Quanto lavoro c’è dietro lo sviluppo dei caschi da crono?

07.02.2023
5 min
Salva

Vale davvero la pena investire e sviluppare nei caschi da cronometro? Le aziende – da chi sviluppa le biciclette, fino ad arrivare ai marchi dei caschi, passando per chi produce l’abbigliamento e la componentistica – vedono l’efficienza aerodinamica come un obiettivo e come una soluzione. Sta di fatto che il miglioramento della penetrazione dello spazio è un fattore che troviamo ovunque.

Una parte di sviluppo del Met Codatronca (foto Met)
Una parte di sviluppo del Met Codatronca (foto Met)

Approfondiamo l’argomento dei caschi da cronometro con Ulysse Daessle di Met, azienda in primissima linea nella ricerca, sviluppo ed investimenti in questa categoria. Met ha vinto il titolo nazionale australiano a cronometro con Jay Vine.

Quanto tempo è necessario per sviluppare uno o diversi modelli di caschi da cronometro?

Il tempo di sviluppo tra un casco da strada che possiamo definire standard ed un casco da crono è equivalente. Si parla di circa un anno di lavoro, mediamente la tempistica da considerare è questa.

I diversi moduli 3D utilizzati nelle fasi prototipali (foto Met)
I diversi moduli 3D utilizzati nelle fasi prototipali (foto Met)
Quali sono i canoni principali da considerare?

Per la categoria dei caschi da cronometro, oltre allo sviluppo dello stile, della struttura e delle analisi dei dati relativi alla sicurezza, ci sono le questioni legate all’aerodinamica. Qui entrano in gioco anche dei componenti aggiuntivi, come ad esempio quelli relativi al fissaggio della lente. Rispetto ad un casco da strada, l’aerodinamica è soggetta ad un doppio sviluppo.

In cosa consiste?

C’è la parte di calcolo strutturale per garantire un casco protettivo, che poi deve trovare la validazione per la performance aero. Inoltre c’è la verifica della ventilazione.

Impatto frontale arrotondato e superficie ampia (ZW Photography/Zac Williams/AusCycling)
Impatto frontale arrotondato e superficie ampia (ZW Photography/Zac Williams/AusCycling)
In termini di costi è possibile sapere il range di costi necessari per sviluppare un casco da crono?

Volendo fare un accostamento, mirato a contestualizzare meglio la categoria dei caschi da crono, possiamo affermare che i costi di un modello road di alto livello sono legati alla ricerca e alla validazione dei materiali. Per un casco da crono invece, la ricerca è sulla forma aerodinamica e vengono sviluppate diverse geometrie, dapprima confrontate tra loro mediante CFD e poi in ambito sperimentale in galleria del vento con l’ausilio di prototipi in stampa 3D.

Quindi?

Quindi viene validato il modello con le performances migliori. Ognuna di queste fasi è molto costosa. Non è da scordare la sperimentazione dei nuovi materiali con le conseguenti lavorazioni, talvolta davvero costose e capaci di impattare in modo esponenziale sul prezzo finale del prodotto.

I dati rilevati durante le track session fatte in velodromo (foto Met)
I dati rilevati durante le track session fatte in velodromo (foto Met)
Vale la pena investire in una categoria di prodotti che è quasi una nicchia, per quello che concerne il mercato?

La risposta è si, ma per rispondere in modo completo è necessaria una premessa. In un mondo commerciale dove molti brand diversificano il loro listino, Met ha deciso e puntato esclusivamente sui caschi per la bicicletta. Il nostro obiettivo è di sodisfare tutte le richieste dei ciclisti di oggi, anche la richiesta dei caschi da cronometro. Per noi è importante sviluppare e produrre dei caschi performanti. Anche per questo motivo abbiamo sviluppato in parallelo non uno, ma due caschi da cronometro.

Con quali differenze?

Il primo è il Met Drone, quello con la coda lunga, il secondo è il Codatronca, ovvero quello con il posteriore troncato. Il primo modello, non di rado, è richiesto anche da atleti che non sponsorizziamo e questo per noi è motivo di orgoglio. In questa sezione di grandi investimenti e ricerca, c’è qualcosa che va oltre la volontà di soddisfare l’utilizzatore; è la tecnologia e la ricerca del know-how. E’ una sorta di processo a cascata che ci serve per creare diverse soluzioni adottate anche da altre categorie di caschi e non solo per i caschi da cronometro.

I test sul campo, oltre a quelli condotti in laboratorio, sono fondamentali (@ulyssedaessle-met)
I test sul campo, oltre a quelli condotti in laboratorio, sono fondamentali (@ulyssedaessle-met)
Tornando alla tecnica di un casco da crono. Quando influisce sulla performance complessiva di una prova contro il tempo?

La misura del drag dei caschi da cronometro, che ha una coda ben più lunga di un casco strada standard, non può essere considerata come elemento a sé stante. E’ legata al sistema completo, composto dall’atleta, dalla bicicletta e dal casco. Un casco ben disegnato per la prestazione aerodinamica, utilizzato da un atleta specialista delle gare a cronometro, permette di diminuire il drag complessivo, con una percentuale compresa tra il 5 e 10%. Si tratta di diversi secondi risparmiati.

Perché le forme dei caschi da crono sono cambiate così tanto? Da un passato dove le code erano lunghissime, ad oggi con i caschi rotondi?

Ci sono due tematiche legate alla forma dei caschi da crono: la larghezza e la lunghezza. Per quanto riguarda la larghezza, i caschi da cronometro lavorano all’interno di un sistema complessivo atleta/bicicletta. E’ un esempio il Drone Wide Body, che riduce notevolmente le turbolenze attorno alle spalle. E’ stato un cambiamento importante al livello della forma dei caschi da cronometro, rispetto a le forme che esistevano prima. Questo concetto è stato declinato anche sul il nostro casco a coda corta, il Codatronca. Questi due caschi rispondono a due richieste diverse.

Daniel Baekkegard, triatleta coinvolto nello sviluppo dei caschi aerodinamici (@ulyssedaessle-met)
Daniel Baekkegard, triatleta coinvolto nello sviluppo dei caschi aerodinamici (@ulyssedaessle-met)
Quali sono?

Il Met Drone è il più performante sul dritto e se la posizione dell’atleta rimane perfettamente in linea con la schiena. È il casco il più usato in Triathlon ad esempio. Invece, il Codatronca è stato sviluppato per i percorsi crono moderni, ovvero con diversi cambiamenti di direzione. Il Met Codatronca mantiene un’ottima performance in diverse posizioni e angolazioni della testa, quindi perfetto per i tratti con più tornanti, dislivelli o vento di traverso. Due soluzioni, diversi concept di sviluppo e analisi, soluzioni per esigenze differenti e in grado di massimizzare le prestazioni.

