Cafueri, il terzo uomo degli Under 23? Forse anche di più

Cafueri, il terzo uomo degli under 23? Forse anche di più

29.11.2025
5 min
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Senza grandi proclami, Tommaso Cafueri prosegue il suo cammino di crescita, su strada e nel cross. Se c’è una caratteristica che lo contraddistingue è la costanza, che lo porta a farsi vedere su strada e a emergere quando possibile nell’attività sui prati, dove si è già ritagliato un ruolo di “primo degli umani” dietro le due grandi stelle internazionali Mattia Agostinacchio e Stefano Viezzi che raccolgono soddisfazioni anche all’estero.

L'arrivo di Cafueri a Cantoira, una vittoria non sufficiente per fargli vincere il Giro delle Regioni
L’arrivo di Cafueri a Cantoira, una vittoria non sufficiente per fargli vincere il Giro delle Regioni
L'arrivo di Cafueri a Cantoira, una vittoria non sufficiente per fargli vincere il Giro delle Regioni
L’arrivo di Cafueri a Cantoira, una vittoria non sufficiente per fargli vincere il Giro delle Regioni

Mai fuori dai primi 10

Nello scorso fine settimana il friulano si è preso il lusso di conquistare la tappa finale del Giro delle Regioni, portando decisamente sul positivo la lancetta della sua stagione.

«L’anno scorso ho avuto, da giugno 2024, un po’ di complicazioni – dice – tra infortuni, vari cambiamenti e altro. Quindi la stagione scorsa non era andata molto bene.  Tutto questo 2025 l’ho passato a ricostruire tutto quello che avevo perso l’anno precedente, quindi ero arrivato abbastanza preparato, tenevo ad avere risposte e nel complesso devo dire che è iniziata bene anche se non ho fatto grossissimi risultati. O almeno non prima di Cantoira. Ma sono stato molto costante, perché non sono mai uscito dai 10».

Il friulano della DP66 Pinarello in gara a Osoppo. Per lui l'obiettivo è rientrare in nazionale
Il friulano della DP66 Pinarello in gara a Osoppo. Per lui l’obiettivo è rientrare in nazionale (foto Billiani)
Il friulano della DP66 Pinarello in gara a Osoppo. Per lui l'obiettivo è rientrare in nazionale
Il friulano della DP66 Pinarello in gara a Osoppo. Per lui l’obiettivo è rientrare in nazionale (foto Billiani)
A Cantoira è stata più la gioia per la vittoria o il dispiacere per quel punto mancante per vincere la classifica finale?

Per me era la seconda vittoria, avevo vinto il weekend prima a Roverchiara. Ero contento sicuramente di aver vinto, sapevo che era un po’ difficile prendere la maglia del Giro all’ultima tappa anche se mancava Scappini. Ho dato tutto, ma quando sono arrivato ero cosciente che quel punto faceva la differenza e che Folcarelli ne aveva tenuto conto.

Che cosa significa competere nella stessa categoria con due dei più forti al mondo?

Beh, sicuramente dà morale, nel senso che sono due ragazzi che fanno da riferimento a livello internazionale, quindi quando vengono qui in Italia, in quelle poche gare dove riusciamo a confrontarci con loro, sicuramente è un bel punto di riferimento che ci stimola sempre di più anche a noi a crescere.

Durante la stagione estiva il corridore della Trevigiani si è disimpegnato anche nella gravel
Durante la stagione estiva il corridore della Trevigiani si è disimpegnato anche nel gravel
Durante la stagione estiva il corridore della Trevigiani si è disimpegnato anche nella gravel
Durante la stagione estiva il corridore della Trevigiani si è disimpegnato anche nel gravel
Tu sei in crescita di condizione, due vittorie in stagione. L’obiettivo a questo punto è riuscire a entrare appunto in nazionale dietro loro due?

Sì, anche perché finora probabilmente non ho ancora convinto abbastanza il cittì Pontoni per farmi convocare, quindi devo cercare di fare ancora qualche altra bella prestazione e concentrarmi in vista dei prossimi obiettivi, dimostrare che posso meritarmi anch’io quella convocazione.

Tu l’anno prossimo sarai sempre alla Trevigiani. De Candido ha detto che sei uno dei due confermati per la prossima stagione. Come ti trovi con il nuovo diesse?

All’inizio ci siamo dovuti capire. Lui doveva anche entrare un po’ in sintonia con la categoria, perché comunque gestire una nazionale a livello juniores e gestire una Continental a livello under 23 è tutta un’altra cosa, c’è una mentalità diversa. Quindi ci siamo dovuti venire incontro e dopo piano piano ci siamo trovati. Io mi sto trovando molto bene, è molto disponibile, ci stiamo sentendo anche tutt’ora, si interessa molto della mia attività invernale. Quindi finisco il ciclocross e poi quando sarà tempo di girare pagina mi concentrerò bene sulla strada e parlerò per bene con Rino dei futuri obiettivi.

Cafueri (a sinistra) è con Fabbro uno dei due confermati alla Trevigiani anche per il prossimo anno
Cafueri (a sinistra) è con Fabbro uno dei due confermati alla Trevigiani anche per il prossimo anno
Cafueri è con Fabbro uno dei due confermati alla Trevigiani anche per il prossimo anno
Cafueri è con Fabbro uno dei due confermati alla Trevigiani anche per il prossimo anno
Ciclocross e strada: hai una preferenza fra le due?

Mi piace di più il cross, lo sento più mio e mi diverto maggiormente, ovviamente anche quando vado su strada punto sempre a dare il massimo, ma lì l’aspetto ludico traspare meno. Comunque con i giusti tempi, i giusti riposi, si cerca sempre di dare il massimo in tutte e due le discipline.

Il ciclocross è una specialità più individuale, la strada un po’ più di squadra. Che ruolo riesci a ritagliarti nelle prove su strada?

Quest’anno ho lavorato molto nel treno per il velocista che avevamo, Riccardo Fabbro. Ho lavorato spesso per tenere davanti il treno o comunque nelle battute finali, per portarlo nella miglior posizione e poi lanciare il penultimo uomo, ma ho anche provato tante fughe. Presumo che il prossimo anno sarà un po’ diverso e spero che Rino riesca a darmi anche un po’ più di fiducia, me l’ha già detto, quindi sicuramente in gare vallonate e un po’ dure, cercherò di farmi valere.

Ora mirino puntato sui campionati italiani e poi sulla strada, alla ricerca di soddisfazioni personali
Ora mirino puntato sui campionati italiani e poi sulla strada, alla ricerca di soddisfazioni personali
Ora mirino puntato sui campionati italiani e poi sulla strada, alla ricerca di soddisfazioni personali
Ora mirino puntato sui campionati italiani e poi sulla strada, alla ricerca di soddisfazioni personali
Adesso fai il ciclista a tempo pieno?

Diciamo di sì, anche se sono iscritto alla facoltà di Scienze Motorie e voglio andare avanti con gli studi. Per il momento do la preminenza all’attività per vedere dove mi porterà. Ora mi sto preparando al meglio per i campionati italiani, poi si vedrà come andrà la il finale di stagione.

Campagnolo monocorona 1x13, aspettative alte e soddisfatte

Campagnolo monocorona 1×13, aspettative alte e soddisfatte

29.11.2025
7 min
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La monocorona ha un futuro anche in ambito strada, ma per essere sfruttata al massimo deve essere ben contestualizzata e personalizzata. Dopo aver provato l’ultima versione Campagnolo Super Record 13, l’obiettivo era testare la medesima trasmissione, ma con corona singola anteriore.

La trasmissione 1X (non si tratta della versione X) a tratti è una sorpresa, mostra un valore tecnico ed è un’opzione. Per certi versi è una conferma (considerando il background di test precedenti e l’ampio utilizzo in ambito gravel race) ed il pacchetto con i 13 pignoni offre delle garanzie di sfruttabilità all-round. Può risultare “dura” ed impegnativa nel corso delle salite pendenti. Entriamo nel cuore del test e dei nostri riscontri.

