Zoccarato, bis tricolore gravel e su strada gambe ottime

04.07.2024
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Ma perché non pensare anche ad una Parigi-Roubaix per Samuele Zoccarato? Grinta da vendere, fisico potente e due titoli nazionali gravel. «Perché bisogna anche essere realistici – replica il diretto interessato – una Roubaix sì, sarebbe bella e di certo non avrei paura di buttarmici, ma forse una Strade Bianche sarebbe più indicata. E’ una corsa più adatta alle mie caratteristiche, c’è anche qualche strappo. Come dicevo bisogna essere realistici: non sono un super vincente e per certe corse serve anche una squadra importante. Credo però di poter essere un buon gregario».

Con il nuovo campione italiano gravel della VF Group-Bardiani dunque facciamo il punto sulla sua insolita stagione. Il Giro d’Italia non fatto, le corse al Nord, appunto l’esperienza offroad… Samuele non è mai banale e i discorsi filano via carichi.

Samuele Zoccarato (classe 1998) allo ZLM Tour in Olanda dove si è ben comportato tra pavè e ventagli
Samuele Zoccarato (classe 1998) allo ZLM Tour in Olanda dove si è ben comportato tra pavè e ventagli
Samuele, partiamo con un piccolo passo indietro e dal buon campionato italiano su strada che hai disputato… 

Era già da un bel po’ che andavo forte, almeno rispetto ai miei standard ovviamente. Mi sentivo bene. Quindi in verità non è stata una sorpresa andare così bene all’italiano su strada. Già dal Giro della Grecia avevo visto che era cambiato qualcosa: riuscivo a rimanere davanti molto più facilmente. Poi sono andato in Olanda e di nuovo mi sentivo molto bene. Lassù, nei miei quattro anni di professionismo non ero mai riuscito a stare davanti in un ventaglio. Stavolta in ogni ventaglio appunto ero in testa, sempre protagonista. Vuol dire che stavo lavorando nel modo giusto.

Hai raccolto i frutti della preparazione che hai fatto per il Giro e forse c’è anche un po’ di grinta in più, quella di voglia di dimostrare che Zoccarato c’era…

Sì, un po’ sì. Volevo fare vedere che qualcosa da dimostrare ancora ce l’ho. E poi credo che i giorni di gara in Olanda mi abbiano dato un ritmo che quest’anno non avevo mai avuto.

È diverso correre con la gamba buona lassù?

Assolutamente sì, perché invece di subire la corsa e fare solo fatica, la fai e ti gestisci. Lassù se molli un attimo, anche mentalmente, sei morto. Invece con una buona condizione e un po’ di grinta è tutta un’altra cosa. Mi sono divertito per la prima volta al Nord.

Il veneto in azione all’italiano gravel, che alternava tratti sterrati ad altri più filanti
Il veneto in azione all’italiano gravel, che alternava tratti sterrati ad altri più filanti
Veniamo all’italiano gravel. Hai fatto doppietta. Lo avevi già vinto nel 2022. Questa specialità in qualche modo di attrae. Com’è andata?

All’inizio non avevo tutta questa voglia di andare. Poi ho chiesto alla squadra di montarmi una bici, come dicevo io, con i materiali specifici. Ci sono riusciti e alla fine questa scelta ha portato i suoi frutti.

Quali sono state le tue richieste specifiche?

Prima di tutto dei rapporti adatti al percorso, quindi ad esempio montavo il 44 davanti e il 9-44, dietro. Poi delle gomme molto scorrevoli. Coperture ideali secondo me per quel tipo di percorso.

Beh, te l’eri ristudiata allora…

Sì, altrimenti non sarei andato. Non avrei fatto l’italiano gravel allo sbaraglio. Del percorso mi ero informato sulla locandina e i file Gpx che ho trovato. In più gli ho dato un’occhiata il giorno prima. Volevo fare una ricognizione la settimana prima, ma un po’ perché la bici non era ancora pronta e un po’ perché non s’incastrava bene con i miei allenamenti non ci sono andato.

Come è andata la corsa?

Siamo partiti abbastanza forti come succede anche su strada. All’inizio ho avuto alcuni problemi, sono caduto dopo 15 chilometri in un tratto in discesa che già il giorno prima mi era accorto poteva essere pericoloso. Sono entrato in una curva a kamikaze… e sono finito a terra. Poi mi è scesa due volte la catena. Ho visto che c’era Agostinacchio che andava molto forte in salita e un po’ lo temevo (anche per le doti di guida, Agostinacchio è biker e crossista, ndr). Al secondo giro ho provato a fare una “fagianata”, ma non è andata bene. Così dopo qualche chilometro ho dato una botta secca e infine sono riuscito a rimanere da solo. E così sono rimasto fino all’arrivo.

