Dopo il successo della linea Santini per UCI distribuita negli store Decathlon di diversi Paesi europei, la collaborazione continua nel 2024 con una nuova collezione, disponibile esclusivamente negli store italiani. La prima linea è la Santini UCI che include la replica della maglia di Campione del Mondo UCI, e le novità nei colori delle maglie più i pantaloncini e una varietà di accessori. La seconda invece, è la linea Santini Premium composta da due maglie slim fit con design caratterizzato da tre bande orizzontali sul petto, due pantaloncini con bretelle e una gamma di accessori coordinati.
Colorazioni per lui e per lei con uno stile classicoColorazioni per lui e per lei con uno stile classico
Un accordo di successo
Una sinergia nata nel 2021 che ha portato alla distribuzione globale nel 2022. Oggi entrambi i marchi sono pienamente soddisfatti della loro partnership che esalta stile e performance firmati dal brand bergamasco. «Siamo entusiasti di proseguire la nostra collaborazione di successo con Decathlon anche nel 2024 – commenta Monica Santini, Amministratore Delegato di Santini Cycling – la partnership è stata una fonte di successo in questi anni, e siamo determinati a portarla avanti con ancora maggiore slancio. Le due linee proposte nei negozi italiani siamo sicuri che colpiranno i gusti e le esigenze dei tanti amatori italiani».
«Per il quarto anno consecutivo – commenta Rosario Cozzolino, Category Manager MTB e Road Cycling Sport di Decathlon Italia – continua la partnership tra Santini e Decathlon Italia, una partnership di successo che vede per questo 2024 il completo aggiornamento dell’offerta, con la linea UCI Rainbow classica, ma con colori nuovi, e un upgrade tecnico sulla gamma Premium. Mentre la linea UCI Rainbow sarà presente nella maggioranza dei negozi italiani, la linea Premium, oltre che online, potrà essere acquistata solo nei TOP negozi italiani sul Ciclismo, tra i quali citiamo Modena, Treviso, Villafranca, Bolzano, Torri di Quartesolo, Grugliasco, Udine e Lissone».
Pantaloncini con il dettaglio dell’iride Accessori per completare il proprio outfit Pantaloncini con il dettaglio dell’iride Accessori per completare il proprio outfit
Linea UCI
Le novità della linea UCI firmata Santini sono tre maglie a manica corta, due da uomo e una da donna, in tre colorazioni differenti: salvia e cappuccino per la versione maschile e lilla per quella femminile. Le maglie sono realizzate in un leggero tessuto con un effetto mélange e maniche in lycra. Il taglio slim assicura un comforttotale, mentre il silicone interno all’altezza della vita mantiene la maglia in posizione. Le maniche sono tagliate al vivo per un effetto aerodinamico.
Le strisce iride sono stampate su un elegante termoplastico frontale. Sul retro delle maglie è presente una tripla tasca dotata di un ulteriore taschino con zip a vista, per aumentare lo spazio per riporre ciò che è necessario per le uscite in bici. Il prezzo presso i punti vendita Decathlon è di 69,99 euro per l’uomo e 64,99 per la versione da donna.
Nella linea Santini UCI sono stati aggiunti calzini e guanti da poter coordinare con la maglia color salvia. Il prezzo è di 24,99 euro. Rimangono dalla collezione precedente i due pantaloncini con bretelle a 89,99 euro per l’uomo e 79,99 per la versione donna. Sempre presenti le due maglie intime e gli accessori: calzini, guanti, scaldacollo e borracce.
Grafiche esclusive per Decathlon Fondelli ad alte prestazioni per lunghe pedalateAnche nella linea Premium, troviamo accessori dedicatiGrafiche esclusive per Decathlon Fondelli ad alte prestazioni per lunghe pedalateAnche nella linea Premium, troviamo accessori dedicati
Linea Premium
Santini ha introdotto due nuove maglie nella linea Premium caratterizzate da tre bande orizzontali al centro della maglia. Una presenta tonalità grigio chiaro con due strisce grigio scuro e una centrale verde petrolio. L’altra è bianca con due fasce nere e una centrale arancio fluorescente. La maglia presenta un elastico nero in silicone in vita per mantenere la maglia sempre in posizione durante la pedalata. Caratterizzata da una vestibilità slim con maniche tagliate al vivo e silicone interno. La tripla tasca posteriore della maglia, dotata di una tasca laterale con zip a vista, è ideale per gli oggetti personali. Una linguetta rifrangente posizionata sotto alla tasca aumenta la sicurezza e la visibilità in strada. Il prezzo presso i punti vendita Decathlon è di 99,99 euro.
Abbinati alle maglie della linea Premium, sono disponibili due colorazioni di pantaloncini in tessuto a effetto compressivo con bretelle e rete traspirante. Presentano un taglio al vivo e un grip in silicone sul fondo gamba. Ogni gamba è dotata di una linguetta rifrangente sul retro per migliorare la visibilità durante le ore più buie. I pantaloncini sono dotati del fondello C3, lo stesso usato dai professionisti, ideale per lunghe ore in sella che garantisce massima protezione dagli shock, incredibile leggerezza e traspirabilità. Inoltre, gli inserti in gel nella zona di appoggio delle ossa ischiatiche permettono la neutralizzazione delle vibrazioni quando il fondello è sotto stress. Il prezzo è di 149,99 euro. La linea Santini Premium è completata da accessori come calzini a 11,99 euro e i guantini a 24,99 euro.
Decathlon festeggia i 30 anni di attività in Italia, un'azienda che ha aiutato lo sviluppo sportivo nel nostro Paese attraverso la cura di qualità e prodotto
Nei giorni scorsi Vittoria ha ufficializzato una nuova partnership con l’Union Cycliste Internationale (UCI, ndr). Per il biennio 2024-2025, quindi a partire già da quest’anno, l’azienda di Brembate sarà Main Partner dell’UCI per quel che concerne i Campionati del Mondo di Mountain Bike. Si tratta di un accordo di assoluto prestigio, un ulteriore tassello nella collaborazione fra l’UCI e Vittoria che negli ultimi tre anni ha visto l’azienda italiana partner della Coppa del Mondo di Mountain Bike.
Vittoria ha una forte tradizione anche nel campo della mountain bikeVittoria ha una forte tradizione anche nel campo della mountain bike
Un investimento importante
Questa nuova collaborazione con l’UCI rappresenta per Vittoria un investimento significativo finalizzato ad affermare il marchio e i prodotti all’interno della community della mountain bike mondiale. Ricordiamo che i Campionati del mondo rappresentano il principale evento annuale di mountain bike dell’UCI. Quest’anno la rassegna iridata si svolgerà a Pal Arinsal, Andorra, dal 28 agosto all’1 settembre. Per l’occasione Vittoria sarà presente con un suo stand, il suo personale e atleti per intrattenere tifosi e appassionati, mostrando loro le ultime novità di prodotto per il mondo off road.
Il presidente Lappartient ha salutato ovviamente con favore la collaborazione che porterà all’UCI nuove risorseIl presidente Lappartient ha salutato ovviamente con favore la collaborazione che porterà all’UCI nuove risorse
Partner prezioso
Il presidente dell’UCI David Lappartient si è espresso con queste parole in merito alla nuova partnership: «Vittoria è un partner prezioso dell’UCI e della disciplina della mountain bike. Sono lieto che intensifichi il suo sostegno come partner principale dei Campionati del mondo di mountain bike UCI per i prossimi due anni. La presenza dell’azienda italiana fornirà un valore aggiunto a questo prestigioso evento che unisce i migliori atleti di mountain bike del mondo».
Alle parole di Lappartient hanno fatto seguito quelle di Stijn Vriends, presidente e amministratore delegato di Vittoria: «Siamo molto lieti di intensificare la nostra partnership con l’UCI per la disciplina mountain bike. Lavoriamo da molti anni fianco a fianco con l’UCI per supportare i corridori di varie discipline e continueremo a farlo con entusiasmo!».