Campagnolo monocorona 1x13, aspettative alte e soddisfatte
La corona singola offre un impatto ancor più aggressivo
Campagnolo monocorona 1x13, aspettative alte e soddisfatte
La corona singola offre un impatto ancor più aggressivo

Una Canyon Aeroad CF SLX

Campagnolo ci ha fornito un missile terra-aria per sviluppare la nostra prova. La base di lavoro consiste nel frame-kit Canyon Aeroad CF SLX (taglia S), cockpit e reggisella Canyon, sella di Selle Italia e ruote Campagnolo Bora Ultra WTO 60 gommate Continental GP5000s TR (tubeless da 30). Trasmissione 1×13 Super Record, 50 denti per la corona anteriore (con power meter Campagnolo e corona “piena” in alluminio) e cassetta pignoni 11-36. Da sottolineare la presenza del manettino sinistro con la sola leva del freno, senza elettronica e specifico per la configurazione monocorona.

Come è facile immaginare, nessun deragliatore montato sulla bici. Il peso rilevato (senza pedali) della bici appena descritta? 7,23 chilogrammi (con portaborraccia e supporto Garmin al manubrio), significa una bici da 7 chili e mezzo (circa) con i pedali.

Bilanciere posteriore e manettino sinistro

Il cambio posteriore è specifico per i pacchetti monocorona e per la piattaforma all-road con la doppia davanti. E’ dotato di stabilizzatore Nano-Clutch che mantiene la catena in tensione in diverse situazioni, fondamentale per una monocorona. E’ particolarmente utile per non far saltare la catena anche durante gli sprint più cattivi.

Lo shifter sinistro non porta in dote l’elettronica e l’unica leva presente è quella del freno. Non è presente neppure lo Smart Button superiore e questo a nostro parere può essere un limite. Un bottone in più su questo shifter, sempre considerando una sfruttabilità massimizzata, non avrebbe guastato.

Serve del tempo per abituarsi?

In realtà non molto. Più si usa una trasmissione 1X e più ci si rende conto che per sfruttarla un po’ ovunque, al massimo delle sue potenzialità e in un’uscita di 100 chilometri, con oltre 1.000 metri di dislivello positivo, la chiave di volta è mantenere un’agilità (rpm) elevata.

La parola d’ordine è non imballare le gambe, fattore che andrebbe sempre considerato (anche con la doppia corona anteriore), che diventa ancora più importante con la monocorona, perché i margini di risposo e di recupero (durante l’attività) si accorciano notevolmente.

Campagnolo monocorona 1x13, aspettative alte e soddisfatte
Il limite è la salita dura, non i tratti dove si riesce a fare velocità
Campagnolo monocorona 1x13, aspettative alte e soddisfatte
Il limite è la salita dura, non i tratti dove si riesce a fare velocità

Quando si affronta la salita

Partiamo dal presupposto che, a nostro parere, la combinazione 50/11-36 stradale è un punto di riferimento (per ciclisti non professionisti). Durante le salite lunghe ed arcigne mette alla prova, ma si può gestire e nei tratti veloci mostra sviluppi metrici abbastanza equilibrati.

I 13 rapporti posteriori hanno “tre blocchi” ben distinti tra loro. Quello basso, 11-12-13 adatto per fare velocità ed eventualmente spingere di forza. Il blocco mediano con i pignoni dal 14 al 20 (senza il 17 e il 19), una scala adatta a mulinare le gambe oltre le 90 rpm e fare velocità anche sui tratti vallonati, con una buona gradualità. Il terzo blocco è composto dal 23-26-29-32-36, da considerare quando la strada sale.

Mancano (a nostro parere) un 21 ed un 27, pensando allo stradista che passa dal doppio plateau ad una monocorona: pignoni che diventano una sorta di bypass. E’ pur vero che i pignoni sono 13 e non si può inserire tutto. Il salto dal 23 al 26 è importante, così come dal 26 al 29. Sono cambi di ritmo non secondari e quando la strada sale è un aspetto da tenere ben presente.

Numeri ed accostamenti

Vogliamo partire da un esempio, perché il limite della monocorona diventa la salita dura. Una combinazione 50×32, corrisponde indicativamente (considerando lo sviluppo metrico, al netto delle frizioni difficili da quantificare) ad un 44×28 circa: è tanta roba da spingere). Il 50×36 corrisponde indicativamente ad un 37×28, poco più poco meno: gestibile, ma a tratti impegnativo. Al di là dei watt disponibili nelle gambe e dalle pedalate medie sostenibili dal ciclista, la monocorona diventa impegnativa nel lungo periodo e su pendenze che si protraggono oltre il 10% per minuti.

Il peso della bici

Il peso della bici assume un valore chiave. Nell’economia di una performance nel medio/lungo periodo, infatti, iniziare a risparmiare 4-6-7 watt per chilogrammo di peso (considerando il binomio bici/ciclista) non ha prezzo. Non ha prezzo in termini di forza espressa, di battiti cardiaci e di kilojoule. In pianura, in discesa e nei tratti di lieve pendenza, dove si riesce a fare/mantenere velocità, la monocorona non ha nulla da invidiare alla doppia corona, ma con salite oltre l’8% di pendenza media le difficoltà emergono.

Campagnolo monocorona 1x13, aspettative alte e soddisfatte
E’ pur vero che non è obbligatorio andare a tutta ad ogni uscita
Campagnolo monocorona 1x13, aspettative alte e soddisfatte
E’ pur vero che non è obbligatorio andare a tutta ad ogni uscita

In conclusione

Una trasmissione monocorona piazzata su una bici da strada è una valida opzione. A nostro parere non è una scelta definitiva capace di accontentare tutti. In base alla configurazione dei rapporti, permette di fare molto, ma non tutto, a patto che non si sconfini sulle trasmissioni ibride gravel (altro argomento). Nell’ottica di un ragionamento ad ampio spettro, il limite di una trasmissione 1X possono essere la salita lunga con pendenze elevate ed i percorsi dove la catena è costantemente in tiro. Crediamo che, sia altrettanto giusto considerare che la categoria della monocorona in ambito road debba essere ancora ufficialmente sdoganata, digerita ed assimilata da tutte le categorie di utilizzatori, proprio come è accaduto per le bici con i freni a disco.

Usare una corona singola anteriore (su strada) è qualcosa di intrigante. Ripercorrere le medesime strade e mettersi alla prova negli stessi contesti dove si è sempre pedalato con una bici standard (al limite con una gravel), permette anche di capire quanto sia importante l’allestimento della bici. E quanta differenza può fare e quanto il pacchetto bici nella sua completezza ci permette di stare o oltrepassare la zona comfort.

Campagnolo

Coppa del Mondo, cross Pontoni

Cross: scattata la Coppa, Pontoni ci parla dei suoi ragazzi

29.11.2025
6 min
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Domenica scorsa è iniziata la Coppa del Mondo di ciclocross: 12 tappe, da Tabor a Hoogerheide, passando anche per la Sardegna e la Spagna. Per l’Italia, quest’anno più che mai, almeno questa è la sensazione, è una challenge intrigante, soprattutto per le categorie giovanili. E ce lo spiega bene il commissario tecnico, Daniele Pontoni.

A Tabor, dominata da un Thibau Nys sempre più convincente e maturo, e da Lucinda Brand, i nostri giovani si sono comportati più che bene. Con Pontoni vogliamo capire cosa aspettarci da questa Coppa: quali tappe vedremo per i nostri ragazzi, dove potremo essere protagonisti e con quali ambizioni.

La rassegna di Middelkerke si era aperta con il bronzo di Nicole Azzetti fra le junior (qui insieme al cittì Pontoni)
Il cittì Pontoni con Nicole Azzetti a Middelkerke
La rassegna di Middelkerke si era aperta con il bronzo di Nicole Azzetti fra le junior (qui insieme al cittì Pontoni)
Il cittì Pontoni con Nicole Azzetti a Middelkerke
Quindi, Daniele: 12 tappe avvincenti. Cosa ti aspetti dai nostri in questa Coppa del Mondo?

Come apertura direi che siamo partiti molto bene, perché ottenere quattro podi nella stessa prova di Coppa del Mondo, considerando anche la categoria elite, è qualcosa che non era mai accaduto. Noi, come negli ultimi 4-5 anni seguiremo le sei prove riservate alle categorie Juniores (maschile e femminile) e under 23 maschile.

E quali sono queste tappe? Ricordiamolo…

Tabor, che si è appena corsa, poi Flamanville. Avremo il 21 e il 28 dicembre Koksijde e Dendermonde, per poi passare alle ultime due prove di gennaio, Benidorm e Hoogerheide, che sono due classiche vere e proprie. La categoria elite avrà un calendario doppio rispetto agli altri, ma per quanto ci riguarda quelle gare verranno affrontate dai club. Terremo comunque monitorata la situazione.

