Omloop Nieuwsblad 2025, Edoardo Affini

Affini e la Visma, manuale d’uso per Piganzoli, Fiorelli e Mattio

09.11.2025
6 min
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L’hanno chiamata Celeste, è nata il 13 ottobre. Da quel giorno la vita di Affini e della compagna Lisa gira attorno alla primogenita, che per arrivare ha scelto il periodo di vacanze del papà. La bicicletta si affaccia di tanto in tanto, consapevole che l’attesa stia per terminare. A partire dall’8 dicembre, i corridori della Visma-Lease a Bike affronteranno il primo ritiro in Spagna e allora verrà il tempo del lavoro serio. Quando lo sentiamo nel primo pomeriggio, Edoardo è fresco reduce da una seduta di cambio del pannolino.

«E’ chiaro che è tutto diverso – sorride Affini – cambiano le priorità, cambiano le giornate, però sicuramente è bellissimo. Specialmente sono contento del fatto che me la posso godere quasi per un mese. Manca ancora un po’ perché diventi più… interattiva, mettiamola così, però mi prendo il mio tempo per starci assieme e creare un certo legame. E poi anche per la mia compagna fa una certa differenza. Se fosse nata a giugno – ride – dopo il Giro e prima del Tour, magari io avrei dormito qualche ora di più, però sarebbe stato un bel casino…».

Foto Instagram nascita di Celeste Affini (Photos by Loef)
“La più grande felicità può essere molto piccola”, così su Instagram l’annunio della nascita di Celeste (Photos by Loef)
Foto Instagram nascita di Celeste Affini (Photos by Loef)
“La più grande felicità può essere molto piccola”, così su Instagram l’annunio della nascita di Celeste (Photos by Loef)

Altri tre italiani

Tra le novità della squadra per il prossimo anno c’è che Affini non sarà più il solo italiano, ma sarà raggiunto da Piganzoli, Fiorelli e da Mattio, che in realtà ha già trascorso tre stagioni nel devo team olandese. Racconta che i capi gli hanno chiesto qualche referenza sui nuovi arrivati e che Piganzoli lo ha contattato per avere informazioni sull’ambiente che troverà. E proprio per questo lo abbiamo chiamato anche noi, perché ci incuriosisce il punto di vista di uno che corre nel team olandese dal 2021 e forse si era abituato all’idea di essere il solo… giapponese sull’isola.

«Prima di me c’era stato solo Battaglin – racconta Affini – l’anno prossimo saremo in quattro. Onestamente non mi fa un grande effetto, salvo che sarà bello parlare ogni tanto la mia lingua se saremo nella stessa corsa. Al nostro livello, può far piacere avere un connazionale, ma poi le decisioni vengono prese dalla squadra sulla base di ben altri fattori. La Visma è quella, la conosciamo bene. Quando sono arrivato nel 2021, era ancora in fase di ascesa. Poi si può dire che il 2022 e il 2023 siano stati gli anni più prolifici. Nel 2025 abbiamo vinto due Grandi Giri su tre e nel terzo siamo arrivati secondi, non mi sembra tanto male. Però è vero che gli sponsor più grossi cercano il Tour, perché hanno la risposta mediatica più grande, come la Champions League. Il Giro, la Vuelta e le classiche sono importanti, c’è poco da girarci d’attorno, ma il Tour è di più. E noi il Tour abbiamo provato a vincerlo, ma Tadej e la sua squadra ci sono stati superiori».

Fiorelli arriva alla Visma a 30 anni: avrà margine per crescere e compiti più precisi di quelli riservati a Piganzoli e Mattio
Fiorelli arriva alla Visma a 30 anni: avrà margine per crescere e compiti più precisi di quelli riservati a Piganzoli e Mattio

Maniacali per i dettagli

In questo gruppo super strutturato che ha nel Tour la stella polare e si nutre del Giro e della Vuelta – vinti con Yates e Vingegaard – come di bocconi secondari, arriveranno tre italiani, provenienti da due professional e dal devo team, che ha le stesse dotazioni, ma un respiro per forza meno ampio. Che cosa troveranno? Quale mentalità? Che cosa sente di dirgli il mantovano in procinto di iniziare la sesta stagione in giallo-nero?

«Non conosco da dentro le realtà della Polti e della Bardiani – ammette Affini – non so bene a cosa siano abituati, però credo che Fiorelli e Piganzoli faranno un salto di qualità a livello di attenzione ai dettagli e alla nutrizione, che qua sicuramente è un aspetto molto curato. Mi viene a pensare specialmente a Piganzoli, se vuole migliorarsi come uomo da classifica, magari all’inizio come spalla importante per Jonas o Simon. Allo stesso modo, tutto il livello performance viene curato veramente al massimo.

«Non so se in altre squadre ci siano le stesse cure del dettaglio, non so se sia possibile. Magari ogni team ha il proprio accento su una cosa piuttosto che su un’altra, però credo che qui troveranno un ambiente molto professionale e in grado di supportarli perché possano migliorarsi. Quanto a Mattio, è con noi da tre anni. Se ancora non ha capito di quale ambiente si tratta (ride, ndr), forse abbiamo un problema…».

Pietro Mattio, Visma Lease a Bike, WorldTour, Tour of Oman 2025
Pietro Mattio, sale nel WorldTour dopo tre stagioni in crescendo nel Development Team di Robbert De Groot
Pietro Mattio, Visma Lease a Bike, WorldTour, Tour of Oman 2025
Pietro Mattio, sale nel WorldTour dopo tre stagioni in crescendo nel Development Team di Robbert De Groot

Il tempo di crescere

La mente va al suo primo impatto, nonostante provenisse da un’altra WorldTour: la Mitchelton-Scott. Il ricordo di quelle prime settimane è ben chiaro. Aveva 24 anni come quelli che avrà il prossimo anno Piganzoli

«Quando sono passato qua – ricorda Affini – sicuramente la differenza più grossa l’ho trovata nella nutrizione. Erano gli anni in cui si stava cominciando a spingere l’acceleratore sui carboidrati. Magari l’avrei fatto anche se fossi rimasto alla Mitchelton, ma qua ho trovato un cambio radicale. Mi servì un po’ di tempo per abituarmi, poi ha funzionato tutto molto bene. Cercano di farti crescere, ma valutano caso per caso.

