Quasi certamente non avrebbe impensierito Pogacar, però di certo l’uscita di Uijtdebroeks dal Giro ha privato la quotidianità di un elemento di disturbo. Che fosse per la maglia bianca o per un piazzamento sul podio, il belga della Visma-Lease a Bike avrebbe attaccato di certo. E a quel punto qualche equilibrio alle spalle della maglia rosa sarebbe potuto cambiare.
In questi giorni lo abbiamo ritrovato in gara al Tour de Suisse, corsa che nel 2023 chiuse al nono posto con qualche bella azione in montagna. Il suo percorso nella squadra olandese è stato colpito da identica sfortuna. Intendiamoci, anche il 2023 non fu baciato dalla sorte migliore: ricordiamo bene i guai alla partenza del Giro e le sostituzioni in extremis. Quella Jumbo Visma però era talmente piena di campioni al top della forma, che non ebbe problemi a concludere l’anno in modo trionfale. Quest’anno, partito Roglic, la sfortuna ha colpito anche i pezzi grossi e le cose si stanno mettendo maluccio.
«Incredibile tanta sfortuna – ha detto Uijtdebroeks al belga Het Nieuwsblad al via dello Svizzera – e continua ad andare avanti. Kruijswijk e Van Baarle, entrambi concentrati specificatamente sul Tour, hanno avuto problemi seri. Fortunatamente abbiamo una squadra forte, con altri atleti che rientrano anche da malattie o infortuni. Troveremo una soluzione. Per me il Tour non è certamente un’opzione. Primo perché non era mai nei miei programmi e quindi non l’ho preparato. Secondo perché sono ancora molto giovane. A meno che tutti i corridori dell’intera squadra non si fermino di colpo. Ma per fortuna questa possibilità mi sembra inesistente».
La polmonite del Giro
Un senso dell’humor ad alto rischio quello del 21 enne belga della provincia vallone di Liegi, che al Tour de Suisse ha debuttato con una crono senza squilli (in apertura foto Instagram/Visma-Lease a Bike) e una prima tappa in gruppo, dato l’arrivo in volata. La sua ultima apparizione in corsa era stata appunto la decima tappa del Giro, vinta da Paret Peintre nello scenario stupendo di Bocca della Selva, sulle montagne beneventane.
«Avevo davvero la speranza di poter ripartire il giorno successivo – racconta – ma mi sono sentito male. Già la mattina, durante le interviste prima della corsa, mi veniva da tossire, avevo il fiato corto… Però continuavo a pensare a un raffreddore da fieno. Alla fine ho finito anche abbastanza bene, a 13 secondi da Pogacar. Per cui ho pensato che mi sarebbe bastata una notte di sonno per mettere tutto a posto. Invece sui rulli dopo la corsa ho iniziato a capire che qualcosa non andasse, quasi non riuscivo a respirare. Ci siamo accorti che avevo la febbre a 39: il medico ha capito subito che avevo la polmonite e il mio Giro è finito lì. E’ stato un duro colpo. Non avevo mai raggiunto un livello così alto. Soprattutto perché la prima parte del Giro non mi stava piacendo, ma avevo fiducia che andando verso le montagna il bello dovesse ancora venire».
La ripresa ad Andorra
Al momento del ritiro, Uijtdebroeks indossava la maglia bianca dei giovani, seguito a 12 secondi da Tiberi. Proprio quel giorno Antonio gli aveva guadagnato 9 secondi, magari anche per le sue condizioni.
«Era un Giro ancora tutto da correre – prosegue – difficile dire cosa sarebbe successo. Quello che ho visto fare a Pogacar non lo avevo mai visto in vita mia. Era bello corrergli accanto, nel giorno di Rapolano sugli sterrati mi sono divertito e per questo mi dispiace non aver potuto lottare per difendere o migliorare il mio piazzamento. La cosa peggiore è che i problemi ai polmoni sono andati avanti a lungo, più di quanto mi aspettassi. Una sensazione di bruciore e sempre mancanza di respiro, che a quanto pare sono sintomi tipici della polmonite. Alla fine sono rimasto fermo per una settimana, poi ho ripreso e a quel punto è entrato in ballo il Giro della Svizzera. Abbiamo iniziato a ricostruire passo dopo passo, con uno stage in quota ad Andorra. All’inizio con molta attenzione, per non fare più danni della stessa malattia. Ho trascorso lassù più di due settimane e adesso le condizioni sono di nuovo abbastanza buone. Certo non ho la forma del Giro, ho perso parecchio…».
Mirino sulla Vuelta?
Resta ora da capire quale sia il suo vero livello in uno Svizzera che vede al via meno facce da Tour rispetto al Delfinato. Quale sarà il suo posto in gruppo, soprattutto dopo lo stop per la polmonite? Neppure Cian lo sa e quando ha aperto il libro di corsa, non ha avuto grosse sensazioni, salvo poi riprendersi con lo sfogliare le tappe.
«Quando ho visto che nel finale ci sono tante montagne, sono stato felice. Poi mi è preso un colpo vedendo che l’ultimo giorno c’è una cronometro, finché però ho visto che si tratta di una cronometro in salita. Sono motivato, dovrei riuscire di nuovo a raggiungere un buon picco di forma e spero di ottenere qualcosa di buono. Resta da vedere se ciò significhi un posto tra i primi dieci, tra i primi cinque o altro. Non voglio fare pronostici. E a quel punto valuteremo come proseguire la stagione. Non avendo finito il Giro, la Vuelta potrebbe diventare un’opzione, ma non ne abbiamo ancora parlato. Il finale di stagione ha tante possibilità, incluso il mondiale. Intanto il passo successivo saranno i campionati nazionali e poi sarò a disposizione della nazionale».