La prima settimana di Tour de France è andata. Nel bene per alcuni, nel male se non malissimo per altri. E’ tempo quindi dei primi bilanci che noi di bici.PRO facciamo con chi è in Francia e i corridori oltre a commentarli alla tv li vede dal vivo. Lo avrete capito: Stefano Garzelli.
Caos VdP-Van Aert
Il re del Giro 2000 parte a tutta e si lancia subito sul discorso del caos che hanno creato Van der Poel e Van Aert, con l’aggiunta, diciamo noi, di Alaphilippe. Julien sembrava destinato a far classifica, ma è anche un finisseur e così se si muove lui ecco che partono tutti gli altri.
«Tutti gli anni – spiega Garzelli – vediamo più o meno un Tour lineare con la corsa che aspetta le montagne, con le fughe e le volate all’inizio, invece stavolta questi due ragazzoni hanno cambiato le cose. E quella tappa di 249 chilometri, corsa ad una media folle, ha inciso moltissimo. Il loro comportamento ha scombussolato i piani, sia fisicamente che mentalmente anche degli uomini di classifica, che li hanno seguiti. In altre occasioni sarebbero stati buoni almeno fino alla prima tappa alpina, invece l’altro giorno dopo 40 chilometri c’erano già corridori ovunque.
«A mio avviso, seguirli è stato un errore da parte degli uomini di classifica, perché due così, anche se non si ritirano, e prendono 20′ di vantaggio nell’ultima settimana pagano. Non hanno preparato il Tour in modo specifico. I minuti fioccano alla fine per corridori del genere».
Nervosismo nella norma
Secondo Garzelli invece le cadute che ci sono state fanno non sono dovute ad un maggior nervosismo.
«Il Tour è sempre stato nervoso. Poi è chiaro che quella signora con il cartello e l’arrivo in volata in discesa del giorno dopo sono stati episodi eccezionali, ma le cadute anche di big come Roglic e Thomas fanno parte del gioco. Non sono una conseguenza del modo di correre “imposto da Van Aert e Van der Poel. Ho sentito dire: Roglic è caduto perché non è capace. Ma che significa? E’ successo a tanti. Forse per Thomas è un po’ più colpa sua, ma sono situazioni di corsa che possono succedere a tutti.
«Piuttosto sono colpito dal sistema di corsa che è emerso e dai distacchi che ne sono scaturiti. Quando vedo gente come Fuglsang o Nibali che prendono 20′-25′ mi viene da pensare. E infatti se andiamo a vedere davanti ci sono quasi tutti giovani che non sono caduti e che meno di altri pagano questo modo di correre».
Pocagar ha già vinto?
La questione della maglia gialla assegnata allo sloveno è il tema che tiene banco un po’ dappertutto. Ma veramente possiamo dire che Pogacar ha già vinto questo Tour de France?
«Che dire? Io sono rimasto impressionato dalla scalata che ha fatto sul Col de Romme – dice Garzelli – mi piacerebbe tanto conoscere i suoi numeri e sapere la Vam (velocità ascensionale media, ndr) che ha fatto. Distacchi del genere non li ricordo. Neanche Pantani fece tanto. Ha dato 1’50” a Carapaz in meno di 5 chilometri e 3′ a tutti gli altri. Poi si è gestito sulla Colombiere e ha fatto la discesa senza rischiare nulla. In più non ha fatto la volata volata per il secondo posto perché è intelligente: non vuol inimicarsi nessuno, lascia vincere e sa che qualche favore potrebbe tornargli indietro.
«Dire che il Tour è finito mi sembra un azzardo, ma certo quando li vedo arrivare tutti sono gonfi, stremati, si buttano a terra mentre Tadej è il più fresco. Deve arrivare ancora il grande caldo e potrebbe pagare. Sin qui però l’unico momento di difficoltà lo ha avuto in avvio della tappa lunga, quando mi è sembrato un po’ spaesato e ha dovuto rincorrere. Ma alla fine quel giorno, proprio per quanto erano andati forte, quello che stava meglio era proprio lui. E poi ha beneficiato del lavoro, per me inspiegabile, della Movistar che ha rincorso Carapaz».
Bravo Carapaz
Per Garzelli Carapaz è stato il migliore dopo Pogacar. Per il varesino è stato bravissimo e l’unico che ci ha provato.
«Dico un azzardo: verso Tignes il forcing la Ineos-Grenadisers lo ha fatto non tanto per attaccare Pogacar, che è inattaccabile e lo sanno bene, ma per non fargli perdere la maglia. Sappiamo che questa implica uno stress maggiore tra conferenze stampa, premiazioni… e ti fa arrivare in hotel due ore più tardi degli altri.
«Dicevo difficile attaccarlo perché i Pirenei sono duri, ma non durissimi, anche se la tappa di Luz Ardiden è molto impegnativa, e perché Pogacar sta bene, ma occhio alla tappa di mercoledì, che per me è la più importante. Scalare due volte il Mont Ventoux non è cosa da poco e su una salita del genere se si spegne la luce perdi tanti, ma tanti minuti. E se fa caldo poi… Questa mattina a Valence c’erano già 28°». E Carapaz va bene in quelle condizioni: caldo e poco ossigeno.
Garzelli sugli italiani
«Poca roba nel complesso – dice Garzelli – ma lo sapevamo. Sapevamo che Nibali era al Tour perché doveva esserci. Io sinceramente non credevo ci sarebbe venuto alla fine, credevo che andasse a prepararsi altrove. Pedala anche bene, ma ha preso due belle batoste. Magari dopo la tappa in cui era andato in fuga pensava di stare nei dieci e quando uno come lui, che non ci è abituato, incassa tanti minuti moralmente è una botta. Lo dico perché ci sono passato in prima persona.
«Colbrelli invece strepitoso! Peccato per le prime due tappe. In quella iniziale è stato un po’ sfortunato perché è caduto ai 10 dall’arrivo. Nella seconda, vinta da VdP, invece ha sbagliato. Troppa sicurezza, troppa condizione e alla fine gli ha tirato la volata. Non avrebbe vinto, ma poteva fare secondo. Se può davvero conquistare la maglia verde? Per me sì. E non dovrà sempre attaccare come ha fatto ieri perché le volate della seconda e terza settimana sono diverse da quelle della prima. Lui stesso mi ha detto che quelle non erano le sue volate. E poi molti sprinter sono andati a casa. Sonny se la gioca con Cavendish e Matthews, che tra l’altro ieri andava declassato per quel traguardo volante».
Infine Garzelli fa un plauso a Cattaneo e a Formolo.
«Io ho la possibilità di vedere la tappa sin dal chilometro zero e posso garantirvi che Mattia erano giorni che cercava la fuga. Sta bene, è andato forte a crono… E Formolo bravo davvero! E’ stata una pedina fondamentale per Pogacar sin qui. Si vede che dà tutto. Adesso ha capito che quello è il suo ruolo: un gregario di lusso. Si potrà valorizzare al massimo. Lui alle Olimpiadi? Sì, ci poteva stare eccome».