Vedendolo piangere, c’è scappata la lacrima. Cristian Scaroni ha vinto la prima tappa della Adriatica Ionica Race nella fornace di Monfalcone. E mentre i compagni di nazionale lo abbracciavano, sono risalite su per la gola le sue parole di quel giorno a Salò, a margine della conferenza stampa del CPA, quando ci raccontò che certe notti faceva fatica a dormire. Oggi invece Scaroni ha vinto. E ride. E piange. E abbraccia. E urla. E respira forte perché vincere gli è costato due anni di vita dopo 50 giorni senza corse. E un po’ forse s’incazza, perché l’anno del rilancio sta diventando una discesa agli inferi. E’ il pomeriggio del 4 giugno in Friuli, e come quando Malucelli vinse a Bagheria la prima tappa del Giro di Sicilia, oggi s’è giocata una partita di gambe, cuore e carattere.
Scaroni e Carboni, due dei tre corridori della Gazprom in gara alla Adriatica Ionica Race Con Canola, durante la conferenza stampa del CPA al Giro, Scaroni ci aveva raccontato il suo momento difficile
«Questa vittoria – quasi piange – significa non mollare mai. Io ho sempre pensato che la differenza non la fa chi vince sempre, ma chi tiene duro. In questi 15 giorni, da quando abbiamo saputo che avremmo corso qui, mi sono buttato a capofitto per puntare a fare un discreto risultato. Sull’ultima salita ho avuto mal di gambe. Mi sono staccato dai primi 5 corridori, è inutile, manca un po’ di ritmo gara».
L’abbraccio di Bennati
Arriva Bennati con una camicia bianchissima che dopo l’abbraccio è zuppa di sudore. Anche il cittì ride di gusto e lo copre di complimenti. Lui forse lo intuisce, ma il suo primo abbraccio è stata la convocazione. Il tempo del saluto e poi il toscano prenderà la via di casa. In settimana partirà per l’Australia, dove potrà finalmente farsi un’idea del percorso iridato di Wollongong.
«Non era previsto che venissi – dice il tecnico azzurro – ma ieri sera ho voluto passare del tempo con loro in hotel. Io sono con questi ragazzi al 100 per cento e quello che stiamo facendo come Federazione lo dimostra. Non è banale vincere dopo quasi due mesi che non si corre, questi ragazzi stanno dimostrando grandissima serietà. Secondo è arrivato Zana che usciva dal Giro d’Italia, Scaroni in tutto l’anno ha corso 15 giorni».
«Lo sapevo che appena avessimo ripreso quei quattro corridori – continua Scaroni – ci sarebbe stata la mia occasione. E appena li abbiamo agganciati, sono scattato con tutta la rabbia che avevo in corpo. Ho tirato fuori un gruppo di cinque. Sono stato bravissimo, perché non mi sono fatto prendere dal panico. Ho gestito bene gli ultimi 2 chilometri, controllando. Anche quando hanno provato ad andarsene in tre… Mi ero accorto che Riccardo Luca aveva gambe e ho fatto chiudere lui. Sapevo di essere veloce e ho vinto la prima corsa da professionista. Un’emozione indescrivibile, per il momento che stiamo passando tutti noi corridori ex Gazprom».
Cuore, testa e gambe
Arrivano a chiamarlo, perché le interviste si dovrebbero fare altrove. Scaroni riprende la bici. Malucelli lo abbraccia ancora. Carboni gli dice di parlare chiaro, sono percepibili i nervi a fior di pelle di questi ragazzi.
«Io credo che ce la meritiamo dal primo all’ultimo chilometro questa vittoria – annuisce lui – e sono sicuro che ne arriveranno altre alla fine della corsa. Aver vinto significa tantissimo. Significa che a volte non serve solo allenamento, ma servono anche cuore, testa e gambe…».
Via con le domande
Va a sedersi sotto una tenda nera e calda come un forno. Telefona a qualcuno. Suda a vista d’occhio. Il dottor Corsetti lo assiste, consapevole della difficoltà di Scaroni e dei suoi compagni di squadra. E consapevole anche del fatto che questo ragazzo ha talento e per motivi discutibilissimi rischia di non farlo brillare. Solo dopo le premiazioni, ripresa una parvenza di equilibrio, il bresciano in maglia di leader torna al racconto, rispondendo alle domande.
