Diego Ulissi, Arianna Bindi, Anna e Lia, Lugano

Ulissi, dalla paura una stagione coi fiocchi

09.11.2020
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C’è una vasta letteratura goliardica su cosa faccia un corridore giunto a casa dopo il Giro d’Italia, ma questa volta Diego Ulissi ha subito messo giù la valigia e si è rifugiato nell’abbraccio delle sue donne. Arianna e le due bimbe. Troppo bislacca e dura la sua stagione per perdersi quel calore, troppo grande la voglia di staccare la spina. Il livornese di Lugano è uno dei corridori della Uae Emirates che a febbraio rimase bloccato nella quarantena di Abu Dhabi e perse per questo la nascita di Anna, la secondogenita. E forse rileggendo la stagione alla luce di quella violenza inattesa, si capisce perché fare il corridore sia certamente un privilegio sotto certi punti di vista, ma la vita del professionista non sia sempre rose e fiori

Diego Ulissi, quarantena, Abu Dhabi, 2020
I 20 giorni bloccato ad Abu Dhabi sono stati un periodo davvero duro (foto Instagram)
Diego Ulissi, quarantena, Abu Dhabi, 2020
La quarantena ad Abu Dhabi è stata molto dura (foto Instagram)
Dov’è la bici, Diego?

In garage, sola soletta. Dopo il Giro non l’ho più presa. Sono stati mesi intensi. Alla fine è stato fatto un miracolo, portando a casa i grandi Giri e le classiche più importanti. E’ saltata solo la Roubaix. Hanno fatto un bellissimo lavoro. Ma di fatto siamo sempre stati in giro.

Tornavi a casa ogni tanto?

Ma proprio ogni tanto. C’erano le gare una dietro l’altra. Stavo un giorno e poi ripartivo, anche perché si doveva arrivare alle corse con 2-3 giorni di anticipo, per fare i tamponi.

Quindi alla fine è bello essere tornati a casa?

E’ stato bello ripartire ad agosto, è altrettanto bello ora riposare e godersi la famiglia. Girando così per l’Europa, la paura c’era. L’idea di portare il virus in casa. Mi sentivo in sicurezza, ma è una cosa che non si può prevedere. Abbiamo vissuto un insieme di stress.

Come stanno le piccole Ulissi?

Bene, grazie! La grande ora è a scuola, Anna si fa sentire. Lia l’ha accolta bene, ma ogni tanto le viene qualche botta di gelosia. Per cui dobbiamo essere bravi noi a bilanciare tutto. E’ come se ti arriva in squadra uno giovane, tutti seguono lui e a te viene il dubbio di non contare più nulla…

Una bella stagione la tua.

Ero già partito bene prima. Poi sono venuti quei tre mesi di sosta, tutti da gestire. Poi un sacco di piazzamenti sul podio e alla fine per fortuna la vittoria in Lussemburgo mi ha permesso di lavorare sereno per il Giro. Picchia e mena, picchia e mena, la vittoria doveva arrivare, perché andavo veramente forte.

Agrigento, si volta, Sagan è alle spalle. Tappa vinta alla grande
Agrigento, Sagan battuto: grande vittoria
Come è stato il lockdown in casa Ulissi?

Venti giorni fermo negli Emirati, facendo ben poco. Poi sono tornato a casa e uscivo volentieri per non prendere peso e anche perché avevo bisogno di respirare la libertà. E’ stato un periodo particolare che non dimenticherò mai. C’era paura. Il covid era solo all’inizio e non si sapeva nulla.

Due tappe vinte al Giro, Agrigento e Monselice, quale ti è piaciuta di più?

La prima. Stai bene e lo sai, ma finché non lo dimostri… Quel giorno abbiamo fatto tutto quello che si era detto sul bus. E poi battere un corridore come Sagan non capita sempre. Ho grande rispetto per Peter, è un campione e una brava persona. Sa rendere merito ai rivali e non penso che quel giorno abbia fatto lui un errore. Semplicemente Conti ed io abbiamo reso duro un finale che tanto duro non era.

Che rapporto c’è fra Ulissi e Valerio?

Di base, una bellissima amicizia. Ci conosciamo da tanto ed è bello per questo riuscire a mettere in atto assieme le tattiche.

Si è parlato tanto dei giovani del Giro, ma anche tu sei stato un giovane prodigio, con due mondiali juniores vinti. Cosa è cambiato?

Il mondo. Quando sono passato 11 anni fa, era la squadra in primis a tenerti tranquillo. Il primo anno feci solo corse piccole e nessuna grande corsa a tappe. Il secondo anno feci il Giro, ma gestivano i giorni di gara col contagocce. E anche noi fisicamente sentivamo il passaggio, faticavamo molto. Ora invece arrivano pronti e le squadre li buttano subito nelle mischie più importanti.

Come mai?

Forse perché vengono dalle continental. Forse perché da junior sono già dei piccoli pro’ che lavorano in modo scientifico e curano l’alimentazione. E’ tutto un insieme di cose.

Ulissi si sente vecchio come Nibali?

Posso dire che ancora mi difendo bene. L’importante è quello che hai dentro. La voglia di ottenere risultati e di migliorarsi sempre. Guarda Valverde, gli anni passano anche per lui, ma non molla. La testa spesso fa più delle gambe, ma certo a 20 anni trovare la forma è molto più semplice.