«Un buon esempio può essere Brennan. Ha 19 anni e ha cominciato già a far vedere certi numeri, a piazzarsi e vincere corse. Quindi lo hanno portato dove ha potuto fare risultato, ma non lo hanno buttato in un Grande Giro o portato a correre perché facesse punti. Non ha fatto 90 giorni di corsa, anche con lui c’è l’idea che cresca per step. Per cui, pensando ai nostri due più giovani, dipenderà anche da come risponderanno ai diversi carichi di allenamento, alle diverse gare. Tutto sommato immagino che su uno come Piganzoli ci fossero più attese alla Polti, dove era la bandiera, di quelle che inizialmente avrà qui da noi».

Giro d'Italia 2025, Davide Piganzoli, Isaac Del Toro
Alla Polti, Piganzoli ha corso da leader anche al Giro, scoprendo le pressioni del ruolo
Alla Polti, Piganzoli ha corso da leader anche al Giro, scoprendo le pressioni del ruolo

Un’azienda con 250 dipendenti

Il solo limite dei mega squadroni è la dimensione della grande azienda che allenta i rapporti umani e rende tutto piuttosto schematico, a questo certamente Piganzoli e Fiorelli non sono ancora abituati. Affini concorda, ma non c’è una via d’uscita. Prendete una qualunque azienda con centinaia di dipendenti, è ragionevole pensare che tutti si conoscano e siano in confidenza?

«Per la mia esperienza – dice – credo che ci sia la volontà di provare a mantenere quanto più possibile l’aspetto familiare e umano. Però è inevitabile che da un certo punto di vista sia inevitabile che le squadre vengano gestite come aziende, lo leggevo in un’intervista che avete fatto a Sobrero. I team sono sempre più grandi. Anche noi, guardando tutti quelli che ci lavorano saremo circa 250 persone se non di più, diventa difficile avere un rapporto stretto con tutti. Magari tra corridori o col tecnico di riferimento hai più contatti, quindi riesci effettivamente a creare una sorta di familiarità. Se entri a far parte del gruppo che prepara una grande corsa, condividi i ritiri e allora il rapporto si crea per forza. Però alla fine la squadra nella sua totalità viene gestita come un’azienda, questo è fuori discussione. Con certe persone ti vedi quando fai il primo ritiro dell’anno e poi al primo ritiro dell’anno dopo».

Tour de France 2025, Parigi, podio Campi Elisi, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar

Vingegaard fra la voglia di Giro e la prigione del Tour

07.11.2025
5 min
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Quello che ci ha raccontato Marta Cavalli l’ha confermato Jonas Vingegaard. La sua visione del ciclismo è certamente estrema: il solo modo per partecipare è poter vincere. Ma il danese, che ha vinto la Vuelta dopo essere arrivato secondo al Tour, ha ben spiegato a L’Equipe perché sia stato importante vincere in Spagna. Non tanto per la vittoria di un Grande Giro in sé, quanto per la sensazione di aver ripreso la traiettoria spezzata dall’incidente al Giro dei Paesi Baschi 2024. E anche in questo caso, non tanto per la gravità dell’infortunio, quanto per ciò che ha significato essersi dovuto fermare per dei mesi.

«Ritrovare la condizione ha richiesto tempo – ha spiegato il leader della Visma-Lease a Bike – rimettermi in sella, ma soprattutto tornare al livello a cui ero prima della caduta. Credo di averlo ritrovato. Da quello che vedo nei miei dati, sono in grado di generare la stessa potenza di prima. Ma anche il ciclismo si evolve, quindi in un certo senso per tornare ai livelli di prima c’è voluto un anno e mezzo, in cui invece avrei potuto lavorare per progredire. Prima della caduta ero in forte crescita, stavo progredendo molto velocemente, quindi spero di essere tornato su quella traiettoria. Bisognerà vedere se migliorerò ancora e farò assolutamente tutto il possibile perché ciò accada».

Il ciclismo dei primi è un treno che va veloce, un gruppo costantemente in fuga. Essere costretto a scenderne significa aspettare il gruppo successivo, che va più piano. E per rientrare su quelli di testa c’è da fare una fatica non comune. Chi ci riesce torna a brillare, gli altri devono rassegnarsi. Per una semplice frattura dello scafoide, nel 2023 Pogacar perse il Tour de France. Non sono scuse, sono le regole del ciclismo che non aspetta.

Tour de France 2023, Morzine, Jonas Vingegaard, TAdej Pogacar
Il Tour de France 2023 vide Pogacar soccombere agli attacchi di Vingegaard, in salita e anche a crono
Il Tour de France 2023 vide Pogacar soccombere agli attacchi di Vingegaard, in salita e anche a crono

Il sogno del Giro

Che cosa ci sarà nel 2026 di Vingegaard? Il Tour resta lo snodo centrale e decisivo. Al contempo la vittoria della Vuelta ha fatto capire al danese e alla sua squadra che sia saggio monetizzare il lavoro portando a casa quel che Pogacar non ha in animo di raggiungere. Forse non è stato per caso che ai campionati europei Vingegaard abbia ammesso che gli piacerebbe cimentarsi nelle classiche e ha messo per la prima volta sul tavolo l’ipotesi del Giro d’Italia.

«Il 2025 – ha spiegato – è stato un’annata piuttosto buona. Non la migliore che abbia mai avuto, penso che il 2023 sia stato di gran lunga migliore. Ma arrivare secondo al Tour de France e vincere la Vuelta non è una brutta stagione. Il mio obiettivo era vincere in Francia, quindi da quel punto di vista non è andata bene. Alla fine potrei darmi un sette in pagella, forse un otto. Il ciclismo esiste anche oltre il Tour de France, anche se resta la gara più importante. Mi sono divertito anche nelle corse di una settimana (Vingegaard ha vinto la Volta ao Algarve ed è arrivato secondo al Delfinato, ndr). Ma non posso dimenticare di essere caduto alla Parigi-Nizza e quella commozione cerebrale mi ha messo fuori gioco e ha condizionato il seguito della primavera. Non abbiamo ancora definito il piano con la squadra, certo ho le mie idee e i miei desideri. Il Tour è così importante che sicuramente farà parte del calendario, vedremo se anche il Giro potrà essere incluso. Sarebbe fantastico. Vincere tutti e tre i Grandi Giri è il sogno di ogni ciclista. Quindi è qualcosa di molto importante, sarei molto felice di andare al Giro».

