Ecco un estratto del libro “Gregario – Una vita a servizio dei campioni” che ripercorre la carriera di Alessandro Vanotti, scudiero di tanti campioni recenti tra cui Vincenzo Nibali, Ivan Basso e Danilo Di Luca. In queste righe, il racconto del Giro d’Italia 2013. Nibali è saldamente in maglia rosa, Vanotti lo segue come un’ombra. Ma all’improvviso…
Il 18 maggio la quattordicesima tappa arrivava a Bardonecchia. Pioggia, vento, freddo e anche la neve in quota convinsero l’organizzazione a modificare il percorso cancellando il Sestriere. Era un Giro disegnato benissimo, ma ancora una volta il maltempo ci stava mettendo lo zampino. A metà tappa purtroppo io forai e fui costretto a fermarmi per cambiare la ruota. Allo stesso tempo anche Vincenzo si fermò per un bisogno fisiologico e me lo ritrovai tra le ammiraglie mentre stava risalendo.
Alessandro Vanotti ha scritto la sua storia con Federico Biffignandi, giornalista bergamasco e collaboratore di bici.PROIl corridore e l’autore alla presentazione della Granfondo BGY Airport a BergamoAlessandro Vanotti ha scritto la sua storia con Federico Biffignandi, giornalista bergamasco e collaboratore di bici.PROIl corridore e l’autore alla presentazione della Granfondo BGY Airport a Bergamo
Cade Battaglin
L’asfalto era molto scivoloso, il caos della coda del gruppo non ci aiutava e la visibilità era ridotta. Riuscii a prendere due borracce e lo guidai verso la testa, anche se facevo fatica a tenerlo a ruota proprio per via della bagarre. Eravamo tutti sul lato destro della strada quando, pochi metri davanti a me, Enrico Battaglin impattò contro uno spartitraffico. La bicicletta volò da una parte, lui sbattè violentemente a terra proprio davanti a me.
Io stavo arrivando a tutta velocità, non ci fu nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo. Con la ruota anteriore lo andai a colpire sulle costole, la mia bicicletta inchiodò e io venni catapultato in avanti.
E’ il 18 maggio, sta per partire la 14ª tappa: Nibali aiuta Vanotti con la radio. Nessuno immagina l’imminente cadutaVanotti è caduto, Nibali conquisterà il secondo posto a Bardonecchia, battuto da SantambrogioE’ il 18 maggio, sta per partire la 14ª tappa: Nibali aiuta Vanotti con la radio. Nessuno immagina l’imminente cadutaVanotti è caduto, Nibali conquisterà il secondo posto a Bardonecchia, battuto da Santambrogio
Spalla lussata, addio Giro
Rovinai a terra sbattendo la spalla destra e la schiena. Provai subito a rialzarmi per rientrare, ma un dolore lancinante mi bloccava. Spalla lussata, il ritiro fu inevitabile.
Stavo conducendo il Giro in controllo, con Nibali in maglia rosa e ora mi ritrovavo fuori dai giochi in un attimo. Mi portarono al pronto soccorso locale mentre Nibali, nella bufera di neve, staccava tutti i diretti avversari e arrivava al traguardo secondo, rinforzando la leadership in classifica.
In ospedale venne a prendermi Alexander Shefer, il primo direttore sportivo del team. Mi assistette come fosse un infermiere, mi vestì, mi allacciò le scarpe, mi caricò in auto e mi riportò in hotel. Prima di partire, mi guardò fisso negli occhi e mi lanciò un’idea folle, ma strategicamente straordinaria.
«Vanotti, tu sei troppo importante per Vincenzo. Se te la senti, resti con noi fino alla fine del Giro, stai in camera con lui, stai in gruppo, sei fondamentale». Come avrei potuto dirgli di no?
Dopo la lussazione della spalla, VAnotti rimase in gruppo, seguendo Nibali sino in fondoLa vittoria nella neve alle Tre Cime di Lavaredo scolpisce il trionfo in rosa di NibaliDopo la lussazione della spalla, VAnotti rimase in gruppo, seguendo Nibali sino in fondoLa vittoria nella neve alle Tre Cime di Lavaredo scolpisce il trionfo in rosa di Nibali
L’altro Giro di Vanotti
Iniziò così un mio secondo Giro, non senza difficoltà: i dolori erano davvero forti e affrontarli anche nella quotidianità, senza sforzi, fu complicato. Avevo però un vantaggio: essere con la squadra mi consentì di sottopormi subito a terapie mirate insieme allo staff medico per velocizzare il mio recupero.
Si rivelò un’esperienza meravigliosa. Salutavo la squadra alla partenza e la ritrovavo all’arrivo. Aspettavo ogni giorno Vincenzo in camera avendo avuto tutto il tempo per sbrigare ogni incombenza necessaria per lui ancor meglio del solito, con più tempo, più calma, più meticolosità.
E’ il 26 maggio 2013: Vincenzo Nibali conquista il suo primo Giro d’ItaliaE’ il 26 maggio 2013: Vincenzo Nibali conquista il suo primo Giro d’Italia
Nibali che vola
Non seguivo le tappe in ammiraglia, ad eccezione della cronoscalata da Mori a Polsa, diciottesima tappa del Giro. Fu un’esperienza da fiato in gola, perché Vincenzo letteralmente volò. E mi resi conto, vedendolo da questo punto di vista inusuale, quanto stesse andando forte, quanta potenza avesse, quanto impulso riuscisse a dare alla sua pedalata.
Sul podio di Brescia, Vanotti guarda verso il suo capitano che ha conquistato il GiroSul podio di Brescia, Vanotti guarda verso il suo capitano che ha conquistato il Giro
Il podio con la squadra
Sul podio finale di Brescia salii pure io insieme a tutta la squadra: i compagni vestiti da corridori, io con la divisa di rappresentanza. Mi sentivo totalmente parte di quel gruppo, di quella vittoria. Alzai il trofeo, guardai Vincenzo, guardai i miei compagni, mi commossi. Ringraziai con il cuore il team Astana per quell’idea.
In serata a Villa Fenaroli, a Rezzato, scoppiò la festa di squadra insieme a tutte le famiglie: un evento meraviglioso, grandioso, eravamo dentro a un sogno. Rientrato a Bergamo, altra festa con il mio fan club per il terzo Giro vinto da gregario e, dopo pochi giorni, partimmo per il Kazakistan per un’altra festa nel Paese della squadra.
A Villa Fenaroli, nella serata di Brescia, la grande festa in onore della maglia rosaA Villa Fenaroli, nella serata di Brescia, la grande festa in onore della maglia rosa
In Kazakhstan da eroi
Furono giorni incredibili anche lì. Ci accolsero come eroi, la gente scese per strada ad acclamarci, le istituzioni ci omaggiarono, c’erano gigantografie di Nibali in ogni angolo del Paese. Le tv di Stato ci seguirono passo dopo passo: eravamo delle star.
Tornammo da quella sbornia di festeggiamenti e ripartimmo subito per un blocco di lavoro al Passo San Pellegrino perché c’era da preparare la Vuelta a cui Nibali puntava forte.
