Sam Quaranta, MBH Bank-Ballan-Csb (foto Tour of Mentougou)

La prima di Quaranta junior, conquistata in extremis

21.10.2025
5 min
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Mentre suo padre Ivan era in partenza per Santiago del Cile, per portare la nazionale di velocità ai mondiali su pista, il figlio Samuel era dall’altra parte del mondo, in Cina, per conquistare la sua prima vittoria in questo 2025 al Tour of Mentougou. Un successo cercato a lungo, che dà un senso diverso a tutta la sua stagione.

Un’esperienza importante la sua, in un contesto diverso dal solito dopo aver praticamente girato il mondo, in un calendario che ha affiancato a tante prove del calendario italiano altrettante gare all’estero, soprattutto nell’Est europeo e forse aver centrato l’obiettivo proprio in extremis ha anche un senso, rappresentando il culmine di un cammino di crescita (in apertura foto Tour of Mentougou).

La volata vittoriosa di Samuel Quaranta, primo sul filippino Francisco e il neozelandese Fitzsimons (foto UCI)
La volata vittoriosa di Samuel Quaranta, primo sul filippino Francisco e il neozelandese Fitzsimons (foto UCI)
La volata vittoriosa di Samuel Quaranta, primo sul filippino Francisco e il neozelandese Fitzsimons (foto UCI)
La volata vittoriosa di Samuel Quaranta, primo sul filippino Francisco e il neozelandese Fitzsimons (foto UCI)

«Le gare cinesi sono particolari, noi ad esempio non siamo abituati a correre su percorsi che sono transennati praticamente per tutto il loro sviluppo – racconta Quaranta – Il livello qualitativo non è neanche male, come ci si può aspettare da una trasferta asiatica. Si va forte, anche molto forte, abbiamo toccato anche i 50 di media. Si è rivelata una bella esperienza».

Tu eri partito con l’obiettivo di vincere una tappa?

Sì, assolutamente. Ero venuto con un cerchio sull’agenda per la seconda tappa perché era l’unica per velocisti, anche se nell’ultima ero arrivato vicino a potermi giocare una seconda chance, ma mi sono staccato dal gruppo di 20 sull’ultima salita vicino al GPM, dopo c’era discesa e arrivo. Se avessi tenuto, con Bracalente e Chesini vicino a me potevamo provare a imbastire un’altra volata vincente.

Un lunghissimo rettilineo verso l'arrivo, con il bergamasco uscito fuori presto risalendo dalla quarta piazza (foto UCI)
Un lunghissimo rettilineo verso l’arrivo, con il bergamasco uscito fuori presto risalendo dalla quarta piazza (foto UCI)
Un lunghissimo rettilineo verso l'arrivo, con il bergamasco uscito fuori presto risalendo dalla quarta piazza (foto UCI)
Un lunghissimo rettilineo verso l’arrivo, con il bergamasco uscito fuori presto risalendo dalla quarta piazza (foto UCI)
Che tappa era quella che hai vinto?

Da quando abbiamo saputo che venivamo qua e che mi hanno portato apposta per quella giornata, non mi sono fatto trovare impreparato. Era un circuito cittadino vicino Pechino, molto largo, con strade quasi a tre corsie, curve a 90° molto larghe. Praticamente si faceva a tanta velocità, non si frenava mai. Una frazione corta, 115 chilometri, meno di tre ore di corsa. I miei compagni hanno tirato quasi tutto il giorno perché è andata via una fuga di 14 abbastanza pericolosa su un circuito così, perché si fa tanta velocità e diventa difficile ricucire. Gli ultimi chilometri han tirato Bagatin e Bracalente, li abbiamo ripresi ai -5. Chesini mi ha dato una mano per la volata, mi ha tenuto davanti nelle prime posizioni, poi nell’ultimo chilometro ho badato a non perdere posizioni, era un vialone dritto, partendo dalla quinta posizione son riuscito a vincere.

Questa vittoria tu la inseguivi da tanto tempo, che cosa rappresenta per te?

Ho avuto dei momenti un po’ difficili quest’anno a livello mentale, perché non arrivava. Avevo difficoltà anche nel fare le volate. Devo dire grazie al mio team, la MBH Bank per essermi stato vicino. Poi negli ultimi due mesi mi sono un po’ sbloccato mentalmente, ho deciso di vivere il finale di stagione un po’ più serenamente e a quanto pare ha funzionato perché comunque anche il mese scorso in Romania sono andato abbastanza bene e infine sono riuscito a sbloccarmi. Chiudere l’anno senza neanche una vittoria mi sarebbe pesato molto.

25 giorni di gara per Quaranta, con forma in crescendo e 2 Top 10 oltre al successo cinese
25 giorni di gara per Quaranta, con forma in crescendo e 2 Top 10 oltre al successo cinese
25 giorni di gara per Quaranta, con forma in crescendo e 2 Top 10 oltre al successo cinese
25 giorni di gara per Quaranta, con forma in crescendo e 2 Top 10 oltre al successo cinese
Che prospettive hai per il prossimo anno?

Anche per questo era importante, non ho ancora davvero un’idea precisa su cosa farò l’anno prossimo, ci stiamo un po’ muovendo coi procuratori e vedremo. Questa vittoria serviva come il pane in questo momento, proprio perché dà qualcosa in mano al procuratore per trattare, per dimostrare che c’ero anch’io quest’anno in gruppo. Non ho fatto un anno proprio in sordina totale, ma una vittoria nel finale di stagione ha un peso diverso. Dicono tutti che la gente si ricorda l’inizio e il finale di stagione, quindi va bene così.

E’ difficile affrontare il ciclismo che stai affrontando tu, soprattutto col cognome che hai addosso e avendo le stesse caratteristiche di tuo padre?

Sì, anche perché i paragoni sono improponibili. Oggi il velocista è molto diverso perché si va molto forte in salita. Io tengo molto bene su molte ascese, ma il livello si sta alzando sempre di più, quindi per un velocista diventerà sempre più difficile. Io come tutti gli altri velocisti dobbiamo cercare di non di non farci scappare le occasioni, quelle poche che abbiamo e per farlo dobbiamo prima di tutto tenere in salita.

Samuel con il padre, lontano per i suoi impegni federali, ma subito informato del suo successo
Samuel con il padre, lontano per i suoi impegni federali, ma subito informato del suo successo
Samuel con il padre, lontano per i suoi impegni federali, ma subito informato del suo successo
Samuel con il padre, lontano per i suoi impegni federali, ma subito informato del suo successo
Un problema che ai tempi di tuo padre non c’era…

Sì, ne parliamo spesso. E’ cambiato completamente il modo di affrontare non solo le volate, ma proprio il ciclismo in se stesso. Penso che velocisti come era mio papà, veramente fortissimi sulla volata ma con poca tenuta in salita, non esistano più. Ora c’è gente che va forte in salita rispetto alla media. Quindi quando c’è quella corsa piatta bisogna cercare di non farsela scappare. Ma non è solo questione di percorsi perché comunque anche i metodi di allenamento stanno cambiando, devi migliorare per forza in salita, anche a costo di perdere qualcosina nelle volate.

Lorenzo Milesi, Movistar, 2025

Milesi sorride a metà: tra strada e crono la crescita continua

21.10.2025
5 min
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Un finale di stagione corso sempre all’attacco, con la voglia di trovare la prima vittoria tra i professionisti. Lorenzo Milesi ha cambiato marcia ed è consapevole di essere arrivato a un punto della sua carriera dove è importante anche dimostrare con i risultati. Il successo è sfumato per poco. Dalla seconda metà di stagione, iniziata con il Tour de Wallonie, sono arrivate sette top 10, di cui una è il secondo posto nel Mixed Team Relay agli europei. 

Ora che le vacanze sono iniziate, il corridore del Movistar Team si è concesso qualche giorno di svago insieme agli amici Nicolas Milesi e Alessandro Romele

«Siamo stati tre giorni in Svezia – ci racconta da casa Lorenzo Milesi – per staccare, siamo stati a Malmoe e poi siamo saliti verso nord. Il tempo è ancora bello lì e ce lo siamo goduto. Nicolas (Milesi, ndr) e Alessandro (Romele, ndr) avevano deciso di andare già da tempo, io ero in dubbio perché forse sarei andato a correre alla Crono delle Nazioni. Alla fine la squadra ha rinunciato e ho terminato la stagione al Lombardia, e direi che va bene così visto che ho fatto ottantuno giorni di corsa».

