Del Toro “infilza” anche il Veneto e chiude una super stagione

15.10.2025
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VERONA – Sul traguardo all’ombra dell’Arena non poteva che entrarci tutto solo Isaac Del Toro. I giochi di parole per questo giovanotto di 21 anni che arriva dalla Baja California si sprecano, esattamente come gli elogi. Con quella al Giro del Veneto, sono 16 le vittorie conquistate dal messicano del UAE Team Emirates XRG.

Se non c’è Pogacar al via, quando si guarda la startlist di gare altimetricamente molto mosse e si legge il nome di Del Toro, si può già sapere in che direzione andrà la corsa. Lo schema è sempre quello, forse proprio come ci diceva in mattinata Baldato: la miglior difesa è l’attacco. E allora, ripresa la classica fuga di giornata, quando la testa della corsa sale per la quinta ed ultima volta sulle Torricelle, ad 11 chilometri dalla fine si scatena Isaac. Un copione già visto con lui per sette volte negli ultimi quaranta giorni.

E oltretutto, a scanso di equivoci dopo aver superato quello ufficiale della Columbia HTC del 2009, con questa affermazione la UAE raggiunge quota 95 successi stagionali, andando ad eguagliare quello della Mapei-GB nel 1997, che però contò anche gare minori. Insomma, se vogliono prendersi il record dei record, hanno ancora qualche occasione, a cominciare dal Veneto Classic di domenica.

All'ultimo giro sulle Torricelle parte Del Toro e fa il vuoto. All'arrivo Sivakov fa secondo e completa la festa per la UAE
All’ultimo giro sulle Torricelle parte Del Toro e fa il vuoto. All’arrivo Sivakov fa secondo e completa la festa per la UAE
All'ultimo giro sulle Torricelle parte Del Toro e fa il vuoto. All'arrivo Sivakov fa secondo e completa la festa per la UAE
All’ultimo giro sulle Torricelle parte Del Toro e fa il vuoto. All’arrivo Sivakov fa secondo e completa la festa per la UAE

Imparare dal più forte

La grandezza di un fuoriclasse è quella di saper far crescere il livello sia della squadra intesa come gruppo di persone, compreso lo staff, sia dei compagni. Qualcosa del genere era riuscito a farlo un “primo” sloveno, Roglic con l’allora Jumbo. Ora è il turno di un altro sloveno, ma più in grande. Correre assieme a Pogacar e viverlo durante i ritiri è una sorta di fonte di ispirazione per Del Toro.

«Fare le gare con Tadej – dice Isaac in conferenza stampa – è un gioco diverso con la squadra, specie in quelle più dure. Quando si corre con lui è incredibile, si può imparare tanto. Nelle ultime corse che ho fatto con Tadej, la squadra mi ha lasciato un po’ più libero da compiti, proprio per capire da vicino come farle al meglio. Ovvio che poi dobbiamo aiutarlo il più possibile quando lui è in difficoltà».

Per Del Toro quella al Giro del Veneto è la 16a vittoria ed anche la sua ultima gara delle 71 disputate in stagione
Per Del Toro quella al Giro del Veneto è la 16a vittoria ed anche la sua ultima gara delle 71 disputate in stagione
Per Del Toro quella al Giro del Veneto è la 16a vittoria ed anche la sua ultima gara delle 71 disputate in stagione
Per Del Toro quella al Giro del Veneto è la 16a vittoria ed anche la sua ultima gara delle 71 disputate in stagione

Dimensione in crescita

Al termine del Giro dell’Emilia, il direttore operativo Andrea Agostini ci aveva detto come il talento di Del Toro gli fosse scoppiato in mano dopo il Giro d’Italia, quanto avesse ancora margini di miglioramento.

«Penso che la mia crescita fisica – spiega Isaac ripensando alla Corsa Rosa e ciò che è arrivato successivamente – è andata molto meglio di quello che ci attendevamo. Sicuramente se dovessi ripetere una annata simile, posso crescere ancora più velocemente, ma quando la testa è stanca la voglia di faticare viene meno e allora bisogna pensare a recuperare.

«Ho ancora 21 anni – prosegue con un buon italiano imparato a San Marino – e né la mia squadra né il mio preparatore hanno voglia di farmi fare tante ore di allenamento. Anzi, penso di essere uno degli atleti della UAE che si allena di meno. E’ una cosa che stiamo gestendo proprio perché sono giovane e devo avere ancora voglia di allenarmi e correre quando avrò 25 anni. Devo saper aspettare e sono certo che crescerò ulteriormente».

In conferenza stampa Del Toro ha sottolineato l'importanza di recuperare e mantenere la voglia di allenarsi per il futuro
In conferenza stampa Del Toro ha sottolineato l’importanza di recuperare e mantenere la voglia di allenarsi per il futuro
In conferenza stampa Del Toro ha sottolineato l'importanza di recuperare e mantenere la voglia di allenarsi per il futuro
In conferenza stampa Del Toro ha sottolineato l’importanza di recuperare e mantenere la voglia di allenarsi per il futuro

Recupero psicofisico

Col Giro del Veneto va in archivio il 2025 di Del Toro, iniziato il 15 febbraio. Esattamente otto mesi agonistici per un totale di 71 giorni e 12148 chilometri di gara. Il diritto di pensare alle vacanze è sacrosanto.