L’inizio a Tabor, ma più in generale tutta la stagione, non è stato affatto male…

Abbiamo cominciato facendo una rotazione ampia tra gli juniores: ne abbiamo convocati sei, dopo i quattro portati agli europei, più quattro donne. A Flamanville faremo ancora rotazione tra i ragazzi, dopodiché credo che manterremo un gruppo numeroso per le due prove in Belgio, prima di fare una selezione dopo i campionati Italiani, dove avremo le idee già più chiare su chi andrà al mondiale. Le aspettative sono buone: i ragazzi stanno tutti bene, il trend è positivo e lo sarà anche in futuro. Nelle prime due prove internazionali, gli europei e Tabor, ci siamo trovati in condizioni alle quali non siamo abituati, ma ne siamo usciti molto bene.

Il momento dell'attacco di Agostinacchio, Haverdings prova a tenere ma cederà poco dopo
Mattia Agostinacchio durante l’europeo. Pontoni e il suo staff avevano preparato bene la parte della corsa piedi
Il momento dell'attacco di Agostinacchio, Haverdings prova a tenere ma cederà poco dopo
Mattia Agostinacchio durante l’europeo. Pontoni e il suo staff avevano preparato bene la parte della corsa piedi
A cosa ti riferisci? Al terreno?

Mi riferisco alla sabbia di Middelkerke e alle temperature polari di Tabor, con diversi gradi sotto zero domenica mattina. I ragazzi hanno risposto bene anche sotto questo punto di vista. A Flamanville troveremo un terreno diverso, perché è prevista parecchia pioggia. Speriamo di arrivarci senza intoppi: avevamo programmato il volo per essere tranquilli, ma lo sciopero di ieri ci ha complicato un po’ le cose.

Hai già toccato un tema importante: i percorsi. Quali delle sei tappe vedi, sulla carta, più adatte ai nostri?

Sulla carta avrei sempre escluso i terreni sabbiosi, però i ragazzi hanno dimostrato negli ultimi anni di saperci fare: sono andati bene a Middelkerke e l’anno scorso a Zonhoven, dove Agostinacchio ha vinto e Pellizzotti ha fatto molto bene. Nonostante qualche problema in partenza, anche le ragazze avrebbero potuto ottenere di più. Temevo sempre queste trasferte, ora devo dire che non mi fanno più paura.

Una bella presa di fiducia e consapevolezza…

Sanno dove andranno a correre, sanno che tipologia di percorso troveranno, perché ormai li studiano su YouTube e arrivano preparati. Per Middelkerke abbiamo lavorato molto sulla corsa a piedi, che si è rivelata ancora più importante del previsto. E anche domenica il fattore meteo influirà molto. Si sta andando verso la pioggia, quindi ci sarà un terreno abbastanza insidioso. Però i percorsi li metterei in secondo piano

Perché?

L’importante è che i ragazzi arrivino pronti e chiaramente serve anche una dose di fortuna, perché se ti capita qualcosa durante la corsa, magari devi fare dei tratti a piedi o succede un guaio lontano dai box, può sempre influire sulla prestazione.

La sabbia, storicamente terreno ostico per gli azzurri, adesso non fa più paura
La sabbia, storicamente terreno ostico per gli azzurri, adesso non fa più paura
Piccolo passo indietro, ma restando sui percorsi: perché secondo te i ragazzi sono migliorati sulla sabbia? Ci avete lavorato? E’ una questione di materiali?

Indubbiamente questi ragazzi sanno andare molto bene, in maniera importante. L’equilibrio (fisico e mentale), il lavoro fatto su questo aspetto e il fatto di sapere per tempo come devono prepararsi ha aiutato molto. Loro seguono attentamente sia le indicazioni del team sia quelle che diamo noi. Quest’anno abbiamo fatto una riunione con tutti i ragazzi e con le loro squadre: avevamo già fornito un’infarinatura su come impostare la stagione e, insieme ai ragazzi del team performance, abbiamo dato delle linee guida generali per i macrocicli. In modo tale da arrivare agli appuntamenti importanti nel miglior modo possibile.

Un’impostazione corale, di sistema. Nonostante sia sempre più difficile, visto che l’età del richiamo della strada si abbassa sempre di più.

E’ il ciclismo moderno: bisogna fare di necessità virtù. Più andiamo avanti, più serve programmare tutto con largo anticipo: questo diventa fondamentale. Avere dei ragazzi che ti seguono facilita il lavoro, perché è più semplice per loro, e di conseguenza per noi, arrivare ai risultati.

Abbiamo parlato in generale, ma ti chiediamo un paio di nomi da cui ti aspetti davvero tanto…

Per quest’anno da Grigolini e Pezzo Rosola mi aspetto molto. Ma terrei d’occhio anche Dell’Olio e Cingolani per il futuro. Fare i nomi non è mai semplice, però spero che possa inserirsi anche qualcun altro.

La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
E tra le ragazze?

Giorgia Pellizotti nel primo anno ha mostrato cose molto interessanti. Lo stesso vale per Elisa Bianchi, che ha finalmente ottenuto un ottimo risultato in Coppa e potrebbe essere subito dietro di lei. Penso poi ad Azzetti: questo podio non è da sottovalutare. E abbiamo anche Peruta e Righetto.

E tra gli Under 23?

Abbiamo Viezzi e Agostinacchio: anche qui disponiamo di un doppio asso. E tra le donne c’è chiaramente Sara Casasola. Ma attenzione anche al bell’inizio di stagione di Lucia Bramati: se confermasse questi progressi sarebbe una grande notizia, anche perché è al primo anno di categoria.

Insomma: pochi (neanche tanto), ma buoni…

Tra le under 23 donne al momento abbiamo Elisa Ferri: non è da podio, ma è una ragazza che conosciamo da tanto tempo, l’ho seguita dal primo anno, e in ottica Team Relay è fondamentale. E’ l’atleta che ci può consentire di portare avanti anche questa specialità. In generale mi auguro che, magari nel periodo natalizio, possa ritrovarmi qualche ragazzo o ragazza a cui tengo particolarmente e che possa essere con noi. Ma chiaramente non dipende solo da me, bensì dai loro team.

Tour de France 2018, Geraint Thomas, Chris Froome, David Brailsford

Brailsford, Thomas e devo team: la Ineos ci riprova

28.11.2025
4 min
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Il Team Ineos Grenadiers ha scelto di affidarsi allo schema che lo rese grande in passato. A partire dallo scorso Tour, ha rimesso al centro di tutto sir David Brailsford e al suo fianco ha collocato Geraint Thomas – è notizia fresca di ieri – nel ruolo di Race Director. Inutile sottolineare che proprio la presenza del suo vecchio mentore ha spinto Thomas ad accettare l’incarico. Assieme a lui, ha conquistato due ori olimpici e persino il Tour de France.

«Era molto più semplice con “Dave” al vertice – aveva detto il gallese durante il Tour del 2024 – c’era chiarezza su tutto. Prima era un processo semplice, mentre ora è diventato molto più complicato. Sembra di essere guidati da un governo di coalizione».

Il Tour del 2019 è stato l'ultimo della Ineos, vinto da Bernal davanti a Thomas
Il Tour del 2019 è stato l’ultimo della Ineos, vinto da Bernal davanti a Thomas. Al centro c’era Brailsford
Il Tour del 2019 è stato l'ultimo della Ineos, vinto da Bernal davanti a Thomas
Il Tour del 2019 è stato l’ultimo della Ineos, vinto da Bernal davanti a Thomas. Al centro c’era Brailsford

Il ritorno del mastermind

Brailsford è stato per anni il cervello pensante del ciclismo britannico. Era lui a prendere le decisioni cruciali e fu lui a guidare la nazionale ai suoi ori olimpici e poi il Team Sky all’incetta di Tour dal 2012 al 2019, che sarebbe stata ininterrotta se Nibali non li avesse fatti deragliare nel 2014.

Seguiva le corse con il suo truck extra lusso e se ne andò solo quando capo Ratcliffe decise di investire forte nella vela e di entrare nell’azionariato del Manchester United. Vista l’importanza dello sforzo, volle a capo delle operazioni l’uomo che aveva fatto del ciclismo britannico il centro del mondo. In qualche modo questo segnò la fine del dominio e l’incapacità di rispondere al crescere vertiginoso di UAE Emirates e Visma Lease a Bike.

