Alaphilippe: nuovo look e lo spirito di sempre

09.01.2025
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Pare che quando Alaphilippe ha incontrato all’aeroporto di Alicante la Soudal-Quick Step, in Spagna per il ritiro di gennaio, abbia avuto un tuffo al cuore. Il francese ha ammesso di aver trovato strano di non essere vestito come loro, il che è comprensibile dopo undici stagioni nello stesso gruppo. Tuttavia subito dopo, Julian ha raccontato di essere orgoglioso di aver scelto la Tudor Pro Cycling. Semmai gli è dispiaciuto non aver chiuso il suo percorso nello squadrone belga con una gara di addio. La caduta dei mondiali lo ha tolto di mezzo per tutto il resto della stagione, così che la sua ultima corsa con quei colori è stata la Super 8 Classic del 21 settembre, vissuta tuttavia senza averne consapevolezza.

«Da quando ho saputo che a fine anno sarei partito – racconta il francese, ritratto in apertura in una foto del Tudor Pro Cycling Team – ho cercato di godermi ogni momento il più possibile. Perché quando ero fuori con la squadra ero sempre felice. Mi mancheranno le persone, tutti sanno che attribuisco grande importanza alle relazioni personali. Con alcuni di loro lavoro da anni, avranno sempre un posto speciale nel mio cuore. Quando li ho visti all’aeroporto, è stato bello rivederli e fare due chiacchiere».

A Zurigo, prima del via, parlando con Evenepoel. Poi la caduta ha messo fine al suo 2024
A Zurigo, prima del via, parlando con Evenepoel. Poi la caduta ha messo fine al suo 2024

Senza pensare al Tour

Quando nei giorni scorsi è stato chiesto a Fabian Cancellara se lo abbia ingaggiato per giocarsi l’invito al Tour, lo svizzero si è affrettato a dire di no. Ha spiegato che quando si è messo a ragionare con Ricardo Scheidecker e Raphael Meyer di quale fosse un corridore in grado di far crescere il livello tecnico della squadra, il nome del francese sia venuto fuori quasi subito. Ricardo lo conosceva da anni e sapeva bene quello che avrebbe potuto dare.

«La sola cosa che mi interessava – ha detto Cancellara – era chi fosse e quale fosse la sua motivazione. Non mi interessava un corridore capace di aprirmi le porte o con un grande palmares. Prendendo lui, non avevamo in mente il Tour, ma il modo in cui avremmo costruito la squadra e il livello a cui aspiriamo. Ovviamente la sua immagine aiuta, è positiva, ma se ci fermiamo a questi aspetti, non andremo lontano».

Alaphilippe, classe 1992, ha lasciato la Soudal-Quick Step in cui passò professionista nel 2014 (foto Tudor Pro Cycling)
Alaphilippe, classe 1992, ha lasciato la Soudal-Quick Step in cui passò nel 2014 (foto Tudor Pro Cycling)

Il ciclismo degli inviti

Alaphilippe alla Tudor scoprirà una nuova dimensione del ciclismo: quella degli inviti. Per un corridore abituato a scegliere le corse come ciliegie potrebbe essere uno scoglio difficile da scavalcare, tuttavia la sua leggerezza fa capire che per ora il problema non è percepito in quanto tale.

«Nella mia mente non l’ho mai vista in questi termini – dice Alaphilippe – ho seguito completamente i miei sentimenti. Mi sono chiesto cosa volessi e la risposta è stata la possibilità di divertirmi ancora a fare ciclismo in una buona struttura. E la Tudor incarna perfettamente questo ideale. E’ chiaro che ci siano delle differenze fra le due squadre, ma non sono venuto qui per fare confronti. Tutti lavorano molto duramente per darci il meglio possibile, per ora va tutto bene e sono felice. Sono convinto che fosse arrivato il momento giusto per fare questo passo. Avevo bisogno di nuove motivazioni».