«No, non mi dispiace non correre alla Veneto Classic – risponde accennando ad un sorriso – anche se arrivavo da un bel filotto di vittorie e buoni risultati. Sono contento di finire così la stagione perché altrimenti avrei messo più pressione a me e alla squadra. E’ vero che sarebbe stata una gara alla fine, ma meglio iniziare già a recuperare per i prossimi obiettivi. E poi così finisco con 16 vittorie, anche perché mi state dicendo che il 17 in alcuni casi può portare sfortuna e non voglio rischiare (dice ridendo, ndr).

«Per me le vacanze – finisce il discorso – sono un po’ diverse da quello che pensano tutti. Mi basta stare a casa con la famiglia. Sono di Ensenada (località sull’Oceano Pacifico, circa 100 chilometri a sud del confine tra California e Messico, ndr) e mi godrò il riposo laggiù. Ora come ora è troppo presto pensare a quali gare farò nel 2026 e se ve lo dicessi commetterei un errore perché ancora non so nulla».

Festa UAE anche al Veneto Women. Persico vince (la sua prima gara del 2025) e Gasparrini chiude terza dietro Reusser
Festa UAE anche al Veneto Women. Persico vince (la sua prima gara del 2025) e Gasparrini chiude terza dietro Reusser
Festa UAE anche al Veneto Women. Persico vince (la sua prima gara del 2025) e Gasparrini chiude terza dietro Reusser
Festa UAE anche al Veneto Women. Persico vince (la sua prima gara del 2025) e Gasparrini chiude terza dietro Reusser

Vittorie, pressioni e zero polemiche

Vale la pena anche chiarire alcune circostanze dell’ultimo periodo. Incentivi a vincere sempre e comunque a scapito di interessi generali o di malcontenti in gruppo. Le parole di Del Toro e Scaroni non lasciano adito a dubbi.

«La squadra – chiude Isaac – non ci ha mai messo pressione di ottenere un determinato numero di vittorie, tanto meno di arrivare a 100. Noi vogliamo fare bene ogni gara, grazie alle caratteristiche di ogni nostro corridore. Quando tutti stiamo bene è più facile centrare gli obiettivi, ma soprattutto più semplice lavorare bene».

«C’è stata tanta polemica in ciò che ho detto dopo il Gran Piemonte – ha specificato Scaroni in mixed zone – e alcuni hanno voluto strumentalizzare le mie parole. Intendevo dire che a fine 2025 chiuderanno in tre squadre, di cui due WorldTour, e credo che tutti abbiano bisogno di visibilità. Era solo un dato di fatto. Ho sottolineato più volte che i corridori UAE sono pagati per fare il miglior risultato e hanno fatto bene a farlo, però ho letto che molti media hanno preferito fare speculazioni. Non bisogna fermarsi solo al titolo. E comunque da parte mia c’è stata stima nei confronti della UAE dove ho tanti amici come lo stesso Del Toro oppure Covi. O come Matxin che è stato uno dei pochi di altre squadre a chiamarmi dopo il mio infortunio alla Strade Bianche».

Isaac Del Toro conquista il Giro dell'Emilia. 14a vittoria stagionale, 88a della UAE nel 2025

Del Toro indomabile a San Luca. A Le Court l’Emilia Women

04.10.2025
7 min
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BOLOGNA – Aveva una cartuccia a sua disposizione e ha fatto centro, ancora una volta. Forse Isaac Del Toro non ha la “gamba” di un mese fa, ma per come si è preso il Giro dell’Emilia nessuno ci ha fatto caso. Quello in cima al Santuario di San Luca è il suo quattordicesimo bersaglio stagionale, il quinto negli ultimi trenta giorni.

Quando è entrato nei mille metri finali, Del Toro ha visto rosso diventando indomabile. Ha messo nel mirino Pidcock che aveva fatto il vuoto appena iniziata l’ascesa conclusiva, poi appena passata la chicane al 18% delle Orfanelle, il messicano della UAE Team Emirates XRG ha salutato la compagnia degli inseguitori. In poco più di un amen si è riportato sull’inglese della Q36.5 che nel frattempo aveva già iniziato a zigzagare. Il tempo di rifiatare e Del Toro è arrivato a braccia larghe. A Pidcock resta indigesta la presenza degli atleti UAE raccogliendo il secondo posto come l’anno scorso (dietro Pogacar), mentre un redivivo Martinez completa il podio di giornata regolando il resto della concorrenza.

Pidcock fa il vuoto sul San Luca, ma nell'ultimo chilometro Del Toro si riporta su di lui battendolo allo sprint
Pidcock fa il vuoto sul San Luca, ma nell’ultimo chilometro Del Toro si riporta su di lui battendolo allo sprint
Pidcock fa il vuoto sul San Luca, ma nell'ultimo chilometro Del Toro si riporta su di lui battendolo allo sprint
Pidcock fa il vuoto sul San Luca, ma nell’ultimo chilometro Del Toro si riporta su di lui battendolo allo sprint

Eroe nazionale

Si disseta dopo il traguardo Del Toro che abbraccia prima Adam Yates per il lavoro svolto per lui nel finale e poi la fidanzata Romina Hinojosa, che corre con la Lotto Ladies. Mentre andiamo verso il palco delle premiazioni scambiamo una chiacchiera con Giorgina Ruiz Sandoval di BiciGoga, web magazine messicano. Nel Paese centroamericano sono otto ore indietro rispetto all’Italia e il Giro dell’Emilia è andato in diretta televisiva.

