Mirino sul traguardo di Novara: Viviani prenota i fuochi d’artificio

21.08.2025
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La sua immagine del profilo su whatsapp è una delle foto più belle che siamo mai state fatte di Elia Viviani. Ne conviene anche lui, guidando verso Torino dopo gli ultimi giorni a casa prima della Vuelta. E’ una delle tante scattate in galleria del vento nel 2016, ma nessun’altra è riuscita come quella, con il body blu e senza le scritte. Al Politecnico di Milano ne hanno messo una gigantografia all’ingresso. Fu l’anno dell’oro di Rio, non solo un fatto estetico: quel lavoro valse un bel pezzetto di medaglia.

E adesso la Vuelta, con quale spirito?

Ho lottato per esserci. Era una delle cose su cui ho chiesto subito chiarezza alla squadra. Se ci credete, mi portate, oppure lasciamo perdere tutto e vado alle gare che ci sono in giro per l’Europa. Invece ho trovato pieno supporto, per cui dopo l’italiano ho fatto una settimana tranquillo di semi vacanza a casa, ma senza bici. E da lì poi sono salito per tre settimane con sette compagni di squadra a Livigno. Sono tornato a casa per andare al Polonia, scelto come gara di avvicinamento.

Questa la foto profilo su Whatsapp di Viviani, scattata al Politecnico di Milano nel 2016, preparando l’oro di Rio
Questa la foto profilo su Whatsapp di Viviani, scattata al Politecnico di Milano nel 2016, preparando l’oro di Rio
Piuttosto impegnativo quest’anno…

C’era una sola occasione per arrivare in volata. Altrove avrei avuto più possibilità, però sapevamo che il Tour de Pologne poteva essere importante per approcciarsi alla Vuelta. Infatti alla fine ho sofferto come un cane, però sapevo che mi faceva bene. Già ad Amburgo stavo benone e sono rimasto indietro solo per la foratura al momento sbagliato, però ho avuto buone sensazioni. Per cui arrivo alla Vuelta sapendo che ci saranno poche occasioni, come sono state poche al Giro e al Tour. Alla fine non ci saranno tantissimi velocisti, quindi presuppongo che arrivando in volata potrò avere delle chance. Ci sarà un Pedersen infuocato (Mads ha vinto 3 tappe, la classifica generale e quella a punti al Giro di Danimarca, ndr) e anche Philipsen. Soprattutto Pedersen che sarà anche il riferimento per la maglia verde e gli sprint.

Hai già individuato le tappe a disposizione?

Vi dico una cosa: sabato sarà il giorno clou. Lo prenderò come una classica. Voglio arrivarci fresco, perché per me sabato sarà la Vuelta, poi giorno per giorno arriverà quello che arriverà. Ma la prima tappa in Italia con l’arrivo in volata è un’occasione. E poi comunque sarà il mio ritorno a un Grande Giro, un’occasione da non mancare o comunque per cui fare tutto bene.

Sapendo che la prima tappa arriva in volata e poi sarà una corsa dura, la preparazione è stata inquadrata diversamente?

A Livigno mi sono concentrato molto di più sulle salite, perché sappiamo che sarà una Vuelta dura da passare. Si continua a dire che le corse sono sempre più dure, però fino a un certo punto. Ci sono 11 arrivi in salita e secondo me è anche giusto, perché la gente vuole vedere gli scalatori che si scattano in faccia e questo succede solo se il traguardo è sulla cima. Quindi diciamo che la preparazione è stata incentrata molto più sulle salite che non sulle volate, ho mantenuto i classici blocchi per la preparazione degli sprint e ho ridotto di molto la palestra. Ma l’approccio al primo giorno non terrà conto delle tre settimane, sarà come una gara secca. Perciò venerdì sarà una giornata clou per trovare il colpo di pedale giusto. Quindi non farò la classica oretta, ma probabilmente tre ore con dei lavori, anche dietro moto o dietro macchina, per partire con la sensazione di avere la gamba pronta.

Ad Amburgo, una settimana dopo il Polonia, solo una foratura ha impedito a Viviani di restare nel gruppo dei primi
Ad Amburgo, una settimana dopo il Polonia, solo una foratura ha impedito a Viviani di restare nel gruppo dei primi
Quanto ti è mancato non aver fatto un Grande Giro negli ultimi quattro anni?

E’ mancato tanto, a diversi livelli. Certamente sul piano affettivo e poi comunque di obiettivo, perché per ogni ciclista la stagione viene improntata sui tre Grandi Giri. Perciò non è facile affrontare delle annate senza farne uno. Fisicamente mi è mancato tantissimo, anche se alla fine le motivazioni comunque le trovi. L’anno scorso c’erano le Olimpiadi, ad esempio. Non fare le tre settimane mi ha dato qualcosa di meno sul piano atletico.

A livello di prestazioni?

Se guardiamo, i miei migliori risultati sono sempre arrivati dopo un Grande Giro, oltre che essere arrivati durante la corsa stessa. Il campionato italiano non lo avrei mai vinto senza il Giro. Le classiche come Amburgo, Plouay o London Classic e l’europeo non sarebbero mai arrivate senza il Tour. Quindi, secondo me, nella conta di tutte le vittorie mancate negli ultimi anni, sicuramente l’assenza del Grande Giro ha inciso.

Quindi in qualche modo la Vuelta sarà funzionale al mondiale pista di ottobre?

Sono obiettivi totalmente distinti. Ho tanta voglia di fare la Vuelta, amo l’idea che si concluda a Madrid, dove ho vinto e che è stata una delle vittorie più belle della mia carriera. So benissimo che se la finisco, poi mi divertirei sino a fine stagione, perché è sempre stato così. Di conseguenza ai mondiali avrei ancora più chance, perché potrei arrivarci con una condizione super. Quindi almeno per questo sono due obiettivi collegati.

E’ il 3 maggio, il Turchia arriva a Cesme e Viviani torna alla vittoria battendo Kristoff e Persico
E’ il 3 maggio, il Turchia arriva a Cesme e Viviani torna alla vittoria battendo Kristoff e Persico
Hai parlato con Salvoldi di quale potrebbe essere il tuo impiego a Santiago del Cile?

No, devo ancora farlo. Non sarò in specialità olimpiche, perché è iniziata una rifondazione della nazionale ed è giusto che sia così. Non credo che la madison sia un’opzione, perché è nello stesso giorno dell’eliminazione in cui per il quinto anno consecutivo vorrei centrare una medaglia. Magari, parlando con Dino e per non fare solo l’eliminazione, che dura solo quei 10 minuti, mi piacerebbe tornare a fare una corsa a punti, ma è tutto da vedere e da parlare.

Hai firmato il contratto a stagione iniziata, perché volevi dimostrare qualcosa. Ci sei riuscito?

Quello che volevo era tornare a correre e vincere e ci sono riuscito al Turchia. Volevo vincere di più? Sì, sicuramente. Però guardando indietro, le occasioni che posso aver mancato sono venute subito dopo il Turchia, perché quando ne vinco una, cerco sempre di aggiungerne altre. Quindi Dunkerque oppure la Copenhagen Sprint, che era la prima edizione e in cui arrivavo dal terzo posto di Brugge. Mi è mancato un paio di vittorie, ma l’asticella deve essere tenuta necessariamente alta.

Che tipo di sfida sarà alla Vuelta?

Una grande sfida. Anche se ho 36 anni, ho i miei dubbi e le mie paure. Arrivo alla Vuelta dopo quattro anni senza un Grande Giro, però l’ho voluto a tutti i costi e quindi vado e me la godo. Pensiamo alla tappa di sabato e alle altre volate, Madrid compresa. Ma se nel mezzo ci saranno delle giornate in cui andare in fuga, potrei provarci. Non mi va di passare 17 giorni a ruota, sperando nelle quattro volate.

La lunga fuga di Viviani alle Olimpiadi di Parigi potrebbe ispirare qualche attacco nelle tappe della Vuelta non proprio per velocisti?
La lunga fuga di Viviani alle Olimpiadi di Parigi potrebbe ispirare qualche attacco nelle tappe della Vuelta non proprio per velocisti?
E adesso una domanda che non si fa mai, come chiedere gli anni a una donna. Hai già deciso se questa sarà l’ultima stagione?

Diciamo che le idee sono più chiare e tranquille rispetto all’anno scorso (sorride, ndr). La verità è che con Lotto abbiamo parlato tranquillamente di un anno e semmai di un altro se tutti fossimo stati contenti. La cosa in questo momento è complicata dalla fusione della squadra con l’Intermarché e quindi è tutto in stand by, attendendo cosa succede nel finale di stagione. Se dovesse essere un finale di stagione come vorrei, con i fuochi d’artificio, perché non correre ancora? E’ una situazione totalmente diversa dall’anno scorso. Ho voluto correre a tutti i costi, ho trovato un accordo a fine febbraio e ho anche vinto. Ma per ora non vorrei dire di più. Ora si pensa alla Vuelta e ci si pensa con la massima concentrazione.