Zoccarato bissa il successo del 2022. Potrà andare al mondiale a Leuven in Belgio ad inizio ottobre
Zoccarato bissa il successo del 2022. Potrà andare al mondiale a Leuven in Belgio ad inizio ottobre
E quanto mancava?

Circa 60 chilometri. Ma da quel momento è stato tutto più facile perché facevo il mio ritmo. Non avevo problemi di visibilità nei tratti tecnici nello stare dietro a qualcuno e rischiare di sbagliare qualcosa. Si trattava solo di spingere. Guida con sicurezza sul tecnico e spingere forte nei tratti più pedalabili.

E ora guardiamo avanti. Sei al Giro d’Austria. Poi quale sarà il tuo programma?

Adesso c’è un po’ di tempo per staccare, dovrei andare anche in ritiro in quota ma ancora non so dove. Dovrei riprendere ad inizio agosto con l’Arctic Race of Norway e a seguire con il Giro di Danimarca. Dentro di me non vorrei staccare, mi sento molto bene.

Possiamo immaginare…

Poi comunque dovrei fare le corse del calendario italiano, più avanti. Spazio per provare a cogliere qualche risultato non manca.

Nella polvere con Zoccarato. La differenza fra strada e gravel

22.09.2022
6 min
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Cavarsela da soli. E’ forse questo l’aspetto che più affascina di una prova gravel, almeno dal punto di vista agonistico. Nel gravel da avventura subentrano aspetti come quello della guida sul tecnico o del pedalare in natura. Ma vedere un Samuele Zoccarato che da solo scatta, si alimenta, supera i crampi e deve gestire gli imprevisti è stata una bella emozione.

Il corridore della Bardiani Csf Faizanè ha vinto il primo tricolore gravel della storia. Con lui facciamo un paragone con la strada.

Zoccarato (classe 1998) taglia il traguardo tricolore di Argenta. Nel finale per lui anche i crampi (foto @atphotography)
Zoccarato (classe 1998) taglia il traguardo tricolore di Argenta. Nel finale per lui anche i crampi (foto @atphotography)
Samuele, in passato hai fatto anche un po’ di cross, quanto ti ha aiutato?

Mi ha aiutato a leggere il terreno. Per esempio come affrontare una curva sulla ghiaia. Nel cross si cerca l’erba, perché la gomma tiene di più, quindi o la fai tutta all’interno o tutta fuori, dove di ghiaia ce n’è di meno. Oppure continuare a pedalare in curva: così il posteriore ha più tenuta. O ancora a bilanciare il peso. Su strada si è più statici, nell’offroad ci si sposta avanti o indietro. Nelle curve ti muovi al contrario. Su asfalto ti butti e cerchi di tenere la bici dritta. Fuori strada cerchi di piegare la bici per far aderire la parte laterale della gomma dove i tasselli sono più marcati e penetrano meglio nel terreno. 

Alimentazione: come ti sei gestito?

Ho preso 300 grammi di carbo, 100 l’ora. Li ho presi con 2 borracce di maltodestrine e un po’ di fruttosio, tre barrette e 6-7 gel.

Nelle uscite di curva le distanze si allungano molto più che su strada (foto @mario.pierguidi)…
Nelle uscite di curva le distanze si allungano molto più che su strada (foto @mario.pierguidi)…
Se dovessi paragonare la gara gravel di Argenta (120 chilometri “piatti”) con una gara su strada, a che tipo di corsa la paragoneresti?

Ad una corsa nervosa, con strade strette e brevi strappi. Una gara in cui è importante stare davanti, perché sulle stradine all’uscita della curva il gruppo si allunga e prendi la frustata. In una corsa piatta su strada come quella di Argenta puoi anche stare tutta la corsa a ruota e risparmiare energie.

Perché? 

Perché in entrata e in uscita di curva c’è sempre quello meno bravo che rallenta un po’ di più. E poi la distanza nello stare a ruota è maggiore. Su strada pochi centimetri, nel gravel un metro. Prima di andare in fuga avevo visto che all’uscita di ogni curva dopo la frustata si staccava qualcuno. Tra il ventesimo e il primo c’erano già 100 metri.

Quanto conta il gioco di squadra?

Conta meno che su strada. L’idea del capitano in coda a sette uomini non è fattibile. Quando ne hai uno o due che ti proteggono nei momenti che contano sei apposto.

Qui una situazione simile alla foto precedente, ma su asfalto. Gli spazi sono molto più stretti
Qui una situazione simile alla foto precedente, ma su asfalto. Gli spazi sono molto più stretti
Come è stato restare da solo per tanti chilometri?

Non difficilissimo. Sono abituato a questi sforzi. Spesso in allenamento faccio lavori specifici di 40′, un’ora, da solo a ritmi ben al di sopra del medio. E poi con il tempo ho imparato anche a dissociarmi mentalmente: guardare il paesaggio o i tuoi piedi che girano… Se inizi a pensare che sei solo, che vorresti un cambio, si fa dura.

