Identità, personalizzazione, cura e funzionalità: questo è To Fit

17.07.2025
4 min
Salva

To Fit è un’eccellenza artigianale italiana, un’azienda che è si è evoluta tantissimo negli anni, ma senza mai perdere di vista l’home made e la qualità sartoriale dei capi. To Fit è marchio molto apprezzato in ambito bici, triathlon e nell’atletica, particolarmente attivo nello sviluppo dell’abbigliamento dedicato alle quote rosa.

To Fit è partner tecnico del team femminile BePink-Imatra-Bongioanni, in cui milita anche Andrea Casagranda. Durante la corsa rosa, proprio all’atleta di Borgo Valsugana abbiamo chiesto alcune considerazioni sui capi tecnici: un punto di vista interessante proprio in chiave femminile.

Cuciture e zone elastiche messi nel punto giusto, To Fit è un’azienda artigiana
Cuciture e zone elastiche messi nel punto giusto, To Fit è un’azienda artigiana

L’aerodinamica non è solo un dettaglio

«Visto che siamo in estate e stiamo affrontando alcune giornate particolarmente calde – ha raccontato Andrea Casagranda – il fattore che vale la pena sottolineare è la freschezza di un abbigliamento che non trattiene calore, è aderente e perfettamente ergonomico. I tessuti giusti, posizionati correttamente dove serve.

«Durante le gare ormai – prosegue Casagranda – nel 90 per cento dei casi si utilizza il body. Il body è l’esempio lampante di quanto l‘aerodinamica sia presente nei capi tecnici, un aspetto dal quale ormai non si può prescindere. Aggiungo: il nostro body è anche estremamente comodo».

Fra tradizione e futuro

C’è ancora spazio per i capi tradizionali? «Sì, il classico abbinamento salopette/maglietta – racconta Casagranda – è sempre attuale, sfruttabile e se ben fatto viene indossato volentieri. Anche la vestibilità di una classica jersey è cambiata tantissimo in questi anni, con un’aderenza ed ergonomia maggiori, rispetto al passato e perfettamente funzionali, al pari di alcuni accessori, mi piace definirli così, indispensabili per il ciclista.

«Mi riferisco alla giacca anti-pioggia e allo smanicato tradizionale – conclude Casagranda – comprimibile e facile da mettere in tasca. Viene usato all’occorrenza anche in estate durante le discese alpine. Capi studiati per offrire la massima aderenza, abbinata a leggerezza e termoregolazione ottimale».

To Fit, fra ricerca e sviluppo

To Fit è azienda che, anche grazie al DNA artigianale, si distingue per l’attenzione che mette nella modelleria e nel fitting. Scelta delle linee, dei tessuti e la cura che viene risposta in ogni singola cucitura. Oggi i capi tecnici sono performance, ma anche immagine e proprio gli indumenti sono una forte chiave di lettura dell’immagine che trasmette l’atleta. Ecco perché l’elevata qualità delle materie prime deve essere assecondata da una ricerca attenta, minuziosa e fatta con gli strumenti più avanzati. Lo sviluppo avviene anche grazie al contributo dei team supportati, il sodalizio femminile BePink-Imatra-Bongioanni ne è un esempio.

«To Fit è un’azienda tecnica – ci racconta Flavio Zonta, co-proprietario del marchio – non disdegna completamente il concetto fashion, ma ha nella produzione di alta qualità e della ricerca delle materie prime migliori, l’effettivo core aziendale. Anche nell’ambito abbigliamento specifico per il ciclismo esistono dei progetti tecnici che hanno bisogno di anni per affermarsi e sono parte di un processo di evoluzione. To Fit – conclude Zonta – ha la fortuna di avere un know-how molto forte, in fatto di modellistica e in tutto quello che arriva da collaborazioni del passato, non in ultimo nella volontà di mantenere standard qualitativi che sono costantemente un passo avanti».

To Fit

La ricetta di Casagranda: «La differenza si fa col coraggio»

02.06.2024
4 min
Salva

Al quinto posto della classifica delle giovani alla RideLondon Classique, conquistata da Eleonora Gasparrini, si incontra il nome di Andrea Casagranda a 10 secondi e due anni di età dalla torinese. Classe 2004, la trentina è passata in due stagioni dal faticare nel trovare posto in una continental all’essere diventata uno dei pezzi più interessanti della BePink-Bongioanni. Strada da fare ce n’è chiaramente tanta, ma 19 anni sono la sicurezza di avere anche tanto margine.

La squadra nel frattempo si è rifondata. Sono andate via fra le altre Zanardi e Vitillo, che in altri tempi avrebbero garantito la presenza al Giro. Pertanto, in attesa che RCS Sport diffonda l’elenco delle squadre invitate, parte del gruppo è impegnato alla Vuelta Andalucia, alcune sono oggi in corsa alla Alpes Gresivaudan Classic e altre, fra cui la stessa Casagranda, sono al lavoro per una convocazione al Giro di Svizzera che inizierà il 15 giugno.

In azione a Le Samyn, per la prima volta quest’anno Casagranda ha provatole pietre del Nord
In azione a Le Samyn, per la prima volta quest’anno Casagranda ha provatole pietre del Nord

Al Giro con Giulio

Quando a metà maggio il suo ragazzo Giulio Pellizzari si era messo in testa di ritirarsi dal Giro, anche Andrea ha avuto da fare per convincerlo a tenere duro. Lei a quella voglia di mollare non ha mai creduto del tutto, ma era fra i nomi ringraziati dal giovane marchigiano dopo il secondo posto di Monte Pana. Nonostante Andrea dovesse partire per la Gran Bretagna, i due si sono visti all’arrivo del Brocon.

«E’ stato molto emozionante sentirgli dire quelle parole – racconta – perché la settimana prima l’avevo visto molto giù e mi dispiaceva tantissimo per lui. Però non ha mollato e sono felice per questo, perché è riuscito a cogliere quel bel secondo posto. Non credevo che si sarebbe ritirato, però capivo che non avesse un gran morale, visto che era malato. Ha avuto vicino molte persone, è un ragazzo che si fa voler bene, quindi tanti l’hanno aiutato e per fortuna non ha mollato».