La partnership con l’UCI sarà valida per il biennio 2024-2025La partnership con l’UCI sarà valida per il biennio 2024-2025
Ecco le squadre
Vittoria è da diversi anni una presenza costante nel mondo off road, come testimonia il lungo elenco dei team sponsorizzati. Tra questi meritano di essere segnalati i seguenti: Wilier-Vittoria Factory Team XCO, Santa Cruz Rockshox Pro Team, KMC Ridley MTB Racing Team, Caloi Henrique Avancini Racing, CS Carabinieri – Cicli Olympia, Berria-Polimedical MTB Racing Team, Pump for Peace Racing Team nell’XCO, XCC e XCM, Commençal ICStudio nella categoria DH, e i team Abetone Ancillotti Vittoria Factory Team, We Ride e Cube Mavic Collective nella categoria EDR ed E-EDR. Tutti questi team garantiscono a Vittoria una presenza in tutte le principali discipline della Coppa del Mondo di Mountain Bike.
Vogliamo tornare sul tema del calendario frammentato e i campioni che si scontrano meno da un paio di anni, stando attenti che non sembri una battaglia di nostalgici contro il nuovo ciclismo che già c’è. Le considerazioni di Moreno Moser hanno scavato il solco. E’ un fatto, come dice il trentino, che i confronti diretti fra i grandi campioni siano sempre meno frequenti. Nelle corse a tappe (il Giro dei Paesi Baschi iniziato ieri è un’eccezione, con Roglic, Vingegaard ed Evenepoel, foto di apertura) e nelle classiche. Nell’ambiente pochi hanno potuto controbattere, perché le differenti scelte e le programmazioni mai precise come quest’anno sono sotto gli occhi di tutti.
La spaccatura invece si è registrata come spesso accade nel mondo dei social, in cui si sono isolati due partiti. Da un lato quelli che va bene così, perché ognuno sceglie il programma che gli pare e non possono farle tutte. Dall’altro quelli che li vorrebbero vedere più spesso come accade nel tennis, in cui i primi del ranking si incrociano svariate volte all’anno, vincendo e perdendo a seconda del periodo di condizione.
Lombardia 2004, Bettini conquista la terza Coppa del mondo davanti a Rebellin e FreireLombardia 2004, Bettini conquista la terza Coppa del mondo davanti a Rebellin e Freire
La Coppa e gli scarti
Un richiamo fatto da Moser ha tenuto accesa la fiamma sotto la pentola: il ricordo della Coppa del mondo che fino al 2004 proponeva dieci prove, con i corridori che potevano scartarne al massimo due. Dato che due erano quelle in Canada e non tutti amavano il viaggio o dato che non tutti amavano la Roubaix, la scelta era pressoché fatta.
Il risultato era che nelle grandi corse c’erano tutti o quasi. Non sempre al top, ovviamente, ma eri certo che corridori con caratteristiche simili si sarebbero sfidati nelle corse a loro più adatte. Andate a guardarvi gli ordini di arrivo e capirete di cosa si sta parlando. C’era in quel ciclismo una voglia di esserci superiore all’attuale. Il campione era consapevole che la sua presenza, ancorché non al top, dava consistenza alle vittorie degli altri. E poi quale vittoria era più bella di quella più insperata, venuta apparentemente per caso?
Premiazione UCI ProTour del 2005: Adorni premia Di Luca, primo vincitorePremiazione UCI ProTour del 2005: Adorni premia Di Luca, primo vincitore
2005, nasce il ProTour
Il 2005 è stato l’anno della svolta nel ciclismo: chi c’era lo ricorda bene. L’UCI introdusse il ProTour, con uno slogan sottoscrivibile in qualsiasi momento: i migliori corridori nelle corse più grandi. Via la Coppa del mondo, largo al nuovo, che però non ha mai funzionato e negli ultimi anni sta funzionando sempre meno. Si passò dalle 10 gare di Coppa alle 28 del ProTour, con l’impossibilità evidente di prendere parte a tutte. Negli anni sono cambiati la formula, il nome che ora è WorldTour e il numero di prove, salite a 35. Come si fa a riconoscere in questa frammentazione quel primo slogan? I migliori corridori nelle corse più grandi è ormai un dire privo di senso, dato che non è mai stato imposto un vincolo di partecipazione.
Alla base non c’è solo la voglia di allargare il ciclismo ed esportarlo in angoli remoti del mondo: non sono le due corse australiane di gennaio e quella cinese di ottobre a giustificare l’esplosione del calendario. Alla base c’è soprattutto la voglia di fare cassa. Una corsa di un giorno che voglia essere ammessa nel WorldTour, deve sborsare quasi 100 mila euro: 10 mila euro a fondo perduto per fare la richiesta, quindi avrà una tassa di calendario per 32 mila, contributo alla lotta al doping per il 24,73 per cento del montepremi e il montepremi di 40 mila+11,82 per cento. Ben altro regime rispetto a una gara 1.1 dello Europe Tour in cui si pagano 4 mila euro di safety manager, 1.500 di corso per 2 persone, 16 mila euro montepremi e il contributo per la lotta al doping ancora in percentuale rispetto al montepremi.
Stando così le cose, è credibile che l’UCI riduca le prove del calendario per favorire i confronti sportivi fra grandi atleti?
Sul podio del Fiandre, Van der Poel con un grande Mozzato e con Politt. Nel 2023 c’erano Pogacar e Van AertSul podio del Fiandre, Van der Poel con un grande Mozzato e con Politt. Nel 2023 c’erano Pogacar e Van Aert
Non si torna indietro
Non si tornerà mai indietro, questo è chiaro. Allo stesso modo in cui difficilmente il campionato di serie A tornerà ad essere giocato soltanto la domenica. Finché c’è una produzione televisiva che copre di soldi federazioni e squadre per avere spettacolo ogni giorno, è chiaro che le partite si vedranno lungo tutta la settimana, con buona pace per la programmazione e la preparazione.
E’ lo sport professionistico 3.0, quello in cui i soldi hanno definitivamente preso il sopravvento sugli atleti. E gli atleti, che stupidi non sono, si tutelano come meglio credono con il sostegno di manager che intendono proteggerne l’integrità allargando a dismisura gli organici per arrivare dove si deve. Sapete se e quando ci sarà la svolta? Quando una produzione televisiva inizierà a coprire di soldi le federazioni e le squadre per avere i corridori più forti nelle gare più grandi, che nel frattempo non sono più soltanto 10. A quel punto, poveri corridori, non avranno più scampo. E andranno alle corse perché costretti e non perché nel frattempo sarà stato creato un ciclismo che li rispetti e rispetti i punti fermi di questo sport.
Moreno Moser è ormai a un passo dalla laurea in Design della Comunicazione all’Istituto Europeo di Design. Nel frattempo segue l’area social delle corse RCS e commenta su Eurosport: la prossima volta sarà alla Roubaix. E siccome Moreno non le ha mai mandate a dire, già da un pezzetto insiste sul fatto che servirebbe una regola che obblighi i corridori più forti a scontrarsi nelle corse più belle. Altrimenti succede come alla Strade Bianche, al Catalunya e alla Tirreno, in cui uno solo stritola gli altri senza avere troppo contraddittorio. E allora che ciclismo è?
Oggi si corre il Fiandre, che per vari motivi dovrà fare a meno di Pidcock, Van Aert, Stuyven e Pogacar. Come vedremo alla fine dell’interessante confronto con il trentino, la regola di far correre i migliori sempre insieme c’era ben prima che si inventasse il WorldTour. Poi sono arrivati i soldi e un certo modo di fare ciclismo rischia di andare in malora. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, auguriamo a tutti Buona Pasqua e procediamo con ordine.
Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Qualche giorno fa hai detto per l’ennesima volta che servirebbe una regola…
Sto dicendo queste cose da un pezzo e secondo me è la prima cosa cui dovrebbe pensare l’UCI in questo momento. Non esiste nessun altro sport dove i campioni si schivano, si evitano e vincono le corse per conto loro. Uno guarda la MotoGP e ogni domenica li vede che si scontrano. La Formula 1 e li vede che si scontrano. Nel ciclismo è diverso, perché ci sono caratteristiche tecniche diverse, per cui alcuni corridori fanno sport diversi fra loro. Vingegaard e Van Aert fanno due sport diversi, ma perlomeno quelli che hanno le stesse caratteristiche non è possibile che non si scontrino mai.
Hai usato il verbo “schivare”.
Non penso che lo facciano apposta, non sono così complottista. Però ovviamente, potendo scegliere, ognuno si fa il calendario che gli conviene e va a finire che alla fine si schivano. Mi fa un po’ strano vedere alla Strade Bianche Pogacar così solo. L’anno scorso non l’ha fatta per scelta e c’era solo Pidcock. Due anni fa l’ha dominata allo stesso modo di quest’anno. Ma io alla Strade Bianche vorrei vedere Van Aert, Van der Poel e anche Remco e Vingegaard. Come Van Aert avrei voluto vederlo alla Gand e ad Harelbeke. E alla Liegi, oltre Pogacar e Remco, mi piacerebbe che ci fosse Vingegaard.
Le programmazioni sono così sofisticate da risultare cervellotiche e se poi cadi…
Sono certo che Van Aert avrebbe fatto un grande Fiandre, ma certe programmazioni sono rischiose, il ciclismo è uno sport rischioso. Perché se poi cadi e ti fai male, perdi tutto. Magari hanno ragione loro, se il risultato è andare così forte, però la mia sensazione è un’altra e si è visto l’altro giorno dopo Waregem.
Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scattiGli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Che cosa si è visto?
Si parla tanto del ciclismo che sta cambiando, di questi che arrivano e vanno subito forte, ma è una cosa che riguarda veramente pochi corridori. Riguarda quei 5-6 che fanno una differenza abissale, mentre sotto il livellamento è lo stesso di 15 anni fa in cui nessuno riesce a fare la differenza. Dopo la caduta di Van Aert, Stuyven e Pedersen, mi è sembrato di rivedere le corse che vedevamo 15 anni fa. Nessuno riusciva veramente a fare uno scatto, nessuno ha fatto la differenza.
Secondo Pozzato è così perché vanno tutti fortissimo alla stessa maniera e nessuno, tranne quei pochi, può andare di più.
Infatti Van der Poel ci riesce e tira delle fucilate impossibili per tutti gli altri. Quelli di Kung e Jorgenson a Waregem non erano attacchi, dietro si staccavano perché erano finiti. Per cui secondo me, se non ci fossero davanti quei 4-5 così superiori, il ciclismo sarebbe identico a quello di qualche anno fa. E se questi qua non si scontrano, vedi corse con un dominatore e dietro un gruppo rassegnato. Intendiamoci, non è colpa dei corridori. Non li puoi accusare perché non possono fare tutte le corse, sono troppe. Forse si dovrebbero creare delle gare che siano più WorldTour delle altre, ma vi rendete conto di che casino sia ormai il ciclismo? Quando mi metto a spiegarlo a gente che non l’ha mai visto, mi rendo conto anche io che è troppo complesso. Ci sono corse che nessuno quasi conosce…
In realtà quello di cui parli esisteva già: si chiamava Coppadel mondo e funzionava molto bene…
Infatti quando ne abbiamo parlato in diretta, sia Bettini sia Bartoli mi hanno detto: «Guarda che quando c’era la Coppa del mondo, non potevi saltarne più di due». Quindi alla fine a tutte queste cose ci avevano già pensato. Non stiamo dicendo cose nuove, c’erano già vent’anni fa.
La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3 edizioniLa Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3
Prima che capissero di poter guadagnare facendo pagare l’inserimento delle corse nel WorldTour, esatto!
Quello che rovina lo sport è che certe cose non sono fatte nell’interesse di avere un ciclismo più bello. Se davvero ci fosse la voglia di fare un ciclismo interessante, bisognerebbe strutturarlo in maniera totalmente diversa.
Facciamo una cosa che non si dovrebbe fare: se fossi oggi corridore, ti troveresti a tuo agio con certi programmi così diversi da quelli di quando correvi?
Non lo so, è difficile ragionare e immaginare le cose col senno di poi, ma c’è una riflessione che sto facendo in questi giorni con tutta l’umiltà possibile. Non voglio essere quello che dice che se corresse oggi, vincerebbe di più. Ho sentito già troppe volte certi discorsi in bocca a gente che ha smesso 40 anni fa. Li lascio parlare e penso che probabilmente gli è andata bene ad aver smesso 40 anni fa. Però penso anche, vedendo come è stata la mia carriera e quali erano le mie caratteristiche, cioè il fatto che andavo forte a inizio stagione, che avrei preferito un approccio come l’attuale, in cui si corre molto più sulla freschezza che sullo sfinimento. Ho vinto Laigueglia, che era la seconda corsa. Ho vinto Strade Bianche, che era la seconda corsa. Ero uno che saliva in bici e andava forte dopo due settimane di preparazione.
Oggi freschezza e prima sfinimento?
In tanti momenti, quando andavo piano, mi ritrovavo a correre a oltranza e andavo sempre più piano. Quindi sicuramente questo tipo di approccio probabilmente in qualche modo mi avrebbe giovato. Al contempo mi rendo conto anche che il ciclismo sia molto più intenso, più impegnativo e molto più stressante. Quindi non so come sarebbe andata. Circa i programmi, non so quanto conti la volontà del corridore. A Van Aert piace correre, fa il cross, non si tira indietro. Mi chiedo anche io se lui preferisca l’approccio di quest’anno o se l’abbiano deciso in squadra. O se ancora considerino anche il fatto che correre poco vuol dire rischiare meno anche di cadere.
La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando la corsa dalla testaLa Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando il gruppo dalla testa
Pensi sia possibile?
Sicuramente su Vingegaard lo tengono in considerazione. Secondo me non lo mandano alla Strade Bianche proprio perché non vogliono metterlo in corse così stressanti. Sanno che nelle corse a tappe prendono in mano la corsa e rischiano molto meno, perché sono sempre davanti. Invece nella gara di un giorno c’è più caos e sono tutti più aggressivi. Vingegaard sa limare, perché lo vediamo sempre lì davanti. Però magari non gli viene facile come per esempio a Pogacar, penso che farlo gli costi molto stress. Mi dà l’idea di una persona che quando ha un obiettivo in testa, riesce anche a rimanere super concentrato. Ma sono anche convinto che quelle cinque ore a tutta gli costino più che ad altri. Proprio un fatto di consumo mentale.
Chi vince il Fiandre?
Anch’io dico che vince per forza Van der Poel, non vedo chi possa batterlo. Peccato che Pedersen abbia perso mezza squadra, perché anche lui potrebbe essere un bel nome. Le gare per fortuna sono sempre imprevedibili, stiamo a vedere. Semmai ci risentiamo lunedì e capiamo se ci abbiamo preso. E per ora, Buona Pasqua a tutti!
«Prendiamo il caso della norma sulle leve dei freni ruotate – dice Marra per spiegare il concetto – il modo migliore per fare il controllo lo abbiamo creato noi aziende. La maggior parte delle lamentele arrivava dai corridori, era un discorso di guidabilità e sicurezza, per cui abbiamo affrontato il problema. Finalmente abbiamo creato un buon rapporto e tutti gli sviluppi vengono fatti insieme all’UCI. In base al tipo di prodotto facciamo dei gruppi di lavoro e andiamo avanti…».