La nuova BH Ultralight Evo, leggera e aero concept

19.12.2022
5 min
Salva

Cambia completamente pelle la superleggera dell’azienda basca e trova ispirazione dalla piattaforma aerodinamica Aerolight. La nuova BH Ultralight Evo mutua dalla generazione precedente solo la metodologia di applicazione e lavorazione del carbonio.

Con questa Ultralight si completa definitivamente un importante step evolutivo di BH, che adotta un family feeling design che va ad accomunare la Aerolight, la endurance RS1 e proprio l’ultima nata Ultralight Evo. Entriamo nel dettaglio.

Esile sopra, più massiccia sotto (foto BH)
Esile sopra, più massiccia sotto (foto BH)

Peso ridotto, tanta aerodinamica

Uno dei primissimi obiettivi, per quella che di fatto è una bicicletta dedicata agli scalatori e agli amanti dei pesi ridotti, era limare il più possibile i grammi. In fase di sviluppo era inoltre necessario non sacrificare la performance e far collimare anche gli importanti aspetti legati all’aerodinamica. Inoltre si voleva rendere identificativa una bicicletta che per certi versi completa il percorso evolutivo di BH.

Numeri a parte, si tratta di accostare l’impatto estetico che offre la nuova BH Ultralight Evo a quello della Aerolight. Ci sono delle differenze sostanziali che contestualizzano l’ultimo progetto all’interno di una categoria di bici superlight e comunque versatili.

Il telaio è un monoscocca in carbonio che adotta la tecnologia Hollow Core Internal Molding, ovvero lo svuotamento ad alta pressione delle tubazioni, procedimento mirato ad ottenere una qualità migliore della lavorazione, compattezza delle fibra e azzerando il rischio di inutili depositi (arricciature) di materiale. Ha un valore alla bilancia dichiarato di 880 grammi.

Ripreso dalla Aerolight

Il disegno delle tubazioni adotta il protocollo Kammtail, anche se i volumi sono diversi, rispetto alla Aerolight. La forcella con design Air Bow. E’ caratteristica, con quel vistoso gomito superiore che sembra sporgere in avanti e gli steli dritti che sono veri e propri fendenti. E poi la forma dello sterzo, con quell’abbondante nervatura nella parte alta e la serie sterzo ACR.

C’è il passaggio totalmente interno delle guaine ed eventuali cavi, così come la scatola centrale BB386Evo. Anche i foderi bassi del carro si ispirano alla bicicletta aero di BH, con la parte terminale che si alza verso l’alto. E poi ci sono i perni passanti con la leva a scomparsa.

Le peculiarità della Ultralight Evo

Oltre a quelle che collimano con la piattaforma Aerolight, ci sono delle soluzioni di design che diventano funzionali alla prestazione della Ultralight Evo.

Il piantone è arrotondato e non si prolunga verso l’alto. L’incrocio tra il verticale e l’orizzontale è classico, con una sorta di fazzoletto di rinforzo che integra il bloccaggio del seat-post.

Il forcellino che supporta il cambio posteriore è di tipo DirectMount.

Le taglie disponibili sono 5: XS, S e M, L e XL. Ogni taglia ha in comune la lunghezza del carro posteriore (41 centimetri) ed è caratterizzata da valori di reach piuttosto contenuti. La bicicletta risulta corta e compatta, mentre lo stack è leggermente superiore alla media. Il risultato è una bicicletta non troppo bassa, che non obbliga ad estremizzazioni sull’anteriore quando il ciclista è in presa ribassata.

Sono cinque anche le combinazioni cromatiche previste, alle quali però si aggiungono quelle personalizzabili tramite il configuratore MyBHunique.

Allestimenti e prezzi

Gli allestimenti sono 4: 9.5 e 9.0 sono i top di gamma, poi 8.5 e 8.0. La prima si basa sulla trasmissione Sram Red AXS eTap e le ruote Zipp 454 NSW, con un prezzo di listino di 12.999 euro (il peso di questa versione è dichiarato a 6,95 chilogrammi). La 9.0 ha la trasmissione Shimano Dura Ace e le ruote BH Evo full carbon da 38 millimetri, disponibile ad un prezzo di 9.999 euro. Entrambe portano in dote il cockpit integrato ed in carbonio Vision, il Metron 5D.

La 8.5 e la 8.0 hanno un prezzo rispettivamente di 6.999 e 5.999 euro. La prima ha il pacchetto Shimano Ultegra 12v e le ruote Vision Metron 40sc, mentre l’ultima versione è equipaggiata con Shimano 105 Di2 12v e le ruote Vision Team 35 in alluminio. Entrambe hanno il manubrio integrato ed in carbonio della serie Evo di BH.

BH Bikes

Nuova Cervélo S5, tutto quello che c’è da sapere

26.07.2022
6 min
Salva

L’abbiamo già vista in primavera e durante una delle sue primissime uscite, vittoriosa con Wout Van Aert. La nuova Cervélo S5 arriva in modo ufficiale, dopo aver vinto un numero elevatissimo di gare tra i pro’.

Entriamo nei dettagli di una delle biciclette più vincenti di questo 2022, una versione che prosegue la striscia di successo del progetto Cervélo S5.

La nuova S5 vittoriosa con Van Aert (foto Cervélo)
La nuova S5 vittoriosa con Van Aert (foto Cervélo)

Nuova Cervélo S5, cosa cambia

Già dalla primavera e poi grazie anche al Tour de France l’abbiamo vista, ammirata e utilizzata anche dagli scalatori del Team Jumbo-Visma. Ma cosa è cambiato dalla versione più anziana?

Alcune sezioni del frame sono state aumentate di volume e hanno cambiato il proprio shape. Una parte degli ingombri sono più visibili al colpo d’occhio, altri meno. Ad esempio quello dello sterzo, ridotto all’interno del triangolo principale. Il disegno è una sorta di DNA, ma con curve dai profili affilati, come ad esempio i due stays obliqui del carro, con lo stesso volume dei precedenti, ma ora più affilati.

La bicicletta e’ resa ancora più efficiente in fatto di penetrazione dello spazio, pur rimanendo sempre in linea con le norme UCI. Se dovessimo quantificare in grammi, potremmo scrivere che la resistenza aerodinamica è migliorata di 65 grammi.

Sono state modificate la forcella (che frontalmente è tutta diversa) e la tubazione dello sterzo (più voluminosa); quattro i focus relativi alle modifiche. Il primo è quello di mantenere un’alta efficienza aerodinamica (che rimane il soggetto principale della S5), il secondo è quello di lasciare una maggiore luce per il passaggio dello pneumatico (avantreno e retrotreno supportano gomme fino a 34 millimetri di sezione). Il terzo è rendere l’avantreno più facile da guidare, fattore che si riflette sull’intera performance della bicicletta. L’ultimo focus ha come soggetto la semplificazione e lo sguardo va direttamente al cockpit.