LA SCHEDA
Titolo: Gregario – Una vita a servizio dei campioni
Antonio Nibali riparte per il 2021 con una figlia e la consapevolezza di essere migliorato ancora un po'. Un bel programma e il Giro come momento forte
Mathieu Van der Poel corona il suo sogno: a Visegrad conquista la maglia rosa. Battuto un super Girmay. E intanto è incredibile la folla lungo le strade
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E’ davanti a te, Kimberley, è lì. Il traguardo è lì. Ma quel rettilineo sembra non finire mai. Le altre sono lì, Puck (la Pieterse, ndr) sembra sempre sul punto di raggiungerti. Tu non ti volti, guardi avanti. Non possono prenderti. E’ troppo importante, quel traguardo. Non lo guardi solo tu, lo guarda un popolo, chi abita con te, quello di Mauritius, una minuscola isola in mezzo all’Oceano Pacifico, dall’altra parte del mondo, è come se fosse lì con te. La prima volta di una ciclista africana a vincere una Monumento, a Liegi, a scrivere la storia. Manca poco, Kimberley…
La commozione dopo il traguardo. Per Kim Le Court Pienaar è il più grande successo, ma anche per le Mauritius da cui arrivaLa commozione dopo il traguardo. Per Kim Le Court Pienaar è il più grande successo, ma anche per le Mauritius da cui arriva
Il sacrificio della solitudine
Perché quel peso, quella responsabilità, l’hai sempre sentita. «Venire da così lontano – raccontavi lo scorso anno quando i primi giornalisti ti hanno avvicinato – da un Paese con pochissime opportunità, uno di quelli che “fanno colore” nella cerimonia inaugurale delle Olimpiadi e che tanti sentono citare ogni 4 anni, è qualcosa che le mie colleghe non hanno. Ti dà uno stato d’animo diverso. Diciamo che la vittoria io la voglio di più delle altre, perché so che cosa significa. Finisce una corsa e ci si saluta, si va a casa, magari una o due ore di volo e sei fra le braccia dei tuoi cari. Io no, io ho tutta la famiglia dall’altra parte del mondo. La sera mi ritrovo sola, con i miei pensieri, con quello schermo del PC o del cellulare per parlare con mio marito e la mia famiglia. No, non è lo stesso…».
Il marito. Nella sua storia, il marito ha un peso grande e un pezzo di quella vittoria è anche suo. Torniamo indietro nel tempo, a un paio di stagioni fa. Kimberley era un’apprezzata biker. Capace di conquistare il titolo continentale (cosa non facile, considerando il talento diffuso delle sudafricane), di sfiorare la medaglia ai Commonwealth Games, addirittura di vincere la Swiss Bike, una delle più prestigiose corse a tappe sulle ruote grasse. Ci sapeva fare, ma quello non è il ciclismo su strada. Non ha la stessa risonanza. La stessa popolarità. Gli stessi contratti.
Fino al 2023 la Le Court si dedicava più alla mtb, con buoni risultati tra cui il titolo africano (foto Facebook)Fino al 2023 la Le Court si dedicava più alla mtb, con buoni risultati tra cui il titolo africano (foto Facebook)
L’importanza del marito
«Io sono una che non crede molto nelle sue capacità. Mi vedete ridere, parlare con le compagne, ma sono molto timida e insicura. Gran parte del merito dei miei risultati è di chi mi sta intorno, di chi mi sprona, mi motiva, mi convince che posso fare qualcosa di speciale».
E’ inverno, nelle Mauritius. Il marito Ian, un biker anche lui, le dà la spinta: «E’ arrivato il momento di provarci, Kim».
«Non mi conosce nessuno, nel mondo della strada, perché dovrebbero scegliermi? Non sono neanche così giovanissima… Perché non puoi saperlo con certezza. Non sei la prima arrivata. Mettiamoci all’opera».
Una foto risalente addirittura al 2015, al suo successo a Oostkamp. Ma la strada non era stata la sua scelta (Facebook)Una foto risalente addirittura al 2015, al suo successo a Oostkamp. Ma la strada non era stata la sua scelta (Facebook)
Una mail… lanciata nell’Oceano
Kim e Ian si mettono con pazienza davanti al computer. Preparano una lettera, il curriculum di Kim, i suoi dati di allenamento. Raccolgono tutti gli indirizzi mail delle squadre WorldTour e inviano il messaggio a tutti, quasi come una bottiglia lanciata in mare con un foglio dentro (e il paragone, considerando la provenienza della Le Court, non è neanche tanto peregrino).
Tanti avvisi di lettura, qualche “grazie, le faremo sapere” e una risposta affermativa. D’altronde, ne bastava una. E’ della Soudal Ag Insurance che le dà un appuntamento. Chissà, non è dato sapere chi sia stato a leggere quella mail, a intuire che poteva essere un buon investimento. Quella scommessa è stata ripagata, ampiamente.
La ciclista africana sullo Jebel Hafeet, dietro la Malcotti. Il primo squillo di una grande stagioneLa ciclista africana sullo Jebel Hafeet, dietro la Malcotti. Il priimo squillo di una grande stagione
I prodromi di un grande successo
Pedala, Kimberley, il traguardo è lì, sempre più vicino e mentre vai avanti pensi a come ci sei arrivata, fino a quel punto. A chi ha imparato a riconoscerti, grazie a quella maglia di campionessa nazionale, tanto ma tanto simile a quella di campionessa del mondo. Sai, Kimberley, in quanti commentatori televisivi si sono sbagliati? Quante volte ti hanno confuso con la Kopecky, ad esempio lungo le rampe dello Jebel Hafeet all’ultimo Uae Tour, quando in mezzo a quel nugolo di italiane con Longo Borghini, Persico, Trinca Colonel, Malcotti c’eri anche tu, incrollabile, che non crollavi, che rientravi?
Molti hanno cominciato a conoscerti allora e poi hanno capito che non era un caso. Top 5 al Trofeo Binda, alla Sanremo, al Fiandre, alla Freccia Vallone. Quante ci avrebbero costruito una carriera su quei piazzamenti? Ma a te non bastava, sapevi che potevi avere di più. Perché dietro di te c’era un popolo. Anche lì, alla Liegi, quando ti avevano staccato e sembrava che la gara fosse persa non hai mollato e sulla Cote de la Roche aux Fauçons hai risalito la china rientrando sulle prime.
La maglia di campionessa nazionale, tanto simile (ma non uguale) a quella iridataLa maglia di campionessa nazionale, tanto simile (ma non uguale) a quella iridata
Quella bandiera in mezzo alla gente
Poi le hai guardate: «Risalivo il gruppo e vedevo che soffrivano. Anch’io soffrivo, ma sentivo anche che non dovevo mollare. Era troppo importante per me, e non solo per me». E ora sei lì, davanti, a spingere a tutta. Hai aspettato il momento giusto per lanciare la volata, hai indovinato la strategia per metterti alle spalle cicliste più abituate a vincere. Puck è lì, risale. Guardi ai bordi della strada e in mezzo a tante bandiere che sventolano, ne riconosci una. Quella nazionale delle Isole Mauritius. Di qualcuno che ci ha creduto, come te. Che per un giorno si sentirà a casa, ebbro di gioia. Grazie a te. No, Puck non ti riprenderà, Kimberley. Lei non ha un popolo a sospingerla…
Van Vleuten a Liegi. Prima il forcing sulla Redoute e poi l'attacco sulla Roche aux Faucon. Ma vincere non è più facile come prima: il gruppo è cresciuto
Il contest vinto ha permesso a Silvano Parodi di intervistare Lorenzo Germani. Ecco il suo articolo, a metà fra il debutto della Liegi e quello del Giro
LIENZ (Austria) – Una delle ultime occasioni per guardare negli occhi i protagonisti del prossimo Giro d’Italia ce l’ha offerta il Tour of the Alps. Così, al termine di cinque giorni davvero tosti nei quali ci sono stati continui rimescolamenti di classifica, è giunto il tempo di fare dei bilanci concreti. O per lo meno di cercare di farli. Se la Lidl-Trek e la Tudor hanno trovato le risposte che cercavano da parte dei loro leader non si può dire lo stesso della Red Bull-Bora-hansgrohe.
Il team tedesco era venuto a correre conJai Hindley nei panni del capitano e leader unico. Dopo il ritiro in altura le sensazioni sono state altalenanti, con prestazioni che sono andate di pari passo. Lo squillo del campione è arrivato con il secondo posto di San Candido. Per il resto l’australiano con la verve del surfista è stato lontano dai riflettori ogni volta che la strada saliva e lui, inesorabilmente, si staccava.
Al Tour of the Alps Hindley ha pagato tanto sulle salite e nei cambi ritmo imposti dai miglioriAl Tour of the Alps Hindley ha pagato tanto sulle salite e nei cambi ritmo imposti dai migliori
Cosa porti a casa da questa corsa, ti aspettavi molto…
Vero, mi aspettavo sicuramente un risultato diverso. Sono state tutte giornate complicate a loro modo, sia per la difficoltà del percorso sia per il maltempo che ha colpito la penultima tappa.