Le imprese di Del Toro hanno obbligato la tv nazionale a prendere i diritti di tutte le gare in cui lui partecipa e laggiù hanno aperto il proprio sabato col sorriso. Non solo. Da quattro giorni, e dopo quattro anni di “nulla”, la federazione messicana ha riconosciuto una persona in qualità di responsabile. Una sorta di presidente pro-tempore prima che avvengano delle vere elezioni. Tutto ciò grazie ad Isaac.

«Non penso di essere un eroe nazionale – ci dice Del Toro dopo la celebrazione del podio – io penso solo a giocarmi le mie carte in ogni gara. Tuttavia so di avere un po’ più di responsabilità e cerco di fare il meglio per me e per il mio Paese. Sono in una posizione bellissima ora come ora. Sono orgoglioso di essere me stesso».

Martinez completa il podio del Giro dell'Emilia, mentre per la UAE è il successo numero 88 in stagione
Martinez completa il podio del Giro dell’Emilia, mentre per la UAE è il successo numero 88 in stagione
Martinez completa il podio del Giro dell'Emilia, mentre per la UAE è il successo numero 88 in stagione
Martinez completa il podio del Giro dell’Emilia, mentre per la UAE è il successo numero 88 in stagione

Lombardia per Tadej

Al mondiale aveva trovato la compagnia di Pogacar, ma qualcosa non è andato per il verso giusto. Adesso sembra tutto dimenticato e Del Toro guarda avanti.

«A Kigali ho avuto problemi di stomaco – spiega – ma credo di aver fatto una bella gara, come ne avevo fatte in precedenza. Sono contento nonostante tutto non fossi al 100 per cento. Non è una scusa perché finché mi sono sentito bene ero davanti e volevo fare una grande corsa. Ora mi concentro per le prossime gare».

In totale dovrebbe avere ancora sei gare in programma. Già domani dovrebbe correre la Agostoni, poi Tre Valli e Gran Piemonte prima di fare rotta sul Lombardia.

«No, non parto al pari di Tadej – risponde in maniera pronta e decisa – lui è il capitano e ovviamente lo aiuterò a vincere. Sono pronto».

Del Toro abbraccia la fidanzata Romina Hinojosa (che corre con la Lotto Ladies). La vittoria è dedicata a lei
Del Toro abbraccia la fidanzata Romina Hinojosa (che corre con la Lotto Ladies). La vittoria è dedicata a lei
Del Toro abbraccia la fidanzata Romina Hinojosa (che corre con la Lotto Ladies). La vittoria è dedicata a lei
Del Toro abbraccia la fidanzata Romina Hinojosa (che corre con la Lotto Ladies). La vittoria è dedicata a lei

Tra Emilia e Romagna

Il San Luca è la collina simbolo di Bologna dalla quale buttiamo lo sguardo verso l’orizzonte romagnolo o più precisamente verso San Marino dove Del Toro ha abitato ai tempi della Monex. Lo proviamo a stuzzicare scherzosamente.

«No no – replica sorridendo – mi sento messicano. Certo, guardando indietro, non posso dire che mi senta di qualche altra parte visto che sono cresciuto a San Marino e in Romagna. Mi è piaciuta tantissimo la zona e sono contento di esserci stato, tant’è che ho ancora molti amici. Però non posso sentirmi un poco italiano. Sono un messicano che abita in Italia e che rompe… le scatole ai miei amici italiani.

«Piuttosto – conclude ritornando sulla gara – vorrei ringraziare tutte le persone che mi aiutano ogni giorno, dai compagni allo staff fino alla mia famiglia che mi segue sempre. La dedica però la faccio ad una persona importante che oggi era accanto a me (riferendosi alla fidanzata, ndr)».

Per Agostini (CFO della UAE) con Del Toro non si ripeterà un "caso Ayuso"
Per Agostini (CFO della UAE) con Del Toro non si ripeterà un “caso Ayuso”
Per Agostini (CFO della UAE) con Del Toro non si ripeterà un "caso Ayuso"
Per Agostini (CFO della UAE) con Del Toro non si ripeterà un “caso Ayuso”

Agostini su Isaac

L’anno scorso ci eravamo trovati a San Luca a parlare con Gianetti su cosa rappresentasse Pogacar per la UAE. Questa volta ci imbattiamo con Andrea Agostini e gli chiediamo la stessa cosa su Del Toro.

«Isaac – sottolinea il direttore operativo della UAE – per noi è una realtà importante della squadra. Dopo il secondo posto al Giro la sua dimensione è cambiata totalmente. E’ arrivato da noi con grandissime prospettive, con un processo di maturazione che sta bruciando, tenendo conto che farà 22 anni a novembre. E’ ancora nella fase di crescita, anche se ha dimostrato di saper reggere la pressione quando ricopre un ruolo importante.

«Oggi – va avanti Agostini – era l’uomo che doveva fare la corsa. Sapeva dove doveva partire se avesse avuto le gambe. Ed è partito esattamente in quel punto che aveva dichiarato, sapendo essere freddo. Oltre alle grandi capacità fisiche, ha una mentalità da vincente. Al mondiale ha dovuto fare i conti con problemi intestinali, tanto che a quattro chilometri dalla fine voleva entrare in uno dei bagni chimici posizionati sul circuito. Ma visto che mancava così poco alla fine, ha tirato dritto. Forse dopo i 200 chilometri gli manca ancora qualcosa, ma fa parte di quel processo di cui parlavo prima. Deve imparare ad alimentarsi bene in gara.