Cosa succede quando l’UCI mette mano al regolamento tecnico sulle bici e promulga nuove regole? Qual è l’iter delle riforme che costringono i corridori, ad esempio, a raddrizzare le leve dei freni (in apertura l’esempio di Evenepoel e Segaert all’ultimo campionato belga) o a cambiare la posizione sulla bici da crono? Ne abbiamo parlato con Claudio Marra, numero uno di FSA che, come tutti i produttori di manubri e ruote, è fra i primi a scontare direttamente gli effetti di simili modifiche.
Ogni anno FSA premia il suo atleta più rappresentativo: qui Marra nel 2019 con Bettiol, re del FiandreOgni anno FSA premia il suo atleta più rappresentativo: qui Marra nel 2019 con Bettiol, re del Fiandre
Che rapporto c’è fra l’UCI e le aziende?
E’ cambiato tanto. Ai tempi in cui il presidente dell’UCI era Hein Verbruggen (olandese al comando del ciclismo mondiale dal 1991 al 2005, ndr), l’omologazione dei prodotti veniva gestita in Belgio, dove viveva Jean Vauthier, che era stato incaricato del compito. Per avere l’omologazione delle ruote ad esempio, dovevi mandargliele e fare un test che costava fra i 1.500 e i 1.800 euro per coppia. Loro le distruggevano in ogni caso e poi ti dicevano se andassero bene oppure no. Quindi sapevi già che l’omologazione ti sarebbe costata il prezzo delle ruote, del trasporto e il costo del test, senza neppure vedere il risultato.
Tutti d’accordo e nessuna obiezione?
Tutte le aziende del mondo dovevano seguire questa procedura, almeno fino a quando ci accorgemmo che una sola non passava per lo stesso canale e a quel punto decidemmo di opporci. I regolamenti erano abbastanza aleatori, scritti solo in francese con postille piccolissime e quasi nessuno li seguiva. Finché decisero di mettere mano seriamente alla regolamentazione dei manubri da crono e ci comunicarono che i 3/4 di quelli che stavamo utilizzando erano illegali. Fu un colpo, c’era bisogno di almeno un anno per metterci a posto.
Come la gestiste?
Cambiare subito avrebbe significato buttare tutto quello che c’era nei magazzini, così capimmo di dover avere una voce in capitolo per parlarne con l’UCI e assieme a Phil White, fondatore di Cervélo, creammo il GOCEM (Global Organisation of Cycling Equipment Manufacturers), l’associazione dei costruttori di biciclette e parti.
Al Tour Down Under, gli ispettori UCI hanno verificato la messa a norma delle leve (foto Escape)L’UCI ha approntato una dima con cui i suoi ispettori in gara possono verificare anche l’inclinazione delle leve dei freni (foto Reddit)Al Tour Down Under, gli ispettori UCI hanno verificato la messa a norma delle leve (foto Escape)L’UCI ha approntato una dima con cui i suoi ispettori in gara possono verificare anche l’inclinazione delle leve dei freni (foto Reddit)
Come venne accolto?
L’idea non era di creare caos, ma di far ragionare tutte le parti, dato che l’UCI andava per la sua strada e c’erano altri costruttori fuori regola. Parlammo chiaramente, come abbiamo fatto anche di recente. L’industria sostiene il ciclismo. Avevamo valutato ai tempi, era intorno al 2010, che tra sponsorizzazione, telai, biciclette davamo al sistema un contributo di circa 100 milioni all’anno. Pertanto sarebbe stato meglio parlarne insieme: che ci dessero il tempo di metterci a posto e poi si potevano stabilire regole condivise e valide per tutti.
Tutto risolto, quindi?
No, perché anche il fronte delle aziende era spaccato. Ricordo che Scott trovava tutto interessante, ma non voleva farne parte, finché per fortuna si fece avanti la WFSGI (World Federation of the Sporting Goods Industry, ndr). E’ l’associazione mondiale delle aziende che, messe insieme, dialogavano con le varie federazioni. Erano già molto forti nei rapporti con la FIFA, con il nuoto e altri sport maggiori e alla fine venne a farmi visita Frank Dassler, il fondatore di Adidas che è scomparso nel 2020 e ne era il presidente.
Motivo della visita?
Ci chiesero di far confluire il GOCEM nella loro federazione e accettammo volentieri, dato che il nostro lavoro è produrre e non fare politica. E così dal 2018 è la WFSGI che dialoga con le aziende, raccoglie indicazioni, crea gruppi di lavoro e si interfaccia ufficialmente con l’UCI.
Questo è Andrea Piccolo al Tour Colombia: la leva resta inclinata, ma c’è un limiteQuesto è Andrea Piccolo al Tour Colombia: la leva resta inclinata, ma c’è un limite
Però qualche frizione a volte si coglie ancora…
Negli anni ci sono stati vari passaggi, perché ogni nuovo presidente UCI si porta dietro i suoi uomini e ogni volta bisogna ricucire il rapporto, fargli capire che siamo importanti, anche perché loro arrivano spesso con una certa arroganza. Poi si rendono conto che non possono fare da soli, capiscono che l’industria ha i suoi i suoi tempi e i suoi bisogni, di conseguenza devono per forza scendere a compromessi. E finalmente si rendono conto che siamo un grosso valore aggiunto, per cui ci accolgono e collaboriamo.
Adesso come va?
Negli ultimi due anni è arrivato Michael Rogers, che ha cominciato anche lui da capo. Piano piano abbiamo costruito il rapporto con WFSGI, a spiegargli le cose e fortunatamente adesso abbiamo una buona collaborazione. Infatti ad esempio le ultime disposizioni riguardo l’inclinazione delle leve sono figlie di un accordo fatto con noi. Abbiamo dato noi le istruzioni per capire come arrivare a un controllo semplice ed efficace. E la fine insieme a loro abbiamo promulgato questo tipo di discorso.
E’ così per tutto?
Se ad esempio parliamo di ruote, mettiamo assieme 4-5 aziende, generalmente le più interessate al prodotto, e si portano avanti gli studi, si fanno i test e le proposte per poi arrivare a raggiungere il massimo possibile. L’obiettivo è avere la sicurezza al numero uno. Seconda cosa, l’affidabilità. Terza, l’accessibilità che è importante per l’UCI: quello che è a disposizione degli atleti, deve essere disponibile nel mercato per tutti, per dare a tutti le stesse soluzioni. Il concetto di base è questo.
Dall’inizio dello scorso anno è entrata in vigore la nuova normativa sulle protesi aerodinamicheLo sviluppo delle nuove posizioni viene elaborato da Vision al computer corridore per corridore (foto FSA)Dall’inizio dello scorso anno è entrata in vigore la nuova normativa sulle protesi aerodinamicheLo sviluppo delle nuove posizioni viene elavorato da Vision al computer corridore per corridore (foto FSA)
Tornando per un attimo alle leve girate?
I corridori si sono lamentati per la sicurezza. Sono andati dall’UCI chiedendo di intervenire, per vietare questo tipo di discorso. Tanti hanno visto che in certe fasi, avendo le leve così ruotate, c’erano problemi di frenata e prontezza di reazione. Avevano paura che questo potesse creare delle cadute. L’UCI non poteva essere sorda al richiamo dei corridori, quindi si è rivolta a noi chiedendo cosa potessimo fare insieme. E noi abbiamo fatto delle simulazioni e degli studi, stabilendo il limite secondo noi di questa rotazione, senza il rischio di compromettere la sicurezza. Una volta che l’UCI ha ricevuto gli strumenti per arrivare a una conclusione, ha ufficialmente varato le nuove regole. E’ frutto di un lavoro di equipe che ora si sta occupando anche di altri componenti.
Ma visto che i corridori ruotavano le leve per essere aerodinamici, l’industria sta lavorando a manubri che gli permettano di esserlo stando nelle regole?
