è ad Imola) di Abus per la produzione dei caschi performance, di alta e media gamma. Vediamo cosa c’è dietro un “semplice” casco.

Abus compie 100 anni
Abus compie 100 anni

I primi 100 anni di Abus

L’azienda nasce nel 1924 e ancora oggi è a conduzione famigliare, nonostante sia diventata un colosso nell’ambito della sicurezza (il mondo Abus si divide in tre categorie principali, sicurezza domestica, commerciale e mobile). Abus nasce come un’azienda di produzione per i lucchetti. Viene fondata dalla famiglia Bremiker e ad oggi conta 5 diverse sedi in territorio europeo (il quartier generale è a Wetter, in Germania).

Oggi il 90% della produzione di ciclindri e blocchetti di chiusura delle e-bike è di produzione Abus. Ogni fabbrica di Abus è autonoma in fatto di produzione, significa che tutti i macchinari e stampi sono disegnati e creati internamente. In totale conta 4000 dipendenti nel mondo, con 25 filiali in 102 nazioni.

Mercato italiano da sviluppare

Per meglio contestualizzare alcune categorie commerciali di Abus, abbiamo chiesto a Charles Hancock, Category Manager – Mobile Security per Abus Italia.

«Abus non produce solo caschi, anche se, soprattutto in Italia l’azienda è famosa soprattutto per questa categoria di prodotti. In realtà – ci dice Hancock – se analizziamo globalmente i numeri, la parte del leone è dei lucchetti e più in genere dei sistemi di antifurto. Questo significa che c’è un potenziale enorme legato anche ad una categoria commuting e urban in crescita soprattutto nelle grandi città, ingolfate dal traffico motorizzato».

La collaborazione italiana

Tra Abus e Maxi Studio nasce un vero e proprio rapporto di collaborazione nel 2016 e che va ben oltre il lavoro. Maxi Studio nasce nel 1993 per mano della famiglia Simonaggio. Nel 2017 arriva il primo casco Abus con design e produzione completamente italiana ed è il modello aero concept GameChanger.

L’azienda vicentina mette a disposizione le sue competenze anche per quanto concerne l’industrializzazione dei caschi, con i diversi processi necessari (per nulla banali e tutt’altro che scontati), anche per quello che concerne le certificazioni (che vengono eseguite anche grazie al Laboratorio Newton di Rho, molto utilizzato anche in ambito motorsport). Nel 2021 Abus acquisisce definitivamente MaxiStudio.

Corrado Salvatore di Abus Italia
Corrado Salvatore di Abus Italia

Il dietro le quinte di un casco

Un casco è di fatto un sistema di protezione attivo, uno strumento di sicurezza che a prescindere da come è fatto non ha prezzo, soprattutto per quello che rappresenta. Ma ci piace essere anche campanilisti e una volta di più sottolineare la qualità delle maestranze italiane. Un casco è solo un pezzo di plastica e polistirolo? Decisamente no. Per mettere in produzione un casco nel periodo attuale ci vogliono anni di ricerca e sviluppo, test e analisi dei materiali, simulazioni e industrializzazione dei diversi processi.

C’è polistirolo e polistirolo. Sentiamo cosa ci ha detto Corrado Salvatore del reparto sales e marketing di Abus in forze nella sede di Maxi Studio, a diretto contatto con la produzione.

«Il polistirolo – spiega – è uno dei tanti derivati del petrolio. Si ottiene grazie a due lavorazioni, per evaporazione del polimerino, oppure per estrusione. Quello che utilizziamo per i caschi Abus è di origine austriaca e dal punto di vista qualitativo è il top, considerando anche le varie certificazioni. Inoltre, lo stesso polistirolo ha delle densità specifiche, adatte per differenti categorie commerciali. Significa che quello utilizzato per i caschi ha una densità diversa rispetto a quello utilizzato in ambito alimentare. Ed è solo un esempio».

L’evoluzione dei caschi Abus

«Il concetto di evoluzione non si riferisce solo al design, anzi, proprio le forme e l’utilizzo della galleria del vento – prosegue Salvatore – sono una sorta di conseguenza e stimolo ulteriore per fasi produttive e di sviluppo che riguardano anche il plasmare le materie prime.

«Nel corso degli anni abbiamo ottenuto caschi sempre più leggeri, performanti e funzionali, ma anche belli da vedere una volta indossati, il tutto con un potere di protezione che è aumentato in modo esponenziale. Inoltre – prosegue Salvatore – sono anche più longevi».