Lo stem sdoppiato e specifico per questo progetto è più facile da montare, con un sistema alleggerito di 53 grammi. Inoltre permette una rotazione di 5° per una adattabilità maggiore.

La scatola del movimento centrale BBright è più grande e muscolosa, squadrata sopra dove l’obliquo e il piantone sembrano toccarsi. Sotto e ai lati i profilati sono sinuosi e arrotondati. Il supporto del deragliatore si può rimuovere. Il forcellino del cambio ha uno shape diverso. La nuova Cervélo S5 è compatibile solo con le trasmissioni elettroniche.

Manubrio e seat-post più connessi

Sono componenti che vediamo agli antipodi, eppure la biomeccanica più moderna li vuole sempre più vicini. Rispetto alla Cervélo S5 precedente è stata cambiata la modalità di fissaggio dello stem e si può regolare l’inclinazione da 0 a 5°. La forma della piega permette una migliore transizione delle mani dall’alto verso il basso e viceversa.

Nel complesso proprio l’avantreno e il cockpit danno modo di sfruttare appieno una posizione avanzata e caricata sull’anteriore. In parallelo c’è un off-set contenuto del reggisella (la nuova S5 ha il seat-post con 15 millimetri di arretramento, contro i 25 del vecchio modello). I “vecchi” reggisella S5 sono compatibili.

La rinnovata sezione e modalità di aggancio dello stem
La rinnovata sezione e modalità di aggancio dello stem

Concetto Turbulent Aero

Segue il protocollo che vede al centro due componenti: le ruote e gli pneumatici sempre più larghi. Si valutano le turbolenze, le situazioni reali di vento e di imbardata che si generano normalmente quando si pedala all’aperto. Il concetto è stato sviluppato utilizzando le ruote Reserve.

Impatto frontale ridotto anche grazie al cockpit
Impatto frontale ridotto anche grazie al cockpit

Grammi, aerodinamica e watt

Facciamo un passo indietro e torniamo al risparmio dei grammi, rispetto alla versione precedente. Il guadagno aerodinamico è stato tradotto in peso. Facendo due esempi: la nuova bicicletta a 30 chilometri orari permette di risparmiare 54 grammi (che sono 4 watt), 54 grammi a 60 chilometri orari diventano 8 watt. In una corsa a tappe, giorno dopo giorno, questo “marginal gain” diventa un’enormità.

Le geometrie

Le taglie disponibili sono 5: 48 e 51, 54, 56 e 68. Tutte le misure hanno in comune la medesima lunghezza del fodero basso del carro, che è di 40,5 centimetri. Per ogni misura è stato mutuato l’angolo del piantone di 73° (per nulla estremo, considerando il livello tecnico della bicicletta). Cambiano completamente l’off-set della forcella e l’angolo anteriore. Ogni taglia ha il suo valore.

Taglia per taglia, se valutiamo il reach e lo stack, la nuova S5 ha un reach piuttosto contenuto; la bici è corta, compatta. Lo stack invece è abbondante, a maggior ragione se consideriamo il DNA race spinto, fattore che non costringe ad una posizione troppo bassa e schiacciata.

Allestimenti e prezzi

Gli allestimenti sono quattro, ma ci sono anche i frame-kit (telaio, forcella e cockpit, serie sterzo, reggisella con relativo blocco di chiusura) con tre combinazioni cromatiche.

L’allestimento con la trasmissione Shimano Dura-Ace adotta di base anche le ruote Reserve nella combinazione 52/63. Ha il movimento centrale CeramicSpeed, le gomme Vittoria TLR e la sella di Selle Italia. La colorazione disponibile è chiamata five black.

Il secondo montaggio al top prevede la trasmissione Sram Red eTap AXS,le ruote Reserve 52/36 e i gli altri componenti mutuati dalla versione Dura-Ace. Questo montaggio è disponibile nella combinazione cromatica sapphire/ice.

Ci sono le due versioni con la trasmissione Shimano Ultegra a 12 velocità e Sram Force eTap AXS. Le ruote rimangono sempre le stesse (come gli altri componenti) e sono tubeless ready. Uguali anche le combinazioni cromatiche, due per ogni allestimento.

Cervélo

Manubrio, la qualità della prestazione passa anche da qui

23.07.2022
4 min
Salva

Continua il nostro percorso che mette insieme i diversi dettagli tecnici della bicicletta. Dall’aerodinamica alle geometrie, dalla biomeccanica agli pneumatici, dal manubrio alla sella, una via infinita che è in costante evoluzione, proprio come la bicicletta.

Abbiamo chiesto all’ufficio tecnico di FSA e Vision, quanto conta il manubrio nei termini di efficienza e se possiamo fare degli accostamenti tra le biciclette “normali” e quelle da crono. Ci rispondono a quattro mani Matteo Palazzo e l’ingegnere Francesco Ragazzini.

I corridori e i partener Jumbo-Visma utilizzano la galleria del vento di Eindhoven (foto FSA-Vision)
I corridori e i partener Jumbo-Visma utilizzano la galleria del vento di Eindhoven (foto FSA-Vision)
Quanto conta un manubrio da crono in termini di efficienza aerodinamica del sistema mezzo meccanico/corridore? 

Chiaramente nelle prove a cronometro ci sono una miriade di aspetti da tenere in considerazione, ma possiamo affermare che l’aerodinamicità gioca un ruolo predominante, anche rispetto alla potenza. Sicuramente il cockpit da cronometro, che sviluppiamo e personalizziamo per ogni atleta dei team con cui lavoriamo è uno degli aspetti principali.

Perché?

L’accoppiata manubrio/estensioni può portare ad un guadagno fino al 10%, ovvero 374 watt su uno sviluppo medio di 350. Questo significa che il corridore può essere più veloce di circa 7 secondi su 40 km di gara, e sappiamo bene che ormai le cronometro vedono i primi 5 atleti anche in meno di un secondo di distacco (il ricordo della crono di apertura del Tour de France è ancora fresco, ndr).

I test sulle protesi Vision (foto FSA-Vision)
I test sulle protesi Vision (foto FSA-Vision)
Si può fare un parallelo con i manubri delle bici tradizionali, oppure le bici da crono sono un mondo a se? 

Negli anni, soprattutto grazie alle possibilità che il carbonio offre in fatto di lavorazioni, non si è più legati alle sezioni tonde o ovali dei tubi. Quindi possiamo tranquillamente affermare che le biciclette sono totalmente diverse, soprattutto come geometrie. Questo porta ovviamente anche a differenze nette tra i manubri crono e road.

Di che tipo?

Nei primi ovviamente la base di studio è quella delle più elementari leggi sull’aerodinamica. Infatti non hanno solo funzione aerodinamica ma sono pensati anche per generare un certo carico aerodinamico sulla ruota anteriore per garantire anche la stabilità massima.

