VF Group Bardiani, ranking UCI, punti

Ancora ranking UCI. Brividi sulla schiena, ma la VF Group si salva

22.10.2025
5 min
Salva

Come abbiamo fatto poco fa con la Solution Tech-Vini Fantini, adesso andiamo a casa dei vincitori di questa sfida per il trentesimo posto nel ranking UCI. La VF Group-Bardiani alla fine l’ha spuntata, ma anche per loro non è stato facile.

Ne abbiamo parlato con il manager e direttore sportivo Roberto Reverberi. Quei 235 punti di vantaggio consentono alla squadra italiana più longeva, forse la più storica in assoluto nel professionismo, di poter sperare ancora in un invito al Giro d’Italia. In teoria anche per Vuelta e Tour ma è chiaro che il pensiero principale va alla corsa rosa. E questo vuol dire molto in termini di futuro, di progettazione. Magari non di vita, perché molti sponsor già c’erano, ma così tutto cambia… in positivo.

Roberto Reverberi (classe 1964) è manager e diesse della VF Group-Bardiani
Roberto Reverberi (classe 1964) è manager e diesse della VF Group-Bardiani
Insomma, Roberto, è stata dura ma ce l’avete fatta a portare a casa questo benedetto trentesimo posto…

Sì. Noi avevamo programmato un calendario abbastanza intenso proprio per questo motivo: per fare punti. Poi, per una cosa o per l’altra, durante la stagione sono successe situazioni che ci hanno complicato la vita.

Tipo?

Infortuni, soprattutto dei corridori che ritenevamo più utili per raggiungere questo obiettivo. Alla fine ci siamo trovati un po’ con l’acqua alla gola per queste mancanze. Meno male che abbiamo avuto i ragazzi più giovani che si sono impegnati fino alla fine e hanno raccolto parecchio. E alla fine tutto è andato per il verso giusto per riuscire a raggiungere il traguardo.

Tempo fa ci avevi detto che li avevi visti ben motivati e consapevoli riguardo a questa corsa ai punti. E’ stato sempre così o verso fine stagione avete cambiato atteggiamento e magari avete cercato il risultato?

No, lo spirito e la tattica sono sempre rimasti quelli. Purtroppo con questo sistema di punteggi, che ritengo ingiusto, sei obbligato a correre in modo anche strano. Se andate a vedere lo sprint del Giro del Veneto, noterete cinque dei miei corridori tutti appaiati a fare la volata. In quel modo abbiamo fatto quei 55 punti che ci hanno dato la tranquillità definitiva. Però non è il modo di correre. E questa foto l’ho mandata anche all’UCI, chiedendogli: «Vi sembra normale che una squadra debba correre in questo modo?».

VF Group Bardiani, ranking UCI, punti
La foto incriminata da Reverberi al Giro del Veneto. Sulla sinistra si notano 5 caschi color verde acqua della VF Group fare la volata appaiati
VF Group Bardiani, ranking UCI, punti
La foto incriminata da Reverberi al Giro del Veneto. Sulla sinistra si notano 5 caschi color verde acqua della VF Group fare la volata appaiati
Oltretutto la 32ª squadra in classifica ha mille punti in meno…

Esatto, ci siamo scannati per un posto. Anche se dovessero sparire delle squadre o ci fossero fusioni in corso, la regola era chiara: dovevi essere nelle prime trenta a fine stagione. Tutto ciò che succedeva dopo non contava. E’ stata una guerra fino alla fine, meno male che ce la siamo cavata.

Anche per voi poi il calendario è stato fittissimo. Avete corso in Asia sì, ma soprattutto in Europa…

Abbiamo corso anche in Cina e in Malesia, ma non è questo il modo giusto di fare ciclismo. Dovrebbe intervenire anche l’associazione dei corridori, perché alcuni atleti hanno superato gli 80 giorni di gara. E parlo di ragazzi giovani. Non è giusto costringerli a correre in tutte le parti del mondo solo per fare punti. E’ stressante, sia a livello fisico che psicologico.

E questo crea un gap ancora più grande con le squadre WorldTour…

Esatto. Loro si allenano e si preparano con calma, noi invece dobbiamo essere sempre in tiro, sempre a correre. Arriviamo alle gare al 90-95 per cento, per dire, e mai al 100 per cento. E nel ciclismo di oggi se non sei al massimo, diventa durissima.

E tatticamente come avete interpretato le gare?

Avete notato che abbiamo corso le ultime gare anche in Italia senza mai mandare nessuno in fuga? Questo per preservare i ragazzi e cercare di fare punti. Anche 10 punti possono fare la differenza. Un anno abbiamo perso la Coppa Italia per un solo punto. E quel successo dava la wildcard per il Giro. Perciò abbiamo dovuto calcolare tutto. Meglio metterne un paio nei primi 15 che sprecare energie per andare in fuga.

VF Group Bardiani, ranking UCI, punti
Alla fine, come diceva Reverberi, è stato uno spalla a spalla fra VF Group e Solution Tech (a tratti è stata coinvolta anche la Polti)
VF Group Bardiani, ranking UCI, punti
Alla fine, come diceva Reverberi, è stato uno spalla a spalla fra VF Group e Solution Tech (a tratti è stata coinvolta anche la Polti)
I vostri rivali indirettamente sono diventati i Solution Tech, lo hanno puntato forte sul calendario asiatico…

Ognuno se la gioca come crede, su quello nulla da dire. Pensate che loro, dopo aver visto il divario di 200 punti a fine stagione (dopo il Giro del Veneto sostanzialmente) non sono più andati a correre in Serbia, perché non sarebbero comunque riusciti a rimontare. Ma è logico tutto ciò? Non voglio dare colpe a loro, ma il sistema è questo. E costringe le squadre a sacrificare i corridori migliori non nelle corse importanti, ma in quelle minori solo per fare punti. Per me non è normale.

Decisamente no. In tanti tecnici lo dite. Cosa fare allora?

Io l’ho fatto notare a chi di dovere e mi hanno risposto che bisogna fare squadre più forti. Ma come? Ci sono team WorldTour che spendono 30 milioni e vincono quattro corse all’anno. Lo dicessero a loro. Noi non abbiamo quei budget. Ma il problema c’è anche per loro, perché più in alto ancora ci sono quelle quattro o cinque squadre che prendono tutto e tutti.

C’è stato un momento in cui avete avuto davvero paura di restare fuori?

Sì. Abbiamo lasciato per strada diversi punti, penso a quelli del Giro, più che altro per sfortuna. Proprio al Giro siamo rimasti presto con sei corridori. Poi ci sono stati gli infortuni di cui dicevo. E così, a un mese dalla fine, la Solution Tech era praticamente a ridosso. Anzi, per una settimana ci aveva anche superato. Non eravamo in una bella situazione, ma confidavamo nelle ultime gare. Fortunatamente abbiamo tenuto duro e la motivazione di tutti, soprattutto dei ragazzi, ci ha permesso di creare quel gap decisivo.

Ranking UCI: Solution Tech colpaccio sfiorato. Parla Zamparella

22.10.2025
6 min
Salva

Hanno lottato contro tutto e contro tutti. Contro i pregiudizi e contro quella che sembrava una sfida proibitiva. Alla fine, però, è stato qualcosa di quasi realizzabile. Il Team Solution Tech – Vini Fantini ha sfiorato fino all’ultimo l’obiettivo di entrare tra le prime 30 squadre al mondo del ranking UCI. Trentesimo posto che, ricordiamo, dà la possibilità di accedere ai Grandi Giri tramite wild card.

A precederla è stata la VF Group-Bardiani, appunto trentesima. E’ stata una lunga sfida, giocata sul filo dei punti. Un continuo botta e risposta. Ovviamente non con la squadra di Reverberi in sé e per sé, ma con “l’asticella del 30° posto”. A raccontarci di questa lunga lotta è Marco Zamparella, direttore sportivo della squadra toscana, che ci ha messo davvero tanto del suo…

Marco Zamparella è il giovane direttore sportivo della Solution Tech. Insieme a Parsani hanno gestito al meglio la squadra e per poco non hanno centrato l’obiettivo
Marco Zamparella è il giovane direttore sportivo della Solution Tech. Insieme a Parsani hanno gestito al meglio la squadra e per poco non hanno centrato l’obiettivo
Marco, dicevamo: una sfida che sembrava impossibile e invece alla fine non ci siete riusciti per pochissimo…

Eh già, appena 253 punti. Una sfida contro squadre molto più blasonate o più corazzate. Posso dire che è un boccone agrodolce. Il rimpianto di non esserci riusciti per poco c’è, però c’è anche la soddisfazione, come suggerivate, che rispetto a squadre più strutturate siamo riusciti a dar loro filo da torcere. Quindi dai, abbiamo perso la sfida ma ne usciamo comunque a testa alta.