Vuelta Espana 2025, Bola del MUndo, Jonas Vingegaard, Matteo Jorgenson
Il successo alla Bola del Mondo ha incorniciato la Vuelta di Vingegaard: a Madrid l’inomani non si sarebbe corso
Vuelta Espana 2025, Bola del Mundo, Jonas Vingegaard, Matteo Jorgenson
Il successo alla Bola del Mundo ha incorniciato la Vuelta di Vingegaard: a Madrid l’inomani non si sarebbe corso

Il Tour non si molla

Il Tour non si molla: impossibile immaginare che il danese decida di saltarlo finché sarà uno dei pochi pretendenti credibili. Perché dovrebbe farlo? Con Pogacar è il solo a poter scavare un baratro rispetto alla concorrenza e non è detto che lo sloveno sia sempre inattaccabile. Un’intervista di Wellens pochi giorni fa ha rivelato che il campione del mondo abbia corso l’ultima Grande Boucle con forti dolori a un ginocchio e in squadra si sia anche temuto che potesse ritirarsi. Vingegaard era lì e sarebbe ancora lì per approfittare di ogni cedimento, indotto grazie ai suoi attacchi o dettato dalle circostanze.

«Salterei il Tour – ha spiegato – solo se capissi di non poter lottare per la vittoria. Penso che il Tour sia così importante che le squadre che abbiano un pretendente alla vittoria vogliono portarlo. Questo vale per me e immagino anche per Tadej. Anche se non volessimo andarci, penso che dovremmo comunque accettarlo. Questo non significa che non mi piaccia, intendiamoci, perché il Tour è qualcosa di immenso che ha il suo fascino. E’ molto più grande della Vuelta, non posso parlare del Giro. In Francia, arrivi sul podio per firmare e ci sono trenta giornalisti che vogliono chiederti qualcosa. Alla Vuelta, scendevo dal palco e pensavo: “Ce ne sono solo due, così mi piace”. E’ questo che rende il Tour così faticoso. I media, il protocollo, i trasferimenti, ma è anche ciò che lo rende speciale. Lo capisci solo quando ci sei dentro».

Campionati europei Drome et Ardeche, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar
Non capita spesso di vedere Vingegaard e Pogacar contrapposti fuori dal Tour: qui sono agli europei
Campionati europei Drome et Ardeche, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar
Non capita spesso di vedere Vingegaard e Pogacar contrapposti fuori dal Tour: qui sono agli europei

In questo incastro maniacale di ritiri e corse, Vingegaard ammette che farebbe fatica a programmare la Liegi, che pure gli piace, perché in quel periodo solitamente si trova in altura. Allo stesso modo, pur ammettendo il fascino del mondiale di Montreal, dice che se dovesse fare la Vuelta troverebbe difficile prevedere il viaggio in Canada. Una visione a scomparti ben divisi. C’è davvero posto per il Giro d’Italia nel suo calendario?

Christophe Laporte

Laporte, l’anno più duro e un podio che vale una rinascita

16.10.2025
4 min
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E’ stato un anno complicato, quasi da dimenticare, per Christophe Laporte. Il corridore della Visma-Lease a Bike ha vissuto la stagione più sfortunata della sua carriera. Il francese, reduce da un 2023 di altissimo livello, nel 2024 ha passato una stagione altalenante e quest’anno addirittura è stato più tempo a curarsi che a correre. Pensate, appena sedici giorni di gara fino a ieri.

Il primo numero di dorsale dell’anno Laporte l’aveva appuntato il 17 agosto alla Classica di Amburgo, e domenica scorsa ha ritrovato il sorriso con un bellissimo secondo posto dietro al nostro Matteo Trentin. Un podio che sa di liberazione, ma anche di ripartenza.

Christophe Laporte al prologo notturno del Tour of Holland, in scena in questi giorni
Christophe Laporte al prologo notturno del Tour of Holland, in scena in questi giorni

Stagione nata male

Tutto è iniziato già in primavera, quando Laporte si è visto costretto a rinunciare alle Classiche che lo avevano consacrato tra i migliori interpreti del Nord. A fermarlo è stato un virus che ha messo a dura prova il suo fisico e la sua serenità. Il francese ha dovuto dare forfait per tutte le Monumento e non solo, a partire dalla E3 Saxo Classic e dalla Gand-Wevelgem, due corse che nel 2023 lo avevano visto protagonista.

Laporte ha spiegato quanto sia stato pesante affrontare quei mesi di inattività: «E’ stato il periodo più difficile della mia carriera. Non riuscivo a capire cosa avessi, il corpo non rispondeva. Ogni volta che provavo ad aumentare il carico, tornavano stanchezza e dolori. Non avevo energia, né fiducia». In pratica Laporte ha contratto nell’ordine: prima il citomegalovirus, che lo ha fermato a lungo. E quando stava per riprendersi ecco la varicella. Questo lo ha tenuto lontano anche dal Tour de France.

La Visma-Lease a Bike a quel punto ha preferito non rischiare, fermandolo del tutto e consentendogli di recuperare completamente. Una scelta obbligata – non scontata per un atleta di tale portata – ma dolorosa, perché significava dire addio a tutta la prima parte di stagione, proprio nel momento in cui si entrava nel vivo.

Mentre i suoi compagni lottavano con gli eterni rivali della UAE Emirates, lui era a Sierra Nevada a ricostruire almeno il finale di stagione. Il rientro è così slittato ad agosto inoltrato, con un lavoro di riabilitazione graduale e tanta pazienza, nella speranza di ritrovare finalmente le sensazioni giuste.

In tutto ciò, i tecnici della Visma hanno tenuto la bocca serrata limitandosi a dire che, trattandosi di problemi di salute, Christophe non era ancora guarito, prima, e che stava lavorando, poi.

Parigi-Tours 2025, Matteo Trentin vince per la terza volta, battendo Christophe Laporte
Parigi-Tours: Trentin precede uno stanchissimo, ma soddisfatto, Laporte
Parigi-Tours 2025, Matteo Trentin vince per la terza volta, battendo Christophe Laporte
Parigi-Tours: Trentin precede uno stanchissimo, ma soddisfatto, Laporte

La luce dopo il buio

Il ritorno in gruppo è arrivato, come detto, il 17 agosto alla Classica di Amburgo: ben 315 giorni dall’ultima corsa. Poi ecco la gran fatica al Renewi Tour. Ma alla Binche-Chimay-Binche, Laporte ha colto già un incoraggiante terzo posto, segnale che la condizione stava finalmente tornando. La conferma più bella è arrivata a Tours, con quel podio che ha sancito il suo vero ritorno.