La Uae Emirates sta crescendo a vista d’occhio…

Si rinforza. Quando un team nasce, serve qualche anno prima che diventi top. Ora siamo ai vertici delle classifiche, Pogacar ha vinto il Tour e tutti ci siamo presi grandi soddisfazioni. In più sono stati ingaggiati corridori importantissimi, per i risultati che possono fare e per la propria esperienza.

Ultima cosa, poi ti lasciamo ad Anna… Come va a Lugano con il Covid?

Siamo a due passi da Milano, ma ci sono meno restrizioni. Contagi non mancano, intendiamoci, ma le scuole sono aperte e vedo meno paura in giro. Se ricordate, riaprirono anche prima, già a maggio. Stiamo a vedere. La settimana scorsa siamo stati in Toscana perché Lia aveva qualche giorno di vacanza per i Santi e si vede la differenza. Speriamo che passi presto

Fabio Baldato, Greg Van Avermaet, Het Nieuwsblad 2019

Baldato, CCC addio e di corsa alla Uae

07.11.2020
4 min
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Baldato annuisce e prosegue nel racconto. Quello che più dispiace alla fine del viaggio è che la compagnia si disperda. E anche se per lui il futuro ha i colori della Uae Team Emirates, guardando agli ultimi 11 anni del gruppo che fu prima Bmc e poi Ccc-Sprandi, il rimpianto è ancora molto forte.

«Il rammarico più grande – dice il tecnico vicentino – è proprio per la struttura e l’ottimo affiatamento. Si era formato un bel gruppo italiano con direttori sportivi, preparatori e ottimi corridori. Trentin e De Marchi, Mareczko e anche Masnada, il poco che è rimasto. Altri giovani come Barta, che adesso sta facendo bene alla Vuelta. Già a fine marzo quando si parlò della sospensione degli stipendi, capimmo che c’era il rischio di fermare tutto. Ma Ochowiz trovò la soluzione che ci ha permesso di rimetterci in gioco e ripartire…».

Matteo Trentin, campionati italiani 2020
Matteo Trentin, 16° ai campionati italiani di Cittadella
Matteo Trentin, campionati italiani 2020
Matteo Trentin, 16° ai tricolori

Colpa di chi?

Quando va male, si punta il dito. E così al Giro era parso che fra l’anima polacca e quella americana non corresse buon sangue. Gabriele Missaglia, tecnico italiano della Ccc sin dagli albori, si era lasciato scappare che al gruppo polacco non fosse piaciuto il comportamento di Ochowiz. Ed è parso che anche nella mancata selezione di De Marchi al Giro, per lasciare spazio a quelli che una grande corsa non l’avevano ancora fatta, ci fosse quasi una ripicca.

«Io non credo – dice Baldato – anche perché Jim è sì americano, ma ha origini polacche. C’era una vena reciproca di simpatia, pur venendo da mondi diversi. La situazione economica però ha costretto Ccc a fare un passo indietro. E quando va male, si danno le colpe in giro».

Gli allenatori

Così la stagione è decollata a metà fra la speranza e la certezza di essere a bordo di una grande nave durante il suo ultimo viaggio.

«Non è stato un anno semplice – racconta Baldato – e sono orgoglioso che ci siamo tolti con Cerny la bella soddisfazione di una tappa al Giro, anche se sarà ricordata come quella dello sciopero. La sensazione che tutti più o meno abbiamo provato è stata quella di un frullatore, in cui siamo riusciti a dare la giusta rotazione ai corridori, mentre per noi e lo staff è stato un girare senta sosta. Non abbiamo mai staccato fra una corsa e l’altra. Non avevamo ricambi. Ma la cosa peggiore si è rivelata l’impossibilità di stare accanto ai corridori. Arrivavo alle corse, guardavo chi c’era e decidevamo come correre. Un grande aiuto ci è venuto dagli allenatori, da Marco Pinotti e Andrea Fusaz, perché giornalmente ci tenevano al corrente della situazione, dandoci il polso della squadra».

Valerio Piva, Cadel Evans, Vuelta 2014
Con Piva alla Bmc c’era anche Cadel Evans, maglia gialla 2011
Valerio Piva, Cadel Evans, Vuelta 2014
Valerio Piva, Cadel Evans colonne Bmc

Firma d’agosto

Due anni fa, prima che Ccc entrasse nel gruppo del WorldTour, Gianetti lo aveva cercato. Ma Baldato era legato al gruppo della Bmc e alla fine rimase con Ochowiz.

«Ma a Gianetti – ricorda Baldato – avevo lasciato la porta aperta. E quest’anno prima del Tour, ci siamo risentiti. Quando poi ho capito che dalla nostra parte non c’erano grandi novità, ho firmato con la Uae. Stanno costruendo un bel gruppo di giovani, che era tale anche prima di vincere il Tour con Pogacar. La possibilità di avere nuovamente delle responsabilità mi stuzzicava. Anche se adesso è presto per fare programmi…».

La ripartenza

Mezzo gruppo è alla Vuelta e l’ipotesi dei ritiri a gennaio si incaglia sulla prospettiva che nel 2021 si comincerà più avanti.