Certamente. Infatti si cominciano a vedere manubri che in qualche modo gli permettono, sia pure minimamente, di tenere la stessa posizione. Da anni sono tutti matti per i marginal gain, andando a risparmiare un watt qua e un watt là, per cui è giusto assecondarli.
Il fatto invece che sia stato imposto un limite alla larghezza dei manubri comporta qualcosa per voi aziende?
Dal punto di vista della produzione, non ancora. A livello commerciale invece si dovrà valutarne l’impatto. Se ci avete fatto caso, quasi tutti i corridori usano telai di una misura più piccola, con attacchi da 150-160 e manubri molto stretti, da 38 a un massimo di 40 centro/centro. Dovremo capire se l’utente finale vorrà imitarli oppure rimanere fedele al manubrio dal 42 con cui guida meglio e sta più comodo. Invece per la fornitura alle squadre, dato che ormai si è ristretto tutto di una o due misure, va fatto il riassortimento in base alle esigenze dei corridori. Oggi si usano il 38 e 40, non di più.
L’UCI ha stabilito il massimo allungamento, l’inclinazione e l’altezza delle protesi da crono (foto FSA)Con la normativa di fine 2022, le protesi vengono inserite nel contesto manubrio, che a sua volta ha delle nuove specifiche (foto FSA)Per dare modo a corridori di tutte le taglie di stare in posizione, è stato previsto un triplo range di misure (foto FSA)L’UCI ha stabilito il massimo allungamento, l’inclinazione e l’altezza delle protesi da crono (foto FSA)Con la normativa di fine 2022, le protesi vengono inserite nel contesto manubrio, che a sua volta ha delle nuove specifiche (foto FSA)Per dare modo a corridori di tutte le taglie di stare in posizione, è stato previsto un triplo range di misure (foto FSA)
E’ stata più impattante questa riforma o quella di due anni fa con cui sono stati rivisti i manubri da crono?
Quella, non c’è il minimo dubbio. Sono anni che continuiamo a fare sempre continuamente nuove estensioni per i manubri e loro a cambiare le regole. Che poi non è solo il manubrio. Magari il costruttore parte dalla regola in vigore, realizza la bici nuova e noi facciamo l’estensione di conseguenza. Poi l’UCI cambia le regole ed è un vero bagno di sangue. Ogni anno siamo in ballo, specialmente con le squadre più importanti.
Rogers adesso si è ammorbidito?
Ha fatto esperienza. Inizialmente aveva la pressione dei grandi capi che volevano imporre le loro regole. Ma essendo una persona ragionevole, gli spieghi le cose, si rende conto che abbiamo bisogno gli uni degli altri, e quindi collaborare con noi è vantaggioso. Non dimentichiamoci che i soldi che gli arrivano dall’omologazione dei prodotti sono tanti.
A tu per tu con Paolo Rosola, che ha vissuto in prima persona la vicenda della Gazprom. I tentativi di trovare sponsor sono falliti. La politica è sparita
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Come promesso a dicembre, in occasione dei mondiali di cross di Tabor, l’UCI ha ratificato un nuovo protocollo per le condizioni meteorologiche estreme. Ma forse sarebbe meglio parlare di una nuova appendice. Un’estensione dovuta ai cambiamenti climatici e in particolare al surriscaldamento globale. Non a caso, questo supplemento si chiama “alte temperature”.
Fa sempre più caldo, lo vediamo costantemente sulla nostra pelle. Magari chi vive in pianura con l’alta pressione di questi giorni se ne è reso conto meno. Tuttavia bastava salire qualche centinaio di metri, in collina, per scoprire che era primavera. Zero termico a quote elevatissime, come dovrebbe accadere a luglio. Giusto due giorni fa sul Monviso, a 3.800 metri, c’erano 5 gradi. E siamo a inizio febbraio.
Caldo e acqua, sempre più spesso si vedono scene così. Qui, Pogacar al TourCaldo e acqua, sempre più spesso si vedono scene così. Qui, Pogacar al Tour
Cosa cambia
E così l’UCI ha ampliato l’Extreme Weather Protocol con un’appendice speciale per temperature estremamente elevate, il cosiddetto protocollo “alte temperature” appunto.
«Nei prossimi anni – si legge nel comunicato – sempre più gare saranno organizzate in condizioni climatiche molto difficili. E questo non farà altro che aumentare il rischio di incidenti dovuti al caldo».
Il nuovo protocollo prevede la creazione di cinque diverse zone termiche: bianca, verde, gialla, arancione e rossa.
Vengono suggerite numerose possibili misure, come spostare la zona di partenza in un luogo ombreggiato. Consegnare bevande fredde e ghiaccio alle squadre durante la corsa. Avere più moto con bottiglie d’acqua. Modificare l’orario di partenza ed eventualmente neutralizzare alcune parti della competizione.
Qui però scatta la discussione: «Si tratta di raccomandazioni – chiarisce l’UCI – perché la responsabilità della decisione spetta sempre al gruppo di lavoro competente», insomma all’organizzatore.
Cristian Salvato (classe 1971) ex corridore, è oggi presidente dell’AccpiCristian Salvato (classe 1971) ex corridore, è oggi presidente dell’Accpi
Parola a Salvato
A questo punto abbiamo chiesto il parere di Cristian Salvato, presidente dell’Accpi, con il quale tra l’altro avevamo toccato questo tasto già in passato. Lo avevamo fatto alla partenza del campionato italiano in Puglia del 2022, quando sotto un sole ad oltre 35 gradi già alle 9,30 del mattino partì una corsa rovente, durante la quale si toccarono i 43 gradi.
«Già all’epoca in Puglia – spiega Salvato – parlai di possibili cambi di orario di partenza. Ma il problema, come sempre, e ribadisco come sempre, è che servono regole univoche. Limiti certi. Numeri. E in base a quei limiti si stabilisce se partire o no. Altrimenti ogni volta ci troviamo a discutere con giudici, organizzatori, atleti…
«Se ci sono 2 gradi con pioggia gelata e il regolamento dice che da 3 gradi in giù non si può correre, non si corre. Se ce ne sono 5 si parte. Stop. Noi da tempo invochiamo regolare chiare. Anche per il vento, per esempio, non c’è un limite fissato. Nella vela esiste: oltre un certo numero di nodi non si gareggia. Sembra una cosa banale, ma è una faticaccia da mettere in atto».
Salvato insiste soprattutto sul discorso del freddo, quello per cui sono sempre nate le maggiori dispute. E i recenti casi del Giro d’Italia ne sono un esempio.
«Un vecchio adagio ciclistico – va avanti Salvato – dice: meglio sudare che tremare. Non ho mai sentito grosse lamentele rispetto al gran caldo. E’ soprattutto sul freddo che bisogna concentrarsi. Poi è chiaro che si deve prestare attenzione anche al caldo».
Staff sempre più corposi e maggiori mezzi: i corridori hanno un costante apporto di acqua e ghiaccio anche da terra oltre che dall’ammiraglia I corridori hanno un costante apporto di acqua e ghiaccio anche da terra oltre che dall’ammiraglia
Intervento banale?
Con Salvato si passa poi ad un commento degli interventi del protocollo “alte temperature”. Interventi che chiaramente, Cristian non giudica sbagliati, ma che forse a ben pensare rischiano di essere più di facciata che concreti. Almeno per il ciclismo ai più alti livelli.
Quando si parla di cercare location di partenze ombreggiate o più fresche, la chiosa di Salvato è semplice quanto ficcante: «Sì, okay partenze al fresco, ma oggi i corridori sono sul bus fino all’ultimo e lì c’è l’aria condizionata impostata alla temperatura ideale. Scendono per firmare e poi ritornano al bus o partono. In alternativa ci sono le aree hospitality che sono ombreggiate.
«E lo stesso vale per una moto in più per l’acqua. Oggi i corridori, con tutti i rifornimenti a terra che ci sono, non hanno problemi di approvvigionamento di acqua. Poi è chiaro che una moto in più non darebbe fastidio a nessuno. Non ce li vedo lamentarsi per questo».