Alla Parigi-Tours Laporte ha lottato fino alla fine con Matteo Trentin, arrendendosi solo per pochi metri. Tra l’altro era anche il campione uscente.

«Quando finisci secondo o terzo c’è sempre un po’ di delusione – ha raccontato Laporte – ma stavolta è stato diverso. Stavolta posso guardare alla mia gara con soddisfazione. Nel finale ero isolato, ma ho saputo rispondere bene agli attacchi. Alla fine ho deciso di muovermi io, e siamo riusciti a chiudere il gap. In volata ho sentito arrivare i crampi e non potevo spingere più forte per questo ho dovuto fare lo sprint da seduto. Ho dato tutto, ma Matteo è stato semplicemente più forte. Sono contento della mia forma in questo autunno».

Christophe Laporte
L’ex campione europeo era partito bene. In ritiro andava benone e veniva da un gran finale di stagione (foto Visma-Lease a Bike)
Christophe Laporte
L’ex campione europeo era partito bene. In ritiro andava benone e veniva da un gran finale di stagione (foto Visma-Lease a Bike)

Testa già al 2026

Laporte non si nasconde: l’obiettivo è tornare il prima possibile al livello che aveva raggiunto tra il 2022 e il 2023. Per farlo, la parola d’ordine è una sola: correre. In questi giorni il francese ha ripreso il ritmo delle competizioni e sta disputando il Tour of Holland con l’intenzione di accumulare chilometri e sensazioni positive. Non punta ai risultati, ma alla continuità: ogni gara deve essere un passo verso il 2026.

La Visma-Lease a Bike ha bisogno dei suoi uomini più forti per ricostruire la leadership e affrontare con nuove ambizioni la prossima stagione. Laporte e Van Aert restano i pilastri della squadra nelle Classiche, e i tecnici contano su di loro per riportare il team ai vertici dopo un 2025, sì buono, ma non dei soliti standard a cui ci avevano abituato.

Il francese guarda avanti con serenità: «Adesso voglio solo stare bene, fare il mio lavoro e accumulare corse. Ogni giorno in sella mi avvicina al livello che conosco. Dopo tutto quello che ho passato, poter di nuovo lottare per un podio è già una vittoria. Adesso, anche in vista del prossimo anno, l’importante è correre e trovare costanza».

I passi di Piganzoli alla Visma: incontri, test e idee condivise

07.10.2025
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LISSONE – Ormai è diventato ufficiale qualche settimana fa: Davide Piganzoli dopo cinque stagioni lascerà la Polti VisitMalta e passerà alla Visma Lease a Bike. Lo scalatore valtellinese cresciuto nella formazione di Ivan Basso e Alberto Contador è pronto a spiccare il volo e testarsi nel WorldTour. Non c’era momento migliore, gli anni nel team under 23 e poi nella professional hanno dato i riscontri giusti, ora si tratta di fare un ulteriore salto per vedere di che pasta si è fatti

Il talento di Piganzoli è emerso piano piano, senza la fretta di voler scovare ogni singolo watt estremizzando preparazioni e allenamenti. Ogni anno è stato aggiunto un pezzo del puzzle fino ad arrivare a una figura completa capace di grandi prestazioni e che ancora può completarsi. 

Piganzoli lascia la Polti VisitMalta dopo cinque stagioni
Piganzoli lascia la Polti VisitMalta dopo cinque stagioni

Dall’inverno scorso

Di Davide Piganzoli tutti elogiano la testa e la determinazione, un ragazzo che sa dove vuole arrivare e un professionista che non si tira mai indietro. Le sue qualità sono arrivate sotto gli occhi di tutti, ma lui ha scelto la corte di Jonas Vingegaard per provare a diventare grande.

«Il contatto con la Visma – racconta alla partenza della Coppa Agostoni – è nato tra fine gennaio e inizio febbraio. Era il periodo in cui iniziavano le corse, infatti avevo in programma il Gran Camino e successivamente la Tirreno-Adriatico. Nonostante tutto siamo riusciti a trovare un giorno in cui fare una videochiamata e mi hanno presentato il progetto. L’idea messa sul tavolo dalla Visma mi è piaciuta subito, ci ho pensato un po’ perché c’erano tante altre squadre interessate. Alla fine sono stati il progetto e il team che mi hanno colpito di più».

Il cammino di Piganzoli è stato contraddistinto da una crescita costante
Il cammino di Piganzoli è stato contraddistinto da una crescita costante
Qual è il progetto che ti hanno presentato?

Mi hanno parlato di crescita mostrandomi quello che hanno fatto con gli altri atleti. Abbiamo parlato dei materiali a disposizione della squadra, la pianificazione di ogni passo. Insomma tutte cose che mi hanno colpito molto e credo che sia stato quel qualcosa in più che mi ha fatto scegliere appunto questa realtà.

Che crescita ti hanno presentato?

All’inizio sicuramente ci sarà da aiutare, da imparare, però il focus sarà anche quello di crescere, e di farmi progredire come corridore da corse a tappe. 

La Visma ha visto in Piganzoli le caratteristiche che cerca in un atleta da Grandi Giri
La Visma ha visto in Piganzoli le caratteristiche che cerca in un atleta da Grandi Giri
Quali sono i punti forti che hanno visto in te e quali, invece, i punti su cui c’è da migliorare? 

Sicuramente hanno visto che vado bene nelle salite lunghe. Hanno guardato come mi sono allenato fino ad ora e che ho tanti margini di miglioramento. Hanno visto che vado forte anche a cronometro, inoltre ho dimostrato di avere dei buoni valori, credo che questa sia la base da cui partire

Sei stato nella sede del team in Olanda?

Sono andato una volta a fare gli esami della squadra, le visite mediche e tutto il resto. Ci torneremo prima di iniziare la prossima stagione. Con le piattaforme che ci sono ora, come Training Peaks, sanno già tutto, però i test fatti in sede li hanno sicuramente aiutati nel decidere se prendermi o meno.