E ve la siete pure studiata bene perché avete corso tantissimo in quelle gare dove potevate fare punti, tanta Asia…

Esatto, abbiamo cercato lidi che ci consentissero di raccogliere qualcosa.

Però siete stati bravi, perché in tanti dicono: “Andiamo a correre in Asia”. Ma poi i punti li devi fare. Non è che se vai a fare quelle gare automaticamente li prendi…

Assolutamente, anche perché cambiano le dinamiche di corsa rispetto magari a una categoria .Pro o una 1.1, dove spesso i punti li fai anche difendendo il piazzamento. Fare punti in corse 1.2 è molto più difficile se vuoi raggiungere una quantità importante. Non è semplice arrivare e fare gol, avere il vincente che ti finalizza la corsa. Credetemi, non è affatto scontato. Fai un terzo posto, quindi sei vicino alla vittoria, e non porti a casa praticamente niente. Superare i 2.000 punti come abbiamo fatto noi, in quel tipo di gare, se non hai corridori che sanno vincere non è affatto facile.

La Solution Tech si è mostrata compatta e affiatata durante il corso dell’anno
La Solution Tech si è mostrata compatta e affiatata durante il corso dell’anno
Come avete organizzato il vostro lavoro?

Ammetto che non è stato semplice, perché a me come a tutti nel professionismo piace vincere. Negli anni passati sono stato uno di quei direttori sportivi che, se c’era da riprendere un corridore o sgridarlo dopo l’arrivo perché non aveva tirato una volata o non aveva aiutato a vincere, lo facevo. Ho sempre lottato per la vittoria, perché fondamentalmente siamo professionisti e si corre per quello. Ma l’anno scorso, e ancora di più quest’anno, ho dovuto invertire la rotta: nelle riunioni, nelle telefonate, nelle conversazioni durante la settimana.

E in cosa consisteva questo cambio di rotta?

Per squadre che puntano a questo obiettivo diventa più importante piazzare due o tre corridori nei primi 15 o 20, in base alla categoria di corsa, piuttosto che vincere la gara stessa senza fare volume. E questo va un po’ a scapito dello spettacolo e del DNA della gara: però è così. Al momento bisogna correre in relazione a ciò che il regolamento prevede.

Rajovic, Tsarenko ma anche Quartucci (in foto), Stewart, Gonzalez e Samudio: la Solution Tech ha vinto 23 corse con 6 atleti diversi
Rajovic, Tsarenko ma anche Quartucci (in foto), Stewart, Gonzalez e Samudio: la Solution Tech ha vinto 23 corse con 6 atleti diversi
Ti aspettavi alcuni corridori, uno su tutti Tsarenko, così forti?

Tsarenko aveva già dimostrato buone qualità lo scorso anno, perché avevo corso parte del calendario con lui e si era visto che aveva un buon motore. La vittoria al Tour of Hainan (gara .Pro) gli ha dato più sicurezza in se stesso e più consapevolezza dei suoi mezzi. A mio avviso è quello che lo ha differenziato rispetto all’anno scorso. E poi conta anche il “saper provare a vincere”. Mi spiego: lui è un attaccante, e spesso i risultati migliori li ha ottenuti arrivando in fuga, ma questo lo portava quasi ad accontentarsi del piazzamento. Magari collaborava più del dovuto e sprecava tanto. Invece da metà stagione in poi ha mantenuto il suo spirito garibaldino, sempre all’attacco, ma con un pizzico di malizia in più nel gestire le fughe e gli sforzi.

Invece cosa hai detto alla squadra durante l’anno? Ci avete creduto veramente in qualche momento?

Diciamo che il ruolo del direttore sportivo è anche quello di filtrare parte dell’attenzione che arriva dalla dirigenza, e serviva farlo anche nei confronti dei ragazzi. Da parte mia l’atteggiamento non è cambiato: sono stato corridore anch’io, non ho smesso tanti anni fa. E credo che sia giusto avere motivazione e obiettivi forti per raggiungere risultati, ma bisogna anche correre con tranquillità. Sentivo che il discorso dei punti era già molto presente tra i ragazzi, quindi da parte mia cercavo più di smorzare la tensione che di aggiungerla.

Valerio Conti si è sciroppato una trasferta in Giappone per fare una gara di un giorno e tornare in Italia: una strategia curata fino alla fine
Valerio Conti si è sciroppato una trasferta in Giappone per fare una gara di un giorno e tornare in Italia: una strategia curata fino alla fine
Chiaro, vedi che già loro ne parlano, inutile insistere…

Esattamente, anche perché parte della nostra formazione era composta da ragazzi esperti, con diversi anni di professionismo. Questi sapevano già che la lotta ai punti nell’ultimo bimestre sarebbe stata fondamentale.

Quanto è importante essere in questi primi trenta posti della classifica UCI? E’ davvero così vitale questo potenziale invito per i Grandi Giri?

Vitale per il team spero proprio di no. Lo dico a malincuore: essendo italiani, per noi il Giro d’Italia è tutto. Siamo conosciuti per questo mito, e lo è soprattutto per gli sponsor italiani. Però mi auguro che ci siano sempre le basi per continuare nelle migliori condizioni possibili, perché comunque la visibilità di un team da gennaio a novembre è pazzesca. Quindi, come ripeto, il Giro d’Italia per noi è tutto o quasi, ma ci sono anche tante altre gare. E in alcune di queste, anche WorldTour, siamo riusciti a ben figurare. Ripeto: spero che lo stare fuori dal Giro non sia vitale.

Qualche giorno fa c’è stata l’ultima corsa: che discorso hai fatto ai tuoi ragazzi?

In realtà nelle ultime gare non ero presente come direttore sportivo. La mia ultima trasferta è stata al CRO Race – Giro di Croazia, fatta con gran parte di corridori giovani e specialisti, quindi non ci aspettavamo grandi risultati. Purtroppo al Langkawi e al Taihu Lake abbiamo avuto la perdita anzitempo di Rayovic e questo ci ha influenzato non poco nella lotta per i punti.

Perani, da quel secondo posto nascono tante riflessioni

22.10.2025
5 min
Salva

Quanto male può fare perdere una corsa a tappe avendo alla fine lo stesso tempo, al secondo, di colui che ha vinto? Non capita spesso e ancor più raro è il caso che siano ben tre a chiudere la gara e a giocarsi la vittoria finale in base ai piazzamenti. E’ quanto accaduto a Riccardo Perani, ma il corridore della Trevigiani ha già imparato che dalle corse bisogna prendere il meglio, anche se il retrogusto è amaro.

Al Giro del Veneto era filato tutto liscio, con anche una vittoria di tappa, ma alla fine non è bastato per battere il belga Ferre Geeraerts (DL Chemicals-Experza Cycling Club): «Io non mi attendevo di tenere in classifica generale, non sono certo un uomo da corse a tappe nel loro complesso. Mi sono un po’ stupito di me stesso, di aver tenuto duro, anche a livello mentale, grazie a delle persone che mi stanno seguendo e che mi hanno fatto credere in me e infatti è arrivato un buon risultato».

Seconda tappa al Giro del Veneto, Perani centra il successo dopo la piazza d'onore del giorno prima (Photobicailotto)
Seconda tappa al Giro del Veneto, Perani centra il successo dopo la piazza d’onore del giorno prima (Photobicicailotto)
Seconda tappa al Giro del Veneto, Perani centra il successo dopo la piazza d'onore del giorno prima (Photobicailotto)
Seconda tappa al Giro del Veneto, Perani centra il successo dopo la piazza d’onore del giorno prima (Photobicicailotto)
Come erano le tre tappe?

Le prime due erano completamente piatte, infatti abbiamo fatto una media altissima. L’ultima era più frastagliata con salite corte negli ultimi 50 chilometri e si pensava che lì ci sarebbe stata selezione. Ma io su quel tipo di ascese vado bene, infatti ho tenuto. La prima tappa è andata bene, peccato un po’ che nel finale le gambe non erano delle migliori, non pensavo neanche di riuscire a fare lo sprint invece ho chiuso al secondo posto. La seconda tappa era simile alla prima, soltanto che c’era da fare due volte la salita di 5 km bella impegnativa, con due corridori in fuga ripresi a 5 chilometri dal traguardo. Lì Luca Rosa mi ha aiutato a chiudere i buchi sul finale, io sono partito a 500 metri e riprendendo Oioli ed è arrivata la vittoria.