E’ stata una corsa molto aggressiva?
Siamo stati tutti al limite, credo. I protagonisti hanno corso alla grande e sono andati tanto all’attacco. Storer su tutti ha fatto vedere ottime cose. Non è stata una corsa ottimale per me, ma certe cose vanno così e va bene. Non resta che sperare di star meglio.
Nonostante il clima e la fatica la breve corsa a tappe è servita a Hindley per fare un ultimo passo in vista del GiroNonostante il clima e la fatica la breve corsa a tappe è servita a Hindley per fare un ultimo passo in vista del Giro
Dopo questo Tour of the Alps quale sarà il tuo passaggio verso il Giro?
Rilassarmi e prendere qualche giorno di riposo. Si è trattata di una corsa davvero dura, con salite impegnative. Penso sia stato un bene prendervi parte ed essere qui per fare un altro passo importante.
Al Giro tutti per Roglic o dividerete i gradi di capitano?
Saremo tutti per lui e al suo servizio. Sarà lui il grande leader. Il Giro però è una corsa lunga e bisogna sempre aspettarsi l’inaspettato.
Per Roglic e Hindley l’avvicinamento al Giro è stato completamente diverso, la squadra sarà davvero tutta per lo sloveno? (foto Instagram)Per Roglic e Hindley l’avvicinamento al Giro è stato completamente diverso, la squadra sarà davvero tutta per lo sloveno? (foto Instagram)
Con l’arrivo di Roglic sono cambiati un po’ gli equilibri per te e la squadra?
Sicuramente le occasioni di essere il capitano unico in corsa sono meno rispetto a prima e bisogna sfruttarle (al Tour of the Alps Hindley non è riuscito in questo intento, ndr). Nonostante tutto credo che il ciclismo moderno, soprattutto nei grandi appuntamenti, sia destinato a questo. Le squadre forti come la nostra devono avere più di un leader.
E’ una cosa che preclude qualche chance?
In realtà non proprio. Ci si può giocare le occasioni e controllare meglio il finale. Penso sia una modalità che possa aiutare tutti.
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L’ultimo fu Bugno e prima di lui Adorni. Andando indietro con la memoria, fu proprio l’indimenticato Gianni l’ultimo vincitore di Giro chiamato a commentare… il Giro d’Italia in tivù. Per questo l’arrivo di Stefano Garzelli accanto a Francesco Pancani porterà al pubblico del ciclismo un tocco di maglia rosa che non farà certo male.
In questi giorni, Stefano è stato impegnato con i sopralluoghi delle tappe: ultimo step prima di volare a Tirana per la partenza della corsa. Quando lo chiamiamo ha appena concluso la scalata del Mortirolo, in un rincorrersi di chilometri e ore che non concede respiro. Gli chiediamo che cosa pensi del Giro d’Italia e allora il discorso prende il largo fra l’occhio del corridore e l’opinione di chi nella sua gavetta di opinionista ne ha visti ormai tanti.
«E’ un Giro d’Italia da vivere alla giornata – dice – per cogliere l’occasione, secondo me fin dalla dall’Albania (in apertura, foto La Presse, ndr). Se lo analizziamo, è vero che ci sono dei tapponi. Quello di Saint Vincent. Ieri ho fatto la tappa di San Valentino (Brentonico). Chiaramente il Colle delle Finestre e Sestriere. Però credo che nel complesso non sia solo un Giro di tapponi. Se fossi ancora un corridore, vivrei alla giornata, perché ci sono tante occasioni…».
Stefano Garzelli, classe 1973, ha vinto il Giro nel 2000 (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)Stefano Garzelli, classe 1973, ha vinto il Giro nel 2000 (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
A cominciare dai traguardi volanti Red Bull?
Quelli davvero non sono da sottovalutare, danno 6 secondi ogni giorno. Quando hai due corridori un gradino sopra e dietro altri 4-5 sullo stesso livello, gli abbuoni possono essere decisivi.
Due cronometro, una già il secondo giorno.
Ayuso a crono è forte, alla Tirreno è andato bene. Roglic ha vinto le Olimpiadi della specialità, sulla carta è forte anche lui. Hanno qualcosina in più, però se prendiamo come terzo uomo Tiberi, non ci dimentichiamo che anche lui finora ha fatto i migliori risultati proprio a cronometro. Antonio non è tanto secondo a loro. Può perdere 5-10 secondi, ma non è uno di quei corridori, come ad esempio Landa, che perde un minuto.
Un Giro da vivere alla giornata, quindi il Roglic che di solito colpisce in finale rischia qualcosa?
Non ti puoi permettere di restare troppo a lungo alla finestra. Se ti attaccano Ayuso, Tiberi, Pidcock o Bernal, non puoi stare a guardare. Secondo me vedremo diversi tentativi di corridori che proveranno ad anticipare. Ci sono arrivi in salita e abbuoni che da corridore avrei cercato ogni giorno, per quel famoso vivere alla giornata. Spero che gli squadroni non corrano togliendo importanza a certi traguardi. Perché è certo anche che vedremo davanti i blocchi di quelle 4-5 squadre che terranno in mano la corsa, ormai il modo di correre è quello.
Roglic, vincitore del Giro 2023, non potrà pensare di attendere il finale. Con lui Pellizzari, Aleotti, Martinez e HindleyRoglic, vincitore del Giro 2023, non potrà pensare di attendere il finale. Con lui Pellizzari, Aleotti, Martinez e Hindley
Spesso lo spettacolo ne risente, soprattutto se non qualcuno fra i grandi con il coraggio per attaccare…
Per come correvo io, se potevo vincere la tappa o prendere l’abbuono, la mia squadra tirava. Poi potevo vincere o perdere, non è che vinci sempre. Però quello che mi piacerebbe vedere sono squadre che non regalano le tappe e che lottino per i traguardi intermedi.
Fra gli squadroni che tengono in mano la corsa, solo la Red Bull-Bora negli anni ha dimostrato di saper correre per far saltare i piani. Ci aspettiamo qualche invenzione di Gasparotto?
In realtà, credo che Gasparotto con il suo nuovo incarico non seguirà il Giro. Tuttavia sono certo che, pur non essendo presente, seguirà la squadra nei meeting e nei briefing. “Gaspa” è uno che ha una mentalità simile alla mia, magari l’ha trasmessa ai suoi direttori sportivi.
La UAE Emirates e la Red Bull hanno organici notevoli…
La prima accanto ad Ayuso avrà Del Toro e Adam Yates, dei gregari niente male… La Red Bull porta Hindley, Martinez e anche Pellizzari. Quando l’ho visto al Catalunya, ho capito subito che Giulio lo avrebbero portato al Giro. In come si è mosso nella tappa che poi vinse Ayuso, mi sono rivisto al Giro dei Paesi Baschi 1997 con Pantani, quando decisero di farmi debuttare al Giro.
Roglic in corsa lo voleva al suo fianco, ha capito la qualità dell’atleta e del ragazzo…
Roglic non è uno sprovveduto, sa che se lo porta al Giro, avrà un corridore che farà di tutto per il suo capitano. E in quel momento hanno pensato di risparmiargli il Giro dei Paei Baschi, per dirottarlo sul Giro.
La coppia Ayuso-Del Toro ha funzionato benissimo alla Tirreno vinta dallo spagnolo. In aggiunta la UAE avrà Adam YatesLa coppia Ayuso-Del Toro ha funzionato benissimo alla Tirreno vinta dallo spagnolo. In aggiunta la UAE avrà Adam Yates
La seconda settimana inizia col riposo, poi la crono e il mercoledì si sale il San Pellegrino in Alpe…
Io su quella salita ho ipotecato il Giro del 2000, anche se arriva a metà tappa. Se qualcuno ha il coraggio di muoversi in anticipo, davanti restano i big e poi trovi il modo per giocarti la tappa. Non c’è da aspettare il finale. Magari la UAE Emirates può far partire De Toro e la Red Bull può anticipare con un altro. Chi pensa di poter vivacchiare, potrebbe avere un brusco risveglio.