Uno scatto con Giulio durante la nostra visita a casa Pellizzari dopo il Giro
Uno scatto con Giulio durante la nostra visita a casa Pellizzari dopo il Giro
E tu come stai? Ti aspettavi di trovare tanto spazio alla BePink?

No, non me l’aspettavo. Ho ancora tanto da imparare, sono una delle più giovani in squadra e sono contenta di poter crescere piano piano. Ho ancora tanta strada da fare, però qui sto bene. Rispetto ad altre squadre italiane, quando si parla di far crescere giovani atlete, è la migliore.

L’anno scorso hai chiuso la stagione con 40 corse. Quest’anno sei già a 39…

L’anno scorso ho corso parecchio, ma anche quest’anno siamo invitati a tante gare, quindi abbiamo la possibilità di fare doppia attività. Anzi, qualche volta addirittura mancano i corridori per partecipare a tutte le gare cui potremmo partecipare. E’ una fortuna poter fare tante esperienze diverse.

Quando ti sei sentita la migliore Andrea di stagione?

Credo nelle prime tappe della Vuelta. Stavo molto bene fisicamente. Dopo aver inseguito la condizione nella prima parte di stagione, in Spagna mi sono sentita bene, pur vedendo di dover ancora lavorare molto per crescere.

Nonostante i 4 anni di differenza, fra Zanardi e Casagranda c’è stato un passaggio di testimone
Nonostante i 4 anni di differenza, fra Zanardi e Casagranda c’è stato un passaggio di testimone
In cosa, secondo te? E da cosa te ne accorgi?

Ho bisogno di prendere un po’ più di coraggio, ho sempre paura di non essere ancora all’altezza. Devo fare leva sul fatto di essere giovane e correre qualche rischio in più. Non ho niente da perdere, invece mi accorgo che a volte l’unica cosa che riesce a fermarmi è la paura di non riuscirci. Devo togliermela di dosso. Poi fisicamente c’è da crescere, ma quello verrà con i chilometri di corsa e di allenamento.

Tuo padre Stefano ha fatto il professionista per nove anni, è uno che dà consigli oppure segue in silenzio?

No, mi dà consigli, ma senza entrare troppo nella mia sfera. Mi lascia i miei spazi. Quando dice qualcosa, sono felice di ascoltarlo perché lo ammiro e so che non parla mai a vanvera.

Il tuo allenatore è Walter Zini?

No, mi segue un ragazzo di Trento che si chiama Stefano Nardelli e che ha corso in bici. Mi sto trovando molto bene, perché lo conosco ed è facile raggiungerlo.

Il debutto 2024 è avvenuto in Spagna, fra Almeria e la Valenciana
Il debutto 2024 è avvenuto in Spagna, fra Almeria e la Valenciana
Nell’ipotesi di fare il Giro d’Italia, quale potrebbe essere un tuo obiettivo?

Non lo so, mi piacerebbe mettermi in mostra il più possibile. Provare ad andare in fuga e rischiare, superando i miei limiti. E poi farei del mio meglio per aiutare le compagne. Quest’anno ce ne sono alcune che se la cavano veramente bene nelle gare a tappe e in salita e sarei felice se riuscissimo a ottenere un risultato di squadra.

Ciclismo in El Salvador? Il racconto di due italiane in corsa

20.03.2024
8 min
Salva

Una settimana e mezzo di ambientamento, poi cinque gare, di cui una a tappe, per un totale di nove giorni di corse su dieci. Questa, in estrema sintesi, la trasferta in El Salvador che hanno affrontato alcune formazioni europee tra fine febbraio e metà marzo. Una destinazione non nuova per il ciclismo.

C’è stato un tempo infatti – a cavallo del Duemila – che si iniziavano a vedere… corse dell’altro mondo. La globalizzazione del pedale, attualmente sempre più completa, ha riportato il ciclismo femminile sulle coste pacifiche del Centro America a distanza di dieci anni. Di queste nuove gare in calendario ci aveva raccontato qualcosa Giorgia Vettorello, instillandoci una discreta dose di curiosità. D’altronde sulle strade di El Salvador (in apertura foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia), per citare l’esempio più lampante, aveva vinto una ventunenne e già affermata Marianne Vos, così come in altre annate avevano sempre fatto bella figura diverse italiane. Così noi, spulciando la starting list, ci siamo affidati a due ragazze del Trentino-Alto Adige per avere un reportage: Elena Pirrone e Andrea Casagranda.

In El Salvador il livello non era altissimo, ma molte atlete hanno potuto mettersi in gioco, anche con un clima torrido (foto BePink-Bongioanni)
In El Salvador il livello non era altissimo, ma molte atlete hanno potuto mettersi in gioco, anche con un clima torrido (foto BePink-Bongioanni)

A casa di Contreras

Il viaggio intercontinentale per Elena Pirrone e la sua Roland era quasi un dovere istituzionale. Il general manager Ruben Contreras è salvadoregno ed è una sorta di filantropo del ciclismo del suo Paese.

«Le stesse gare di dieci-quindici anni fa – spiega la venticinquenne altoatesina di Laives – le organizzava sempre Ruben, che poi ha dovuto interromperle per motivi di sicurezza. Lui stesso ci ha raccontato che El Salvador aveva già vissuto una guerra civile negli anni ’80 poi dal 2010 in avanti era finito in mano a gang criminali che condizionava tantissimo anche l’aspetto politico. Ora da un po’ di anni è tornato nuovamente ad essere sicuro per gli stessi abitanti ed anche per i turisti. Noi atlete in effetti non abbiamo solo corso laggiù, ma abbiamo visitato la zona in cui eravamo.

«Abbiamo soggiornato a San Salvador per cinque giorni – continua Pirrone – poi ne abbiamo trascorsi altrettanti sulle alture dove c’era una delle tante piantagioni di caffè. Entrambe le volte eravamo in case di proprietà di Ruben, mentre dal 3 marzo in poi, giorno in cui iniziavano le gare, siamo state assieme a tutte le altre squadre in un campus universitario della Capitale, in un edificio completamente nuovo».