«Con Pogacar – continua nella analisi – ha un rapporto bellissimo di amicizia. Tadej stravede per Isaac e viceversa. Ovvio che quando Tadej va così, è Tadej per tutti e tutti si mettono a sua disposizione. Però Tadej ha dimostrato di saper restituire i favori ai propri compagni come con McNulty in Canada. Non ci sono problemi di convivenza fra loro due. E non credo che succederà ciò che è capitato con Ayuso. E’ una questione di personalità. Un campione deve avere un ego importante, ma nelle caratteristiche del campione c’è chi ha voglia di aspettare e chi meno. Isaac è un ragazzo totalmente integrato nel nostro gruppo».

Il trionfo di Kim

Prima dell’arrivo dei maschi, la scena è tutta per le donne. La concomitanza con la prova dell’europeo rovina un po’ la lista delle partenti, che tuttavia è di alto livello. La canadese Vallieres sfoggia per la prima volta la sua maglia di campionessa del mondo conquistata con coraggio sette giorni fa a Kigali. Stavolta però il canovaccio della gara prende la piega più classica alle latitudini dell’Emilia.

Evade la fuga di giornata con cinque atlete che accumula un vantaggio gestibile dal gruppo in qualsiasi momento. Proprio all’imbocco della prima delle due scalate a San Luca, sono tutte compatte e la selezione avviene sia naturalmente sia per effetto di qualche accelerazione. Scollinano in un drappello di una decina scarsa di atlete che si giocheranno il successo. Risalendo verso il traguardo si avvantaggiano in cinque: Swinkels (UAE Team Adq), Isabella Holmgren e Fisher-Black (Lidl-Trek), Le Court (AG Insurance), Kastelijn (Fenix-Deceuninck).

Le pendenze più severe favoriscono Le Court e Fisher-Black. La mauriziana allunga nuovamente andando a trionfare, mentre la neozelandese raccoglie un altro secondo posto dopo l’argento mondiale. Arrivano tutte alla spicciolata, con Kastelijn che trova l’ultimo gradino del podio.

«L’Italia mi porta bene – racconta Le Court dopo le premiazioni – dopo la tappa al Giro Women dell’anno scorso, ho vinto un’altra bella gara. Il vostro è un Paese che mi piace, potrei venirci a fare le vacanze, magari scoprendolo meglio pedalando con più calma. Oggi ringrazio tutte le mie compagne che hanno fatto un gran lavoro andando a ricucire prima delle due salite finali. Mi sentivo bene e quando mi si è presentata l’occasione ho piazzato l’affondo decisivo».

EDITORIALE / I giornalisti, quelli che non cambiano

22.07.2024
5 min
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NIZZA (Francia) – «E’ cambiato veramente tutto – diceva qualche giorno fa Andrea Agostini, numero due del UAE Team Emiratesl’unica categoria che non è cambiata è quella dei giornalisti».

E’ stata una delle frasi che più ci è risuonata nella testa in questi lunghi e frenetici giorni al Tour de France, probabilmente sentendoci chiamati in causa vista la lunga militanza in gruppo. Il mondo è cambiato completamente, le sale stampa sono piene di facce nuove. Ci sono all’opera tanti ragazzi super tecnici, che non hanno vissuto minimamente il ciclismo degli anni 90 e quello subito successivo. Ci sono pochissimi italiani. Facendo i conti a spanne, tolti gli inviati di RAI Sport con il curiosare competente di Silvano Ploner, il Tour de France 2024 (nella sua parte francese) è stato seguito da cinque fotografi italiani e tre giornalisti (3-4 in più sono arrivati per le ultime due tappe). Tutto il resto che avete letto, anche su testate prestigiose, è stato confezionato da casa telefonando oppure utilizzando gli audio che gli addetti stampa inviano nelle chat dei vari team.

Non serve andare alle corse e spendere. Arrivano gli audio. Le conferenze stampa sono online. Se ti accontenti di avere gli argomenti di tutti gli altri, hai risolto il problema. Per certi editori e certi direttori è manna dal cielo. Speriamo di cuore che la differenza si noti.

La partenza da Firenze è stata vissuta come uno splendido spot cui si è dato poco seguito
La partenza da Firenze è stata vissuta come uno splendido spot cui si è dato poco seguito

Andare alle corse

Non è un bel modo di lavorare. Le corse bisogna seguirle, anche se questo ha un costo e adesso che lavoriamo in proprio lo sappiamo anche meglio. Ma è soltanto guardando in faccia l’atleta, il tecnico o qualunque interlocutore che si riesce a capire effettivamente il senso del suo discorso. Soltanto percorrendo le strade e respirandone l’aria si coglie il senso delle parole. E’ solo immergendosi nel bagno di folla attorno ai pullman che si capisce il consenso di questo o quel campione. Averlo visto al Giro o in qualche Tour di anni fa non basta per raccontarlo oggi. Aiuta, ma non basta. Ogni corsa ha la sua storia, ogni epoca le sue particolarità.

Qualsiasi giornalista che si rispetti, chi scrive per primo, avrebbe voglia di stare fuori ogni santo giorno, ma spesso la sua aspirazione si infrange davanti ai no delle amministrazioni o, peggio ancora, dei direttori. I quali certamente vengono dagli anni in cui il ciclismo era meno presentabile di oggi. E il guaio è fatto.