Il resto della settimana servirà a recuperare un po’?
E’ abbastanza interlocutoria. Viadana è facile, Vicenza sarà spettacolare ma non farà grossi danni e Gorizia è facile. Poi però arriva Asiago e prima c’è il Monte Grappa e lì si ricomincia a ballare, perché la salita è lunga, poi c’è la discesa e subito altri 15 chilometri all’insù a 20 chilometri dall’arrivo. Poi il riposo e poi si ricomincia…
E si ricomincia con la tappa di San Valentino, che proprio semplice non è.
Infatti ho voluto inserirla fra le ricognizioni da fare. Sono 5.000 metri di dislivello con 5 salite. Viene dopo il terzo giorno di riposo. La prima parte della salita finale è facile fino a Brentonico, poi arrivano rampe anche al 20 per cento. Questo è un tappone, non va tanto in alto, ma è duro. E il giorno dopo ci sono Tonale e Mortirolo.
Giro 2024, Tiberi e il Grappa. La scalata tornerà anche quest’anno e Antonio torna con ben altre ambizioniGiro 2024, Tiberi e il Grappa. La scalata tornerà anche quest’anno e Antonio torna con ben altre ambizioni
Per un ragazzo giovane come Ayuso può esserci un problema di tenuta nella terza settimana?
E’ arrivato sul podio della Vuelta a vent’anni, credo sia abbastanza preparato. Conosco Juan da quando è bambino, dai suoi 10 anni, visto che praticamente è di Valencia. Il suo massaggiatore è Paco Lluna, che era con Pantani e con me alla Mercatone Uno. Se sono andato a vivere a Valencia fu per lui, quindi siamo amici. Alla Valenciana ero con l’organizzazione e un giorno Paco mi dice che, finita la corsa, andrà a Sierra Nevada con Ayuso. E allora gli chiedo: come va? E lui: «Fa paura!». Infatti Matxin voleva portarlo alla Valenciana, ma Juan ha detto di no.
Perché?
Voleva prepararsi per vincere in Francia e ha vinto la Faun Dome Classic. Il Laigueglia e lo ha vinto. La Tirreno che ha vinto. E adesso vuole provare a vincere il Giro. Mentalmente è preparato, magari bisognerà tenerlo a freno in alcune situazioni, perché non esageri nel farsi prendere dall’entusiasmo. Però io nella mia carriera non ho conosciuto un altro atleta con quella determinazione. Ed è così da quando era un bambino. Allievo di primo anno e allievo di secondo anno, campione di Spagna crono e strada. Juniores primo anno juniores secondo anno, campione di Spagna crono e strada. E anche quando ha vinto il Giro di Italia U23, il vantaggio sul secondo fu di 3 minuti. E’ davvero forte.
Anche Red Bull ha bei nomi…
Hanno Hindley che il Giro l’ha vinto nel 2022. Martinez, secondo nel 2024 che quest’anno ha cominciato a correre tardissimo e sarà freschissimo. Hanno ovviamente Roglic, il vincitore del 2023. E hanno Pellizzari. Magari Roglic rischia di sentirsi stretto, è una situazione che a me non esalterebbe, ma è innegabile che la squadra ci sia.
Giro d’Italia 2021, Bernal e la sua maglia rosa, fra Caruso e Simon Yates: il colombiano avrà quello stesso livello?Giro d’Italia 2021, Bernal e la sua maglia rosa, fra Caruso e Simon Yates: il colombiano avrà quello stesso livello?
E Ciccone?
Deve assolutamente far classifica, come Carapaz, Landa, Gee e anche Piganzoli, che penso possa fare un buon Giro. E’ un ragazzo costante, si è allenato bene, poi chiaramente con i consigli di Ivan (Basso, ndr) e di Contador può gestirsi benissimo.
Cosa diciamo del gran finale in Val d’Aosta?
Il gran finale è il gran finale, la Val d’Aosta non ti regala niente. Il primo giorno, si fanno Tzecore, Saint Panthaleon, Col de Joux e Antagnod. Il San Panthaleon si fece nel 1997, nella tappa di Cervinia la vinse Gotti, secondo Miceli, terzo io. Fu il mio primo risultato importante e ricordo che attaccai. All’inizio ci stavano riprendendo, ma con me avevo Gotti. Non dico che quel giorno gli feci vincere il Giro, ma quasi. Io attaccai, lui mi venne dietro in discese e alla fine vinse. Ho un bel ricordo di quella salita, perché c’era anche nell’unico Giro della Valle d’Aosta che abbia mai fatto. Sono 5.000 metri di dislivello ed è il 19° giorno.
E l’indomani, casomai fosse poco, si arriva a Sestriere dopo il Colle delle Finestre…
Il Finestre è duro, lungo e sterrato. Ventesima tappa, può cambiare ancora tutto.
La 20ª tappa del Giro d’Italia si concluderà a Sestriere dopo la scalata del Colle delle Finestre e potrebbe cambiare ancora tuttoLa 20ª tappa del Giro d’Italia si concluderà a Sestriere dopo la scalata del Colle delle Finestre e potrebbe cambiare ancora tutto
Emozionato di raccontare un Giro così con Pancani?
Avevo già fatto due Tour come primo commento: uno con Andrea De Luca e uno con Rizzato. Con Pancani abbiamo fatto altre corse, però per me commentare il Giro dopo 12 anni di gavetta è una bella soddisfazione. Si dice che per gli italiani il Giro è il Giro, lo è anche per noi commentatori italiani. E per me che il Giro l’ho vinto, ha davvero un sapore speciale…
CESME (Turchia) – Le linee che demarcano le postazioni di fotografi, massaggiatori e giornalisti sono abbastanza vicine all’arrivo: per questo l’urlo che lancia Elia Viviani fa quasi spavento. E’ forte, potente. Uno sfogo… se vogliamo. E forse lo è.
Il corridore della Lotto torna alla vittoria. E’ la sua prima del 2025, nonostante abbia appena pochi giorni di corsa nelle gambe.
Era un arrivo tecnico: mentre aspettavamo la corsa, tra di noi pensavamo: «Vedrai che in un arrivo così, Viviani lascia il segno. Sicuramente se lo sarà studiato bene». Una lunga semicurva verso destra, ultimi 100 metri al 2 per cento, vento contrario leggermente di traverso. Sprint da gambe, ovvio, ma anche da testa. E la testa il campione olimpico di Rio 2016 su pista ce l’ha. L’ha sempre avuta.
Anche oggi strade di incredibile bellezza. E che vento… Da segnalare nella fuga di giornata la presenza di Valerio ContiAnche oggi strade di incredibile bellezza. E che vento… Da segnalare nella fuga di giornata la presenza di Valerio Conti
Una corsa a tappe per Elia
E così quell’urlo ha messo tutto a posto. I nostri pensieri e soprattutto quelli di Viviani. Giusto ieri ci aveva detto che aspettava le ultime due frazioni per fare qualcosa. Che il giorno di riposo forzato, dovuto all’annullamento della tappa per pioggia in questo “blocco di lavoro”, non lo aveva gradito tantissimo.
«Sono qui per fare volume e magari è stata un’occasione in meno. Avevo proprio bisogno di questi sette-otto giorni di gara. Conto di buttarmi nella mischia sabato e domenica. Che poi sia per il quarto, quinto, sesto o primo posto lo vediamo: sappiamo che le volate sono caotiche, però voglio sprintare, voglio esserci, farle».
Per Viviani una grande intesa con De Buyst ma anche con gli altri ragazzi. Abbiamo visto come lo hanno cercato dopo il traguardoPer Viviani una grande intesa con De Buyst ma anche con gli altri ragazzi. Abbiamo visto come lo hanno cercato dopo il traguardo
E le ha fatte: novantesima vittoria. L’89ª risaliva addirittura all’ottobre 2023. Troppo per un campione del suo calibro. Dopo l’arrivo, l’abbraccio con i nuovi compagni è sincero, forte… Viviani si è accasato bene.