Organizzazione e tradizione

Una gara ciclistica a quelle latitudini in questa fase dell’anno solitamente deve convivere con un’organizzazione non dettagliata come quella europea. Questa era un’incognita per le atlete.

«Noi della BePink-Bongioanni – racconta Casagranda – sapevamo di venire in un Paese che aveva già ospitato il ciclismo. La nostra diesse Sigrid Corneo, che ci ha guidate in ammiraglia, c’era stata a correre, vincendo anche un paio di gare. Lo stesso roadbook riportava gli albi d’oro e abbiamo letto il nome di Marianne Vos e altre atlete importanti. Correre in El Salvador tuttavia è molto diverso che farlo in Europa, anche per il cibo. Essendo tutte assieme in questa università, ci siamo dovute adattare a sapori nuovi. Ogni giorno veniva un catering con i pasti. I piatti erano spesso a base di riso e pollo che siamo già abituate a mangiare, ma con spezie e condimenti forti.

Andrea Casagranda (seconda da sx) in El Salvador ha sofferto il caldo, ma ha saputo adattarsi (foto BePink-Bongioanni)
Andrea Casagranda in El Salvador ha sofferto il caldo, ma ha saputo adattarsi (foto BePink-Bongioanni)

Alla fine la realtà ha superato le aspettative. «Devo dire la verità – confida la diciannovenne di Borgo Valsugana – siamo rimaste sorprese in positivo. Certo, si sono notate alcune differenze. Le strade alternavano tratti perfetti ad altri non in ordine con buche o senza tombini. Spesso e volentieri ci siamo imbattute in cani randagi che si buttavano in mezzo alla corsa. Oppure alcuni diesse centroamericani non sapevano come si facevano certe operazioni o manovre in corsa. Tutto sommato però non ci possiamo lamentare perché alla fine siamo riuscite a fare tutto senza grandi problemi».

Nonostante il ciclismo non sia uno sport troppo seguito, il calore del pubblico non è mancato. «Ogni giorno che passava – va avanti Pirrone – l’organizzazione migliorava. Il tifo si faceva sentire a bordo strada e nel complesso c’era molta curiosità da parte della gente. Il prologo del Tour El Salvador lo abbiamo fatto attorno ad una grande piazza dove c’era una biblioteca di sette piani. Abbiamo sempre incontrato persone disponibili, che vivono senza stress. E poi siamo rimaste colpite in positivo perché nessuno trasgrediva o si lamentava nel traffico per il passaggio della gara. A livello organizzativo hanno margini di miglioramento e in futuro non è da escludere che potrebbero partecipare altre formazioni europee, alzando chiaramente il livello dell’evento».

Clima e gare

L’altra grande incognita per le squadre al via delle gare era il clima particolarmente torrido, mentre il fuso orario è stato ben assorbito da tutti.

«Abbiamo fatto scalo a New York – riprende Casagranda – e durante il volo per San Salvador, in cui siamo atterrate alla sera, ci siamo imposte di non dormire per non scompensare poi il sonno della notte. Ho patito invece, e tanto, il caldo. Io non mi sono adeguata tanto al clima, ma è un discorso soggettivo. Quattro giorni prima di partire ero in Belgio a correre con 4 gradi, mentre laggiù ne ho trovati 40. Inizialmente in allenamento mi piaceva finalmente pedalare al caldo, poi in gara, sotto sforzo, l’ho sofferto molto.

«Le gare partivano al mattino abbastanza presto – aggiunge Pirrone – proprio per evitare temperature troppo alte, anche se era un caldo piuttosto secco. Mi ha stupito perché quando siamo state in montagna, attorno ai mille metri, c’erano ugualmente più di 30 gradi. In allenamento abbiamo fatto la salita del vulcano sopra San Salvador (nel Paese ce ne sono più di 170, ndr), una strada di una dozzina di chilometri quasi sempre in doppia cifra di pendenza. Ruben ci raccontava che in gara Vos saliva a zig-zag. Fortunatamente noi abbiamo invece corso su salite lunghe uguali, ma ombreggiate e con curve ampie oppure su stradoni larghi e vallonati».

La maggior parte dei percorsi erano su strade larghe e vallonate, abbastanza curate (foto BePink-Bongioanni)
La maggior parte dei percorsi erano su strade larghe e vallonate, abbastanza curate (foto BePink-Bongioanni)

Un’esperienza per Elena e Andrea

Uno degli obiettivi nemmeno tanto velato di Roland e BePink era quello di fare incetta di punti UCI in questo lotto di gare classe .1, così come fare un’esperienza di vita per tutte le loro atlete.

Purtroppo Pirrone è stata a mezzo servizio come spiega lei tra rammarico ed ironia: «Probabilmente sono delicata come un principessa e non so se sia stato il latte di cocco che ho bevuto nei primi giorni a mettermi fuori gioco (sorride, ndr). Battute a parte, come altre ragazze ho preso a fine febbraio un virus gastrointestinale che non sono riuscita a smaltire. Alla prima gara ho fatto seconda dietro la mia compagna Christoforou, però ho iniziato a sentirmi svuotata e disidratata col passare del tempo, tanto che le altre gare non le ho finite oppure arrivavo molto dietro. Visto che non passava, con lo staff della squadra abbiamo organizzato il mio rientro anticipato perché non aveva più senso restare giù. Peccato, ma mi riprenderò in fretta.

Al Tour a El Salvador, la BePink ha conquistato la maglia bianca dei giovani con Angela Oro
Al Tour a El Salvador, la BePink ha conquistato la maglia bianca dei giovani con Angela Oro

«Durante questa trasferta – conclude Casagranda – abbiamo imparato ad adattarci ad un posto nuovo, soprattutto convivendo con un forte sbalzo termico e con uno stile di vita che ci ha provocato qualche noia intestinale. Sul lato agonistico il livello non era altissimo, quindi abbiamo potuto metterci in gioco. Sicuramente potevamo raccogliere di più, però siamo contente perché nella gara a tappe Angela Oro ha conquistato la maglia bianca di miglior giovane».