Non avevi il potenziometro, ma che tipo di sforzo è stato? Hai parlato di tre ore a tutta…

Avevo la fascia cardio. Nei primi 50 chilometri c’era il vento a favore per andare via avrei dovuto fare i 55 all’ora. Quando il vento è diventato contro sono scappato a 40 all’ora. Appena scattato sono andato a tutta, oltre la soglia, almeno fino a che non ho avuto un margine di sicurezza. Poi mi sono gestito, comunque ero sempre sulla soglia. Anche per questo alla fine ho avuto i crampi. Magari con il potenziometro non li avrei avuti.

Però magari con il potenziometro avresti mollato. Non è che certe volte questo strumento si trasforma in un limitatore?

Con il potenziometro sai che valori puoi tenere. Se vai oltre non riesci ad arrivare in fondo. E’ “matematica”. Semmai questo discorso può valere su qualche strappo o una breve salita, in cui provi a tenere un po’ di più. Credo che controllare i watt sia importante.

Passiamo ai rapporti… 

Avevo il 50-34 anteriore e l’11-28 posteriore: erano perfetti. Viste le velocità ci poteva stare bene anche un monocorona da 46, ma poi non sarebbe stato lo stesso con la scala posteriore: troppa differenza tra un dente e l’altro.

Ma il 34 lo hai usato?

No.

E allora perché non montare un monocorona da 50 denti?

Essendo piatta si poteva fare. Pensavo anche a qualche salita. Un 50×28 è comunque duro e con un monocorona devi usare una scala 11-40/42: i salti tra sono ampi, anche di 5 denti.

Il 50×11 del gravel corrisponde al 53×11 della strada?

Non servono i rapportoni. Con un 46×11 a 90 rpm vai comunque a 45 all’ora. Ma è vero che su un rettilineo in asfalto andavo a 48. Quindi ad Argenta come ripeto il 50 era ideale. La differenza di velocità credo sia 5 chilometri orari.

Ti è piaciuto il fatto di pedalare in autonomia?

Sì molto, specie per il tipo di corridore che sono. A me piace prendere aria. Magari un velocista si sarebbe spaventato. Io invece non ho avuto paura di prendere vento in faccia. Ho spinto e fino a che non ho avuto i crampi ho guadagnato. Poi mi sono dovuto gestire.

Quindi nessuna sensazione di essere “solo nell’oceano”…

No, però devo ammettere che c’era un guasto meccanico, che mi preoccupava: la rottura della catena. Per il resto avevo tutto l’occorrente per intervenire sulla bici. Semmai sono stato ingenuo a non prendere la borraccia dopo il primo rifornimento e mi sono trovato senza acqua. E comunque in situazioni di bagarre, succede anche su strada nonostante l’ammiraglia al seguito. Un errore così nel gravel si avverte di più.

L’approccio mentale com’è stato? Si dice che i chilometri nel fuori strada passino più lentamente…

Per me invece passano più velocemente, perché sei sempre impegnato nella guida. Su strada a volte non sai come far passare il tempo.

Zoccarato preferisce il manubrio da strada per questioni di feeling di guida e di aerodinamica
Zoccarato preferisce il manubrio da strada per questioni di feeling di guida e di aerodinamica
Chi è il “gravelista” ideale per Zoccarato?

Chi sa guidare bene la bici. Rispetto ad un crossista deve avere picchi di potenza più alti nel lungo periodo. Non deve aver paura di stare al vento e fare fatica. Un corridore che per performare non deve limare.

Riguardo alla bici, cambieresti qualcosa?

No, okay così. Arretramento e altezza sella erano identici a quella da strada. L’unica differenza era il manubrio un po’ più alto. Anche la distanza sella-manubrio era uguale. Rispetto al cx non si deve accorciare molto: la componente aero conta. Nel cross è prioritaria la maneggevolezza di guida.

Altri dettagli? Magari il doppio nastro. Oppure la piega specifica per il gravel?

Il doppio nastro non mi piace. Per le vibrazioni già bastano le geometrie delle bici e le gomme più larghe. Preferisco il manubrio da strada, voglio la piega stretta.

Post italiano gravel. Con Ghirotto regolamenti, filosofia e tecnica

20.09.2022
5 min
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«Questa non è la prima edizione. Questa è l’edizione zero». Massimo Ghirotto, presidente della commissione fuoristrada della Federazione ciclistica italiana, come sempre usa parole sagge, mentre sul traguardo di Argenta attendeva con noi l’arrivo di Samuele Zoccarato. Al termine delle premiazioni, lui, i giudici e l’organizzatore si sono riuniti per un debriefing, con il quale mettere subito a fuoco cosa avesse funzionato e cosa no (in apertura foto @mario.pierguidi).

Quel confronto contribuisce (e contribuirà) a redigere nel tempo un regolamento sempre più preciso per questa disciplina, almeno nella sua accezione agonistica. Sarà inserito nel “calderone” dei regolamenti. Il gravel nasce come avventura, ma avventura e gara e non possono essere messi sullo stesso piano. 