Davide Piganzoli ha firmato un contratto triennale con la Visma
Davide Piganzoli ha firmato un contratto triennale con la Visma
Che impressione ti ha fatto entrare là dentro?

Senza nulla togliere alla mia squadra di adesso, ma credo sia un mondo completamente diverso. E’ tutto più amplificato. 

E’ il momento giusto per il WorldTour?

Sì, ho fatto tre anni di esperienza, quindi adesso è il momento di cambiare area, di provare a fare un salto. Sarà un grande salto, passerò in una delle migliori formazioni WorldTour, credo che questo possa darmi un’ulteriore motivazione per capire il ragazzo che sono e dove posso arrivare.

Tre anni di contratto, idee e programmi?

Del programma in sé parleremo a dicembre, quest’anno però voglio ascoltare un po’ cosa hanno in mente loro. Sicuramente entro con tanta voglia di apprendere, di imparare da campioni come Vingegaard, Van Aert e tanti altri corridori. 

Uno dei focus di Piganzoli sarà migliorare la posizione e le prestazioni a cronometro
Uno dei focus di Piganzoli sarà migliorare la posizione e le prestazioni a cronometro
In ottica cronometro avete parlato?

Sì, Cervélo ha degli ottimi materiali, so che ci lavorano tanto su questa disciplina, quindi credo che potrò fare dei miglioramenti anche qui. In ottica Grandi Giri è un passo importante, ormai si gioca tutto sul filo dei secondi. La Visma studia tanto su questo aspetto e credo che sia un buon passo da fare.

Primo incontro?

A fine novembre faremo un meeting di quattro giorni. Al Lombardia ci daranno le bici e poi faremo qualche test ancora su posizione e altri aspetti. Per il resto ci vedremo al training camp di dicembre.

Nimbl ai piedi Vingegaard: l’innovazione conquista anche la Vuelta

22.09.2025
4 min
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Jonas Vingegaard ha scritto un altro capitolo nella storia del ciclismo, conquistando la Vuelta a España edizione 2025. Al traguardo di Madrid, il corridore del Team Visma–Lease a Bike ha conquistato la sua prima Vuelta ed ha anche dimostrato il ruolo cruciale della tecnologia Nimbl. Ai suoi piedi, le Nimbl Ultimate Air, scarpe progettate per offrire leggerezza e prestazioni senza compromessi. Questo successo non è solo la sua vittoria, ma una celebrazione della sinergia tra talento, dedizione e attrezzatura di altissimo livello.

Il trionfo di Vingegaard è solo la punta dell’iceberg. L’influenza di Nimbl è stata evidente per tutta la competizione. Ben quattro atleti nella top 10 della classifica generale, tra cui i compagni di squadra di Vingegaard, Sepp Kuss (settimo) e Matteo Jorgenson (decimo), hanno pedalato con le scarpe del brand. Questa presenza massiccia dimostra la fiducia dei professionisti del WorldTour nell’innovazione Nimbl. Matthew Riccitello ha inoltre aggiunto un ulteriore successo, aggiudicandosi la maglia bianca di miglior giovane con le sue Ultimate Pro Edition. Ogni watt trasferito, ogni curva affrontata, ha dimostrato che Nimbl è in grado di rispondere alle massime esigenze del ciclismo agonistico.

Tecnologia al servizio della performance

Le Nimbl Ultimate Air rappresentano l’apice della gamma del brand marchigiano. Sviluppate con un nuovo telaio monoscocca in carbonio, queste scarpe sono adesso più leggere, più rigide e più efficienti. La loro struttura avvolgente, e la calzata precisa, garantita dalla chiusura minimalista con lacci, combinano il massimo del comfort con il supporto necessario per gli sforzi più intensi. Il profilo basso e aerodinamico assicura un vantaggio competitivo, un dettaglio che può fare la differenza quando si lotta per i millisecondi. La vittoria di Vingegaard non è stata casuale, ma la testimonianza che l’attrezzatura giusta è un fattore determinante per il successo.

«Vincere un Grande Giro è un’impresa che segna una carriera – ha commentato Jonas Vingegaard – e questa Vuelta è stata incredibilmente dura. Sono grato per il supporto dei miei compagni di squadra e per avere a disposizione materiali di altissima qualità, come le scarpe Nimbl. Mi hanno dato la fiducia necessaria per affrontare ogni sfida. Le Air che ho usato si sentivano così leggere da non aver quasi l’impressione di indossare nulla, pur offrendo una protezione totale e garantendo un trasferimento di potenza impeccabile».

«Questa stagione – ha ribattuto Francesco Sergio, che di Nimbl è il Co-fondatore e il Managing Director – è stata memorabile, piena di vittorie che ci hanno ispirato a creare la Summer Victory Collection. Siamo onorati della fiducia che gli atleti del calibro di Vingegaard ripongono nei nostri prodotti. Jonas collabora con noi da anni, e i suoi feedback sono stati molto preziosi per l’evoluzione delle nostre scarpe. Vederlo conquistare la Vuelta con le Ultimate Air è un traguardo che ci riempie di orgoglio».

Francesco Sergio, Co-Founder e Managing Director Nimbl
Francesco Sergio, Co-Founder e Managing Director Nimbl

Summer Victory Collection: l’essenza del successo

Per celebrare il trionfo, Vingegaard ha indossato un paio di Ultimate Air rosse nella tappa finale a Madrid. Questa versione speciale è il fiore all’occhiello della Summer Victory Collection, una linea in edizione limitata creata per celebrare i momenti più epici della stagione ciclistica. La collezione rende omaggio al coraggio, alla resistenza e alla gloria che definiscono questo sport, celebrando gli atleti che continuano a ispirare e a fare la storia del ciclismo, giorno dopo giorno. Perché la vittoria non si riceve, si conquista…

Nimbl

Almeida si prende l’Angliru: Vingegaard sfinito

05.09.2025
5 min
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Purtroppo per lui, Jonas Vingegaard dovrà attendere ancora prima di regalare l’orsacchiotto al figlio. L’Alto de Angliru resta un tabù e, dopo il secondo posto nel 2023 dietro Primoz Roglic, stavolta deve inchinarsi a Joao Almeida.