«E’ come un bambino in un negozio di dolciumi – ha detto John Allert, CEO del team al momento di accoglierlo allo scorso Tour – parla di salite e di ritorno in montagna. Il ciclismo è il campo di battaglia che conosce e ama, lo abbiamo accolto di nuovo in squadra a braccia aperte. Non è un’arma segreta per noi, ma abbiamo intenzione di sfruttarlo al massimo. E fantastico averlo di nuovo».

Thymen Arensman ha vinto due tappe all’ultimo Tour ed è stato il primo della Ineos in classifica: “solo” 12°
Thymen Arensman ha vinto due tappe all’ultimo Tour ed è stato il primo della Ineos in classifica: “solo” 12°

Lo slancio di Thomas

Oltre ad essere intervenuto (pare) in modo diretto sulla selezione degli uomini per il Tour (al punto che il Team Ineos è stato l’ultimo ad annunciare l’organico), Brailsford ha fermato gran parte delle trattative di mercato giunte quasi a conclusione. Ha preteso di valutare il valore economico delle trattative e il corrispettivo tecnico, cancellando alcune operazioni a suo dire troppo costose.

Di tutto questo Brailsford non parla, non lo ha fatto per tutta la durata del Tour e poi si è nuovamente eclissato, dedicandosi alla rifondazione. La Ineos Grenadiers ha vinto per l’ultima volta il Tour nel 2019 con Bernal e poi il Giro del 2020 con Tao Geoghegan Hart e quello del 2021 ancora con il colombiano, quindi si è… fermata. 

«Questa squadra è stata la mia casa fin dal primo giorno – ha detto Geraint Thomas – e assumere questo ruolo mi sembra un passo naturale. Ho imparato tantissimo dalle persone che mi circondano, dai miei colleghi ciclisti e dallo staff, e ora voglio continuare a costruire sui nostri incredibili successi passati, anche in futuro. Sono entusiasta di aiutare la prossima generazione a crescere, a trasmettere quell’esperienza e a continuare a spingere la squadra verso la nostra missione: vincere di nuovo i Grandi Giri. I Grenadiers continueranno a gareggiare con determinazione, umiltà e impegno per l’eccellenza, e sono entusiasta di contribuire a plasmare questo futuro».

Il Tour del 2025 è stato l'ultimo per Geraint Thomas, che vise quello del 2018 guidato proprio da Brailsford
Il Tour 2025 è stato l’ultimo per Thomas, che vinse quello del 2018 (foto di apertura) guidato proprio da Brailsford
Il Tour del 2025 è stato l'ultimo per Geraint Thomas, che vise quello del 2018 guidato proprio da Brailsford
Il Tour 2025 è stato l’ultimo per Thomas, che vinse quello del 2018 (foto di apertura) guidato proprio da Brailsford

Si riparte da umiltà e umorismo

E’ un fatto che il vecchio Team Sky avesse così tanta ricchezza di mezzi, uomini, tecnologia e scienza, che poteva permettersi di trascurare alcuni fronti e nel farlo ha probabilmente peccato di superbia. Ha puntato su corridori che non sono mai venuti fuori in modo compiuto: Carlos Rodriguez, ad esempio, e per certi versi anche Tom Pidcock. Il nuovo corso prevede ad esempio la nascita del devo team, che mancava fortemente, con la possibilità di far crescere in casa i corridori utili al rilancio del team. E forse anche aver proposto a Elia Viviani di diventare direttore sportivo, dopo che la precedente gestione lo aveva accantonato, relegandolo a un’attività di livello inferiore, serve a far percepire il cambio di direzione.

«Geraint incarna perfettamente cosa significhi essere un Grenadier – ha spiegato Brailsford in una nota ufficiale – ha vissuto e respirato prestazioni d’elite per tutta la sua carriera. Si è posto obiettivi molto ambiziosi e li ha sempre raggiunti. Sa cosa comporta il processo, come affrontare gli alti e bassi dello sport. La sua disponibilità a condividere tutto questo e a fare da mentore ad altri perché riescano a fare lo stesso è una grande risorsa per la squadra. Il fatto che sia rimasto così umile e abbia sempre mantenuto un grande senso dell’umorismo sono altre ottime qualità da portare nel suo nuovo ruolo».

Dall’europeo verso il sogno olimpico di Azzetti, biker doc

Dall’europeo verso il sogno olimpico di Azzetti, biker doc

28.11.2025
5 min
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Una biker pura. Di Nicole Azzetti nel ciclocross si è cominciato a parlare dopo il bronzo di Middelkerke, ai campionati europei, ma chi bazzica il mondo della mountain bike conosce bene il suo talento e le grandi prospettive. E’ arrivata alla rassegna continentale senza grandi velleità apparenti, ma dentro di sé aveva il fuoco, la voglia di emergere e alla fine il suo è stato il risultato più sorprendente della felice rassegna azzurra.

Il podio della gara junior, con da sinistra Nynke Jochems (NED), Barbora Bukovska (CZE) e Nicole Azzetti (ITA)
Il podio della gara junior, con da sinistra Nynke Jochems (NED), Barbora Bukovska (CZE) e Nicole Azzetti (ITA)
Il podio della gara junior, con da sinistra Nynke Jochems (NED), Barbora Bukovska (CZE) e Nicole Azzetti (ITA)
Il podio della gara junior, con da sinistra Nynke Jochems (NED), Barbora Bukovska (CZE) e Nicole Azzetti (ITA)

Il rapporto della trentina di Ala, tesserata per l’Ale Colnago Team, con le due ruote ha radici antiche: «Vado in bici praticamente da sempre, ho iniziato fin da piccolina perché mio papà era praticante e quindi la passione mi è stata tramandata. Anche mio fratello andava in bici, poi ha smesso e io ho continuato perché mi piace tanto e sto continuando».

Tra tante discipline come sei arrivata al ciclocross e quali sono quelle che ti piacciono di più?

Io principalmente faccio mountain bike perché è il mio amore più grande. E’ la disciplina regina dalle mie parti, dove ci sono tanti percorsi adatti.  Da esordiente ho iniziato a fare anche il ciclocross perché una squadra me lo ha chiesto e quindi mi sono detta: vabbè, dai, proviamo. Poi ho continuato perché mi sono appassionata, ha molti legami con la mountain bike, che resta però la mia specialità preferita.

Sulla sabbia la Azzetti ha potuto far emergere tutta la sua abilità tecnica, recuperando posizioni
Sulla sabbia la Azzetti ha potuto far emergere tutta la sua abilità tecnica, recuperando posizioni
Sulla sabbia la Azzetti ha potuto far emergere tutta la sua abilità tecnica, recuperando posizioni
Sulla sabbia la Azzetti ha potuto far emergere tutta la sua abilità tecnica, recuperando posizioni
Quindi sei un po’ lontana dal ciclismo su strada…

Ho fatto due gare da allieva, ma non mi è mai piaciuto perché mi trovo meglio a fare gara solo per me. Tutta la parte del correre in gruppo, del fare gioco di squadra non mi è congeniale, mi piace di più l’adrenalina che c’è nel fuoristrada.

E che differenza trovi tra la mountain bike e il ciclocross?

Innanzitutto il clima. Non amo il freddo e questo penalizza un po’ il mio rapporto con il ciclocross. Io amo veramente tanto correre d’estate al caldo, il freddo lo subisco un po’. E’ comunque fuoristrada, c’è molta tecnica, quindi mi trovo a mio agio.

In stagione la trentina ha vinto al Giro delle Regioni di Osoppo e colto 5 podi (foto Billiani)
In stagione la trentina ha vinto al Giro delle Regioni di Osoppo e colto 5 podi (foto Billiani)
In stagione la trentina ha vinto al Giro delle Regioni di Osoppo e colto 5 podi (foto Billiani)
In stagione la trentina ha vinto al Giro delle Regioni di Osoppo e colto 5 podi (foto Billiani)
La tua medaglia agli europei è stata quella che ha sorpreso un po’ di più. Ha sorpreso anche te?