«Bisognerà vedere cosa dicono gli organizzatori – sintetizza Baldato – perché si è dimostrato che la bolla funziona, il problema è il contorno. Ai tifosi dico che le corse si vedono bene anche da casa e si tratta di capire che è l’unico modo perché il ciclismo prosegua. E’ difficile per tutti. Chiuderemo l’anno con oltre 100 mila euro speso per i tamponi. Per questo quando si cominciò a puntare il dito contro la Ccc che tagliava gli stipendi, avrei voluto fosse chiaro che in altro modo ci saremmo tutti fermati. E poi, diciamoci le cose chiaramente, le squadre che non hanno toccato gli stipendi si contano su una mano. Abbiamo salvato il salvabile, per come si era messa. Per questo credo che in un modo o nell’altro, alla fine avremo tutti qualcosa da festeggiare».

“A casa” di Covi tra allenamenti e chitarra

06.11.2020
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Come scorre la giornata di un professionista? Questa varia molto a seconda della stagione e se il corridore è ad una gara oppure no. Prendiamo ad esempio questo periodo in cui molti ragazzi sono a “riposo”, vista della prossima stagione. Oggi siamo andati “a casa” di Alessandro Covi, talento della UAE Team Emirates che ha chiuso la sua prima stagione da pro’. Il 22 enne varesino doveva partire per la Vuelta, il suo primo grande Giro, però è stato colpito dal covid.

Covi esce in allenamento da casa sua a Taino
Covi esce in allenamento da casa sua a Taino
Alessandro, prima di tutto come stai?

Adesso bene. Non sono più positivo. Ho avuto febbre e mal di gola, ma le vie respiratore per fortuna sono rimaste intatte.

Ci facciamo gli affari tuoi: come passi la giornata? Partiamo dalla sveglia. Hai un orario fisso?

No, mi sveglio… quando mi sveglio! Quando apro gli occhi significa che mi sono riposato.

Quindi colazione: cosa mangi?

Bisogna fare una distinzione se devo fare scarico o riposo. Se devo scaricare mi sveglio e dopo 10′ sono in bici. A quel punto la faccio al bar magari con qualche amico. Mi piace godermela quell’uscita e quella giornata. Me la vivo senza stress. Se invece devo fare un allenamento vero allora prendo del the, dei biscotti, prosciutto o uova. Mi piace molto l’avocado. Però alterno anche. Dipende da cosa c’è: va bene anche uno yogurt, dei panini con marmellata o Nutella. In realtà più Nutella, ma non scrivetelo! Scherzi a parte, nessuno in squadra ci sgrida. I nutrizionisti ci dicono cosa mangiare. Devono aiutarci a stare bene. Io sono un divoratore di carne rossa. Se mi piace perché devo rinunciarci?

Poi, esci in allenamento?

Sì. Capita che posso incontrarmi con qualche amico o altri pro’ di zona. Esco spesso con Luca Chirico, Edward Ravasi e Robert Stannard. Lui è quello che fa i percorsi. Però è particolare, sapete? E’ capace che programma un giro e poi sconvolge tutto all’improvviso. Se il suo percorso è compatibile con il mio programma vado con lui e non ci penso. La salita che faccio più? E’ il Cuvignone. 

Alessandro usa spesso la bici da crono anche in allenamento
Alessandro usa spesso la bici da crono in allenamento
E al rientro?

Al rientro può capitare anche di mangiare che è ormai pomeriggio. Io vivo con i miei e mia mamma, Marialisa, mi fa trovare del riso, della pasta. E anche qualche proteina tipo uova o carne.

Siamo al pomeriggio. Come lo passi: gambe all’aria o vai in giro?

Varia. Esco con i miei amici o con la mia ragazza, Carola. Però se sono stanco davvero non esco o al massimo vado a casa sua. Di base comunque mi piace incontrare gli amici e stare con loro. A me basta una coca al bar e star lì a chiacchierare due ore. 

E siamo alla sera…

E si rimangia! Alle 20… non che ci sia un orario fisso, ma più o meno è sempre quello. La sera ci sta un minestrone di verdure o comunque una cosa leggera che non mi riempia di carboidrati se il giorno dopo devo fare un allenamento fino a due ore mezzo, tre. Se invece devo fare di più mangio anche pasta o riso. E la carne non manca quasi mai.

E il dolcetto dopo cena? 

Se sto a casa no. Se sono al ristorante sempre.

Qual è il tuo preferito?

Il tiramisù.

Invece parlando di allenamenti qual è la tua settimana tipo lontano dalle gare?

Lunedì scarico, un’ora e mezza al massimo. Martedì lavori di forza. Prima faccio delle ripetute più brevi, poi un po’ di agilizzazione e infine altre due salite da 15′. Mercoledì distanza, che oscilla tra le 4 e le 6 ore. Capita anche di fare dei lavoretti in salita. Giovedì 2-3 ore con lavori specifici. Spesso prendo la bici da crono e faccio dietro moto.

Con chi lo fai?

Se c’è con mio papà, altrimenti mi metto dietro ai camion!

Riprendiamo la settimana tipo. Eravamo arrivati al venerdì…

Venerdì faccio lavori specifici per la salita. E il sabato di nuovo distanza. La domenica invece il mio preparatore Rubens Bertogliati, mi fa riposare. Lui è un grande. Chi ha corso e fa il preparatore credo sia il top anche perché si basa più sulle sensazioni che sui numeri. In più devo dire che a me piace molto andare in palestra e non manca quasi mai nella mia settimana, anche a ridosso delle corse.