La via, dunque, va tracciata.

Massimo Ghirotto, presidente della commissione fuoristrada della Fci, ad Argenta
Massimo Ghirotto, presidente della commissione fuoristrada della Fci, ad Argenta
Massimo, ad Argenta abbiamo assistito ad una gara molto veloce, poco tecnica, ma con molto sterrato. Proprio parlando di tecnica e percorsi state valutando anche altro?

Già stiamo valutando altro, magari percorsi con più dislivello, come abbiamo visto a Quattrodio, per la Monsterrato. E chiaramente è aperta anche la questione del regolamento. Magari la prossima volta avremo un tricolore con più salita, o una gara a circuito. Un anello di 25 chilometri, così da mettere un solo punto di ristoro. Oppure un anello da 40 chilometri: si presidia più facilmente e con due punti di ristoro sei a posto. Perché poi bisogna valutare anche queste cose.

Anche Furlan ci parlava che per sicurezza e presidio occorre molto personale…

Tantissimo. E l’ipotesi di un percorso a circuito può agevolare non poco. Non solo, ma con una logistica più snella si potrebbe ipotizzare di fare due gare separate tra uomini e donne. Fare magari il sabato le donne e la domenica gli uomini.

Certo, in questo modo la gara femminile non risentirebbe della presenza degli amatori uomini…

Esatto, ma come ripeto, e come è stato detto nel debriefing, è qualcosa che stiamo imparando. Abbiamo parlato di sicurezza, logistica, service in partenza e arrivo. La presidente di giuria ha redatto una relazione favorevole. Lei stessa ha parlato di edizione zero e di una disciplina da capire.

Autonomia e gioco di squadra al minimo: nel gravel è un po’ come tornare agli albori (foto @mario.pierguidi)
Autonomia e gioco di squadra al minimo: nel gravel è un po’ come tornare agli albori (foto @mario.pierguidi)
Voci fondate ci dicono che i pro’ su strada interessati a queste gare gravel vorrebbero l’assistenza al seguito: è qualcosa che è nel calderone delle vostre discussioni?

Per il momento assolutamente no. La nostra linea guida è il regolamento UCI. Se l’UCI andrà a rifare questo regolamento anche noi vedremo cosa fare. Non vogliamo ingerenze fra il regolamento nazionale e quello internazionale. Ad ora nell’offroad non è ammessa l’assistenza in corsa. E’ anche una questione di sicurezza. Un conto sono i tratti della Strade Bianche e un conto è un percorso che per oltre l’80% è su sterrato. 

Tu stesso ad Argenta ci hai detto di quanto fosse bello che il corridore dovesse fare da solo. Essere autonomo. Pensi che il gravel si evolverà su questa filosofia?

C’è da capire come interpretare la questione, perché un conto è il “gravel adventure” e un conto è il “gravel race”. E mi riallaccio proprio a quanto successo a Zoccarato. Ad un certo punto lui ha avuto i crampi. Ha smesso di pedalare, ha staccato la gamba dal pedale e se l’è dovuta cavare da solo. Non aveva l’ammiraglia pronta a dargli acqua, supporto morale e quant’altro. No, si è dovuto ascoltare, ha superato da solo anche quel momento di “crisi psicologica”. A me piace perché è un ritorno alle origini. Poi credo che il gravel già adesso stia avendo uno sviluppo molto veloce. E sono sicuro che dopo il mondiale qualche pro’ ci penserà di più a provare. 

Chiara Teocchi e altre donne sono state riprese dagli amatori uomini, questione sollevata anche da Ghirotto (foto @mario.pierguidi)
Chiara Teocchi e altre donne sono state riprese dagli amatori uomini, questione sollevata anche da Ghirotto (foto @mario.pierguidi)
In questa evoluzione quanto incideranno gli sviluppi delle bici? Per esempio in Mtb, nel cross country si è visto un radicale cambio di percorsi: sono diventati più tecnici e così le bici…

Ritorno al discorso dell’UCI, che in questo caso ha dichiarato il gravel come “ciclismo per tutti”. E infatti alla Monsterrato, per esempio, si è vista gente con la bici da strada e altra con la Mtb. Ma chi vuol vivere l’evento con uno spirito competitivo ha una gravel. Oggi queste bici sono già ad altissimo livello. Rispetto ad una bici da strada hanno la forcella e il carro più larghi perché ci possa stare una copertura più grande, geometrie più inclinate… ma di base sono molto simili alla bici da corsa. Io ho preso in mano quella della Guarischi, per esempio, ed era leggerissima. 

Quindi in che direzione potrebbero evolvere?

Più che nelle geometrie, adesso mi sentirei di dire che potrebbero evolvere in termini di meccanica: penso ai monocorona specifici, al discorso delle forature con gomme più robuste e performanti, ma non vedo stravolgimenti.