Molto, perché io sono partita con l’obiettivo di fare top 10 e poi sono arrivata terza, quindi non so neanche io come. Diciamo che l’Europeo era da inizio stagione un appuntamento a cui volevo puntare, sia per essere convocata che poi per fare un buon piazzamento. In gara non sono partita proprio benissimo, il primo giro infatti ero un po’ indietro. Poi ho iniziato a recuperare perché era un percorso che mi piaceva davvero tanto. C’era la sabbia, che io ho sempre adorato. E poi tanta corsa a piedi, in cui io sono sempre andata bene, quindi era un percorso che mi si adattava bene. Giro dopo giro recuperavo posizioni e a un certo punto mi sono ritrovata terza e ho tenuto.

E’ più utile il ciclocross alla mountain bike o viceversa per la tua esperienza?

La mountain bike al ciclocross dà molto di più, perché hai già la tecnica che ti serve per emergere nelle parti più difficili, quelle dove puoi fare davvero la differenza e che nel ciclocross secondo me gestisci meglio.

Nella mtb la Azzetti ha vinto quest'anno il titolo italiano short track finendo seconda nel cross country (foto Instagram)
Nella mtb la Azzetti ha vinto quest’anno il titolo italiano short track finendo seconda nel cross country (foto Instagram)
Nella mtb la Azzetti ha vinto quest'anno il titolo italiano short track finendo seconda nel cross country (foto Instagram)
Nella mtb la Azzetti ha vinto quest’anno il titolo italiano short track finendo seconda nel cross country (foto Instagram)
Che cosa studi?

Sono all’Istituto Martino Martini a Mezzolombardo, l’Istituto Tecnico Economico e Sportivo che è principalmente finanza e marketing. E’ dura perché la scuola è a un’ora da casa mia, sia andata che ritorno, quindi devo gestire molto bene il tutto. Molte volte studio e faccio i compiti nell’ora di treno che ho perché almeno arrivo a casa e non devo farli dopo. Comunque ho riscontrato, soprattutto negli ultimi due anni, molto aiuto dalla mia scuola. E’ una struttura dove a livello sportivo ti aiutano molto e sono davvero comprensivi.

Come ti hanno accolto a scuola dopo che avevano visto di te sui giornali, in televisione, per la tua medaglia?

Erano tutti felici perché tra i miei professori la notizia era girata e anche tra i miei compagni perché avevano visto il mio nome sui social, quindi mi hanno accolto davvero bene.

Per la trentina la mountain bel resta la disciplina primaria, per le sue prospettive olimpiche (foto Instagram)
Per la trentina la mountain bel resta la disciplina primaria, per le sue prospettive olimpiche (foto Instagram)
Per la trentina la mountain bel resta la disciplina primaria, per le sue prospettive olimpiche (foto Instagram)
Per la trentina la mountain bel resta la disciplina primaria, per le sue prospettive olimpiche (foto Instagram)
Adesso che cosa ti proponi?

E’ chiaro che le prospettive sono cambiate e gli obiettivi si sono fatti più ambiziosi, ma anche difficili. Bisogna ancora vedere com’è il calendario ben definito, ma le altre prove titolate, italiani e mondiali sono il mio target per questa parte della stagione, Poi tornerò alla mountain bike. Non nascondo che il mio sogno è arrivare alle Olimpiadi e per ora la via più veloce è quella delle ruote grasse. Ma non è per questo che privilegio la mountain bike, è proprio che la sento più mia. Mi piace fare le gare per me stessa, vivere uno sport prettamente individuale e divertirmi nei pezzi tecnici.

Team Coratti 2025, campione italiano juniores, Vincenzo Carosi

Fusione saltata: il Team Coratti riparte con le proprie forze

28.11.2025
4 min
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Il comunicato che annuncia come la Borgo Molino Vigna Fiorita e il Team Coratti proseguiranno separatamente il loro percorso nella categoria juniores misura poche righe. Si parla di una scelta presa in comune accordo per assicurare ai giovani il giusto spazio per correre e mettersi in mostra. In calce ci sono le dichiarazioni dei rispettivi presidenti, Pietro Nardin per la Borgo Molino e Simone Coratti per il Team Coratti (in apertura, immagine photors.it). 

L’uscita dal team Borgo Molino di Cristian Pavanello, che ci aveva anticipato di tale separazione, ha levato l’ossigeno al fuoco, spegnendolo in maniera inesorabile. 

«La situazione di Pavanello ci ha spiazzati – racconta Simone Coratti – era stato lui stesso a proporre la fusione con il nostro team. Il tutto era nato dalla conoscenza e dall’amicizia che lo lega al nostro diesse, ragionano allo stesso modo e avevano trovato un’idea per portare avanti un progetto ambizioso».

In foto i due presidenti (a sx Simone Coratti, a dx Pietro Nardin) alla firma del contratto per la fusione tra i due team, poi saltata
In foto i due presidenti (a sx Simone Coratti, a dx Pietro Nardin) alla firma del contratto per la fusione tra i due team, poi saltata

Il proprio giardino

Nel momento in cui Cristian Pavanello ha lasciato la formazione veneta, le cose sono cambiate e certe dinamiche sono state riscritte. 

«La Borgo Molino – prosegue Simone Coratti – sarà gestita da Luciano Rui e così dopo l’addio di Pavanello ci è stato comunicato che la fusione non si sarebbe più fatta. Avevamo già tutto pronto: dalle bici, che ci avrebbe fornito la Borgo Molino, a un’idea di calendario. C’era anche una rosa di quindici atleti, sei loro e nove nostri».

Team Coratti 2025 (foto Instagram)
Con l’accordo tra i due team per i ragazzi laziali si sarebbero aperte le porte per un calendario di maggior spessore (foto Instagram)
Team Coratti 2025 (foto Instagram)
Con l’accordo tra i due team per i ragazzi laziali si sarebbero aperte le porte per un calendario di maggior spessore (foto Instagram)
Dall’avere tutto pronto a ripartire da zero…

Avevamo anche in mente di fare qualche esperienza internazionale in più, cosa che ho sempre voluto fare ma è difficile da gestire, soprattutto quando si ha una squadra nel Centro Italia. L’obiettivo era di creare una doppia attività e di unire le forze per le corse di livello più alto portando i migliori atleti.

L’accordo era per trovare maggior forza economica?

In realtà sono sempre andato avanti da solo, e con qualche piccolo sponsor. Nel Lazio è difficile trovare realtà che vogliono investire nel ciclismo. Andrò avanti ancora con le mie forze, per fortuna non avremo particolari difficoltà a proporre l’attività che abbiamo sempre fatto. Non nascondo che con il potenziale economico della Borgo Molino (ma il sostegno sarebbe stato reciproco, ndr) avremmo potuto guardare a qualche appuntamento in più all’estero. Anche perché l’asticella nella categoria juniores si sta alzando parecchio.

Team Coratti, campione itlaiano juniores 2025, Vincenzo Carosi (foto Instagram)
Il Team Coratti nel 2026 vestirà ancora la maglia tricolore: il campione italiano juniores, Vincenzo Carosi, rimane in rosa (foto Instagram)
Team Coratti, campione itlaiano juniores 2025, Vincenzo Carosi (foto Instagram)
Il Team Coratti nel 2026 vestirà ancora la maglia tricolore: il campione italiano juniores, Vincenzo Carosi, rimane in rosa (foto Instagram)
Andrete avanti con i nove ragazzi che avete selezionato?

Sì, nel Lazio non ci mancano gli atleti. Anzi, se avessimo saputo prima di questa scelta, magari avremmo allargato la rosa con altri due o tre ragazzi. Il problema da noi è che per fare attività devi sempre andare in trasferta. Non siamo in Toscana o nel Nord Italia dove ci sono tante corse. Qui si deve viaggiare tanto per trovarle ed economicamente questo è un peso. 

Siete già a buon punto per la programmazione del 2026?

Per l’abbigliamento abbiamo Volata, che avrebbe realizzato le divise in caso di fusione, che ci darà comunque supporto fornendoci i kit. Le bici dovrebbero essere a posto, sto sentendo un po’ di persone e siamo vicini a un accordo. Mentre per lo staff resteremo gli stessi, non avremo innesti nuovi. Fortunatamente abbiamo tante persone a sostenerci e darci una mano. Una cosa è certa: il pallino di fare un’esperienza all’estero mi è rimasto, vorrei riuscire a fare questo regalo ai miei ragazzi. 