Trittico Rosa, la nuova sfida dell’UC Giorgione

21.08.2025
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Nel fine settimana del 29-31 agosto in provincia di Treviso andrà in scena la prima edizione del Trittico Rosa della Marca Trevigiana. Si tratta di una tre giorni dedicata al ciclismo giovanile femminile, organizzata da una squadra, l’UC Giorgione, che ha come Presidente il campione del mondo Alessandro Ballan e come Team Manager Enrico Bonsembiante.

Una scelta che sembra controcorrente in un momento in cui le competizioni giovanili, specie tra le juniores, sono sempre meno. Ma anche perché, solitamente, c’è chi organizza le gare e chi le corre. In questo caso invece un team ha deciso di impegnarsi in prima persona per dare la possibilità a ragazze di tutta Italia (e non solo) di cimentarsi in una piccola corsa a tappe. Abbiamo raggiunto Bonsembiante (nella foto in apertura) al telefono per farci raccontare com’è nata quest’idea, come si svolgerà e quali sono state le difficoltà che hanno incontrato.

Alessandro Ballan all’ultimo Cycling Stars Criterium, assiema a Pellizzari e Del Toro (foto Poci’s Pix)
Alessandro Ballan all’ultimo Cycling Stars Criterium, assiema a Pellizzari e Del Toro (foto Poci’s Pix)
Enrico, com’è nata l’idea di passare da dirigente di una squadra ad organizzatore di una gara? 

L’idea era quella di metterci del nostro come UC Giorgione, perché per primi vediamo sempre meno corse in Italia, soprattutto per le Juniores. Da molti anni assieme ad Alessandro Ballan organizziamo il Cycling Stars Criterium, quindi abbiamo voluto mettere a disposizione la nostra esperienza per organizzare una gara per le ragazze.

Qualcosa di simile non c’è in Italia?

C’è qualcosa di simile a Comano Terme, realizzato da organizzatori molto capaci. Io e Alessandro abbiamo preso spunto da lì, portandolo però naturalmente nel nostro territorio, da sempre terra di grande ciclismo, in città come Castelfranco Veneto e Mosnigo. E scegliendo un fine settimana in cui non c’erano altre competizioni in Italia.

Le ragazze dell’UC Giorgione sono esordienti e allieve: il Trittico Rosa offrirà loro una possibilità in più di gareggiare (foto Poci’s Pix)
Le ragazze dell’UC Giorgione sono esordienti e allieve: il Trittico Rosa offrirà loro una possibilità in più di gareggiare (foto Poci’s Pix)
Quindi avere deciso di organizzare non una semplice gara, ma addirittura una tre giorni

E’ una cosa particolare perché è una tre giorni completamente dedicata al ciclismo giovanile femminile, le categorie esordienti, allieve e juniores, cioè ragazze dai 12 ai 17 anni. Inizieremo la sera di venerdì 29 agosto a Castelfranco Veneto, con un circuito cittadino, che varrà anche per la classifica finale dei tre giorni.

In che senso classifica finale?

L’abbiamo pensata come una piccola corsa a tappe, quindi qualcosa di ancora più raro per ragazze di quest’età, un’opportunità in più. Sabato 30 poi ci sposteremo a Mosnigo di Moriago della Battaglia, sopra il Montello, dove ci sarà una cronometro, pianeggiante ma tecnica, che sarà anche valida per il campionato provinciale di Treviso.

Le ragazze dell’UC Giorgione in parata. La storica squadra trevigiana è rinata tutta al femminile nel 2024 con la presidenza di Ballan (foto Poci’s Pix)
Le ragazze dell’UC Giorgione in parata. La storica squadra trevigiana è rinata tutta al femminile nel 2024 con la presidenza di Ballan (foto Poci’s Pix)
L’evento però sarà aperto a ragazze da tutta Italia, giusto?

Assolutamente. Anzi, abbiamo già ricevuto iscrizioni anche dall’estero. Per esempio avremo la nazionale ucraina juniores, e squadre da tutta Italia con diverse ragazze di altri Paesi. E’ ancora presto per dire quante atlete ci saranno in tutto, ma ci aspettiamo almeno un centinaio di iscritte per ogni categoria, forse di più.

Questa ottima risposta testimonia il gran bisogno che c’è di gare del genere 

Sì perché di eventi simili ce ne sono pochi non solo in Italia, ma in tutta Europa. Il clou del Trittico sarà infine domenica 31 con la gara in linea. Le esordienti ripeteranno 10 volte un circuito di 4 chilometri, mentre alle allieve si aggiungerà un circuito più impegnativo sulle colline del Prosecco. Le juniores disputeranno invece una gara più lunga e selettiva, ripetendo 5 volte il circuito collinare di 19 chilometri. La gara di domenica sarà anche il primo Memorial Angelo e Gino Presti, un omaggio a due persone molto importanti per il ciclismo giovanile trevigiano. 

Giorgia Timis, Esordiente 2° anno, quest’anno ha vinto il Gran Premio Primavera di Maser (foto UC Giorgione)
Giorgia Timis, Esordiente 2° anno, quest’anno ha vinto il Gran Premio Primavera di Maser (foto UC Giorgione)
Chi sono?

Angelo Presti è stato uno storico organizzatore delle corse che si svolgevano a Mosnigo, oltre che direttore di corsa. Il figlio Angelo jr ci ha dato una grossa mano nell’organizzazione del Trittico, quindi ci è sembrato giusto dedicare l’evento clou alla memoria del padre.

A proposito di organizzazione, voi siete ormai rodati con il Cycling Stars Criterium. Questa però è una cosa diversa, avete trovato difficoltà?  

Non è facile, né a livello economico né burocratico. Bisogna trovare molti volontari e non è semplice. Per esempio per la gara di domenica dobbiamo coprire 65 punti tra incroci e uscite di strade laterali. Poi c’è la logistica, per tre giorni devi montare e smontare la partenza e l’arrivo. Insomma ci sono molte più cose a cui pensare rispetto al Criterium.  Per questo ci tengo a ringraziare Giorgio Dal Bò, presidente della sezione trevigiana della Federciclismo. Assieme a sua figlia Virginia ci sta aiutando moltissimo soprattutto dal punto di vista burocratico. E’ giusto sottolineare quando qualcuno si spende per realizzare qualcosa di bello e difficile nel proprio territorio, anche perché eventi del genere sono possibili solo grazie alla collaborazione di molte persone.

L’UC Giorgione con Longo Borghini e Wiebes al Cycling Stars Criterium 2025 (foto Poci’s Pix)
L’UC Giorgione con Longo Borghini e Wiebes al Cycling Stars Criterium 2025 (foto Poci’s Pix)
Hai parlato del fatto che arriveranno più di 300 atlete. Assieme ai vari staff e, immaginiamo, ai genitori, si tratta di un gran bel numero. Dove alloggeranno tutte queste persone?

Abbiamo diversi hotel e agriturismi convenzionati nella zona e li indirizziamo lì. Infatti, oltre a dare la possibilità alle giovani ragazze di gareggiare in una piccola corsa a tappa, il Trittico vuole anche creare un importante indotto su tutto il territorio.

Pista, strada, scuola. L’intensa giovinezza di Chantal Pegolo

21.08.2025
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In queste ore Chantal Pegolo è impegnata ad Apeldoorn con la nazionale su pista per i mondiali juniores e si fa molto affidamento su di lei viste le sue caratteristiche di perno della squadra, non a caso inserita sin dallo scorso anno nel quartetto. Questa peculiarità sta emergendo in maniera sempre più prepotente anche su strada e d’altronde ha sempre fatto parte della sua essenza, anche quando era allieva e non per niente è stata inserita nella nazionale italiana per gli Eyof.

Mettiamo da parte la pista per un attimo. In questa stagione su strada la veneta ha disputato 17 corse e solamente in un’occasione ha mancato la top 10, con le due vittorie al Giro delle Marche in Rosa e al GP Industria e Commercio. Ma al di là delle vittorie è proprio la sua costanza di rendimento ad alti livelli a colpire.