BePink rivoluzionata. Tanti cambiamenti e stessa filosofia

10.02.2024
7 min
Salva

Nuova maglia, nuove bici, nuovo organico. Ha cambiato molto, quasi tutto, la BePink-Bongioanni, ma la filosofia è rimasta la medesima di sempre. Nelle prime gare di inizio stagione le ragazze dirette da Walter Zini si sono subito buttate nella mischia macinando tanti chilometri di fuga.

Della rivoluzione messa in atto dal team manager milanese avevamo accennato parlando prima delle stagiste poi degli addii annunciati di Zanardi e Vitillo. La situazione bolliva in pentola dalla scorsa estate e Zini era ormai ragionevolmente preparato a dover perdere i pezzi migliori e tante altre atlete. La rinnovata BePink riparte da sole quattro conferme e dalla voglia di portare avanti il solito spirito. Dopo la Pro Costa de Almeria e la Vuelta CV Feminas ne abbiamo approfittato per scoprire che ruolo vuole ritagliarsi la continental italiana.

Andrea Casagranda è una delle quattro confermate della BePink. Zini si aspetta da lei un ulteriore salto in avanti
Casagranda è una delle quattro confermate. Zini si aspetta un ulteriore salto in avanti
Walter come sono andate queste prime due gare?

Sono soddisfatto del buon approccio che hanno avuto le ragazze, considerando che abbiamo tante giovani. Avevamo lavorato sodo sia nel ritiro in Toscana, sia in quello in Spagna, quindi non mi aspettavo grandi cose in termini di risultati. Tuttavia ho visto un gruppo motivato ed entusiasta e questo è un bel segnale. Siamo ancora nella zona di Calpe, dove abbiamo preso degli appartamenti per prepararci alla Volta Valenciana (dal 15 al 18 febbraio, ndr).

E’ una BePink che ha cambiato totalmente pelle. Che squadra hai allestito?

Abbiamo cambiato dieci ragazze su quattordici. Sono arrivate Cagnazzo, Grassi e Testa, tre juniores tra le migliori del 2023. Poi ci sono le giovani Oro, Pozzobon e Valtulini che hanno già accumulato una discreta esperienza nelle passate stagioni. C’è la brasiliana Magalhaes, una ragazza che ha tanta voglia di imparare, che abita a Girona e che è già certa di partecipare alle Olimpiadi di Parigi. Non avremo Tommasi, che aveva deciso di non continuare a correre e fare il medico per cui aveva studiato. Poi purtroppo è stata investita in allenamento a fine anno. Le faccio un grande in bocca al lupo per il recupero. Infine abbiamo inserito anche atlete che arrivano da contesti diversi.

Parlacene pure.

Il ciclismo attuale offre possibilità per tutti. Sono le cosiddette scommesse, che stimolano a lavorarci sopra. Arnaudo è tornata con noi dopo l’esperienza del 2020 e dopo aver corso nel mondo delle granfondo. Anche Trinca torna alla strada. Aveva smesso da esordiente poi aveva ripreso correndo a piedi, facendo sci di fondo, Mtb e granfondo. La svizzera Schneider viene dal triathlon, dopo che aveva giocato a volley. Insomma, tutte ragazze che hanno un ampio margine di miglioramento. E nel frattempo sono in trattativa con altre due ragazze da mettere in squadra.

Saranno tutte guidate dalle quattro confermate. Ti aspetti qualcosa in particolare da loro?

Onestamente mi aspetto che facciano tutte un salto in più rispetto a quello che hanno fatto finora. Tutte durante i test hanno mostrato valori più alti. Una di queste è Casagranda, che deve ancora crescere, ma può andare forte in certe corse. Savi è al quarto anno con noi e quest’anno l’ho vista finalmente cambiata nell’atteggiamento. La vedo cresciuta e spero possa confermare questa mia impressione. Karasiewicz è la più grande (classe ’92, ndr) che è stata campionessa polacca diverse volte. Pure Jencusova è alla quarta stagione ed anche lei sarà a Parigi per rappresentare la Slovacchia. Per noi è un grande orgoglio avere delle atlete alla gara olimpica.

In vista del 2024, la BePink-Bongioanni ha lavorato a fondo nei ritiri in Toscana e in Spagna (foto Penni Martelli)
In vista del 2024, la BePink-Bongioanni ha lavorato a fondo nei ritiri in Toscana e in Spagna (foto Penni Martelli)
La BePink andrà alle gare con altri obiettivi rispetto al passato?

Di base vi direi di sì, perché non abbiamo delle vere e proprie punte come prima. Tutte devono fornire quelle garanzie che finora non sono riuscite a dare. In realtà invece vi dico di no, perché l’anno scorso siamo andati ad alcune corse senza il nostro classico spirito. Ecco, quest’anno la nostra filosofia non è mutata. In questo inizio di stagione ci siamo fatte vedere andando in fuga da lontano o restando piuttosto davanti in tante fasi della corsa.

A fine 2023 si è chiuso un ciclo, prima o poi doveva succedere. Lo avevi metabolizzato?

Sì, perché eravamo tutti pronti. Nella prima parte di stagione siamo state ampiamente sottotono. Mi aspettavo di più e solo nella seconda metà ci siamo parzialmente risollevati. Nello sport capita che non ci si trovi più d’accordo. Ormai molte di loro non erano più adatte al nostro team. Così a fine giugno ho lasciato libere tutte le ragazze di valutare altre eventuali proposte. Era giusto che avessero le proprie possibilità da altre parti. Ovvio che se avessimo avuto la possibilità di entrare nel WorldTour, avremmo fatto altre considerazioni, ma alla fine penso che sia stato un bene da entrambe le parti separare le strade.

Voi eravate una buona “bottega” in cui fare la spesa. E’ un motivo di soddisfazione anche questo?