Campionato italiano juniores Trieste 2025, Lazio, Team Coratti, Vincenzo Carosi
La Rappresentativa Lazio festeggia con Carosi il tricolore juniores (Photors.it)
Campionato italiano juniores Trieste 2025, Lazio, Team Coratti, Vincenzo Carosi
La Rappresentativa Lazio festeggia con Carosi il tricolore juniores (Photors.it)

Il senso delle parole di Simone Coratti è chiaro: l’accordo con la Borgo Molino Vigna Fiorita non avrebbe salvato una squadra, ma avrebbe concesso più spazio e maggiori occasioni a ragazzi che, per correre ogni domenica, sono chiamati a fare tanti sacrifici. Chiunque segue e lavora nel ciclismo giovanile sente spesso la parola: “sacrificio”. Allora, se questa unione avrebbe dato un sostegno a una realtà che fa parte di questo movimento perché negare l’aiuto? Si parla tanto di come risollevare il ciclismo giovanile, ma se non si tende la mano al proprio vicino diventa difficile pensare di creare una rete in grado di salvarci.

Giulio Pellizzari, Gentili

Pellizzari-Proietti Gagliardoni: cos’hanno in comune, caro Gentili?

28.11.2025
7 min
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Più che dire cosa accomuni Mattia Proietti Gagliardoni, oggi al Team Franco Ballerini, e Giulio Pellizzari, professionista della Red Bull–Bora, sarebbe meglio dire chi. E questo “chi” è Massimiliano Gentili, l’uomo che li ha seguiti sin da quando erano bambini e hanno iniziato a fare sul serio. Allievi prima, juniores poi… e professionisti adesso. Perché Gentili, in qualche modo, per loro c’è sempre.

Pensate che giusto qualche giorno fa il tecnico umbro era a Livigno in altura con Pellizzari. «Una pratica – racconta Max – quella della vacanza in montagna che portano avanti da qualche anno e che ha sempre dato buoni frutti. Alla fine è un’altura vera e propria… anche se ovviamente la bici non la tocca. Ieri mattina, per esempio, alle 7 siamo usciti a camminare a digiuno: c’erano 23 gradi sotto zero. Serve tanta grinta».

Pellizzari, infatti, scia di fondo, cammina, lavora in palestra e certamente farà i rulli. Ma torniamo all’inizio e a ciò che accomuna i due ragazzi.

Giulio Pellizzari, Gentili
Gentili con il primo “figlioccio”, Giulio Pellizzari…
Giulio Pellizzari, Gentili
Gentili con il primo “figlioccio”, Giulio Pellizzari…
Massimiliano, cosa accomuna questi due atleti, Pellizzari e Proietti Gagliardoni?

Prima che due atleti, sono due ragazzi eccezionali: simpatici, brillanti e anche furbi se vogliamo. Ragazzi che in gruppo sanno starci: non sono musoni e si integrano bene nelle varie situazioni.

Proviamo a fare un confronto caratteriale?

Giulio è più sereno, tranquillo e spensierato rispetto a Mattia, che qualche stato “d’ansia” è un parolone se lo mette. Giulio questo aspetto non lo ha mai avuto, nemmeno prima di diventare pro’. E adesso che sta vedendo di avere certezze e sicurezza nei propri mezzi, ancora meno… se possibile. Mattia invece deve lavorare un po’ di più in tal senso.

E’ plausibile. E’ già un’altra generazione rispetto a Pellizzari e ha più informazioni tecniche, quindi più consapevolezza…

Infatti è proprio questo che volevo dire. Anche se non sembra, sono passati cinque anni da quando si è iniziato a parlare del progetto green della Bardiani, nel quale Giulio era coinvolto. E cinque anni oggi sono tantissimi, cambia tutto. Pellizzari questa fase non l’ha dovuta affrontare, Mattia sì. Mattia è nel pieno di quella generazione che “bisogna per forza arrivare a un devo team” e questo crea stress, uno stress che prima non c’era. Oltre alla pressione per finire in quei team, pensiamo anche a come questi ragazzi devono rapportarsi con la scuola.

Gentili, Proietti Gagliardoni
E qui col secondo, Mattia Proietti Gagliardoni. La storia si ripete
Gentili, Proietti Gagliardoni
E qui col secondo, Mattia Proietti Gagliardoni. La storia si ripete
Cioè?

Cioè che per finirla e non perdere l’occasione di un devo team, quasi tutti passano a una scuola privata. Magari all’estero, in molti Paesi, la scuola finisce un anno prima. E questo è uno stress ulteriore. E loro sanno che quando staccano un biglietto per un devo team, se non sono arrivati, di certo hanno una corsia preferenziale verso il professionismo.

Passiamo invece a un confronto dell’uomo-corridore. Com’era Giulio?

Un punto di forza di Giulio è il suo margine. E questo posso dirlo con certezza visto che lo seguo da quando era allievo. Capendo il suo potenziale, ho cercato sin da subito di tutelare il suo talento. Pellizzari sin qui è cresciuto con carichi molto progressivi e proporzionati al suo fisico. Da junior, per dire, non ha mai fatto più di 115 chilometri. Una sola volta, per curiosità, lasciandolo in libertà, è arrivato a 130.

E Mattia?

Lui si è trovato a fare i conti con un’altra realtà. Una realtà in cui i carichi di lavoro per juniores, ma anche per allievi, sono cresciuti in modo esponenziale. Per questo dico che Mattia, rispetto a Giulio alla sua età, si allena di più. Spero vivamente che possa essere un secondo mio ragazzo che ce la farà, un ragazzo per il quale la mia presenza è stata importante. Però, anche su questo fronte, nonostante i tempi siano cambiati, c’è qualcosa che li accomuna.

Mattia passerà dalla Franco Ballerini, dove era seguito anche da Scinto, alla Movistar Team Academy (foto FB team)
Mattia passerà dalla Franco Ballerini, dove era seguito anche da Scinto, alla Movistar Team Academy (foto FB team)
Cosa?

Che entrambi non sono stati sfruttati troppo sino agli juniores. Anche Mattia, che non ha mai fatto una vera stagione completa. Questo per assurdo, al contrario di quello che molti pensano, gli impediva di fare un lavoro aerobico completo, con determinati carichi d’inverno. La prima stagione completa su strada l’ha fatta quest’anno… e i risultati si sono visti. Insomma è meno sfruttato di quel che si possa pensare. E questo è un vantaggio. Tanto più che lui è un motore a benzina.

Questa ci piace: di solito si sente dire motore diesel. Ci spieghi meglio, così magari iniziamo anche un confronto prettamente tecnico?

Certo, Mattia ha il cuore che va a mille. I suoi battiti schizzano anche a 215 pulsazioni al minuto, cosa che vuol dire tanto e non vuol dire nulla. Ma certo, unitamente alle doti di crossista, questo lo rende uno brillante, magari anche veloce in certe situazioni, come potrebbe essere l’arrivo di un gruppetto in cima a una salita. Senza contare che ha anche imparato a guidare bene la bici. Questo gli ha dato un grande cambio di ritmo. Ora speriamo che con il tempo possa migliorare anche la sua resistenza e la sua durability.

Che corridori sono?

Innanzitutto c’è una differenza di stazza fisica. Giulio è sì uno scalatore, ma in generale è più un corridore moderno e completo: è alto 180 centimetri per 67 chili, è leggero ma non leggerissimo come uno scalatore puro. Ha molte fibre rosse, quindi resistenza, e il suo cuore rispetto a quello di Mattia ha più il contagiri. Si ferma a 190 battiti. Attenzione, giusto per chiarire: il dato del cuore può anche non dire nulla riguardo alla forza e alle prestazioni, serve giusto per far capire le differenze fisiche.

Giulio Pellizzari, Gentili Mattia proietti Gagliardoni
Un rarissimo scatto di Pellizzari (ancora in VF Group-Bardiani) e Proietti Gagliardoni… a ruota di Gentili
Un rarissimo scatto di Pellizzari (ancora in VF Group-Bardiani) e Proietti Gagliardoni… a ruota di Gentili
Certo, danno un’idea precisa della differenza tra diesel e benzina…

Mattia infatti ha fibre muscolari leggermente diverse, più esplosive. Posto che lui, ancora più di Giulio, è in piena trasformazione fisica. Tecnicamente, viste le sue misure di 173 centimetri per 58 chilogrammi, potrebbe essere uno scalatore alla Yates. Ma mi sento di dire che è più un Pidcock. Attenzione, anche qui lo dico per far capire le caratteristiche, non per fare accostamenti di altro genere.

Entrambi sono per la salita però, è così?