La veneta è impegnata in questi giorno ai mondiali juniores di Apeldoorn. Oggi per lei la gara a eliminazione (foto UEC)
La veneta è impegnata in questi giorno ai mondiali juniores di Apeldoorn. Oggi per lei la gara a eliminazione (foto UEC)

«Molto dipende dal fatto che quest’anno ho cambiato preparatore, ora sono con Luca Quinti. Sono subito partita abbastanza bene e forte perché puntavo al Trofeo Binda, dove volevo far bene, invece proprio lì per alcuni problemi ho mancato completamente. Anch’io però mi sono accorta di questa costanza che si traduce in grande facilità nel fare ogni cosa, anche se ammetto che prima dei mondiali ho dovuto staccare un po’ perché ero stanca e questo si è sentito anche in qualche seduta di allenamento in pista, non stavo bene».

Tante volte voi juniores gareggiate insieme alle elite in una classifica a parte, ma a te è capitato anche di vincere nel confronto. Quelle vittorie hanno lo stesso sapore, lo stesso effetto di quando correte solo fra voi?

Eh sì, sicuramente, anzi valgono anche di più perché sono gare completamente diverse. Specialmente quando ci troviamo in salita perché loro sono molto più esperte, sono più formate soprattutto, più strutturate. Alcune di loro hanno fatto il Giro d’Italia e tante altre gare all’estero, hanno un bacino d’esperienza molto superiore. Quindi anche piazzarmi tra di loro fa molto piacere, significa che sto imparando velocemente.

Agli europei juniores, Pegolo ha vinto la corsa a punti. Argento nel quartetto e nella madison (foto UEC)
Agli europei juniores, Pegolo ha vinto la corsa a punti. Argento nel quartetto e nella madison (foto UEC)
Due anni fa, quando hai partecipato agli Eyof, Silvia Epis, la selezionatrice azzurra diceva che tu eri la classica ragazza fulcro della squadra, quella che sapeva fare gruppo e questa cosa sta riemergendo adesso…

Diciamo che è una cosa spontanea, fa parte del mio carattere. E’ una cosa che non si impara, è una dote che cerco di sfruttare anche in pista. Il quartetto si basa moltissimo sull’armonia, quando c’è accordo e legame fuori dall’anello, anche tutti i meccanismi tecnici che fanno andare avanti il quartetto funzionano meglio. L’anno scorso eravamo abbastanza staccate fra noi perché non eravamo molto amiche. Ora le cose sono cambiate, abbiamo lavorato molto per cercare di avere l’armonia giusta per poter affrontare le gare nel modo migliore. Se sbagliamo un qualcosa non dobbiamo rimproverarci di niente, ma solo capire che siamo qua per fare esperienza e per imparare. E questa armonia si sente.

Tra strada e pista che cosa preferisci e su quale poni più speranze, anche magari per un futuro olimpico?

Bella domanda, allora diciamo che la disciplina che mi piace di più in assoluto è la strada perché mi piace fare fatica, soprattutto mi piace la salita, ma anche la volata mi dà molta adrenalina. In pista invece mi piace molto il fatto che si deve usare più testa che gambe nelle prove endurance singole, quindi bisogna ragionare ed è molto più bello secondo me.

Chantal insieme alle compagne azzurre, con cui c’è un forte legame di amicizia
Chantal insieme alle compagne azzurre, con cui c’è un forte legame di amicizia
Tu adesso sei al secondo anno, quindi passi di categoria. Che opzioni stai valutando, tra entrare in un gruppo militare per garantirti un futuro e puntare sulla pista oppure cercare un contratto importante su strada?

Diciamo che mi tengo aperte entrambe le possibilità. Io ho già firmato un contratto per il 2027 con la Lidl-Trek, il prossimo anno invece non so ancora che cosa farò e per questo ho già fatto il concorso per entrare nelle Fiamme Azzurre e a settembre mi diranno se sono dentro o no.

Ti pesa avere tanti appuntamenti ravvicinati fra pista e strada?

Il calendario è intenso, ma con discipline abbastanza diverse. Ora c’è la pista che richiede intensità e brillantezza, poi andrò in ritiro con la nazionale su strada, in altura per due settimane. Io spero di fare i mondiali e gli europei su strada, che sono quelli a cui tengo. Devo dire grazie a Diego Bragato che mi ha permesso di conciliare i lavori in entrambe le discipline per tirare fuori il meglio.

Uno dei tanti podi 2025, il 3° posto al Trofeo Madonna del Boden vinto da Giada Silo (foto Facebook)
Uno dei tanti podi 2025, il 3° posto al Trofeo Madonna del Boden vinto da Giada Silo (foto Facebook)
Tu hai 18 anni, a scuola devi fare ancora l’ultimo anno, vero?

Sì, quest’anno sono passata anche con buoni voti, il prossimo mi attende la maturità e poi voglio continuare gli studi all’università di scienze motorie. In proposito sento che molti ragazzi della mia età, per dedicarsi interamente al ciclismo lasciano la scuola. Secondo me è sbagliatissimo, perché una volta finito lo sport devi avere qualcosa in mano se non sei all’interno di un gruppo militare. Io prima di ogni cosa voglio un titolo di studio, la scuola non la lascerei mai anche se costringe a fare grandi sacrifici.

Il Pordoi, i pro’ e Marco Frigo: «Il mio parco giochi»

21.08.2025
7 min
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Non solo Teide, Sierra Nevada o Livigno… I pro’ per i ritiri in altura stanno tornando anche sul Passo Pordoi. La Bahrain Victorious lo ha scelto come base per gli allenamenti estivi. Ma c’è un atleta che del Pordoi in qualche modo ne ha fatto la sua “seconda casa”: si tratta di Marco Frigo.

Lo abbiamo sentito a pochi giorni dall’imminente Vuelta, ma con il corridore della Israel-Premier Tech c’è stato tempo anche per parlare del mitico passo dolomitico. Lassù c’è una stele dedicata a Fausto Coppi e ogni giorno, nel pieno dell’estate, centinaia di ciclisti da tutto il mondo lo affrontano, sudano, soffrono, gioiscono e si innamorano delle sue bellezze.
E questo vale anche per i professionisti: se pensate che questi ragazzi siano sempre e solo numeri e dati, vi sbagliate. E il Pordoi ne è testimone.

Marco, tanti tuoi colleghi vanno in ritiro in altura sul Teide, oppure nella gettonatissima Livigno. Ora anche Andorra, dove tra l’altro molti vivono. Perché tu scegli il Pordoi?

Nel mio caso anche per una questione di vicinanza a casa. Io sono veneto e il Pordoi è in provincia di Belluno (un versante, l’altro è trentino, ndr). Ma in generale direi perché sei sulle Dolomiti e pedalare lassù non ha eguali. Non c’è un altro posto al mondo come le Dolomiti, secondo me. Già questo lo definirei il miglior motivo per scegliere il Pordoi. E poi è anche bello alto.

Siamo a 2.239 metri…

Una quota molto buona per l’ossigenazione. Ci sono un paio di hotel in cima, io mi sono sempre affidato all’Hotel Savoia. Ci si sta bene, tranquilli e i servizi sono ideali. Io poi vado in un periodo dell’anno che di solito è quello estivo (in qualche caso anche aprile inoltrato, ndr) perché già a settembre fai fatica. Alla fine è davvero disponibile per tre mesi all’anno.

La sua posizione è buona per cosa?

Perché puoi anche scegliere di allenarti un po’ più in basso, ci sono tanti percorsi. Per esempio dal Pordoi in 25 chilometri sei ad Alleghe, a quota mille metri o anche meno. Quindi praticamente non sei al livello del mare ma puoi svolgere determinati lavori. In più c’è anche un po’ di pianura. Oppure fai la stessa cosa scendendo in Val di Fassa, dall’altro versante: lì sei a 1.300-1.400 metri e appena vuoi hai subito qualche salita che ti riporta in quota.

A te perché piace?

A me piace molto il Pordoi, perché sei al centro di tutto. Mi verrebbe da definirlo un parco giochi. Sì, proprio così: il Pordoi è al centro di quel parco giochi che sono le Dolomiti. Da lì puoi scendere verso la Val di Fassa o la Valle di Livinallongo e si apre tutta una diramazione di altri passi. Penso al Fedaia, al Campolongo, al San Pellegrino, al Valles… potrei continuare per ore.

La bellezza del Pordoi e delle sue vedute (sullo sfondo i bastioni del Boè e il Sassolungo. Nel mezzo il Passo Sella (foto Dolomiti Review)
La bellezza del Pordoi e delle sue vedute (sullo sfondo i bastioni del Boè e il Sassolungo. Nel mezzo il Passo Sella (foto Dolomiti Review)
Una scelta vastissima in effetti…

Io sono stato in altri posti, in altre alture ed è tutta un’altra cosa. Magari hai 2-3 salite che puoi fare, mentre sul Pordoi hai una scelta immensa. Per questo dico che è un parco giochi.