Certamente, infatti tutte le ragazze che sono andate via non hanno avuto difficoltà a trovare una nuova sistemazione. Zanardi e Vettorello sono nel WorldTour (rispettivamente in Human Powered Health e Roland, ndr), Vitillo nel devo team dalla Liv Alula Jayco e Basilico in Spagna alla Eneicat, giusto per fare gli esempi più lampanti. Le loro squadre sanno da dove arrivano e come sono state formate. Secondo me tutti hanno scelto giusto. Ho sempre fatto il bene delle ragazze e spero che loro stesse facciano quello step psicofisico più che da noi si era inceppato.

La rivoluzione non si è fermata solo alla rosa della squadra.

Giusto, è come se avessimo iniziato un nuovo progetto della BePink. Visto che abbiamo cambiato tanto, abbiamo deciso di fare totalmente una nuova maglia, pur tenendo fede ai tradizionali colori nero e ciclamino. Il nuovo sponsor Bongioanni, dopo le esperienze nei dilettanti con la Brunero, rientra nel ciclismo per merito del suo appassionato titolare Flavio Borgna. Abbiamo bici nuove fornite da Officine Mattio, gestite da Giovanni Monge Roffarello. Ringrazio entrambi i marchi, con cui abbiamo fatto un contratto di un anno con opzione per quelli successivi. Vogliamo conoscerci bene, ma sia noi che loro abbiamo in mente di crescere tutti assieme, cercando di fare qualcosa di bello.

Tra le tante novità della BePink-Bongioanni, ci sono anche le bici. Qui Zini con Giovanni Monge Roffarello, a.d. delle Officine Mattio (foto Penni Martelli)
Tra le tante novità, ci sono anche le bici. Qui Zini con Giovanni Monge Roffarello, a.d. delle Officine Mattio (foto Penni Martelli)
In definitiva cosa si aspetta Walter Zini dalla nuova BePink-Bongioanni?

Una crescita generale e la volontà di farsi notare come sempre. Magari raccogliendo qualche gradita sorpresa. Pur non avendo più in squadra i grandi nomi di prima, abbiamo già ricevuto tantissimi inviti alle gare, alcune di esse WorldTour, quasi più dell’anno scorso. Faremo una bella campagna al Nord correndo la Omloop Het Nieuwsblad, la Hagenland, Le Samyn e Freccia Vallone. Quando l’ho comunicato alle ragazze, gli si sono illuminati gli occhi dalla contetezza. Questo fa davvero piacere ed è particolarmente stimolante.

Casagranda, parte da lei la rivoluzione della BePink

24.11.2023
5 min
Salva

Il suo primo anno da matricola nel ciclismo delle grandi è andato al di sopra delle aspettative. Gli incastri tra maturità scolastica e bici non hanno condizionato le prestazioni di Andrea Casagranda, che ha finito in crescendo e con un bel numero di gare (in apertura foto Ossola).

E nel 2024, con la rivoluzione messa in atto dalla BePink-Gold – che ha confermato solo quattro atlete – la diciannovenne di Borgo Valsugana potrebbe ritrovarsi nell’insolito ruolo di “faro” della squadra, o comunque di guida per le giovani nuove arrivate. Vediamo cosa ci ha raccontato della stagione conclusa il mese scorso e dei propositi per la prossima.

Casagranda nel 2023 ha fatto circa cinquanta giorni di gara, compresa Vuelta, RideLondon, Giro Donne e Ardeche (foto Ossola)
Casagranda nel 2023 ha fatto circa cinquanta giorni di gara, compresa Vuelta, RideLondon, Giro Donne e Ardeche (foto Ossola)
Partendo dalla strettissima attualità, sei ancora in off-season?

No, ormai ho ripreso ad allenarmi da circa due settimane. Ho fatto venti giorni senza bici, mettendoci in mezzo le vacanze tra Repubblica Dominicana e casa. Nonostante avessi corso molto, non ho sentito il bisogno di staccare subito dopo la Tre Valli Varesine, la mia ultima gara. Non mi è dispiaciuto pedalare senza pressioni o tabelle. Di sicuro è stata una off-season diversa da quella degli altri anni perché ora non ho più la scuola.

In effetti hai raccolto circa una cinquantina di giorni di gare. Te lo aspettavi?

Onestamente no. Solitamente chi ha la maturità corre di più nella seconda parte di stagione, ma venendo comunque gestita. Invece a me è andata diversamente. Ho fatto poche gare open e più internazionali. Penso di essere stata una delle poche atlete del primo anno ad aver corso di più, con quattro gare a tappe. E di che livello! Ho fatto Vuelta, RideLondon, Giro Donne e Ardeche. E’ stata una bella soddisfazione per me.

Andrea Casagranda, classe 2004 e figlia d’arte, sarà una delle punte della BePink-Gold per la prossima stagione (foto Ossola)
Andrea Casagranda, classe 2004 e figlia d’arte, sarà una delle punte della BePink-Gold per la prossima stagione (foto Ossola)
Proprio in Francia hai ottenuto un quarto posto. Nel complesso come giudichi la tua annata?

Direi che è andata molto bene, facendo tanta esperienza. Ho cercato sempre di farmi trovare pronta, considerando che abbiamo avuto tante compagne indisponibili. All’Ardeche negli ultimi due anni la BePink è andata forte, vincendo sempre una tappa con Zanardi. Io ero arrivata in forma a quell’appuntamento. Sono contenta anche del secondo posto al campionato italiano cronosquadre. Però bisogna dire che non sono mancate le difficoltà.

Quali sono state principalmente?

Da junior a elite è un impatto forte, totalmente un altro mondo. Ci sono le radioline, che da junior non usi. Oppure ci sono le borracce da andare a prendere all’ammiraglia, facendo attenzione nell’operazione. Anche questa era un’altra situazione che non avevo mai vissuto prima. O ancora ci sono stati i ventagli che ho sofferto tantissimo e ancora soffro. Poi ad inizio stagione ho faticato perché sono partita con corse importanti dove c’era già un ritmo alto. Col passare del tempo ci ho preso di più le misure.