Da destra: Lorenzo Milesi, Alessandro Romele, Nicolas Milesi, durante una breve vacanza in Svezia
Da destra: Lorenzo Milesi, Alessandro Romele, Nicolas Milesi, durante la breve vacanza in Svezia
Da destra: Lorenzo Milesi, Alessandro Romele, Nicolas Milesi, durante una breve vacanza in Svezia
Da destra: Lorenzo Milesi, Alessandro Romele, Nicolas Milesi, durante la breve vacanza in Svezia

Mira aggiustata

Lorenzo Milesi, al suo terzo anno nel WorldTour di cui corsi con la Movistar, ha trovato continuità nella seconda parte di stagione. 

«Fino al campionato italiano – spiega Milesi – la stagione era rivedibile. Il problema principale è stata la troppa palestra fatta lo scorso inverno, ho preso troppo peso a livello muscolare e ho iniziato la stagione con qualche chilo di troppo. Erano tutti muscoli, ma il rapporto peso/potenza non mi permetteva di essere efficace. Così ho accantonato i pesi e mi sono concentrato sulla bicicletta, soltanto che correndo spesso era difficile concentrarsi sul fare un allenamento che mi permettesse di perdere peso. Il cambio di passo si è visto a luglio, quando ho avuto modo di fermarmi e andare in altura ad allenarmi».

Lorenzo Milesi, Movistar, 2025
Nella seconda metà di stagione Lorenzo Milesi ha corso spesso all’attacco mettendo insieme quasi 500 chilometri di fuga
Lorenzo Milesi, Movistar, 2025
Nella seconda metà di stagione Lorenzo Milesi ha corso spesso all’attacco mettendo insieme quasi 500 chilometri di fuga
Hai tracciato una riga e sei ripartito?

Esattamente, mi sono allenato per tre settimane a Livigno. In quei giorni ho spinto molto, infatti quando sono ritornato in corsa al Tour de Wallonie stavo molto bene. 

Come ti sei allenato?

Di solito in altura si fanno tante ore e pochi lavori intensi. Io invece mi sono concentrati su sforzi brevi e intensi mettendo da parte il discorso dei chilometri. Ho curato tanto la parte di imbocco delle salite, arrivavo spingendo wattaggi alti per abituarmi allo sforzo in gara e poi iniziavo i lavori. A livello del mare sono faticosi ma gestibili, fatti a 1.500 o 2.000 metri d’altitudine è un’altra cosa. 

Tour de Wallonie 2025, seconda tappa, Oliver Knight, Lorenzo Milesi
Alla seconda tappa del Tour de Wallonie Lorenzo Milesi viene battuto allo sprint da Oliver Knight
Tour de Wallonie 2025, seconda tappa, Oliver Knight, Lorenzo Milesi
Alla seconda tappa del Tour de Wallonie Lorenzo Milesi viene battuto allo sprint da Oliver Knight
Fatto sta che hai trovato il modo di tornare in gara al tuo meglio…

Sì e anche la squadra era soddisfatta. L’obiettivo a inizio stagione era di arrivare nella seconda parte e provare a raccogliere dei risultati. Essere partito bene con il Wallonie mi ha permesso di trovare fiducia, sia a me che alla squadra. Quest’anno ho anche cambiato preparatore, ora lavoro con Leonardo Piepoli. Mi trovo bene con lui e sono sicuro di poter migliorare ancora. 

A livello personale che consapevolezze hai trovato?

Ho capito che fare risultato è dura, ma sono convinto che nel 2026 riuscirò a fare un passo ulteriore, iniziare a lavorare bene dall’inverno mi darà una mano.

Lorenzo Milesi, Movistar, cronometro Tour de Pologne 2025, Abus TimeShifter
Lorenzo Milesi ha detto di aver fatto dei passi in avanti a cronometro grazie anche al nuovo casco di Abus: il TimeShifter
Lorenzo Milesi, Movistar, cronometro Tour de Pologne 2025, Abus TimeShifter
Lorenzo Milesi ha detto di aver fatto dei passi in avanti a cronometro grazie anche al nuovo casco di Abus: il TimeShifter
Sei andato forte al Nord, hai ancora in testa le Classiche?

E’ un argomento di cui dovrò parlare con la squadra. Siamo convinti che il mio profilo sia adatto a questo genere di corse. Solo che faccio fatica mentalmente perché prendo i muri che sono a centro gruppo. E se lo fai una volta rientri e stai in corsa, ma alla terza volta paghi lo sforzo e ti stacchi. Devo capire se insistere ancora un anno o cambiare obiettivi. Mercoledì ho il volo per Pamplona per un primo ritiro con il team per parlare di obiettivi e calendari, ne parleremo. 

Tu su due piedi cosa diresti?

Che sarei felice anche di mettermi alla prova in gare come la Liegi o l’Amstel, magari sono gare che si addicono di più al mio modo di correre. E’ anche vero che quest’anno ho attaccato il numero sulla schiena il 25 gennaio in Spagna e sono arrivato alle classiche di primavera con più di venti giorni di gara. Il problema è che se corri troppo, soprattutto nelle gare di un giorno, poi fai fatica ad allenarti. Per arrivare più competitivo alle corse del Nord dovrei fare un calendario diverso. 

Filippo Ganna, Lorenzo Milesi, Marco Frigo, europei cronometro 2025, Mixed Team Relay
Milesi, qui a destra in azione durante il Mixed Team Relay, è tornato a vestire la maglia della nazionale a cronometro dopo due anni
Filippo Ganna, Lorenzo Milesi, Marco Frigo, europei cronometro 2025, Mixed Team Relay
Milesi, qui a destra in azione durante il Mixed Team Relay, è tornato a vestire la maglia della nazionale a cronometro dopo due anni
Per quanto riguarda la cronometro?

E’ sempre un punto fondamentale per me, sul quale mi concentro. Faccio fatica a fare il doppio allenamento, quindi uscire con la bici da strada e poi prendere quella da cronometro, o viceversa. Preferisco allenarmi con una sola bici per tutta la giornata. Comunque la sto curando, anche perché se voglio essere competitivo nelle corse a tappe di una settimana è un aspetto sul quale lavorare. Quest’anno Abus ci ha dato un nuovo casco da cronometro e devo dire che i miglioramenti sono evidenti. 

Anche per tornare a vestire la maglia azzurra come fatto quest’anno agli europei?

Sì, ma in questi casi il merito di partecipare a certi eventi passa dall’ottenere dei risultati durante la stagione. Per ambire alla maglia della nazionale devi dimostrare di andare forte durante tutto l’anno e puntare a rimanere sempre tra i primi cinque in tutte le prove contro il tempo.

Tour of Guangxi, Paul Double, Jasha Sutterlin

Copeland a piene mani nella rifondazione della Jayco-AlUla

21.10.2025
6 min
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Guai ad accontentarsi nel ciclismo moderno. Lo sa bene Brent Copeland, che gira nell’ambiente oramai da più di 26 anni dopo essere sceso di sella nel 1999. Gli sponsor vogliono risultati. Le squadre si fondono e non sempre gli investimenti fatti a tavolino portano agli obiettivi sperati una volta che si è su strada.  Il general manager della Jayco-AlUla non si nasconde dietro a un dito. Nei giorni scorsi ha applaudito il successo nella classifica generale al Tour of Guangxi di Paul Double (in apertura), ma rimane coi piedi per terra.

«E’ stata una stagione decente – ammette Copeland, prima di riavvolgere il nastro – ma potevamo fare meglio. Abbiamo vinto la tappa regina del Giro d’Italia con Chris Harper e poi fatto altrettanto con Ben (O’Connor, ndr) al Tour de France. A fine stagione però, ti viene sempre da pensare che forse avresti potuto fare qualcosa in più. Anche perché le aspettative all’inizio dell’anno sono sempre molto più alte di quello che si riesce a ottenere. Forse, gli unici casi che rappresentano l’eccezione dell’equazione sono la UAE di quest’anno (96 sigilli, ndr) o la Visma del 2023 che ha vinto quasi 70 corse (69 le affermazioni dei calabroni due anni fa, ndr) più tutti e tre i Grandi Giri».