Da un punto di vista tecnico, stare a 2.200 metri è utile ai fini dell’aumento dell’ossigenazione. Rispetto ai 1.800 metri di Livigno, che differenza c’è?

Sinceramente le percentuali non le so. Sicuramente è risaputo scientificamente che più in alto vai e meno ossigeno trovi, quindi è una cosa fisica. Ed è anche una cosa che aumenta in maniera esponenziale, quindi anche solo un piccolo aumento di altitudine può darti un più grosso decremento di ossigeno e quindi qualcosa in termini di miglioramento della forma. Non a caso molti atleti dicono di andare a Livigno poi in realtà risiedono al Passo Trepalle o all’Eira proprio per questo motivo. Io mi sono sempre trovato bene al Pordoi e quando sono sceso ho avuto buone sensazioni e un buon riscontro a livello di prestazioni. Anche quest’anno, prima del Giro, sono stato lassù 10 giorni in solitaria con un mio amico.

Ecco, da un punto di vista delle distrazioni com’è?

Sicuramente non è un ambiente familiare o friendly, di svago. Non è come Livigno insomma. Personalmente mi trovo bene in cima al Pordoi perché so che posso anche investire del tempo su me stesso e non solo in bici. Il non avere troppe distrazioni mi aiuta. Detto ciò in 15 minuti di macchina sei a Canazei o ad Arabba.

Investire del tempo per se stessi è una bella cosa. Cosa fai nel dopo-bici lassù?

Almeno una volta salgo in funivia al Sass Pordoi. Al pomeriggio si va lassù, sul filo dei 3.000 metri. Godi di un panorama unico, il silenzio, la maestosità delle montagne. Vedi cime su cime. Hai la Marmolada di fronte. Poi c’è anche un bellissimo sentiero semi-pianeggiante che conduce a Porta Vescovo, altra cima unica. Sei sul tetto del mondo, nel cuore delle Dolomiti.

Prima hai parlato di passi e diramazioni a non finire. Qual è il tuo giro preferito?

La mia salita preferita è proprio quella che porta al Pordoi, sono sincero. Mi piacciono entrambi i versanti, ma forse un filo di più quello che sale da Canazei. Mentre uno dei giri preferiti è quello con Colle Santa Lucia, Giau, la discesa verso Cortina e, prima di arrivarci, la svolta per il Falzarego e poi ancora più su sul Valparola. Quindi scendi a La Villa, Corvara, ti arrampichi sul Gardena, fai il Sella e rientri sul Pordoi dal lato di Canazei.

Un giro da oltre 4.000 metri di dislivello (per la precisione 121 km e 4.183 m di dislisvello)!

Sì, ma unico. Tocchi tutte le valli più belle. Io poi non sono uno che ama troppo la sosta al bar, ma ho un paio di punti fissi. Uno di questi è la Dolciaria Fassana: lì prendo quella torta al grano saraceno con i mirtilli che è una bontà.

Che rapporti utilizzi normalmente? Ci sono tante differenze tra passo e passo?

Le pendenze dei passi dolomitici sono abbastanza eterogenee. Puoi trovare veramente pendenze toste, penso al San Pellegrino dal Valles o al Fedaia. E puoi trovare salite ben più abbordabili, proprio come il Pordoi da entrambi i versanti che ha pendenze più fattibili. Anche il Campolongo e il Gardena sono abbordabili. Dai, ce n’è per tutti i gusti. Chi vuole una certa pendenza… la trova! Si trova persino la pianura.

Cioè?

Spesso nei giorni di scarico scendo in auto a Predazzo, in Val di Fiemme, e giro lì. In quel caso hai veramente poco dislivello.

Il bivio tra il Sella (a sinistra) e il Pordoi (a destra): siamo sul versante fassano, quello preferito da Frigo
Il bivio tra il Sella (a sinistra) e il Pordoi (a destra): siamo sul versante fassano, quello preferito da Frigo
Riguardo ai lavori come ti regoli? Magari fai le SFR sul Pordoi e gli scatti sul Giau?

Sì, esatto. Più o meno è così. Ormai essendoci stato parecchie volte ho i miei riferimenti, i miei tempi. Ad esempio il VO2 Max mi piace farlo sul Colle Santa Lucia partendo da Caprile, proprio dal basso.

Come mai?

Anche per una questione di quota. Certi lavori è meglio farli non troppo alti. Lì siamo poco sopra i mille metri. Mentre mi trovo bene a fare le SFR sul San Pellegrino perché ha una pendenza un po’ più alta. Quando invece c’è da fare i lavori di endurance allora una salita vale l’altra… più o meno. Gli sprint invece li faccio sempre in Val di Fassa, nella valle.

Che rapporti utilizzi maggiormente quando fai endurance, quindi Z2?

Avendo come moltiplica più piccola un 40, di solito dietro utilizzo un 40×23 o un 40×25, dipende anche dalla salita. Diciamo che mi attesto tra le 80 e le 90 rpm.

Pazienza, tenacia e un Ferragosto vincente per il ritorno di Tonetti

21.08.2025
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Non poteva che trovare la sua rivincita in questi giorni di agosto. Dalla maglia a pois al Tour Femmes dell’anno scorso alla vittoria di Ferragosto in Belgio passando per la strettoia della pericardite di marzo. Cristina Tonetti ha davvero completato alla grande il suo ritorno in gruppo (in apertura foto @gmaxagency).

Al primo successo da pro’ ottenuto quasi una settimana fa al Grote Prijs Yvonne Reynders, l’altroieri la 23enne brianzola della Laboral Kutxa-Fundacion Euskadi ci ha aggiunto un terzo posto all’Egmont Cycling Race (vinta da Alzini) e oggi è in gara al GP Lucien Van Impe per dare continuità a questi importanti risultati. Mentre è in ritiro in “casetta” al Nord con la squadra, ne abbiamo approfittato per sentire con piacere il morale di Tonetti.

Cristina raccontaci il giorno della vittoria. Che sensazioni hai provato?

«Era un circuito di 22 chilometri – racconta – da ripetere sei volte. Gara di difficile interpretazione e di difficile controllo, quindi sono stata attenta per vedere come si evolveva. Negli ultimi 10 chilometri c’era ancora fuori una fuga di quattro ragazze con dentro una mia compagna, ma dal gruppo appena è partita Campbell, l’ho seguita immediatamente. A quel punto quando mi sono ritrovata davanti, ai meno 5 ho rotto gli indugi per evitare brutte sorprese in volata e sono scattata da sola. Più mi avvicinavo al traguardo, più avevo mal di gambe. Significava che stavo andando forte, è stato il mio unico pensiero».

Poi però appena tagliata la linea d’arrivo hai avuto altri pensieri, come la dedica a papà Gianluca.

Certo, lui è sempre con me, ma in quel momento ho pensato a tutte le persone che sono state sempre al mio fianco non solo ultimamente, quanto in ogni periodo difficile e per ciò che c’è stato prima. Devo dire grazie anche a me stessa perché siamo noi atleti per primi che dobbiamo credere in certe cose. Una dedica particolare tuttavia ci tengo a farla a Lucio Rigato (il team manager della Top Girls, ndr).

Il buon momento di Tonetti è proseguito col terzo posto al Gp Egmont vinto da Alzini (foto Kevin Buyssens)
Il buon momento di Tonetti è proseguito col terzo posto al Gp Egmont vinto da Alzini (foto Kevin Buyssens)
Per quale motivo?

Lucio è stata una persona chiave nel mio diventare corridore. Quando nel 2023 è venuto a mancare mio padre, lui mi ha permesso di continuare a correre, standomi vicino e facendomi capire che non ero solo un numero per la sua squadra. Ricordo che quando sono arrivata da loro, avevo soggezione a parlare con lui. Anzi ci ho messo un po’ a lasciarmi andare. Lo vedete grande, grosso e dall’aspetto burbero, invece è una persona di grande umanità. Se oggi corro e se sono riuscita a vincere, lo devo anche a lui.

Intanto stai attraversando un buon momento. A cosa è dovuto principalmente?

Credo di essere rientrata con una freschezza mentale tale da poter rendermi conto di cogliere meglio certe opportunità. Per assurdo sono più contenta del terzo posto dell’altro giorno perché conferma che la vittoria non è arrivata per caso. Nonostante nel finale avessi lavorato per le compagne per chiudere sulla fuga e fossi rimasta un po’ imbottigliata, mi sono buttata ugualmente in volata ed è andata abbastanza bene.

Dopo la pericardite di marzo, Tonetti a inizio giugno è rientrata in gara in Belgio con tre gare consecutive
Dopo la pericardite di marzo, Tonetti a inizio giugno è rientrata in gara in Belgio con tre gare consecutive
Come sono stati invece i mesi lontano dalle corse?