Sì, Giulio sin da piccolo aveva valori altissimi e anche Mattia va molto bene. Però, come dicevo, è e sarà importante vedere come reagiranno al miglioramento della resistenza e della durability. Al primo anno da pro’, Pellizzari esprimeva ottimi valori, ma nelle prime gare coi grandi, nei finali, faceva molta fatica a replicare quei numeri. Spetta ora a chi li segue farli migliorare sotto questo aspetto.

Sei stato chiarissimo Massimiliano. Torniamo un po’ sugli aspetti caratteriali, magari attraverso qualche aneddoto o ricordo concreto. Partiamo da Giulio…

Che dire, entrambi sono determinati. Giulio, per esempio, ci rimase molto male quando De Candido non lo convocò in azzurro. Eravamo a una gara e bastò uno sguardo. Mi precedette nella parola e mi disse: «Lo so, non dire niente». Io stavo per dirgli “facciamogli vedere chi sei” e lui vinse la Colli Recanatesi. Qualche tempo dopo, sempre De Candido gli fece fare una selezione, ma su un percorso che chiaramente non era per lui: un piattone attorno a un capannone industriale, in pratica. Lo stesso Rino mi disse: «Il tuo ragazzo non è andato proprio bene». Per tutta risposta, all’Eroica Pellizzari sfiorò il successo. Fu secondo dietro Svrcek.

La speranza di Gentili è vedere anche Mattia arrivare a questi livelli e a questi successi (qui Pellizzari alla Vuelta)
La speranza di Gentili è vedere anche Mattia arrivare a questi livelli e a questi successi (qui Pellizzari alla Vuelta)
E di Proietti Gagliardoni cosa ci dici?

Direi molto simile a Giulio. Quest’anno, sempre all’Eroica, che ha vinto, mi ha detto: «Vedi, neanche Pellizzari l’aveva vinta. Ho dimostrato di poter competere ad alti livelli». Sono due combattenti, due agonisti. Per dire, a Livigno, con Giulio, giocavamo a bowling. Nei primi tiri non era un granché. Allora gli ho detto: «Ma che, ti devo insegnare anche a giocare a bowling?». Dopo tre colpi ha iniziato a fare strike!

Tra di loro si sentono mai?

Si sentono ogni tanto, si fanno i complimenti a vicenda, si seguono sui social. Sanno che io sono il loro punto d’incontro. Poi, alla fine, tutte queste occasioni per stare insieme non le hanno avute. Chi è da una parte e chi dall’altra. Se posso dire una cosa, io avrei un sogno: vederli lottare in breve tempo nei Grandi Giri. E che tutto questo lavoro, questo sogno, come è diventato realtà per Giulio, possa diventarlo anche per Mattia.

Maddalena Pascut, UC Giorgione 1905

UC Giorgione 1908: non solo risultati, anche immagine

27.11.2025
4 min
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Da quando Alessandro Ballan ed Enrico Bonsembiante hanno deciso di investirci tempo e risorse, la UC Giorgione 1908 ha preso decisamente il largo nel gruppo delle allieve. Del progetto vi abbiamo raccontato e, più di recente, il campione del mondo di Varese 2008 ha avuto modo di spiegarlo in occasione della premiazione della Coppa Italia delle Regioni a Roma.

«L’ho fatto per sdebitarmi verso la squadra in cui ho cominciato a correre – ha detto strappando l’applauso dei presenti – mentre la scelta di puntare su un team femminile è dipesa dalla volontà di offrire alle ragazze le stesse opportunità dei maschi. Intervenendo anche nell’organizzare una gara nel momento della stagione in cui ce ne sarebbero state poche».

Trittico dell'Alta Marca Trevigiana, Alesaandro Ballan, Enrico Bonsembiante
Lo scorso agosto ha visto la prima edizione del Trittico Rosa della Marca Trevigiana, la corsa organizzata dalla UC Giorgione (photors.it)
Trittico dell'Alta Marca Trevigiana, Alesaandro Ballan, Enrico Bonsembiante

Un anno

Alla fine del secondo anno di attività, abbiamo chiesto proprio a Ballan che cosa gli sia sembrato della stagione del suo team. E l’altissimo campione veneto ha risposto con un calore e una passione da cui si capisce quanto in realtà tenga al progetto.

«La stagione è stata positiva – ci ha detto – avevamo 15 ragazze ed è stato una bella soddisfazione dare loro la possibilità di fare un’attività ad alto livello, cercando di differenziarsi dalla massa. Nel senso che nel ciclismo giovanile purtroppo ci sono ancora le facce di quando ero giovane io. Avere invece una squadra giovane, dove i direttori sportivi hanno un ottimo rapporto con le ragazze, perché non c’è una grandissima differenza di età, è qualcosa di veramente unico. E siamo contenti anche a livello di risultati. Abbiamo portato a casa delle vittorie, non solamente su strada ma anche su pista. Quindi senza dubbio la seconda stagione è andata molto meglio rispetto all’anno scorso, vuol dire che siamo nettamente in crescita».

Risultati sono venuti grazie a una vittoria e 6 secondi posti di Maddalena Pascut (foto di apertura). Una vittoria con Sara Enzo. Bei piazzamenti di Bianca Luisotto, Samira Sartoretto e Ilaria Sbrissa.

Samira Martoretto, cronoscalata Consorzio Marmisti
Fra le ragazze più in luce del Giorgione, Samira Sartoretto, qui impegnata a cronometro (photors.it)
Samira Martoretto, cronoscalata Consorzio Marmisti
Fra le ragazze più in luce del Giorgione, Samira Sartoretto, qui impegnata a cronometro (photors.it)
Dovrebbero rispondere loro, le ragazze, ma secondo te si sono trovate davvero così bene nel clima che hai descritto?

Si sono trovate molto bene, tanto che abbiamo avuto tantissime richieste per il 2026. Questo fa capire veramente che l’immagine della squadra è qualcosa di differente rispetto a quello che c’è in giro oggi. Cerchiamo di prendere tutte le atlete che si può, ma abbiamo fatto la squadra per accontentare le ragazze intorno a casa, quindi a Castelfranco Veneto. Però è logico anche che non ci sia ancora tanta affluenza, per cui siamo costretti a uscire dal Comune e soprattutto a volte anche dalla provincia di Treviso.

In base a cosa scegliete le ragazze per la UC Giorgione?

Facciamo la scelta in base alla ragazza, in base anche ai genitori. Molte volte sono delle scelte anche tecniche, non buttate lì a caso. A volte ci muoviamo anche parlando con le ragazze che sono già in squadra, perché non c’è niente di meglio del punto di osservazione di un corridore del gruppo sulle avversarie o le potenziali compagne.

UC Giorgione, Enrico Bonsembiante
Enrico Bonsembiante, qui con le ragazze del Giorgione, è anche organizzatore del Cycling Stars Criterium di fine Giro (photors.it)
UC Giorgione, Enrico Bonsembiante
Enrico Bonsembiante, qui con le ragazze del Giorgione, è anche organizzatore del Cycling Stars Criterium di fine Giro (photors.it)
Nel ciclismo femminile ci sono le stesse problematiche di quello giovanile dei maschi, cioè la grande difficoltà nel trovare squadra mano a mano che si cresce?

Sì, le stesse problematiche. Abbiamo ricevuto più richieste di quelle che potremo esaudire. Ci sono sempre meno squadre e soprattutto ci sono poche gare. Infatti quest’anno abbiamo cominciato anche ad organizzare il nostro Trittico Rosa della Marca Trevigiana per dare la possibilità in agosto, quando non c’erano gare, di avere un weekend impegnato per farle correre.

Qual è la firma di Alessandro Ballan in questa squadra?

Penso che attualmente la mia bravura sia quella di trovare gli sponsor. Sappiamo benissimo che è diventato uno sport molto costoso e per farlo bene servono dei sostenitori che scarseggiano sempre di più anno dopo anno. Il fatto che io abbia vinto il mondiale e che mi presenti all’interno di un’azienda a chiedere la sponsorizzazione, è un argomento che funziona ancora bene. Non posso negarlo.