Al timone del team australiano dall’estate 2020, Copeland si aspettava qualche fiammata in più dai suoi ragazzi e lo dice senza remore. «Vedendo la squadra di quest’anno con O’Connor, Matthews, Dunbar, Zana, Schmid – aggiunge Copeland – avevamo almeno 7-8 corridori capaci di vincere, ma non tutti loro hanno lasciato il segno. Guardando la classifica a squadre, siamo al 18° posto: non è la posizione che ci compete. Dovremmo essere quantomeno in top 10 per quello che abbiamo investito e per le energie che ci abbiamo messo». 

Brent Copeland, visite mediche Jayco-AlUla, Torino 2025
Brent Copeland ha preso il comando del Team Jayco-AlUla nell’estate del 2020, in pieno Covid
Brent Copeland, visite mediche Jayco-AlUla, Torino 2025
Brent Copeland ha preso il comando del Team Jayco-AlUla nell’estate del 2020, in pieno Covid

Un tetto per i budget

La filosofia per il 2026 cambia. L’obiettivo è che qualche promessa diventi realtà con la speranza più allargata che si trovi un equilibrio. Il 2025 è stato dominato dal UAE Team Emirates-XRG, forte del budget e un vero e proprio Dream Team attorno al fenomeno Tadej Pogacar. Da presidente dell’AIGCP (Associazione Internazionale Gruppo Ciclisti Professionisti), Copeland rincara la dose. «Bisognerebbe parlarne di più di questa tendenza. Potrebbe portare all’esplosione della bolla se non si istituisce, ad esempio, per un tetto per il budget di ciascuna squadra. Se non si interviene, il gap crescerà ancora, ci sarà meno incertezza e il rischio è che ne vada della spettacolarità del nostro sport». 

Copeland se ne intende . Oltre a gestire anche il team femminile della Liv AlUla-Jayco, in passato ha seguito il centauro Ben Spies in MotoGp. «In questo momento, i migliori team hanno un budget del 100 o del 200 per cento superiore rispetto alle squadre intermedie. E queste a loro volta hanno molta più disponibilità di quelle più piccole. Questo sistema non funziona e andrà sempre peggio se non lo regoliamo in qualche modo. Tetti salariali, limiti al budget complessivo delle squadre, altri interventi: qualcosa dev’essere fatto. Se il nostro sport diventa meno combattuto, perderemo tv, sponsor e pubblico. Formula 1 e MotoGp hanno cambiato moltissimo negli ultimi dieci anni per restare al passo. Noi dobbiamo evitare di restare indietro, sia nel ciclismo maschile sia in quello femminile. In quest’ultimo, ad esempio, si è fatta la scelta saggia di evitare sovrapposizioni in calendario tra le grandi corse. Una cosa che, invece, avviene in campo maschile con contemporaneità come quelle tra Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico». 

Il Lombardia 2025, Tadej Pogacar incorona Rafal Majka alla sua ultima corsa da pro', UAE Team Emirates-XRG
Lo strapotere della UAE Emirates è innegabile, ma può trasformarsi in un boomerang per il ciclismo mondiale
Il Lombardia 2025, Tadej Pogacar incorona Rafal Majka alla sua ultima corsa da pro', UAE Team Emirates-XRG
Lo strapotere della UAE Emirates è innegabile, ma può trasformarsi in un boomerang per il ciclismo mondiale

Il ruolo di O’Connor

Poi torna sulla Jayco-AlUla per il 2026. «Per quanto ci riguarda – dice Copeland – abbiamo ridotto gli investimenti per comporre il nuovo roster, anche se è sempre più difficile trovare un equilibrio tra il budget ed essere competitivi ad alto livello. Noi vogliamo puntare sui giovani, ma senza abbassare il livello della squadra. Abbiamo fatto una scelta coraggiosa, ma sono sicuro che, se la gestiamo bene con i direttori sportivi e col nostro performance group, possa essere sostenibile e funzionale».

Sicuramente, gran parte delle aspettative pesa sulle spalle di Ben O’Connor. I pugni sferrati al cielo per celebrare il trionfo sul Col de la Loze sono l’istantanea di quest’annata per il team australiano. Eppure per quanto mostrato nel 2024, Copeland chiede di più alla sua stella.

«Il nostro sogno, così come quello di qualunque squadra – dice – è di salire sul podio al Tour de France. Per farlo, ci vogliono tanti investimenti e non è detto che bastino perché, davanti al tuo cammino, ti trovi ad affrontare tanti ostacoli. Se tutto fila liscio e i pianeti si allineano, diventa possibile. Noi abbiamo questa possibilità con Ben e, al giorno d’oggi, è ancora meglio un podio in un Grande Giro rispetto a vincere una Monumento. Certo, sappiamo di non avere un organico ai livelli delle supersquadre di Pogacar e Vingegaard, ma se il percorso che sveleranno in questi giorni sarà adatto alle sue caratteristiche, ci proveremo».

La vittoria al Col de la Loze è stata l’emblema del 2025 di Ben O’Connor, ma Copeland si aspetta di più
La vittoria al Col de la Loze è stata l’emblema del 2025 di Ben O’Connor, ma Copeland si aspetta di più

Il percorso del Tour

La presentazione della Grande Boucle si svolgerà il 23 ottobre e quello sarà un crocevia per i piani in casa Jayco-AlUla e per la stagione di O’Connor. D’altronde, il ventinovenne di Subiaco ha già dimostrato ai mondiali di Zurigo 2024 di poter dire la sua anche nelle corse di un giorno, terminando secondo nella corsa iridata alle spalle soltanto dell’imprendibile Pogacar.

«Una volta delineato il profilo del Tour– spiega ancora Copeland – decideremo se puntare a un possibile podio o comunque a una top 5, oppure se concentrarci sulle classiche. Non dimentichiamoci che è arrivato nella nostra squadra dopo aver terminato al 4° posto il WorldTour 2024. Quest’anno è fisiologico che abbia dovuto prendere le misure con il nuovo ambiente, i nuovi compagni. È giusto dargli tempo perché sono sicuro che nel 2026 ci farà divertire. 

Giro di Lombardia 2025, Michale Matthews nella stessa fuga di Filippo Ganna
Michael Matthews è il corridore più rappresentativo della squadra: i suoi risultati hanno tenuto in alto i destini del team
Giro di Lombardia 2025, Michale Matthews nella stessa fuga di Filippo Ganna
Michael Matthews è il corridore più rappresentativo della squadra: i suoi risultati hanno tenuto in alto i destini del team

La centralità di Matthews

E per le gare di un giorno, torna a splendere la stella di Bling. Il sorriso di Copeland si illumina: «Matthews è il più grande “asset” della squadra. Forse non vince molto quanto meriterebbe, ma soltanto perché ci sono corridori con le sue caratteristiche che sono leggermente più forti, un po’ come accade a Remco quando si scontra con Pogacar. Michael, infatti, oggi affronta titani del calibro di Van der Poel o Van Aert». 

Visto quanto mostrato al Lombardia, chissà che non possa proprio essere il veterano della squadra, il grande acquisto per il 2026. «Quando i dottori ci hanno detto che lui era guarito – replica Brent, che poi ricorda – non avevo dubbi che sarebbe tornato ancora più forte, vista la sua convinzione. Nel 2022, eravamo in piena lotta per non retrocedere. Invece Matthews fece terzo ai mondiali e salvò la nostra licenza per altri 3 anni. Ha fatto qualcosa di speciale, così come anche lo scorso anno, quando ha vinto in Canada il Grand Prix de Québec. Michael può dire la sua nella Milano-Sanremo o all’Amstel Gold Race. Per supportarlo, abbiamo scelto corridori come Capiot, De Bondt, Vendrame e Covi: lavorando insieme, sono certo che si creerà un gruppo affiatato».

E nei prossimi giorni, per provare a portare punti importanti, verrà annunciato anche Pascal Ackermann. In uscita dalla Israel, lo sprinter tedesco che vinse la maglia ciclamino al Giro d’Italia 2019 ha già svolto le visite mediche torinesi col resto dei compagni all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino due domeniche fa.

Matej Mohoric, gravel mondiale Maastricht

Un pro’ si diverte quando corre? Lo chiediamo a Mohoric

20.10.2025
6 min
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Un pro’ corre sempre per il risultato. E’ vero, è ovvio, è pagato per questo. Ma è anche vero che può correre per divertirsi e quando ci riesce tutto assume un altro aspetto. E’ quel che ci ha raccontato, e che abbiamo visto dal vivo con Matej Mohoric reduce dal campionato del mondo gravel UCI.