E che sia davvero un grande del ciclismo, lo si capisce anche dal fatto che prima di salire sul podio, nel dietro le quinte, persino i giudici dell’UCI vanno a congratularsi con lui. Un grosso signore turco, al via in un inglese stentato, gli aveva detto che era una leggenda. Insomma, questo Viviani è davvero internazionale.
Una foto particolare della volata. Gli ultimi 100 metri tiravano molto. Azzeccare il rapporto era vitale (foto Instagram – Frontset)Una foto particolare della volata. Gli ultimi 100 metri tiravano molto. Azzeccare il rapporto era vitale (foto Instagram – Frontset)
Elia, che urlo! Ma soprattutto che vittoria…
Sono felice, ci voleva…
Che sprint è stato?
Con Jasper De Buyst, uno dei migliori apripista al mondo, sapevamo che c’era vento contro e anche che l’arrivo tirava un po’ in su. Quando lui è partito ai 500-600 metri ho pensato: «Ecco, siamo lunghi». Quando mi hanno anticipato, mi sono impanicato un attimo e ho pensato che fossero andati via. Però appena ho preso velocità in scia ho capito che ancora potevo saltarli sulla sinistra.
Anche perché c’era un po’ di vento contro e stare coperti fino alla fine non era male, forse?
Diciamo che mi sono reso conto proprio negli ultimi 100 metri che ancora era fattibile, perché all’inizio sembrava che loro avessero più gambe. Ma poi ho visto che la velocità non scendeva.
Abbiamo dato una sbirciata alla tua bici: era un setup apposito per questa tappa?
No, uso spesso la corona piena da crono, che è più aero, da 55 denti. Da quest’anno uso sempre il 55 perché comunque le velocità sono sempre più alte e mi piace andare un po’ agile. Dietro ho sempre la cassetta 11-34. Le ruote di oggi sono le Zipp 454, giuste per ogni terreno: non troppo veloci ma neanche troppo leggere. Un buon compromesso.
Cosa ti è passato per la testa quando hai tagliato per primo quella linea?
Quello che avevo in testa era ciò che ho detto qualche giorno fa: dovevo fare una corsa a tappe per riuscire ad elevare la mia condizione. Ieri ho detto che vorrei finire in crescendo qui per poi continuare a fare bene a Dunkerque. Ci sono tante occasioni nei prossimi dieci giorni per me. Rompere il ghiaccio sembra sempre la parte più difficile, quindi bisogna continuare ad essere forti con la testa, crederci… ma con la consapevolezza che ci sono degli step da rispettare.
La Orbea Orca di Viviani: ruote alte ma non altisisme (da 454 mm), pedivelle da 172,5 mm, tubeless da 28 mm, manubrio con attacco da 140 mm e largo 38 cm. Massimo rapporto 55×11La Orbea Orca di Viviani: ruote alte ma non altisisme (da 454 mm), pedivelle da 172,5 mm, tubeless da 28 mm, manubrio con attacco da 140 mm e largo 38 cm. Massimo rapporto 55×11
Ci hai detto di De Buyst, ma nel finale vi abbiamo visti lavorare compatti…
E’ ovvio che i meccanismi di un lead-outing perfetto sono sempre da oliare. Abbiamo Joshua Giddings, che è un ragazzo giovane, davanti a De Buyst. Jasper può fare due tipi di lead-out: uno da solo, quindi mettermi in una posizione migliore, oppure un lead-out perfetto seguendo i nostri compagni. Ci stiamo lavorando, ma visto che il tempo non è molto, ci buttiamo negli sprint in due, senza articolare un vero treno.
Perché?
Per essere sicuri di fare la volata, che è quello che voglio in questo momento. Non abbiamo tempo per provare meccanismi e aspettare che vadano bene.
Ecco, provare meccanismi… però tu sei Viviani: sei arrivato qui in questa squadra e, in qualche modo, l’hai presa in mano. Come sta andando con la Lotto?
Sicuramente la squadra, se mi ha preso in quel momento, aveva bisogno di ragazzi di esperienza. E’ un gruppo giovanissimo, tantissimi arrivano dal devo team della Lotto e devono fare esperienza. A ogni gara abbiamo uno della continental, quindi è segnale che vogliono integrare i giovani nel gruppo professional. E’ vero, siamo in un anno in cui Lotto sta soffrendo un po’. Negli anni scorsi hanno messo al sicuro la licenza WorldTour e adesso stanno un po’ rifondando la squadra. Ma sono sicuro che si troverà la via giusta. Van Eetvelt è il faro che sta tenendo bene il gruppo. Ho vissuto situazioni simili anche in altre squadre: quando arrivano le vittorie e si rompe il ghiaccio, poi tutta la squadra va dietro.
Viviani ha preceduto Kristoff e Davide Persico. Nella generale guida sempre Poels con 16″ sul compagno LopezViviani ha preceduto Kristoff e Davide Persico. Nella generale guida sempre Poels con 16″ sul compagno Lopez
Ieri parlavamo del ritmo gara che ti mancava. Quanto è difficile trovarlo?
Molto, per questo volevo fare una corsa a tappe. Allenarsi e poi fare una corsa ogni dieci giorni non poteva essere sufficiente specie dopo un inverno così particolare. A me serve correre e questa gara spero mi farà bene. Per me è impensabile fare come i giovani di oggi che non gareggiano per mesi, arrivano e vanno forte. Non lo è mai stato, figuriamoci ora a 36 anni.
Elia, quali sono i tuoi programmi da qui in avanti?
Dopo questo Presidential Tour of Turkey andrò a Dunkerque. Sia io che la squadra vogliamo vedermi davanti. Vogliamo vedere qualche bell’ordine d’arrivo, quindi andare vicino alla vittoria nei prossimi dieci giorni sarà importante. A Dunkerque ci sono molti sprinter, è importante mandare qualche segnale. Poi seguiranno altre gare. Per il resto della stagione vedremo. Farò delle corse di un giorno in vista del campionato italiano. Arnaud De Lieè l’atleta di riferimento della Lotto per il Tour, quindi al momento è più Vuelta che Tour.
Peter Sagan è fra i più attesi sul traguardo di Canale. La pioggia scombussola i piani dei velocisti. Ma con la dirigenza della Bora i rapporti restano tesi
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Con il terzo posto alla scorsa Liegi-Bastogne-Liegi, Ben Healy ha conquistato il suo primo podio in una Monumento. Un risultato arrivato dopo tre stagioni in cui abbiamo imparato a conoscerlo e a riconoscerlo: sempre in fuga, sempre all’attacco, con quella testa leggermente piegata sulla sinistra.
Nel 2023 si è rivelato al mondo con un 2° posto all’Amstel Gold Race e un 4° alla Liegi, e da quel momento non ha smesso di crescere e stupire. Ma chi è davvero Ben Healy? E dove può arrivare ora che, a 25 anni, è nella piena maturità? L’abbiamo chiesto al suo direttore sportivo all’EF Education-EasyPost, Charly Wegelius.
L’inglese Charles Wegelius (classe 1978) è dal 2017 a capo dello staff della EF Education-EasyPostL’inglese Charles Wegelius (classe 1978) è il diesse della EF Education-EasyPost
Charles, ci racconti com’è stato il tuo primo impatto con Healy?
Aveva già fatto ottimi risultati come dilettante e per questo lo abbiamo voluto con noi. Nel primo anno abbiamo deciso di farlo correre senza cercare picchi di forma specifici per poter decidere un programma misto, in modo da capire dove inquadrarlo nel ciclismo di questo livello. La stagione successiva (2023, ndr) abbiamo puntato più specificatamente sulle gare di un giorno. Quell’anno cadde a febbraio e mi ricordo che fece dei lavori impressionanti sui rulli, al punto che poco dopo riuscì ad arrivare 2° all’Amstel dietro Pogacar e disputare un ottimo Giro d’Italia. Proprio in virtù di quell’esperienza, in questa stagione abbiamo cercato di ricreare una programmazione simile al 2023, e per ora direi che sta funzionando.