A proposito di forature, ma secondo te i pro’ le avrebbero sapute riparare le gomme? Perché, non ce ne vogliano, ma con il fatto che hanno i meccanici nei ritiri e in corsa, d’interventi ne fanno davvero pochi…

Eh – ride Ghirotto – do una risposta diplomatica! Dico loro che è meglio che facciano delle prove: potrebbero ritrovarsi a dover sostituire un copertone al volo.

Guarischi e Zoccarato, il primo tricolore gravel è loro!

18.09.2022
7 min
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Samuele Zoccarato e Barbara Guarischi sono i primi campioni italiani gravel della storia. Hanno dominato le stradine della Bassa, nel bellissimo paesaggio del Delta del Po. E lo hanno fatto al termine di corse forse agli antipodi. Un lungo assolo per il corridore della Bardiani Csf Faizanè, un rimescolamento di carte con tanto di volata finale per l’atleta della Movistar Team

Dopo la pioggia della vigilia, il cielo di Argenta è limpido. Non c’è neanche il vento, almeno all’inizio. La temperatura è fresca. I presupposti per una grande giornata di ciclismo ci sono tutti. E infatti le attese non saranno tradite. 

Zoccarato “sul pezzo”

Stamattina prima del via siamo andati a ficcanasare nel clan della Bardiani. Zoccarato a dispetto di altri era stato l’unico a chiedere ai meccanici di montare un rapporto specifico. Non si era limitato ad usare quel che aveva trovato sulla bici fornita in extremis da MCipollini.

«Vero – dice Zoccarato soddisfatto dopo l’arrivo – memore dell’esperienza dello scorso anno alla Serenissima Gravel in cui avevo il monocorona 42, ho chiesto di avere un 50-34 e 11-28 al posteriore. E mi è stato utile. Altrimenti dietro avrei girato solo i denti più piccoli. E si sarebbero fatti sentire ancora di più. Specie con questo vento».

Zoccarato è scappato via dopo una trentina di chilometri.

«C’era un drittone con vento laterale. Eravamo tutti in fila e ho allungato. Ma sinceramente non mi aspettavo di fare tanta fatica. Tutti questi chilometri da solo (circa 90, ndr) su sterrato sono stati davvero tanti. E infatti nel finale ero stanchissimo. Avevo qualche crampo. Anche perché non sono riuscito a prendere una borraccia in uno dei punti tecnici. Ho cercato di gestirmi. Che dire, è più difficile di quello che sembra. Ho fatto tre ore e un quarto a tutta.

«E’ stata una corsa lunga. Poi era la prima volta che salivo su questa bici. Ho avuto giusto il tempo di farci un giretto per provarla e anche per questo si è sentito qualche doloretto di troppo».

Tra divertimento e fatica

Nel finale Zoccarato ha lottato contro la fatica. Però, tutto sommato, poteva stare tranquillo. Alle sue spalle infatti erano solo in due e uno aveva la sua stessa maglia. Erano Sacha Modolo e il crossista della Beltrami Tsa, Luca Cibrario, il quale (era lui che tirava ovviamente) gli ha rosicchiato un minuto buono nei 20 chilometri finali.

«Ho sottovalutato la corsa – dice un soddisfatto Modolo – però è stata bella, dai! Senza potenziometro, senza radio: sei tu da solo che devi gestirti.

«E’ stata una scoperta la tenuta di queste bici. Abituato con le gomme da 28 millimetri alla Strade Bianche che scivolano parecchio, qui dopo tre, quattro curve ho capito che avrei potuto piegare e spingere molto di più. Anche per questo mi sono divertito».

«Io – riprende Zoccarato – mi sono gestito con quel che avevo in tasca. Prendevo 100 grammi di carboidrati l’ora, più le borracce con cui ero partito. Anche se, come ho detto, una non l’ho presa. Per il resto tra il vento e lo spingere a tutta, ogni tanto cercavo di distrarmi guardando il paesaggio. Ma soprattutto ero concentrato a non cadere, specie nel finale. Anche questo l’ho imparato lo scorso anno alla Serenissima Gravel. Per osare sono caduto e ho spaccato tutto…

«I distacchi? Mi aggiornavano ogni 15 chilometri più o meno».

Ha ragione Roberto Reverberi: Zoccarato è pronto a buttarsi nel fuoco. E a proposito di Reverberi: con questa vittoria Roberto porta a casa il secondo tricolore dopo quello di Filippo Zana su strada.

Prima di salire sul podio Barbara Guarischi ha brindato con una birra
Prima di salire sul podio Barbara Guarischi ha brindato con una birra

Brava Guarischi

Una mezzoretta prima di Zoccarato aveva, anzi avevano tagliato il traguardo in volata Barbara Guarischi e Letizia Borghesi. Nello sprint lungo aveva avuto la meglio l’atleta della Movistar. 