Tirreno 2022, il campione del mondo era Alaphilippe, ma Pogacar vincerà la corsa
Tirreno 2022, il campione del mondo era Alaphilippe, ma Pogacar vincerà la corsa

Contro i mulini a vento

Le corse dei sogni restano le stesse e non potrebbe essere altrimenti. Amstel, Liegi, Lombardia, il Fiandre che è quasi un sogno, le tappe del Tour. E poi il mondiale, perché quando l’hai vinto per due volte, fatichi a pensare di non poterlo fare ancora. Il grosso dubbio è se ci sia ancora spazio in questo ciclismo di grandissimi motori per una zanzara scaltra e fantasiosa come il francese.

«Continuo a vivere il ciclismo della vecchia scuola – dice – lo faccio nello stesso modo in cui lo facevo dieci anni fa. Non cambierò. Oggi è sempre più una questione di numeri, ma io amo ancora correre seguendo l’istinto. E lo farò finché non mi fermerò. Puoi battere tutti i tipi di record, ma la cosa più importante è comunque come ti senti sulla bicicletta. E ovviamente i risultati che ottieni. A volte vedo i corridori guardare immediatamente il proprio computer dopo una gara, quasi non gli importa sapere quanto distacco hanno preso o come sia andata la gara. Guardano se hanno battuto i record di wattaggio e sono felici. Per me il ciclismo non è questo. La stagione di Pogacar è stata spettacolare. È un fenomeno e ho sentito che è solo al 20 per cento del suo potenziale. Ma per fare il corridore a questo livello, devi continuare a credere che puoi battere certi corridori e lavorare sodo per riuscirci. So anche io che sarà molto difficile, ma se non ci credi non troverai la motivazione per continuare a lavorare».

Sierra: le prime esperienze con i pro’ e un faro di nome Trentin

29.12.2024
5 min
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Sentir parlare Juan David Sierra inganna, non tanto per gli argomenti che porta e la lucidità con cui li sviscera, ma perché tutto questo lo fa ad appena 19 anni. Tra pochi giorni di anni ne farà 20 (il 25 gennaio), eppure il giovane cresciuto nella Ciclistica Biringhello sembra avere le idee chiare. Il primo anno con il devo team della Tudor Pro Cycling lo ha messo davanti a degli scalini, lui piano piano li ha saliti tutti. Consapevole che la scalata non sia ancora finita, Sierra è pronto a tornare al lavoro. Anzi, lo ha già fatto.

«Prima di Natale – ci racconta – sono stato in Spagna, in ritiro con la squadra. Il team nei mesi invernali affitta una villa dove i corridori possono andare ad allenarsi. Tra il 13 e il 24 dicembre sono stato lì insieme a metà dei miei compagni di squadra. Ci siamo allenati molto e con un tempo fantastico».

Sierra ha iniziato la sua prima stagione in Tudor Pro Cycling correndo con i pro’, a Murcia e poi Almeria
Sierra ha iniziato la sua prima stagione in Tudor Pro Cycling correndo con i pro’, a Murcia e poi Almeria

Il contatto con i pro’

Sierra parla, sereno e analitico. Il 2024 per lui è stato un anno importante, l’arrivo nel team di sviluppo della Tudor lo ha portato a crescere parecchio. Fin dai primi mesi ha visto da dentro cosa vuol dire correre tra i professionisti. Lo ha fatto nelle gare di Mallorca, lo scorso gennaio, e poi anche a fine stagione con due esperienze di grande calibro. Prima la Sparkassen Musterland e poi la Parigi-Tours

«Le gare che ho fatto con il team professional – dice Sierra – sono state esperienze fantastiche che non mi aspettavo di vivere già da subito. La prima gara che ho disputato è stata la Vuelta a Murcia. La squadra mi ha mandato subito in fuga, è stato un battesimo di fuoco ma comunque interessante. Il giorno dopo alla Clasica de Almeria il gruppo ha controllato l’andamento della gara, sembrava di vedere la corsa dalla televisione. A 20 chilometri dal traguardo le squadre erano già posizionate per lo sprint. Io ero lì, nel mezzo, sentivo la tensione crescere dalla radiolina mentre accanto mi passavano i corridori che di solito ammiravo da lontano».