Sul gigante asturiano trionfa il portoghese della UAE Emirates che forse mette nel sacco la vittoria più importante della sua carriera, per come è arrivata e per chi ha battuto. Una vittoria che lo consacra, semmai ce ne fosse stato bisogno, tra i grandissimi.

Bravo Garofoli (in coda) che in questa Vuelta si è fatto vedere ancora una volta
Bravo Garofoli che in questa Vuelta si è fatto vedere ancora una volta

La consacrazione di Almeida

La tappa scorre via secondo copione: fuga da lontano, dentro c’è anche Gianmarco Garofoli e un tentativo lo fa anche di Antonio Tiberi. Dietro Red Bull-Bora e UAE che chiudono. Poco ha contato il breve stop per la protesta pro Palestina: in gruppo andavano troppo più forte.

La scalata dell’Angliru si trasforma presto in una cronoscalata: Almeida contro tutti. Uno dopo l’altro li fa saltare. L’unico ad averlo messo in difficoltà, anche solo per qualche metro, è stato paradossalmente il compagno Felix Grossschartner. Dopo il grande lavoro di Vine, l’austriaco aveva cambiato ritmo e saggiamente Joao non lo ha seguito. Poteva essere un campanello d’allarme, tanto che in casa Visma-Lease a Bike, cioè lo stesso Vingegaard e Sepp Kuss, che su queste rampe si rigenera, si è subito confabulato. Magari l’americano aveva consigliato al suo leader di attaccare.

Almeida taglia in testa il traguardo dell’Alto de Angliru davanti a Vingegaard. Terzo Hindley a 28″ che nel finale ha recuperato parecchio
Almeida taglia in testa il traguardo dell’Alto de Angliru davanti a Vingegaard. Terzo Hindley a 28″ che nel finale ha recuperato parecchio

Vuelta riaperta

Jonas però non lo ha fatto. La domanda è perché. Troppo presto? Non ne aveva? Alla fine lo scatto che tutti si aspettavano non è arrivato. Nel chilometro finale di salita anche lui dava le spalle e allo sprint, nonostante fosse rimasto sempre a ruota, non è riuscito a sopravanzare il portoghese, abile anche a prendersi la posizione nelle curve conclusive.

Ma un aspetto ha colpito più di tutti: la faccia di Jonas dopo il traguardo. Quando è salito sulla bici da crono per i rulli defaticanti ha fatto un’espressione eloquente. Sollevare la gamba per montare in sella deve essere stato uno sforzo ulteriore e tremendo per il danese. Quella smorfia di dolore potrebbe dire molto.

In fondo il danese è l’unico dei big in classifica (assieme a Gall) ad aver corso il Tour de France a tutta. E le energie, lo abbiamo visto anche con Tadej Pogacar, in questo ciclismo si pagano eccome. Anche se sei un supereroe. In tal senso la tappa di domani, ancora in salita, dirà molto.

Ora i due sono separati da 46”, ma il morale di Almeida è in crescita e quello di Vingegaard forse scricchiola…

Vingegaard è parso davvero stanco dopo l’arrivo
Vingegaard è parso davvero stanco dopo l’arrivo

Quel chilometro finale…

Sembra strano dirlo dopo quanto accaduto con Juan Ayuso in settimana, ma la squadra di Matxin e Gianetti si è mostrata davvero unita. Ayuso escluso, tutti hanno fatto la loro parte. Come si lavora per Pogacar, lo stesso è stato fatto per Almeida.

«La squadra ha lavorato in modo perfetto – ha detto Joao – sono super felice di come sia andata. E’ una vittoria incredibile. Se sia la più importante della mia carriera? Io ho pensato solo a spingere, a fare il mio passo e nell’ultimo chilometro sono andato oltre il limite».

«Abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra – ha sottolineato Matxin a Eurosport – i ragazzi hanno corso al meglio e con la fuga non era facile controllare il distacco. La vittoria di Joao è speciale, questo è un traguardo prestigioso. Oggi volevamo vincere la tappa e ci siamo riusciti. Per radio gli dicevamo di spingere, di restare concentrato, che stava andando forte».

Anche oggi la protesta pro-Palestina lungo le strade della Vuelta si è fatta sentire
Anche oggi la protesta pro-Palestina lungo le strade della Vuelta si è fatta sentire

Marcato se la gode

Intanto i corridori arrivano alla spicciolata. L’Angliru è un giudice micidiale e spacca la corsa come poche salite al mondo. Marco Marcato, direttore sportivo della UAE, si gode il momento: «Questa vittoria vale per tre. L’Angliru è un’icona e un successo così dà tantissimo morale. Ancora di più perché hai battuto Vingegaard, il migliore al mondo su certi arrivi dopo Tadej. Siamo davvero soddisfatti. Joao l’ha presa di petto e chapeau a lui».

Con Marcato si parla anche di tattica. Durante la scalata ci si chiedeva se quel ritmo regolare impostato da Almeida non favorisse Vingegaard. Ma a quanto pare era tutto studiato.
«La tattica era questa – spiega Marcato – Joao è un regolarista e bisognava evitare che uno scalatore puro come Jonas potesse scattare, così abbiamo deciso di impostare un passo forte. Poco importava se l’altro restava a ruota, perché su quelle pendenze e con quelle velocità la scia conta poco. E’ stata una scelta che alla fine ha pagato.


«Vuelta riaperta? Per noi non era mai stata chiusa. Ora il distacco tra i due è di 46” e restano molte tappe dure fino a Madrid. Ci proveremo ancora, ma bisogna fare i conti con le energie rimaste».

Pellizzari intanto rafforza la sua maglia bianca (+32″ su Riccitello). E’ sesto all’arrivo e sesto nella generale
Pellizzari intanto rafforza la sua maglia bianca (+32″ su Riccitello). E’ sesto all’arrivo e sesto nella generale

Il bilancio delle energie

E con questa frase Marcato apre un altro capitolo: quello delle energie, che già avevamo accennato. In teoria il bilancio dovrebbe pendere a favore del portoghese, che ha lasciato il Tour quasi subito. Un dato però non va perso nell’analisi della scalata: il recupero di Hindley e Kuss nel finale, segno che davanti erano stanchi.

«Eh – sospira Marcato – l’idea è quella, ma finora non si è visto questo calo da parte di Vingegaard. E’ vero però che oggi anche lui ha faticato, altrimenti avrebbe attaccato. Bisogna stare attenti, perché una salita finale come quella di domani è più adatta a uno come Jonas.