Lo sloveno ama il suo mestiere ed ama anche il gravel. E’ la bici che più lo riporta a quando era bambino, ci racconta. E’ la bici con cui spingere, ma avere quelle sensazioni che vanno oltre. Quando ti senti tutt’uno con la bici. Mohoric ci racconta così com’è andato il suo mondiale, che lo ha visto salire sul terzo gradino del podio. Ma anche quel che significa, specie dopo tanti anni, riuscire ancora a divertirsi in bici. Ricorderete la sua discesa del Ventoux filmata da noi questa estate al Tour. Ma anche lo show di Maastricht.

Curve in appoggio, derapate, entrare killer in curva: Mohoric a Maastricht ha dato spettacolo (foto Instagram – Tornanti)
Curve in appoggio, derapate, entrare killer in curva: Mohoric a Maastricht ha dato spettacolo (foto Instagram – Tornanti)
Matej, come giudichi questo tuo bronzo? Sei soddisfatto?

Diciamo che se uno me lo chiedeva prima di partire avrei messo la firma. Perché il percorso quest’anno era ancora più facile rispetto all’anno scorso. C’erano meno tratti dove con le gambe potevi fare la differenza. Meno tratti tecnici, dove il gruppo si allunga. Quindi c’era più strategia, più tattica, dal punto di vista delle squadre.

Come è andata?

Dopo un’ora è andata via una fuga abbastanza pericolosa, con 6-7 corridori, dove c’erano anche tanti belgi e tanti compagni di squadra. In realtà sono andato a chiudere io, e poi sono partiti al contropiede quei quattro che hanno poi determinato la corsa, tra cui Florian Vermeersch. Lì ho capito che era il momento chiave. Ma, come ho detto, il percorso non era facile da gestire da quel punto di vista.

E dopo?

E’ successo come quando sono andato via con Tom Pidcock. Lui ha fatto il ritmo e io sono partito in contropiede: è difficile andare a chiudere su tutti. Alla fine, quando ero davanti, ho trovato il mio ritmo e le gambe, che comunque erano buone. Anche se ero tanto stanco dopo la stagione, dopo le ultime settimane davvero impegnative.

Nessun rammarico insomma…

Mi è dispiaciuto un po’ che il mio compagno di fuga, lo svizzero Stelhi, non ne avesse molta. Ma so che ha dato il suo massimo: quando tirava lui si vedeva che era stanco. Poteva anche stare a ruota e non dare i cambi, invece ha contribuito. Magari se al suo posto ci fosse stato Pidcock potevamo anche rientrare, anche se non era per niente facile. Florian è stato fortissimo e secondo me era il favorito numero uno. Se la merita tutta questa maglia. In questa disciplina è veramente forte. Già in Rwanda, ai mondiali, non potete capire che lavoro ha fatto per Remco Evenepoel. Si vedeva che stava davvero bene.

Matej Mohoric ha lottato come un leone. Alla sua ruota lo svizzero Stelhi
Matej Mohoric ha lottato come un leone
Matej, voi pro’ ormai siete quasi dei robot. I carboidrati all’ora, il casco aerodinamico, il guantino… Però grazie a te abbiamo visto che il professionista sa anche divertirsi. La discesa dal Ventoux questa estate, la guida show al mondiale gravel… Ti diverti?

Guardate, io ho iniziato ad andare in bici per questo. Perché è bello, perché ti diverti, perché mi piace guidare così. Quando uno ha la possibilità di farne il suo lavoro, e di conseguenza ha anche tanto tempo per fare pratica, diventa sempre più bravo. Magari non più veloce, ma più sicuro in quello che fa. In queste corse su gravel è anche più facile sfruttare, far emergere queste doti. Anche su strada è sempre importante sapere guidare la bici, ma nel gravel c’è ancora più differenza.

Quante volte hai usato la bici da gravel durante l’anno o prima del Mondiale?

Purtroppo noi professionisti non abbiamo tantissimo tempo: è uno dei problemi del nostro lavoro, che comincia a essere pesante dopo un po’ di anni. Siamo sempre di fretta. Tra allenamenti, gare e routine da pro’ non è facile trovare il tempo per le uscite con la bici gravel. Uno pensa che ci si potrebbe allenare ogni tanto…

Invece?

C’è sempre la tabella da rispettare ed è più comodo andare su strada: hai i tuoi parametri, i tuoi valori, puoi gestire lo sforzo. L’ho usata qualche volta per fare distanza, perché è un’uscita più semplice, senza lavori specifici. Quindi tornando alla domanda: credo di aver usato la bici gravel una decina di volte quest’anno.

In bici, anzi in gara, col sorriso… in pochi ci riescono (foto Instagram – Tornanti)
In bici, anzi in gara, col sorriso… in pochi ci riescono (foto Instagram – Tornanti)
Come concepisce Matej Mohoric la bici gravel?

Mi piace proprio perché non la considero come il mezzo di lavoro, come invece è la bici di allenamento su strada. E’ la bici del divertimento. Mi dà un senso di libertà. Mi fa sentire più connesso con la natura. Magari ci esco e faccio un giro non abituale, qualcosa di diverso per cambiare un po’. E anche per ricordarmi perché ho iniziato ad andare in bici, come quando ero piccolo. In generale vedi posti più belli, più selvaggi.

Con che gomme hai gareggiato al mondiale in Olanda?

Con un prototipo di Continental. Quest’anno devo dire che siamo migliorati tantissimo sotto questo aspetto. Negli scorsi anni devo dire di aver avuto fortuna, specie quando vinsi il mondiale in Italia: andò tutto bene e non eravamo così preparati tecnicamente. Nel gravel gli pneumatici e le ruote sono forse la cosa più importante della bici. Abbiamo studiato tanto e migliorato tanto. Oggi c’è tanta tecnologia e le gomme, anche se sembra assurdo, fanno davvero la differenza.

Beh, vediamo quanto ci investono i marchi…

Chiaro, soprattutto nel gravel devi trovare il giusto equilibrio tra velocità, grip e protezione. Se ti devi fermare per una foratura o perché usavi una pressione troppo bassa e rompi un cerchio su una pietra, è un problema. Ora esistono anche vari tipi di inserti da mettere all’interno del cerchio.

Tu l’avevi l’inserto?

Sì, e l’avevo montato su un cerchio particolare di Vision. La misura era 40, ma alla fine su quel cerchio era come fosse un 43 millimetri. A me piace andare forte nei tratti tecnici, sentire la velocità, controllare la bici che scappa…

Quest’anno la stagione su strada di Matej è stata a dir poco tormentata
Quest’anno la stagione su strada di Matej è stata a dir poco tormentata
Usciamo dal discorso gravel, Matej. La tua non è stata una stagione brillante come al solito. Come mai?

Nelle primissime gare stavo molto bene, quasi troppo. Avevo iniziato la preparazione presto e credo di essere andato oltre il limite del mio corpo. Dopo la prima corsa mi sono ammalato una prima volta, prendendo un’infezione batterica. Poi una seconda, una forte otite che mi ha costretto a prendere antibiotici. Subito dopo, il giorno prima della Strade Bianche, ho preso un’altra infezione, stavolta gastrointestinale, che mi ha distrutto. Da lì in poi non mi sono più ripreso.

E sappiamo che non è facile riprendersi in questo ciclismo…

Non andavo più avanti. Ho tenuto duro pensando di riprendermi nel periodo delle classiche, ma col senno di poi mi sarei dovuto fermare subito. Correndo da malato ho compromesso anche la seconda parte di stagione. Ho sbagliato anch’io a non fare uno stop totale e cercare di resettare tutto. Ho chiuso un po’ gli occhi e ho detto: sì dai, ce la faremo, e invece…

L’ultima domanda, Matej: Pidcock ti ha detto qualcosa sul fatto che guidi meglio di lui sul gravel?

Non penso che guidi meglio di lui – ride Matej – credo solo che quel giorno a Maastricht Tom fosse molto stanco dopo il Lombardia del giorno prima. Di certo in MTB non posso andare con lui… nel gravel, magari, me la gioco un po’ meglio.