Per Barbara il gravel è stata una novità dell’ultimo periodo. Lei, che è anche una pistard si è ritrovata sullo sterrato quasi per caso.

«Alla fine – dice la Guarischi – sono sempre dure queste gare. Ho iniziato alla Monsterrato due settimane fa e sinceramente non mi aspettavo di fare tanta fatica.

«Oggi siamo partite piano. Tanto piano. Quando ci hanno ripreso gli uomini amatori è iniziata la vera bagarre. Abbiamo trovato vento forte e poi quando i ragazzi vanno… vanno. Per stargli dietro abbiamo fatto dei grossi fuorigiri».

«Ad un certo punto io e Chiara Teocchi siamo rimaste indietro con altri due ragazzi, mentre Letizia Borghesi era davanti con una decina di ragazzi. Credevo fosse finita lì: dieci contro quattro… E invece hanno tentennato, allora con Chiara abbiamo dato l’anima per rientrare. Una volta rientrata sapevo che in volata avrei potuto dire la mia. Anche se poi sono partita lunga, ai 600 metri. Stavo bene e non volevo rischiare».

Lo zampino di Pontoni

A seguire i ragazzi e le ragazze, c’era anche il cittì del cross e del gravel, Daniele Pontoni. E’ stato principalmente lui a coinvolgere la Guarischi.

«Questa avventura è nata un po’ per gioco con Pontoni – racconta Barbara – ho fatto molte corse su strada poi ad agosto mi sono ritrovata senza convocazioni. Non avevo più corse, ma non potevo chiudere la stagione a metà agosto. Allora Daniele mi ha chiamato e mi ha detto di provare, anche solo per divertirmi. Il risultato? Adesso ogni volta che attacco il numero sputo l’anima!».

E il merito di una simile prestazione è anche del suo mezzo, la Canyon Grail.

«Vero è così – sorride Barbara – Devo ringraziare anche loro. Sono super. Ogni volta che ho bisogno di qualcosa alzo il telefono e dopo tre giorni mi mandano a casa tutto il necessario».

Pista e gravel

La Guarischi e la Borghesi sono state le uniche atlete del WorldTour ad aver preso il via. E questa è una particolarità. Sappiamo infatti che i grandi team sono restii a mandare i loro atleti in questi eventi.

«Dando più spazio alle ragazze che sarebbero andate al mondiale – spiega la Guarischi – io non dovevo più correre e così mi hanno lasciato andare. Adesso farò un po’ di pista. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare Marco Villa che mi sta facendo allenare con lui. Sapete, allenarsi senza un obiettivo principale non è facile».

L’obiettivo però adesso c’è: e si chiama mondiale gravel. E infatti questo dà molta fiducia e tanti stimoli alla Guarischi.

«Non vengo nel gravel per vincere, ma al mondiale ci sarò. Intanto penso agli italiani in pista che inizieranno martedì. Poi vedremo…».

Alé veste FAR Gravel 2022: una maglia che farà… storia!

16.09.2022
3 min
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Il brand Alé, assieme a Cannondale, è il main partner della prossima FAR Gravel. L’evento fuoristrada, in programma ad Argenta (Ferrara) il prossimo fine settimana, che assegnerà le prime e storiche maglie di campione d’Italia gravel FCI. E proprio Alé ha disegnato e prodotto le maglie ufficiali di FAR Gravel: una due giorni dedicata al ciclismo lungo le strade sterrate del meraviglioso Parco del Delta del Po. 

Sabato 17 settembre, per il quinto anno consecutivo, tutti gli iscritti alla FAR Gravel potranno pedalare “senza fretta” sulle distanze di 50, 100, 150 chilometri. La partenza sarà libera, nel primo pomeriggio, con arrivo da prevedersi entro la mezzanotte. Il giorno successivo, domenica 18 settembre, si svolgerà invece il primo Campionato Italiano Gravel PRO Open e Master sotto egida Federazione Ciclistica Italiana

La maglia ufficiale Alé della FAR Gravel 2022
La maglia ufficiale Alé della FAR Gravel 2022

La festa delle biciclette

«FAR Gravel nasce dall’idea di un gruppo di amici nel voler riportare il ciclismo ad Argenta – ha dichiarato Raffaele Brunaldi, uno dei fondatori di FAR Gravelma oggi lo stesso ciclismo è cambiato tantissimo, con l’arrivo del gravel e con l’esplosione del cicloturismo. E allora, riflettendo sulle notevoli potenzialità del nostro Percorso Primario, ma anche grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale di Argenta verso l’esplorazione delle possibilità cicloturistiche e alla passione per le belle biciclette… ecco arrivare FAR Gravel, dove FAR sono appunto le iniziali delle citta di Ferrara, Argenta e Ravenna».