Damiano Caruso con le appendici personalizzate
Damiano Caruso con le appendici personalizzate
Quali sono i punti chiave nello sviluppo di un manubrio da crono? E per uno tradizionale?

I punti fondamentali sono sempre il comfort, inteso come corretta posizione dell’atleta, i flussi d’aria e la generazione delle turbolenze. Un manubrio tradizionale ha misure relativamente standard, le variazioni tendenzialmente sono sulla lunghezza dell’attacco e la larghezza del manubrio. Mentre in quelli da cronometro, il cockpit è composto da due parti, ovvero il base-bar o aerobar, che è pressoché standard se non nelle misure e dalle estensioni superiori. Queste ultime sono sviluppate in modo specifico per ogni atleta, attraverso studi 3D, la galleria del vento e test su strada.

Cos’altro?

A quanto sopra citato si aggiunge l’altra costante fondamentale, ovvero la rigidità. Infatti i manubri in carbonio hanno il grande vantaggio di poter essere costruiti anche pensando a quanto devono essere flessibili per smorzare le vibrazioni del terreno, un fattore che è parte dello studio e sviluppo che c’è dietro ogni modello.

Rispetto al passato notiamo le appendici sempre più alte e sagomate con una sorta di allineamento degli appoggi alla sella? Cosa è cambiato e perché? 

In passato si tendeva a tenere la posizione delle braccia molto bassa a favore dell’aerodinamica. Studi successivi più moderni, hanno portato a considerare in maniera significativa il gesto della respirazione. Quest’ultimo è uno dei motivi principali che hanno portato ad alzare la posizione nella parte frontale.

L’aerodinamica, fondamentale anche per i manubri delle bici standard (foto EF-Easypost/Gruber)
L’aerodinamica, fondamentale anche per i manubri delle bici standard (foto EF-Easypost/Gruber)
Perché molti corridori utilizzano ancora oggi una importante differenza tra sella e manubrio sulla bici tradizionale? Sarebbe più conveniente limitare lo svettamento? 

Con le tecnologie attuali si può studiare il corpo umano in maniera più approfondita, soprattutto il movimento del muscoli. I posizionamenti in sella sono frutto di questi studi e anche di quelli aerodinamici. Una posizione particolarmente svettante della sella, porta ad una migliore distribuzione dei pesi. In questo passaggio, dobbiamo considerare che a differenza delle crono, sulle biciclette standard mancano le estensioni atte ad allungare il corpo.

Quindi?

Quindi nel caso delle bici tradizionali si tende sempre a cercare una maggiore chiusura del corpo, alzando il più possibile la zona posteriore. Questo porta a una forma più aerodinamica e offre più controllo sul manubrio e sulla bici.

Il test della BH Aerolight, nelle corde ha la velocità

18.07.2022
5 min
Salva
Il test della BH Aerolight 6.5

Quando BH Bikes sviluppa una nuova bicicletta non lo fa in maniera banale. BH Aerolight ha design unico e iconico e in questo caso segue il filo della piattaforma aero concept della famiglia G dell’azienda basca. C’è l’aerodinamica e questo è palese, ma ci sono forme e soluzioni che rendono questa bicicletta identificabile in un mondo di standard.

Le performance del mezzo si rivolgono ad un’utenza che ama le biciclette veloci, briose e che “fanno sentire la strada”. L’abbiamo provata e queste sono le nostre considerazioni.

Nelle salite non troppo pendenti invita a spingere (foto Matteo Malaspina)
Nelle salite non troppo pendenti invita a spingere (foto Matteo Malaspina)

Aerolight per la Burgos-BH

E’ davvero un peccato non vedere i prodotti del marchio basco battagliare nel WorldTour e nelle corse di primissima fascia. BH è sponsor del Team iberico Burgos-BH. Le biciclette BH, periodo dopo periodo, hanno sempre offerto qualcosa di interessante, in termini tecnici e di design, spesso le abbiamo viste protagoniste. Le piattaforme BH sono caratterizzate da una grande specificità e pur utilizzando dei moderni concetti di sviluppo (design e materiali), è ben difficile trovare dei compromessi.

Ovvero: una bicicletta con delle marcate soluzioni legate all’aerodinamica deve essere aero prima di tutto e per questo c’è la nuova Aerolight. Una bici leggera e dedicata agli scalatori deve accontentare prima di tutto i salitomani, per questo c’è la Ultralight. Bh Bikes è un racing brand.

La BH Aerolight 6.5 (foto Matteo Malaspina)
La BH Aerolight 6.5 (foto Matteo Malaspina)

Come è fatta

Ovviamente è completamente in carbonio ed è una monoscocca. Tutta in carbonio è anche la forcella ed entrambi i comparti sfruttano la tecnologia HCIM (Hollow Core Internal Molding). Tradotto: questa soluzione permette di rendere omogenee le pareti interne delle tubazioni, evitando gli accumuli di materiale ed arricciatture del carbonio. E’ un ulteriore strumento di controllo della qualità.

Tutti i profilati, inclusa la forcella, sono disegnati con le linee Kamm Tail, che significa il profilo anteriore a goccia e quello posteriore tronco.

La forcella e tutto l’avantreno in genere sono una sorta di biglietto da visita della bicicletta, grazie alle forme uniche. I foderi hanno una vistosa curvatura che si protende in avanti (concetto Air Bow), con l’obiettivo di ottimizzare l’impatto frontale, lasciar passare un maggiore flusso d’aria tra la ruota e la forcella, ma anche di rendere la bicicletta tanto precisa e comoda.

Tanta integrazione tra anteriore e piantone. La zona dello sterzo è ACR e non si vede una guaina passare all’esterno. Non solo, perché questa soluzione permette un raggio completo del manubrio, senza blocchi interni. E poi c’è il piantone prolungato verso l’alto, che è la naturale sede del reggisella vero e proprio.

Un ulteriore dettaglio, che sancisce il detto “nulla è lasciato al caso”. I perni passanti hanno una linguetta che si estrae all’occasione, particolarmente comodi. Non servono brugole. L’obliquo prevede un doppio posizionamento per il portaborraccia.

L’allestimento per il test

Abbiamo provato una taglia MD: tradotto in numeri corrisponde ad una 54, con dei valori di reach e stack piuttosto contenuti, in puro stile BH. Il cockpit integrato Evo è full carbon e c’è la trasmissione Shimano Ultegra Di2 a 12v nella sua completezza, guarnitura inclusa (52-36/11-34). Le ruote sono le Vision TC55, gommate Michelin da 28. La sella è Selle San Marco. Abbiamo rilevato un peso di qualche grammo superiore ai 7,7 chilogrammi, non molto a dir la verità se consideriamo le ruote.