Il silenzio o l’evidenza ignorata per scelta ha portato agli anni bui da cui Pogacar vuole tenersi giustamente alla larga
Il silenzio o l’evidenza ignorata per scelta ha portato agli anni bui da cui Pogacar vuole tenersi giustamente alla larga

La memoria che aiuta

C’è però un’altra sfumatura nel discorso di Andrea Agostini sulla quale abbiamo ragionato a lungo. La sua frase era venuta fuori parlando dei continui sospetti sulle prestazioni di Pogacar. E’ opinione comune, da noi condivisa, che l’attuale sistema antidoping, il passaporto biologico e la reperibilità Adams siano un ottimo deterrente rispetto alle abitudini malsane di una volta.

Le stesse parole pronunciate ieri da Pogacar nella conferenza stampa danno la sensazione di una generazione meno propensa al compromesso. Forse perché questi ragazzi preferiscono pensare con la loro testa e non ascoltare i consigli di chi già c’era: in questo caso, si dovrebbe definirlo un bene. Aver parlato così significa che il ragazzo ha gli attirbuti, non ha paura di metterci la faccia e si capisce che provi fastidio a dover rispondere per gli errori di gente che correva quando lui non era ancora nato.

Non dimentichiamo però che altre generazioni di corridori giurarono sulla loro trasparenza, in primis sua maestà Lance Armstrong. Salvo scoprire che era tutto finto. Qualcuno scelse di non vedere e ordinò di non farlo. Altri ci provarono e furono messi all’indice. Per questo avere dei giornalisti che ne abbiano memoria non è assolutamente un male. Anzi, forse è una necessità. Ricordiamo bene quando l’irlandese David Walsh fu messo all’indice ed emarginato dallo stesso Armstrong e dai suoi sodali, salvo poi vincere tutte le cause in cui l’americano lo aveva trascinato. Fu lui in qualche modo la chiave per smascherare il programma di doping del team americano.

Nella conferenza stampa di ieri a fine Tour, Pogacar ha usato parole precise: «E’ da stupidi rovinarsi la salute per delle corse»
Nella conferenza stampa di ieri a fine Tour, Pogacar ha usato parole precise: «E’ da stupidi rovinarsi la salute per delle corse»

Il caso di Piccolo

La fiducia è un valore assoluto che va conquistato e mantenuta. Abbiamo applaudito Pogacar perché ci sembra un personaggio credibile, ma verremo meno al nostro lavoro se abbassassimo completamente le antenne e ci fidassimo soltanto di quello che ci viene detto. Questo non significa tornare a un clima di caccia alle streghe o dare un’interpretazione a due tinte di qualsiasi cosa farà Tadej di qui in avanti. C’è già chi lo fa e ci basta.

Significa però osservare, fare la domanda in più e guardarlo negli occhi mentre risponde. Documentarsi e studiare. E questo puoi farlo meglio se ci sei, lo schermo è inaffidabile. Lo sloveno dà la sensazione di essere al di sopra di queste problematiche: evviva per lui, per il ciclismo, per tutti noi. Purtroppo l’episodio che ha coinvolto Andrea Piccolo di recente fa capire tuttavia che il male è ancora nella testa di alcuni atleti. Forse mal consigliati da personaggi del passato. Forse incapaci di pensare che si possa andare avanti con le proprie forze. Oppure forse dediti ad altro e convinti di aver trovato il modo per fare meno sacrifici.

Il Tour del 2024 ha offerto decine di spunti che sono stati colti bene dagli inviati presenti sul posto
Il Tour del 2024 ha offerto decine di spunti che sono stati colti bene dagli inviati presenti sul posto

Racconta, non fare il furbo

In questo mondo che è cambiato tanto, davvero gli unici a non essere cambiati (forse in parte) siamo noi? C’è bisogno soprattutto di giornalisti bravi: conoscerne arricchisce e possiamo garantirvi di averne incontrati tanti sulle strade del Tour, anche molto giovani, ma animati da quel fuoco speciale che riconosci se l’hai addosso. Persone disposte a non avere orari, a lavorare (se serve) nel cuore della notte e a guidare per centinaia di chilometri, per portare a casa una storia originale. Racconta – diceva un vecchio maestro, purtroppo inascoltato – non fare il furbo. Per gente così a bici.PRO c’è sempre posto. Quelli che rielaborano i loro articoli copiando, incollando e rassegnandosi all’omologazione, continuino pure sulla loro strada. Ma forse questo mondo che così tanto è cambiato di loro davvero non ha bisogno.

Pogacar ha davvero riunito i tifosi di Pantani? L’idea di Agostini

28.05.2024
5 min
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ROMA – L’ultimo giorno del Giro, a margine del delirio in rosa nella zona del bus del UAE Team Emirates, abbiamo sequestrato per qualche minuto Andrea Agostini che nella squadra è cresciuto come dirigente al fianco di Gianetti e Matxin: ciascuno con la sua area di competenza. Andrea lo conosciamo da una vita, da quando era l’ex compagno di squadra di Pantani nei dilettanti e dopo la laurea fu voluto proprio da Marco come addetto alle comunicazioni nella Mercatone Uno. C’era lui la mattina di Campiglio a difendere la posizione, in un battesimo del fuoco di cui chiunque avrebbe fatto a meno. Tanta strada da allora, passando per varie squadre, fino al team di Pogacar con il ruolo Chief Operating Officer. Un incarico che lo vede alle dirette dipendenze dell’amministratore delegato, quindi di Gianetti, con responsabilità di coordinamento e ottimizzazione delle attività della squadra.