Hai avuto un calendario intenso. Come lo hai gestito con la maturità?

Ho cercato di fare il mio meglio a scuola perché sapevo che avrei dovuto fare assenze. Ad esempio la Vuelta non la dovevo fare e sono stata chiamata all’ultimo, però in pratica non ho perso giorni di scuola perché la mia classe era in gita. Invece per essere al via del Giro Donne ho chiesto di anticipare gli orali. Sono uscita con 85/100 che reputo un buon risultato. A parte qualche professore che si è lamentato e mi ha rimproverato per le assenze, tutti gli altri sono stati molto comprensivi con me.

Molte delle tue compagne di quest’anno non ci saranno più. Com’è stato il rapporto con loro?

Mi sono trovata bene con tutte. Le ragazze più esperte, con Silvia Zanardi in testa, mi hanno aiutato ed insegnato tanto, soprattutto a livello tattico. Anche Walter e Sigrid sono stati molto bravi nello spiegarmi tante aspetti di corsa (rispettivamente il team manager Zini e la diesse Corneo, ndr).

Proprio Zini ci aveva detto che nel 2024 punterà forte su Andrea Casagranda. Che effetto ti fa?

Un po’ strano a dire il vero (sorride, ndr). Mi fanno piacere le parole di Walter, ma lui mi dice sempre che sono ancora giovane. Ed è vero. Ho ancora tantissimo da imparare e forse non si finisce mai di imparare. E devo ancora capire bene le mie caratteristiche, anche se mi considero passista-scalatrice. Insomma, l’anno prossimo correrò senza particolari pressioni addosso, proprio come ho fatto quest’anno.

Ci sono degli obiettivi nel tuo mirino?

Certamente, quelli devono sempre esserci, anche solo per la mia crescita. Sicuramente incrementerò il lavoro negli allenamenti. Ho notato che miglioro se corro tanto, grazie anche ad un mio buon recupero. Nello specifico, me lo suggeriva Walter, potrei puntare alla maglia bianca all’Ardeche, però vorrei mettermi in mostra anche altrove. L’intento sarebbe quello di guadagnarmi una chiamata dal cittì Sangalli per fare qualche ritiro, e magari qualche gara, con la nazionale U23. Quest’anno sono stata riserva a casa per gli europei. Direi che per me queste sono già importanti motivazioni per il 2024.

Il mondo di Pellizzari e un’estate caldissima alle porte

06.07.2023
7 min
Salva

Martedì nel primo pomeriggio, Giulio Pellizzari ha lasciato casa di sua nonna Clara a Casalgomberto in provincia di Vicenza per raggiungere la squadra a Bologna. Di lì è volato in Romania, in cui fra circa un’ora partirà il Sibiu Cycling Tour. Partire con il buon gusto della vittoria cambia le percezioni e la volata a due su Cretti che gli è valsa l’Astico-Brenta (foto Green Project-Bardiani in apertura) ha reso il viaggio più leggero.

La valigia pronta

Come per tanti corridori che vengono dal Centro Sud, la sua vita si divide fra vari appoggi, ma la base è a Camerino, in provincia di Macerata, con il centro storico ancora chiuso dopo il terremoto di sette anni fa e la ricostruzione che va a rilento.

«Stanno ricostruendo in altre zone – ammette Giulio con una punta di amarezza – al punto che casa mia una volta era a un chilometro dal centro, adesso invece è in periferia senza averla spostata, solo perché la città sta nascendo altrove. Me lo ricordo il terremoto, il 24 agosto 2016. Ho ancora la pelle d’oca, perché sicuramente non è stato un bel momento. Eravamo tutti insieme a casa, perché c’erano già state altre scosse. Avevo paura ad andare in camera da solo e quindi stavamo tutti in cucina. Anche se la scossa che ha dato il colpo di grazia alla città fu quella del 30 ottobre. Mi piace partecipare a tutte le manifestazioni che si fanno nelle Marche. Voglio essere presente, perché sono tanto legato alla mia terra…».

Le famiglie di Giulio

Casa sua è una villetta subito fuori dal centro e ha retto l’urto, il resto intorno si è sbriciolato. Giulio aveva 13 anni e già sognava di fare il corridore. Il padre Achille è poliziotto e dal Veneto si è spostato nelle Marche per raggiungere sua moglie Francesca. Un tempo correva anche lui e per questo la famiglia ha messo i ragazzi nelle condizioni di avere il meglio. Giulio infatti ha un fratello che si chiama Gabriele: correva anche lui, poi di colpo ha poggiato la bici al muro e non ha voluto più saperne.

Oggi attorno a Giulio Pellizzari, passato professionista lo scorso anno direttamente dagli juniores, c’è una gabbia dorata di affetto e supporto tecnico. Ci sono la sua famiglia, il primo mentore Massimiliano Gentili e il preparatore Leonardo Piepoli.

E poi da poco al suo fianco è saltata fuori una seconda famiglia che vive di pane e ciclismo: quella di Stefano Casagranda e Caterina Giurato, di Borgo Valsugana. Lui ex professionista e organizzatore della Coppa d’Oro, lei direttore sportivo e portatrice sana di entusiasmo. Il legame è la figlia Andrea, che corre alla BePink e da fine novembre è la sua ragazza. Quando gli chiediamo se si senta accerchiato, si mette a ridere con la leggerezza del bravo ragazzo.

Il 2° posto al Recioto ha dato a Pellizzari la consapevolezza di essere al livello dei devo team (photors.it)
Il 2° posto al Recioto gli ha dato la consapevolezza di essere al livello dei devo team (photors.it)
Hai vinto l’Astico-Brenta con uno sprint a due, ma soprattutto… hai vinto!

Sugli sprint un po’ ci ho lavorato, però diciamo che me la sentivo buona perché stavo bene. Stavolta mi ero messo in testa di vincere, volevo vincere. Non volevo assolutamente tornare a casa da perdente, un altro secondo posto non mi sarebbe andato bene.

