Visita Alessandro Petacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)

Petacchi e quelle due ore indimenticabili a casa di Ferretti

28.09.2025
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«A parte il rispetto – dice Petacchi – per Giancarlo Ferretti nutro un affetto smisurato. Io non avevo mai conosciuto il Sergente di Ferro, come lo chiamavano. Per me è stato una persona speciale. Al Giro d’Italia del 2000 andai per tirare le volate a Konychev. Ero in camera da solo, perché si correva ancora in nove e avevano chiesto se volessi dormire da solo. Non era un bel periodo e una sera me lo ritrovai in camera alle undici. Aveva capito che stavo attraversando una crisi e venne a parlarmi. Ne uscì all’una, si parlò di tutto meno che di ciclismo. E da quel momento per me divenne una persona di riferimento».

L’occasione per riaprire le pagine di questo splendido diario è stata un post su Instagram. Ci sono le foto di Petacchi che abbraccia Ferretti: il tecnico che diede la svolta alla sua carriera. «Semplicemente fantastico vederti – c’è scritto – abbracciarti e aspettare il passaggio dei corridori del Giro di Romagna assieme a te, Ferron, ed alla tua famiglia. Ho passato un paio d’ore indimenticabili piene di emozioni veramente forti».

Foto che toccano il cuore, riportando a galla tempi vissuti come una conquista. Anni in cui l’Italia aveva gli squadroni e andava nel mondo con i suoi capitani. Fra loro, Giancarlo Ferretti, per tutti Ferron, era uno dei più impavidi. Si era circondato dello stesso gruppo di lavoro: i suoi amici, che con gli anni divennero una famiglia. E quando si mise al lavoro per creare la Fassa Bortolo, fra i corridori individuati c’era anche un certo Alessandro Petacchi che alla corte di Reverberi aveva vinto una sola corsa ed era spesso in fuga.

Giro d'Italia 2003, Avezzano, Giancarlo Ferretti sull'ammiraglia e Alessandro PEtacchi in maglia rosa
Al Giro del 2003, Petacchi indossa la maglia rosa per le prime sei tappe: qui con Ferretti all’ammiraglia
Giro d'Italia 2003, Avezzano, Giancarlo Ferretti sull'ammiraglia e Alessandro PEtacchi in maglia rosa
Al Giro del 2003, Petacchi indossa la maglia rosa per le prime sei tappe: qui con Ferretti all’ammiraglia
Come andò?

Se devo essere sincero, mi chiamò perché gli avevano parlato di me. Giancarlo non sapeva quasi che corressi in bici. Poi il giorno dopo mi vide in televisione. Ero al Giro d’Italia e andai in fuga al chilometro zero. Gli piacque come stavo in bicicletta, lo stile che avevo e la sera mi chiamò. Mi disse che faceva una squadra e voleva sapere se mi interessasse andare. Io gli dissi di sì, assolutamente sì. Andò così. Ero seguito da Cecchini, mi allenavo da lui. E quando Ferron cominciò a cercare un po’ di corridori per fare la squadra, chiamò il Cecco. Fu lui a fargli il mio nome, gli disse di fidarsi e di provare a seguirmi in qualche tappa del Giro, perché ai tempi andavo spesso in fuga.

Cominciò davvero tutto così?

Sapevo chi era Ferretti e non mi intimoriva assolutamente quello che si diceva di lui. Poi chiaramente col tempo ho imparato a conoscerlo. Semmai in quel primo Giro avevo paura di non ricambiare la fiducia che mi avevo dato. E lui fu bravo. Se mi avesse aggredito o schiacciato, probabilmente avrei smesso di correre per il carattere che avevo in quel momento. Invece Giancarlo mi capì perfettamente. Non mi è mai stato addosso, mi ha sempre lasciato molto tranquillo, mi ha dato la tranquillità di cui avevo bisogno.

Visita Alessandro PEtacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)
L’occasione per la visita di Petacchi a Giancarlo Ferretti è stato il Giro di Romagna (immagine Instagram)
Visita Alessandro Petacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)
L’occasione per la visita di Petacchi a Giancarlo Ferretti è stato il Giro di Romagna (immagine Instagram)
Come proseguì quel Giro?

La mattina dopo, mi ricordo che c’era la tappa di Vasto e avevamo Tosatto con la maglia rosa, che mi pare avesse preso il giorno prima a Peschici. Nella riunione ci disse: «Ragazzi, siamo in maglia rosa e dobbiamo onorarla. Per cui collaboriamo con la Saeco che tirerà per Cipollini». Poi guardò verso di me e disse la frase che credo mi ricorderò tutta la vita. «Tu non tirare, stai vicino a Dima (Dimitri Konychev, ndr), fai quello che sai fare. Se rimani con me, ti stuferai di vincere».

Un’investitura da brividi…

Io rimasi un po’ così: ma cosa sta dicendo? Fino a quel momento, in quattro anni da professionista avevo vinto solo una corsa in Malesia. Evidentemente lui sapeva quello che potevo fare, anche se penso che nessuno potesse aspettarsi che avrei vinto così tanto. Però sapeva che potevo diventare sicuramente migliore. Infatti dopo il Giro d’Italia, cominciai a vincere in Lussemburgo. Poi andai alla Vuelta e vinsi le prime due tappe in un Grande Giro. E anche lì, fu lui che da casa a dare la svolta.

Giro d'Italia 2003, Lecce, Alessandro PEtacchi batte Mario Cipollini in volata
A Lecce, nel Giro 2003, accade l’impensabile: Petacchi batte Cipollini iridato nella prima tappa
Giro d'Italia 2003, Lecce, Alessandro PEtacchi batte Mario Cipollini in volata
A Lecce, nel Giro 2003, accade l’impensabile: Petacchi batte Cipollini iridato nella prima tappa
Perché da casa?

Giancarlo alla Vuelta non veniva mai. Io tiravo le volate a Baldato, però Fabio non riuscì a ingranare più di tanto. Così Ferron chiamò i direttori sportivi, mi sembra ci fossero Zanatta e Volpi, e gli disse che il giorno dopo avrebbero dovuto provare a fare la volata per me: «Quello che la squadra fa per Baldato, domani lo fate per Petacchi». Ricordo che il primo giorno non andò così e lui si arrabbiò.

Che cosa fece?

Richiamò e disse che se non lo avessimo fato il giorno dopo, avrebbe preso l’aereo e sarebbe venuto giù. Fu così che cominciai a fare le volate con la Fassa Bortolo e in quei sei anni vinsi 100 corse, cambiando la filosofia di Giancarlo. A lui piaceva attaccare e andare in fuga, aveva una squadra molto combattiva. Avendo un corridore come me, costruì l’ambiente migliore.

Quando nel 2005 le vostre strade si divisero, continuasti a sentirlo?

Sempre. Quando avevo bisogno di una chiacchiera o di una decisione, lo chiamavo. Per me Giancarlo è sempre stato un punto di riferimento.

Uno dei capolavori della Fassa Bortolo e di Petacchi fu di certo la Sanremo del 2005
Milano Sanremo 2005, Alessandro Petacchi
Uno dei capolavori della Fassa Bortolo e di Petacchi fu di certo la Sanremo del 2005
Nel ciclismo di oggi ci sarebbe ancora posto per un ammiraglio di quel taglio?

Per quello che mi ricordo, Giancarlo ha sempre avuto una mentalità aperta. Non avrebbe avuto difficoltà a sposare l’idea di avere un preparatore o un nutrizionista. Era figlio di un ciclismo di vecchio stampo, però è sempre stato aperto. E poi avrebbe anche oggi il suo punto di forza nel rapporto umano, che si sta un po’ perdendo. Vedo squadre con tanti preparatori, tanti nutrizionisti, magari 30 corridori sparsi per il mondo. Tutto questo altera i rapporti fra le persone. Nel gruppo di Ferretti, i rapporti personali erano la chiave e ancora oggi con tutti loro è rimasto un rapporto incredibile.

Davvero una famiglia?

In un certo senso, sì. Come sono partiti, così sono arrivati. Alla fine, le persone sono rimaste più o meno sempre quelle. I cinque o sei anni, sarà cambiato forse un massaggiatore o un meccanico. In proporzione cambiavano di più i corridori, salvo tre o quattro di noi che Giancarlo definiva i soci fondatori, perché c’eravamo all’inizio e ci siamo stati fino alla fine. Mi vengono in mente Baldato e Petito.

Visita Alessandro PEtacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)
Il momento più difficile, ammette Petacchi, è quello di andare via (immagine Instagram)
Visita Alessandro PEtacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)
Il momento più difficile, ammette Petacchi, è quello di andare via (immagine Instagram)
Che effetto fa ogni volta che vai a fargli visita?