Sullo Zoncolan emerge Fontana, l’uomo dei 28 giorni

20.10.2025
5 min
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C’era molta attesa per la penultima prova del Giro delle Regioni di ciclocross, che lo staff di Fausto Scotti ha portato per la prima volta sulla cima dello Zoncolan con la collaborazione di Carnia Bike. Una tappa per alcuni versi temuta, considerando anche che si pedalava a 1.300 metri di quota con una temperatura già frizzante. Per l’occasione tutti i big si sono presentati al via, a cominciare dagli ex iridati junior Agostinacchio e Viezzi, ma alla fine è emersa la classe di Filippo Fontana, l’ex campione italiano che ha messo la sua firma alla sua prima uscita sui prati.

Prima gara e prima vittoria per Fontana, con 16" su Agostinacchio e 24" su Viezzi
Prima gara e prima vittoria per Fontana, con 16″ su Agostinacchio e 24″ su Viezzi
Prima gara e prima vittoria per Fontana, con 16" su Agostinacchio e 24" su Viezzi
Prima gara e prima vittoria per Fontana, con 16″ su Agostinacchio e 24″ su Viezzi

Un percorso decisamente per bikers

La sua voce dopo la gara è brillante, esattamente come la sua prestazione andata forse anche oltre le sue aspettative: «Sono partito con una gara abbastanza dura, percorso bellissimo con delle belle salite e non troppo tecnico, quindi neanche troppo veloce. Per noi che arrivavamo della mountain bike si adattava bene, un percorso troppo veloce sarebbe stato più impattante. Mi sono accorto dal primo giro che i due ragazzi erano partiti un po’ dietro di me, quindi ho approfittato per andarmene via subito e poi ho gestito il vantaggio. Ma loro sono andati molto forte considerando la loro età».

Quanto ha influito l’altitudine e il fatto che il percorso era più adatto ai biker? Ormai Agostinacchio e Viezzi li possiamo considerare stradisti a tutti gli effetti…: «Sicuramente avvantaggiava un biker perché c’è più salita rispetto a una gara normale, che poi in realtà non è neanche vero perché in Belgio e Olanda probabilmente di gare così se ne trovano più di quanto pensiamo. Probabilmente avrebbero preferito un percorso un po’ più veloce. Per quanto riguarda l’altezza, secondo me fino ai 1.500-1.600 metri non si sente tanto, ha più influito il fatto che era abbastanza freddo e siamo ancora abituati a un clima abbastanza caldo».

Fianco a fianco Agostinacchio e Viezzi, i due ragazzi italiani inseriti nei devo team del WorldTour
Fianco a fianco Agostinacchio e Viezzi, i due ragazzi italiani inseriti nei devo team del WorldTour
Fianco a fianco Agostinacchio e Viezzi, i due ragazzi italiani inseriti nei devo team del WorldTour
Fianco a fianco Agostinacchio e Viezzi, i due ragazzi italiani inseriti nei devo team del WorldTour

Il miracolo della ripresa dalla doppia frattura

Questa era la prima uscita di Fontana dopo un’estate sulle montagne russe, contraddistinta da un bruttissimo incidente in Coppa del mondo mtb con rottura di tibia e perone e da soli 28 giorni per la ripresa prima di tornare in sella. Un autentico miracolo: «Sin dal giorno dopo che sono tornato a casa ho pensato subito a quella che poteva essere la riabilitazione, a quello che potevo fare, senza in realtà avere mai idea di quando tornare alle competizioni. Mi interessava guarire bene. Sono stato fortunato ad aver avuto una un’ottima operazione, ma ancora più fortunato ad avere uno staff dietro che mi ha seguito in maniera eccellente, a partire dal mio fisioterapista e dal mio mental coach. Poi sicuramente ci ho messo del mio, è stato un periodo molto impegnativo, ma ne è valsa la pena».

Come hai fatto a trovare in così breve tempo una forma tale da portarti nella Top 10 dei mondiali di mountain bike? «Non lo so neanche io – ammette Fontana – per me già andare ai Mondiali era un obiettivo incredibile, un raggiungimento spettacolare, considerato appunto l’infortunio che era successo. E’ stato il risultato di tante cose, di una giornata, una giornata in stato di grazia, dell’averci creduto tanto ed essere stato ripagato di tante cose».

Per il corridore dei Carabinieri quella sullo Zoncolan era la prima uscita stagionale nel ciclocross
Per il corridore dei Carabinieri-Olympia quella sullo Zoncolan era la prima uscita stagionale nel ciclocross
Per il corridore dei Carabinieri quella sullo Zoncolan era la prima uscita stagionale nel ciclocross
Per il corridore dei Carabinieri quella sullo Zoncolan era la prima uscita stagionale nel ciclocross

Il mondiale delle rivincite

Tante volte avevi detto che cercavi un risultato importante per certificare il fatto che sei un biker prima di tutto…: «Sì, sicuramente è stato il risultato più appagante, nonostante in realtà non sia stato l’unico, considerando che avevo fatto già un paio di Top 10 in Coppa. Ho chiuso la stagione di mountain bike felice di quello che è stato fatto. Io ci ho sempre creduto, volevo questa risposta e finalmente è arrivata, convincendo anche chi la pensava in maniera diversa».

Ora punterai agli europei? «Sì, adesso sfrutto questo periodo per fare altre gare in Italia e poi correre l’europeo il 9 novembre, poi mi prenderò un po’ di riposo, ma neanche troppo, perché alla fine correrò anche in Belgio quest’inverno e sotto Natale, poi fine stagione di cross e si riparte con la mountain bike».

Per la tricolore Borello la conquista del Giro delle Regioni è pressoché assicurata
Per la tricolore Borello la conquista del Giro delle Regioni è pressoché assicurata
Per la tricolore Borello la conquista del Giro delle Regioni è pressoché assicurata
Per la tricolore Borello la conquista del Giro delle Regioni è pressoché assicurata

Scappini e Borello verso la vittoria finale

Il Giro ora si prende una pausa in vista della tappa finale del 22 novembre a Cantoira. In campo Open maschile appare difficile che la maglia rosa sfugga a Samuele Scappini, sesto sullo Zoncolan ma forte delle vittorie di Corridonia e Osoppo mentre fra le ragazze il successo ottenuto da Carlotta Borello la mette praticamente al sicuro, solo la matematica non le permette di festeggiare anzitempo. Ma forse è meglio così, visto che potrà festeggiare in casa… Fra gli juniores nuovo centro per Filippo Grigolini, forse la migliore carta azzurra per gli europei di Middelkerke e prima vittoria al suo esordio per Elisa Bianchi, che ha regalato anche la prima gioia al neonato team Alé Colnago.

Trofeo Piva 2025, Under 23, gruppo, devo team (photors.it)

EDITORIALE / Gli under 23 che nessuno vuole più

20.10.2025
5 min
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Il divieto di partecipazione per i corridori professional under 23 alle gare internazionali della loro categoria, di cui ci ha parlato ieri Roberto Reverberi, è stato salutato con enfasi da un paio di gruppi sportivi di casa nostra che ravvedono in questo più spazio e maggiori possibilità di prendere corridori. Il punto è capire quale sarà il destino di questi ragazzi… finalmente liberi sul mercato e quali margini di carriera sarà possibile offrirgli. Se l’obiettivo è quello a medio termine per cui la piccola squadra possa fare una bella stagione nel calendario nazionale, allora ne comprendiamo la soddisfazione. Se l’obiettivo è quello a lungo termine di creare potenziali professionisti, allora l’ottimismo viene meno, dato che le squadre italiane in grado di fare formazione per i giovani atleti (per adeguatezza dei loro tecnici e mezzi a disposizione) sono sempre meno. Non si può chiedere alle professional di avere anche il devo team, si potrebbe convincerle dell’utilità di avviare collaborazioni con squadre U23 già esistenti. Il fatto di farle correre nelle internazionali era un compromesso probabilmente accettabile.

Filippo Turconi ha conquistato il Trofeo Piva under 23: dal prossimo anno non potrà parteciparvi (foto Alessio Pederiva)
Filippo Turconi ha conquistato il Trofeo Piva under 23: dal prossimo anno non potrà parteciparvi (foto Alessio Pederiva)

Cercasi squadre under 23

La situazione attuale del mercato giovanile vede i procuratori armati di setaccio, che opzionano corridori anche fra gli allievi e poi li propongono ai devo team e ai team di sviluppo U19, il più delle volte non italiani. Si parla certamente di atleti dotati di cuore, muscoli e polmoni, dato che la selezione avviene sulla base dei test. Poco si riesce a valutare, in questa fase, della maturità, dell’intelligenza tattica, della scaltrezza. I numeri comunque sono bassi: togliamo dal mazzo i grandi motori, che cosa accade a tutti gli altri?