Anche fatto a mano

«Ogni casco Abus è il risultato di una combinazione di fattori – argomenta Salvatore – perché oltre una serie di procedimenti automatizzati, c’è il valore aggiunto del fatto a mano. Tutti i caschi che prendiamo tra le mani ed indossiamo obbligano l’utilizzo di maestranze di altissima caratura. Il lavoro che c’è dietro ad ogni singolo pezzo è difficile da immaginare. Si parte con i designer, per passare alla fase successiva dove quello che è stato abbozzato deve essere traslato al mondo reale.

«Da qui – prosegue Salvatore – si attiva un processo di industrializzazione e adeguamento delle macchine. Certificazioni e controlli che riguardano anche le materie prime. Ogni cambio, ogni singola variazione obbliga ad una certificazione dedicata, sicurezza e qualità non sono dettagli. Ad esempio il polistirolo bianco – conclude Salvatore – che troviamo all’interno del casco, obbliga ad una certificazione diversa dal comune polistirolo nero. Tanti step non banali, ma il risultato finale ci ripaga del lavoro fatto».

Abus

Abus al Giro d’Italia? E’ in corsa con tre team

13.05.2024
3 min
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Il (primo) centenario dalla fondazione di Abus rappresenta un’occasione celebrativa straordinaria. Quale cosa migliore se non metterla in evidenza anche attraverso uno degli eventi ciclistici più iconici come il Giro d’Italia 2024? 

«Con grande soddisfazione – ha dichiarato Charlie Hancock, Category Manager Mobile Security di Abus Italia – quest’anno Abus corre il Giro con ben tre squadre: il Team Movistar di Nairo Quintana, il Team Tudor con Alberto Dainese e Matteo Trentin, e il Team Alpecin Deceuninck con Nicola Conci, alla quarta partecipazione alla corsa rosa. Per Abus è un vero e proprio traguardo storico, la prima grande corsa a tappe nel corso della quale così tante squadre si affidano ai nostri prodotti. Ma cosa rende questo momento così significativo?

«La risposta è nel fatto che i nostri caschi alto di gamma, utilizzati da Tudor e Movistar, sono Made in Italy: una tangibile testimonianza del nostro impegno finalizzato all’eccellenza artigianale e alla qualità. E’ un’emozione vedere i nostri caschi e i nostri accessori in azione al Giro, sapendo che sono stati concepiti e realizzati con grande dedizione in Italia. Con il Team Alpecin Deceuninck siamo invece partner per quanto riguarda la sicurezza».

100 anni di storia

Quest’anno Abus ha presentato la seconda generazione del celebre casco GameChanger, un vero e proprio concentrato di tecnologia e innovazione. Ogni dettaglio di questo casco aerodinamico è stato progettato con un solo scopo: garantire prestazioni di altissimo livello. Collaborando con atleti professionisti e producendo in Italia, i tecnici Abus hanno potuto mettere a punto un prodotto che soddisfa esigenze estremamente elevate.

Le esperienze acquisite nel ciclismo professionistico, frutto di collaborazioni strette con importanti realtà agonistiche e straordinari atleti, svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo e nell’innovazione dei caschi per il ciclismo. Attraverso sinergie con aziende leader nel settore, Abus ha canalizzato una vasta gamma di conoscenze, di abilità e di tecnologie avanzate per creare prodotti di serie di alta qualità. L’evoluzione del casco per il ciclismo non è solo una questione di protezione, ma anche di prestazioni ottimali e comfort. Grazie alla esperienza nel campo del ciclismo professionistico, Abus ha compreso le impegnative sfide e le esigenze degli atleti di livello mondiale. E questa consapevolezza ha consentito di progettare e produrre caschi che non solo rispettano gli standard di sicurezza più rigorosi, ma offrono anche un’elevata aerodinamicità, leggerezza e ventilazione.

Abus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attività
Abus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attività

I feedback dei pro’

«Ogni singola fase del processo di sviluppo del prodotto – prosegue Hancock – è guidata da una ricerca approfondita e da un costante impegno verso l’eccellenza. Collaboriamo con esperti del settore, ingegneri e atleti professionisti per testare e perfezionare ogni singolo dettaglio del casco. A partire dalla forma del guscio esterno alla disposizione dei canali di ventilazione interni. Questo approccio orientato alla qualità ci consente di garantire che ogni casco sia un prodotto di serie di alta qualità, pronto a offrire prestazioni superiori.