La prova su strada

La Aerolight è particolarmente veloce, lo si percepisce fin dalle prime battute. Le ruote in dotazione offrono dei vantaggi in tal senso, ma la vocazione della bicicletta è limpida. E’ facile da lanciare quando la velocità è già alta ed è anche facile mantenere quella stessa velocità. Invita a caricare e spingere sull’anteriore, sfruttando il comparto centrale e tenendo più scaricato il retrotreno.

In salita è una sorta di dottor Jekyll e mister Hyde. Soffre le salite lunghe e le pendenze in doppia cifra per tratti prolungati, mentre dove si riesce a prendere velocità è davvero gratificante. Con delle ruote più leggere e magari dal profilo medio è un gran prodotto da sfruttare a pieno nei tracciati di gara mediamente impegnativi.

In discesa ha un comportamento superiore alla media della categoria, perché è agile, precisa e molto stabile. Non è facile per un prodotto di questa categoria essere agile e fluida anche all’interno di tratti pieni di tornati consecutivi. La geometria ben sviluppata aiuta non poco.

In discesa è davvero bella da guidare (foto Matteo Malaspina)
In discesa è davvero bella da guidare (foto Matteo Malaspina)

In conclusione

La BH Aerolight 6.5 non è una bicicletta pensata per le passeggiate. E’ una bicicletta da gara moderna nelle forme, nei concetti e anche nelle performances, esigente sotto molti punti di vista, ma capace di gratificare quando si ha gamba e si spinge forte. La possibilità di sfruttare le gomme grandi, ci stanno bene le 28 (e magari una 30 posteriore, facendo attenzione al canale interno delle ruote), offre un tocco di versatilità non trascurabile, con uno sguardo al futuro da non tralasciare.

BH

Primo riposo, curiosità tipiche da Tour de France

04.07.2022
5 min
Salva

Sono davvero tante le curiosità che abbiamo visto nelle prime giornate del Tour de France, qualcuna più evidente, qualcun’altra più nascosta, qualcun’altra la noteremo dopo il giorno di riposo. Dalla crono di apertura, fino ad arrivare alle tappe in linea, ecco cosa abbiamo scovato.

Aerodinamica nella crono di apertura

Nuovi caschi Specialized. Hanno debuttato ufficialmente i nuovi caschi TT5 da crono, arrotondati davanti e più squadrati dietro, prodotti in linea con le tendenze più attuali. Ovvero, è abbandonata la coda posteriore molto pronunciata, tipica di un decennio e più addietro. Al pari di questo nuovo casco, gli atleti supportati da Specialized hanno indossato una sorta di passamontagna, utile a risparmiare, in termini di efficienza, fino a 7 watt. La crono di apertura è stata vinta a sorpresa da Lampaert con il casco vecchio.

Cambio danese. Molti atleti sponsorizzati da CeramicSpeed e non solo, hanno montato il bilanciare posteriore con l’ala aerodinamica. Il prodotto è stato visto anche al Giro d’Italia, ma in questo caso i profili sono stati personalizzati con la bandiera danese. Gli atleti del Team Wanty-Intermarché lo avevano montato anche sulle bici standard durante la cerimonia di apertura.

Le cose nuove di Ganna. A partire dal casco e dalla visiera, quest’ultima con un perimetro pronunciato verso l’esterno. La Pinarello Bolide F non aveva le ruote Shimano, bensì le Princeton Carbon Works con cerchi tubeless.

Prima tappa in linea, cose più… normali

Una guarnitura FSA da 529 grammi per Rolland. E’ l’evoluzione della K-Force di FSA, è stata aggiornata per le 12 velocità ed è stata utilizzata dal corridore francese già al Delfinato. Pedivelle in carbonio e corone molto scavate, è montata sulla nuova KTM Revelator Alto.

Shimano S-Phyre. Quelle indossate da Van der Poel, da Merlier e da altri atleti sponsorizzati, sono una sorta di evoluzione delle calzature top di gamma di Shimano. La differenza principale (quella che si nota maggiormente) sembra essere legata alle zone dove incrociano i cavi, ora più bassi e meno ingombranti. Potrebbe essere una sorta di S-Phyre RC10!

Scarpa con livrea personalizzata per Van Aert. E’ sempre una Shimano S-Phyre, ma non è l’ultima versione descritta in precedenza. La particolarità è nella livrea, customizzata per il corridore belga. La calzatura è stata messa in palio per un concorso promosso da Shimano Benelux.

E le ciabatte Crocs! Non solo biciclette, caschi e divise da cartoni animati, ma anche le ciabatte Crocs sono un gran bel “tocco di classe” e perfettamente in linea con lo stile con i ragazzi EF-Easypost in questo TDF.

Il nuovo casco Rudy Project. Si chiama Egos ed esordisce ufficialmente in questo Tour de France 2022, indossato dagli atleti del Team Bahrain Victorious. Più ventilazione rispetto al modello precedente, grazie alle tante feritoie che solcano il casco e alle due “bocche” frontali.

Terza tappa, altre cose da sbirciare

Un nuovo casco anche per i Trek-Segafredo. Potrebbe essere la naturale evoluzione del modello Bontrager Velocis, un casco già presente in gamma da diverse stagioni. Lo shape del nuovo prodotto ricorda proprio il vecchio Velocis, ma con due feritoie aggiuntive nella parte frontale.

Si vede bene anche la nuova Canyon Ultimate. Aspettiamo il lancio ufficiale e le diverse informazioni al riguardo. La versione rinnovata ha fatto la sua prima comparsa al Delfinato, in dotazione a qualche atleta Movistar. Si vede una bicicletta con un impatto estetico che non dimentica il passato, ma con una forcella più voluminosa. Sempre in merito alla forcella, si presume un cambio totale dello stelo, che ora permette di alloggiare la nuova serie sterzo e il manubrio, lo stesso dell’Aeroad. Siamo certi di un valore alla bilancia davvero interessante e di nuovi sviluppi legati alla lavorazione del carbonio.

Un casco nuovo anche per gli Ineos al Tour de France, non solo per le crono. Indossato da Filippo Ganna, sembra posizionarsi (per i concetti tecnici e di design) tra il Protone e l’Utopia. La forma è arrotondata con una calottamento non estremo.

Nuova Pinarello Bolide F: appena nata, è già vincente

30.06.2022
5 min
Salva

La nuova Pinarello Bolide F, l’abbiamo immaginata e vista, poi abbiamo atteso la sua ufficializzazione. Siamo a ridosso del Tour de France e puntuale, nel momento in cui Filippo Ganna la utilizzerà durante il suo assalto alla prima maglia gialla, la casa veneta entra nel dettaglio della nuova bici da crono.

Quando abbiamo pubblicato un approfondimento tecnico sull’aerodinamica delle biciclette, tra le varie considerazioni, una ci è rimasta impressa.