La sua ultima gara del 2024 è stata la Parigi-Tours, un bel banco di prova
La sua ultima gara del 2024 è stata la Parigi-Tours, un bel banco di prova
Che ruolo hai svolto?

Sempre di supporto. Anche alla Sparkassen Munsterland e alla Parigi-Tours dovevo tenere i capitani al sicuro nei passaggi più difficili. Sugli sterrati della Francia avevo il compito di tirare tra un settore di sterrato e l’altro per Trentin. La Parigi-Tours è stata l’ultima gara dell’anno e anche la più impegnativa, con 213 chilometri tra fango e pioggia. All’arrivo ero tra gli ultimi, ma ho avuto la fortuna di attraversare il traguardo con Morkov, che era alla sua ultima gara. 

Hai corso molto con Trentin

Delle cinque gare fatte con i professionisti, quattro le ho corse con lui. E’ un corridore con il quale ci si confronta bene, è sincero e disponibile. Da un lato spero mi prenda sotto la sua ala, per imparare più cose possibili. In questi giorni di ritiro mi sono allenato con i professionisti e mi ha dato tanti consigli.

Sierra ha trovato in Trentin un riferimento da seguire e dal quale imparare
Sierra ha trovato in Trentin un riferimento da seguire e dal quale imparare
Quali?

Il più importante è di farsi voler bene dai compagni di squadra, di essere umile e con i piedi per terra. Per diventare un leader serve una grande empatia, il lato umano è molto importante. 

Come descriveresti le tue esperienza con i professionisti?

Bellissime. Trentin è davvero un maestro incredibile, ma ho imparato da tutti. Anche dagli avversari. Vedere come si muovono in corsa, capire cosa e come si mangia durante una gara, sono tante le chicche che porto con me.

Il giovane italiano ha vinto anche la sua prima gara da U23 al Tour de la Mirabelle (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)
Il giovane italiano ha vinto anche la sua prima gara da U23 al Tour de la Mirabelle (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)
Com’è stato tornare tra i grandi anche solo per un allenamento?

Bello. Alla fine non sono più nuovo, mi conoscono. Quindi l’approccio è più diretto, non c’è quella barriera da abbattere. Mi sono sentito più parte del gruppo. 

Non dimentichiamoci che sei al secondo anno da under 23, nel 2024 che passi senti di aver fatto?

Il miglioramento principale è stato sulla resistenza, che era il primo obiettivo sul quale il preparatore mi aveva detto di lavorare. Il salto tra juniores e under 23 è difficile, quindi serviva aumentare le mie qualità di resistenza. In un solo anno sento di aver fatto un bello step. 

Sierra guarda al 2025, stagione nella quale vuole confermarsi nelle gare più importanti riservate agli U23
Sierra guarda al 2025, stagione nella quale vuole confermarsi nelle gare più importanti riservate agli U23
Altro?

Mi sono concentrato molto sulle mie qualità naturali: strappi e volate. Non ho provato a migliorare altri aspetti, come in salita ad esempio. Sinceramente non mi aspettavo di andare così forte fin da subito. So che sembra scontato ma per descrivere il mio 2024 userei la parola “crescita”. Sono maturato molto, sia fisicamente che mentalmente. Sto per compiere 20 anni e ora mi sento pronto. 

Dal 2025 cosa ti aspetti?

Di massimizzare il lavoro per riuscire a vincere le corse più importanti tra gli under 23 e diventare un leader. Mi piacerebbe mettermi alla prova nelle classiche di categoria: Roubaix, Gand e Youngster Coaster Challenge. Del calendario ancora non so molto, spero di fare il Giro di Bretagna e il Giro Next Gen. Soprattutto quest’ultima può essere un ulteriore passo di crescita. 