Siete una squadra nella squadra…
Vero, ma abbiamo dimostrato una volta in più che quando sei in nazionale non corri per te stesso. Portiamo un nome importante che è Italia. Oggi avevamo più carte da giocare. Potevamo arrivare in volata con Malucelli, potevamo provare il contropiede con un corridore veloce come me oppure poteva andare via una fuga in salita con Carboni. E’ andata bene a me, domani potrebbe andare bene a Carboni che su una salita lunga come il Monte Grappa potrebbe dire la sua. Vedremo come gestire le forze. Sicuramente quello che viene da adesso in poi è tutto guadagnato. E se dovessi mollare, comincerei a pensare alla terza tappa che fa nuovamente al caso mio.
Non te l’aspettavi?
Non me l’aspettavo e sicuramente ripaga di tutti gli sforzi che stiamo facendo in questi 2-3 mesi in cui stiamo davvero faticando a trovare continuità nell’allenamento. Oggi abbiamo dimostrato che siamo dei corridori e delle persone che hanno volontà e grinta per andare avanti.
Con che animo ieri sera hai attaccato il numero sulla maglia?
Non so neanch’io. E’ un mix tra bello, perché era da due mesi quasi che non si indossava il numero di gara e quindi una cosa che conforta. Ma d’altra parte non so quale sarà il prosieguo della stagione dopo questa corsa. Noi siamo venuti qua per far bene e oggi l’abbiamo dimostrato una volta in più, come è stato in Sicilia e alla Coppi e Bartali. Quando veniamo a correre, siamo preparati. Quando si indossa una maglia del genere, non si può fare altro che bene.
Due mesi senza correre e subito vittoria…
Penso che a volte più che le gambe risponda il cuore e io oggi ho corso col cuore. Ho pensato a divertirmi, ho pensato a tantissime cose. Alla situazione che stiamo vivendo. Non so se questa sarà l’ultima corsa, ma oggi volevo divertirmi. Volevo far bene per la nazionale che anche oggi e una volta in più ha creduto in noi e sicuramente li abbiamo ripagati dal primo all’ultimo. Siamo una squadra perfetta.
Ti sentirai con gli altri Gazprom stasera?
Siamo in contatto ogni giorno. Abbiamo un gruppo su whatsapp e credo che in questi due mesi abbiamo formato un team davvero speciale. E’ davvero un peccato che un gruppo così importante e tutto il lavoro che hanno fatto il manager Renat Khamidulin e i direttori sportivi, da Sedun a Rosola, sia finito.
Hai vinto contro gente che viene dal Giro d’Italia.
E’ una cosa strana perché hanno una gamba diversa dalla nostra e oggi l’ho percepito. Però quando sei in corsa, a certe cose non ci pensi. Agisci in modo spontaneo. Sull’ultima salita ho fatto davvero fatica, ma è la conferma del buono che abbiamo fatto lo scorso inverno con i nostri preparatori. Un grazie va a loro, a Benfatto e Mazzoleni, con cui quest’inverno abbiamo costruito una base solida che ci ha permesso di arrivare bene fino a giugno, anche se con appena 15 giorni di corsa nelle gambe.
Alla salute del presidente
Il Monte Grappa di domani potrebbe fare più per Carboni che per lui. Lo dice e non se ne fa un problema. Corsetti viene a prenderselo per portarlo all’antidoping e sentiamo Scaroni dire che stasera un brindisi si potrà fare, con tutte le cautele del caso. Anche se domani si sale, un bicchiere ci sta. Alla salute. Agli amici. A chi sta tribolando come lui. A chi gli è stato vicino. E alla salute di monsieur David Lappartient, presidente sordo di un’Uci mai così cieca. Stasera finalmente Scaroni riuscirà a dormire. Lui ascolta, guarda e sorride. Probabilmente penserà di essere già in un bel sogno.
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