Chissà se David Lappartient, il megapresidente dell’Uci sapeva che, nel rilasciare la lunga intervista di qualche giorno fa a DirectVélo, avrebbe smosso così tanto le acque. Di quel che è successo nel mondo del ciclocross abbiamo avuta testimonianza diretta al Superprestige di Niel, con la protesta neanche troppo velata dei team principali verso le sue dichiarazioni. Tuttavia il dirigente francese ha coinvolto tutto il mondo delle due ruote.
La particolarità è che se da una parte il presidente non si è sentito successivamente di commentare ulteriormente, di entrare ancor più nello specifico di alcuni argomenti, dall’altra molti altri “attori” del mondo delle due ruote hanno preferito evitare accuratamente ogni commento, quasi timorosi di smuovere le acque.
Il massimo dirigente francese a colloquio con il gruppo, dopo la forzata sosta a Glasgow 2023Il massimo dirigente francese a colloquio con il gruppo, dopo la forzata sosta a Glasgow 2023
Non solo presidente dell’Uci
Quel che Lappartient ha messo sul tavolo non è di poco conto e stupisce il fatto che una simile presa di posizione sia arrivata ora, alla vigilia dei Giochi di Parigi 2024. Giochi che lo vedono assoluto protagonista, visto che dal giugno 2023 unisce alla carica di numero 1 dell’organo internazionale anche quella di presidente del Comitato olimpico francese. Lappartient è in carica sul trono dell’Uci dal 2017, nel 2025 andrà a caccia del terzo mandato, intanto pensa già oltre, alle riforme del 2026 che a suo dire saranno profonde.
Bisogna capire se saranno anche legittime. Potrebbero esserlo quelle riguardantila Coppa del mondo di ciclocross, per la quale ha detto di pensare a un giro di vite. Chi salta una gara per partecipare a un’altra prova non del circuito, verrà escluso dallo stesso e anche dai mondiali. E’ questo che ha scatenato le ire dei team ed è su questo che ora si tratta a fari spenti, perché il rilancio della challenge non può passare senza l’avvallo delle squadre che costituiscono l’humus dell’attività. Ora la Coppa è articolata su 14 gare e si vuole arrivare a 15, sempre nel weekend: che spazi restano agli altri?
Nel ciclocross c’è grande tensione dopo le dichiarazioni di Lappartient legate alla Coppa del mondoNel ciclocross c’è grande tensione dopo le dichiarazioni di Lappartient legate alla Coppa del mondo
Classiche e contraddizioni
Certamente qualcosa va fatto, non è un caso se alla tappa inaugurale di Waterloo negli Usa c’erano solo 4 dei primi 10 del ranking e prossimamente, a Vermiglio, sono annunciate già defezioni di peso come quella dell’olandese Van Der Haar. Lappartient ha messo già sul tavolo qualche proposta come la diminuzione della durata totale delle competizioni e l’aumento dei punti validi per il ranking Uci. Basterà?
Le cronache si sono concentrate sul discorso legato al ciclocross, ma Lappartient è andato ben oltre e nel suo progetto di riforma un ruolo preminente lo avrà il calendario. Nella sua disamina il dirigente è andato anche in apparente contraddizione. Da una parte ha detto che è necessario accorpare sempre più l’attività in varie zone geografiche: «L’esperienza delle classiche franco-belghe che portano lì le squadre per tre settimane va ripetuta. Mettiamo insieme le prove in varie zone in modo da ridurre gli spostamenti per avere benefici sia economici che ambientali».
La Vuelta potrebbe cambiare ancora periodo di svolgimento per evitare il gran caldoLa Vuelta potrebbe cambiare ancora periodo di svolgimento per evitare il gran caldo
La riforma del calendario
Tutto bello, salvo poi sentire che non è assolutamente detto che Fiandre e Roubaix debbano sempre svolgersi in primavera e che non è un delitto pensare a un’inversione tra Liegi e Lombardia. In barba alle tradizioni, spazzando via ogni punto fermo. Lappartient avrebbe anche accarezzato l’idea di accorciare i grandi Giri, trovando però un netto no da parte degli organizzatori (Aso e Rcs, insieme a Flanders Classics tengono su il nocciolo duro dell’attività, impossibile tenere fede ai propri propositi andando loro contro…) mentre non è favorevole all’allungamento di altre corse fino a due settimane.
«Perché pensare alle gare sempre alla domenica? Perché le corse a tappe non possono partire di domenica e chiudersi al sabato? Le classiche hanno dimostrato che si vive di ciclismo anche di mercoledì o venerdì, con tanta gente sulle strade».
In questo Lappartient non sbaglia, seguendo d’altronde un fiume che coinvolge tanti altri sport, come il tennis che prevede tante finali di sabato. Nella sua rincorsa al cambiamento, il francese pensa anche a spostare la Vuelta da agosto, per evitare il gran caldo che d’altronde colpisce anche l’Australia a gennaio, quando l’attività si rimette in moto e intanto pensa a introdurre nel WorldTour nuove piazze, come ad esempio il Sudamerica.
Il podio della Liegi-Bastogne-Liegi 2020, corsa a fine estate. Lappartient pensa di riprovarci…Il podio della Liegi-Bastogne-Liegi 2020, corsa a fine estate. Lappartient pensa di riprovarci…
Gli errori di calcio e basket
Capitolo Superlega. Qui ci si sarebbe aspettati una presa di posizione ferra, soprattutto dopo l’abortito progetto di fusione fra Jumbo Visma e Soudal QuickStep, invece i toni sono molto concilianti. Lappartient vuole assolutamente evitare una contrapposizione come quella ormai da guerra conclamata che c’è nel basket o sotterranea come nel calcio. La tutela dei grandi eventi passa per un accordo con i team.
«E’ desiderio dei team – ha detto – essere più coinvolti economicamente per avere maggiori dividendi e una soluzione si può trovare discutendone. Ci sono 5 squadre che oggi dominano e le altre che seguono a ruota, ma se le prime 5 si concentrano su loro stesse, paghiamo tutti. Dobbiamo invece lavorare insieme perché il prodotto ciclismo diventi più appetibile, commercializzabile. A parte i tre grandi gruppi organizzativi, non ci sono altri enti in grado di negoziare accordi di teletrasmissione, bisogna farlo tutti insieme, generando più entrate».
Ultimo aspetto, quello della sicurezza e qui Lappartient prosegue su quanto fatto in estate con il lancio di SafeR, l’organismo delegato al controllo della sicurezza nelle corse. L’idea è fare in modo che tutti contribuiscano, seguendo l’esempio della Formula 1: circuiti più sicuri ma anche auto più sicure. Quindi tutti i componenti del mondo ciclistico hanno la loro fetta di responsabilità. Si pensa a un giro di vite nell’autorizzazione delle zone di arrivo, nella scelta delle strade («Come pensare che strade dove le auto vanno a 30 all’ora possano accogliere gruppi di ciclismo che viaggiano al doppio della velocità?»).
In tema di sicurezza verranno rivisti tutti i sistemi di approvazione degli arriviIn tema di sicurezza verranno rivisti tutti i sistemi di approvazione degli arrivi
Ciclismo a pagamento…
L’idea di Lappartient va però oltre, spingendo verso gare in circuito con il pubblico invitato a pagare un biglietto.