«Inoltre, la nostra stretta collaborazione con atleti professionisti ci consente di mantenere un vantaggio competitivo nel settore. Osservando da vicino le esigenze degli atleti e raccogliendo feedback dettagliati sul campo, siamo in grado di identificare rapidamente le tendenze emergenti, adattando i nostri prodotti di conseguenza».

Abus

Il valore di una sponsorizzazione World Tour? Risponde Limar

30.01.2024
4 min
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PAAL BERINGEN (Belgio) – Due chiacchiere con Giovanni Caporali di Limar non sono mai banali e gli argomenti che si possono affrontare sono tanti, sempre interessanti. Caporali in passato ha ricorpeto il ruolo di Amministratore Delegato dell’azienda lombarda, ora è il riferimento marketing e del prodotto.

Con lui abbiamo affrontato l’argomento delle sponsorizzazioni e l’impegno che oggi è richiesto per essere presenti nel World Tour.

L’incontro con Giovanni Caporali (Limar) nella sede di Ridley in Belgio
L’incontro con Giovanni Caporali (Limar) nella sede di Ridley in Belgio
Limar è al fianco di un solo team nel WorldTour, è corretto?

Siamo un partner, ormai di lunga data, del Team Astana-Qazaqstan in ambito World Tour maschile e della compagine femminile Roland (ex Israel-ndr). E’ un impegno importante, sotto il profilo dei costi e di tutto quello che è necessario fare per sviluppare i prodotti. Nel 2024, complessivamente siamo sponsor di 14 team nelle diverse discipline, compagini maschili e femminili.

Quanto costa essere nella Champions League del ciclismo per un’azienda che produce caschi?

Un team World Tour in generale non è sotto ai 500.000, anche se ormai il plateau è di un milione di euro. Solo per essere sponsor dei caschi. Queste cifre sono al netto di premi e materiali forniti nel corso della stagione.

Una parte del team kazako in azione in Australia
Una parte del team kazako in azione in Australia
E’ così importante essere nel World Tour?

E’ fondamentale per un’azienda che punta ad essere presente nel mondo, che ha bisogno di una visibilità costante. Eppure non è solo questo, perché un TeamWorld Tour di oggi è di fatto un’azienda e un banco di prova. Ti aiuta a sviluppare il prodotto e le tecnologie dietro le quinte. Non si tratta solo di caschi e materiali in genere. Quello che si vede, quello che indossano i corridori è il risultato di un percorso e di tante ricerche.

Le cifre che hai menzionato influiscono sul prezzo del prodotto che troviamo sul mercato?

Influiscono in modo esponenziale. E’ difficile quantificare in modo preciso, ma se un brand, un’azienda, un marchio, vuole rimanere sulla cresta dell’onda non può farne a meno. Se non si investe in quella direzione, quella delle sponsorizzazioni di alto livello, nessuno ti vede e il rischio di sparire è più che reale. Al tempo stesso è fondamentale avere un prodotto di eccellenza.

Prosegue la collaborazione con il Team Astana (foto Team Astana)
Prosegue la collaborazione con il Team Astana (foto Team Astana)
Dai professionisti, a cascata le tecnologie diventano alla portata di tutti!

Quello che indossano gli atleti professionisti è il medesimo prodotto usato dagli amatori. I dettagli, le piccole modifiche che apportiamo passo dopo passo, vengono traslate di conseguenza.

Quanti caschi sono forniti ad un team World Tour?

Limar fornisce 3 modelli per ogni corridore: due da strada e uno da crono. Nel 2023 abbiamo dato al Team Astana Qazaqstan circa 400 caschi. Tra questi c’è anche l’Air Atlas, sviluppato con la collaborazione del team. In questa cifra non rientrano i prodotti in fase di sviluppo e test.

I test al Politecnico di Milano con Nibali ancora in attività e Wilier (foto Wilier)
I test al Politecnico di Milano con Nibali ancora in attività e Wilier (foto Wilier)
Quale è la parte più costosa quando si sviluppa un casco?