E nell’ultima tappa?

Sulle salite di Vicenza è andata via una fuga molto pericolosa con dentro due uomini di classifica, Cretti e Valent insieme all’inglese Harding della Zappi, con un mio compagno di squadra dentro che faceva da stopper. Dietro mi sono messo a tirare con i miei compagni di squadra per andare a chiudere insieme alla squadra belga. Abbiamo chiuso ai -4 e lì sono partiti un po’ i continui scatti e controscatti, ma alla fine siamo arrivati in volata. Lì ho sbagliato un po’ la posizione, sono uscito un po’ troppo all’aria e negli ultimi 300 metri è andata male.

Il belga Ferre Geeraerts, aggiudicandosi la terza tappa ha vinto la corsa veneta (foto Instagram)
Il belga Ferre Geeraerts, aggiudicandosi la terza tappa ha vinto la corsa veneta (foto Instagram)
Il belga Ferre Geeraerts, aggiudicandosi la terza tappa ha vinto la corsa veneta (foto Instagram)
Il belga Ferre Geeraerts, aggiudicandosi la terza tappa ha vinto la corsa veneta (foto Instagram)
Alla fine è più la soddisfazione, anche la sorpresa di essere arrivato a quel livello o la rabbia per aver perso una corsa a pari merito con il belga?

A mente fredda prevale la soddisfazione perché nonostante abbia fatto secondo, mi è piaciuto questo Giro del Veneto perché abbiamo corso proprio da squadra, io e i miei compagni, anche lo staff. Certo alla fine perderla così è un po’ brutto, ripensi sempre a quel che avresti potuto cambiare per guadagnare quel secondo decisivo.

Quest’anno sembra che comunque ci sia stato un progresso da parte tua nei risultati, pur essendo un corridore più da corse in linea…

Sì e devo dire grazie al mio preparatore Filippo Rocchetti che mi ha aiutato tantissimo accompagnando la mia crescita fisica. Mi è stato dietro tutto l’anno, nonostante quello che è successo in squadra. E’ infatti anche grazie a lui che è arrivata una condizione fisica così brillante. E’ stata una stagione non sempre semplice, puntavo molto al Giro NextGen ma non sono stato bene fisicamente. Volevo tanto una tappa al Giro d’Italia o almeno un buon piazzamento, ma non ero a posto. Ma rispetto all’anno scorso ho fatto un finale di stagione in crescendo nella condizione, nella forma fisica da Capodarco in poi.

Prima del Giro del Veneto, Perani aveva vinto il GP Somma con un colpo di mano (Photors)
Prima del Giro del Veneto, Perani aveva vinto il GP Somma con un colpo di mano (photors.it)
Prima del Giro del Veneto, Perani aveva vinto il GP Somma con un colpo di mano (Photors)
Prima del Giro del Veneto, Perani aveva vinto il GP Somma con un colpo di mano (photors.it)
Accennavi ai problemi della squadra, com’è stata l’atmosfera in tutto l’anno?

All’inizio andava tutto bene, poi a fine aprile la società ha deciso di cambiare, chiudendo il rapporto con Rocchetti dopo che non sono state rispettate certe promesse che a noi erano state fatte. Infatti Filippo è andato via, non ci ha più seguito, è arrivato il nuovo direttore sportivo Rino De Candido, uomo di grande esperienza ma che è tutto l’opposto di Filippo.

Come vi trovate con lui?

Abbiamo un rapporto molto professionale. Lavorativo nel senso stretto del termine. Ci vediamo in corsa, ci relazioniamo in settimana per gli allenamenti. E’ un po’ il mio datore di lavoro. Con Filippo avevo innanzitutto un rapporto anche di amicizia, nonostante magari la gara andasse male o succedeva qualcosa, c’era, sapeva come smorzare la tensione, stemperare la rabbia del momento.

Per il corridore della Trevigiani una dozzina di Top 10 in stagione. Ora cambia categoria e anche squadra (foto Instagram)
Per il corridore della Trevigiani una dozzina di Top 10 in stagione. Ora cambia categoria e anche squadra (foto Instagram)
Per il corridore della Trevigiani una dozzina di Top 10 in stagione. Ora cambia categoria e anche squadra (foto Instagram)
Per il corridore della Trevigiani una dozzina di Top 10 in stagione. Ora cambia categoria e anche squadra (foto Instagram)
Anche i suoi compagni vivono questo trapasso allo stesso modo?

Sì, con Filippo avevamo un rapporto più di amicizia, con Rino è strettamente legato alla corsa. Magari c’è una chiamata a settimana, ma Filippo ci stava molto più dietro, magari ci si sentiva tutti i giorni anche per delle semplici cose, per sapere come stai.

Il prossimo anno cambierai squadra?

Sì, vado alla Beltrami TSA. Sarò il primo anno elite, lavorerò con Matteo Provini che da quest’anno è il nuovo direttore sportivo e ho molta fiducia in lui, per cercare di portare a casa più risultati e magari riuscire a fare il salto fra i professionisti, perché penso che fisicamente ho ancora margini di crescita. Il fatto che passo Elite non mi ha tolto la speranza, anzi mi ha dato uno stimolo in più per cercare di dimostrare che nonostante io abbia – sembra assurdo a dirsi – un’età avanzata per il ciclismo di adesso, sono ancora pienamente abile per il ciclismo di adesso. Proprio perché non mi sta bene, sono pronto per dimostrare di più l’anno prossimo.

Visite medico Team Jayco AlUla 2025, Torino, Centro IRRIBA, Andrea Vendrame, colloquio con la nutrizonista Lausa Martinelli (foto Matteo Secci)

Vendrame e la Jayco, si comincia con le tabelle di Laura Martinelli

22.10.2025
5 min
Salva

In vista della nuova avventura professionale, Andrea Vendrame non vuole lasciare nulla al caso. Lo scorso settembre vi avevamo svelato in anteprima del suo passaggio in Jayco-AlUla e subito dopo il Lombardia il veneto si è sottoposto alle visite mediche all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino, dove ha potuto cominciare a conoscere la nuova realtà. 

«Lascio la Decathlon dopo sei anni – racconta – e ringrazio il vecchio manager Lavenu che mi ha accolto tra di loro nel 2020. Porterò sempre con me dei bei ricordi, ma ora voltiamo pagina, perché ci aspetta questa nuova avventura nel 2026. Sono molto curioso e spero di regalare subito delle belle soddisfazioni», ha cominciato a raccontarci in occasione del nostro incontro.  

Tra gli aspetti su cui sin da subito il club australiano ha voluto lavorare c’è quello dell’alimentazione. A Torino, Andrea ha potuto conoscere Laura Martinelli, nutrizionista della squadra oramai da diverse stagioni. Un primo colloquio introduttivo che ci hanno raccontato entrambi. «Il primo impatto è stato di grande familiarità – comincia a raccontare Andrea – il caso vuole che io e Laura abitiamo vicini, quindi c’è stato subito feeling, anche se non ci conosciamo ancora al 100 per cento. Di certo, rispetto alla Decathlon, ho visto che la Jayco-AlUla segue i suoi corridori in maniera molto più dettagliata sotto questo aspetto. Ho subito visto una pianificazione mirata e incentrata sul corridore».

Visite medico Team Jayco AlUla 2025, Torino, Centro IRRIBA, Andrea Vendrame (foto Matteo Secci)
Le visite si sono svolte all’indomani del Lombardia. Qui Vendrame alla reception dell’IRRIBA di Torino (foto Matteo Secci)
Visite medico Team Jayco AlUla 2025, Torino, Centro IRRIBA, Andrea Vendrame (foto Matteo Secci)
Le visite si sono svolte all’indomani del Lombardia. Qui Vendrame alla reception dell’IRRIBA di Torino (foto Matteo Secci)

Il primo impatto

La dottoressa Martinelli spiega come funziona la visita introduttiva con un nuovo arrivato: «In generale, quando facciamo le visite mediche per la nuova stagione, abbiamo soltanto 20 minuti per corridore, per cui non c’è tanto tempo per approfondire i vari temi. Comunque, cerco sempre di rompere un po’ il ghiaccio e di capire se ci sono criticità particolari da un punto di vista nutrizionale, allergie o intolleranze».