«Quando organizzavo il GP Plumelec – ha detto – chiedevamo 5 euro a persona. Dicevamo che era necessario per far sì che la gara fosse nel calendario delle Pro Series e la gente pagava volentieri». Sarà anche vero, strano però che le gare in circuito per antonomasia, come i mondiali, abbiano nel frattempo cambiato pelle strutturandosi sul modello della tappa finale del Tour, con il circuito riservato solo alle battute finali. Una grande classica in circuito non avrebbe lo stesso fascino e Lappartient non può non saperlo…
Quando ad inizio agosto l’UCI ha annunciato la nascita dei ProTeam femminili a partire dal 2025, forse la questione è stata trattata troppo sbrigativamente dallo stesso maggiore organo ciclistico internazionale nei confronti delle continental (in apertura il Gp Liberazione, foto Spalletta). Per loro stessa affermazione, attraverso il presidente Lappartient, l’intenzione è quella di garantire maggiore professionalità e sicurezza economica ad un numero sempre più alto di atlete, evitando quindi nuovi “casi Zaaf Cycling”.
Inizialmente questa novità sarebbe dovuta avvenire nel 2026, ma non è detto che anticipare di un anno un’operazione simile sia un bene per tutti. Vale la pena ricordare anche che, a differenza del maschile, nel ciclismo femminile esistono solo due divisioni di formazioni. Se le WorldTour hanno organizzazioni pressoché identiche fra loro (e a quelle degli uomini), nelle Continental esistono disparità importanti nelle strutture fra le stesse squadre. Un esempio concreto di differenti continental sono team come AG Insurance-Soudal Quick-Step, Ceratizit-WNT e Laboral Kutxa Euskadi che hanno fatto richiesta per la prossima stagione di diventare WorldTour (dovrebbero diventarlo le prime due) grazie a budget considerevoli
L’AG Insurance Soudal Quick Step è stata una continental sui generis grazie alla struttura maschile. Nel 2024 potrebbe diventare WTL’AG Insurance Soudal Quick Step è stata una continental sui generis grazie alla struttura maschile. Nel 2024 potrebbe diventare WT
Molte domande, poche risposte
Altre squadre però riuscirebbero a fare il salto nelle professional auspicate dall’UCI nel giro di soli dodici mesi? Guardando in casa nostra, le continental italiane sarebbero pronte ad acquisire la licenza della categoria superiore? O ancora, è stata pensata una nuova regolamentazione di un calendario dedicato? E si potrebbe continuare ancora tanto con gli interrogativi.
Non è dato a sapere se l’UCI prima di prendere questa decisione abbia fatto un sondaggio generale tra le continental per conoscere il parere, ma sembrerebbe che a gennaio sia in programma una riunione per spiegare meglio (per la prima volta) tutto quanto. Noi nel frattempo abbiamo voluto sentire le opinioni dei team manager italiani che hanno avuto un riflesso pavloviano non appena gli abbiamo sottoposto l’argomento. Oggi iniziamo da Lucio Rigato, Walter Zini e Giovanni Fidanza.
Calendario puro per continental. In Francia ci sono 16 gare tra classe 1 e 2, in Belgio 22, mentre in Italia solo 5 (foto Gp Isbergues)Calendario puro per continental. In Francia ci sono 16 gare tra classe 1 e 2, in Belgio 22, mentre in Italia solo 5 (foto Gp Isbergues)
Sponda Top Girls
L’impressione, nemmeno tanto inaspettata, del malcontento generale è tangibile. Lucio Rigato, capo della Top Girls Fassa Bortolo, starebbe valutando l’ipotesi di chiudere a fine 2024 e diventa un fiume in piena quando ci addentriamo nella vicenda.
«La mia è stata una battuta fatta in un certo contesto – spiega il team manager trevigiano – e non ho voglia di smettere, però se l’UCI cambierà le cose allora devo pensarci seriamente perché ne sarò quasi costretto. Se devo spendere un certo budget senza avere certezze di calendario, inviti e regolamentazioni per noi continental, allora chiudo davvero. Non condivido la nascita dei ProTeam, pensata senza considerarci e senza comunicarci nulla. Suppongo ci vorranno dei requisiti economici minimi e ho sentito dire che potrebbe servire un budget da un milione e duecento mila euro, ma qui in Italia si fa già fatica a trovare solo i duecentomila. Anche se è in forte crescita, il ciclismo femminile negli ultimi anni ha fatto passi troppo grandi e precoci per la sua struttura, ma l’UCI non se ne rende conto. Per me fanno solo i loro interessi».
Lucio Rigato guida la Top Girls dal 2005 ma potrebbe chiudere a fine 2024 se la nascita dei ProTeam non fosse ben regolamentata Lucio Rigato guida la Top Girls dal 2005 ma potrebbe chiudere a fine 2024 se la nascita dei ProTeam non fosse ben regolamentata
«Se copieranno in tutto il sistema maschile – prosegue nella sua analisi Rigato – noi ad esempio al Giro Women non potremo più partecipare. Già oggi c’è un trattamento impari da parte di alcuni organizzatori di gare importanti tra team WorldTour e continental. Noi dobbiamo sperare che accettino la nostra richiesta e poi pagarci vitto e alloggio. Le continental non possono farle morire. Sono i vivai della squadre più forti, altrimenti cosa serve avere tante esordienti, allieve e junior se poi non possono mettersi in mostra nei team continental? Spererei in un aiuto da parte della nostra federazione. Forse sono diventato troppo vecchio per farmi andare bene certe cose. Ho 70 anni con cinquanta di attività e onestamente non sono molto fiducioso in generale per il futuro».
Visto dalla BePink
Non cambia tanto l’umore chiamando in causa Walter Zini, team manager della BePink-Gold, preoccupato che l’attività delle continental possa sparire o ridursi drasticamente. Di sicuro per il dirigente milanese ci sono degli aspetti che andavano cambiati anche prima e altri che già si immagina.
«A vederla così – spiega Zini – temo che nel giro di 4-5 anni possa esserci un’implosione provocata dalla mancanza di un giusto ricambio generazionale. Anche perché finora non è mai stato regolamentato il riconoscimento del valore del cartellino di un’atleta che passava dalle continental ad un team WorldTour. E quelle entrate erano valide da reinvestire. Tuttavia so che renderanno ufficiale questa norma proprio dal 2024. E speriamo che modifichino la regola dei punti, perché al momento seguono le atlete. Adesso ci hanno sempre obbligato a ripartire da zero ogni volta che ti andava via la ragazza col punteggio più alto. Comunque vedremo se penseranno ad un calendario più ampio per le continental o U23 e contemporaneamente a limitazioni di partecipazione per i team WorldTour in alcune gare».
Zanardi è passata dalla BePink alla Human portando con sé i punti UCI, situazione che penalizza le continental. Dal 2024 cambierà la regola (foto Ossola)Zanardi è passata dalla BePink alla Human portando con sé i punti UCI, situazione che penalizza le continental. Dal 2024 cambierà la regola (foto Ossola)
Il tecnico della BePink ipotizza che, in base ai parametri richiesti dall’UCI, possa servire un budget minimo di settecento-ottocentomila euro e che nasceranno 4-5 ProTeam. «Nel totale devono esserci i salari minimi garantiti, uno staff più numeroso e altri mezzi. Una situazione che in Italia ad oggi diventa difficile da realizzare. Si potrebbe prendere spunto da ciò che ha fatto la Eneicat, dov’è andata Basilico, che ha unito le forze con la Burgos-BH (professional maschile, ndr). Però da noi non credo che siano interessati ad un’operazione simile».
Il parere di casa Isolmant
Il primo giro del nostro sondaggio si ferma con Giovanni Fidanza, team manager della Isolmant-Premac-Vittoria, che spera in una riforma fatta con senno nonostante anche lui lamenti la mancanza di comunicazioni ufficiali da parte dell’UCI.
La Isolmant nel 2023 aveva anche le junior e con le elite ha optato per un calendario italiano per contenere le spese La Isolmant nel 2023 aveva anche le junior e con le elite ha optato per un calendario italiano per contenere le spese
«Dovremo capire che parametri vorranno introdurre – commenta il padre di Arianna e Martina in forza alla Ceratizit – ma mi auguro siano fattibili e che non esagerino con noi continental. Quanto meno mi auguro che possano apporre correzioni strada facendo. Il movimento femminile è cresciuto tanto, ma deve ancora consolidarsi a dovere, soprattutto tra le continental. E’ per questo che penso sia stata una decisione avventata. Tutto deve essere adeguato alle ragazze con cui lavoriamo. Il nocciolo della questione saranno i calendari, con relativi inviti e regolamenti.