Se vedo che posso andare, chiamo sempre sua figlia Federica. Quando arrivo, lo vedo che è contento. Mi saluta a modo suo, mi fa qualche raccomandazione e poi lo vedo che si emoziona e che questo mondo gli manca. Da una parte mi dico che così è la vita, però mi dispiace che ci soffre quando mi vede andare via. Quella è una cosa che mi fa stare male, ma trovo che sia bello che ci sia ancora questo rapporto. Con me c’è stato anche Volpi, che ci è passato anche Michele (Bartoli, ndr). Ferretti ha toccato la vita di tanti corridori, credo sia giusto ricordarselo.

Campionati del mondo, Kigali 2025, squadra azzurra professionisti allenamento

Il giorno dei pro’: i pensieri di Villa a poche ore dal via

28.09.2025
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KIGALI (Rwanda) – I corridori si sono alzati da tavola intorno alle 21 e lentamente si sono avviati verso la riunione. La corsa partirà alle 8,45 e per Marco Villa sarà il primo mondiale come cittì della strada. L’incarico più inatteso, accettato un po’ per senso di responsabilità e un po’ per sfida, è arrivato alla prima verifica. Per questo il cittì dei due ori su pista, dei tanti mondiali e dal palmares che ne fa a buon diritto uno dei tecnici azzurri più vincenti dello sport italiano, ieri sera tradiva la comprensibile tensione.

«E’ una gara diversa – diceva – le finali in pista te le soffi in quattro minuti, questa volta ho sette ore, spero (un sorriso, ndr). Però è stato una bel percorso, ci arrivo naturalmente con poca esperienza ed è inutile nasconderlo. Il mondiale su strada l’ho vissuto da collaboratore, ma il giorno prima andavo a vedere le altre gare con la radiolina per aiutare gli altri. Oggi sono stato qua con la mia squadra. Sono uscito con loro, li ho seguiti in macchina. Abbiamo parlato di tutto, abbiamo fatto una bella giornata assieme (in apertura un’immagine da Instagram, ndr). Adesso facciamo la riunione. Per me è una prima volta, sicuramente non è stata la routine di un commissario tecnico navigato».

Villa è anche tecnico delle crono. Ha sfiorato il podio con Finn e il 4° posto è venuto anche nel mixed relay: qui con Venturelli e Trinca Colonel
Campionati del mondo 2025, Kigali, Federica Venturelli, Monica Trinca COlonel sfinite dopo il team mixed relay
Villa è anche tecnico delle crono. Ha sfiorato il podio con Finn e il 4° posto è venuto anche nel mixed relay: qui con Venturelli e Trinca Colonel

La nazionale da rifare

La nazionale che aveva disegnato quando ne parlammo poche settimane fa ha subito qualche grosso scossone. Con Pellizzari, Caruso e Tiberi attorno a Ciccone, l’impatto sarebbe stato diverso. Invece si è trattato di immaginare nuovamente un’intelaiatura e tirare su la struttura più solida possibile.

«Sicuramente – dice Villa – mi dispiace per Caruso e Pellizzari, per l’incidente alla mano e il malanno. Per Tiberi invece mi dispiace perché l’ho sentito un po’ demoralizzato, la stagione non è andata benissimo. Erano tre con cui volevo iniziare a lavorare anche perché avremo per tre anni un mondiale con queste caratteristiche. Caruso per l’esperienza, Pellizzari per fargli fare esperienza e Tiberi per vederlo e responsabilizzarlo anche nelle gare di un giorno. Farlo crescere come uomo della nazionale. Anche se si sta specializzando tanto nelle gare a tappe, per me può lavorare anche a quelle di un giorno e questa era l’occasione per fare un gradino in più».

Campionati del mondo, Kigali 2025, percorso gara in linea professionisti
Al chilometro 163,5 arriva la scalata di Mount Kigali. Poi negli ultimi 5 chilometri il pavé di Kimihurura

La carta Bettiol

Il processo, tanto lodato da Ciccone, ha visto il tecnico e il capitano lavorare fianco a fianco per la scelta degli uomini. Una grossa responsabilità per l’abruzzese e per lo stesso Villa. Sono lontani gli anni di Alfredo Martini e anche quelli di Ballerini, in cui l’abbondanza di uomini vincenti ai massimi livelli poteva permettere di giocare più carte.

«Mi ricordo anche io i tempi di Martini – sorride Villa – che aveva cinque capitani e doveva metterli d’accordo. Bravissimo, è stato un grande a metterli d’accordo e a volte aveva i suoi problemi. Noi abbiamo dei nomi che mi piacciono, dei giovani che stanno crescendo. Magari fra cinque o sei anni, sperando di esserci ancora (sorride, ndr), questi giovani saranno cresciuti e mi metteranno in difficoltà. Per quest’anno abbiamo Ciccone e credo che per un mondiale come questo fosse dall’inizio uno dei possibili leader. Avevo parlato anche con Bettiol, ma mi ha detto subito che lo considerava troppo duro. Se avesse avuto la gamba di questi giorni, forse mi avrebbe detto di sì. Però quando abbiamo parlato al campionato italiano, non si sentiva bene, non aveva un buon feeling e probabilmente non ha voluto mettermi in difficoltà occupando un posto che non si sentiva».

Ciccone e i suoi fratelli

La squadra è così nata una volta e poi è rinata una seconda e solo lui sa quante ne avrà fatte e disfatte nei suoi appunti e nei suoi pensieri. La strada non è la pista, in cui la consapevolezza dei tempi ti offre la proiezione del risultato possibile. Su strada puoi avere il più forte e dominare, come pure rimanere ingabbiato in una corsa insignificante, come quella delle donne elite, in cui le migliori si sono neutralizzate a vicenda.

«Non sapendo come avrei interpretato la corsa – concorda Villa – ho preferito ragionare sul percorso. La Vuelta ci ha fatto vedere che Ciccone sta bene, dopo essere stato secondo a Liegi e aver vinto San Sebastian. Non ha fatto un anno in sordina, al contrario è stato sempre vicino ai più forti di questa stagione. E quelli sono tutti qui a Kigali e Giulio se la dovrà giocare con loro. Abbiamo Frigo, che alla Vuelta ha fatto un secondo dietro Ayuso e un terzo e aveva anche vinto al Tour of the Alps. Fortunato al Giro d’Italia era in fuga quasi tutti i giorni e ha vinto la maglia azzurra dei GPM. L’ho visto molto impegnato e professionale nella ricerca della forma del Giro. Sappiamo tutti che non è matematica, però ha cercato di arrivare qua nelle migliori condizioni. Cattaneo e Sobrero mi servivano anche per la cronometro e il mixed relay. Bagioli alla Vuelta c’è stato ogni volta che Ciccone ne ha avuto bisogno. Quindi le scelte sono state fatte anche in base a questi ragionamenti».

Campionati del mondo, Kigali 2025, festa e brindisi in hotel per la vittoria di Lorenzo Finn
Questo il brindisi per Finn, ieri per Chantal Pegolo: nell’hotel degli azzurri ora si aspettano soltanto i pro’
Campionati del mondo, Kigali 2025, festa e brindisi in hotel per la vittoria di Lorenzo Finn
Questo il brindisi per Finn, ieri per Chantal Pegolo: nell’hotel degli azzurri ora si aspettano soltanto i pro’

Presenti nelle fughe

Con questo mosaico, si va alla sfida su un percorso che inizialmente è parso durissimo. Poi ha continuato a fare selezione, mostrando però delle lunghe fasi di recupero. Sta di fatto che, nonostante non si passi più di tanto tempo in salita, gli arrivi sono stati tutti… centellinati come a capo di tappe di montagna. Un percorso che scava e presenta il conto alla fine: aperto ad azioni solitarie, come pure a colpi di mano sull’ultimo strappo in pavé di Kimihurura.

«Noi non dobbiamo nasconderci – dice Villa – dobbiamo essere là, magari anche anticipare. Non è facile, vediamo come sarà la partenza, però se va via una fuga importante ci dobbiamo essere. Non corriamo per nasconderci. Giulio invece dovrà gestirsi guardando quei 7-8 che potrebbero essere alla sua portata».

Campionati del mondo, Kigali 2025, colore, tamburi, tifosi
Il suono dei tamburi è assordante: il tifo sta diventando molto caloroso. Oggi il gran finale
Campionati del mondo, Kigali 2025, colore, tamburi, tifosi
Il suono dei tamburi è assordante: il tifo sta diventando molto caloroso. Oggi il gran finale

Non avendo le radio con cui correggere eventuali imprevisti, sarà tutto nella capacità dei corridori di parlarsi in corsa e di entrare in azione nei tempi concordati. Il fatto di avere un leader riconosciuto potrebbe essere un vantaggio. Il rischio è che la corsa si disperda in mille rivoli prima che abbia trovato un senso: la presenza di Pogacar, Evenepoel e di quelli che dovranno tenerla in mano sarà certamente un fattore a nostro vantaggio.

Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada donne elite, Magdeleine Vallieres, Niamh FIsher Black

Longo Borghini severa (forse troppo): «Ho rovinato tutto io»

27.09.2025
7 min
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KIGALI (Rwanda) – «Penso che dovrò andare in camera a riflettere su quello che ho combinato oggi, perché forse è stata la peggior gara della mia vita». Elisa Longo Borghini non cerca scusanti né alibi. Il mondiale si è concluso da neanche dieci minuti e non è facile avere la lucidità per raccontare l’insuccesso nella gara che sembrava disegnata per la vittoria. Il quindicesimo posto e il distacco di quasi due minuti fanno pensare che a un certo punto là dietro abbiano rinunciato a giocarsela. Veder passare Longo e Ferrand Prevot appaiate, il Giro e il Tour accomunati nella sconfitta, fa capire che le più attese non sono mai state della partita.

«Sono rimasta impigliata nel gioco degli scatti sciocchi – prosegue la piemontese, ora attesa dagli europei – di quelle che sulla carta dovevano essere chiamate le big rider, che oggi secondo me hanno fatto una brutta figura. E purtroppo io sono tra queste. Siamo rimaste lì a guardarci, mentre chi ha fatto una mossa coraggiosa ha ottenuto un ottimo risultato. Secondo me Vallieres merita di essere la campionessa del mondo (la canadese nella foto di apertura, ndr). Perché ci ha creduto, si è mossa al momento giusto e ha vinto di gambe perché alla fine è andata così».

Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada donne elite, Elisa Longo orghini, PAuline Ferrand Prevot
Longo Borghini e Ferrand Prevot, il Giro e il Tour, sconsolate e appaiate sul traguardo
Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada donne elite, Elisa Longo orghini, PAuline Ferrand Prevot
Longo Borghini e Ferrand Prevot, il Giro e il Tour, sconsolate e appaiate sul traguardo

Malcotti e la lavagna

A un certo punto anche davanti ai monitor si è smesso capirci qualcosa. Le sovraimpressioni della diretta davano distacchi che cambiavano repentinamente e con scarti poco convincenti. Più grave, tuttavia, è che anche le ragazze in corsa non avessero la minima idea di come la corsa si stesse sviluppando. Passi l’assenza delle radio, tema dibattuto al mondiale e sempre da chi lo perde. Ma proprio a causa di questa assenza, chi deve aggiornare i corridori deve saperlo fare.

«Forse con le radio sarebbe uscita una gara diversa – riflette Barbara Malcotti, miglior italiana del Tour e oggi a lungo in fuga – anche perché io non avevo idea della situazione di corsa. Anche con la tabella dei distacchi non si capiva letteralmente nulla. Quando Marlene (Reusser, ndr) è rientrata su di me, non capivamo chi fosse a 30 secondi e chi a 1’45”. Non si capiva letteralmente nulla. In più, questo era un percorso che creava caos già in partenza e senza radio è stato ancor peggio. Il piano era che io avrei dovuto tirare dall’inizio e cercare di seguire gli attacchi, quindi penso di aver fatto una delle migliori gare della mia carriera. Ma è stato letteralmente un caos.

«Anche la fuga non è stata nemmeno un vero tentativo di fuga. Ci siamo solo trovate tutte lì e dietro si sono guardate. Si sono studiate tutto il giorno, penso che le migliori oggi abbiano voluto perdere la corsa. Anche quando mi hanno ripreso, mi sono solo messa davanti svolgendo il mio ruolo e ho provato ad avvicinarmi il più possibile alle atlete in fuga. Poi a un certo punto mi sono voltata e ho visto che alla mia ruota non c’era più nessuno. Evidentemente a nessuno interessava più giocarsi il piazzamento».

Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada donne elite, Barbara Malcotti in azione in salita
Dopo essere stata migliore italiana al Tour, Malcotti ha corso un ottimo mondiale
Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada donne elite, Barbara Malcotti in azione in salita
Dopo essere stata migliore italiana al Tour, Malcotti ha corso un ottimo mondiale

Longo Borghini, parole dure

Longo Borghini non si è mai nascosta e ascoltandola ci rendiamo conto che non inizierà a farlo proprio adesso. Un atteggiamento che le fa onore, ma fa passare sotto silenzio il fatto che nel gruppetto con le olandesi e le francesi, lei fosse l’unica italiana.

«Non darò mai la colpa alle mie compagne – dice – perché si sono sacrificate per me al 100 per cento. Oggi Barbara (Malcotti, ndr) ha fatto qualcosa di incredibile, è andata fortissimo. Tutte le altre ragazze mi hanno sempre tenuto davanti e devo dire grazie a loro perché ci hanno creduto. Sono stata soltanto io oggi quella che ha rovinato tutto. Quindi la responsabilità è sulle mie spalle: quando ce l’hai, la devi prendere sia nel bene che nel male. E oggi devo farmi un bell’esame di coscienza perché ho corso veramente come un’esordiente. Le mie gambe stavano molto bene, mi sono sentita bene e semplicemente sono rimasta impigliata a guardarmi con le altre, ma veramente in maniera molto sciocca. Stavo bene, se avessi avuto anche il cervello, avrei vinto il mondiale. Però non l’ho vinto, per cui non posso neanche dire di aver avuto le gambe migliori».

Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada donne elite, riunione azzurre, Marco Velo
Ieri sera, subito prima del brindisi per Finn, Marco Velo ha fatto la riunione con le azzurre

Velo non si sbilancia

L’assunzione di responsabilità è un bel gesto, ma in apparenza non convince del tutto Velo. Per il suo primo mondiale elite dall’ammiraglia, il bresciano si aspettava certo qualcosa di più ed è comprensibile la sua frustrazione nel non poter intervenire nelle situazioni di corsa.

«Bisogna cambiare qualcosa – dice il tecnico azzurro – ci devono dare la possibilità di usare le radio perché ti senti totalmente impotente. Avendole, poteva sicuramente cambiare molto. Abbiamo provato a chiedere alla giuria di passare per fermare la Malcotti quando Elisa era indietro di 40 secondi, ma ci hanno detto di no. Li capisco perché i regolamenti li conosco, sono un direttore di corsa. Ma a volte magari bisogna chiudere un occhio capendo il fatto che non c’è proprio possibilità di parlare con le ragazze. Sinceramente non pensavo che le big si sarebbero ostacolate a quel modo. Nessuna ha voluto controllare la corsa, gli unici siamo stati noi. Per il resto, preferirei non entrare nei casi personali. I debriefing si fanno a battiti bassi e non a battiti alti, perché con il nervosismo puoi dire delle cose che magari non pensi. Quindi stasera prima di cena faremo una riunione per capire».

Nel dopo corsa, Longo Borghini si è assunta tutte le responsabilità dell’insuccesso
Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada donne elite, Elisa Longo Borghini, intrerviste dopo la corsa
Nel dopo corsa, Longo Borghini si è assunta tutte le responsabilità dell’insuccesso

La melina degli sconfitti

Elisa raggiunge il box dell’Italia e allarga le braccia. Oltre a prendersela con se stessa, se la prenderebbe con qualche collega che – si intuisce – a forza di bluffare s’è tagliata le gambe da sé. Scherza sul peso della bici che sarebbe risultata più pesante di quanto credesse. E nel suo annunciare che tornerà in hotel pedalando, in modo da sbollire la delusione, c’è tutto il non detto di questa giornata di brutto ciclismo azzurro.

«Si sbaglia e si continuerà a sbagliare – dice prima di andare via – perché siamo umani e si sbaglierà sempre. Credo che sia anche giusto ammettere i propri errori senza nascondersi dietro un dito. Oggi ho fatto una gara schifosa. Finché alla fine mi sono resa conto che non c’era più niente da fare. Se chiedi a qualche altro corridore di attaccare insieme e ti risponde di no, che deve aspettare questa o quella che sta ancora bene… Vabbè, okay, allora ci vediamo all’arrivo. Il livello è stato molto alto e col fatto di non riuscire a staccarci, è iniziata la classica melina di aspettare che a tirare fosse l’altra. Alla fine Vollering sosteneva di essere morta. Chi sembrava averne di più poteva essere Ferrand Prevot, ma non riusciva a fare la differenza. Niewiadoma neanche. E’ stato un percorso esigente, una corsa dura, ma abbiamo sbagliato tutte a leggerla. E così le seconde linee, che sono forti, hanno preso vantaggio e sono andate all’arrivo».

Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada donne elite,  Magdeleine Valliers taglia il traguardo a braccia alzate
Incredula e felice fino alle lacrime, Magdeleine Valliers diventa campionessa del mondo a 24 anni
Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada donne elite,  Magdeleine Valliers taglia il traguardo a braccia alzate
Incredula e felice fino alle lacrime, Magdeleine Valliers diventa campionessa del mondo a 24 anni

Una carriera che sboccia?

Magdeleine Vallieres, canadese di 24 anni, è la nuova campionessa del mondo donne elite. Corre con la Ef Education-Oatly, contratto fino al 2027. Il campionato del mondo è la sola vittoria di una stagione in cui il miglior risultato è stato il sesto posto al campionato nazionale. La sua unica vittoria da elite risale al 2024, il Trofeo Palma. Come ha detto Elisa Longo Borghini, ha vinto bene e ha vinto di gambe. Nei prossimi giorni vi racconteremo la sua storia. Per ora annotiamo che nell’anomalia di questa giornata di punte spuntate, la canadese ha pescato il jolly della vita. Le auguriamo di cuore che si trasformi nella nota d’inizio di una grande carriera.