Stavolta, il colloquio è stato ancora più semplice, viste le origini comuni: «Conoscevo Andrea di vista perché il nostro ambiente è piccolo e poi siamo tra veneti. Io sono di Treviso e lui è di Conegliano e, come se non bastasse, conosco bene anche il coach che lo segue, Fabio Baronti, che è di Udine. Ci siamo già messi d’accordo per i prossimi passi».

Poi, la nutrizionista della squadra australiana, analizza il passato per studiare l’alimentazione futura: «Di solito chiedo le tre cose che sono andate male e su cui si vuole migliorare in prospettiva e le tre che sono andate bene e si vogliono mantenere. Una sorta di “riassunto nutrizionale”, che abbiamo fatto anche con Andrea. Altrettanto importante poi, è definire quando inizia la stagione. Per me, è fondamentale capire se il corridore dev’essere già pronto per l’Australia ad inizio gennaio o se abbiamo un altro mese di lavoro e possiamo concentrarci sulle gare di febbraio».

Negli anni alla Decathlon, Vendrame ha portato a casa due tappe del Giro: nel 2021 e nel 2024
Negli anni alla Decathlon, Vendrame ha portato a casa due tappe del Giro: nel 2021 e nel 2024

La prima pianificazione

Oltre al contatto umano, fondamentale anche ad alto livello, la componente tecnologica non è da meno. Sempre però con la supervisione dello staff medico, come sottolinea Martinelli: «Ho spiegato ad Andrea il funzionamento della nostra app interna, che ci aiuta a mantenere una comunicazione efficace col corridore. Ci sono tantissime applicazioni, anche gestite dall’intelligenza artificiale, ma sono molto più fredde. Dietro ogni messaggio che l’app invia, c’è sempre l’operatore umano che corregge e conferma i calcoli prima di inviarli».

Ci sono momenti in cui ciascun ciclista vuole essere seguito passo per passo e altri in cui bastano poche informazioni basilari per continuare sul giusto cammino verso il prosieguo della stagione.

«Ogni corridore – spiega – ha delle esigenze particolari. Noi, come nutrizionisti, possiamo variare il nostro supporto dalle semplici linee guida a indicazioni precise al grammo. Ho chiesto ad Andrea di guidarmi lui in base a quello che gli serve in questo determinato periodo della stagione. Per ora mi ha chiesto un approccio più generale per tipologia di giornata. C’è un foglio per le giornate di riposo, uno per gli allenamenti di basic endurance e così via. Poi, avvicinandoci ai ritiri di dicembre e gennaio, andremo più nel dettaglio e aumenteremo il livello di accuratezza». 

Visite medico Team Jayco AlUla 2025, Torino, Centro IRRIBA, nutrizionista Laura Martinelli (foto Matteo Secci)
Laura Martinelli è la responsabile della nutrizione del Team Jayco AlUla (foto Matteo Secci)
Visite medico Team Jayco AlUla 2025, Torino, Centro IRRIBA, nutrizionista Laura Martinelli (foto Matteo Secci)
Laura Martinelli è la responsabile della nutrizione del Team Jayco AlUla (foto Matteo Secci)

Progresso e carboidrati

Un approccio personalizzato e peculiare che ha colpito in positivo Vendrame. «Conosciamo molte applicazioni usate dalle altre squadre, gestite soltanto dall’intelligenza artificiale, mentre avere qualcuno che ti segue nel dettaglio è fondamentale». Vendrame è un corridore molto leggero (il suo peso oscilla tra i 61 e 62 kg) ma, come dice lui «c’è ancora margine per migliorare e ne ho parlato con Laura». Quando è pausa tra le stagioni però, il Joker ammette di concedersi qualche sfizio, come ad esempio «una bella bistecca con qualche amico e con la fidanzata».

Di certo, rispetto a una decina d’anni fa, l’alimentazione è uno degli aspetti su cui si è lavorato di più nel ciclismo e che ha subito una trasformazione immensa. Basti pensare anche ai consumi in corsa, come racconta la nutrizionista veneta, riportando l’esempio di Michael Matthews, all’attacco durante l’ultimo Lombardia.

«Si è tenuto sui 140 grammi all’ora per tutta la durata della corsa. Una volta se avessi dato questi numeri – sorride – mi avrebbero guardato straniti e pensato che sicuramente avrebbe dato problemi di mal di pancia. I prodotti però ora sono molto più tecnici e più buoni, oltre ad essere utilizzati meglio. Le competenze molto più avanzate e si gioca sui rapporti tra fruttosio e glucosio». 

Tirreno-Adriatico 2025, 3a tappa, Colfiorito, Andrea Vendrame
Tirreno-Adriatico 2025, 3ª tappa, Vendrame vince la bellissima volata di Colfiorito
Tirreno-Adriatico 2025, 3a tappa, Colfiorito, Andrea Vendrame
Tirreno-Adriatico 2025, 3ª tappa, Vendrame vince la bellissima volata di Colfiorito

Il sogno del Tour

Anche Vendrame, ripercorrendo la sua carriera da pro’, conferma questa tendenza: «Da quando sono passato nell’anno 2017 con l’Androni ad oggi, la nutrizione è entrata prepotentemente nel mondo sportivo, non soltanto nel ciclismo. Abbiamo visto che arriviamo tutti al 100 per cento di forma alle corse, per cui quel piccolo guadagno sulla nutrizione ti permette di fare la differenza. Ben venga questa ricerca, che non tocca solo il settore professionistico, ma anche quello amatoriale».

Tanti sacrifici per un obiettivo. Andrea ha le idee chiare: «Vorrei partecipare al Tour de France. Non ci sono riuscito con una squadra francese, per cui sarebbe bello invertire la tendenza. Alzare le braccia al cielo in una tappa poi, sarebbe il mio sogno».

Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde

Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Risponde Samparisi

21.10.2025
4 min
Salva

I tubeless hanno delle peculiarità, sono utilizzati anche in ambito ciclocross, perché agli atleti piace sperimentare e perché le aziende spingono forte su questa tecnologia. Per gli agonisti, per chi ricerca una resa tecnica ai massimi livelli il tubolare resta ancora oggi il riferimento.

Per meglio contestualizzare il confronto tra le due famiglie di pneumatici e per farci argomentare qualche malizia, ci siamo rivolti a Simone Samparisi. Simone è General Manager del Team SMP di cui tra gli altri fanno anche parte i fratelli Nicolas e Lorenzo. Il partner tecnico è Challenge.

Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Il ciclocross resta l’unica disciplina dove il tubolare è un must, inarrivabile in fatto di resa tecnica (foto Samparisi)
Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Il ciclocross resta l’unica disciplina dove il tubolare è un must, inarrivabile in fatto di resa tecnica (foto Samparisi)
Avete accesso a tutta la gamma Challenge, tubolari e tubeless ready?

Sì, abbiamo in dotazione tutte le coperture cx che l’azienda ha inserito nel catalogo ufficiale. L’utilizzo vero e proprio è legato prima di tutto alle gare, alla tipologia dei percorsi e terreni, anche alle preferenze, diverse soprattutto tra Nicolas e Lorenzo.

Chi tubeless e chi tubolare?

Lorenzo utilizza i tubeless Challenge ormai da due anni, Nicolas rimane con la preferenza verso i tubolari.

Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Nicolas resta fedele ai tubolari
Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Nicolas resta fedele ai tubolari
Il tubeless può avere un futuro nel ciclocross?

E’ una tecnologia e una famiglia di coperture che abbiamo investigato e cercato di approfondire il più possibile, per diverso tempo ed in contesti differenti. Non ci siamo fermati alle prime difficoltà, ma credo che ci sia comunque un grande gap da colmare rispetto al tubolare.

Spiegaci meglio…

Utilizzare e sfruttare appieno un tubeless nel cross è più complicato, perché non è conveniente scendere al di sotto di determinate pressioni, altrimenti si rischia di stallonare lo pneumatico dal cerchio. Il tubolare permette di scendere anche 0,5 bar in situazioni estreme, ma dove lo pneumatico garantisce grip. E’ un esempio estremo, è fattibile e rende molto bene l’idea, a mio parere, di cosa stiamo parlando.

Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Terreni, ma anche stili di guida differenti dettano la scelta delle gomme
Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Terreni, ma anche stili di guida differenti dettano la scelta delle gomme
I tubolari nel cross restano un must?