Una delle migliori continental di casa nostra ha ricevuto 40 richieste da parte di juniores in cerca di squadra. Tanti di loro ovviamente smetteranno, anche perché nel frattempo non si registra un aumento delle società under 23, tutt’altro. Basti semplicemente annotare, un anno dopo la chiusura della Zalf Desirée Fior, che a causa della trasformazione in professional, anche il vecchio Team Colpack – dallo scorso anno Team MBH Bank-Ballannon sarà più nella categoria under 23. Mentre il CT Friuli, diventato devo team della Bahrain Victorious, quest’anno aveva solo 8 italiani sui 15 atleti dell’organico.

La MBH Bank-Ballan-CSB diventa un team professional: i suoi under 23 potranno correre soltanto tra i pro’
La MBH Bank-Ballan-CSB diventa un team professional: i suoi under 23 potranno correre soltanto tra i pro’

Motorini spinti al limite

Qualche giorno fa, Daniele Fiorin ha raccontato la difficoltà di fare formazione anche negli allievi. Ormai i ragazzi e le ragazze scelgono di investire tutto sulla strada, perché è qui che si può concretizzare il sogno di farne un lavoro. Ci si trova quindi con società e famiglie che investono (non solo tempo, anche parecchi soldi) su ragazzi di 16-17 anni, perché abbiano il livello necessario per essere notati dai procuratori e di conseguenza dagli squadroni. Ragazzi che magari avrebbero bisogno di fare due stagioni nella casetta di una squadra in cui imparare a diventare adulti e atleti, invece rincorrono il risultato e la prestazione assoluta nel momento in cui dovrebbero soprattutto maturare. Ne deriva una generazione di motori ancora da sviluppare ma spinti al limite che, qualora non trovassero lo sbocco desiderato, si ritroverebbero alle prese con i pochi posti disponibili fra gli juniores. Ha chiuso la Aspiratori Otelli e ha chiuso il Team Giorgi, le squadre che resistono sono ormai piene fino al collo.

Qualcuno dice sorridendo amaramente che se non ci fosse mai stato Remco Evenepoel, tutto questo non accadrebbe. Forse è vero. Le WorldTour sono ancora vittime della ricerca del talento in erba e hanno innescato il meccanismo di una ricerca spasmodica e autodistruttiva. Che fine fanno i diciottenni, dotati di grande motore, che non dovessero risultare appetibili per il WorldTour? Potrebbero diventare interessanti per le squadre professional, che sfrutterebbero la formazione ricevuta nei devo team e potrebbero portarli in un professionismo meno estremo.

Belletta non è arrivato nel WorldTour con la Visma-Lease a Bike e dopo un passaggio alla Solme Olmo diventa pro’ con il Team Polti
Belletta non è arrivato nel WorldTour con la Visma-Lease a Bike e dopo un passaggio alla Solme Olmo diventa pro’ con il Team Polti

Il ciclismo di una volta

La ricerca del talento passa necessariamente dai grandi numeri: se si riduce il campione, è probabile che si riduca anche la probabilità di trovare atleti su cui investire. Quante delle 10 continental italiane del 2025 possono dire di aver proposto ai loro atleti un’attività internazionale qualificata? Quanti giorni di gara all’estero sono riuscite a fare? Quante di loro dal prossimo anno pensano di poter fronteggiare i devo team nel calendario internazionale? Quante si sono date una tabella di investimenti perché i talenti scelgano di restare in Italia anziché andare all’estero?

Fa notizia per questo la scelta del toscano Del Cucina, che dopo aver svolto lo stage con la Tudor Development, ha scelto per gli U23 la SC Padovani 1909 di Ongarato e Petacchi. La sua gestione sarà la cartina al tornasole della possibilità di fare ciclismo giovanile di buon livello anche in Italia. Ma questo evidentemente non passa più per le squadre che arrivano al Giro Next Gen senza aver ancora partecipato a una corsa a tappe e si accontentano di dare ai corridori la dotazione di 10 anni fa, accompagnandola col vecchio motto: «Zitti e menare!». Il mondo è cambiato, in ogni ambito. Il ciclismo di una volta non basta più.

Lombardia 2025, Leo Bisiaux, Decathlon AG2R La Mondiale

Bisiaux e i Petite Diables alla scuola della Decathlon AG2R

20.10.2025
5 min
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COMO – Il talento di Paul Seixas è solamente la punta scintillante di un iceberg che da anni si muove silenzioso sotto il pelo dell’acqua, pronto ad emergere. La Decathlon AG2R La Mondiale lavora da anni per coltivare e far sviluppare una catena di enfant prodige. Giovani talenti scovati in maniera capillare sul territorio, che vengono portati all’interno della formazione juniores (Decathlon AG2R U19) e poi fatti passare nel devo team per una maturazione definitiva che avviene con l’approdo nel WorldTour. 

In questo modo la Francia fa crescere e preserva i suoi talenti, forte delle sue quattro formazioni che militano nel massimo livello del ciclismo mondiale: Decathlon AG2R La Mondiale, Groupama FDJ, Arkea B&B Hotels e Cofidis. Il prossimo anno rischiano di scendere a due, visto l’annunciata chiusura della Arkea B&B Hotels e la probabile retrocessione della Cofidis allo stato di professional. 

Lombardia 2025, Decathlon AG2R La Mondiale
Lombardia 2025, la Decathlon AG2R La Mondiale al foglio firma
Lombardia 2025, Decathlon AG2R La Mondiale
Lombardia 2025, la Decathlon AG2R La Mondiale al foglio firma

Sistema verticale

Tuttavia il sistema messo in piedi dalle due potenze del ciclismo francese, Decathlon AG2R La Mondiale e Groupama FDJ è ben chiaro: scovare i migliori talenti e portarli fin da giovani all’interno di un sistema che permetta di monitorarne la crescita. Non a caso tre delle ultime cinque edizioni del Giro della Lunigiana, la corsa a tappe di massimo livello per gli juniores, sono state vinte da atleti che arrivavano dalla formazione di sviluppo della Decathlon AG2R: Leo Bisiaux, Paul Seixas e Seff Van Kerckhove. Ai quali si aggiunge Lenny Martinez, atleta francese uscito dalla formazione juniores della Groupama FDJ.

Nella mattina del Lombardia siamo andati a curiosare nel mondo della Decathlon AG2R La Mondiale, per capire come lavorano e in che modo si vanno a scovare i talenti che andranno poi a creare una solida base in vista del futuro. Le domande le giriamo direttamente a Leo Bisiaux, 20 anni, uno dei primi talenti entrato nell’infornata della formazione francese, il quale ha vissuto da dentro la rapida e vertiginosa crescita del team. 

«E’ fantastico avere tanti corridori che entrano a far parte del progetto quando sono under 19 – dice – per poi passare nella formazione U23 e infine nel WorldTour. Possiamo crescere a gran velocità come lo si è potuto vedere con Paul (Seixas, ndr) ma anche con Jordan Labrosse, Noa Isidore e me».  

Come avviene la selezione?

Il team ha già tutti i nostri dati, quindi la selezione dei corridori avviene attraverso questi strumenti. Quando la squadra mi ha selezionato aveva a disposizione tutto su di me, oltre ad avermi visto in azione nelle varie gare. Ora non so come lavorano, perché il ciclismo è cambiato parecchio negli ultimi due anni, però credo che la base di lavoro sia la stessa. 

Com’è entrare in un devo team juniores?

Allenarsi e correre con i migliori atleti della categoria aiuta sicuramente dal punto di vista della crescita. Stare insieme, confrontarci e condividere questo cammino ci ha permesso di avvicinarci e unirci. Aspetto che è risultato importante anche una volta passati nel team U23, e lo è stato ancora di più nel WorldTour. Forse il segreto è proprio questo, creare un gruppo solido e capace di lavorare al meglio, fin da subito. 