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova su strada donne junior, Chantal Pegolo, Giad Silo, abbraccio dopo l'arrivo

Ostiz implacabile, Pegolo argento: le “azzurrine” ci sono

27.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – Le azzurrine si sono fatte spazio a spallate tra la vittoria di Finn e la partenza delle elite. Chantal Pegolo ha vinto l’argento, Giada Silo è arrivata quinta. Quando si sono ritrovate in due nel gruppetto di cinque, la fatica ha presentato il conto e l’azione dell’una per l’altra non è stata incisiva come si poteva sperare. Così quando la spagnola Ostiz, che ricorda la prima Bronzini, ha lanciato il suo sprint da una velocità non troppo alta, il cambio di ritmo è stato micidiale. Pegolo ha attinto alle sue doti da pistard e ha accelerato da seduta, mentre l’altra ha attaccato in piedi e con un rapporto più duro.

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova su strada donne junior, Elena De Laurentiis
Si va alla partenza: Elena De Laurentiis affida il badge a Saul Barzaghi, fisio della nazionale
Campionati del mondo, Kigali 2025, prova su strada donne junior, Elena De Laurentiis
Si va alla partenza: Elena De Laurentiis affida il badge a Saul Barzaghi, fisio della nazionale

Senza riferimenti al mondo

Sarebbe stata una corsa senza grandi certezze. Le nostre non hanno grande esperienza internazionale, al punto che per correre al Tour du Gevaudan Occitanie di Nations Cup, Giada Silo si è infilata in una mista con l’olandese Flying Freelancers. Lo stesso cittì Velo prima della partenza non sapeva come collocarle nel panorama del mondiale. Ma le corse non seguono sempre copioni prevedibili. E anche se alla fine ha vinto la più forte di tutta la stagione, l’andamento tattico della prova in linea delle donne junior ha permesso alle ragazze di arrivare all’attacco del muro finale di Kimihurura con un gruppo ancora numeroso.

«Marco Velo ci aveva detto che dovevamo aiutarci – spiega Pegolo – perché l’Italia è una squadra, anzi è una famiglia. Con Giada (Silo, ndr) ci siamo parlate. Mi ha detto che poteva provare a fare la differenza nel pavé, quando si scollinava. Ma c’è stato controllo e così intorno agli ultimi 500 metri, dato che ho più sprint di lei, si è messa davanti a tirare e per questo la voglio ringraziare. Solo che la Ostiz ne aveva molta di più. Quando è partita negli ultimi metri di salita, ho visto indietreggiare la svizzera. Ho guardato in basso, perché non riuscivo più a spingere. Mi sono seduta, avevo l’acido lattico nelle gambe. Però mi sono costretta a ripartire, dovevo arrivare perché mancavano 10 secondi di sforzo. Ho tenuto duro, poi ho alzato lo sguardo e ho visto l’arrivo a due metri».

Implacabile Ostiz 

Paula Ostiz è del 2007 e da quest’anno e per i prossimi tre correrà con il Team Movistar. Nel 2025 ha vinto otto corse, fra cui il Giro delle Fiandre. Nella crono pochi giorni fa è arrivata seconda dietro Megan Arens. Su questi arrivi non perdona e lo sapevano bene le altre ragazze, che forse nel finale hanno rinunciato a fare qualsiasi forma di forcing, per non servirle la volata più facile. La sua vittoria ha una storia profonda e risale al secondo posto del 2024 a Zurigo, quando Cat Ferguson riuscì a batterla nella volata a tre.

«E’ un sogno che si avvera – ha detto la spagnola – non riesco a trovare le parole. La mia famiglia mi sta guardando, anche la mia squadra e il mio Paese e devo ringraziarli tutti. Dopo aver visto tutte le altre gare, sapevo che dovevo risparmiarmi fino alla fine. Ho avuto un po’ di crampi, ma alla fine è andata bene e non riesco ancora a crederci».

Alle sue spalle e a quelle di Chantal Pegolo, si è piazzata la svizzera Anja Grossman, che dopo l’arrivo è scoppiata in lacrime, dedicando la sua medaglia a Muriel Furrer, la ragazza scomparsa lo scorso anno durante la gara delle donne junior. Il momento è stato davvero toccante, anche grazie alle sue parole uscite a fatica.

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova su strada donne junior, Giada Silo
Giada Silo è caduta, ha speso tanto per rientrare e si è fatta trovare nel finale accanto a Pegolo
Campionati del mondo, Kigali 2025, prova su strada donne junior, Giada Silo
Giada Silo è caduta, ha speso tanto per rientrare e si è fatta trovare nel finale accanto a Pegolo

Chantal arriva da Pasiano di Pordenone, tra il Veneto e il Friuli. Racconta di essersi appassionata al ciclismo quando era bambina, per il desiderio di alzare le braccia come Manlio Moro. Ora frequenta il liceo scientifico sportivo online, ha in programma di iscriversi a Scienze Motorie a Ferrara e dal 2027 sarà con la Lidl-Trek, avendo già firmato il contratto. Mentre lei sbriga tutte le formalità, dalle premiazioni all’antidoping passando per la conferenza stampa, al box azzurro Giada Silo ed Elena De Laurentiis si sono cambiate sotto il portellone aperto del furgone. Ha iniziato a piovere e sotto il gazebo bianco c’erano le elite per cambiarsi.

Il lavoro di Giada Silo

Silo ha il fianco sinistro tutto grattato, per la caduta del primo giro che davvero non ci voleva. Il dottor Corsetti le versa acqua sulle ferite e poi l’aiuta a infilare il giubbino, dandole indicazioni su cosa fare una volta arrivata in hotel. Le due azzurre torneranno in bici, accompagnate da Mattio, Gualdi e Borgo, che dopo aver vinto l’oro con Finn, sono venuti alla partenza per fare una sgambata in tuta e scarpe da ginnastica.

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova su strada donne junior, podio con Paula Ostiz, Chantal Pegolo e Anja Grossmann
Paula Ostiz, classe 2007, nel 2025 ha vinto 8 corse fra cui il Fiandre. Sul podio anche la svizzera Grossman
Paula Ostiz, classe 2007, nel 2025 ha vinto 8 corse fra cui il Fiandre. Sul podio anche la svizzera Grossman

«Mi sono trovata per terra al primo giro – dice Giada Silo – quindi mi sono agitata e sono ripartita subito a tutta, sprecando un po’ di energia per rientrare. Potevo prenderla con più calma, ma è andata così. Alla fine siamo arrivati in volata, che non è molto il pane per i miei denti. Speravo in una corsa più dura. Ai 400 metri, mi sono messa davanti a Chantal e ho tirato per lei, almeno per quanto ne avevo. Questi mondiali sono stati un’esperienza indimenticabile, perché è tutto diverso da casa. Siamo stati qua una settimana, abbiamo potuto adattarci e uscire tutti i giorni in bici. Abbiamo visto nuovi territori, è un’esperienza di vita che mi porto a casa assieme al quinto posto di oggi, che è un buon risultato».

Con Chantal Pegolo è arrivata la terza medaglia azzurra, dopo quella di Venturelli e quella di Finn. Le donne elite sono già in gara, poi domani toccherà ai professionisti. Ieri sera le grandi hanno riempito di consigli le sorelline che avrebbero corso prima di loro e qualcosa di giusto devono avergli detto se sono state capaci di cavarsela così bene contro le più forti del mondo. Il concetto di famiglia su cui i tecnici azzurri insistono da sempre non manca di dare buoni frutti.

Volta a la Provincia de Valencia, Jaspar Lonsdale, Ciclistica Rostese

Lonsdale: un danese in Piemonte per rincorrere un sogno

27.09.2025
4 min
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Questo mese di settembre Jaspar Lonsdale se lo ricorderà a lungo, di colpo tra Spagna e Italia ha raccolto due vittorie e ha trovato una fiducia che non pensava di poter avere. Il danese classe 2003 che da due stagioni veste la maglia della Ciclistica Rostese sta raccogliendo i frutti di un lungo lavoro. L’italiano lo mastica, ma quando si tratta di raccontare le sue emozioni e le sensazioni di tre settimane intense preferisce farlo in inglese. 

«Sono un po’ a corto di parole – dice sorridendo – perché in questi due anni in Italia non ero mai riuscito a entrare in una top 10, e ora nell’ultimo mese ho raccolto due vittorie e tre piazzamenti importanti. La prima alla Volta a la Provincia de Valencia è stata una liberazione, mi ha aiutato a togliermi qualcosa da dentro, come un peso. Penso di riuscire a correre in maniera più libera, senza pensieri».