Ti sei ammalato e hai lasciato il Giro d’Italia, cui puntavi fortissimo. Ti è rimasto addosso il segno di quella delusione?

Sicuramente è stata una bella batosta, ci tenevo tanto. L’avevo preparato bene e prima del via andavo forte. Purtroppo è andata così, è stata dura ritornare in forma, sia fisicamente ma soprattutto mentalmente. Oltre alla febbre ho avuto dissenteria e quella ti svuota. La prima settimana, questa è la seconda, uscivo in bici, ma ero finito fisicamente e mentalmente. Avete presente come è fatta Camerino? Per arrivare a casa mia c’è salita e dovevano venirmi a prendere altrimenti non tornavo, su una strada che normalmente faccio a 30 all’ora…

Il Giro era l’obiettivo, adesso?

Era la gara più importante per quel periodo, adesso ce ne saranno altre. Ora c’è il Sibiu Tour, con delle belle salite. Poi andrò a Sestriere con la nazionale, dal 17 luglio al 6 agosto, e Amadori ha detto che conta su di me per il Tour de l’Avenir.

Quale sarà l’obiettivo di questo viaggio a Sestriere?

Visto che l’obiettivo è l’Avenir, andiamo con Marino e tutti gli altri che dovrebbero partecipare. Ci porta su per tre settimane al fresco, ci alleniamo bene, facciamo la vita giusta. Come nazionale, vogliamo sicuramente fare bene. Vedremo con Marino quali saranno i compiti, io però voglio farmi trovare al massimo a prescindere se dovrò aiutare un altro o fare classifica.

Come sta andando questo secondo anno da professionista?

All’inizio c’erano un po’ di dubbi che adesso se ne sono andati. A gennaio mi sembrava di essere ripartito bene, ma finché non cominci a correre, non lo sai. Al ritiro di dicembre e gennaio stavo bene, quindi ero molto fiducioso. E fino ad ora, a parte il Giro che è andato male, nelle gare sono sempre stato lì. Sto andando forte e per ora sono molto contento.

Sentivi che la vittoria era in arrivo?

Quando ho iniziato a fare le gare con le Devo Team della Jumbo e della Wanty, ho capito che ero in grado di stare al loro livello, quindi sapevo che prima o poi sarebbe arrivata.

Orlen Nations Grand Prix, Piganzoli e Pellizzari festeggiano Busatto che ha vinto la 3ª tappa (foto PT photos)
Orlen Nations Grand Prix, Piganzoli e Pellizzari festeggiano Busatto che ha vinto la 3ª tappa (foto PT photos)
Che cosa è cambiato fra lo scorso anno e questo?

La scuola. Essere diventato geometra e non dover più andare a scuola tutti i giorni mi ha permesso di allenarmi di mattina. Questo è stato fondamentale. Sul fronte della preparazione, è il secondo anno che lavoro con Leonardo Piepoli e fondamentalmente il lavoro è rimasto lo stesso. Sono solo maturato fisicamente, per cui reggo meglio il lavoro e recupero prima.

Piepoli è allenatore, ma anche un sottile psicologo…

Con lui parlo praticamente tutti i giorni. Ci sentiamo, ci confrontiamo spesso e mi aiuta con la sua esperienza. Segue dei grandi corridori, quindi conosce bene il mondo del ciclismo. Ci confrontiamo anche sulle gare. Come fare? Come non fare? Non parliamo solo di preparazione.

Invece come va con i… suoceri trentini?

Stefano mi racconta aneddoti e mi prende un po’ in giro (sorride, ndr), perché è il suo modo di essere. Lui ha vinto una tappa al Giro del Trentino, io ho fatto terzo… Non la smetteva più! Ma anche io sono uno che ride e scherza, quindi non mi faccio problemi.

Giulio Pellizzari e Andrea Casagranda, che è del 2004 e corre alla BePink, sulle strade della Valsugana
Giulio e Andrea Casagranda, che è del 2004 e corre alla BePink, sulle strade della Valsugana
Caterina dice che sua figlia sta iniziando a parlare in marchigiano…

Strano, perché sono più io da lei che lei da me, quindi dovrebbe essere il contrario. Andrea mi aiuta, mi sta vicino. Sapeva quanto tenessi al Giro ed è stata importante perché mi ha tenuto su di testa. Appena mi sono ripreso, sono andato subito da lei. A volte ci alleniamo insieme e adesso che lei sta facendo il Giro d’Italia, ci sentiamo tutti i giorni. Ci tengo a sapere come va, le sensazioni. E quando faccio io le gare importanti, lei mi chiede sempre. Ora però mi metto da parte, al centro c’è lei.

Bello allenarsi in Trentino, ma che effetto fa pedalare sui Monti Sibillini, dalle tue parti?

Sicuramente fa male passare in mezzo ai paesi rasi al suolo. Per certi versi, non essendoci traffico dato che non ci vive più nessuno, è più sicuro. Ma quando vado verso Visso, Ussita e Frontignano non è bello vedere in che condizioni sono ancora i nostri posti. I paesaggi però sono spettacolari, infatti vado spesso da quelle parti.

Andrea Casagranda, è lei adesso l’atleta di famiglia

18.12.2022
5 min
Salva

«Quando sono nata io, mio padre ha smesso di correre». Il passaggio di consegne è avvenuto quel 22 settembre 2004 quando Andrea Casagranda è arrivata nella vita di Stefano, a quel tempo alla Saeco, e di sua madre Caterina. Ora l’atleta di famiglia è proprio lei, che nel 2023 diventerà elite con la BePink.

Che il ciclismo fosse nel sangue e nel destino della giovane Casagranda (foto PH Rosa in apertura) era praticamente già scritto. Oltre a papà (9 stagioni da pro’ con 5 vittorie, tra cui una tappa alla Parigi-Nizza), attuale presidente del Veloce Club Borgo ed organizzatore della storica Coppa d’Oro, anche mamma Caterina Giurato è da sempre nell’ambiente in qualità di diesse. Abbiamo deciso quindi di conoscere meglio la diciottenne della Valsugana facendoci raccontare com’è la sua vita da sempre in mezzo alle biciclette.