E’ così. Un tubolare nel cross ti offre la certezza del risultato e nel corso di tanti anni, di diverse evoluzioni, anche la scelta si è ampliata offrendo tante alternative. Pensiamo alle carcasse sintetiche, a quelle in cotone, fino ad arrivare alla seta, senza poi dimenticare le mescole e tassellature. Il tubeless nel ciclocross è una tecnologia relativamente nuova che però ha il limite della pressione di utilizzo. Resta il fatto che montare un tubeless in alcune situazioni può offrire dei vantaggi. Mi viene in mente la neve di Vermiglio di due anni addietro.

Lorenzo usa i tubeless abbinati agli inserti?

Assolutamente sì e non è solo una questione di sponsor. Utilizza un modello run-flat che offre un aiuto al sostegno dello pneumatico, evita che quest’ultimo vada a sbattere in modo controproducente sul cerchio. In caso di foratura o perdita eccessiva di pressione permette di arrivare ai box.

Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Con i tubeless è “quasi” d’obbligo il binomio con l’inserto (foto Samparisi-Billiani)
Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Con i tubeless è “quasi” d’obbligo il binomio con l’inserto (foto Samparisi-Billiani)
All’inizio hai parlato di investigazione della tecnologia. Ci puoi spiegare?

In ambito ciclocross abbiamo affrontato l’argomento tubeless anche per praticità, visto che corriamo anche nella mtb dove esiste solo il tubeless. Ben coscienti della novità tubeless nel cross abbiamo cercato di avere quanti più dati possibili per valutare ed avere dei confronti reali tra tubolari e tubeless. Avevamo approcciato anche un discorso di telemetria, poi abbandonato per le tante variabili in gioco. Una gara di ciclocross cambia ogni volta, non è una pista in asfalto.

Esiste ancora la stagionatura degli pneumatici, considerando anche i tubeless?

Tutti gli pneumatici andrebbero conservati in ambiente secco e per quanto possibile con temperatura controllata, quantomeno costante, senza sbalzi eccessivi. L’umidità ha una grande importanza e influisce sull’integrità dello pneumatico.

Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Il limite di un TLR nel cross sono le pressioni di esercizio (foto Samparisi)
Tubeless vs tubolari nel ciclocross. Samparisi risponde
Il limite di un TLR nel cross sono le pressioni di esercizio (foto Samparisi)
Per concludere. Tubeless nel ciclocross, sì o no?

Sì, ma come detto in precedenza ha dei limiti anche se spicca per praticità ed eventuali costi ridotti, rispetto ai tubolari. Ma in fatto di performance mi piace fare un paragone. Un tubeless da ciclocross è al pari di una gomma da Superbike, il tubolare resta lo pneumatico da MotoGP, dove tutto è al limite per cercare un resa tecnica ai massimi livelli e senza compromessi.

Il Wolfpack e le classiche: ritorno alle origini?Sentiamo il Brama

21.10.2025
5 min
Salva

Il futuro passa dal passato? A volte sì… ed è quello che sta succedendo alla Soudal-Quick Step. Il Wolfpack sta tornando al suo DNA originale: le classiche. Quelle gare che l’hanno resa la squadra più temuta (dagli avversari) e ammirata (dai tifosi). Quando il bus della Soudal arrivava al raduno del Fiandre, gli altri tremavano.

A incidere su questo ritorno è stata chiaramente la partenza di Remco Evenepoel, che puntando alle classifiche generali dei Grandi Giri richiedeva una struttura dedicata. Adesso, però, si apre una nuova fase. O meglio, un ritorno parziale alle origini: restano corridori come Mikel Landa, William Lecerf e Filippo Zana, Valentin Paret-Peintre, ma il focus sarà di nuovo sulle gare di un giorno. Ne parliamo con Davide Bramati, per tutti “Brama”, direttore sportivo storico della squadra, già nella sede belga del team per i primi giorni di lavoro in vista del 2026.

Davide Bramati è sull’ammiraglia della Soudal-Quick Step dal 2010
Davide Bramati è sull’ammiraglia della Soudal-Quick Step dal 2010
“Brama”, si ritorna un po’ allo spirito originale del Wolfpack: il prossimo anno avete preso corridori da classiche, come Van Baarle e Stuyven.

Sì, sicuramente. I corridori che sono andati via, come Remco e Cattaneo, erano punti di riferimento del gruppo da anni. Come avete detto anche voi, abbiamo preso atleti più portati per far bene nelle classiche, per tornare a ciò che si faceva qualche stagione fa.

Quanto lo sentite più vostro questo approccio, anche a livello mentale?

Tutti parlano di approccio mentale, ma penso che oggi tutti lavorino sempre al massimo a prescindere dal tipo di obiettivo. Magari oggi non c’è la stessa qualità di qualche anno fa, ma le vittorie sono arrivate lo stesso: quattro tappe al Tour de France e 54 successi in totale. Il Wolfpack non è mai scomparso, lo spirito di squadra è rimasto. Ma certo, vogliamo tornare a essere il Wolfpack delle gare di un giorno, dove siamo sempre stati protagonisti assoluti.

Boonen, Alaphilippe, Gilbert, ma anche Kwiatkowski, Terpstra, Stybar, Trentin, Devolder… Nelle classiche del Nord erano mostruosi
Boonen, Alaphilippe, Gilbert, ma anche Kwiatkowski, Terpstra, Stybar, Trentin, Devolder… Nelle classiche del Nord erano mostruosi
Tom Boonen, simbolo di questo gruppo, ha detto di essere pronto a dare una mano per riportare in auge la “modalità classiche”…

Ho avuto la fortuna di correre con lui e poi di essere suo direttore sportivo. Tom è stato uno dei pilastri di questa squadra, insieme a Bettini, Gilbert, Terpstra… quegli anni in cui alle classiche eravamo il punto di riferimento. Negli ultimi tempi ci è mancato un po’ quel ruolo, ma col tempo vogliamo tornarci. Non sarà facile subito, ma lavoreremo per tornare quelli che eravamo.

Cambierà qualcosa nel modo di lavorare? Nell’approccio alla stagione? Brambilla ci raccontava che nei ritiri di dicembre già si “volava”. Si tornerà a quel tipo di intensità?

Il ciclismo è cambiato tanto dopo il lockdown. Ha fatto un’evoluzione velocissima: oggi si va tutti a cento all’ora, non si lascia nulla al caso. Per essere protagonisti bisogna partire forti già a inizio stagione, perché il calendario è pieno e tutti si allenano per arrivare al 100 per cento. Quindi va oltre al discorso delle classiche.

Kasper Asgreen nel 2021 vince il Fiandre. Altri due monumenti sono arrivati con Evenepoel alla Liegi
Kasper Asgreen nel 2021 vince il Fiandre. Altri due monumenti sono arrivati con Evenepoel alla Liegi
Chiaro…

Adesso siamo in Belgio per i primi tre giorni di ritiro: tre giorni molto importanti. Conosceremo i nuovi arrivati, parleremo dei programmi, dei calendari e poi, con i preparatori e i direttori, decideremo chi dovrà partire forte e chi invece andrà in Australia. Sono giorni importanti per conoscersi e impostare il lavoro. Abbiamo iniziato il 2024 vincendo in Arabia Saudita, abbiamo chiuso vincendo in Cina: vogliamo ripartire allo stesso modo, perché iniziare bene dà fiducia a tutta la squadra.

C’è qualcuno su cui punti in particolare per il prossimo anno? Lo scorso anno ci avevi parlato di Magnier, e avevi avuto ragione. Potrà fare qualcosa anche in ottica classiche o sono troppo dure per lui?

Paul ha dimostrato il suo potenziale e sono sicuro che lo vedremo ancora protagonista. E’ giovane, può crescere molto. Venendo ai nuovi, abbiamo tanti corridori e servirà tempo per conoscerli bene: sia i più esperti che i più giovani. Parlando da italiano, sono contento di avere quattro ragazzi del nostro Paese: Zana, Dainese, Raccagni e Garofoli. Zana ha già vinto un tricolore, ma può ancora migliorare. Dainese è un velocista con grandi qualità e crediamo possa portarci vittorie. Raccagni è cresciuto tanto e Garofoli ha chiuso forte la stagione: se lavoreranno bene quest’inverno, potranno fare un salto importante.

La cinquina di Magnier al Guanxi. Potrà essere una nuova pedina anche per le classiche?
La cinquina di Magnier al Guanxi. Potrà essere una nuova pedina anche per le classiche?
Infine, Stuyven e Van Baarle: due innesti di peso per le classiche…

Parliamo di corridori che hanno vinto rispettivamente una Milano-Sanremo e una Parigi-Roubaix, oltre a tante altre gare. Porteranno motivazione, esperienza e potranno aiutare i giovani a capire meglio le dinamiche delle grandi classiche. Con loro, la squadra sarà più forte e più consapevole.