Nonostante tutto questo e la definizione altisonante, Agostini è soprattutto un appassionato di ciclismo e nella mattina di Roma ha gli occhi ebbri per la soddisfazione della vittoria. Quando lo intercettiamo ha appena finito di partecipare alla discesa dal pullman dei corridori vestiti di rosa. E anche se della comunicazione di Pogacar si occupa da tre anni Luke Maguire, che ha instaurato con lo sloveno un rapporto di fiducia, il punto di vista di Andrea può arricchire la figura di Tadej di altre sfumature.

Pogacar è arrivato al UAE Team Emirates nel 2019, a 21 anni. Prima corsa il Tour Down Under
Pogacar è arrivato al UAE Team Emirates nel 2019, a 21 anni. Prima corsa il Tour Down Under
Pogacar è arrivato da voi cinque anni fa, quanto è cambiato rispetto al ragazzino di allora?

Guardate, è maturato tanto nella gestione del quotidiano, però i principi sono rimasti quelli. Tadej è sempre il ragazzo della porta accanto e questa da un certo punto di vista è la cosa più facile da gestire. E’ chiaro che deve fare i conti con una pressione che è centuplicata, questo è normale. Quindi, se vogliamo, in certe situazioni è un po’ più schivo, ma per una questione di autoprotezione che aiuta tutte le persone che raggiungono un certo livello di notorietà.

Si è parlato del suo cambio di allenatore, c’è stato forse un momento in cui ha avvertito la necessità di fare il corridore un po’ più sul serio?

L’anno scorso! Al Tour de France si è reso conto che il dettaglio è fondamentale anche per un campione come lui. E’ vero che arrivava da cinque settimane di stop per l’infortunio, però se prima, tra virgolette, gli bastava allenarsi con il sostegno di madre natura, poi ha capito che doveva essere un po’ più maniacale. Il grosso salto l’ha fatto soprattutto nell’alimentazione.

All’inizio del Giro è parso infastidito, poi è venuta fuori la spiegazione dell’allergia. E’ possibile che fosse seccato anche dalle critiche per il suo modo di correre e voler sempre vincere?

No, non era infastidito da quello, assolutamente: ne abbiamo parlato più di una volta. Avere questo malessere generale, che ha colpito mezza squadra, lo ha reso più nervoso del solito. E poi ha dovuto fare i conti con la popolarità in Italia che non si aspettava. E’ il motivo per cui è voluto venire al Giro. Ama tuttora alla follia sentir pronunciare il suo nome dappertutto, ma all’inizio questo lo ha un po’ disorientato. E’ normale, non si aspettava una cosa del genere.

Le fatiche del Tour 2023 hanno convinto Pogacar ad alzare il livello dell’impegno
Le fatiche del Tour 2023 hanno convinto Pogacar ad alzare il livello dell’impegno
Tu invece pensavi che sarebbe accaduto?

Io credevo che lui potesse raccogliere in parte i tifosi di Pantani in Italia, perché è quello che si avvicina un po’ di più come caratteristiche. Gli italiani stanno aspettando da tanti anni un personaggio del genere ed è diventato un po’ il beniamino di tutti, Tadej in questo momento non ha bandiere. Quindi mi aspettavo la popolarità, ma non a questi livelli. Probabilmente il fatto che abbia vinto le sei tappe e il modo in cui l’ha fatto, ha accresciuto a dismisura la sua popolarità.

Hai toccato la nota dolente: Tadej ha sempre rifiutato di parlare di Pantani, dicendo di essere nato nell’anno delle sue grandi vittorie. Gliene hai mai parlato?

No, mai.

Perché? Non è stato bello sentirlo rispondere in modo evasivo sull’ultimo che ha vinto Giro e Tour nello stesso anno…

Lui sa tante cose, Tadej sa tutto. E’ molto più sveglio e informato di quel che noi pensiamo. Sa tantissime cose, sa tantissime cose di me. Io non gli ho mai parlato di Marco semplicemente perché ho un ruolo diverso. Oggi sono dirigente di una squadra e faccio fatica a condividere con gli atleti le cose personali. Non c’è il rapporto di amicizia di quando ero un addetto stampa. Ho sempre pensato che quella parte della storia sia una cosa mia privata, forse perché ne sono un po’ geloso…

Pogacar vince la seconda Liegi, Agostini lo accoglie sul traguardo
Pogacar vince la seconda Liegi, Agostini lo accoglie sul traguardo
A livello di gestione dei media, Luke Maguire è super indaffarato: il Giro ha richiesto un lavoro straordinario?

Al momento è sotto controllo, ma è chiaro che ci stiamo facendo questo tipo di domanda perché la pressione sta aumentando di giorno in giorno. Non solo per la presenza di Tadej, perché anche senza di lui, la squadra sarebbe ugualmente la prima al mondo. Tadej è la ciliegina su una torta ben farcita. Quindi ci stiamo facendo questo tipo di domande e dovremo rinforzare un po’ tutti i reparti, a partire da quello delle comunicazioni.

Anche Agostini è convinto, come Gianetti, che Tadej rimarrà a vita in questa squadra?

Sì, assolutamente.