Quindi avete capito presto di avere tra le mani un corridore di qualità?
Tutti i corridori che arrivano in una squadra come la nostra hanno grandi qualità, ma poi bisogna capire come farle fruttare. Dopo aver visto quello che Ben ha fatto già il primo anno, quando come dicevo abbiamo evitato di fare lavori specifici, ci ha convinti del suo valore. A quel punto non ci voleva un genio a capire che con una preparazione mirata sarebbe solo migliorato. E infatti così è stato.
Ben Healy all’ultima Liegi attacca con sua caratteristica andatura, finirà 3° dietro Pogacar e CicconeBen Healy all’ultima Liegi attacca con sua caratteristica andatura, finirà 3° dietro Pogacar e Ciccone
Torniamo al 2025. Quali saranno gli obiettivi dopo la primavera?
Ora si prenderà un periodo di pausa dalle gare e preparerà il Tour. Poi punteremo ai mondiali e poi alle classiche di fine stagione in Italia.
Al Tour si concentrerà sulle tappe o proverà a fare classifica?
La classifica per ora la scartiamo, perché vorrebbe dire fare una gara anonima e precludersi obiettivi più grandi. Per lui in questo momento conviene uscire di classifica e puntare a qualche tappa specifica, magari meno del solito, ma in maniera più precisa. Anche se non è facile con lui, perché ha sempre tanta voglia di attaccare. Potrebbe anche pensare alla maglia a pois, ma quello si vedrà al momento in base a come andrà la corsa. Certo per uno come Ben resta un obiettivo possibile.
All’Amstel Gold Race del 2023 Healy è riuscito a staccare un campione come PidcockAll’Amstel Gold Race del 2023 Healy è riuscito a staccare un campione come Pidcock
Hai detto che non sempre è facile tenerlo fermo. Quel modo di correre è quello che l’ha fatto amare fin da subito dai tifosi.
Sì, questa è una sua caratteristica, ma non vuol dire che sia un cavallo pazzo, anzi. E’ consapevole sia delle sue capacità che dei limiti, e corre di conseguenza. Per fortuna di tutti, il risultato è che spesso questo crea delle gare molto divertenti, ma c’è sempre un pensiero dietro. Lui sa che può mantenere delle velocità alte per molto tempo e il ciclismo di oggi ti obbliga a partire da lontano, ad anticipare, anche perché lui non ha un grande spunto in volata e quindi sa che deve arrivare da solo.
Per ora l’abbiamo visto in azione nelle classiche. Un giorno credi che potrà puntare alla classifica in un Grande Giro?
Non vogliamo scartare nulla, perché sta crescendo ancora. Prima o poi vorremmo provare a fare classifica in una corsa di una settimana e da lì vedere come va. Quando ci sarà spazio proveremo a sperimentare e capiremo assieme. Non penso che abbia già raggiunto i suoi limiti fisici. E se non ci fosse Pogacar…
Alla Liegi 2025 per la seconda volta l’irlandese ha condiviso il podio con Pogacar Alla Liegi 2025 per la seconda volta l’irlandese ha condiviso il podio con Pogacar
A proposito di Pogacar, abbiamo visto quel simpatico siparietto al termine della Liegi, quando Healy gli ha chiesto quando ha intenzione di ritirarsi. Pensando già in ottica Lombardia, come si fa a battere questo Pogacar, anticipando gli attacchi sempre di più?
Il problema è che non solo lui è fortissimo, ma ha una squadra di altissimo livello. Bisogna prendere atto della sua superiorità e accettare il fatto che la sua presenza cambia anche tatticamente la corsa. Ma non bisogna darsi per vinti prima di partire, anche lui è un essere umano e noi ci proveremo sempre. Come con la pioggia o con il sole c’è la tendenza a pensare che quello che abbiamo di fronte durerà per sempre, ma non è così. Arriverà il momento in cui anche Pogacar sarà battuto, in cui ci sarà uno spiraglio di luce, e quel giorno Ben sarà pronto.
Veniamo al Ben Healy corridore e uomo, ci racconti che tipo è?
E’ un ragazzo molto tranquillo, non è uno che alza la voce, ha una buona anima, pensa sempre tanto prima di parlare. Ha cervello, capisce quello che gli succede attorno. Fuori dalla sua bolla, per esempio è uno di quei corridori che nota tutto il lavoro che fa lo staff per lui. Quando ci parli devi essere preparato anche tu, perché conosce bene gli aspetti tecnici del ciclismo, come l’aerodinamica e la meccanica. Direi che in generale è molto facile lavorare con lui.
Al Giro 2023 Healy ha vinto a Fossombrone la sua prima corsa nel WT. Quest’anno riuscirà a fare sua anche una tappa al Tour?Al Giro 2023 Healy ha vinto a Fossombrone la sua prima corsa nel WT. Quest’anno riuscirà a fare sua anche una tappa al Tour?
Con il terzo posto alla Liegi Healy è entrato di diritto nel novero dei più forti corridori al mondo nelle classiche da scalatori. Oltre alla gambe quanto conta il carattere per raggiungere questi livelli?
Direi che ci sono tanti corridori molto forti, ma spesso quello che distingue quelli che hanno un livello superiore è la mentalità. Tutti fanno sforzi e sacrifici, ma quelli superiori hanno un carattere differente. Hanno qualcosa di diverso, una determinazione, una consapevolezza, che si vede ancora di più nelle gare di un giorno. Perché sai che quelle poche ore si concentrano magari mesi di lavoro e devi avere una mentalità particolare per non farti prendere dall’ansia e dare il meglio di te. Lì, in quel momento. Mio padre lavorava con i cavalli e mi diceva che i più forti avevano un carattere speciale che notava subito. Secondo me con i corridori è simile, i campioni hanno qualcosa di particolare che li differenzia dagli altri. E Ben rientra sicuramente in questa categoria.
LIENZ (Austria) – Nemmeno il tempo di godersi la fine del Tour of the Alps, nel quale si è conclusa la seconda corsa a tappe di questa stagione, che Lennard Kamna ha già attaccato nuovamente il numero alla schiena e ora si trova al Tour de Romandie. Il tedesco nato a Wedel, una cittadina a pochi minuti da Amburgo e affacciata sul fiume Elba, è tornato in gruppo dopo un anno.
La scorsa stagione, quando ancora vestiva la maglia della Red Bull-Bora-hansgrohe, fu coinvolto in un grave incidente stradale mentre si trovava a Tenerife. Kamna stava lavorando in vista del Giro d’Italia e proprio il Tour of the Alps sarebbe stata la tappa conclusiva di quel cammino.
Il rientro alle corse per Kamna è avvenuto alla Volta a CatalunyaIl rientro alle corse per Kamna è avvenuto alla Volta a Catalunya
Primi feedback
Ritrovare Kamna al foglio firma ci ha fatto un grande piacere, come rivedere qualcuno di caro dopo tanti mesi. La corsa a tappe dell’Euregio non era uno step in vista di grandi obiettivi futuri, ma ha rappresentato un altro passo in una rincorsa per ritrovare se stesso.
«Sto bene, in realtà – ci ha raccontato nella mixed zone di Lienz alle spalle del foglio firma – finalmente direi. E’ bello essere tornati in gara, devo dire che ho fatto tanta fatica in questi cinque giorni. Non è semplice tornare in gruppo e avere la giusta condizione, soprattutto dopo uno stop così lungo, però sento di migliorare volta per volta. A dire il vero non vedo l’ora che arrivino le prossime gare. La Lidl-Trek mi ha contattato nel mese di novembre».
Il TotA ha rappresentato un altro mattoncino nella ricostruzione della forma e della condizioneIl TotA ha rappresentato un altro mattoncino nella ricostruzione della forma e della condizione
Lenta ripresa
Lennard Kamna compirà 29 anni il prossimo 9 settembre e in carriera è stato in grado di vincere tre tappe in tutti i Grandi Giri. Una prova di forza non da poco, ma quando tutto si è fermato un anno fa la paura di non ripartire si è impossessata di lui. Questo pensiero gli ha occupato la mente durante tutto l’inverno e anche nei mesi precedenti. Alla fine è arrivata la Lidl-Trek, una squadra nuova pronta a fargli riallacciare il filo con il ciclismo ad alti livelli.