L’aerodinamica, tutta la ricerca che è alle sue spalle e lo sviluppo stesso dei caschi da crono. Consideriamo inoltre che i caschi da cronometro hanno un ritorno che è pari a zero, perché il numero degli esemplari venduti è irrisorio. Ribadisco il concetto che la ricerca è fondamentale e arricchisce, non poco, il brand.

Conoscenze, ergonomia e aerodinamica. C’è altro dietro un casco?

I due fattori principali della categoria sono il peso, inteso come valore alla bilancia e l’aerodinamica. I caschi di oggi devono essere efficienti, ma anche leggeri, ben ventilati e a mio parere devono anche essere belli da vedere una volta indossati. Il design e l’impatto estetico ti permettono di vendere e di creare appeal.

Il packaging di MET promuove la sostenibilità

28.08.2023
3 min
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MET realizza caschi da ben 36 anni. L’azienda di Talamona, situata alle porte della Valtellina, produce caschi che accompagnano in gara, in allenamento o anche nelle pedalate del fine settimana grandi campioni e semplici amatori. Dal 2008 ha ampliato al sua offerta al mondo off road con il marchio Bluegrass. Negli ultimi anni ha legato il suo nome ad uno dei fenomeni del ciclismo moderno. Stiamo parlando di Tadej Pogacar che fino ad oggi ha conquistato tutti i suoi successi indossando esclusivamente caschi MET. Di recente l’azienda valtellinese ha prolungato fino al 2027 il proprio rapporto di collaborazione tecnica con l’UAE Team Emirates, la formazione nella quale milita l’asso sloveno fin dal suo debutto nel professionismo.

MET ha allungato la sua collaborazione con la UAE Emirates fino al 2027
MET ha allungato la sua collaborazione con la UAE Emirates fino al 2027

Stile di vita

MET non è solo caschi. E’ anche promozione della bicicletta come stile di vita sano e mezzo per una mobilità più sicura e sostenibile. A sostenerlo con forza sono gli stessi responsabili dell’azienda.

Per perseguire questi obiettivi lavorano continuamente a migliorare i loro prodotti e tutto ciò che ad essi è in qualche modo collegato. Ci riferiamo in particolare al tema dell’imballaggio dei caschi e alla loro spedizione. Non dimentichiamo infatti che i caschi MET sono venduti in ogni angolo del mondo.

Il nuovo imballaggio dei prodotti di MET permette di risparmiare peso e materiali: dimensioni ridotte, consumi ridotti
Il nuovo imballaggio dei prodotti di MET permette di risparmiare peso e materiali: dimensioni ridotte, consumi ridotti

Meno cartone

Da sempre nella sede di Talamona si lavora per ridurre al minimo l’uso di cartoni in eccesso, risparmiando spazio ovunque sia possibile in fase di spedizione. Il motto da rispettare è il seguente: dimensioni ridotte, consumi ridotti.

Ultimamente in MET sono aumentati gli sforzi per ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi utilizzati. Tutto questo non ha in alcun modo inficiato la qualità e la sicurezza in fase di spedizione. Tutti i caschi MET che lasciano i magazzini di Talamona diretti in ogni angolo del mondo sono garantiti da un imballaggio estremamente sicuro. L’utilizzo di meno cartone in fase di imballaggio ha solamente ridotto l’impatto ambientale generato dalla scatola in cui è inserito il casco.

Riassumendo: meno inchiostro superfluo, meno plastica e più materia prima riciclata.

Meno plastica

A proposito di plastica, in MET si è lavorato per ridurre al minimo la quantità utilizzata in fase di imballaggio e nello stesso tempo minimizzando il più possibile la dimensione degli imballaggi stessi. Imballaggi più piccoli consentono spedizioni più efficienti e meno frequenti. Grazie a scatole più piccole è possibile infatti effettuare meno spedizioni e di conseguenza ridurre anche l’incidenza sull’ambiente circostante che si ha spedendo quotidianamente la merce.

MET

Total look Ekoi, la qualità e la cura dei dettagli

10.06.2023
5 min
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Ekoi collabora attivamente con numerosi atleti di primissimo piano. Quello delle partnership è un fattore importante per un’azienda che vuole continuare a crescere e che si riflette sulla qualità e sull’evoluzione dei prodotti.

Non passa in secondo piano neppure la possibilità di creare una vera e propria immagine, una sorta di total look definitivo dalla testa ai piedi, grazie ad una vasta scelta di prodotti.