Sono stati difficili, lunghi. Mi sono dovuta armare di tantissima pazienza, anche perché non potevo fare altro (sorride, ndr). Dopo il primo mese totalmente ferma, in quelli successivi ho seguito un programma graduale di recupero fatto dai medici e dal preparatore atletico. Prima le uscite per portare a spasso la bici senza superare certi battiti, poi lavori più specifici. La pericardite non è come rompersi un braccio o una gamba, in cui vedi dal vivo come sta andando il recupero. Il cuore lo devi tenere monitorato e anche quando senti di stare bene, non sai se è veramente così perché c’è il pericolo della ricaduta e di dover stare nuovamente fermi il doppio del tempo.

Hai comunque dovuto aspettare più del dovuto per correre, giusto?

Esattamente. Avevo fatto tre giorni consecutivi di gara ad inizio giugno, esattamente tre mesi dopo l’ultima corsa, ma mi sono fermata subito perché il calendario della squadra era già stato fatto, tra cui il Giro Women. Diciamo che il mio vero rientro lo considero questo di agosto. Nel frattempo comunque ho fatto qualche esame di controllo ed è tutto a posto. Problema risolto.

Tonetti assieme ad Yvonne Reynders, pionera del ciclismo femminile e vincitrice di 4 mondiali negli anni ’60 (foto @gmaxagency)
Tonetti assieme ad Yvonne Reynders, pionera del ciclismo femminile e vincitrice di 4 mondiali negli anni ’60 (foto @gmaxagency)
Sappiamo che sai trarre insegnamenti da ogni situazione. Questa cosa ha lasciato a Cristina Tonetti?

Mi sono accorta che diamo sempre tutto e tanto per scontato. Ci perdiamo in certi dettagli, poi magari non ci accorgiamo di altre situazioni più importanti che non vediamo nell’insieme. Noi atleti siamo fortunati a correre e possiamo dire che ce lo siamo guadagnati, ma a volte non riusciamo ad apprezzare quello che facciamo. Talvolta si fanno le cose in automatico, perché le dobbiamo fare. In questa mia vicenda ho preso un po’ di paura di non poter continuare ad avere questa fortuna. Ora ho veramente capito che fare il mio mestiere di atleta mi pesa meno rispetto a prima.

Cosa prevede il resto della stagione?

A fine agosto correrò il Kreiz Breizh e a Plouay, poi dovrei avere altre corse a settembre prima di chiudere al Tour of Guangxi in Cina. Voglio finire continuando a fare il mio dovere, come ho fatto sempre.

Pellizzari, ecco il secondo Grande Giro: «Libertà e tappe»

20.08.2025
6 min
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Avevamo lasciato Giulio Pellizzari protagonista al Giro d’Italia. Il giovane talento della Red Bull-Bora si era messo in mostra in montagna, lottando con i migliori. Poi, per tutta la parte centrale dell’estate, era tornato in altura ad allenarsi. Il rientro alle corse è avvenuto alla Vuelta a Burgos, dove si è preso subito i riflettori.

In Spagna, oltre ad ottenere un incoraggiante quarto posto, ha di fatto lanciato la sua corsa alla Vuelta. Per la prima volta in carriera affronterà due Grandi Giri nella stessa stagione. La carne al fuoco è tanta e Giulio è pronto a raccontarcela.

Il marchigiano (classe 2003) sul podio dell’ultimo Giro come miglior giovane italiano
Il marchigiano (classe 2003) sul podio dell’ultimo Giro come miglior giovane italiano
Giulio, partiamo dalla fine. E’ la prima volta che affronti due Grandi Giri in stagione. Come ti senti?

La Vuelta all’inizio dell’anno era nei programmi. Poi avendo fatto il Giro, la stessa corsa spagnola era stata tolta, ma abbiamo insistito anche con il preparatore per reinserirla. Alla fine, per un corridore come me, servono le corse di tre settimane per continuare a crescere. Sarebbe stato più duro andare in Canada, a Plouay o in Germania, facendo tante gare o corse di un giorno solo. Quindi sono contento di essere qui e vediamo come andrà.

Hai detto subito una cosa importante: “Per continuare a crescere”. Quest’anno come sei uscito dal Giro rispetto all’anno scorso?
L’hai sostenuto meglio? Hai notato più voglia di tornare in sella? Oppure era come l’anno scorso?

Mi sarebbe piaciuto molto fare il Giro di Svizzera, perché dal Giro ero uscito bene. Poi parlando con il preparatore Artuso e con Gasparotto (all’epoca ancora in squadra, ndr), mi è stato fortemente consigliato di stare a casa. Un po’ mi è dispiaciuto perché avrei voluto sfruttare la gamba che avevo al Giro, un po’ come l’anno scorso feci allo Slovenia. Però avendo poi optato per la Vuelta, ho staccato e anche molto… Ed ora eccoci qua alla partenza.

Sei già a Torino?

Sì, siamo a Torino perché questa mattina abbiamo fatto la prova per la cronosquadre. Il team ci punta molto. Abbiamo fatto delle prove, anche con gli ingegneri.

E com’è andata?

Ho capito che sarà più dura del previsto! Finora ho fatto una sola cronosquadre, quella Tour de l’Avenir nel 2023, con Piganzoli. Anche quella fu dura, ma qui ti giri intorno e vedi compagni da 75-80 chili… Sarà tosta tenere le ruote!

Pellizzari (con a ruota Aleotti) era rientrato a San Sebastian ma si era fermato. A Burgos invece ha colto un ottimo 4° posto nella generale
Pellizzari era rientrato a San Sebastian ma si era fermato. A Burgos invece ha colto un ottimo 4° posto nella generale
Raccontaci un po’ il tuo post-Giro. All’Italiano ti abbiamo visto appena rientrato…

All’Italiano avevo appena ripreso ad allenarmi. Avevo fatto due settimane di recupero: una senza bici e una con qualche uscita quando volevo. Poi ma na mano ho aumentato le ore di sella. Proprio all’italiano ero nel pieno della “non-forma” e soffrivo, perché avevo ancora in memoria la gamba del Giro. Ci ho messo un po’ a riprenderla, ora vedremo se alla Vuelta quella gamba è tornata.

Come hai lavorato in questi mesi?

Ho fatto molta altura: una settimana in Trentino a casa della mia compagna, poi 23 giorni a Livigno. Sarei dovuto andare anche a Macugnaga con Sobrero e Ganna, ma alla fine abbiamo deciso di ritornare a casa. In generale, specie in altura, ho lavorato come sul Teide prima del Giro. Da Livigno sono andato diretto a Burgos.

Cosa significa “lavorare come prima del Giro”? Cambia qualcosa tra il primo e il secondo Grande Giro dell’anno? si riparte dallo stesso livello o da un gradino più in alto?

Il fatto che la Vuelta parte il 23 agosto e il Giro d’Italia partiva il 9 maggio incide molto. Eravamo all’inizio della stagione, avevo corso poco e quindi era molto più facile allenarsi. Ora siamo a stagione inoltrata, l’estate è quasi finita e sembra quasi più pesante (esattamente come ci ha detto Michele Bartoli qualche giorno fa, ndr). Credo che la differenza sia quella alla fine. Vedremo in corsa come starò e vi saprò dire se sarò ripartito da un gradino più alto o da uno più basso.

Qualche allenamento particolare?

Ci sono stati un paio di giorni  in cui ho sofferto particolarmente – ridacchia Giulio e il perché è presto detto – Avevamo in programma una tripletta, vale a dire tre giorni di carico. Il primo di questi giorni al mattino pioveva, quindi siamo usciti nel pomeriggio. Il secondo giorno avevamo dei lavori di intensità, quindi belli spinti. I due giorni successivi è stata dura tornare in hotel. Ero veramente finito senza il recupero del pomeriggio del primo giorno. Di buono c’è che eravamo veramente un bel gruppo. Con Sobrero e Aleotti abbiamo sofferto, ma ci siamo divertiti.

Giulio ha parlato di un gruppo coeso a Livigno. Qui, eccolo con Sobrero (foto Instagram)
Giulio ha parlato di un gruppo coeso a Livigno. Qui, eccolo con Sobrero (foto Instagram)
Che lavori di intensità erano?

Specifici di VO2 Max: un minuto e mezzo forte, uno forte e mezzo di recupero… E poi i 40”-20”. In quei giorni stavo benissimo. Mi dicevo anche: «Che gamba!». Ma poi…

E le sensazioni adesso? Di solito quelle del corridore dicono molto…

In verità a Burgos non erano eccezionali. Fortunatamente nella tappa regina sono rimasto con i primi e questo mi ha dato morale. Ma ripeto: le sensazioni non erano delle migliori. Ho dovuto soffrire più del previsto. Burgos  mi è servita per far fatica. Mi spiace aver perso il podio della generale nell’ultima tappa.