Insomma il Wolfpack del Nord è di nuovo in pista…

Ma non è mai venuto meno. Certo, siamo stati dei dominatori in passato. Poi qualcosa con Remco è cambiato. Adesso, ripeto, non abbiamo la stessa qualità di un tempo, ma sono sicuro che nel tempo, con il giusto lavoro, potremmo ricostruire un gruppo molto solido e agguerrito anche per quelle corse che ci hanno contraddistinto.

Sam Quaranta, MBH Bank-Ballan-Csb (foto Tour of Mentougou)

La prima di Quaranta junior, conquistata in extremis

21.10.2025
5 min
Salva

Mentre suo padre Ivan era in partenza per Santiago del Cile, per portare la nazionale di velocità ai mondiali su pista, il figlio Samuel era dall’altra parte del mondo, in Cina, per conquistare la sua prima vittoria in questo 2025 al Tour of Mentougou. Un successo cercato a lungo, che dà un senso diverso a tutta la sua stagione.

Un’esperienza importante la sua, in un contesto diverso dal solito dopo aver praticamente girato il mondo, in un calendario che ha affiancato a tante prove del calendario italiano altrettante gare all’estero, soprattutto nell’Est europeo e forse aver centrato l’obiettivo proprio in extremis ha anche un senso, rappresentando il culmine di un cammino di crescita (in apertura foto Tour of Mentougou).

La volata vittoriosa di Samuel Quaranta, primo sul filippino Francisco e il neozelandese Fitzsimons (foto UCI)
La volata vittoriosa di Samuel Quaranta, primo sul filippino Francisco e il neozelandese Fitzsimons (foto UCI)
La volata vittoriosa di Samuel Quaranta, primo sul filippino Francisco e il neozelandese Fitzsimons (foto UCI)
La volata vittoriosa di Samuel Quaranta, primo sul filippino Francisco e il neozelandese Fitzsimons (foto UCI)

«Le gare cinesi sono particolari, noi ad esempio non siamo abituati a correre su percorsi che sono transennati praticamente per tutto il loro sviluppo – racconta Quaranta – Il livello qualitativo non è neanche male, come ci si può aspettare da una trasferta asiatica. Si va forte, anche molto forte, abbiamo toccato anche i 50 di media. Si è rivelata una bella esperienza».

Tu eri partito con l’obiettivo di vincere una tappa?

Sì, assolutamente. Ero venuto con un cerchio sull’agenda per la seconda tappa perché era l’unica per velocisti, anche se nell’ultima ero arrivato vicino a potermi giocare una seconda chance, ma mi sono staccato dal gruppo di 20 sull’ultima salita vicino al GPM, dopo c’era discesa e arrivo. Se avessi tenuto, con Bracalente e Chesini vicino a me potevamo provare a imbastire un’altra volata vincente.

Un lunghissimo rettilineo verso l'arrivo, con il bergamasco uscito fuori presto risalendo dalla quarta piazza (foto UCI)
Un lunghissimo rettilineo verso l’arrivo, con il bergamasco uscito fuori presto risalendo dalla quarta piazza (foto UCI)
Un lunghissimo rettilineo verso l'arrivo, con il bergamasco uscito fuori presto risalendo dalla quarta piazza (foto UCI)
Un lunghissimo rettilineo verso l’arrivo, con il bergamasco uscito fuori presto risalendo dalla quarta piazza (foto UCI)
Che tappa era quella che hai vinto?

Da quando abbiamo saputo che venivamo qua e che mi hanno portato apposta per quella giornata, non mi sono fatto trovare impreparato. Era un circuito cittadino vicino Pechino, molto largo, con strade quasi a tre corsie, curve a 90° molto larghe. Praticamente si faceva a tanta velocità, non si frenava mai. Una frazione corta, 115 chilometri, meno di tre ore di corsa. I miei compagni hanno tirato quasi tutto il giorno perché è andata via una fuga di 14 abbastanza pericolosa su un circuito così, perché si fa tanta velocità e diventa difficile ricucire. Gli ultimi chilometri han tirato Bagatin e Bracalente, li abbiamo ripresi ai -5. Chesini mi ha dato una mano per la volata, mi ha tenuto davanti nelle prime posizioni, poi nell’ultimo chilometro ho badato a non perdere posizioni, era un vialone dritto, partendo dalla quinta posizione son riuscito a vincere.

Questa vittoria tu la inseguivi da tanto tempo, che cosa rappresenta per te?

Ho avuto dei momenti un po’ difficili quest’anno a livello mentale, perché non arrivava. Avevo difficoltà anche nel fare le volate. Devo dire grazie al mio team, la MBH Bank per essermi stato vicino. Poi negli ultimi due mesi mi sono un po’ sbloccato mentalmente, ho deciso di vivere il finale di stagione un po’ più serenamente e a quanto pare ha funzionato perché comunque anche il mese scorso in Romania sono andato abbastanza bene e infine sono riuscito a sbloccarmi. Chiudere l’anno senza neanche una vittoria mi sarebbe pesato molto.

25 giorni di gara per Quaranta, con forma in crescendo e 2 Top 10 oltre al successo cinese
25 giorni di gara per Quaranta, con forma in crescendo e 2 Top 10 oltre al successo cinese
25 giorni di gara per Quaranta, con forma in crescendo e 2 Top 10 oltre al successo cinese
25 giorni di gara per Quaranta, con forma in crescendo e 2 Top 10 oltre al successo cinese
Che prospettive hai per il prossimo anno?

Anche per questo era importante, non ho ancora davvero un’idea precisa su cosa farò l’anno prossimo, ci stiamo un po’ muovendo coi procuratori e vedremo. Questa vittoria serviva come il pane in questo momento, proprio perché dà qualcosa in mano al procuratore per trattare, per dimostrare che c’ero anch’io quest’anno in gruppo. Non ho fatto un anno proprio in sordina totale, ma una vittoria nel finale di stagione ha un peso diverso. Dicono tutti che la gente si ricorda l’inizio e il finale di stagione, quindi va bene così.

E’ difficile affrontare il ciclismo che stai affrontando tu, soprattutto col cognome che hai addosso e avendo le stesse caratteristiche di tuo padre?

Sì, anche perché i paragoni sono improponibili. Oggi il velocista è molto diverso perché si va molto forte in salita. Io tengo molto bene su molte ascese, ma il livello si sta alzando sempre di più, quindi per un velocista diventerà sempre più difficile. Io come tutti gli altri velocisti dobbiamo cercare di non di non farci scappare le occasioni, quelle poche che abbiamo e per farlo dobbiamo prima di tutto tenere in salita.

Samuel con il padre, lontano per i suoi impegni federali, ma subito informato del suo successo
Samuel con il padre, lontano per i suoi impegni federali, ma subito informato del suo successo
Samuel con il padre, lontano per i suoi impegni federali, ma subito informato del suo successo
Samuel con il padre, lontano per i suoi impegni federali, ma subito informato del suo successo
Un problema che ai tempi di tuo padre non c’era…

Sì, ne parliamo spesso. E’ cambiato completamente il modo di affrontare non solo le volate, ma proprio il ciclismo in se stesso. Penso che velocisti come era mio papà, veramente fortissimi sulla volata ma con poca tenuta in salita, non esistano più. Ora c’è gente che va forte in salita rispetto alla media. Quindi quando c’è quella corsa piatta bisogna cercare di non farsela scappare. Ma non è solo questione di percorsi perché comunque anche i metodi di allenamento stanno cambiando, devi migliorare per forza in salita, anche a costo di perdere qualcosina nelle volate.

Lorenzo Milesi, Movistar, 2025

Milesi sorride a metà: tra strada e crono la crescita continua

21.10.2025
5 min
Salva

Un finale di stagione corso sempre all’attacco, con la voglia di trovare la prima vittoria tra i professionisti. Lorenzo Milesi ha cambiato marcia ed è consapevole di essere arrivato a un punto della sua carriera dove è importante anche dimostrare con i risultati. Il successo è sfumato per poco. Dalla seconda metà di stagione, iniziata con il Tour de Wallonie, sono arrivate sette top 10, di cui una è il secondo posto nel Mixed Team Relay agli europei. 