Quando ci vai?

Il martedì e il venerdì sempre. Capita anche che possa invertire l’uscita in bici con la palestra.

Dipende dal tempo?

No, non sono uno che sta a guardare le previsioni. Se c’è da fare allenamento esco anche se piove, se devo fare scarico invece non sto lì a prendere l’acqua per un’ora. Però non vi ho detto una cosa…

Strimpellata in esclusiva per bici.PRO
Cosa?

Durante la quarantena ho iniziato a suonare la chitarra. Non sapevo che fare. Papà la suona, così l’ho presa dalla sua camera, ho guardato qualche tutorial e un po’ ho imparato.

Beh, ora dovrai esibirti: cosa ci suoni?

Gianna di Rino Gaetano. 

Godiamoci il primo concerto live di Alessandro Covi allora…

P.S. Non è vero che è solo una settimana che si esercita!

Jasper Philipsen, Vuelta 2020

Philipsen spegne il sogno di Cattaneo

05.11.2020
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A un certo punto, dopo la fuga sull’Angliru, Mattia Cattaneo ci la creduto, poi il grande sogno si è infranto a 3,5 chilometri dall’arrivo di Puebla de Sanabria e la tappa l’ha vinta Philipsen. Quando il vento si è messo contro e dietro i rivali si sono messi a tirare. E’ partito a circa 30 chilometri dall’arrivo, mollando la compagnia della grande fuga nata dopo appena 40 chilometri nella tappa più lunga della Vuelta (230,8 chilometri), corsa con il freddo più freddo. Il percorso era tutto un su e giù, con sei salite come colline, dal nome magari poco minaccioso ma capaci di sommare un dislivello di quasi 4.000 metri.

La fuga giusta

Colpetti di tosse frammentano il discorso. Dopo la tappa c’è stato il controllo, poi s’è trattato di tornare al pullman e fare la doccia. A quel punto, con l’acqua calda che riportava la voglia di parlare, la sua ricostruzione comincia.

«Alla fine non c’era tanto freddo – dice – mentre all’inizio ci ha fatto battere i denti. Io ho l’abitudine di partire sempre davanti e dopo 40 chilometri ho cominciato a vedere scatti e controscatti e una fuga che partiva con gente come Luis Leon Sanchez, Guillaume Martin e Rojas. C’erano due Sunweb, due Mitchelton. Era una bella fuga e io comincio a sentire le sensazioni giuste. Servirebbe la quarta settimana…».

Mattia Cattaneo, Vuelta 2020
Mattia Cattaneo, una Vuelta in crescita
Mattia Cattaneo, Vuelta 2020
Mattia Cattaneo, Vuelta in crescita

Contro il vento

Lo scatto è stato giusto. La salita è il suo terreno e l’ha gestita, senza che dietro guadagnassero chissà quanto. Poi quando la discesa si è addolcita e la strada si è allargata, sono iniziati i guai.

«Era dura con quel vento in faccia – dice – sarebbe bastato quel pizzico di fortuna di non trovarlo. Ho capito di avere i minuti contati quando sono arrivato con circa un minuto a 10 chilometri dall’arrivo. La strada si è allargata, la discesa è diminuita fino a un 2-3 per cento e il vento era teso. Dietro tiri cinquanta metri e ti sposti, davanti tiri sempre e non hai scampo. Il rammarico c’è, come ogni volta che vedi la vittoria e poi ti scappa. Ma so di aver dato tutto, per cui non c’è rimpianto…».

Urlo Philipsen

Sul traguardo Philipsen, che ha 22 anni e veste la maglia della Uae Team Emirates, ha cacciato un urlo animalesco, festeggiando per la prima tappa vinta in un grande Giro. Alle sue spalle, ugualmente sollevati ma certo meno euforici, gli uomini di classifica hanno apprezzato la neutralizzazione della tappa ai meno tre dall’arrivo: scelta della Giuria che ha permesso agli atleti di vertice di andare a letto con la stessa classifica di ieri.

«E’ fantastico – dice Philipsen – non posso descrivere quanto io sia felice per questa vittoria. Significa tanto per me. Ho aspettato il momento giusto per tutta la Vuelta e oggi è arrivato in modo proprio inatteso. Ci sono state tante squadre a controllare la corsa. La fuga era forte e ben assortita, ma ho visto il vento e posso dire che stare davanti era davvero duro. Ho cominciato a crederci chilometro dopo chilometro, ma stamattina non mi sarei mai aspettato una volata di gruppo. A me piacciono gli arrivi in leggera salita, questo era perfetto per me».

Con il passare dei giorni sembra sempre più chiaro che la Vuelta si deciderà sabato sulla Covatilla. A meno che Carapaz, non fidandosi di poter recuperare 39 secondi nel testa a testa, decida di inventarsi qualcosa.

Archetti: «La fissa di Tadej? La leggerezza»

29.10.2020
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Leggerezza. A quanto pare è questa la parola d’ordine di Tadej Pogacar per la sua bici. Ce lo confessa il meccanico della UAE Team Emirates, Giuseppe Archetti. Avevamo già parlato della Colnago V3Rs dello sloveno. Stavolta torniamo sull’argomento, approfondendo un po’ più i gusti e le scelte del corridore.

Il meccanico bresciano ne ha avuti di campioni tra le mani o, meglio, le loro bici. E come spesso accade chi va molto forte come lo sloveno è poco esigente. Per la serie poche fisse e pedalare.