«Certamente per i nostri sponsor non è una buona notizia – conclude Fidanza – perché significherebbe non avere più la visibilità di prima. E’ vero che si potrebbero lavorare con le juniores, ma magari i nostri investitori potrebbero non essere più interessati e lo vedrebbero come un passo indietro. Attenzione perché se questa riforma non ci farà fare salti in avanti, è un attimo tornare alla situazione di tanti anni fa».
Con il titolo nella madison assieme a Barbieri, Silvia Zanardi rilancia il suo 2022. Svolta agli europei U23 di Anadia. E ora rotta sui mondiali australiani
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Sui profili social del Giro della Lunigiana è apparso qualche giorno fa l’evaluation report stilato dall’UCI. Per la corsa internazionale juniores c’è stata una promozione a pieni voti. Così, incuriositi da quello che è il lavoro fatto per mettere in piedi un’organizzazione del genere, abbiamo chiesto a Lucio Petacchi, presidente della corsa e ad Alessandro Colò, uno degli organizzatori, che cosa vuol dire per loro tale riconoscimento.
Il report redatto dall’UCI che promuove l’organizzazione del Giro della LunigianaIl report redatto dall’UCI che promuove l’organizzazione del Giro della Lunigiana
Tutti al lavoro
Non ci sorprendiamo nel venire a conoscenza del fatto che gli ingranaggi si siano già messi in moto per l’edizione del 2024.
«Tutti quei semafori verdi – dice Lucio Petacchi, direttore del Giro della Lunigiana – ci fanno solo piacere e dicono che abbiamo lavorato bene. Organizzare la più importante corsa a livello juniores è un lavoro immane, già ora siamo all’opera per la prossima edizione. Sono passato dai Comuni e dalle Amministrazioni per iniziare a costruire il percorso. Contiamo molto sui nostri punti fermi come Regione Liguria, Città di La Spezia, Luni, Pontremoli, Fivizzano, Massa e da due anni a questa parte anche Portofino e Chiavari».
«Nella scorsa edizione abbiamo inserito una figura importante – continua Petacchi – che è quella dell’intermediario tra le squadre e noi dell’organizzazione. Questo ruolo lo ricopre Rino de Candido, ex cittì della nazionale juniores. Lui conosce questo mondo e si interfaccia con le varie selezioni nazionali e regionali per riportare il loro punto di vista».
Lucio Petacchi, presidente del Giro della Lunigiana insieme al belga Jarno WidarAlessandro Colò si è occupato del sopralluogo delle tappe Lucio Petacchi, presidente del Giro della Lunigiana insieme al belga Jarno WidarAlessandro Colò si è occupato del sopralluogo delle tappe
Sicurezza al primo posto
Ma nello specifico che lavoro c’è dietro al Giro della Lunigiana? Noi abbiamo avuto modo di raccontarvelo da dentro, curiosando nei vari aspetti. Ma è con Alessandro Colò, uno degli organizzatori, che entriamo nello specifico.
«La sicurezza è il punto più importante per noi – racconta Colò – e per avere sicurezza servono strade libere. Questo vuol dire partire tre mesi prima con la verifica dei percorsi, individuare gli incroci strategici e predisporre così i volontari sul percorso per chiudere il passaggio alle macchine. Per ogni tappa si definiscono quante persone appiedate servono e quante, invece, in moto. Ci sono due persone che si occupano di ciò e sono Marco Casini e Gianluca Buriani.
«Poi bisogna transennare partenza e arrivo – prosegue – e in quel caso una persona si occupa della logistica: posizione transenne, decidere dove mandare le auto, i giudici e le moto. In questo ci aiuta la planimetria del territorio che usiamo come riferimento. Per ultima cosa, il giorno della corsa si devono posizionare i cartelli sui punti pericolosi del percorso. Anticipano in moto la gara, ed è un lavoro che va programmato bene, quindi mesi prima dei volontari visionano le tappe e decidono quali punti sono da segnalare, così fanno una lista dei cartelli di cui hanno bisogno. Per esempio: tre cartelli per ogni incrocio pericoloso, due per le curve a gomito, quattro per i restringimenti».
L’arrivo di Bolano, nonostante le strade strette è stato gestito alla perfezioneNegli ultimi due anni il Giro della Lunigiana ha visto la suggestiva partenza da PortofinoL’arrivo di Bolano, nonostante le strade strette è stato gestito alla perfezioneNegli ultimi due anni il Giro della Lunigiana ha visto la suggestiva partenza da Portofino
Pubblico e percorso
La seconda parte evidenziata dall’UCI riporta la voce pubblico e percorso, due fattori che devono combaciare per far sì che la corsa non sia goduta solamente dai ragazzi ma anche dagli appassionati.
«Per il percorso – continua Colò – l’UCI impone, per le corse a tappe internazionali della categoria juniores, un massimo di 400 chilometri in totale. Capite che a livello di territorio e di Comuni non è facile far combaciare tutto, nell’edizione 2023 siamo stati dentro al pelo con 398 chilometri percorsi, trasferimenti esclusi. I trasferimenti servono proprio a noi organizzatori per unire le città di partenza e arrivo. Per questo a volte i trasferimenti sono più lunghi del necessario. Un’altra difficoltà è legata alla modifica dei percorsi, cosa che può accadere. Per esempio quest’anno abbiamo modificato alcune tappe perché tra i sopralluoghi di maggio e il periodo della gara erano cambiate delle cose.
«La voce pubblico – spiega – è legata a come i tifosi riescono a seguire la corsa. Se ci sono strade alternative per andare alla partenza o all’arrivo. Se c’è lo spazio per far stare la gente a bordo strada, insomma tutta la logistica legata al pubblico».
Il pubblico a bordo strada si è presentato sempre in gran numero ed ha potuto assistere in tutta comodità alla corsa (foto Fruzzetti)Il pubblico a bordo strada si è presentato sempre in gran numero ed ha potuto assistere in tutta comodità alla corsa (foto Fruzzetti)
Alberghi e media
Non è facile trovare una sistemazione per tutte le squadre che prendono parte al Giro della Lunigiana. Si deve tener conto del fatto che non si possono costringere i team a fare trasferimenti troppo lunghi. Ma i giorni del Giro della Lunigiana coincidono con la fine della stagione estiva, i turisti sono presenti su un territorio a metà tra mare e montagne.
«l’UCI controlla tutti gli alberghi dove alloggiano i team – dice ancora Colò – ed i servizi devono essere all’altezza. Cucina, spazi per i mezzi e per lavare le bici. Abbiamo già parlato con alcune strutture per prenotare dei posti in vista del 2024. Diamo un numero di persone che intendiamo far alloggiare presso l’hotel e concordiamo un prezzo, perché comunque da noi è alta stagione.
«La parte della copertura mediatica (che ha riguardato anche noi di bici.PRO, ndr) è riferita alla copertura televisiva e non solo. Noi avevamo previsto una differita sui canali Rai la domenica dopo la fine della corsa. In più c’è anche la parte social, dove ci siamo impegnati tanto per mantenere la comunicazione sempre aggiornata. Facevamo una diretta tutte le mattine, post e aggiornamenti sulla corsa, notizie scritte e foto. Senza dimenticare anche la velocità di comunicazione riguardo gli ordini di arrivo e le classifiche aggiornate».
«Gli standard sono alti – conclude Lucio Petacchi – ma per gestire al meglio una corsa importante come la nostra è giusto che sia così. Noi veniamo ripagati con questo tipo di giudizi, perché è quello che ci spinge a migliorare e proporre sempre un prodotto nuovo e ben confezionato».