La nuova Unibet, Tietema sogna il Tour con nuovi talenti

La Unibet cresce e Tietema sogna il Tour con nuovi talenti

27.11.2025
6 min
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Con ben 13 nuovi innesti, la Unibet Rose Rockets si è posta in prima fila nel ciclomercato che sta ancora impazzando in vista della nuova stagione. Nessun team ha cambiato così tanto e parliamo di una squadra professional che ha portato i suoi effettivi a ben 28 unità. Le curiosità che la circondano sono tante, a cominciare dal fatto che la formazione salita di categoria lo scorso anno, da questa stagione ha cambiato affiliazione, passando dalla licenza olandese a quella francese.

Bas Tietema, a destra, insieme al nuovo acquisto Victor Lafay dal quale ci si attende tanto
Bas Tietema, a destra, insieme al nuovo acquisto Victor Lafay dal quale ci si attende tanto
Bas Tietema, a destra, insieme al nuovo acquisto Victor Lafay dal quale ci si attende tanto
Bas Tietema, a destra, insieme al nuovo acquisto Victor Lafay dal quale ci si attende tanto

Anche se il nome di famiglia non fa più parte della denominazione ufficiale, coinvolto nella squadra c’è sempre Bas Tietema e al diesse olandese abbiamo chiesto delucidazioni partendo proprio dalle ragioni del cambio di nazionalità.

«Penso che siamo davvero una squadra internazionale – dice – e con questo nuovo approccio abbiamo abbracciato molte nazionalità con belgi, olandesi, slovacchi e cechi, anche italiani per essere più una squadra internazionale. L’anno scorso Unibet è diventata anche partner di FDJ, la lotteria francese. Per noi era un passo importante avendo l’obiettivo di partecipare al Tour de France. D’altronde la Francia ha una delle culture più grandi dal punto di vista ciclistico».

L’identità della squadra rimarrà olandese o cambierà?

L’identità della squadra è qualcosa di relativo, dipende dalla narrazione, i media. La nostra penso sia una squadra senza una specifica identità per ora, anche se credo che si sposterà sempre di più verso la Francia considerando l’ingresso di un leader come Lafay e altri corridori transalpini. Ma alla fine sarà un mix di tutto.

Kubis, 25 anni, ha colto il titolo nazionale slovacco e vinto la classica di Cholet
Kubis, 25 anni, ha colto il titolo nazionale slovacco e vinto la classica di Cholet
Kubis, 25 anni, ha colto il titolo nazionale slovacco e vinto la classica di Cholet
Kubis, 25 anni, ha colto il titolo nazionale slovacco e vinto la classica di Cholet
Come giudichi la stagione che si è appena conclusa?

Un anno fantastico. Un passo avanti reale che abbiamo fatto come squadra. Siamo arrivati 26esimi nella classifica UCI e non va dimenticato che esistiamo solo dal 2023, quindi siamo giovanissimi. Dobbiamo ancora crescere e migliorare ogni anno, ma penso che abbiamo ottenuto ottimi risultati con 5 vittorie. Lukas Kubis è stato ovviamente una delle grandi rivelazioni della stagione. Quindi sì, in generale sono molto contento.

La vostra squadra è tra le più attive nel ciclomercato di quest’anno: che corridori state scegliendo?

Vogliamo crescere, dobbiamo ancora fare un altro passo avanti, per questo dovevamo essere molto attivi sul mercato. Stiamo davvero cercando una combinazione di esperienza e gioventù. Abbiamo alcuni corridori che hanno già dimostrato di essere in grado di esibirsi ai massimi livelli, siamo stati protagonisti anche in prove WorldTour. Ma crediamo anche che bisogna investire nei corridori emergenti e penso a Niklas Larsen, che è arrivato terzo ai campionati europei a cronometro, come anche Matyas Kopecky. Credo davvero che questi siano corridori che forse non volevano ancora partecipare alle gare più importanti, ma che abbiano il potenziale per diventare ottimi elementi, come ha fatto Lukas Kubis, ad esempio.

Il team, divenuto francese quest'anno, ha colto 5 vittorie in stagione Qui Zeb Kyffin a Langkawi
Il team, divenuto francese quest’anno, ha colto 5 vittorie in stagione. Qui Zeb Kyffin a Langkawi
Il team, divenuto francese quest'anno, ha colto 5 vittorie in stagione
Il team, divenuto francese quest’anno, ha colto 5 vittorie in stagione. Qui Zeb Kyffin a Langkawi
Arrivano alla Unibet due corridori con un grande palmares come Groenewegen e Lafay: che cosa ti aspetti da loro e avranno programmi diversi?

Stiamo ancora lavorando su quali saranno gli obiettivi per il prossimo anno, visto che non siamo sicuri di quali gare saranno in programma. Quindi a volte dipende anche dalle wild card. Certo Dylan e Victor ci danno quella carica in più, sanno già come vincere anche gare importanti, ma serve che siano anche d’esempio per gli altri. Vogliamo competere per vincere più gare e partecipare in modo offensivo e attraente anche negli eventi più difficili, credo che Victor l’abbia fatto anche l’anno scorso.

L’arrivo di Matyas Kopecky ha fatto la storia come primo ciclista diabetico a lasciare la Novo Nordisk: come siete arrivati a questa scelta?

Non sapevo che fosse il primo, ma Matyas ha già ottenuto ottimi risultati negli ultimi anni. E suo fratello era ovviamente già nella nostra squadra da un anno. Penso che Matyas abbia il potenziale per essere un bravissimo corridore e che voglia anche mettere la sua firma nelle corse più importanti. Penso che sia anche uno dei motivi per cui ha detto di sì. E’ un gesto di fiducia verso di noi, sa che siamo una squadra super valida e lui vuole provare a capire dove può arrivare. Anche nelle grandi classiche o forse anche nei Grandi Giri, io lo vedo bene. Avevamo già avuto contatti, poi quest’anno la situazione è diventata più seria.

Sergio Meris resta l'unico italiano del team. Per lui un 2026 denso d'impegni
Sergio Meris resta l’unico italiano del team. Per lui un 2026 denso d’impegni
Sergio Meris resta l'unico italiano del team. Per lui un 2026 denso d'impegni
Sergio Meris resta l’unico italiano del team. Per lui un 2026 denso d’impegni
Resta nel team un solo italiano, Sergio Meris: che cosa può dare al team?

Penso che Sergio sia un corridore di grande talento nelle gare impegnative e collinari. Credo che per lui sia importante poter correre, chiaramente gli sono mancate un po’ le gare nazionali. E’ stato un anno di transizione, ma spero davvero che possa crescere bene nelle gare italiane come anche nella Coupe de France. Spero che possa fare un altro passo avanti l’anno prossimo perché credo che abbia molto potenziale e un ottimo spunto veloce. Essere al primo anno da professionista non è mai facile, soprattutto se si fanno gare molto dure. Ma dopo un buon inverno di allenamento avremo in lui un’altra punta.

Quali obiettivi hai per il prossimo anno?

Penso che uno dei nostri grandi obiettivi come squadra sia quello di avere sempre più tifosi in tutta Europa, per arrivare al grande sogno di correre il Tour de France. Non so se accadrà quest’anno o l’anno prossimo, ma penso che dobbiamo essere il più pronti possibile e anche correre sempre di più. Soprattutto gare del WorldTour. Penso che siamo pronti a competere in sempre più prove, anche nelle classiche. E forse anche alla Milano Sanremo, penso che con Kubis e Kopecky abbiamo ottimi elementi per fare davvero bene anche lì. Forse non siamo ancora abbastanza bravi per la classifica generale delle gare a tappe, ma penso che possiamo migliorare molto. Penso che sarebbe davvero bello partecipare a gare come il Fiandre o la Strade Bianche. Per dimostrare che siamo in grado di fare un altro passo avanti.

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Quanto è difficile la scalata verso il WorldTour, è solo questione di budget o c’è anche altro?

C’è molto di più. Penso che il World Tour sia fantastico, ma è anche difficile raggiungerlo, un club esclusivo. Ma se sei una delle migliori squadre professional, sei in un’ottima posizione. E’ come essere in una zona grigia, vicini al grande salto ma non ancora pronti. C’è quel ciclo triennale in cui devi segnare punti per guadagnarti il WT e noi tre anni fa eravamo appena nati, ancora una continental. Credo che siamo progrediti enormemente. Quest’anno quel ciclo ricomincia e se riusciamo a mantenere questo ritmo di crescita, allora forse riusciremo. Il budget conta molto, con gli stipendi dei corridori, ma penso anche alle performance. Tra un anno potremo fare il punto della situazione, ora dobbiamo solo lavorare.