Andrea Casagranda nel 2022 ha disputato la Gand-Wevelgem con la nazionale (foto Rocco Maes)
Andrea Casagranda nel 2022 ha disputato la Gand-Wevelgem con la nazionale (foto Rocco Maes)
Andrea iniziamo dagli ultimi due anni da junior nel Breganze. Come sono stati?

Alla fine li giudico buoni, anche se mi aspettavo di più visto come ero partita. Nel primo anno ho raccolto inaspettatamente risultati importanti, considerando che da allieva e esordiente mi piazzavo poco. Un bel decimo posto a Cittiglio, una vittoria e in generale belle prestazioni. Quest’anno invece ho preso il Covid a gennaio. Ho dovuto rincorrere la forma giusta e questo mi ha demoralizzata. Forse ero un po’ saltata di testa. Forse pensavo di ottenere molto di più perché più grande di un anno. Tuttavia sono stata piuttosto presente nelle top ten, riuscendo a correre anche la Gand-Wevelgem con la nazionale. Ciò non toglie però che avrei voluto disputare una stagione migliore.

Hai tratto qualche insegnamento da questo?

Sì, certo. Che non tutto viene subito, per scontato. Ho imparato che non bisogna demordere, che nel ciclismo si cresce sempre step by step. Che sì, ci vogliono le gambe ma la testa conta molto di più di quello che si può immaginare. E’ un aspetto sul quale sto lavorando tenendo conto che adesso correrò nella categoria più alta.

Sei spaventata quindi dal primo anno elite?

Direi di no. Innanzitutto ringrazio la BePink che si è interessata a me prendendomi. Sono molto contenta di essere con loro. So che sono nella formazione giusta per fare esperienza ed imparare a correre. Non avrò troppa pressione. Avrò compagne giovani ma già molto preparate e navigate. Spero di poterle aiutare. Fino alla maturità so che dovrò concentrarmi sullo studio. Per mia fortuna ho buoni voti (frequenta il Liceo Scientifico di Scienze Applicate a Borgo Valsugana, ndr) però da luglio 2023 potrò pensare solo al ciclismo.

Che tipo di corridore sei? Ti ispiri a qualche atleta?

Mi definirei passista-scalatrice. Nelle categorie giovanili siamo tutte passiste, poi crescendo e facendo gare più dure escono le vere attitudini. In salita ho notato che mi trovavo bene. Non altrettanto in volata. Sono tutt’altro che veloce (ride, ndr). Mi sto allenando però per diventarla un po’ di più perché serve sempre esserla. Ammiro molto Longo Borghini. Magari poter fare la metà delle imprese che ha fatto lei…

Stefano Casagranda è il presidente del Veloce Club Borgo, organizzatore della Coppa d’Oro
Stefano Casagranda è il presidente del Veloce Club Borgo, organizzatore della Coppa d’Oro
Andrea Casagranda com’è finita a correre in bici? Forzatura o per passione?

Dico sempre che ho iniziato ciclismo da G1 in modo automatico. I miei genitori non mi hanno mai spinto, anzi mio padre sapendo la fatica che si fa mi ha sempre messo in guardia mentre ero giovanissima. Ovvio però che quando mamma e papà lavorano nel ciclismo e ne senti parlare tutti i giorni, è naturale che finisci a correre. Mio fratello Niccolò ha un anno in più di me e aveva iniziato prima. Andavo alle sue gare, mi piaceva, mi divertivo e ho voluto cominciare. Il ciclismo a Borgo Valsugana è veramente di casa. Qui abbiamo Trentin, mentre a Pergine c’è Oss. E poi ricordo bene la settimana tricolore del 2012…

Come l’avevi vissuta?

Come una festa. Da noi, dicevo, tantissimi giovani corrono in bici e tutti ci sentivamo coinvolti. Mio padre era nell’organizzazione e andavo con lui a preparare i percorsi. Mi piaceva vedere le nostre strade addobbate e pieni di professionisti in allenamento. Avevo otto anni, ci capivo molto poco (sorride, ndr) ma mi piaceva. Credo che alla lunga e inconsciamente quei campionati italiani siano stati un incentivo per correre in bici.

Quanto parli di ciclismo con i tuoi genitori?

Abbastanza ma senza fissazioni. Sono contenti di me e che vada alla BePink. Mi chiedono come sto e che allenamenti devo fare. Se possono mi aiutano altrimenti mi appoggio ai tecnici del Veloce Club Borgo. Mia madre è stata la mia allenatrice proprio lì e fino a quest’anno ha guidato esordienti e allieve del Trentino Cycling Academy. Mio padre invece, a proposito della fatica, se n’è fatto una ragione (ripete divertita, ndr).

Andrea nasce passista, ma da junior ha sviluppato attitudini per la salita (foto Tre Giorni Giudicarie Dolomiti)
Andrea nasce passista, ma da junior ha sviluppato attitudini per la salita (foto Tre Giorni Giudicarie Dolomiti)
Ti ha pesato essere figlia d’arte?

No, anche se spesso sentivo dire che siamo raccomandate. Ne parlavo con mio padre dopo che abbiamo letto la vostra intervista a Cristian e Sara Pepoli. Lui ha corso con mio padre e si conoscono bene. Personalmente mi sento orgogliosa di fare lo sport che faceva mio padre, così come penso lo sia Sara, che ho conosciuto alle gare. Non si possono fare paragoni tra figlie e padri. E in ogni caso io non lo sento.

Quanto sa Andrea Casagranda di suo padre Stefano?

Mi sono sempre interessata molto alla sua carriera. Andavo a cercare qualcosa su Youtube, tipo la tappa che ha vinto al Giro del Trentino. So che è stato il suo secondo successo da pro’ con quasi 120 chilometri di fuga solitaria. Poi da junior come diesse ho avuto Davide Casarotto che è stato suo compagno di squadra per tanti anni. Figuratevi quanti aneddoti mi raccontavano…