Dainese lancia volata al 2025 (con il coach di Merlier)

05.12.2024
6 min
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Cinquantadue giorni di corsa (con una vittoria e sei piazzamenti nei cinque), aperti e chiusi da due cadute con conseguenze ugualmente moleste. Il 2024 di Alberto Dainese non è stato quello che si aspettava, ma analizzandolo lui per primo arriva a conclusioni più simili a punti di domanda che a risposte convincenti. Le cadute hanno condizionato la preparazione? Il dolore al ginocchio dipende dai problemi ai denti? La preparazione di prima andava bene o sarà meglio la nuova? In attesa di partire per la Spagna, gli spunti di riflessione non mancano.

«Ho finito la stagione con l’ennesima caduta – sorride con una punta di sarcasmo – la seconda. Entrambe le volte sono stato fermo per un mese, quindi le ho fatte tutte e due bene. Ho finito presto, ad Amburgo. Ho fatto un mese di fisioterapia, poi ho ripreso in modo blando. Ho anche cambiato preparatore, per cui l’approccio è leggermente diverso e vediamo come andrà. Per adesso tutto bene».

Alberto è di buon umore. La preparazione sembra ben incanalata e da lunedì la squadra sarà in ritiro in Spagna. Sarà l’occasiome di rivedere i vecchi compagni e di scoprire i nuovi. L’arrivo di Alaphilippe, Hirschi ha portato una ventata di nuovo entusiasmo nella squadra svizzera.

L’unica vittoria 2024 di Dainese è venuta alla Région Pays de la Loire Tour
L’unica vittoria 2024 di Dainese è venuta alla Région Pays de la Loire Tour
Perché hai cambiato preparatore, visto che Kurt Bergin-Taylor ti aveva già allenato alla DSM?

Lui adesso si occuperà un po’ più di materiali e aspetti ingegneristici, quindi ha abbandonato qualche corridore. Nel frattempo alla Tudor Pro Cycling è arrivato Erwin Borgonjon, l’ex allenatore di Merlier e ho la fortuna di avere in lui un ottimo di riferimento. Allenava il velocista più forte al mondo, al pari di Milan, quindi credo che qualcosa ne sappia… (sorride, ndr).

Con lui hai cambiato qualcosa di particolare?

Faccio meno ore, diciamo, quindi più lavoro specifico e leggermente diverso per quanto riguarda la preparazione della volata. Corro anche parecchio a piedi, per cui durante la settimana le ore in bici sono minori, a favore di un aumento del lavoro in altre discipline fra palestra e corsa a piedi. Mi trovo abbastanza bene. Non fare troppe ore a settimana mi fa sentire più fresco che in passato, quando applicavo la Mamba Mentality. Non so se seguite il basket, ma l’idea di Kobe Bryant è di fare sempre più di quello che è necessario. Forse va bene per il basket, ma non per il ciclismo, perché arrivavo dagli allenamenti sempre piuttosto finito (ride, ndr).

Pensi che la prima caduta ti abbia condizionato?

Allora, a livello estetico abbastanza, perché sono ancora senza denti e mi chiedono sempre se abbia il labbro leporino. A livello fisico, devo dire che l’unica gara che ho vinto (la terza tappa del Region de la Loyre Tour, ndr) è venuta dopo il primo mese che rimasi fermo. A fine marzo ho fatto due settimane di bici, sono andato a correre e ho vinto. Non so quanto abbia condizionato, ma sicuramente più che la bocca a darmi noia è stato il ginocchio. Non ne venivo più fuori, quindi nel mese prima del Giro facevo poche ore, non facevo palestra e mi mancava lo spunto. Eppure è difficile stabilire quanto tutto questo mi abbia condizionato.

Dainese-Trentin, la coppia italiana del Tudor Pro Cycling Team
Dainese-Trentin, la coppia italiana del Tudor Pro Cycling Team
A parte il fatto estetico, dal punto di vista della masticazione e della biomeccanica qualche strascico c’è stato per forza, no?