Volta a la Provincia de Valencia, Jaspar Lonsdale, Ciclistica Rostese
Lonsdale alla Volta a la Provincia de Valencia ha trovato la sua prima vittoria in maglia Rostese
Volta a la Provincia de Valencia, Jaspar Lonsdale, Ciclistica Rostese
Lonsdale alla Volta a la Provincia de Valencia ha trovato la sua prima vittoria in maglia Rostese
Te l’aspettavi?

Sinceramente no, quando siamo arrivati in Spagna sapevo di stare bene ma non avevo idea di cosa aspettarmi. Il livello non è alto come qui in Italia, diciamo che vincere era importante per avere una svolta e una buona iniezione di fiducia. Ora penso di credere realmente in me stesso. 

In Spagna hai corso due gare a tappe, è un aspetto che ti ha aiutato?

Non saprei, direi che il concetto è più largo. Rispetto alla mia prima stagione in Italia quest’anno ho corso molto di più. Gli allenamenti sono diventati meno impegnativi e dedicati più al ricercare il giusto equilibrio tra ritmo e riposo. Insieme al mio nuovo preparatore mi sono concentrato sul rimanere “fresco” e arrivare alle gare pronto.

E’ cambiato qualcosa rispetto allo scorso anno?

Sento che il team ha davvero tanta fiducia in me e nelle mie potenzialità, quando siamo in corsa percepisco che credono nelle mie qualità e che si possa fare qualcosa di buono. Il primo anno in Italia non è stato semplice, ambientarsi e imparare a correre in un ciclismo totalmente diverso è stato difficile. 

Come mai dalla Danimarca sei andato fino in Piemonte per correre?

Volevo provare a giocarmi le mie chance per diventare un ciclista professionista. Un mio amico, Magnus Henneberg, si è trasferito anche lui dalla Danimarca alla Rostese per correre. Lui non è riuscito nel suo intento di diventare professionista ed è tornato a casa, ma quando abbiamo parlato mi ha consigliato di venire qui. Devo ammettere che mi trovo bene, dedico tutto il mio tempo al ciclismo e sto provando a realizzare il mio sogno.

Jaspar Lonsdale, Ciclistica Rostese
Per Lonsdale (qui al centro) questo è il secondo anno con la Ciclistica Rostese
Jaspar Lonsdale, Ciclistica Rostese
Per Lonsdale (qui al centro) questo è il secondo anno con la Ciclistica Rostese
Cosa facevi in Danimarca?

Una volta finiti gli studi sono andato a lavorare in un negozio di biciclette, facevo il meccanico. Riuscire a incastrare lavoro e allenamenti non era semplice. Ora posso concentrarmi su una cosa sola ed è bellissimo. 

Ti trovi bene qui da noi?

Moltissimo, mi piace tutto. La squadra mi ha dato un appartamento ad Alpignano, un piccolo comune poco fuori Torino. Dell’Italia mi piace tutto, il meteo, le strade e la vita. Avere tanti percorsi diversi dove allenarsi è bello e stimolante. Penso che stare qui mi abbia dato una mano a migliorare e crescere come ciclista, ad esempio mi sento più forte nelle salite corte. Credo ci sia ancora margine. 

Jaspar Lonsdale, Ciclistica Rostese
Il danese si è trasferito alle porte di Torino e ha imparato ad apprezzare e allenarsi sulle strade piemontesi
Jaspar Lonsdale, Ciclistica Rostese
Il danese si è trasferito alle porte di Torino e ha imparato ad apprezzare e allenarsi sulle strade piemontesi
Un mese di settembre che può rappresentare davvero una svolta?

Fino a poco tempo fa pensavo fosse impossibile riuscire a diventare un professionista o avere qualche chance in formazioni continental. Adesso, invece, ci credo davvero. Sono felice e voglio fare un ultimo passo importante e mettermi alla prova anche nelle ultime corse di fine stagione. L’obiettivo è il Lombardia U23, voglio sfidare i ragazzi dei devo team e vedere cosa posso fare ancora.

Parte il Giro delle Regioni e Scotti fa l’appello dei big

27.09.2025
6 min
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Ultime ore di attesa e si comincia. Domani il Giro delle Regioni di ciclocross scatterà da Corridonia, sorta di “antipasto” della challenge prima delle sue tappe centrali, tutte previste in Friuli, anzi per meglio dire in provincia di Udine. Sono già oltre 400 gli iscritti (secondo il controllo effettuato una settimana fa) ma c’è da scommettere che fra le varie categorie saranno molti di più. Per Fausto Scotti il lavoro è però già entrato da giorni nel pieno, considerando i continui spostamenti in settimana fra le Marche e la sede romana della società.

Tocca all’organizzazione di Fausto Scotti con il suo Giro delle Regioni aprire la stagione del ciclocross
Tocca all’organizzazione di Fausto Scotti con il suo Giro delle Regioni aprire la stagione del ciclocross

Di attese, ormai l’ex cittì del ciclocross ne ha vissute tantissime. L’immediata vigilia è però sempre carica di incognite e dubbi, in crescita inversamente proporzionale alle ore di sonno: «Rispetto agli anni scorsi, essendo la prima tappa che sempre si accavalla con il pieno della stagione su strada, ci si chiede sempre come sia l’atmosfera, se ci sarà abbastanza gente, anche se il movimento è abbastanza preparato. La tappa iniziale darà già importanti risposte, a prescindere da chi ci sarà».

Le prime 4 di 5 tappe si svolgeranno fino al 19 ottobre, quindi praticamente tutte accavallate con la stagione su strada. Non è una penalizzazione per te e per il tuo gruppo?

Ormai ci abbiamo fatto il callo. Basti pensare che noi saremo sullo Zoncolan il 19 ottobre, a 1.300 metri di altezza, non è che il clima ci consenta di andare oltre. E comunque la stagione è sempre portata ad essere in anticipo oramai perché già a inizio novembre hai un rendez-vous importante come gli europei e servono prove di verifica per formare la squadra azzurra. Anch’io come tecnico azzurro cercavo di fare più gare nel periodo di ottobre proprio per selezionare una squadra da portare avanti almeno per europei e le prime di Coppa del mondo. Non tutti possono andare all’estero e si possono permettere di fare degli scontri diretti con i più forti. Serve un teatro di ragionamento.

Dopo Corridonia tre domeniche in Friuli fino al 19 ottobre. Chiusura il 22 novembre a Cantoira (TO)
Dopo Corridonia tre domeniche in Friuli fino al 19 ottobre. Chiusura il 22 novembre a Cantoira (TO)
Con la ripresa dell’attività, ti ritrovi ad aver a che fare con la situazione solita del ciclocross italiano: tanti talenti nelle categorie giovanili che poi però non si traducono in tanti elite di livello…

Lo so e il problema non si pone solo a livello maschile. Guardate quante donne di altissimo livello vengono dal ciclocross e ormai fanno solo strada. Continua solo chi entra in team esteri e fa la doppia attività andando di pari passo. Ma per farlo i team hanno alzato il livello anche degli stipendi. E non credo che un prestito temporaneo possa dare quei soldi. Mettiamoci anche che il periodo di sosta effettiva è sempre più breve, anche chi va su strada poi riprende presto tra ritiri e prime gare. O sei in un team con un progetto come l’Alpecin o la scelta che hanno fatto gli Agostinacchio, o ti trovi presto a dover scegliere ed economicamente non c’è partita…

E’ diverso il discorso scendendo di categoria?

Sì, io penso che le gare juniores saranno di buon livello. Anche gli under 23 si trovano spesso a dover tappare qualche buco di fine stagione su strada. Per questo le gare di ottobre non sempre possono offrire un parco atleti di vertice, completo. E’ anche vero però che ci sono degli specialisti che già da un mese si preparano per incominciare l’attività ora. Già alla prima vogliono essere in grande spolvero per giocarsi le proprie chance anche per l’azzurro. Oppure scelgono di gareggiare dietro spinta dei propri team perché vogliono sfruttare il ciclocross per poi essere subito brillanti nell’apertura delle stagioni su strada o in mtb.

Un’immagine dall’alto del percorso di Corridonia al Giro delle Regioni. Attesi almeno 500 partecipanti
Un’immagine dall’alto del percorso di Corridonia al Giro delle Regioni. Attesi almeno 500 partecipanti
Hai detto che anche quest’anno avete avuto tante richieste. Vi trovate però a ottobre tre tappe, tutte e tre in provincia di Udine. Non è che poi questo penalizza la challenge? Si dice Giro delle Regioni, ma poi le regioni alla fin fine sono solo tre…

Io come organizzatore devo garantire la qualità dell’evento. Posso mettere dentro gare nuove pian pianino, ma dopo averle già testate. Lo Zoncolan, la novità di quest’anno, ha fatto un buon evento e allora l’abbiamo inserito. Noi dobbiamo fare il calendario, far crescere gli atleti, offrire loro la possibilità di fare punti attraverso gare organizzativamente qualificate. In passato siamo stati in tutta Italia, al Nord come al Centro e andando anche al Sud, l’attività per un anno l’abbiamo fatta quasi tutta nel Centro-Sud, quest’anno invece siamo tre volte in Friuli appoggiandoci su team molto qualificati.