Alé si è detta contenta di essere accanto ad un evento così importante per il mondo del ciclismo
Alé si è detta contenta di essere accanto ad un evento così importante per il mondo del ciclismo

«E’ per noi un onore essere partner di una manifestazione così prestigiosa e di così ampio raggio – ha ribattuto Alessia Piccolo, CEO di APG l’azienda a cui Alé fa capo – una manifestazione che quest’anno è anche il primo Campionato Italiano Gravel FCI Open e Master. Un evento storico per il movimento, al quale noi di Alé forniremo la maglia ufficiale appartenente alla collezione PR-R, la massima espressione della tecnologia applicata all’abbigliamento ciclistico per una vestibilità, aerodinamicità e traspirabilità senza eguali. Alé supporta tantissime squadre professionistiche, amatoriali, dilettantistiche, sia femminili che maschili.

«Alé .- conclude Alessia Piccolo – sostiene il ciclismo a 360 gradi: ecco perché per noi è molto importante questo evento. Mi piace in modo particolare la filosofia della cicloturistica del sabato: un esempio perfetto di quanto possa essere bello questo sport, in grado di offrire una pedalata aperta a tutti, alle famiglie così come agli agonisti. Auspico una grande partecipazione. Noi ci saremo, anche attraverso uno stand allestito al FAR Village. Veniteci a trovare!».

Alé

Alé PR-R, leggere e traspiranti per Far Gravel e Roma Ride

13.09.2022
2 min
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Alé è un punto di riferimento per la qualità dei capi tecnici e lo anche per tutto quello che riguarda la categoria custom, ovvero l’abbigliamento personalizzato.

Ma non finisce qui, perché l’azienda è sempre in prima fila, presente sui tanti eventi del nostro territorio e non solo, a prescindere dalla disciplina. Essere al fianco dei praticanti fa parte del DNA del marchio veneto.

La collezione PR-R quella scelta per la Far Gravel
La collezione PR-R quella scelta per la Far Gravel

Alla Roma Ride e alla Far Gravel

Abbigliamento personalizzato, questo è il core aziendale e poi c’è tutto il resto, ovvero supportare i team professionistici, ma anche gli eventi come ad esempio le finali di Coppa del mondo MTB in Val di Sole.

Alé sarà l’official supplier della prossima Roma Ride, che si svolgerà il 9 ottobre, ma anche del primo campionato Italiano Gravel, che avrà luogo il 17/18 Settembre con la manifestazione Far Gravel. Questa è un’ulteriore conferma del pensiero di Alessia Piccolo di Alé Cycling, che vive l’azienda come una parte della sua vita, ben oltre il solo aspetto lavorativo.

Alé è officiali supplier di Roma Ride
Alé è officiali supplier di Roma Ride

La linea PR-R, non una a caso

In occasione della rassegna tricolore gravel, la shirt ufficiale e personalizzata arriva dalla collezione PR-R, una categoria sviluppata con i pro e utilizzata da diversi team professionistici. I tessuti leggeri e traspiranti regalano energia e completa funzionalità, assicurando il massimo comfort, corsa dopo corsa. La PR-R è e rimane una delle massime espressioni della tecnologia applicata ai tessuti e all’abbigliamento.

Perché PR-R, perché pur essendo una produzione top di gamma in tutto fa parte della categoria custom e permette all’utente finale di avere un prodotto riconosciuto tecnicamente e qualitativamente, ma anche versatile nell’utilizzo.

Alé Cycling

Campionato italiano gravel: tantissimo sterrato e velocità folli

13.09.2022
5 min
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«Visto che ci sarà un primo mondiale gravel, ci è sembrato giusto ci fosse anche un primo campionato italiano… gravel». Marco Selleri è chiaro sin da subito. Il direttore generale di ExtraGiro (insieme a Marco Pavarini) è pronto per questa nuova avventura (in apertura foto Ricci Maccarini). Un’altra sfida, ci verrebbe da dire.

Allestire un evento ufficiale, tanto più di una disciplina “nuova”, almeno dal punto di vista agonistico, non è facile. Ma i presupposti perché si vada verso un altro bel successo organizzativo ci sono tutti. Selleri e la sua squadra hanno messo a punto ogni aspetto dell’evento.

Marco Pavarini, Marco Selleri, Giro d'Italia U23
I dirigenti di ExtraGiro Marco Pavarini e Marco Selleri (a destra) terranno a battesimo il primo tricolore gravel FCI
Marco Pavarini, Marco Selleri, Giro d'Italia U23
I dirigenti di ExtraGiro Marco Pavarini e Marco Selleri (a destra) terranno a battesimo il primo tricolore gravel FCI

Dalla Far Gravel 

«L’idea di questo primo campionato italiano gravel – racconta Selleri – nasce quest’inverno. Abbiamo incontrato Raffaele Brunaldi, che è l’organizzatore della Far Gravel, un evento cicloturistico che ha già cinque anni di storia e che ha visto al via anche 700 partenti. Lui mi chiese se avevamo voglia di organizzare una gara. Da cosa, nasce cosa… ed eccoci qui».