«Noi andiamo avanti per la nostra strada. Voglio sottolineare il lavoro dei ragazzi, da Novak a Grossschartner, da Vine a Oliveira… tutti. Stamattina eravamo tutti per Joao. Pressione non ne avevamo: in classifica eravamo messi bene e avevamo già vinto cinque tappe. Però abbiamo fatto bene quel che dovevamo, in particolare prima dell’Angliru, quando abbiamo preso davanti la tecnica discesa del Cordal per portarlo al meglio ai piedi della salita. Poi il resto lo ha fatto Almeida, che ci ha messo gambe e cuore».

Il nuovo Uijtdebroeks: schiena a posto e grandi ambizioni

16.08.2025
5 min
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C’era chi lo aveva dato per disperso, se non addirittura finito. E parliamo di un corridore che ha solamente 22 anni. Ma Cian Uijtdebroeks è tornato, dopo essersi preso oltre tre mesi di sosta per risolvere i suoi problemi alla schiena che lo affliggevano sin dal suo approdo nel ciclismo che conta. Con la vittoria al Tour de l’Ain ha messo la sua prima firma fra i professionisti. La prima di quelle che spera saranno tante e sempre più importanti.

La gioia del giovane belga accolto dal suo staff, per una vittoria davvero speciale
La gioia del giovane belga accolto dal suo staff, per una vittoria davvero speciale

Un’impresa pensata per tutta la vigilia

Per farlo, il belga della Visma-Lease a Bike ha scelto la via più difficile, il giocare tutte le sue carte in maniera spavalda. Dopo la seconda tappa era al secondo posto a un paio di secondi dal leader, il francese Nicolas Prodhomme (Decathlon AG2R La Mondiale). Sarebbe bastato giocarsi il successo nelle ultime fasi della frazione, provare a staccarlo con un colpo di mano o puntare anche a qualche abbuono. No, Cian ha puntato all’impresa, andando via a 50 chilometri dal traguardo. Perché la vittoria non bastava, lui voleva risposte su di sé, sul suo rendimento, sulla sua capacità di soffrire, solo così avrebbe davvero potuto mettere alle spalle settimane di dolore e di dubbi.

«Sapevo che era un rischio partire così da lontano – ha raccontato a fine corsa a DirectVelo – ma era quello il mio piano ed era studiato fin dalla vigilia, infatti a colazione ho mangiato molto per riempire il serbatoio di energie. Non era una tappa facile, la salita era lontana dal traguardo, tatticamente era una frazione difficile da gestire nella mia situazione. Ho attaccato in salita per staccare Prodhomme e arrivare in cima col massimo vantaggio possibile, poi c’erano ancora 40 chilometri, di cui la metà pianeggianti. La discesa l’ho fatta al massimo, rischiando, alla fine avevo 3 minuti di vantaggio. In pianura ho controllato, anche perché con il caldo il rischio di crampi è dietro l’angolo, infatti sono arrivato al traguardo ancora in forze».

Dalla 2ª tappa perduta contro Prodhomme, il belga ha tratto ispirazione per la sua impresa
Dalla 2ª tappa perduta contro Prodhomme, il belga ha tratto ispirazione per la sua impresa

La preparazione in altura

Le sue parole sono tutte orientate al ritorno, alle risposte che cercava. Al di là della vittoria, per Uijtdebroeks era importante sapere che può riprendere il discorso da dove l’aveva lasciato mesi fa: «Per preparare questa corsa sono stato a lungo in altura, ad Andorra. Al Passo di Arcalis ho fatto il KOM, con un esito di 440 watt in 30 minuti. E’ stato lì che ho capito che ero ritornato quello di prima, ho preso molta fiducia, anche perché non ho avvertito dolore e questo per me è stato il più bello dei regali».

Il problema alla schiena aveva minato quella stessa fiducia, anche perché si protraeva da tempo. «E’ stato un anno e mezzo non facile per me. Vedevo che il mio fisico non rispondeva, che le gambe erano sempre forti, che potevo lottare con i migliori, ma la schiena mi dava problemi e quindi i risultati non potevano arrivare. Io però ho cercato di non scoraggiarmi: se c’è un problema affrontiamolo, proviamo a trovare la soluzione anche se questo significa fare dolore rinunce».

In questi mesi Uijtdebroeks ha lavorato molto sulla posizione in bici, ritenuta un problema
La gioia del giovane belga accolto dal suo staff, per una vittoria davvero speciale

Nuovo allenatore, nuovo assetto

Una soluzione che sembra essere finalmente stata trovata anche grazie al suo nuovo allenatore Espen Aareskjold: «Abbiamo cambiato molte cose, è stato necessario resettare tutto. Innanzitutto ho lavorato molto sulla mia posizione in bici e ci sto lavorando ancora, poi abbiamo cambiato molte cose nel mio allenamento. Ora posso dire di sentirmi come prima del sopravvenire del mal di schiena, anzi ancora più forte. Ma devo dire che molto mi aiuta anche il rapporto che abbiamo instaurato con Espen: mi ascolta, valuta le mie opinioni, abbiamo un obiettivo comune che è quello di arrivare al massimo livello».

Uijtdebroeks era già andato piuttosto bene a San Sebastian, anche se l’azione di Ciccone lo aveva colto in contropiede ed era finito poi 9° a 1’10”. Ora è in corsa al Czech Tour (ieri terzo alle spalle di Lecerf Junior e Fancellu), ma i suoi obiettivi sono più avanti: «Voglio guadagnarmi una maglia per il campionato europeo, è quella la mia meta, da raggiungere senza passare per la Vuelta. Con la squadra abbiamo valutato che vista la situazione, quest’anno è prematuro tornare in un Grande Giro, meglio mettermi alla prova in corse in linea e brevi prove a tappe. E’ un anno di passaggio, diciamo che lo prendo così».