E dalla Francia risponde Pogacar: Slovenia padrona

12.03.2023
5 min
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No, non è Eddy Merckx è Tadej Pogacar. Lo sloveno alla Parigi-Nizza ha fatto il Cannibale. Ma lui è così: vuol divertirsi, correre e se si vince tanto meglio. In questa edizione di quella che in Francia chiamano la “Corsa del Sole”, l’asso della UAE Emirates ha vinto la generale, tre tappe, la maglia bianca di miglior giovane e quella a punti. Ha lasciato quella di miglior scalatore al danese Jonas Gregaard ma solo perché andava a caccia dei Gpm nelle fughe del mattino. Infatti è finito “solo” secondo.

Se in Italia il connazionale Roglic dominava la Tirreno, Pogacar non stava a guardare in Francia dunque. Dall’inizio della stagione, Tadej ha inanellato tredici giorni gare e sette vittorie sull’arrivo, più due classifiche generali, quindi nove vittorie. Incredibile. Qualcosa davvero degno dei tempi di Eddy Merckx. Tra lui e il Cannibale ormai ballano solo le volate che molto spesso il belga faceva.

Andrea Agostini (classe 1970) è chief operating officer della UAE Emirates
Andrea Agostini (classe 1970) è chief operating officer della UAE Emirates

La psicologia conta 

Tadej ha dato show nella crono a squadre e ha conquistato tre tappe, le tre frazioni più dure. E soprattutto ha sempre voluto domare il suo rivale numero uno: Jonas Vingegaard, colui che ha “osato” defraudarlo del Tour de France 2022. 

Se vogliamo c’era in ballo anche una sorta di rivincita. Di predominio psicologico.

«Questo è il modo di correre di Tadej – ci dice Andrea Agostini, uno dei dirigenti della UAE Emirates – Quando va alle corse vuole vincere e questo penso sia la parte bella, quella che amano anche i suoi fans.

«Poi è vero, anche dal punto di vista psicologico era una partita a scacchi, è inutile che ci nascondiamo. Era importante dal punto di vista mentale non andare alle corse con un senso di inferiorità. Questa è la cosa che sapevamo noi, che sapeva benissimo anche Tadej. Ed era anche rischioso, perché poi se ci fossimo trovati davanti Vingegaard di nuovo? Stavolta è andata bene a noi sicuramente e questo riporta la posizione in parità tra i due da un punto di vista psicologico».

Tadej e l’istinto

E Agostini ha ragione sia quando parla dell’aspetto psicologico, sia quando accenna ai fans. Un corridore così, che attacca, che va d’istinto piace. Gli italiani – e non solo loro – si ricordano di Chiappucci, figuriamoci se c’è un atleta che oltre ad attaccare vince anche.

«Pogacar – continua Agostini – è un ragazzo che si gestisce bene, nel senso che comunque ascolta, quando facciamo le riunioni. Poi è chiaro che la tattica la fai in base agli uomini che hai e con un corridore come Tadej diventa più facile perché sai che è un finalizzatore. Tu diesse puoi realizzare la miglior tattica del mondo, ma se non hai chi la porta a termine è difficile vincere».

«Se bisogna frenarlo? A volte sì – ride Agostini – ma questo è Pogacar. L’anno scorso, durante il Fiandre, c’era Baldato che lo teneva fermo perché voleva partire a non so quanti chilometri dall’arrivo. Tadej è così: è molto istintivo, dotato da madre natura, il che è bellissimo, ma a volte sbaglia anche. Come è successo al Tour de France 2022. Ha fatto errori lui, perché comunque ha sprecato tanto, e abbiamo fatto errori anche noi. Però è questo che ti fa innamorare del ciclismo».

«O ancora sul Poggio un anno fa. Tutti sapevano che doveva scattare più avanti, ma è partito lì. Cosa ci vogliamo fare? Non è una Playstation. La verità è che quando Tadej ha la gamba non ha paura di partire».

Però qualche calcolo andrebbe fatto, forse. In fin dei conti aveva già vinto due tappe. Aveva dominato il rivale numero uno e prendere dei rischi in discesa dal Col d’Eze poteva costare caro. Magari a mente fredda lo faranno ragionare.

«Se nel ciclismo dovessimo calcolare i rischi che corrono questi ragazzi, in ogni tappa, in ogni corsa troveremmo un motivo per non andare a tutta. Quindi direi di no: nessuno gli dirà che non sarebbe dovuto partire. E poi volete sapere una cosa? Tadej aveva cerchiato in rosso questa tappa prima ancora che partisse per la Parigi-Nizza. Questa era la frazione che voleva vincere perché lui vive lì, si allena lì».

Il podio finale della Parigi-Nizza: 1° Pogacar, 2° Gaudu, 3° Vingegaard
Il podio finale della Parigi-Nizza: 1° Pogacar, 2° Gaudu, 3° Vingegaard

Pogacar alle stelle

E Pogacar cosa dice? Con la sua solita naturalezza ha dimostrato la sua gioia. Se ieri sull’arrivo in salita era più contento per aver battuto Vingegaard e non tanto per la vittoria in sé, oggi si è proprio goduto la corsa. Non solo voleva vincere, ma voleva vincere in quel modo.

«Non avevo mai preso parte alla Parigi-Nizza – ha detto Pogacar – avevo fatto due volte la Tirreno-Adriatico. Mi sono sempre sentito in forma nelle prime gare di quest’anno pertanto era il mio obiettivo e il mio sogno vincere questa gara. Ed ora che ci sono riuscito posso dire che è fantastico».

E proprio lo sloveno in qualche modo ha parlato anche dei rischi nella planata verso Nizza.