«Prima di allestire questo tricolore, noi di Extragiro eravamo in lizza per organizzare il mondiale gravel, ma le Regioni (Marche, Emilia-Romagna e Toscana) presso le quali ci siamo rivolti non ci hanno dato il loro supporto e così abbiamo dirottato sull’italiano».

Argenta è pronta a mettersi il vestito buono, dunque. Ci sarà un villaggio nella piazza centrale e tanti parcheggi sparsi per le vie della cittadina ferrarese. Ci saranno espositori e sarà una festa del ciclismo. Una festa che tra l’altro sarà trasmessa anche da Rai Sport.

La planimetria del tricolore di Argenta. Lo start avverrà alle 11:30 e ogni 2′ scatterà una griglia. Apriranno gli open uomini
La planimetria del tricolore di Argenta. Lo start avverrà alle 11:30 e ogni 2′ scatterà una griglia. Apriranno gli open uomini

Fra terra e acqua

E allora vediamolo un po’ questo percorso. Si parte e si arriva ad Argenta, nello stesso identico punto in cui arrivò la prima tappa dell’ultimo Giro d’Italia U23. I percorsi a disposizione di professionisti e amatori sono due: uno da 120 chilometri e uno da 89.

Chiaramente in quelle zone, le più basse e pianeggianti d’Italia, delle salite non c’è neanche l’ombra. Ma i tracciati sono davvero suggestivi. Si va dalle distese dei campi dell’entroterra, alla costa adriatica, lambendo le zone umide del Delta del Po, ricche di una certa fauna. E non a caso lo slogan (bellissimo) della Far Gravel recita: “Un’avventura tra la terra e il mare”

«Non ci sono single track – riprende Selleri – ma ci sono tantissimi stradoni sterrati, su fondo anche ghiaioso, degli argini e circa il 18% di asfalto. Le donne open (elite e U23, ndr) saranno impegnate sul tracciato da 89 chilometri. Mentre gli uomini, sempre open, lo saranno su quello da 120». 

I percorsi gravel di solito sono un po’ più tecnici, con l’inserimento di qualche single track, ma di contro hanno anche un po’ più di asfalto. Qui si è fatto di necessità virtù. Alla fine ciò che comanda è il territorio.

«Per me – dice Selleri – il gravel è stato accorpato nel settore fuoristrada, ma lo vedo più vicino alla strada, per le bici, il modo di correre… Al via ci sono squadre importanti come la Bardiani Csf Faizanè, la Beltrami… e altri si stanno iscrivendo (chiusura delle registrazioni giovedì a mezzanotte, ndr). 

«Spiace che con il campionato del mondo marathon, qualche atleta che magari avrebbe potuto fare bene non ci sarà. Penso per esempio ad un Riccardo Chiarini (ex stradista, ndr) che avrebbe detto la sua».

Grande lavoro per i meccanici. Qui, Alessandro Brusa prima della Serenissima gravel 2021 (foto Instagram)
Grande lavoro per i meccanici. Qui, Alessandro Brusa prima della Serenissima gravel 2021 (foto Instagram)

Sei punti tecnici

Si diceva di un tracciato veloce. Il dislivello totale supera di poco i 400 metri, ma con tanto sterrato l’insidia è dietro l’angolo. Anche per questo i partecipanti, professionisti inclusi, dovranno essere in grado di cavarsela da soli.

«Il regolamento – spiega Selleri – dice che tra un punto tecnico e l’altro non possono esserci più di 25 chilometri. Noi ne abbiamo inseriti due di più: sei (ne sarebbero bastati quattro, ndr) e infatti la distanza tra un punto e l’altro è di 15-20 chilometri, non di più.

«Questi punti saranno anche dotati di rifornimenti per cibo e acqua. Chi farà assistenza ai team che, ricordo, non hanno ammiraglie al seguito, potrà raggiungerli comodamente grazie anche alle tracce Gpx che gli abbiamo fornito».

Non solo sterrato: un’insidia potrebbe essere il vento. Anche se il meteo per domenica promette bene (foto Simone Dovigo)
Non solo sterrato: un’insidia potrebbe essere il vento. Anche se il meteo per domenica promette bene (foto Simone Dovigo)

Velocità alte

Prima abbiamo parlato di insidie. Una di queste potrebbe essere il vento che in quelle distese quando spira è alquanto forte. Tuttavia per la prossima domenica (si corre il 18 settembre) il meteo sembra essere buono, mentre non dovrebbe essere così alla vigilia.

E poi occhio alle velocità. Nella cronotabella si spazia dai 30 all’ora (pensata forse più per gli amatori) ai 38. Ma visto il percorso “poco tecnico” è facile ipotizzare anche dei giochi di squadra. Non è così scontato che non si possa abbattere o avvicinare il muro dei 40 all’ora.