Lombardia 2025, Paul Seixas, Decathlon AG2R La Mondiale
Lombardia 2025, al via anche Paul Seixas, rivelazione delle ultime stagioni
Lombardia 2025, Paul Seixas, Decathlon AG2R La Mondiale
Lombardia 2025, al via anche Paul Seixas, rivelazione delle ultime stagioni
Da juniores hai corso anche con selezioni regionali o miste…

In alcune corse sì, così come ho corso con la nazionale francese. Correre con le rappresentative regionali o miste all’estero è stato un passaggio importante in termini di esperienza. Ti ritrovi in gara contro i migliori atleti e cresci molto. 

Parlavi di un ciclismo che è cambiato parecchio in soli due anni.

Penso sia evidente. Ora ci sono mezzi ancora più efficienti anche nella categoria juniores, soprattutto rispetto a quelli che avevo io. Inoltre gli allenamenti sono più duri, o comunque efficienti, si vedono ragazzi junior che arrivano ai mondiali tra i professionisti e corrono davanti. Paul Seixas e Albert Whiten Philipsen sono un esempio

Vuelta a Burgos 2025, Leo Bisiaux, Decathlon AG2R La Mondiale
Leo Bisiaux, 20 anni, in azione alla Vuelta Burgos con la maglia Decathlon AG2R La Mondiale
Vuelta a Burgos 2025, Leo Bisiaux, Decathlon AG2R La Mondiale
Leo Bisiaux, 20 anni, in azione alla Vuelta Burgos con la maglia Decathlon AG2R La Mondiale
Per questo credi che alcuni passino direttamente da juniores a professionisti?

Siamo davanti a un nuovo ciclismo. Non so dove porterà ma ci sono tanti giovani che sono pronti. Io stesso ho corso solamente un anno da U23 e poi sono passato nella WorldTour. Ne ho parlato con la squadra e c’è un piano per vedere come posso crescere anno dopo anno. Avere un cammino lineare e continuo attraverso tutte le categorie, da quella juniores al WorldTour aiuta tanto. 

Quanto è importante per te che altri ragazzi francesi abbiano un gruppo solido e una squadra solida in cui poter crescere?

Importante ma non fondamentale, non ci sono solamente atleti francesi all’interno della formazione juniores. Ci sono tantissime nazionalità differenti, non saprei dire quante ma sono molte (l’unico atleta non francese passato nel WorldTour è l’australiano Oscar Chamberlain, ndr). 

Bastien Trochon, Tro Bro Leon 2025, Decathlon AG2R La Mondiale (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
Tra i nomi usciti dal vivaio Decathlon c’è quello di Bastien Trochon, classe 2002 che ha vinto la Tro Bro Leon 2025 (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
Bastien Trochon, Tro Bro Leon 2025, Decathlon AG2R La Mondiale (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
Tra i nomi usciti dal vivaio Decathlon c’è quello di Bastien Trochon, classe 2002 che ha vinto la Tro Bro Leon 2025 (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
La squadra vi permette anche di mantenere la doppia attività, molti di voi fanno strada e ciclocross. 

Sì, per me e anche per altri ragazzi entrambe le discipline sono molto importanti. Per il momento continuiamo così e lo staff ci ha sempre dato il massimo supporto, soprattutto da junior o under 23 dove è importante la multidisciplina. Anche se l’obiettivo principale è sulla strada, ovviamente. 

Tsarenko torna a casa con un nuovo successo e il contratto in tasca

20.10.2025
5 min
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La Japan Cup di ieri ha messo fine alla lunga stagione di Kyrylo Tsarenko. Una stagione foriera di belle soddisfazioni, ultima la conquista del Tour de Kyushu, una delle tante prove a tappe del calendario asiatico. Una di quelle corse che fanno da ossatura per una squadra come la Solution Tech-Vini Fantini, alla quale il corridore ucraino quest’anno ha portato un gran numero di punti, risultando decisivo per il suo ranking.

Gli ultimi giorni in terra asiatica, complice anche la lunghezza della trasferta erano stati un po’ pesanti, anche perché per quanto i moderni device siano un aiuto, è anche vero che la lontananza dalla “sua” Emilia la sente fortemente. Anche per colpa del clima: «So che in Italia è autunno, ma qui abbiamo incontrato molti cambiamenti: a sud era caldo, qua già verso nord, a Utsunomiya era già più freddo, ma molto cambiava in base alle giornate».

Il successo nella prima tappa è stato decisivo per Tsarenko, trovatosi solo con l'estone Taaramae a insidiarlo in classifica
Il successo nella prima tappa è stato decisivo per Tsarenko, trovatosi solo con l’estone Taaramae a insidiarlo in classifica
Il successo nella prima tappa è stato decisivo per Tsarenko, trovatosi solo con l'estone Taaramae a insidiarlo in classifica
Il successo nella prima tappa è stato decisivo per Tsarenko, trovatosi solo con l’estone Taaramae a insidiarlo in classifica
A Kyushu ti aspettavi di vincere la classifica generale?

Diciamo che sapevamo bene come tutto si giocasse nella prima frazione. Abbiamo corso per il risultato pieno e mi sono ritrovato alla fine a giocarmi la vittoria con una vecchia volpe come l’estone Taaramae, ma avendo vinto poi dovevo puntare a mantenere la leadership nelle due frazioni successive, più semplici ma solo in apparenza. E’ sempre una bella impresa quando riesci a portare a casa una classifica generale.

Non è la prima quest’anno per te, perché tu avevi già vinto il Tour di Hainan. Ti stai trovando a tuo agio in questo tipo di corse, di pochi giorni?

Sì, soprattutto quando sono percorsi non facili, ma neanche durissimi, percorsi abbastanza impegnativi. Mi sto trovando abbastanza bene. Non posso dire di essere diventato un corridore da corse a tappe, ma penso di essere cresciuto da questo punto di vista e poter dire la mia in certi contesti.

In classifica il 25enne ucraino ha preceduto Taaramae di 4", terzo Garibbo a 49"
In classifica il 25enne ucraino ha preceduto Taaramae di 4″, terzo Garibbo a 49″
In classifica il 25enne ucraino ha preceduto Taaramae di 4", terzo Garibbo a 49"
In classifica il 25enne ucraino ha preceduto Taaramae di 4″, terzo Garibbo a 49″
Rispetto all’altra vittoria, questa aveva poi una partecipazione abbastanza importante. C’erano anche squadre del World Tour…

Non solo, c’era la TotalEnergies che comunque a tutte le corse che partecipa porta sempre una bella squadra ed è particolarmente specializzata in questo tipo di corse. Aver vinto con una concorrenza del genere mi ha dato molta soddisfazione, più che nel caso precedente, ma posso dire che è stato la ciliegina sulla torta di un’ottima stagione.

E’ stato difficile poi, nelle due tappe successive, difendere il primato? Hai corso in difesa o all’attacco?

In difesa, perché c’erano troppe squadre che erano vicine. Soprattutto mi aspettavo qualche colpo proprio dalle formazioni del WorldTour, anche con gente specializzata per questo tipo di corse. E’ stata abbastanza dura, soprattutto l’ultima tappa: dall’altimetria se guardi non sembrava niente di che, ma la gara dura la fanno sempre i corridori, quindi è stata bella impegnativa e devo dire grazie alla squadra, a come ha lavorato per riuscire a portarmi al traguardo e difendere quei 4 secondi che avevo.

Fondamentale per la sua vittoria è stato il supporto del team nel controllare la corsa nelle 2 tappe restanti
Fondamentale per la sua vittoria è stato il supporto del team nel controllare la corsa nelle 2 tappe restanti
Fondamentale per la sua vittoria è stato il supporto del team nel controllare la corsa nelle 2 tappe restanti
Fondamentale per la sua vittoria è stato il supporto del team nel controllare la corsa nelle 2 tappe restanti
Un corridore come te che vince corse a tappe diventa interessante anche per le squadre del World Tour. Qualche offerta ti è arrivata?

Durante tutto l’anno ho visto che tanti si sono interessati, ma è rimasto tutto nel vago. Arrivano a un certo punto, guardano i valori, vedono che non sono un fenomeno e il discorso si chiude quasi subito. Ormai neanche i risultati bastano più, è tutta questione di numeri. A dir la verità anch’io non ero poi così ossessionato: mi trovo bene nel team, ho già firmato per la prossima stagione, quindi non mi pongo il problema.

Ti trovi meglio nelle corse all’estero rispetto a quelle italiane? Perché anche nelle gare europee tu riesci a ottenere tanti ottimi risultati.