Quali sono i criteri di scelta?

C’è il rispetto verso chi ci è sempre stato vicino, poi se un domani avrà problemi vedremo come aiutarli e se proprio non potranno faremo altre scelte. Io devo guardare anche l’aspetto economico. Da molte sedi di tappe passate dobbiamo ancora ricevere contributi e non mi va di tornare dove ci sono crediti da riscuotere. Perché si tratterebbe di aumentarli continuando ad anticipare…

La novità di quest’anno è che nelle gare internazionali le juniores gareggeranno da sole, non con le Open
La novità di quest’anno è che nelle gare internazionali le juniores gareggeranno da sole, non con le Open
Sentendo le varie società e la risposta dell’ambiente, l’appuntamento dello Zoncolan è atteso un po’ come il fulcro di questa stagione…

E’ così, ma non vorrei che questo facesse passare in secondo piano le tappe precedenti. E’ una novità relativa. Sullo Zoncolan si è già gareggiato e poi in rete è possibile trovare tutti i riferimenti relativi. Nessuno arriverà digiuno di quel che si troverà ad affrontare.

Che numeri ti aspetti, non solo a Corridonia?

La media del 2024 è stata sui 600 partenti, proprio nella prima tappa di Corridonia. Dopo siamo andati sempre sulle 400 unità. Parliamo di numeri importanti se si pensa che tante gare su strada faticano a toccare i 100 partenti. Poi, riallacciandoci anche a quanto detto prima, oggi la situazione è molto cambiata anche rispetto a solo un decennio fa. Oggi l’attività di un corridore non la decide tanto il team, quanto il procuratore e il preparatore atletico, che decidono quali gare fare e non fare.

L’attesa principale è per la tappa del 19 ottobre sullo Zoncolan, a quota 1.300 metri
L’attesa principale è per la tappa del 19 ottobre sullo Zoncolan, a quota 1.300 metri
Pensi che saranno ancora le categorie giovanili a catalizzare l’attenzione, nella tua challenge come più in generale nel movimento?

Sì e dico che la Federazione dovrebbe premiare queste società che oramai da più di trent’anni continuano a fare sacrifici e attività e si sobbarcano tante spese. Che fanno un sacco di trasferte anche meno importanti, pure con poche risorse, fanno tanti viaggi lunghi. Ogni volta che arrivano sono veramente felice di fargli i complimenti per i sacrifici che fanno.

Tornando un attimo al discorso dello Zoncolan, parlando con lo Scotti tecnico più che organizzatore, il fatto di gareggiare a 1.300 metri influirà non solo sui campioni, ma anche sul ciclocrossista medio.

Questa una domanda veramente valida, interessante. Saranno già pochi quelli che arriveranno il venerdì sera e non basterà quel tempo per ambientarsi. Una differenza c’è. Parecchi si troveranno in difficoltà per questo, soprattutto dopo la metà gara, perché comunque il consumo di ossigeno è molto più elevato, il recupero è diverso. Essendo poi all’inizio della stagione un po’ di problematiche si possono avere, pur considerando sempre il fatto che molti sono giovani e a questi dislivelli ci sono abituati.

Campionati del mondo, Kigali 2025, corridori Eritrea, sposnsorizzati da Intermarché-Wanty

Girmay parla chiaro: l’Africa ha bisogno di bici, non di cattedrali

27.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – Se nella sua conferenza stampa il presidente dell’UCI Lappartient ha magnificato la scelta di portare il mondiale in Africa, con dei toni autocompiaciuti che gli sono valsi i complimenti dei media locali, l’arrivo di Biniam Girmay rimette le cose parzialmente in equilibrio. Da velocista qual è diventato, il corridore eritreo della Intermarché-Wanty aveva annunciato la sua rinuncia alla sfida iridata, poi però ci ha ripensato. Perché? Le sue parole resteranno scolpite nella pietra in questo primo mondiale africano.

«In realtà – dice – risponderò in modo piuttosto semplice. Non posso andare alla Liegi e neanche al Lombardia, perché sono gare troppo difficili e non sarebbe bello andarci solo per essere al via e poi ritirarmi. Questo è il primo mondiale in Africa. E’ davvero un grande evento, peccato però che il percorso non sia adatto ad alcun corridore africano. Trovatemi un solo nome, è molto difficile per tutti. Forse per la prima volta in Africa, se posso essere sincero, sarebbe stato bello lasciare qualche opportunità anche ai corridori di casa. Per questo motivo ero un po’ in dubbio se essere qui. Il percorso è molto difficile per me, mi sarebbe piaciuto avere l’occasione di competere, cercare di fare qualcosa. Ma alla fine, sono sempre felice di indossare la maglia della mia nazionale e di rappresentare il mio Paese. Mi hanno chiesto di venire per aiutare i miei compagni e ho accettato».

Una Gand-Wevelgem, prima classica fiamminga vinta da un africano. Tre tappe al Tour e la maglia verde del 2024, altra prima volta. Una tappa al Giro d’Italia. A 25 anni, il palmares di Biniam Girmay è di tutto rispetto. Lui è il ragazzo che ce l’ha fatta, al pari di Tesfatsion, Ghebreigzabhier, Merawi Kudus, Henok Mulubrhan e pochi altri. Per questo le sue parole contano.

Campionati del mondo, Kigali 2025, Biniam Girmay
Girmay ha incontrato i media ieri mattina, spiegando le sue ragioni e indicando alcune soluzioni “facili” per il ciclismo in Africa
Campionati del mondo, Kigali 2025, Biniam Girmay
Girmay ha incontrato i media ieri mattina, spiegando le sue ragioni e indicando alcune soluzioni “facili” per il ciclismo in Africa
Però è anche vero che l’Eritrea è uno dei pochi Paesi africani che continua a portare atleti anche nelle categorie juniores e U23…

In effetti, come sappiamo, l’Eritrea è uno dei Paesi africani più interessati al ciclismo, fa parte della nostra cultura. Abbiamo molte gare e questo è il motivo principale della nostra presenza sempre numerosa. Investiamo molto per migliorare e sviluppare il ciclismo, tanti si impegnano in questo. Se ci fossero più opportunità e grandi investimenti, penso che potremmo crescere ancora. Spero che questo evento sia d’aiuto.

Che cosa significa esattamente un mondiale in Africa?

Se viaggi da un altro continente per correre un mondiale, è tutto diverso. L’Africa è un continente davvero immenso, quindi siamo completamente diversi l’uno dall’altro. Ho viaggiato in diversi Paesi africani, ci sono grandi differenze, ma è un vero onore e un piacere essere qui in Rwanda. E’ uno dei Paesi in cui amano il ciclismo e sono molto appassionati. La gente è sempre gentile, i posti sono davvero belli e sono anche molto adatti per andare in bici.

Girmay aveva già corso i mondiali dello scorso anno a Zurigo, ma aveva scelto di rinunciare a quelli di Kigali
Campionati del mondo Zurigo 2024, Biniam Girmay, allenamento
Girmay aveva già corso i mondiali dello scorso anno a Zurigo, ma aveva scelto di rinunciare a quelli di Kigali
Il presidente Lappartient ha parlato di come intenda far crescere il ciclismo in Rwanda e più in genere in Africa. Qual è la tua opinione in merito?

La prima necessità che abbiamo riguarda le cose di base, perché ci piace andare in bici e gareggiare, ma siamo già molto indietro rispetto alle gare europee. Ad esempio facciamo fatica a comprare una bici. In Europa ce ne sono da 14-15.000 euro, non so quale famiglia da queste parti possa spendere questi soldi. Quindi, ovviamente, hai bisogno di qualcuno che ti aiuti. Oltre a questo, anche i governi dovrebbero impegnarsi per cercare di sostenere le persone, soprattutto quelle che non hanno le risorse economiche, per aiutarle a progredire. Vedo molti corridori, qui e in diversi Paesi africani, con biciclette pesantissime e con le misure completamente sbagliate.

Davvero le cose più elementari…

A volte li vedi con il sellino troppo alto o lo sterzo troppo basso. Volendo fare attività di alto livello, questo ti distruggerà davvero in pochi mesi. Abbiamo bisogno di avere le cose di base, non ci serve avere gare più importanti o qualcosa del genere. Abbiamo bisogno di buoni allenatori e buone idee. Ad esempio in Europa alla fine di ogni anno le squadre cambiano bici. Quelle bici di seconda mano potrebbero essere di supporto per le federazioni in Africa. Potrebbero aiutare molti corridori, per trovare l’opportunità di correre in Europa (in apertura, Girmay in una foto della Intermarché-Wanty che sostiene i corridori dell’Eritrea, inviando ogni anno il materiale del precedente, ndr).