Ruote alte e freni a disco: Pogacar in una tappa di “pianura”
Ruote alte e freni a disco: Pogacar in una tappa di “pianura”

Quella sera alla Vuelta

«L’unica fissa di Tadej – racconta Archetti – se così possiamo dire è la leggerezza. Quando la sua bici è a 6,830 chili e gliela fai vedere sulla bilancia, lui è contento. E non è che lo controlla sempre, lo fa soprattutto nelle tappe importanti, quelle in salita. Quel peso infatti è legato alle ruote. Quando la strada sale usa quasi sempre le Campagnolo Bora con profilo da 35, può capitare che utilizzi anche quelle da 50, ma è più raro. Mentre in pianura monta quelle con profilo da 60, che chiaramente pesano un po’ di più. 

«Questa cosa del peso è nata l’anno scorso alla Vuelta. Deve averne parlato in gruppo. Una sera è venuto e mi ha chiesto: quanto pesa la mia bici? Gliel’ho fatta vedere e una volta assicuratosi che stava sui 6,8 chili si è tranquillizzato».

La Colnago VR3Rs è già di suo una bici molto leggera. E quando Pogacar utilizza il set di ruote per la salita, Archetti dice che la belva va zavorrata. Vengono inseriti dei piccoli pesi nella zona bassa del movimento centrale.

Quando la sua bici è a 6,830 chili e gliela fai vedere sulla bilancia, lui è contento

Giuseppe Archetti, meccanico UAE

«Li mettiamo lì perché la bici ha meno scompensi – riprende Archetti – e la guida ne risente di meno. Peso di 6,830 chili con il Garmin. Senza Garmin, saremmo stati, come dire, molto al limite! Il nostro addetto stampa nei post tappa aveva sempre con un computerino nella tasca, pronto a montarlo sulla bici nel caso qualcuno l’avesse voluta pesare».

Tubolare se piove

Un altro elemento a cui Tadej presta attenzione sono le gomme. Il suo range di pressioni oscilla tra le 6 e le 6,8 bar, a seconda che sia asciutto o bagnato, se ci sono strade rovinate o buone, se opta per i tubolari o tubeless. Il loro fornitore è Vittoria. Di solito nelle tappe più dure o quando piove Tadej preferisce i tubolari, in quanto gli danno più sicurezza.

«Il tubeless per me è il futuro – dice Archetti – soprattutto al di fuori delle competizioni. Dopo 35 anni in questo settore resto dell’idea che un buon tubolare non sia inferiore. L’anno scorso Pogacar mi chiedeva qualche consiglio, ma alla fine, come ripeto, si è regolato con il tubeless nelle tappe più facili e il tubolare in quelle di salita».

Pedivelle da 172,5 millimetri su strada e da 170 a crono
Pedivelle da 172,5 millimetri su strada e da 170 a crono

Pedivelle variabili

Non è un maniaco della bici quindi Pogacar, ma gli piace testare i materiali. Vuol sapere che cosa sta usando.

«E’ molto attento – continua Archetti – alla scelta delle pedivelle. A cronometro utilizza quelle da 170 millimetri, mentre nelle tappe normali quelle da 172,5.

«Lo trovate strano? Ormai ci sono numeri e strumenti che certificano il rendimento dell’atleta. Lo dicono i test effettuati in pista. Pensate che Brandon McNulty che è alto 1,87 metri al Giro d’Italia a crono utilizzava pedivelle proprio da 170 millimetri.

«Le uniche cose sulle quali Tadej ci ha messo un po’ a decidere sono stati la sella e il manubrio, ma una volta fatta la scelta non ha più toccato nulla. Per quanto riguarda la sella è passato alla Prologo Scratch M5. Quando è arrivata se l’è portata a casa, ci si è allenato e poi sentendola più comoda l’ha scelta definitivamente. Sul manubrio invece c’è stato qualche “cambio”. Aveva la piega Deda Sl (Superleggera, ndr), ma quando ha visto l’Alanera l’ha voluta provare. Dopo però è tornato all’Sl per poi optare definitivamente per l’Alanera, che è una piega integrata».

Chissà, forse un po’ avrà inciso anche l’impatto estetico, che in effetti è notevole con quella piega.

Ultima chicca (e che chicca) è la corsa dei freni. «Pogacar ama una corsa breve, sia all’anteriore che al posteriore. E anche una leva vicino alla piega. Tuttavia il comando Campagnolo (Super Record 12V, ndr) non consente questa regolazione. Ho fatto io un lavoro artigianale, di fresatura, e gliel’ho avvicinata. La stessa regolazione che mi chiedeva Gilberto Simoni».

Enervit Sport Isocarb 2:1

E’ arrivata la nuova bevanda isotonica di Enervit

28.10.2020
2 min
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Enervit Sport Isocarb 2:1 è la nuova bevanda isotonica istantanea a base di maltodestrine Agenanova DE1 e fruttosio, con vitamina B1, fonte di sodio, senza coloranti e con aroma naturale di limone. La nuova bevanda è nata dalla collaborazione con il Team Trek-Segafredo e UAE Team Emirates.