«Dal punto di vista commerciale – disse Federico Sbrissa della casa trevigiana – le vendite sono molto limitate e il ritorno è una questione di immagine del brand. Per Pinarello vale comunque la pena investire in questa categoria».

Tradotto, per un racing brand come Pinarello ci sono fattori che vanno oltre il business vero e proprio. La ricerca, lo sviluppo e fornire i materiali di altissimo livelli agli atleti più vincenti, sono una parte integrante di questa filosofia.

Ganna, campionati italiani crono in Friuli: si vede la forcella che spancia lateralmente
Ganna, tricolori crono in Friuli: si vede la forcella che spancia lateralmente

Accadde nel lontano 2013

Era l’epoca del Team Sky. C’erano Sir Bradley Wiggins e la necessità di sviluppare una bicicletta TT in grado di soddisfare le esigenze di un pool di professionisti forti dal punto di vista atletico, estremamente autorevoli nella tecnica e nella cura dei dettagli. C’era la necessità di rendere ancor più veloci dei corridori già velocissimi.

La prima Bolide nasce nel 2013 e nel 2015 entra nella storia con la versione HR, quella del record dell’Ora. Nel 2016 la prima evoluzione, con la Bolide TT, il progetto che ha accompagnato Ganna alla conquista di successi straordinari. E’ passato poco più di un lustro. Ora c’è il team Ineos-Grenadiers, c’è ancora Filippo Ganna fresco campione italiano della crono e c’è anche una versione tutta nuova della Bolide, che adotta il suffisso F (fastest bike ever, la bici più veloce di sempre).

CFD di nuova generazione

Lo sviluppo della Bolide F parte da un sistema CFD (Computational Fluid Dynamics) di ultima generazione, che mette insieme diversi criteri di valutazione e fa collimare i dati ai reali processi di produzione, Ma c’è altro…

L’implementazione dello studio di penetrazione dello spazio ha permesso di migliorare alcune sezioni della bicicletta, aumentando ulteriormente l’efficienza aerodinamica della precedente versione. Il piantone e il reggisella, tutto il carro con i suoi fendenti sono stati disegnati per adattarsi al meglio ai freni a disco, ottimizzando inoltre il sistema bicicletta/corridore. Lo schema utilizzato da PinaLab (e dal nuovo protocollo CFD) per la nuova Bolide F considera le variabili che si generano su sette angolazioni differenti e ben otto posizioni dell’atleta. Vengono considerate anche le potenze espresse dal corridore.

Le prime apparizioni della Bolide F, tra Tour de Suisse e Delfinato (foto Getty Images Pinarello)
Le prime comparse della Bolide F, tra Tour of Suisse e Delfinato (foto Getty Images Pinarello)

I punti chiave del progetto

L’ingresso dei freni a disco non ha solo obbligato a variare alcuni concetti di design delle tubazioni e sezioni della bicicletta, ci sono da considerare anche ruote e gomme. La Pinarello Bolide F è ottimizzata per l’impiego degli pneumatici da 28 millimetri e si adatta anche alla tendenza di avere ruote più “panciute” e con i canali interni più larghi.

Sono state riviste le forme delle appendici e il punto di ancoraggio all’attacco. In questo punto della bicicletta il drag è stato migliorato del 3%. Inoltre, sempre in merito al comparto del manubrio, è stato necessario un percorso di sviluppo differente, rispetto a quello dedicato a telaio e forcella.

Le appendici sono personalizzate in base alle caratteristiche degli atleti e prendono forma grazie ad una scannerizzazione del corridore: sono custom. Sono in titanio e stampate 3D, un processo molto costoso, ma che garantisce delle performances elevatissime. Ci sono due aziende in grado di sviluppare un prodotto di questa caratura: una in Italia, la seconda in UK.

Bolide F è più rigida del 17% nella zona del movimento centrale. Nei pressi del tubo sterzo la rigidità è stata aumentata del 7%. La forcella ha una rigidità superiore del 12% e del 5% lateralmente. Queste valutazioni non sono state eseguite esclusivamente sul materiale in un momento di staticità, ma considerando un’azione di 550 watt, valore accostabile a quello espresso da Ganna.

Caratteristica la sagomatura dell’obliquo che “accompagna” la ruota
Caratteristica la sagomatura dell’obliquo che “accompagna” la ruota

Il telaio è asimmetrico

Il telaio asimmetrico è una sorta di marchio di fabbrica, soluzione che viene mutuata dalla famiglia Dogma, così come la scatola del movimento centrale, filettata e con passo italiano. Il carbonio utilizzato è della serie M40X di Toray. E’ tutta in carbonio anche la forcella, specifica per il progetto Bolide F, che prende il nome di Onda TT fork. Il carro posteriore e la forcella danno spazio a pneumatici fino a 28 millimetri di sezione e la bicicletta è ovviamente approvata UCI.

Il telaio asimmetrico appartiene al DNA Pinarello
Il telaio asimmetrico appartiene al DNA Pinarello

Anche più leggera

A parità di taglia, una 55, il frame-kit (telaio, forcella, reggisella e serie sterzo, oltre alle guaine idrauliche dei freni) della nuova Bolide ha un valore alla bilancia dichiarato di 2.265 grammi (1.100 grammi il solo telaio, non verniciato). La versione più anziana con freni tradizionali arrivava a 2.435 (170 grammi di differenza). Viene prodotta in quattro taglie: 45, 48,5, 52 e 55. tutte le misure hanno in comune l’angolo del piantone a 77°, mentre l’apertura dell’avantreno varia tra i 72° e 73° (dal telaio più piccolo a quello maggiore).

Pinarello

La nuova Scott Foil RC, una aero bike che non ti aspetti

29.06.2022
9 min
Salva
La nuova Scott Foil RC di terza generazione. Prosegue la storia di una delle bici più vincenti sulla quale si cominciò davvero a studiare l'aerodinamica riferita a un telaio da strada. L'abbiamo provata nel circuito Porsche sul Lago di Iseo. Ecco che cosa è emerso.

E’ stata presentata in modo ufficiale la terza generazione di una delle biciclette aero-concept più vincenti, una delle prime ad utilizzare il filo conduttore che fa collimare leggerezza, efficienza aerodinamica e comfort: la nuova Scott Foil RC.

Con un design ed un impatto estetico completamente stravolti rispetto al passato, l’ultima Foil RC conserva quel DNA che è una sorta di family feeling Scott.

Nuova Scott Foil RC Ultimate (@markus greber Scott)
Nuova Scott Foil RC Ultimate (@markus greber Scott)

Aero bike prima di tutto

La prima versione della Foil RC nasce nel 2010, quando i freni a disco erano ancora un progetto embrionale in ambito road. Era una bicicletta diversa dagli standard dell’epoca. Aerodinamica certo, ma non eccessiva, capace di essere un riferimento per versatilità, comfort (in considerazione della categoria aero) e anche leggerezza.