Vero, Giulio, ma hai visto chi c’era davanti a te? Tutta gente rodata, brillante che veniva a un mese di gare. Tu eri al rientro…

Sì sì, infatti quello mi ha dato morale. Mi ha dato una marcia in più per la Vuelta. Sapevo che andavo lì per far fatica, ma se guardo indietro, a prima di Burgos, avrei messo la firma per essere nei primi cinque all’ultima tappa. 

Hai notato qualche cambiamento del gruppo nei tuoi confronti? Gli altri ti marcano, ti osservano, in modo diverso?

No, come sempre direi. Ho sempre avuto tanti amici in gruppo. Mi piace ridere, scherzare e giocare anche in corsa. Non è cambiato questo rapporto con gli altri e spero che non cambi.

Per lo stesso motivo per cui ha preso parte all’italiano a crono, Pelizzari cercherà di fare al massimo anche la prova contro il tempo alla Vuelta
Per lo stesso motivo per cui ha preso parte all’italiano a crono, Pelizzari cercherà di fare al massimo anche la prova contro il tempo alla Vuelta
Alla Vuelta ci si va per la classifica?

No, per la classifica ci sarà Jai Hindley. Io e gli altri punteremo alle tappe. La squadra spinge molto perché io punti alle tappe, perché è il secondo Grande Giro dell’anno, sono giovane ed è meglio non esagerare. Di certo, però, la seconda cronometro sarà un obiettivo: la farò forte anche in ottica futura.

C’è una tappa che ti intriga di più?

Per ora “me la vivo bene”, tranquillo… Non ho studiato ancora il percorso, valuterò tappa per tappa.

Giulio dicci una cosa, ma la curiosità di misurarti con Vingegaard, Almeida e i big c’è?

Sì, certo che c’è! Il fatto di non fare classifica me lo permette. Posso provare a vincere entrando in fuga o restando con i migliori, un po’ come successo a San Valentino Brentonico quest’anno al Giro quando ero diciottesimo… peccato che quel giorno ce ne fossero due davanti. Mi piace questa situazione. Mi sembra di tornare al Giro dell’anno scorso, quando avevo libertà di fare quello che volevo. E speriamo di portare a casa una tappa.

Nizzolo, il sorriso e i consapevoli passi dell’addio

20.08.2025
7 min
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Nella scatola delle cose che porterà via dal lavoro di corridore, oltre alle vittorie più belle, Giacomo Nizzolo metterà la tenacia e la capacità di rialzarsi dagli infortuni. Da quando ha annunciato che a fine stagione concluderà la sua carriera, iniziata nel 2011 alla Leopard Trek, il milanese ha continuato a fare la solita vita e col solito impegno.

«Mi sono imposto – dice – di essere inattaccabile fino all’ultimo giorno per cui sto facendo ancora tutto alla lettera. Non nascondo che non sia facile, perché ad esempio adesso mi aspetta quasi un mese senza gare, a un mese e mezzo dalla fine. Capirete che non è il massimo. Però mi ha sempre contraddistinto l’essere professionale e non voglio smettere di esserlo proprio adesso, anche se mi pesa un po’…».

E’ il 26 agosto 2020, l’anno del Covid. Tre giorni dopo il tricolore di Cittadella, arriva il titolo europeo a Plouay
E’ il 26 agosto 2020, l’anno del Covid. Tre giorni dopo il tricolore di Cittadella, arriva il titolo europeo a Plouay

La classe del 1989

Nizzolo è uno dei fantastici ragazzi del 1989, che con Ulissi, Viviani e Trentin (fra gli altri), ha caratterizzato gli ultimi quindici anni del ciclismo italiano. Tappe al Giro, maglie ciclamino, classiche, tre europei consecutivi, dal 2018 al 2020. E’ nato velocista, ma ha sempre lottato per trovare una dimensione più completa e l’ha dimostrato con le due maglie tricolori e quella di campione europeo a Plouay.

Ha sempre avuto buon gusto per lo stile e grande cura della sua immagine, ma non ha mai smesso di essere un atleta tosto e volitivo. Una persona seria e sempre a testa alta, nei momenti belli e anche in quelli brutti. Ha corso con la Leopard che poi è diventata Radio Shack, infine Trek. Nel 2019 è passato nella sudafricana Dimension Data, poi diventata Qhubeka. Se nel 2021 da campione europeo non avesse scelto di restarci, probabilmente l’anno dopo la squadra non sarebbe andata avanti. Quindi è passato per due stagioni alla Israel e le ultime due le ha fatti alla Q36.5. Il bilancio parla di 31 vittorie, l’elenco dei secondi posti è ben più lungo.

Giacomo Nizzolo è nato a Milano il 30 gennaio 1989 ed è professionista dal 2011
Giacomo Nizzolo è nato a Milano il 30 gennaio 1989 ed è professionista dal 2011
Come è nata la decisione di smettere?

Perché mentalmente sono veramente arrivato. E’ chiaro che il fisico non sia più quello di quando avevo 23 anni, però mi sono reso conto che i sacrifici sono diventati una forzatura e questo mi ha fatto capire che è arrivato il momento di chiudere. Trascinarmi oltre non sarebbe stato rispettoso nei miei confronti, ecco il motivo della decisione.

Una stagione senza grandi obiettivi, l’essere stato escluso dal team del Giro d’Italia, ha affrettato la scelta?

In realtà è stata una decisione arrivata da più lontano. Quando firmai il contratto con la Q36.5 sapevo che a un certo punto avrei dovuto valutare se fare il corridore fosse ancora quello che volevo fare. E quest’inverno, prima che cominciasse la stagione, dalle prime sensazioni mi sono accorto che era cambiato qualcosa. Ovvio che non mi abbia fatto piacere stare a casa dal Giro d’Italia e neanche dalla Sanremo, soprattutto dalla Sanremo, ma questo è un altro discorso.

Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
Con Cassani commissario tecnico, Nizzolo è stato prima quinto ai mondiali del 2016 e poi campione europeo nel 2020
Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
Con Cassani commissario tecnico, Nizzolo è stato prima quinto ai mondiali del 2016 e poi campione europeo nel 2020
Quanto hanno inciso la sfortuna e gli infortuni nella tua carriera?

E’ un tasto delicato, non vorrei passare per uno che cerca scuse. Sento di aver perso parecchio tempo, forse i miei anni migliori per problemi fisici. Dopo il campionato italiano del 2016, mi sentivo in una grossissima fase di crescita, soprattutto l’anno dopo con la maglia tricolore. Volevo andare alle classiche, avevo acquisito una fiducia importante, avevo fatto quinto al mondiale di Doha. Il 2016 era stato un anno importante, invece sono entrato in tre stagioni di buio totale, dove il carico di lavoro più lungo che ho potuto fare è stato di tre settimane. Dopo l’intervento al ginocchio del 2019, nel 2020 tornai competitivo come quattro anni prima e per me fu una grossissima rivalsa. Ero tornato finalmente ai livelli del 2016, ma non fu semplice. La sensazione di essere tornato al meglio fu veramente bella.

Cosa sono stati quei tre anni?

Sono impazzito, non sapevo dove sbattere la testa. Ti trovi a perdere tempo, mentre gli altri vanno avanti e tu torni a essere una persona normale, non più un atleta. Ricostruire l’atleta è un discorso, ricostruire un atleta competitivo è un altro: sono tutte fasi attraverso le quali ho dovuto passare e che mi sono costate tanti sforzi. Dai 27 ai 29 anni avrei potuto raccogliere molto, invece li ho passati cercando di guarire.

Le ultime due stagioni di Nizzolo hanno avuto i colori della Q36.5
Le ultime due stagioni di Nizzolo hanno avuto i colori della Q36.5
Cosa metti nella scatola delle cose che porti via?

Intanto il fatto di essere stato tenace, perché la mia carriera è segnata più dai piazzamenti che dalle vittorie. Poi ci metto i due campionati italiani, quello europeo, le due maglie ciclamino e la tappa al Giro d’Italia. Un’altra cosa che mi porto dentro e che magari non tutti ricordano, è quando al secondo anno da pro’ vinsi il Giro di Vallonia. Un risultato grande per uno che da dilettante era il classico velocista da circuiti piatti. Quando passai, Guercilena fu molto bravo e anche paziente ad aspettare la mia evoluzione. Io davo dei segnali di non essere solo un velocista. Nella mia terza gara a Mallorca, feci quinto. Era una gara mossa dove arrivammo in 40 corridori e per uno che fino a pochi mesi prima faceva il Circuito del Porto, bastava per dire che forse c’era dell’altro.