Ora che le vacanze sono iniziate, il corridore del Movistar Team si è concesso qualche giorno di svago insieme agli amici Nicolas Milesi e Alessandro Romele

«Siamo stati tre giorni in Svezia – ci racconta da casa Lorenzo Milesi – per staccare, siamo stati a Malmoe e poi siamo saliti verso nord. Il tempo è ancora bello lì e ce lo siamo goduto. Nicolas (Milesi, ndr) e Alessandro (Romele, ndr) avevano deciso di andare già da tempo, io ero in dubbio perché forse sarei andato a correre alla Crono delle Nazioni. Alla fine la squadra ha rinunciato e ho terminato la stagione al Lombardia, e direi che va bene così visto che ho fatto ottantuno giorni di corsa».

Da destra: Lorenzo Milesi, Alessandro Romele, Nicolas Milesi, durante una breve vacanza in Svezia
Da destra: Lorenzo Milesi, Alessandro Romele, Nicolas Milesi, durante la breve vacanza in Svezia
Da destra: Lorenzo Milesi, Alessandro Romele, Nicolas Milesi, durante una breve vacanza in Svezia
Da destra: Lorenzo Milesi, Alessandro Romele, Nicolas Milesi, durante la breve vacanza in Svezia

Mira aggiustata

Lorenzo Milesi, al suo terzo anno nel WorldTour di cui corsi con la Movistar, ha trovato continuità nella seconda parte di stagione. 

«Fino al campionato italiano – spiega Milesi – la stagione era rivedibile. Il problema principale è stata la troppa palestra fatta lo scorso inverno, ho preso troppo peso a livello muscolare e ho iniziato la stagione con qualche chilo di troppo. Erano tutti muscoli, ma il rapporto peso/potenza non mi permetteva di essere efficace. Così ho accantonato i pesi e mi sono concentrato sulla bicicletta, soltanto che correndo spesso era difficile concentrarsi sul fare un allenamento che mi permettesse di perdere peso. Il cambio di passo si è visto a luglio, quando ho avuto modo di fermarmi e andare in altura ad allenarmi».

Lorenzo Milesi, Movistar, 2025
Nella seconda metà di stagione Lorenzo Milesi ha corso spesso all’attacco mettendo insieme quasi 500 chilometri di fuga
Lorenzo Milesi, Movistar, 2025
Nella seconda metà di stagione Lorenzo Milesi ha corso spesso all’attacco mettendo insieme quasi 500 chilometri di fuga
Hai tracciato una riga e sei ripartito?

Esattamente, mi sono allenato per tre settimane a Livigno. In quei giorni ho spinto molto, infatti quando sono ritornato in corsa al Tour de Wallonie stavo molto bene. 

Come ti sei allenato?

Di solito in altura si fanno tante ore e pochi lavori intensi. Io invece mi sono concentrati su sforzi brevi e intensi mettendo da parte il discorso dei chilometri. Ho curato tanto la parte di imbocco delle salite, arrivavo spingendo wattaggi alti per abituarmi allo sforzo in gara e poi iniziavo i lavori. A livello del mare sono faticosi ma gestibili, fatti a 1.500 o 2.000 metri d’altitudine è un’altra cosa. 

Tour de Wallonie 2025, seconda tappa, Oliver Knight, Lorenzo Milesi
Alla seconda tappa del Tour de Wallonie Lorenzo Milesi viene battuto allo sprint da Oliver Knight
Tour de Wallonie 2025, seconda tappa, Oliver Knight, Lorenzo Milesi
Alla seconda tappa del Tour de Wallonie Lorenzo Milesi viene battuto allo sprint da Oliver Knight
Fatto sta che hai trovato il modo di tornare in gara al tuo meglio…

Sì e anche la squadra era soddisfatta. L’obiettivo a inizio stagione era di arrivare nella seconda parte e provare a raccogliere dei risultati. Essere partito bene con il Wallonie mi ha permesso di trovare fiducia, sia a me che alla squadra. Quest’anno ho anche cambiato preparatore, ora lavoro con Leonardo Piepoli. Mi trovo bene con lui e sono sicuro di poter migliorare ancora. 

A livello personale che consapevolezze hai trovato?

Ho capito che fare risultato è dura, ma sono convinto che nel 2026 riuscirò a fare un passo ulteriore, iniziare a lavorare bene dall’inverno mi darà una mano.

Lorenzo Milesi, Movistar, cronometro Tour de Pologne 2025, Abus TimeShifter
Lorenzo Milesi ha detto di aver fatto dei passi in avanti a cronometro grazie anche al nuovo casco di Abus: il TimeShifter
Lorenzo Milesi, Movistar, cronometro Tour de Pologne 2025, Abus TimeShifter
Lorenzo Milesi ha detto di aver fatto dei passi in avanti a cronometro grazie anche al nuovo casco di Abus: il TimeShifter
Sei andato forte al Nord, hai ancora in testa le Classiche?

E’ un argomento di cui dovrò parlare con la squadra. Siamo convinti che il mio profilo sia adatto a questo genere di corse. Solo che faccio fatica mentalmente perché prendo i muri che sono a centro gruppo. E se lo fai una volta rientri e stai in corsa, ma alla terza volta paghi lo sforzo e ti stacchi. Devo capire se insistere ancora un anno o cambiare obiettivi. Mercoledì ho il volo per Pamplona per un primo ritiro con il team per parlare di obiettivi e calendari, ne parleremo. 

Tu su due piedi cosa diresti?

Che sarei felice anche di mettermi alla prova in gare come la Liegi o l’Amstel, magari sono gare che si addicono di più al mio modo di correre. E’ anche vero che quest’anno ho attaccato il numero sulla schiena il 25 gennaio in Spagna e sono arrivato alle classiche di primavera con più di venti giorni di gara. Il problema è che se corri troppo, soprattutto nelle gare di un giorno, poi fai fatica ad allenarti. Per arrivare più competitivo alle corse del Nord dovrei fare un calendario diverso. 

Filippo Ganna, Lorenzo Milesi, Marco Frigo, europei cronometro 2025, Mixed Team Relay
Milesi, qui a destra in azione durante il Mixed Team Relay, è tornato a vestire la maglia della nazionale a cronometro dopo due anni
Filippo Ganna, Lorenzo Milesi, Marco Frigo, europei cronometro 2025, Mixed Team Relay
Milesi, qui a destra in azione durante il Mixed Team Relay, è tornato a vestire la maglia della nazionale a cronometro dopo due anni
Per quanto riguarda la cronometro?

E’ sempre un punto fondamentale per me, sul quale mi concentro. Faccio fatica a fare il doppio allenamento, quindi uscire con la bici da strada e poi prendere quella da cronometro, o viceversa. Preferisco allenarmi con una sola bici per tutta la giornata. Comunque la sto curando, anche perché se voglio essere competitivo nelle corse a tappe di una settimana è un aspetto sul quale lavorare. Quest’anno Abus ci ha dato un nuovo casco da cronometro e devo dire che i miglioramenti sono evidenti. 

Anche per tornare a vestire la maglia azzurra come fatto quest’anno agli europei?

Sì, ma in questi casi il merito di partecipare a certi eventi passa dall’ottenere dei risultati durante la stagione. Per ambire alla maglia della nazionale devi dimostrare di andare forte durante tutto l’anno e puntare a rimanere sempre tra i primi cinque in tutte le prove contro il tempo.

Tour of Guangxi, Paul Double, Jasha Sutterlin

Copeland a piene mani nella rifondazione della Jayco-AlUla

21.10.2025
6 min
Salva

Guai ad accontentarsi nel ciclismo moderno. Lo sa bene Brent Copeland, che gira nell’ambiente oramai da più di 26 anni dopo essere sceso di sella nel 1999. Gli sponsor vogliono risultati. Le squadre si fondono e non sempre gli investimenti fatti a tavolino portano agli obiettivi sperati una volta che si è su strada.  Il general manager della Jayco-AlUla non si nasconde dietro a un dito. Nei giorni scorsi ha applaudito il successo nella classifica generale al Tour of Guangxi di Paul Double (in apertura), ma rimane coi piedi per terra.

«E’ stata una stagione decente – ammette Copeland, prima di riavvolgere il nastro – ma potevamo fare meglio. Abbiamo vinto la tappa regina del Giro d’Italia con Chris Harper e poi fatto altrettanto con Ben (O’Connor, ndr) al Tour de France. A fine stagione però, ti viene sempre da pensare che forse avresti potuto fare qualcosa in più. Anche perché le aspettative all’inizio dell’anno sono sempre molto più alte di quello che si riesce a ottenere. Forse, gli unici casi che rappresentano l’eccezione dell’equazione sono la UAE di quest’anno (96 sigilli, ndr) o la Visma del 2023 che ha vinto quasi 70 corse (69 le affermazioni dei calabroni due anni fa, ndr) più tutti e tre i Grandi Giri».