Tecnologia dei tessuti Outlast, Ekoi i primi ad usarla per il ciclismo
Tecnologia dei tessuti Outlast, Ekoi i primi ad usarla per il ciclismo

Sviluppati con gli atleti

Il Giro d’Italia numero 106 si è concluso, tra i vari approfondimenti ci è rimasto ben chiaro nella testa quello fatto con Simon Clarke. Abbiamo iniziato a parlare di caschi ed occhiali con il corridore australiano, per poi sconfinare nel piacere di avere un’equipaggiamento che è un tutt’uno, bello da vedere, da indossare, perché l’immagine che offre l’atleta è una parte che non può essere trascurata.

Un po’ come Clarke, ci siamo cuciti addosso l’abito del corridore firmato Ekoi: un pool di dotazioni di alta gamma che offrono degli spunti interessanti per le soluzioni tecniche adottate, l’estrema cura dei dettagli ed il piacere di averli indosso.

La maglia e la salopette

La maglia Outlast di Ekoi è la prima shirt sviluppata in modo specifico per il ciclismo che adotta la tecnologia Outlast. E’ stata sviluppata a braccetto con i corridori del Team Israel-Premier Tech e ha la peculiarità di adattarsi alle variazioni della temperatura. Ha un’elasticità enorme che si traduce anche in una ergonomia che fascia il torace e le braccia. Non presenta degli inserti in rete mesh, dettaglio non secondario che limita la presenza di cuciture e la possibilità di rotture. Davanti c’è un orlo fine e sottile, dietro c’è una banda elastica più alta e con inserti grippanti che non fanno salire la maglia.

Ottimo il volume delle tre tasche che possono contenere tante cose e senza mai cedere. C’è anche una quarta tasca con la zip che è laterale e nascosta. Non si bagna e non si inumidisce neppure dopo una salita fatta a a tutta.

Ekoi Gel Memory Racing non è una salopette comune, perché mette insieme diverse tipologie di tessuti ed un fondello con densità differenziate anche in base alla taglia. E’ un capo tecnico che si rivolge agli agonisti, a chi si allena quotidianamente. Internamente alle cosce e nel punto di contatto con la sella il tessuto adotta una sorta di trama quadrettata e ruvida, per una massima aderenza, traspirazione e comfort. Nelle altre zone delle cosce è presente un tessuto bi-elastico che avvolge i muscoli, li sostiene, ma senza bloccare l’evacuazione del vapore. La fascia addominale non è alta, un altro bel vantaggio.

Anche le bretelle, la loro compattezza e il sostegno giocano un ruolo primario. Sono larghe e con pochissime cuciture. Si percepisce la bontà della costruzione una volta che si sale in bici e si assume la “posizione del ciclista”. Questa salopette di Ekoi può fare la differenza quando si percorrono tanti chilometri, quando si è capaci di sfruttare la posizione aerodinamica, quando si fanno salite lunghe.

Gara Mips e Premium 70

Il primo è uno dei caschi più utilizzati da chi ama pedalare in salita e da chi apprezza avere un casco con diverse feritoie, ha una forma arrotondata e una calzata mediamente profonda. Il design di Ekoi Gara Mips è molto moderno. Integra due soluzioni utili alla protezione e adattamento della taglia. All’interno c’è il nuovo Mips Air, il sistema che aumenta fino a 15 millimetri il movimento del casco in caso di impatto.

La chiusura si sviluppa grazie alle fibbie facilmente regolabili anche quando si pedala, al buckle magnetico e ad un rotore posteriore Atop. Quest’ultimo agisce su un doppio filler laterale che adegua la taglia del casco alla testa. I due cavetti sono slegati dall’imbottitura frontale. Gara Mips di Ekoi veste bene anche chi ha un viso piccolo.

Gli occhiali Premium 70 (noi abbiamo provato quelli con la lente fotocromatica) hanno una larghezza maggiorata della lente che arriva a 14 centimetri. Hanno una montatura a giorno, ovvero solo con il nasello e le aste laterali. Uno dei vantaggi che offre la famiglia degli occhiali Premium è quello di poter costruire l’occhiale tenendo fede al concetto total look Ekoi. Il configuratore on-line è facile da usare (e anche divertente) e permette di fare numerosi abbinamenti tra i vari componenti. Anche in questo caso ci siamo ispirati un po’ a Simon Clarke.

Ekoi