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova su strada U23, atleta dell'Eritrea
L’Eritrea è uno dei Paesi africani a schierare il maggior numero di atleti, ma il percorso di Kigali è stato troppo duro per tutti
Campionati del mondo, Kigali 2025, prova su strada U23, atleta dell'Eritrea
L’Eritrea è uno dei Paesi africani a schierare il maggior numero di atleti, ma il percorso di Kigali è stato troppo duro per tutti
In breve, la tua storia…

Che continuo a raccontare, sperando che serva. Pochi di noi hanno avuto la chance, ma sarebbe la strada da seguire. Quando avevamo 17-18 anni, siamo andati ad Aigle. Abbiamo imparato un sacco di cose correndo da juniores con il team dell’UCI. E poi, nel momento in cui siamo arrivati al livello professionistico, non avevamo più bisogno di imparare. E’ andata così perché siamo arrivati in Europa molto presto. Penso che potrebbe essere di grande aiuto se anche ad altri venisse offerta questa opportunità.

Hai vinto tappe al Tour e grandi classiche: come ti sentirai nel correre un mondiale sulle strade africane?

E’ sempre bello gareggiare nell’evento più importante del mondo. Però è anche stressante. Ti mette molta pressione sulle spalle perché tieni davvero al tuo Paese e perché molte persone si aspettano che tu faccia di più. Questo è bello da un lato, ma dall’altro non lo è. Certo, se sei qui in Africa, ti senti davvero come se fossi a casa, soprattutto perché non abbiamo molte gare: direi che questa per me è l’unica opportunità dell’anno.

Campionati del mondo, Kigali 2025, folla, colore, tifosi, Africa
Il calore della gente di Kigali ha stupito Girmay, presente in Rwanda per amore della sua nazionale
Campionati del mondo, Kigali 2025, folla, colore, tifosi, Africa
Il calore della gente di Kigali ha stupito Girmay, presente in Rwanda per amore della sua nazionale
Com’è stata dunque l’accoglienza in Rwanda?

Finora, tutto bene. A dire il vero, credo che l’ultima volta che ci sono stato fosse stata nel 2020, quindi sono già passati un po’ di anni. E’ sempre una bella sensazione, una bella esperienza correre in Africa. E questo mi dà anche molta motivazione per andare in bici. Appena arrivato dall’aeroporto, come ho detto, la gente è stata gentilissima, amichevole, un’accoglienza davvero calorosa. Finora sono felice e tutto sta andando bene. Ci vediamo sulla strada domenica, mi aspetto comunque una grandissima festa.

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova in linea U23, Alessandro Borgo, Pietro MAttio, Lorenzo Finn, Simone Gualdi sul podio

Un anno dopo, di nuovo lui: Lorenzo campione del mondo

26.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – Campione del mondo, adesso il viaggio ha finalmente un senso. Cadono le tensioni, ci poggiamo alla transenna. Dicono sia bene vivere così le gare, si scrivono articoli migliori. Sarà vero, ma che fatica! Altre corse verranno, ma la vittoria di Lorenzo Finn pareggia i conti con i quarti posti e le disfatte. Uno così te lo leghi al cuore e lasci che ti porti via con i suoi scatti. Quando l’azzurro ha attaccato a 37 chilometri dall’arrivo selezionando il gruppetto dei cinque che si è giocato il mondiale, la sua sicurezza ha subito fatto capire che grazie a lui stavamo per vivere un’altra giornata speciale.

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova in linea U23, Lorenzo Finn, attacco a 37 km dall'arrivo
Anche Lorenzo riconosce che l’azione decisiva è stata il forcing a 37 chilometri dall’arrivo, nel gruppetto dei cinque
Campionati del mondo, Kigali 2025, prova in linea U23, Lorenzo Finn, attacco a 37 km dall'arrivo
Anche Lorenzo riconosce che l’azione decisiva è stata il forcing a 37 chilometri dall’arrivo, nel gruppetto dei cinque

La corsa del Belgio

Gajdulewicz, Schrettl, Alvarez, Huber e Finn. A 32 chilometri dall’arrivo, l’azzurro guadagna ancora un piccolo margine e il solo capace di stargli dietro è Huber, svizzero ancora ignaro di essere sul tram per l’argento. Da quel momento l’azione di Finn è un inno di sicurezza e gestione. La memoria è andata subito ai discorsi del mattino, quando parlava con Pietro Mattio della distribuzione dei carboidrati in corsa. Un gel per giro e così ha fatto. La gamba gira, è quasi sempre lui a fare il passo: dietro iniziano a sparire. Mentre Finn attacca dal gruppo di testa, Widar prova da quello degli inseguitori. Ma per il belga non è giornata. A un giro dalla fine lo vediamo passare mestamente sul traguardo, staccato di cinque minuti. 

Eppure il Belgio ha lavorato più che duramente. Sono stati per cinque giri tutti in fila, con i nostri nascosti nella loro scia. Un lavoro meccanico e perfetto che ha permesso agli azzurri di risparmiarsi. Così che quando Mattio ha mostrato le sue doti di gigantesco uomo squadra, la corsa ha preso la piega voluta dagli azzurri. E Lorenzo Finn ha potuto sferrare il suo attacco nel momento che ha ritenuto più propizio.

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova in linea U23, Lorenzo Finn, Jan Huber
Finn accelera, Huber è stremato: inizia la cavalcata solitaria di Lorenzo verso il secondo iride in due anni
Campionati del mondo, Kigali 2025, prova in linea U23, Lorenzo Finn, Jan Huber
Finn accelera, Huber è stremato: inizia la cavalcata solitaria di Lorenzo verso il secondo iride in due anni

Un podio tutto azzurro

Sotto al podio la festa degli azzurri è un pandemonio di urla e pacche. Gli chiedono di firmare la maglia, certi ricordi resteranno anche per loro. Nel mezzo s’è buttato anche il presidente Dagnoni, celebrando il corridore più giovane del mondiale con cui il futuro del ciclismo italiano entra in una coniugazione di grande concretezza. Poi arriva il momento in cui Finn e la sua faccia pulita iniziano il racconto. E la sua calma è ancora una volta sbalorditiva.

«E’ una sensazione davvero speciale – dice Lorenzo Finn, ligure di 18 anni – ho vinto il secondo mondiale in due anni, è davvero stupendo. C’erano anche i miei genitori. Non si sono persi una gara, mi hanno seguito e per me è molto speciale. Voglio ringraziarli per quello che hanno fatto per me, per il fatto di essere venuti sin qui. Credo che anche loro avranno pianto…».

L’anno scorso eri sembrato incredulo, questa volta è stato diverso?

L’anno scorso è stato uno shock, misi le mani sul casco e non ci credevo. Oggi sapevo di avere il potenziale per vincere, forse mi sono sentito più sicuro, ma c’erano anche più variabili. E’ stata la giornata perfetta. Sin dalla partenza abbiamo corso seguendo il Belgio. Hanno dettato loro la corsa e poi da metà gara in poi ci sono stati svariati attacchi. Il punto chiave è stato quando ci siamo avvantaggiati in cinque e ho visto che Jarno Widar non c’era. Per la prima volta ho pensato che avrei potuto vincere.

Ti ha stupito che Widar sia sparito nel nulla?

Widar era il netto favorito. E’ andato veramente forte tutto l’anno, quindi non credo che possano avere troppo rammarico. E comunque su questo percorso, quest’altitudine e il caldo si rischiava di pagarla molto cara.

Eri arrivato sapendo di avere questa ottima forma?

Dopo il Tour de l’Avenir stavo davvero bene. Le sensazioni dopo la crono invece non sono state fantastiche (Finn ha chiuso al 4° posto, a 5 secondi dall’argento, ndr). Dipendeva dall’altura, per cui l’ho considerato un buon risultato. Ma dopo una settimana, oggi le sensazioni sono state molto migliori. Era molto caldo, ma mi sono sentito bene.

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova in linea U23, Lorenzo Finn solleva la sua bicicletta Specialized
La bici al cielo, così Lorenzo Finn celebra la vittoria dopo la linea
Campionati del mondo, Kigali 2025, prova in linea U23, Lorenzo Finn solleva la sua bicicletta Specialized
La bici al cielo, così Lorenzo Finn celebra la vittoria dopo la linea
Il progetto Red Bull sta dando i suoi frutti?

Sono davvero felice della scelta che ho fatto. In Red Bull hanno una visione a lungo termine per me e per tutti i corridori del gruppo. E’ un lavoro difficile che paga e tutti lavorano nella stessa direzione. Ho vinto con la nazionale, ma voglio ringraziare anche il mio team. Il mio allenatore, John Wakefield, a volte lo odio, ma è un buon ragazzo (sorride, ndr).

Amadori ha lodato la tua scelta di non passare professionista subito, ma di fare esperienza per un altro anno.

Confermo che sarà così. Magari non mi capiterà mai più di portare la maglia di campione del mondo, anche se ci spero, però è sempre una cosa speciale. Poi ho 18 anni, quindi non ho fretta di passare. So che accadrà, ma voglio costruire il futuro con calma, con la squadra e con la nazionale.

Hai tenuto con te lo svizzero fino all’ultima salita: ti ha aiutato in qualche modo?