Al timone del team australiano dall’estate 2020, Copeland si aspettava qualche fiammata in più dai suoi ragazzi e lo dice senza remore. «Vedendo la squadra di quest’anno con O’Connor, Matthews, Dunbar, Zana, Schmid – aggiunge Copeland – avevamo almeno 7-8 corridori capaci di vincere, ma non tutti loro hanno lasciato il segno. Guardando la classifica a squadre, siamo al 18° posto: non è la posizione che ci compete. Dovremmo essere quantomeno in top 10 per quello che abbiamo investito e per le energie che ci abbiamo messo». 

Brent Copeland, visite mediche Jayco-AlUla, Torino 2025
Brent Copeland ha preso il comando del Team Jayco-AlUla nell’estate del 2020, in pieno Covid
Brent Copeland, visite mediche Jayco-AlUla, Torino 2025
Brent Copeland ha preso il comando del Team Jayco-AlUla nell’estate del 2020, in pieno Covid

Un tetto per i budget

La filosofia per il 2026 cambia. L’obiettivo è che qualche promessa diventi realtà con la speranza più allargata che si trovi un equilibrio. Il 2025 è stato dominato dal UAE Team Emirates-XRG, forte del budget e un vero e proprio Dream Team attorno al fenomeno Tadej Pogacar. Da presidente dell’AIGCP (Associazione Internazionale Gruppo Ciclisti Professionisti), Copeland rincara la dose. «Bisognerebbe parlarne di più di questa tendenza. Potrebbe portare all’esplosione della bolla se non si istituisce, ad esempio, per un tetto per il budget di ciascuna squadra. Se non si interviene, il gap crescerà ancora, ci sarà meno incertezza e il rischio è che ne vada della spettacolarità del nostro sport». 

Copeland se ne intende . Oltre a gestire anche il team femminile della Liv AlUla-Jayco, in passato ha seguito il centauro Ben Spies in MotoGp. «In questo momento, i migliori team hanno un budget del 100 o del 200 per cento superiore rispetto alle squadre intermedie. E queste a loro volta hanno molta più disponibilità di quelle più piccole. Questo sistema non funziona e andrà sempre peggio se non lo regoliamo in qualche modo. Tetti salariali, limiti al budget complessivo delle squadre, altri interventi: qualcosa dev’essere fatto. Se il nostro sport diventa meno combattuto, perderemo tv, sponsor e pubblico. Formula 1 e MotoGp hanno cambiato moltissimo negli ultimi dieci anni per restare al passo. Noi dobbiamo evitare di restare indietro, sia nel ciclismo maschile sia in quello femminile. In quest’ultimo, ad esempio, si è fatta la scelta saggia di evitare sovrapposizioni in calendario tra le grandi corse. Una cosa che, invece, avviene in campo maschile con contemporaneità come quelle tra Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico». 

Il Lombardia 2025, Tadej Pogacar incorona Rafal Majka alla sua ultima corsa da pro', UAE Team Emirates-XRG
Lo strapotere della UAE Emirates è innegabile, ma può trasformarsi in un boomerang per il ciclismo mondiale
Il Lombardia 2025, Tadej Pogacar incorona Rafal Majka alla sua ultima corsa da pro', UAE Team Emirates-XRG
Lo strapotere della UAE Emirates è innegabile, ma può trasformarsi in un boomerang per il ciclismo mondiale

Il ruolo di O’Connor

Poi torna sulla Jayco-AlUla per il 2026. «Per quanto ci riguarda – dice Copeland – abbiamo ridotto gli investimenti per comporre il nuovo roster, anche se è sempre più difficile trovare un equilibrio tra il budget ed essere competitivi ad alto livello. Noi vogliamo puntare sui giovani, ma senza abbassare il livello della squadra. Abbiamo fatto una scelta coraggiosa, ma sono sicuro che, se la gestiamo bene con i direttori sportivi e col nostro performance group, possa essere sostenibile e funzionale».

Sicuramente, gran parte delle aspettative pesa sulle spalle di Ben O’Connor. I pugni sferrati al cielo per celebrare il trionfo sul Col de la Loze sono l’istantanea di quest’annata per il team australiano. Eppure per quanto mostrato nel 2024, Copeland chiede di più alla sua stella.

«Il nostro sogno, così come quello di qualunque squadra – dice – è di salire sul podio al Tour de France. Per farlo, ci vogliono tanti investimenti e non è detto che bastino perché, davanti al tuo cammino, ti trovi ad affrontare tanti ostacoli. Se tutto fila liscio e i pianeti si allineano, diventa possibile. Noi abbiamo questa possibilità con Ben e, al giorno d’oggi, è ancora meglio un podio in un Grande Giro rispetto a vincere una Monumento. Certo, sappiamo di non avere un organico ai livelli delle supersquadre di Pogacar e Vingegaard, ma se il percorso che sveleranno in questi giorni sarà adatto alle sue caratteristiche, ci proveremo».

La vittoria al Col de la Loze è stata l’emblema del 2025 di Ben O’Connor, ma Copeland si aspetta di più
La vittoria al Col de la Loze è stata l’emblema del 2025 di Ben O’Connor, ma Copeland si aspetta di più

Il percorso del Tour

La presentazione della Grande Boucle si svolgerà il 23 ottobre e quello sarà un crocevia per i piani in casa Jayco-AlUla e per la stagione di O’Connor. D’altronde, il ventinovenne di Subiaco ha già dimostrato ai mondiali di Zurigo 2024 di poter dire la sua anche nelle corse di un giorno, terminando secondo nella corsa iridata alle spalle soltanto dell’imprendibile Pogacar.

«Una volta delineato il profilo del Tour– spiega ancora Copeland – decideremo se puntare a un possibile podio o comunque a una top 5, oppure se concentrarci sulle classiche. Non dimentichiamoci che è arrivato nella nostra squadra dopo aver terminato al 4° posto il WorldTour 2024. Quest’anno è fisiologico che abbia dovuto prendere le misure con il nuovo ambiente, i nuovi compagni. È giusto dargli tempo perché sono sicuro che nel 2026 ci farà divertire. 

Giro di Lombardia 2025, Michale Matthews nella stessa fuga di Filippo Ganna
Michael Matthews è il corridore più rappresentativo della squadra: i suoi risultati hanno tenuto in alto i destini del team
Giro di Lombardia 2025, Michale Matthews nella stessa fuga di Filippo Ganna
Michael Matthews è il corridore più rappresentativo della squadra: i suoi risultati hanno tenuto in alto i destini del team

La centralità di Matthews

E per le gare di un giorno, torna a splendere la stella di Bling. Il sorriso di Copeland si illumina: «Matthews è il più grande “asset” della squadra. Forse non vince molto quanto meriterebbe, ma soltanto perché ci sono corridori con le sue caratteristiche che sono leggermente più forti, un po’ come accade a Remco quando si scontra con Pogacar. Michael, infatti, oggi affronta titani del calibro di Van der Poel o Van Aert». 

Visto quanto mostrato al Lombardia, chissà che non possa proprio essere il veterano della squadra, il grande acquisto per il 2026. «Quando i dottori ci hanno detto che lui era guarito – replica Brent, che poi ricorda – non avevo dubbi che sarebbe tornato ancora più forte, vista la sua convinzione. Nel 2022, eravamo in piena lotta per non retrocedere. Invece Matthews fece terzo ai mondiali e salvò la nostra licenza per altri 3 anni. Ha fatto qualcosa di speciale, così come anche lo scorso anno, quando ha vinto in Canada il Grand Prix de Québec. Michael può dire la sua nella Milano-Sanremo o all’Amstel Gold Race. Per supportarlo, abbiamo scelto corridori come Capiot, De Bondt, Vendrame e Covi: lavorando insieme, sono certo che si creerà un gruppo affiatato».

E nei prossimi giorni, per provare a portare punti importanti, verrà annunciato anche Pascal Ackermann. In uscita dalla Israel, lo sprinter tedesco che vinse la maglia ciclamino al Giro d’Italia 2019 ha già svolto le visite mediche torinesi col resto dei compagni all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino due domeniche fa.