La seconda generazione viene lanciata nel 2015 e ripresa in seguito (definita Scott Foil RC face lift) con le modifiche legate ai freni a disco. La nuova Scott Foil RC di terza generazione segue il fil rouge della piattaforma Foil, che è una bicicletta aerodinamica prima di tutto il resto, ma vuole essere anche un riferimento in fatto di trasversalità. La vedremo al Tour de France, in dotazione al Team DSM.

Anteriore e posteriore, due punti chiave del design
Anteriore e posteriore, due punti chiave del design

Un 25% da sfruttare al meglio

La bicicletta non è la variabile più importante, perché è il corridore che oppone la resistenza maggiore. Si potrebbe scrivere che l’atleta influisce al 70%, la bicicletta il 25% e le ruote il 5%. Concentrandosi sul mezzo meccanico, la differenza la può fare il modo in cui si sfrutta quel 25% della bicicletta. Tradotto in numeri: ad una velocità di 40 all’ora, la nuova Foil è più veloce della precedente e permette di risparmiare 1’18”. Lo sviluppo dei concetti aero legati alla nuova Scott Foil RC partono proprio da queste basi.

Come è fatta

E’ tutta in carbonio ed è monoscocca, anche se il blocco unico del modulo è riferito nello specifico al triangolo anteriore. Il carro posteriore è diviso in più parti e unito all’anteriore in un secondo momento. La nuova Scott Foil RC vede l’ingresso anche di un carbonio “alleggerito”, ovvero l’SL, tessuto composito che si riferisce alla top di gamma Ultimate.

La base del carbonio è sempre l’HMX, comune a tutte le altre versioni del catalogo: Pro, 10, 20 e 30. Alcuni numeri interessanti del carbonio: per la versione Ultimate con tessuto HMX SL sono necessarie 558 pezze di carbonio ed il valore alla bilancia dichiarato è di 915 grammi nella taglia media (inclusi il forcellino, il blocco del reggisella e il supporto della batteria Di2). Per il modulo standard HMX si devono considerare 70 grammi in più. Il design della bicicletta è comune a tutti i modelli. Nel complesso abbiamo un prodotto che trova la luce dopo tre anni di ricerca e sviluppo e oltre 300 simulazioni.

Confronto con la Foil precedente

Le forme parlano chiaro, la bicicletta è tutta diversa, lo è nel design e anche nei numeri. La terza generazione è il 20% più veloce, il 9% più leggera ed esprime un concetto di comfort maggiormente efficiente del 10%. Tutte le tubazioni hanno dei profili NACA, con delle superfici definite Transition, più efficaci nella penetrazione dello spazio.

La bicicletta è più massiccia nella parte frontale, con una forcella full carbon voluminosa nelle sezioni laterali. Spariscono le due ali vicino al perno passante. Anche il profilato dello sterzo è più grosso e c’è un nuovo manubrio, sempre della famiglia Creston, diverso da quello che troviamo sulla Addict RC.

Reggisella con flessioni controllate

L’attenzione si sposta sulla vistosa curvatura del piantone che rientra verso l’interno della bici. Ci sono i foderi obliqui che si innestano al centro, leggermente spanciati verso l’esterno della bicicletta e sembrano proteggere la gomma. Lo shape di questa zona e la parte posteriore dello stesso piantone sono ottimizzati per uno pneumatico da 28 millimetri, il compromesso migliore tra aerodinamica e comfort. Qui c’è anche una scatola del movimento centrale davvero abbondante, arrotondata, ma anche parecchio definita e con linee marcata dove i foderi bassi si innestano.

La parte alta del seat-tube invece è… magra, una sorta di lama che fa alloggiare il reggisella che prende il nome di Duncan. Quest’ultimo è disponibile in due versioni, quello più rigido in un blocco unico di carbonio HMX, oppure quello costruito con due blocchi separati (abbiamo usato questo) che sfrutta delle flessioni orizzontali a favore di comfort e stabilità (una volta su strada si sentono ed è un beneficio non da poco). Qui rimane lo spazio per un inserto che “riempie il reggisella”, disponibile anche con una luce integrata da 20 lumen, customizzabile nelle modalità.

Il carro posteriore

Mentre i due foderi bassi del carro hanno dei volumi importanti e alternano arrotondamenti e linee più marcate, quelli obliqui sono una lama e si allargano vistosamente nel punto di connessione, dove per altro c’è il perno passante e la pinza del freno. Sono belli da vedere e in linea con un telaio che esprime performance al solo sguardo.

Gli altri punti chiave

La tolleranza massima consentita per il passaggio degli pneumatici è di 30 millimetri, per avantreno e retrotreno. Però, per sfruttare al massimo l’aerodinamica, tutte le versioni della nuova Scott Foil RC hanno la gomma anteriore da 25 (oppure 26) e quella posteriore da 28. La serie sterzo non ha dei blocchi che limitano il raggio del manubrio e lo stelo della forcella è compatibile con gli stem comuni.

Le due versioni al top del listino, RC Ultimate e RC Pro hanno in dotazione il nuovo cockpit integrato Creston; gli altri adottano lo stem e la piega Syncros separati. Nel complesso la compatibilità con le trasmissioni meccaniche è possibile. Da non dimenticare, per gli amanti del monocorona, la possibilità di rimuovere il supporto del deragliatore. Infine le geometrie, che sono le medesime della Addict RC, ma con i punti di contatto principali che sono stati ridefiniti.

Cinque allestimenti e sette taglie

RC Ultimate, RC Pro, RC 10, 20 e 30, queste le versioni disponibili. La prima si basa sulla trasmissione Sram Red eTap e le ruote Zipp 454NSW, mentre la seconda sul pacchetto Dura-Ace di ultima generazione, per trasmissione e ruote. La 10 ha l’Ultegra a 12 e le ruote Syncros 1.0, mentre la Scott Foil RC 20 ha le stesse ruote della 10, ma con il cambio Sram Rival AXS eTap. L’allestimento prevede una trasmissione Shimano e le ruote Syncros in alluminio. I prezzi e la disponibilità sono in via di definizione. In aggiunta, un interessante podcast prodotto da Scott che offre ulteriori spunti sulla nuova bicicletta.

Le prime impressioni

E’ una bici di nuova generazione capace di offrire dei feedback “quasi” inaspettati. Fluida e “facile”, con una semplicità di approccio che è parte integrante di Scott e che viene ripresa sulle biciclette del brand. E’ comunque una bici racing e lo si vede nelle forme, ma anche nella geometria.