«Conosco molto bene queste strade. Mi alleno qui spesso e quindi sapevo esattamente com’era la discesa e ancora prima come stavano le mie gambe sull’ultima salita, la potenza che avrei potuto sviluppare fino in cima. Ero bravo in matematica! E ho fatto bene i miei conti».

Andrea Agostini, 2020

Agostini, la Nove Colli, Pogacar e Marco…

26.12.2020
4 min
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Agostini ha appena finito di sfogliare il libro del 2020 e come capita a un certo punto intorno ai 50, compiuti proprio quest’anno, ha tracciato un primo bilancio, uscendone col sorriso. Sembra ieri che spuntò fuori come addetto stampa accanto al suo amico Marco, invece sono passati più di 20 anni e oggi Andrea è uno dei tre manager della Uae Team Emirates. Come regalo di Natale, piuttosto inatteso, si è ritrovato presidente della Fausto Coppi di Cesenatico, in cui tanti anni fa iniziò a correre.

«Mi ci hanno tirato dentro – sorride Agostini – non ci pensavo nemmeno. Non nascondo che mi fa piacere, perché è un cerchio che si chiude e mi dà il modo di restituire un po’ di quello che mi ha dato il ciclismo. E’ la mia prima società e ancora oggi ho Arrigo Vanzolini come punto di riferimento. E’ del 1934 come mio padre, ma è ancora dinamico e molto lucido. Parliamo anche della società che organizza la Nove Colli, per cui non è un ruolo assolutamente banale…».

Partenza Nove Colli 2018
Agostini è diventato il presidente della Fausto Coppi che organizza la Nove Colli
Partenza Nove Colli 2018
Nove Colli, fiore all’occhiello della Fausto Coppi
Dove troverai il tempo?

E’ quello cui sto pensando proprio adesso. La mia routine vede 10 ore di impegno quotidiano, a casa o in giro per il mondo. E un ruolo come quello alla Fausto Coppi merita che sia fatto bene, non si tratta solo di presenziare. Vorrei lasciare il segno e fare qualcosa di buono. Perciò ne ho parlato prima con Gianetti, come per ogni cosa. E quando ho capito che si può fare, ho accettato.

Dovrai avere dei validi collaboratori.

C’è già un bel gruppo e il vicepresidente sa già che avrà parecchio da fare. Il 4 gennaio in assemblea assegneremo le varie cariche sociali. Non voglio essere accentratore e voglio dividere la vetrina con i volontari, che fanno il grosso del lavoro e di cui nessuno sa niente. Forse l’unica ricompensa per il loro lavoro è che se ne parli.

E poi c’è il ruolo alla Uae Team Emirates…

Nonostante i miei sogni di bambino per cui volevo diventare un campione, sono contento dell’uomo che sono oggi. A un certo punto fu chiaro che fosse Marco quello destinato a diventare grande in bici, per me sarebbe stato troppo faticoso e forse non ne avevo le doti. Nel mio lavoro invece riesco bene. Per semplificare e tradurre in italiano il mio ruolo nella squadra (Chief Operating Officer, ndr), sono il manager che riferisce all’amministratore delegato, che nel nostro caso è Mauro Gianetti. Mi occupo di marketing, comunicazione, logistica, finanza. Il quartier generale è casa mia.

A proposito di comunicazione, amico Agostini, passi per essere il mastino blocca giornalisti…

Mi piace avere le cose sotto controllo, credo sia giusto. I corridori lo sanno e dirottano le richieste su di me o sugli addetti stampa. Non è semplice. Capita anche che ti ritrovi pubblicato su un sito un messaggio privato, che magari il corridore ha scritto per ricambiare l’attenzione di un giornalista, senza immaginare che sarebbe stato reso pubblico.

Tadej Pogacar, Tour 2020
Tadej Pogacar: dal Tour vinto, è arrivata una marea di richieste per interviste e sponsor
Tadej Pogacar, Tour 2020
Dopo il Tour, complesso gestire Pogacar
Come vi siete trovati a gestire il post Tour di Pogacar?

Bene, perché in realtà è un ragazzino molto a modo. Non ha capricci. E’ molto ligio alle regole, mai avuto un problema. Dimostra molta maturità. Anche se un paio di volte c’è stato da discutere.

Per cosa?

In certi momenti è un po’ come Roglic, tende a tagliar corto e non essere espansivo. Così dopo un paio di casi, gli ho fatto un discorso chiaro su cosa sia importante per la squadra e cosa no. Il rapporto con i media rientra fra le cose importanti, anche quello con gli sponsor. Per fortuna c’è un’ottima collaborazione con il suo manager Alex Carera.

Come vi integrate?

Lui chiede a me se abbiamo qualche obiezione a eventuali impegni e così andiamo avanti. Stavo per dire che gestisce l’extra, ma la verità è che non esiste extra, perché anche l’immagine di Tadej è al 100 per cento della squadra.

C’è chi aspetta di intervistarlo da novembre…

Lo abbiamo gestito col buon senso, per non farlo andare fuori giri. E’ un ragazzino che sa la sua, ma ad esempio avevamo previsto una conferenza stampa su Zoom per il 21 dicembre e la abbiamo rinviata a gennaio, perché in quegli stessi giorni era saltata fuori un’altra cosa in Slovenia.

Quante richieste di interviste avete avuto?

Un mare, praticamente da dopo il Tour sono state quasi soltanto per lui. Abbiamo cercato di selezionarle e farle nei tempi giusti, per non rompere il suo equilibrio personale. Per non far accavallare troppe cose.