Enervit ha sviluppato un prodotto che mantiene costantemente elevate le scorte energetiche. L’obiettivo è quello di massimizzare la quantità di carboidrati assorbibili nell’unità di tempo durante una gara o un allenamento. Da qui nasce Enervit Sport Isocarb 2:1, ottimo per gestire una strategia di integrazione, un Nutrition System di 30, 60 o 90 grammi di carboidrati per ora, con un rapporto glucosio/fruttosio 2:1.

La strategia nutrizionale deve essere calibrata sugli obiettivi e le caratteristiche di ogni atleta. Ed è questa la funzione dell’Enervit Nutrition System, che supporta l’atleta con piani di integrazione personalizzati.

Quando la durata della prestazione è inferiore alle due ore si consiglia l’assunzione di 30 grammi di carboidrati per ora unitamente all’assunzione di fluidi e ad una fonte di sodio. Se invece la durata è superiore alle due ore si consiglia l’assunzione di 60 grammi di carboidrati per ora, oltre all’idratazione. Quando si superano le tre ore il fabbisogno può superare i 60 grammi per ora. Bisogna tenere conto che l’organismo può assumere fino a 90 grammi di carboidrati per ora solo se le miscele di carboidrati sono costituite con un rapporto Glucosio:Fruttosio 2:1.

Tenendo presente questi tipi di fabbisogni, si può usare Enervit Sport Isocarb 2:1 nei seguenti modi. Con due misurini in 500 millilitri di acqua si ottiene una bevanda isotonica che apporta 60 grammi di maltodestrine e fruttosio in rapporto 2:1. Con tre misurini in 750 millilitri di acqua si ha una bevanda isotonica che apporta 90 grammi di maltodestrine e fruttosio. Questo apporto è adatto per atleti di alto livello. Infine, con un misurino di Enervit Sport Isocarb 2:1 in 500 millilitri di acqua si ha un apporto di 30 grammi di maltodestrine e fruttosio in rapporto 2:1. In questo caso la bevanda è ipotonica, spostando l’equilibrio verso l’idratazione.

enervit.com

Ancora Ulissi. Vince la serenità UAE

16.10.2020
3 min
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Peter Sagan o Diego Ulissi. Erano questi i nomi più gettonati al via della tappa numero 13 di questo bellissimo e mai scontato Giro d’Italia. Quei due dentelli, brevi ma cattivissimi, sui Colli Euganei potevano mettere i velocisti puri fuori gioco. E così è stato.

Se dopo la prima salita la bilancia pendeva a favore di Sagan, dopo la seconda le quotazioni di Ulissi sono schizzate alle stelle.

Maturità e sangue freddo.

Diego va per i 31 anni. L’eterno ragazzino due volte iridate juniores alla fine è diventato maturo, come lui stesso ci tiene a dire.

«Aver vinto all’inizio ad Agrigento mi ha dato subito fiducia nella mia condizione. Durante un Giro ci sono giorni meno belli come quello di ieri. Per me che soffro particolarmente il freddo è stata dura. Oggi invece ho risentito una buona condizione e così ci abbiamo provato.

Ulissi precede Almeida al colpo di reni sul traguardo di Monselice
Ulissi precede Almeida al colpo di reni

«Il mio scatto era per togliere definitivamente dalle ruote i velocisti. Come sempre Valerio Conti ha impostato un grande ritmo. Mi ha portato fuori e poi io ho fatto la mia azione. La salita era breve ma davvero cattiva. Quando ho visto che si erano mossi anche gli uomini di classifica ho pensato di restare lì. Inoltre Brandon McNulty, che è il nostro uomo per la generale era un po’ in difficoltà. Così non ho insistito, ma a quel punto andava bene così. L’obiettivo di staccare i velocisti lo avevo raggiunto».

Ma lo spunto veloce resta

A quel punto con Demare indietro, Sagan che tentava una rimonta disperata, Ulissi sfrutta il lavoro della Deceuninck-Quick Step (sempre presente) che vuol portare la maglia rosa allo sprint. Almeida cannibale?

«Joao ha uno spunto veloce, è giovane e gasato dalla maglia rosa: era normale che volesse provarci. Loro hanno lavorato bene, ma NcNulty che era come me è stato bravissimo. E’ andato oltre ogni aspettativa. Nel finale gli ho detto di tenermi davanti in vista delle ultime curve e, se ce la faceva, anche di lanciarmi. Ha fatto tutto alla perfezione. Nel rettilineo finale c’era vento contro e non era facile. Sono uscito bene dalla sua ruota e…», ed è andata come abbiamo visto.

Tutti a disposizione di tutti: in UAE ci corre compatti
In UAE ci corre compatti

In UAE si ride

Ulissi mette così a segno l’ottavo sigillo al Giro. La serenità del suo team si riflette nei suoi occhi. La Uae sembra una macchina perfetta che fa correre i suoi corridori senza pressione. Lo si è visto al Tour de France con Pogacar e oggi con Conti e McNulty che hanno svolto al meglio il loro compito. Sapevano esattamente cosa fare. E lo stesso Ulissi non ha insistito quando ha visto il compagno in difficoltà. 

Richeze che lavora per Gaviria. Conti che lavora per Ulissi. Ulissi che tira per McNulty e viceversa…

«Da due anni a questa parte (guarda caso da quando c’è Matxin, ndr) cerchiamo di essere anche un gruppo di amici», ha concluso Ulissi.