Non direi, non dipende tanto da dove le corse si fanno. Ci sono periodi quando magari vado più concentrato o magari ho la forma un pelino meglio ed emergo, ma anche alle classiche italiane che ho fatto sono andato bene, ad esempio la top 10 centrata al Memorial Pantani, che quest’anno è venuta durissima, abbiamo finito la gara in 30 corridori. Oppure la Coppa Sabatini. C’è un aspetto del quale si parla troppo poco: il problema del ciclismo d’oggi è che arrivare nei primi 10 o al sessantesimo c’è talmente poca differenza che spesso è solamente questione di testa. Non bisogna mollare neanche per un secondo…

Per il corridore ucraino sono arrivate 6 vittorie in stagione, con altrettante Top 10
Per il corridore ucraino sono arrivate 6 vittorie in stagione, con altrettante Top 10
Per il corridore ucraino sono arrivate 6 vittorie in stagione, con altrettante Top 10
Per il corridore ucraino sono arrivate 6 vittorie in stagione, con altrettante Top 10
Ora dove vai in vacanza?

Non ci vado, non è cosa per me, piuttosto vado a trovare i miei amici.

Da quanto tempo è che non torni a casa in Ucraina?

Io sono andato via da casa il 5 di gennaio 2022. La mia città è nel centro dello stato, geograficamente. Molti mi chiedono se è zona di guerra, ma è chiaro che ormai da anni tutto il mio Paese vive addosso la guerra. La mia città non è proprio teatro di battaglia, ma le incursioni non mancano, non manca la paura, la situazione è uguale ovunque…

Giro del Veneto 2025, partenza da Vicenza, foto del team VF Group-Bardiani

L’UCI cambia le carte e Reverberi chiude il gruppo giovani

19.10.2025
5 min
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Si fa fatica a capire se il ciclismo mondiale sia amministrato da gente inadeguata o se siamo piuttosto noi italiani a essere costantemente in equilibrio instabile. Fuori tempo e allineati a standard superati. L’ultima in tema di partecipazione alle corse è la norma che dispone il divieto per le squadre professional di partecipare alle corse internazionali U23. Una doccia fredda per la VF Group-Bardiani-Faizanè, che con il suo gruppo dei giovani ha conquistato quasi 500 punti anche nelle corse U23. Una doccia molto più fredda per la MBH Bank-Ballan, che nel passare da continental a professional ha ingaggiato fior di U23, immaginando di poter fare il calendario di sempre. E doccia fredda anche per il Team Polti che per seguire le impronte di Reverberi, ha ingaggiato a sua volta corridori molto giovani.

Pertanto, quando contattiamo Roberto Reverberi perché dia un voto ai suoi quattro anni di attività con gli U23, il tono non è dei più entusiasti e presto il motivo è spiegato. Nel fare le regole, qualcuno si è preoccupato di verificare i contratti in essere?

«In un primo tempo avevano detto che non potevano più andare in nazionale quelli delle professional e anche del WorldTour – dice Reverberi – dalla settimana scorsa è uscita questa nuova regola. Ho provato a sentire Brent Copeland (i team manager della Jayco-AlUla è presidente dell’associazione dei gruppi sportivi, ndr) e mi ha detto che la settimana prossima facciamo una riunione per vedere se si riesce a sbloccare la situazione. L’UCI  ti deve avvisare almeno un anno prima quando cambia un regolamento del genere, perché noi abbiamo tutti i contratti con i corridori e adesso dove li portiamo a correre?».

Per Reverberi, Pellizzari è il risultato più fulgido del gruppo giovani creato dal team reggiano (foto Filippo Mazzullo)
Per Reverberi, Pellizzari è il risultato più fulgido del gruppo giovani creato dal team reggiano (foto Filippo Mazzullo)
Che cosa succederà secondo te?

Va a cadere tutto il discorso che portiamo avanti da quattro anni. In pratica gli juniores andranno nelle devo e quelli un po’ peggio andranno nelle squadre dei dilettanti italiani. E alla fine noi non li prenderemo neanche più, come facciamo? Dovremmo portare ragazzi di 18 anni a fare subito le gare professionistiche? La nostra esperienza è stata positiva. Nella prima covata che abbiamo preso c’erano Pellizzari, Pinarello che va nel WorldTour con la Israel. Scalco va con la XDS-Astana. E vedrete che anche Paletti e qualcun altro nel giro di due anni faranno il salto. 

Una volta ci dicesti che due anni bastano per vedere tutto.

Pinarello ci ha messo un pelino di più e Scalco anche. Non è mica detto che tutti quanti siano come Finn, che arriva e va subito forte. E poi anche lui dovrà misurarsi con i professionisti e vedrà che la musica è diversa. Anche Turconi ad esempio è fortissimo, ha un motore incredibile, però gli serve un po’ più tempo. C’è chi ci mette un anno, chi ce ne mette due, chi ce ne mette tre. Come quando nei dilettanti, qualcuno passava a 21 anni e altri aspettavano i 24. Sapete piuttosto che cosa dovremmo fare forse? Me lo ha detto un amico preparatore…

Turconi quest’anno ha vinto il Trofeo Piva (foto Pederiva) e il Medio Brenta, arrivando 5° al Giro. Reverberi aspetta che cresca ancora
Turconi quest’anno ha vinto il Trofeo Piva (foto Pederiva) e il Medio Brenta, arrivando 5° al Giro. Reverberi aspetta che cresca ancora
Che cosa?

Dovremmo andare a ripescare tutti i corridori italiani che vanno nelle devo e che poi ritornano indietro, perché tanto tornano indietro e dopo fanno fatica a trovare una squadra. Non li portano tutti nel WorldTour, non è credibile. Per ora, guardando fra i giovani, abbiamo preso il fratello di Turconi, che si chiama Matteo. E poi Manenti dalla Hopplà. Adesso siamo a 20, vediamo se salta fuori qualcos’altro anche come sponsor. Stiamo facendo un po’ di ricerche, così vediamo se nel giro di 15-20 giorni cambia qualcosa. In giro ci sono elementi buoni, soprattutto dopo le varie fusioni.

La storia insegna che anche gli elite di valore possono avere un futuro. Chi si sarebbe aspettato Fiorelli alla Visma?

Filippo ha iniziato a correre tardi. E’ un caso un po’ anomalo, perché prima correva con gli amatori. Poi lo ha preso Massini che lo ha tirato su, ma ha perso un sacco di tempo. Aveva sempre problemi con il peso, ha preso tante parole. Quando arriva a 67 chili va come una moto, se sale a 69-70 chili la caratteristica di andare bene in salita viene un po’ meno. Nel senso che se ha il peso giusto, riesce a scollinare con i migliori, altrimenti perde i 10-15 secondi che gli impediscono di arrivare alla volata. Ha vinto pochissimo solo per questo, invece quest’anno che si è messo in riga, ha fatto una stagione più costante, almeno fino al Giro.

Tarozzi al Giro d’Italia ha vinto il Red Bull KM, trofeo dedicato a chi è rimasto in fuga per più chilometri
Tarozzi al Giro d’Italia ha vinto il Red Bull KM, trofeo dedicato a chi è rimasto in fuga per più chilometri
Nella testa di Roberto Reverberi, chi prenderà il posto di Scalco e Pinarello?

Probabilmente Turconi e Paletti, i giovani da cui ci aspettiamo un po’ più continuità. Invece i corridori da cui vorremmo anche qualche risultato in più sono Marcellusi, Magli e quelli più esperti. Lo stesso Zanoncello, che deve un po’ migliorare. Tarozzi, che è un corridore particolare perché è un uomo da fuga e ne abbiamo bisogno. Quest’anno al Giro ha vinto il Premio Red Bull per i chilometri di fuga e a noi uno così fa gioco.

Non avendo più il gruppo dei giovani, la struttura tecnica rimane la stessa?

Sì, avremo ancora i soliti quattro direttori sportivi, cioè Rossato, Donati, Amoriello ed io. Gli stessi preparatori, cioè Borja e Andrea Giorgi. Sempre lo stesso medico. Qualcuno del personale si sposta, chi va alla UAE e chi alla Visma. Come vedete forniamo talenti al WorldTour anche per lo staff. Ce ne sono tanti sparsi nel gruppo. E poi avremo ancora le bici De Rosa, avevamo già prolungato il contratto.