Allora, adesso in bocca ho le viti. Un ponte provvisorio di quattro molari e degli incisivi. Non è semplicissimo masticare, perché comunque non posso usare tanto quelli davanti. Quanto al ginocchio destro, non so se il problema fosse dovuto all’impatto o semplicemente al fatto che non sono più tanto dritto in bici. Ci sono due scuole di pensiero. Uno che dice che la postura parte dai denti, l’altro dice che i denti non c’entrano niente. Bisogna solo decidere di chi fidarsi…

Però le gare si analizzano e magari hai vinto la prima corsa perché hai trovato la condizione troppo in fretta e poi non è durata?

Sì, ovviamente. E poi c’è da dire che quest’anno il livello del Giro era devastante. Quindi fare un treno con corridori che non avevano mai corso insieme era già stato difficile nelle prime tappe. Poi Krieger e Mayrhofer sono finiti fuori gara dopo una settimana, quindi mi sono ritrovato con Trentin e Froidevaux ad affiancare la Lidl-Trek che ne aveva sei nell’ultimo chilometro. Prendevamo le volate indietro e alla fine abbiamo fatto il possibile.

Tosatto si mangia le mani per il quarto posto di Padova, in realtà avevi fatto lo stesso piazzamento nella tappa di Napoli…

Il giorno di Padova ero particolarmente in palla, perché avevo i brividi subito dopo la partenza. Passavo sulle strade di casa, quindi sarebbe stato speciale anche se si fosse trattato di una tappa di salita. E’ stata forse l’unica volata che mi sono giocato veramente, oltre a Napoli. Non ho fatto molto al Giro, però quelle due volate sono venute meglio delle altre, quindi dispiace per come ho gestito il finale. Ci sono state variabili che non potevo calcolare, ad esempio il fatto che a Padova Milan non fosse a ruota di Consonni, sennò ero perfetto. Poi si è alzato un vento violentissimo e negli ultimi metri sono rimbalzato indietro. Detto questo, per battere Merlier sarebbe servito che tutti i pianeti si allineassero.

Dainese porta ancora sul volto i segni della caduta di inizio stagione
Dainese porta ancora sul volto i segni della caduta di inizio stagione
Serve anche un po’ di fortuna?

Esatto. Alcune volte l’ho avuta io, altre studi la tattica perfetta e magari un imprevisto inceppa il meccanismo. Le volate sono così. A volte riesci a vincere pur non essendo il più forte, altre ti senti invincibile e non porti a casa niente.

Hai parlato di treno da formare: c’è qualcosa di nuovo per il 2025?

Abbiamo nuovi innesti in squadra che portano esperienza e fra loro indico Haller. Ci sono Alaphilippe e ovviamente Hirschi, ma guardando le volate credo che Haller sarà sicuramente una pedina importante. Non nascondo che per me l’anno non è andato come volevo, ero sempre a rincorrere, ma non è dipeso dalla squadra, quanto piuttosto all’aver dovuto ritrovare la condizione e schivare qualche sfortuna di troppo. Credo che avendo in squadra il francese e lo svizzero, il peso dei risultati sarà diviso su più spalle. Avranno un ruolo centrale in squadra e stare in gruppo con due nomi così sarà davvero diverso. Con loro saremo competitivi nelle classiche e poi anche nelle volate.

Se davvero ci saranno Giro e Tour, cosa sceglierebbe Dainese?

Non l’accoppiata, l’ho fatto in DSM nel 2022 ed è stata un’esperienza traumatica. Io dico sempre che il Giro è quello che preferisco, purtroppo però si corre nel periodo sbagliato, perché io col brutto tempo non mi trovo. Se lo facessero a luglio, non avrei bisogno di guardare altre corse. Se ci fosse davvero la possibilità del Tour, non mi dispiacerebbe tornarci, ma siamo due velocisti e dovremo capire chi darà più garanzie. Vincere una tappa in Francia significherebbe aver vinto in tutti e tre i Grandi Giri.