Eravamo a due giri dal termine, 30 chilometri su questo percorso che non era affatto facile. Ho provato a fare il ritmo sulle salite, però ho visto che era forte, quindi ho deciso di dare il tutto per tutto sullo strappo in cui sono partito. Era poco lontano dall’arrivo e avevo le gambe per farlo, quindi è andata benissimo.

Campionati del mondo, Kigali 2025, prova in linea U23, Cordiano Dagnoni, Lorenzo Finn
Per la federazione di Dagnoni, quella di Finn è la prima medaglia d’oro del mondiale
Campionati del mondo, Kigali 2025, prova in linea U23, Cordiano Dagnoni, Lorenzo Finn
Per la federazione di Dagnoni, quella di Finn è la prima medaglia d’oro del mondiale
Cosa c’era nella testa di Lorenzo Finn quando ha staccato lo svizzero ed eri solo puntando verso il traguardo?

Ero un po’ contento e un po’ stravolto. E’ stata una gara veramente dura e sull’ultimo pavé le gambe hanno iniziato a cedere. Però quando sei a così poco dall’arrivo e vedi il distacco che aumenta e il pubblico che ti incita, diventa tutto più facile. Il gesto dell’arco? Qualche giorno fa abbiamo fatto la ricognizione con Borgo. E abbiamo deciso che se uno di noi avesse vinto, avrebbe fatto quell’esultanza. Eccolo spiegato

Come festeggerai stasera?

Non lo so, speriamo di mangiare un bell’hamburger e di goderci il momento. Meno male che abbiamo il volo tra due giorni, quindi possiamo goderci domani e dopodomani. A quel punto la testa sarà sull’europeo, poi la Coppa Agostoni con la squadra, la Coppa San Daniele in Friuli e poi chiuderò al Gran Piemonte.

Adesso c’è solo da scrivere. Di lui e di Amadori. E’ una serata che ricorderemo a lungo, ma occorre muoversi. Abbiamo da correre nell’hotel degli azzurri. Ci sarà di certo il brindisi, la torta non si sa. E poi vogliamo vedere in che modo lo accoglieranno i professionisti. Da quando sono nati i devo team, le distanze si sono ridotte. E forse dalla gara di Finn anche loro avranno tratto qualche utile spunto.

Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada U23, Dino Salvoldi, Marino Amadori

Da Baroncini a Finn, la gioia sommessa di Amadori

26.09.2025
5 min
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KIGALI (Rwanda) – Cominciamo dalla fine. Perché quando chiediamo a Marino Amadori che cosa abbiano in comune Lorenzo Finn e Filippo Baroncini, con cui prima di oggi ha già vinto il mondiale degli U23, il tecnico azzurro cede alle lacrime e lo vedi che non riesce a ripartire. Gli concediamo il suo tempo, poi lentamente Marino inizia a parlare.

«Adesso dici Baroncini – sussurra Amadori – dispiace quello che gli è capitato al Polonia. Però è bello anche per lui, mi fa molto piacere ricordarlo. E’ un gran corridore, peccato che gli stia andando tutto storto. Cosa hanno in comune? Che sono dei fuoriclasse, hanno qualcosa di speciale. Specialmente negli appuntamenti non mancano, vedrete anche Lorenzo. Speriamo in Dio che Baroncini stia bene, si riprenda e ritorni in bicicletta e dimostri il suo valore, perché sicuramente anche lui può fare molto molto bene. Anzi, diciamo che questa vittoria la dedichiamo a lui. Almeno da parte mia, non ho dubbi».

Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada U23, Pietro Mattio, Lorenzo Finn
Prima del via, gli azzurri hanno ripassato la disposizione delle borracce sul percorso
Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada U23, Pietro Mattio, Lorenzo Finn
Prima del via, gli azzurri hanno ripassato la disposizione delle borracce sul percorso

Stessa data, stessa forza

E’ il 26 settembre di un anno dopo, il giorno in cui Lorenzo Mark Finn ha bissato il mondiale juniores dello scorso anno, con identica autorità. Un attacco a poco meno di 38 chilometri dall’arrivo, mentre lo speaker della corsa si sbilanciava senza esitazioni: «He’s the man», l’uomo è lui. Gli ultimi chilometri con lo svizzero e poi quelli da solo sono stati un supplizio di scaramanzie incrociate. Si sapeva dal mattino che fosse lui l’azzurro da seguire, si sapeva già dall’Italia. Al punto che, valutata la sua consistenza, la Federazione aveva già deciso da un pezzo di mandargli anche qualche compagno in aiuto. E stamattina nel box i ragazzi lo ascoltavano, rispondevano alle sue domande sui vari punti in cui mangiare. E poi in corsa si sono fatti in quattro, finché Lorenzo Mark Finn ha schiuso le ali ed è andato a prendersi la seconda maglia iridata.

«Questo ragazzo ha sostanza – dice Amadori – è in un devo team, quello della Red Bull-Bora, uno dei migliori al mondo. Ha già il contratto nella WorldTour, ma farà un altro anno da U23. Io mi auguro che rispettino quello che hanno detto, anche se ha vinto il mondiale. Anzi, spero che a maggior ragione faccia un altro anno, perché così porterà in giro la maglia di campione del mondo nelle gare under 23. Non è poco, visto che negli ultimi anni non si è mai vista. Per lui è un motivo d’orgoglio e ne è convinto. Ha sempre detto che gli interessa fare due anni nella categoria e mi fa molto piacere. Vuole fare i due anni, divertirsi, fare le gare di categoria per accumulare esperienza e per crescere».

Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada U23, Pietro Mattio prima della partenza
Mattio ha svolto un lavoro eccezionale, lo ha confermato anche Amadori, tenendo la corsa per coprire Finn
Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada U23, Pietro Mattio prima della partenza
Mattio ha svolto un lavoro eccezionale, lo ha confermato anche Amadori, tenendo la corsa per coprire Finn
Sapevamo che l’uomo fosse lui?

Lo abbiamo detto subito. Quest’anno abbiamo fatto delle bellissime cose. Abbiamo fatto un Tour de l’Avenir stupendo, siamo venuti qua convinti. Tra l’altro la squadra e i suoi tre compagni erano votati solo a lui. Siamo venuti qua per sorreggerlo il più possibile e l’hanno fatto, non si può dire nulla. Nei momenti cruciali c’erano e poi nel finale l’unica carta da giocare era questa. Lorenzo voleva la corsa dura, voleva arrivare da solo e così è stato.

Il Belgio ha lavorato tanto per poi disperdersi quando Widar è saltato…

Meno male che hanno lavorato così tanto, ci hanno fatto un favore. Il loro aver tenuto cucita la corsa per cinque giri ha risolto tutto. Se fosse stata corsa libera, sarebbe stato un grosso problema. A Widar giornate del genere sono già capitate. Non si discute il suo valore perché è un grandissimo corridore e l’ha dimostrato al Tour de l’Avenir vincendo due tappe e delle grosse prestazioni.

Lavori con lui solo da quest’anno: Amadori si aspettava questa autorità, nell’attaccare a 37 chilometri dall’arrivo?

Voleva la corsa dura, provare a fare più selezione possibile per arrivare nel finale con meno gente possibile. Il primo da staccare era Widar. Una volta staccato lui, sono stato io il primo a dirgli di andare a tutta. Quando si è in ballo, si balla. A rischiare, restando lì, sarebbero rientrati da dietro e poi si sarebbe rimescolato tutto. Gli ho detto di dare tutto e lui lo ha fatto.

Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada U23,
Prima della gara, Borgo ricercava così la concentrazione. Amadori ha lodato il comportamento della squadra
Campionati del mondo Kigali 2025, prova su strada U23,
Prima della gara, Borgo ricercava così la concentrazione. Amadori ha lodato il comportamento della squadra

La lettura di Salvoldi

Giusto accanto, Dino Salvoldi non nasconde la sua commozione. Prima del via, il cittì degli juniores che lo scorso anno vinse con Finn il primo mondiale, ci ha raccontato di essere sempre rimasto in contatto con lui. Questa staffetta fra le due categorie, fra lui e Amadori, ha certamente aggiunto un valore alla carriera di Finn. 

«Mi aspettavo che facesse tutto come l’ha fatto – dice Dino – è maturato ulteriormente quest’anno. Cos’ha di speciale? Innanzitutto è forte. Non ha caratteristiche definite per la salita, piuttosto è un corridore veramente completo, ma di quelli forti, con la mentalità votata ad esempio anche alla cronometro. Secondo me ha già ben chiaro quello che vuole diventare. Da qui a realizzarlo manca ancora tanto, però sta facendo i passaggi giusti. E’ molto equilibrato, non si illude, non vuole bruciare le tappe e chiaramente lo può fare. Sta dimostrando con i risultati che crescendo tranquillamente farà la sua strada. La nazionale gli sta offrendo e deve offrire un calendario di crescita, senza la pressione del risultato che talvolta viene dalle squadre, ma solo con la finalità di crescere e poi arrivare all’appuntamento al meglio della condizione. Sono proprio contento».