Alla Tirreno-Adriatico erano già emersi i problemi alla schiena che ad aprile l’hanno costretto a fermarsi
Alla Tirreno-Adriatico erano già emersi i problemi alla schiena che ad aprile l’hanno costretto a fermarsi

Un 2026 con grandi obiettivi

I Grandi Giri restano però il suo naturale approdo: «Il progetto rimane quello di diventare uno specialista. Io dico che una presenza nei primi 10 non basta più, io voglio quantomeno il podio e sogno una vittoria. So che è nelle mie corde. Ma per questo devo imparare a vincere. Il Tour de l’Ain è stato importante – ricorda Uijtdebroeks – ma è stata la prima vittoria. Ho ancora tanto da imparare, da crescere e corse simili mi aiutano in questo momento più di quanto potrebbe una Vuelta, dove realisticamente non sarei concorrenziale. L’anno prossimo tornerò in un Grande Giro, la Visma-Lease a Bike me lo ha già promesso».

Ferrand Prevot, trionfo in Olanda e la dieta che fa parlare

14.08.2025
5 min
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La questione è stata sollevata da Rutger Tijssen, l’allenatore di Pauline Ferrand Prevot, durante la festa in cui la vincitrice del Tour è stata accolta nel quartier generale della Visma Lease a Bike a ‘s-Hertogenbosch, al pari di Vingegaard, Roglic e Kuss negli anni passati.

Il tecnico olandese ha sottolineato con i giornalisti presenti che sia stato un peccato che a tenere banco durante la vittoria in Francia sia stato il peso della campionessa e non le sue imprese. Ferrand Prevot non ha fatto mistero di aver sostenuto una dieta piuttosto importante per raggiungere il peso necessario per vincere il Tour. Ha parlato di quattro chili perduti nel periodo trascorso in altura, sotto lo strettissimo controllo della sua squadra. Ugualmente Demi Vollering, seconda per il secondo anno consecutivo, ha detto di voler dimostrare alle ragazze che non bisogna essere super magre per essere le migliori.

Vollering ha vinto il Tour nel 2023 e si è piazzata seconda nelle ultime due edizioni
Vollering ha vinto il Tour nel 2023 e si è piazzata seconda nelle ultime due edizioni

Il limite della salute

Il limite è quello della salute. Non sono stati rari i casi di disturbi alimentari, fra gli uomini e ancor più fra le ragazze, seppure negli ultimi anni l’avvento dei nutrizionisti in squadra ha permesso di monitorare con maggiore attenzione le eventuali deviazioni.

«Penso sia positivo che se ne parli – ha detto Ferrand Prevot nell’incontro con la stampa – ognuno ha diritto alla propria opinione e io di certo non la prendo sul personale. Ma dobbiamo anche ricordare che il nostro compito è vincere le corse ed essere al top della forma. Io mi sono semplicemente preparata per la gara più importante del calendario e ho trovato il modo di essere al meglio. Gli ultimi due giorni del Tour sono stati incredibilmente duri e quel che contava sono stati i watt per chilo. Spetta ai genitori insegnare queste cose ai propri figli, dicendo loro che potrebbe non essere sano al 100 per cento (motivo per cui durante il Tour, Ferrand Prevot ha detto di non poter tenere quel peso per tutto l’anno, ndr). Non sono malata. Ho perso peso in modo intelligente lavorando con un intero team. Tutto è stato analizzato e monitorato. E l’ho fatto allo stesso modo per le Olimpiadi l’anno scorso. Ora che il Tour è finito, torno alla mia vita normale e se voglio mangiare una pizza, la mangio subito».

Il quartier generale della Visma ha accolto Ferrand Prevot come ha già fatto con Vingegaard, Roglic e Kuss
Il quartier generale della Visma ha accolto Ferrand Prevot come ha già fatto con Vingegaard, Roglic e Kuss

Il corpo delle donne

Il tema è caldo. Nei giorni successivi al Tour Femmes, attraverso un comunicato si è espresso anche The Cyclists’ Alliance, il sindacato delle cicliste professioniste, presieduto da Grace Brown.

«Lavoriamo costantemente – ha dichiarato l’australiana che si è ritirata lo scorso anno – per rendere il ciclismo professionistico una carriera sostenibile e appagante per le donne. La salute e il benessere delle cicliste sono fondamentali per la longevità della loro carriera. Il sistema attuale non è strutturato per proteggere la salute femminile, quindi credo sia nostro dovere continuare a educare e promuovere standard migliori che consentano alle donne di competere con un corpo sano, forte e felice».

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I punti del comunicato

A margine del suo intervento, il sindacato ha rilevato una serie di punti che su bici.PRO abbiamo sollevato e approfondito qualche anno fa, ma che evidentemente restano sensibili.

“La salute e il benessere delle cicliste – si legge nel comunicato – sono una priorità assoluta per noi e per i nostri iscritti. Siamo preoccupati per le pratiche e le culture sportive che mettono a rischio la salute delle atlete. La salute e le prestazioni ad alto livello devono andare di pari passo. Oggi lo sport dispone di conoscenze scientifiche, intuizioni ed esperienze umane più che sufficienti per creare prestazioni sostenibili ed etiche che non compromettano la salute dei ciclisti. Siamo delusi dal fatto che le donne nello sport ricevano un controllo sproporzionato sul loro corpo rispetto ai loro colleghi maschi. Speriamo in un futuro in cui il corpo delle donne non sia così pesantemente esaminato, sia in gara che nella vita».

L’incontro a Monaco con Pogacar e Urska alla prima uscita dopo il Tour vinto (immagine Instagram)
L’incontro a Monaco con Pogacar e Urska alla prima uscita dopo il Tour vinto (immagine Instagram)

Il no al mondiale

Nella sua giornata in Olanda, Ferrand Prevot ha anche parlato dei giorni subito successivi alla vittoria, annunciando che non correrà i campionati del mondo di Kigali. Ha anche raccontato che nella prima uscita in bici ha incontrato Pogacar e la compagna Urska e ha molto apprezzato i consigli ricevuti da Tadej sul non guardare troppo i social e godersi il momento.

«Quando ripenso agli ultimi mesi – ha detto – mi rendo conto di quanto ho lavorato duramente per riuscirci. Ma voglio davvero provare a vincere di nuovo il Tour l’anno prossimo. E’ proprio questo che mi piace di più del mio lavoro: prepararmi per un grande obiettivo e cercare di essere la migliore possibile. Se dipendesse da me, ricomincerei a prepararmi per i campionati del mondo ora e farei un ritiro di allenamento in altura. Perché quando le cose vanno bene, come al Tour, vuoi sempre di più. Ma è meglio godersi ciò che ho realizzato ora e rilassarsi, così da poter continuare a fare bene negli anni a venire».