Taglia per taglia ha un reach compatto che aiuta a caricare buona parte del peso sull’anteriore, a favore di una guida aggressiva. Il valore dello stack invece è ottimale, grazie ad un tubo dello sterzo non troppo corto.

scott

Caschi, quando l’aerodinamica è sinonimo di ventilazione

28.06.2022
6 min
Salva

Le giornate da canicola fanno tornare alla ribalta il problema del calore e delle reali capacità di ventilazione dei caschi. Ci sono corridori che durante la stagione più calda abbandonano i caschi maggiormente calottati e chiusi. Ci sono atleti che il casco aero non lo tolgono neppure sotto il sole cocente e nel corso delle lunghe scalate.

Cerchiamo di approfondire l’argomento e di capire se un casco aerodinamico può fornire anche una ventilazione ottimale in condizioni climatiche critiche.

Dopo il grande caldo i caschi vengono lavati e “stesi”
Dopo il grande caldo i caschi vengono lavati e “stesi”

L’efficienza dei caschi

Tra le considerazioni e punti di vista che abbiamo raccolto, il punto fermo è l’efficienza aerodinamica dei caschi, fattore che influisce in maniera esponenziale anche sulla ventilazione. Un casco non deve solo essere bello da vedere e da indossare, ma deve fornire delle performances ottimali contro un avversario che si presenta ostico: il vento. Abbiamo posto quattro quesiti a Piero Bionda di Limar, Ulysse Daessle di Met e Stefano Montroni di Abus.

Quanto influisce un casco sulla temperatura che si genera nella zona della testa? E’ possibile agire sui componenti per limitare l’accumulo di calore? Meglio un casco aero-concept, oppure uno tradizionale? E’ possibile far collimare l’aerodinamica con una ventilazione eccellente?

Piero Bionda, Limar

«La differenza viene fatta dalle prese d’aria e da come le feritoie vengono ottimizzate ed integrate nel design dei caschi. La ricerca aerodinamica legata allo sviluppo dei caschi, ha permesso di rendere più efficienti i prodotti e al tempo stesso è possibile combinare un design aerodinamico con una buona ventilazione. A prescindere, i punti chiave sono lo sviluppo interno della calotta e le prese d’aria.

«Durante gli studi sugli effetti della temperatura che si genera nella zona della testa, molti problemi emergono con il freddo. Se il casco ha dei requisiti soddisfacenti, si parla sempre di ventilazione ottimale. I problemi di crescita eccessiva della temperatura non si presentano, neppure se l’atleta è fermo».

Ulysse Daessle, MET

«Il casco è un elemento chiave nella gestione della temperatura. Un casco che gestisce male il flusso d’aria, nonostante le aperture, sarà più caldo e scomodo all’uso. I caschi più efficienti e performanti riescono a canalizzare l’aria per abbassare la temperatura della testa, in qualsiasi circostanza.

«In MET usiamo un metodo di sviluppo particolare. Dopo i primi sketches, passiamo al computer per creare il casco in 3D. Questo step ci permette di lavorare su un design curato e molto vicino al prodotto finito, di fare la simulazione della ventilazione, del peso e dell’aerodinamica. Non in ultimo il comportamento in caso di impatto. Possiamo davvero calibrare le varie parti del casco.

«Lavoriamo e studiamo la ventilazione, alle basse e alte velocità. All’occorrenza modifichiamo il design ed i componenti. Un esempio è la disposizione delle canalizzazioni interne, una delle sezioni che richiede una tempistica dilatata per uno sviluppo adeguato.

«Rispondendo alla domanda successiva, possiamo affermare che dipende da cosa s’intende per casco tradizionale. I nostri caschi dedicati alla gamma road hanno una canalizzazione interna dell’aria, ma anche la feritoia NACA che genera un effetto Venturi. Quest’ultima aiuta a spingere l’aria calda fuori dal casco. Quindi non sono cosi “tradizionali” e fanno collimare la ricerca aerodinamica alla ventilazione.

«Uno sviluppo massimizzato delle forme ci ha portato ad avere un casco, quello utilizzato da Pogacar, con solo il 30% del cranio a contatto con il casco e il restante 70% che risulta ventilato in maniera costante. Le ore spese sui moduli 3D ci hanno permesso di inclinare a 25° i deflettori, capaci di offrire la massima ventilazione anche in salita e performance aerodinamiche invidiabili e adottano delle soluzioni NACA.

«Quindi sì, è possibile far collimare l’aerodinamica di un casco con una ventilazione eccellente e talvolta le due cose vanno a braccetto, senza confondere le forme chiuse dei casco da crono, una categoria dove si ricercano le prestazioni assolute dell’aerodinamica».

La simulazione di Abus che esamina i punti più caldi della testa
La simulazione di Abus che esamina i punti più caldi della testa

Stefano Montroni, Abus

«Dopo la bicicletta, il casco è un altro punto fermo dove inizia la ricerca dell’aerodinamica migliore. Questo ci dice che l’aerodinamica è legata in maniera indissolubile allo sviluppo dei caschi moderni. Inoltre la testa ed il casco sono il punto più lontano da terra, fattore che incide in maniera esponenziale sul CX complessivo del corridore. L’aerodinamica è utile per trovare delle soluzioni ottimali di ventilazione, spingendosi verso la migliore ratio tra efficienza aerodinamica e ventilazione.

«I flussi d’aria che entrano nel casco vengono studiati in modo che non incidano in modo negativo. La migliore ventilazione possibile, in relazione al design del prodotto, è un fattore che occupa le prime posizioni nella scala delle priorità. Se da un lato i caschi proteggono dall’esposizione diretta dei raggi solari, dall’altro il surriscaldamento è un aspetto da considerare.

«Le elevate temperature che si generano portano a nausea, emicrania e alterazioni della frequenza cardiaca, tutti fattori che influiscono negativamente su performance e salute. Un casco che permette di ventilare costantemente e dissipare il calore, offre dei vantaggi non secondari e gli studi dell’aerodinamica ci vengono in aiuto anche sotto questo punto.

«Grazie ai risultati della galleria del vento, oggi è possibile modificare la geometria interna della calotta. In conclusione si può dire che i caschi aero-concept hanno delle enormi potenzialità. Quelli che categorizziamo come caschi tradizionali, nella maggior parte dei casi, sono studiati per esasperare il fattore dell’aerodinamica sui ciclisti professionisti, che hanno una biomeccanica impeccabile e sono in grado di non cambiare la loro posizione per ore.

«I caschi aero e quelli ibridati consentono di mantenere un buon comfort, una commisurata aerazione e un buon compromesso aerodinamico, indipendentemente che la messa in sella sia perfetta o meno. E’ un esempio il nostro sistema Multi Position Design Sistem sviluppato dagli ingengeri Abus con l’ausilio del wind tunnel. Questa soluzione fa variare il rapporto aerodinamica/ventilazione, in base alla posizione della testa».