«Non è facile tornare indietro con il pensiero e la memoria – ha spiegato Kamna – si è trattato di un lungo periodo in cui sono stato lontano dalla bici. Non potevo allenarmi correttamente e mi ci è voluto parecchio tempo per tornare ad un livello accettabile e riprendere i lavori che prima erano la base della mia preparazione. Ora sono tornato a poter correre nel WorldTour e ne sono felice, ma non sono di certo al punto in cui ero prima dell’incidente. Penso ci vorrà ancora un po’ di tempo per questo. Essere in corsa però per me è un ottimo segnale, devo solo continuare ad andare avanti».
L’affetto dei tifosi è rimasto invariato, d’altronde Kamna ha conquistato la simpatia di tutti con le sue vittorieL’affetto dei tifosi è rimasto invariato, d’altronde Kamna ha conquistato la simpatia di tutti con le sue vittorie
Vincere ancora
Quando entri nel ristretto club di corridori in grado di vincere una tappa al Giro, al Tour e alla Vuelta vuol dire che i numeri sono quelli di un grande atleta. Ma per vincere in certe gare non bastano i valori che si leggono sul ciclocomputer, il primo alleato è la testa e Kamna dimostra di non aver perso lo spirito che lo ha sempre contraddistinto.
«E’ stato parecchio difficile riprendere – ha detto ancora – perché ero al punto in cui facevo fatica a pedalare due ore a 180 watt. La squadra mi ha dato tutto il tempo necessario e mi ha supportato alla grande e di questo sono davvero felice. L’obiettivo in questa stagione è tornare a vincere una gara, credo che ogni ciclista professionista debba avere una mentalità vincente. Chiaramente prima di farlo devo tornare al mio livello ma non nascondo che ci penso molto».
E’ una stagione abbastanza strana, quella che sta vivendo Matteo Fiorin. La scarsità di eventi ufficiali su pista permette di affrontare più gare su strada e questo gli sta consentendo di incamerare tanta esperienza, ma anche belle sensazioni, come quelle vissute a cavallo della Festa della Liberazione, quando fra venerdì e domenica ha messo in cascina due successi di peso nella categoria under 23.
Una doppietta in 48 ore non è cosa da tutti i giorni e testimonia non solo il suo grado di forma ma anche la serenità con la quale sta vivendo questa fase particolare della sua carriera, perché a 19 anni Matteo ha fatto già scelte importanti, attuando un “piano B” in attesa della chiamata di un team professionistico.
Il successo alla Coppa Caduti Nervianesi è il primo ottenuto da U23, battendo Cataldo (foto Di Vincenzo)Il successo alla Coppa Caduti Nervianesi è il primo ottenuto da U23, battendo Cataldo (foto Di Vincenzo)
«Dopo la fine della scuola, che quest’anno mi consente di avere più tempo e testa per allenarmi, ho scelto di far parte del Gruppo Sportivo dell’Esercito, sin dallo scorso luglio. E’ stata una scelta ponderata, in modo da avere intanto qualche certezza per poter continuare nella mia attività divisa fra strada e pista e devo dire grazie ai vertici del corpo militare per avermi dato quest’opportunità».
Una scelta fatta nell’eventualità che “la chiamata” non arrivi?
Diciamo che è un punto fermo per proseguire su quel cammino che nei miei sogni deve portarmi alle Olimpiadi e la pista è la maniera migliore per arrivarci. Su un concetto sono estremamente deciso: l’abbinamento fra strada e pista e una “conditio sine qua non” per firmare qualsiasi contratto con qualsiasi squadra. Non trovassi un accordo valido continuo come sto facendo, tanto è vero che alla MBH mi trovo molto bene.
Finora Fiorin ha fatto 7 corse su strada con 2 vittorie e un secondo posto al GP dell’IndustriaFinora Fiorin ha fatto 7 corse su strada con 2 vittorie e un secondo posto al GP dell’Industria
Come stai vivendo questa stagione invero un po’ atipica?
Io dico che va bene per questo momento della mia carriera, avere meno impegni è una buona cosa perché posso imparare. Tra l’altro ho finito la scuola ma non ho smesso di studiare, frequento l’università online per prendere la laurea in Scienze Motorie, ma questo mi consente di gestire molto meglio il mio tempo. E vedo che il lavoro sta dando frutti. Diciamo che è come se stessi mettendo i tasselli al posto giusto, nella gestione delle gare e nel rapporto con la squadra.
E’ da questo che sono scaturite le due vittorie?
Sì e non è cosa da tutti i giorni farlo in maniera così ravvicinata. Il 2024 non è stato un anno facile, con una doppia frattura alla clavicola ho potuto fare solamente 8 gare su strada, quindi devo recuperare il tempo perso. E’ stato un anno transitorio, non per mia volontà.
La volata vincente alla Vicenza-Bionde, battendo Fantini e Menghini (Photobicicailotto)La volata vincente alla Vicenza-Bionde, battendo Fantini e Menghini (Photobicicailotto)
Anche perché per un velocista quale tu sei c’è tanto lavoro anche per costruire il giusto amalgama con i compagni, per allestire il giusto treno per la volata…
Infatti fino all’inizio di questa stagione si vedeva che qualcosa non quadrava, non riuscivamo a capitalizzare il lavoro e non riuscivo a esprimermi al meglio in volata. Ora come detto il puzzle si va completando e mi sento molto più tranquillo e in sintonia tecnica con i compagni.
Quanto tempo dedichi alla pista?
Per ora vado una volta a settimana. Con il cambio tecnico alla guida del gruppo comincio a notare molte differenze, anche perché con Salvoldi sono abituato a lavorare. Ho ripreso a fine marzo facendo lavori che erano confacenti alle mie caratteristiche e non è un caso se, dopo la trasferta che ho fatto per una tre giorni a Gand dove con Stella abbiamo chiuso la madison al 4° posto, appena tornato ho colto due vittorie. La pista ti dà qualcosa di speciale, lo dico sempre.
Dallo scorso luglio Fiorin è entrato nell’Esercito, una scelta fatta pensando alla pistaDallo scorso luglio Fiorin è entrato nell’Esercito, una scelta fatta pensando alla pista
Perché?
Perché ti dà quel ritmo in più che su strada può fare la differenza. La trasferta belga ci ha anche dato parametri importanti su dove dobbiamo lavorare per migliorare. La madison si costruisce soprattutto con la sintonia fra i ragazzi: per me con Stella era la prima volta, ma sappiamo che insieme (e anche con Sierra) formiamo un trio intercambiabile di gente adatta a quel tipo di corsa, dobbiamo solo affinare i meccanismi, perché il colpo d’occhio c’è.
Tu hai anche corso in mezzo ai professionisti, a Umago come alla Milano-Torino. Che esperienza è stata?
Un mondo diverso. La Milano-Torino è stata una sorpresa, sono stato convocato all’improvviso per sostituire un compagno ed è stata una grande esperienza, una gara tutta piatta dove il ritmo non era neanche esagerato fino a Superga. Lì ho visto tantissima gente aspettare il nostro passaggio ed è stata una grande emozione.
La pista resta il suo primo obiettivo. Quest’anno fari puntati sugli europei U23 di Anadia, 15-20 luglioLa pista resta il suo primo obiettivo. Quest’anno fari puntati sugli europei U23 di Anadia, 15-20 luglio
Che differenza c’era fra le due vittorie?
A Nerviano è stata molto sentita, era da quando correvo da junior che non vincevo, decisamente troppo… Cominciavo ad avere qualche “fantasma” nella testa, avevo bisogno di un’iniezione di autostima. Soprattutto per le mie qualità di sprinter. Lì la volata l’ho presa di petto, alla Vicenza-Bionde è stata più tattica, anche perché a 500 metri dal traguardo c’è stato qualche problema nel nostro treno e ai 300 mi sono trovato a dover lanciare uno sprint lunghissimo. Ma sono riuscito a cavarmela…
Maggio che cosa ti riserva?