Assistenza Shimano

Assistenza Shimano: sempre pronti ad intervenire

12.10.2020
4 min
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Durante il Giro d’Italia, ma non solo, l’Assistenza Neutrale Shimano è uno dei punti di riferimento per i corridori nel caso abbiano degli inconvenienti meccanici. Noi di bici.PRO abbiamo parlato durante il primo giorno di riposo al Giro d’Italia con Massimo Rava, team leader dell’Assistenza meccanica Shimano e anche titolare del negozio Mania Bike ad Alessandria. A Massimo l’esperienza non manca, infatti ha iniziato a fare assistenza neutrale in corsa nel 2006, prima con Mavic, poi con Vittoria e dal 2018 con Shimano.

Massimo come è andata fino ad oggi al Giro d’italia?

Finora tutto bene, abbiamo fatto diversi interventi ma direi tutto nella norma. Sai è sempre complicato muoversi in gruppo e fare gli interventi giusti, pensa che in macchina abbiamo nove ruote tutte diverse.

A cosa è dovuto il fatto di avere così tante ruote?

Pensa che anche se noi siamo Shimano, dobbiamo assistere tutti anche chi ha Campagnolo e Sram. Questo vuol dire che dobbiamo avere ruote Campagnolo sia per disco che per i rim brake, lo stesso vale per Shimano, mentre Sram abbiamo solo le ruote disco. Poi ci sono squadre che hanno i freni tradizionali ma con rim stretto e altre con rim largo.

A proposito di freni a disco, ci sono diametri diversi?

Si perché alcuni corridori al posteriore usano dischi da 140 millimetri, quindi dobbiamo avere le ruote posteriori con i dischi sia da 140 che da 160 millimetri. Ti faccio un esempio, alla Tirreno-Adriatico Van der Poel montava dischi da 140 millimetri sia all’anteriore che al posteriore, quindi dovevamo avere anche quella misura all’anteriore. La capacità di un cambio ruota sta anche nel capire in un secondo chi è e cosa monta.

Massimo Rava controlla che sia tutto in ordine
Massimo Rava durante il Giro d’Italia, controlla che tutte le bici siano in ordine
Quali sono gli interventi che fate più spesso?

La sostituzione delle ruote è certamente quello più frequente. Poi capita una giornata come al mondiale di Imola dove si inchiodavano i cambi. In quel caso abbiamo fatto molti interventi appesi al finestrino della macchina mentre i corridori andavano. Però abbiamo anche le borracce e le barrette nel caso che qualche corridore ce li chieda. Spesso ci passano le mantelline, come è successo a Roccaraso con la pioggia e il freddo. A fine tappa andiamo dalle squadre a riportare tutto quello che ci hanno dato. Oltre alle ruote abbiamo anche le bici complete. Per esempio all’ultima Tirreno abbiamo dato la bici a Froome e ci ha finito la tappa.

Come fate con le misure delle biciclette?

Abbiamo un database con tutte le misure dei corridori e sulla base di questi facciamo delle medie. Prendiamo tutta una serie di parametri e regoliamo le bici di conseguenza. Capita che i corridori arrivino al traguardo con le nostre bici, come appunto Froome quest’anno o Antonio Nibali. Devo dire che abbiamo delle bici ottime, infatti i telai sono dei Bianchi Xr3 montate con il Dura Ace Di2, ruote Shimano C40 e manubri PRO.

Il database utilizzato per le misure delle bici
Gli uomini Shimano usano un ricco database per assettare le loro biciclette
Fate più cambi di ruote con freni a disco o con i caliper?

Ormai la maggior parte sono disco. Al Giro quest’anno con i freni tradizionali sono rimaste la Ineos-Grenadier, la Jumbo-Visma e la UAE Team Emirates.

Usate i tubeless o i tubolari?

Le ruote che abbiamo in macchina sono con i tubolari, mentre le C40 montate sulle bici sono con i tubeless. Con le ruote singole cerchiamo di dare il massimo di leggerezza e per ora il tubolare pesa un po’ meno del tubeless.

Avete solo ruote in carbonio o anche in alluminio?

Le ruote montate Shimano sono le C40 in carbonio, mentre quelle montate Sram e Campagnolo sono in alluminio.

Le Oltre XR3 utilizzate da Shimano
Le Bianchi Oltre XR3 utilizzate da Shimano per dare l’assistenza ai corridori
A proposito di coperture, le forature sono aumentate o diminuite rispetto al passato?

Sono nettamente diminuite. Pensa che prima facevo assistenza con Vittoria e contavamo una media di 15/16 forature al giorno. A questo Giro d’Italia siamo a una media di 2 forature. C’è stato solo il giorno dei ventagli, la tappa con arrivo a Brindisi, che ci sono state molte forature. Evidentemente i corridori erano a tutta e non guardavano troppo dove passavano e magari transitavano sullo sporco.

Durante le cronometro fate qualche tipo di assistenza?

Se c’è bisogno e qualche squadra ce lo chiede, facciamo assistenza a qualche corridore. A Palermo abbiamo seguito quattro atleti. Però devo dire che sono i giorni più noiosi.

Per finire ci dici se il traffico in gruppo è migliorato o peggiorato rispetto ad alcuni anni fa?