La stessa tappa del Giro che vincesti a Verona non fu la classica volata di gruppo…

Arrivavo da una serie infinita di secondi posti, significò sbloccare qualcosa che stavo rincorrendo da 10 anni. A un certo punto per vincerla, dovetti quasi accantonarla. Era una delle ultime occasioni, perché sapevo che di lì a poco sarei andato a casa. Fu una volata strana, davvero disordinata. Arrivai da dietro, fu una volata totalmente istintiva, senza troppi pensieri, che poi alla fine in volata non servono a molto. Ripresi Affini che aveva quasi vinto e gli dissi che mi dispiaceva, ma di tappe che avevo quasi vinto io ne avevo alle spalle 15 se non addirittura 18…

Verona, Giro 2021. Ripreso Affini che aveva attaccato all’ultimo chilometro, arriva la prima vittoria di Nizzolo al Giro
Verona, Giro 2021. Ripreso Affini che aveva attaccato all’ultimo chilometro, arriva la prima vittoria di Nizzolo al Giro
Hai immaginato quale sarà la tua ultima corsa?

Sì, però non l’ho ancora inquadrata. Se dovesse essere la Bernocchi, quindi una corsa dove potenzialmente potrei fare risultato, non so dire se cercherò di lottare fino all’ultimo metro oppure proverò a godermi gli ultimi chilometri. Me lo sto chiedendo io per primo, non so cosa rispondere.

Che cosa farai dopo aver smesso, a parte una lunga vacanza?

Una lunghissima vacanza. Il primo obiettivo sarà fare un reset. Staccare per un periodo che può essere di sei mesi come un anno e intanto valutare qualche progetto, ma senza mettermi assolutamente fretta. Godermi un po’ di riposo, perché credo che da lì si prendano le energie per ripartire con entusiasmo. Magari la bici ci sarà ancora, perché a me piace ancora molto. Il fatto è che chiaramente adesso c’è dietro una prestazione e ci sono delle responsabilità. E’ un lavoro, non posso andare in giro a divertirmi. Ogni pedalata è calibrata, ogni pedalata è quantificata. Nel momento invece in cui si tratterò di andare in giro con gli amici, sarò libero di fare due ore, come pure soltanto una o addirittura sette. A quel punto cambierà tutta la prospettiva.

Giacomo Nizzolo, campionato italiano 2020
Cittadella, 23 agosto 2020, nei tricolori organizzati da Pozzato, Nizzolo centra il secondo tricolore
Giacomo Nizzolo, campionato italiano 2020
Cittadella, 23 agosto 2020, nei tricolori organizzati da Pozzato, Nizzolo centra il secondo tricolore
Aver annunciato il ritiro con tanto anticipo può aver portato via un po’ di motivazione?

Non è cambiato nulla, anzi quando l’ho detto mi sono sentito a posto. Era la cosa giusta da fare e comunque non è che anche prima di annunciarlo morissi dalla voglia di allenarmi, la stanchezza era la stessa. Se arrivi a questa decisione, è perché hai già maturato dentro di te il fatto che non c’è più quella spinta. Anzi, è il contrario. Se prima pioveva, magari il primo giorno non mi allenavo, adesso invece esco lo stesso, perché so che l’acqua la prenderò ancora per poco. Sono molto sereno, mi sto godendo le gare. Respiro ogni centimetro di asfalto, perché poi non ci saranno più. Ma non lo vivo con malinconia, semplicemente per chiudere con un sorriso questa lunghissima parte della mia vita.

L’anima della Vuelta, secondo Vincenzo Nibali

20.08.2025
6 min
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Tra pochi giorni, sabato 23 agosto, prenderà il via da Torino l’80^ edizione della Vuelta a España. L’ultimo grande giro della stagione è spesso difficile da decifrare. Ci sono corridori che ci puntano dall’inizio della stagione, altri che ci arrivano per cercare di raddrizzare un’annata storta. Si scontrano campioni affermati contro giovani in rampa di lancio che vanno a farsi le ossa (non a caso è alla Vuelta che Pogacar si rivelò al mondo).

Insomma, una corsa un po’ anarchica, e per questo spesso anche molto spettacolare. Per capire un po’ meglio l’anima della gara spagnola abbiamo raggiunto al telefono Vincenzo Nibali, l’ultimo italiano ad aver vinto Giro d’Italia, Tour de France e, appunto, Vuelta a España.

Nibali sulle durissime rampe della Bola del Mundo, durante la sua vittoriosa Vuelta 2010
Nibali sulle durissime rampe della Bola del Mundo, durante la sua vittoriosa Vuelta 2010
Vincenzo, cos’ha di particolare la Vuelta rispetto a Giro e Tour?

E’ una gara molto più difficile da interpretare. C’è meno controllo, è nervosa, si presta ai ribaltoni e alle fughe. Questo perché ci sono corridori che cercano riscatto dopo un’annata difficile, altri che sono in scadenza di contratto e vogliono mettersi in mostra per trovare una nuova squadra. Poi c’è la stanchezza di una stagione sulle gambe che si fa sentire, per tutti. 

Per quanto riguarda il percorso invece?

Anche in questo senso è molto particolare, per esempio rispetto alle salite. In Spagna sono di solito più brevi ma più aspre, con pendenze che in Italia e in Francia non si trovano. Come la Bola del Mundo (l’arrivo della penultima tappa, ndr), che darà certamente spettacolo. Dipenderà anche da come sarà la classifica generale a quel punto, ma potrebbe fare molto.

Nibali conosce molto bene Tiberi, i due sono stati compagni di squadra nella Trek-Segafredo
Nibali conosce molto bene Tiberi, i due sono stati compagni di squadra nella Trek-Segafredo
Ci racconti com’è questa salita? 

Sono passati tanti anni, l’ho affrontata nel 2010, l’anno in cui ho vinto la classifica. La prima parte è abbastanza più facile con la strada larga. Poi c’è un bivio a destra e iniziano gli ultimi tre-quattro chilometri tutti in cemento, con la strada molto stretta e pendenze terribili, fino al 20%. Forse non è dura come l’Angliru, ma quasi. 

Il fatto di correre in Spagna a fine agosto è una difficoltà in più?

Sì, anche perché in realtà si trova un po’ di tutto. Può essere molto caldo quando si passa per il sud, ma si possono trovare anche giornate fredde al nord e in montagna.  Mi ricordo che una volta alla partenza di una tappa a Malaga c’erano 40 gradi, ma ricordo anche il ritiro di Ivan Basso nel 2013 per ipotermia sui Pirenei. Certo oggi gli atleti hanno a disposizione materiali di altissimo livello, però una giornata difficile può succedere comunque, e quindi rimettere in discussione tutta la classifica.

Ayuso e Almeida alla Vuelta 2023. Quest’anno partiranno come co-capitani, e c’è molta curiosità su come gestiranno gli equilibri
Ayuso e Almeida alla Vuelta 2023. Quest’anno partiranno come co-capitani, e c’è molta curiosità su come gestiranno gli equilibri
Alla Vuelta vediamo spesso i corridori spagnoli particolarmente battaglieri, confermi? 

E’ normale che ci tengano particolarmente. Molti si preparano apposta per quell’appuntamento. Le squadre spagnole vogliono mettersi in mostra a tutti i costi, per loro vincere una tappa è importantissimo, un po’ come per le italiane al Giro, e in passato non hanno mai sfigurato. Tutto poi dipende, e sarà così anche quest’anno, anche dalle altre squadre, quelle dei big, a come sapranno gestire la corsa.

Allora veniamo ai big. Chi sono i favoriti secondo te? C’è qualcuno che può impensierire Vingegaard?

Lui è uscito molto bene dal Tour, è fortissimo e ha una grande squadra tutta per lui. Credo che sarà un po’ il faro della Vuelta. Poi anche la UAE porta corridori molto forti, Ayuso e Almeida, vedremo come gestiranno questa convivenza. Lo spagnolo è ancora giovane e dovrà stare tranquillo, perchè una corsa a tappe non si vince in un giorno, ci vuole tanta, tanta pazienza. Un giorno difficile può capitare, ma la strada per Madrid è lunga, in questo l’esperienza conta molto.

Un altro corridore italiano molto atteso è Ganna, che cerca riscatto dopo il ritiro nella prima tappa del Tour
Un altro corridore italiano molto atteso è Ganna, che cerca riscatto dopo il ritiro nella prima tappa del Tour
Pensi che loro due, Almeida ed Ayuso, partiranno davvero alla pari?