Innanzitutto tanto allenamento perché ho bisogno di mettere chilometri nelle gambe, poi si vedrà se sarò convocato per il Giro d’Ungheria. Ma senza mai rinunciare alla pista anche perché voglio tanto essere agli europei under 23. Intanto penso a guadagnarmi la convocazione. Un passo per volta…
SELCUK (Turchia) – Uliveti e coltivazioni di pesche si susseguono senza sosta lungo l’anello di 156 chilometri che parte e arriva da questa cittadina nel Sud-Ovest dell’Anatolia, Selcuk la moderna Efeso. L’area archeologica ci attende subito dopo la tappa. Dopo aver ascoltato quanto detto dalla guida, tra colonne, templi e teatri ci viene da pensare che dopo i Greci e i Romani, ora tocca agli XDS-Astana dominare questa antica città.
Il Tour of Turkiye aggredisce questa frazione, forte anche del riposo forzato del giorno precedente: tappa sospesa per troppa pioggia… non senza una certa coda di polemiche.
C’è vento in basso nelle vallate più grandi, ma all’improvviso le strade larghe diventano prima strette, poi strettissime e il vento cala un po’. Si va nella Turchia più autentica, fatta di case vecchie, contadini e… gente con lo smartphone in mano pronta a riprendere i corridori. Si respira un’aria di una genuinità strabordante e si ammirano paesaggi bellissimi.
Ogni volta che si passava in un centro abitato la gente non mancava. E quanti bambini, quante scolaresche…Dopo la tappa siamo stati a visitare il sito UNESCO di Efeso, città antichissima ricca di storia, una delle prime metropoli del MediterraneoOgni volta che si passava in un centro abitato la gente non mancava. E quanti bambini, quante scolaresche…Dopo la tappa siamo stati a visitare il sito UNESCO di Efeso, città antichissima ricca di storia, una delle prime metropoli del Mediterraneo
Strappi cattivi
Il finale è tosto per davvero. Due salite che non regalano nulla, specie la prima. Ci sono strappi anche al 15 per cento. Davanti restano i migliori 15 atleti di questo Tour of Turkiye e tre di questi sono della XDS-Astana: Wout Poels, Harold Martin Lopez e Fausto Masnada.
Tra i 15 c’è anche Giovanni Carboni. L’italiano va forte, fortissimo… Alla fine sarà quinto. Un piazzamento che non lo soddisfa.
«Sono partito troppo presto – racconta l’atleta della Unibet – la gamba c’era, ma forse dovevo aspettare. Tanto più che altri avevano compagni di squadra. Ma l’altro giorno, nella tappa regina, ho perso del tempo a causa di alcune cadute e volevo recuperare un po’. Ci proveremo ancora, vedremo cosa uscirà fuori».
Masnada tira, cuce, rilancia e poi lascia fare a Lopez. A circa 1.800 metri dal traguardo Lopez se ne va e va a prendersi la tappa. Lo segue Poels, giusto per non perdere la leadership. Primo e secondo. A distanza di cinque mesi e 2.500 chilometri vediamo realizzarsi le parole che ci aveva detto Maurizio Mazzoleni a Denia, in Spagna, questo inverno: che avrebbero corso in un certo modo, andando a caccia di punti in corse magari meno note, ma pesanti. E il Tour of Turkiye appartiene alla categoria “.Pro“, la più importante dopo quella WorldTour.
Masnada in testa al gruppo. Fausto è stato decisivo nel finale per Poels e LopezCarboni, quinto, era davvero dispiaciuto dopo il traguardoMasnada in testa al gruppo. Fausto è stato decisivo nel finale per Poels e LopezCarboni, quinto, era davvero dispiaciuto dopo il traguardo
Bentornato Masnada
Che bello rivedere il bergamasco davanti, attivo nella corsa. Tanto più che il suo lavoro ha contribuito a far vincere un compagno di squadra, Harold Martin Lopez.
«Mi fa piacere essere qui – racconta soddisfatto Masnada – alla fine, dopo tre anni con parecchi problemi fisici, sembra che sto ritrovando un po’ il colpo di pedale. Faccio fatica, non sono brillante come una volta, però oggi avevo una motivazione in più. Dato che abbiamo il leader e il secondo in classifica, stiamo correndo da vera squadra. Per cui ho ritrovato anche il piacere di lavorare per i capitani e di godermi la corsa e le sue dinamiche. Quando si concretizza ti senti valorizzato.
«Oggi (ieri, ndr) ho fatto quello che mi è stato chiesto e le gambe hanno risposto abbastanza bene. Come l’altro giorno siamo riusciti a concretizzare il lavoro, e questo dà morale. Anche perché in queste gare, anche se non sono di primissimo piano, si fa parecchia fatica e non è semplice controllare la corsa. Ci restano ancora due tappe e il nostro velocista, Matteo Malucelli, potrà dire la sua nelle volate che restano».
Ora Fausto Masnada torna al grande ciclismo: sarà al Giro d’Italia. «Da qui andrò direttamente in Albania, con un volo da Istanbul lunedì».
Per i primi tre del podio e per le maglie c’era una persona dell’organizzatore con il rispettivo cartoncino da seguire. Tipo le guide turistiche con l’ombrellino. Qui LopezCol secondo posto di ieri Poels si è confermato leader della generale (16″ di vantaggio su Lopez) e della classifica di miglior scalatorePer i primi tre del podio e per le maglie c’era una persona dell’organizzatore con il rispettivo cartoncino da seguire. Tipo le guide turistiche con l’ombrellino. Qui LopezCol secondo posto di ieri Poels si è confermato leader della generale (16″ di vantaggio su Lopez) e della classifica di miglior scalatore
La Pantera Rosa dell’Ecuador
E poi c’è il vincitore, Harold Martin Lopez. La prima cosa che gli chiediamo è come dobbiamo chiamarlo: Harold o Martin? E lui: «In Ecuador sono Martin, in XDS-Astana sono Harold!». Sempre Masnada ci ha detto che Lopez ha un grande motore e che è un bel prodotto del vivaio XDS-Astana.
«Ho trovato una squadra che investe anche sui giovani – ha concluso Masnada – Nel ritiro invernale c’era sempre anche la squadra Continental e questo lavoro di gruppo mi è piaciuto. Adesso Harold ha fatto il salto di qualità, penso che da noi ci sia un ambiente giusto per far nascere nuovi talenti».
Poi eccoci a Lopez. Quando parla lo fa con un ottimo italiano, appare sicuro e spontaneo: due caratteristiche non da poco.
«Sinceramente mi aspettavo di vincere – ammette con schiettezza – ho iniziato la stagione con una brutta caduta in Australia (porta ancora i segni sul volto, ndr) e sono stato fermo due settimane. Però poi ne ho fatte quattro a tutta in Ecuador. Mi sono allenato e sono tornato bene, avevo tanta voglia e sono subito andato forte, sia alla Milano-Torino che al Catalogna che ancora al Giro di Grecia: l’ho vinto. Quindi arrivavo qui in Turchia con tanta grinta. Ero ed avevo una squadra motivata. Qui in Turchia avevo fatto secondo nella tappa regina e oggi toccava a me».
Lopez è un altro figlio delle Ande, uno scalatore puro. Piccolo ma potente, con due cosce così. E soprattutto è un giovane: parliamo di un classe 2000. Ha tanta voglia di imparare e anche per questo ama stare con gli italiani. Masnada lo ha ribattezzato “Pantera Rosa”… In Ecuador esce spesso con Richard Carapaz.
«Richard è un mio amico – dice – e anche lui mi dà tanti consigli. Dopo che sono arrivato secondo in una tappa in Grecia mi ha detto che ero proprio un dilettante, perché avevo fatto lo sprint con le mani sulle leve».
Masnada doveva essere l'angelo custode di Remco al Giro. Ma si è ammalato, ha lasciato il Romandia e la Soudal l'ha fermato. Dolore e voglia di rivincita