Calcolando che il numero dei mezzi è sempre lo stesso, anzi alla Sanremo adesso fanno partire anche le seconde ammiraglie quindi ci sono più mezzi in corsa, devo dire che la situazione è migliorata. Ho notato che c’è più disciplina. Una volta era una guerra, c’erano delle tappe in cui si faceva a sportellate. Per il momento le cose stanno andando così, magari però ci aggiorniamo al prossimo giorno di riposo…..


Alaphilippe_Hirschi_Liegi2020

Alaphilippe ingenuo, Roglic fa festa

04.10.2020
4 min
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Non si può chiamarla maledizione, se proprio sul più bello Alaphilippe ha perso la testa mentre Roglic ha continuato a usarla. E forse prima della testa, Julian aveva perso le gambe. La Liegi si è accesa sulla Cote de la Roche aux Faucons, quando gli uomini del campione del mondo hanno alzato l’andatura. E mentre davanti c’era ancora Dumoulin, a 13,8 chilometri dall’arrivo, Alaphilippe ha sferrato l’attacco.

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Si fa la selezione, il francese attacca sulla Roche aux Faucons
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Sulla Roche aux Faucons, Alaphilippe attacca. Con lui, Hirschi, Roglic e Pogacar

Alaphilippe, insolita vigilia

«Sono davvero entusiasta di unirmi alla squadra – aveva detto alla vigilia Alaphilippe, rientrato dal primo allenamento – per la prima volta dalla vittoria ai campionati del mondo e di rivedere i miei compagni di squadra. Quando sono arrivato in Belgio non vedevo l’ora di salire sulla mia nuova Specialized personalizzata e di uscire per il primo allenamento da iridato insieme al Wolfpack. E’ stata una bella pedalata, resa ancora più piacevole dai fan sulla Redoute, che mi hanno applaudito. Non vedo l’ora che arrivi domenica e alla mia prima gara da campione del mondo, quando sarò pronto a dare il massimo per un buon risultato».

Julian avrebbe dovuto correre la Freccia e staccare la spina dai festeggiamenti, lasciando chiusa quella porta fino a che la stagione non si fosse conclusa. Invece ha scelto di saltare la corsa che l’ha applaudito due volte e di schierarsi direttamente alla Liegi.

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Gioia effimera per il francese dopo l’arrivo: non si è reso conto della scorrettezza?
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Gioia effimera per il francese dopo l’arrivo: davvero non si è reso conto della scorrettezza?

Hirschi, debuttante coi fiocchi

Dietro Alaphilippe si è mosso subito Hirschi, che con la Freccia nel taschino si è presentato alla Doyenne senza il minimo timore. Poi è arrivato facile Roglic. Quindi Pogacar e Kwiatkowski.
Sono troppi, ha pensato Hirschi, che ai meno 11 dà un’altra botta, staccando il polacco e restando da solo fra il campione del mondo e i due sloveni.

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Alla fine sul podio di Liegi salgono Hirschi (a sinistra), Roglic e Pogacar
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Alla fine sul podio di Liegi salgono Hirschi (a sinistra), il vincitore Roglic e Pogacar

La Roche aux Faucons è l’ultima salita della Liegi, da quando lo scorso anno si è ritornati col traguardo nel centro della città. E così la corsa a quel punto è diventata uno stillicidio di sguardi di traverso e scatti di assaggio.

Alaphilippe a quel punto si è guardato intorno. Ha ritenuto di essere il più veloce e, come pure alla Sanremo, si è preparato per la recita da campione. Come Ganna a Palermo, ma senza la certezza numerica dei cronoman.

Si è lanciato per lo sprint, ma ha sentito che la bici non prendeva velocità. Oppure ha sentito che gli altri ne prendevano di più. E così ha scartato verso il centro, spostando Hirschi, che ha perso il pedale e ha dovuto smettere di pedalare.

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Il fotofinish è impietoso: Roglic passa Alaphilippe e conquista la Liegi
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Roglic, la forza di crederci

Roglic ha fatto la sua volata. Senza nulla aggiungere. Senza nulla togliere. Non ha avuto ostacoli davanti. E ha fatto quel che gli hanno sempre insegnato: ha dato il colpo di reni, mentre al suo fianco l’airone iridato aveva già allargato le ali pregustando lo champagne.

«E’ incredibile – ha detto a caldo – era così vicino. Questo dimostra che non si può mai smettere di credere e non smettere mai di spingere fino all’ultimo centimetro. Era la prima volta che facevo la Doyenne. Era nella mia lista dei desideri vincerne una. E sono super felice di essere riuscito a vincerla dopo questa estate così particolare per me».

Pogacar in agrodolce

Picachu dalla maglia gialla, che aveva già attaccato al mondiale, ha visto sfumare la possibilità di vittoria proprio negli ultimi metri.

«Ho sensazioni contrastanti – ha detto – perché mi sono sentito bene tutto il giorno. La squadra ha lavorato duramente e alla fine ho iniziato lo sprint in buona posizione. Vedevo la riga e ho pesato che avrei vinto. Un secondo dopo, ho sentito che stavo per mollare. Ho tenuto duro. Ho tagliato il traguardo al quarto posto, poi hanno squalificato Alaphilippe e sono arrivato terzo».

Per avere un commento di Alaphilippe dovremo aspettare la serata. Non è facile digerire una botta come questa. Per sua fortuna c’è ancora il Fiandre. E per sua fortuna c’è quella maglia da guardare allo specchio ogni volta che la malinconia prenderà il sopravvento.