Sicuramente, perché nessuno vuole lasciare nulla all’altro. Poi come sempre sarà la strada a decidere e a quel punto chi ne ha meno dovrà essere bravo a mettersi a disposizione. Ma non è sempre facile, come abbiamo visto anche al Giro di quest’anno. Quindi dovrà essere anche brava l’ammiraglia a gestire eventualmente  la situazione, parlare chiaro. Quello che abbiamo visto nella tappa delle Strade Bianche tra Del Toro e Ayuso è stato un po’ borderline secondo me. Poi bisogna sempre ricordare che noi non sappiamo mai davvero cosa succede in una squadra, com’è il clima nel bus, se ci sono screzi o è solo normale competizione.

Come vedi gli italiani invece? 

Ho visto molto bene Caruso. Si è  allenato in montagna tra fine luglio e agosto, e ha fatto già vedere che lui c’è. Non so se farà classifica o punterà alle tappe, ma sicuramente potrebbe regalarci qualcosa di bello. Come anche Ganna che cercherà riscatto dopo la caduta al Tour. 

Le speranze italiane sono riposte soprattutto in Giulio Ciccone che ha dimostrato di essere in gran forma, vincendo la Classica di San
Le speranze italiane sono riposte soprattutto in Giulio Ciccone che ha dimostrato di essere in gran forma, vincendo la Classica di San
E Ciccone e Tiberi?

Ciccone è in gran forma, l’ha dimostrato con la bellissima vittoria a San Sebastian, in cui ha battuto una UAE fortissima. Se devo dire la mia la Vuelta si adatta molto a lui che è un corridore esplosivo, quindi perfetto per il tipo di salite di cui abbiamo parlato prima. Tiberi invece è un punto di domanda.

Perché?

Non vorrei fosse entrato in un loop negativo. Sta facendo una stagione un po’ altalenante dopo l’ottimo Giro nel 2024. Il carattere ce l’ha, so che si è allenato bene con Damiano (Caruso, ndr), ora dovrà dimostrare lui in prima persona a che punto è. La mia sensazione è che debba ancora fare degli step per la piena maturazione, che gli manchi ancora qualcosina. Lo dico sperando di vederlo bene a questa Vuelta, perché siamo anche amici, ma anche sapendo che quando si hanno tante pressioni non è mai facile.

Vingegaard sul podio della Vuelta nel 2023. Quest’anno però la squadra sarà tutta per lui
Vingegaard sul podio della Vuelta nel 2023. Quest’anno però la squadra sarà tutta per lui
Vincenzo, ultima domanda. Ci hai parlato dell’anima un po’ anarchica della Vuelta. La corazzata Visma-Lease a Bike riuscirà a renderla più prevedibile?

Potrebbe, appunto perché hanno uno squadrone, ma non è detto. Una fuga che scappa con uomini pericolosi può capitare sempre, è nella storia di questa corsa. Detto questo Vingegaard rimane il favorito, il team è tutto per lui e ha la grande opportunità di fare un passo fondamentale verso la tripla corona. Così poi potrà pensare a fare un passaggio al Giro D’Italia, dove lo aspettiamo a braccia aperte.

Si rivede Lucca, in Ungheria per riavere una chance

20.08.2025
5 min
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Al Tour of Szeklerland in Romania si è rivisto a buoni livelli Riccardo Lucca, quinto in classifica e risultato il migliore fra gli scalatori. E’ chiaro, parliamo di una corsa livello 2.2 con squadre per lo più Continental, ma rappresenta sempre un segnale da parte di un corridore di cui si erano un po’ perse le tracce, dopo la chiusura del rapporto con la VF Group Bardiani.

Per continuare la sua attività, Lucca è emigrato fino in Ungheria, entrando a far parte del Karcag Cycling Epkar Team e il suo approdo in terra magiara è una storia nella storia, per un corridore che da lì vuole ritrovare uno spazio e dimostrare che ha ancora da dare a questo mondo.

Il Karcag Cycling Epkar Team ha 13 tesserati, fra cui il trentino e Andrea Colnaghi (foto Karancsi-Albert)
Il Karcag Cycling Epkar Team ha 13 tesserati, fra cui il trentino e Andrea Colnaghi (foto Karancsi-Albert)

«Sono arrivato al team in maniera un po’ fortunosa. Qui milita Andrea Colnaghi che è il fratello di Luca, con cui correvo alla VF Group. Io, da inizio stagione pur non avendo squadra avevo continuato ad allenarmi, continuavo fortemente a credere che qualcosa potesse ancora saltar fuori e un giorno il telefono ha squillato. Era Luca che mi chiedeva notizie, mi ha detto che al team di suo fratello c’era un posto e se ero disponibile. Chiaramente ho detto subito sì, abbiamo fatto tutto di corsa per il tesseramento e il 10 di maggio, dopo una settimana, ero già in gara».

Come ti sei trovato?

Il team mi ha fatto subito una buona impressione. Oltre a Andrea c’è Samuele Marini nello staff, inoltre il team manager è Ferenc Stuban che è da una vita nel ciclismo, aveva collaborato con la Beltrami qualche anno fa e parla benissimo italiano. E’ quello che tiene le redini di tutta la squadra. Non nascondo che a gennaio, quando ho visto che non c’erano prospettive mi ero un po’ buttato giù, ma poi mi sono detto che non avevo niente da perdere. Ho ricominciato ad allenarmi seriamente, senza niente in mano proprio per dire io mi alleno, metti che salta fuori un posto da qualche parte io ci sono.

Riccardo con la sua famiglia, con suo fratello Simone oggi al Gragnano Sport Club
Riccardo con la sua famiglia, con suo fratello Simone oggi al Gragnano Sport Club
E quando la prospettiva si è concretizzata?

Mi hanno gettato nella mischia quasi subito, una gara di preparazione e poi il Giro d’Ungheria. Non nego che ho fatto fatica, tanta, trovandomi con gente che correva già da gennaio. Sono andato sempre all’inseguimento, perché la condizione era inferiore agli altri ma ultimamente le cose sono andate meglio e ora sento di essere al pari dei compagni e degli avversari.

Nel rapporto con la Bardiani, che dicevi essersi chiuso in maniera repentina, pensi ci siano state anche delle tue responsabilità per la sua conclusione?

Sì, la colpa non è mai da una parte sola, a me però è mancato il confronto tra entrambe le parti. La chiusura ci stava, i risultati sono mancati, ma si poteva chiudere il rapporto in altra maniera. Non sono l’unico che è stato mandato via così.

Per Lucca due anni alla VF Group Bardiani, con qualche piazzamento e tanto lavoro per i compagni
Per Lucca due anni alla VF Group Bardiani, con qualche piazzamento e tanto lavoro per i compagni
L’esperienza nel complesso come la giudichi? Avresti potuto fare di più?

Sicuramente e mi dispiace perché dopo gli anni da dilettante che erano stati molto buoni non avevo avuto offerte e la Bardiani è stata l’unica squadra che mi ha offerto una possibilità e per questo sono grato. Guardavo i risultati di altri ragazzi quando passavano professionisti e mi dicevo che io che avevo vinto 7 corse non trovavo spazio, avevo l’impressione di faticare sempre più degli altri per guadagnarmi qualcosa. L’esperienza con loro è stata comunque bella perché il calendario il primo anno non è mancato sicuramente. Io però non avevo ruoli che mi consentivano di mettermi in mostra, men che meno portare risultati. Questo va un po’ a discapito di quando si tirano le somme per poter rinnovare, perché non hai niente in mano alla fine.

Lucca comincia a mettersi in mostra in salita, il suo terreno prediletto
Lucca comincia a mettersi in mostra in salita, il suo terreno prediletto
Com’è la squadra ungherese?

E’ una continental piccola ma organizzata, con cui è bello andare a correre. Almeno qui vai a correre col sorriso e sai che lo staff ci mette tutto il possibile, non sta lì a guardare orologio, compiti o responsabilità, il corridore è messo così nelle condizioni migliori. E nelle ultime corse, anche in Romania dove pure le salite erano davvero minime, mi sono giocato spesso vittorie e piazzamenti con Chesini della MBH Bank, come al GP di Slovacchia, lui primo e io secondo. Era un buon segnale visto il suo rendimento generale. Allo Szeklerland il secondo giorno ho provato sulla salita che c’era nel finale ad attaccare. Poi in discesa mi hanno ripreso, ma con i punti che avevo accumulato il giorno prima nella fuga e quelli presi lì ho vinto la maglia dei GPM.

Ora il calendario vi mantiene nell’Est Europa?

Sì, saremo in Polonia e Romania. Ora che mi sono ritrovato un po’ spero di fare qualche risultato soprattutto se troveremo corse con qualche salita degna di questo nome. Io mi farò trovare pronto per l’occasione…