Alberto Dainese, classe 1998, è professionista dal 2020. E’ alto 1,74 e pesa 70 chili
Alberto Dainese, classe 1998, è professionista dal 2020. E’ alto 1,74 e pesa 70 chili
Com’è dunque la tua relazione con De Kleijn, l’altro velocista?

Sono contento di come vanno le cose fra noi. Non dico che siamo amici, perché tra colleghi non è facile, perché siamo sicuramente amichevoli. Ridiamo e scherziamo, non c’è rivalità, anche se non abbiamo mai corso insieme e lottato per lo stesso traguardo. Lui è un bravo ragazzo, l’anno prossimo compirà 31 anni e come Merlier ha cominciato a vincere tardi. Sono contento quando è con noi in ritiro, anche quando è venuto in altura, ci siamo divertiti.

Visto che hai chiuso presto, l’obiettivo è di partire presto?

Il prima possibile! L’anno scorso mi è piaciuto partire a Mallorca, adesso l’unica incognita è sistemare i denti. Dovrei avere l’appuntamento ai primi di gennaio e dopo un mese potrei cominciare a correre. Per cui l’idea di Mallorca è ancora buona, cercando di riallacciare tutti i fili e fare una bella stagione.

Orologi, Beking, allenamenti: l’inverno full di Trentin

04.12.2024
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Non parlate a Matteo Trentin di off-season rilassante, perché potrebbe rispondervi male! Scherzi a parte, il corridore della Tudor Pro Cycling Team ha vissuto settimane molto intense, durante le quali ha ripreso anche gli allenamenti.

Matteo, infatti, è stato impegnatissimo con Beking, l’ormai classico evento benefico del Principato di Monaco che organizza accanto alla moglie Claudia Morandini. Inoltre, si è cimentato in un’esperienza particolare: montare i preziosi orologi Tudor, una richiesta personale nata dalla sua passione e curiosità.

Trentin (classe 1989) alle prese con gli orologi Tudor
Trentin (classe 1989) alle prese con gli orologi Tudor

Precisione Tudor

Vedere un atleta alle prese con orologi di tale valore non è cosa frequente. Trentin racconta: «Come è andata da Tudor? Dovevamo fare delle foto, ma vista la mia passione per gli orologi, ho chiesto di visitare i laboratori. A Le Locle, dove c’è il centro di assemblaggio, ho visto come funziona la manifattura e come avviene l’assemblaggio. È stato incredibile».

Trentin descrive con entusiasmo ogni dettaglio: tutto è super preciso e ordinato, ma ciò che lo ha colpito di più è stato il ruolo dell’uomo. «Ora capisco cosa significa quando dicono che un orologio è preciso – prosegue Matteo – si lavora con microscopi e viti minuscole. I macchinari sembrano usciti da Star Trek, ma alla fine sono le persone a fare la differenza. Ogni operatore è in grado di svolgere tutte le mansioni, ma durante la giornata ciascuno si dedica a un’unica attività. Non è una catena di montaggio vera e propria, ma l’organizzazione e la precisione sono incredibili. Questa flessibilità pur dovendo produrre la massima precisione mi ha davvero colpito. Al contrario mi sarei aspettato una specializzazione assoluta. Flessibilità e precisione, un binomio perfetto ma non scontato».

Trentin, sempre con il sorriso, confida: «Alcune cose non posso rivelarle, sono top secret! Però posso dire che ogni orologio è controllato e ricontrollato prima di uscire. Di certo – scherza – quelli che ho montato io sono stati rivisti dai tecnici!».

Da orologiaio a organizzatore

Qualche giorno dopo, spazio a Beking, l’evento benefico che Trentin organizza a Monaco. Nonostante il maltempo, l’edizione di quest’anno è stata un successo. «Un tempaccio – racconta Matteo – A novembre a Monaco ha piovuto un solo giorno, proprio quello di BeKing. Nonostante ciò, tutto è andato bene. Era la quarta edizione, e non c’è stata una sola defezione: né dai corridori, né dai piloti, né dallo staff. Questo ci rende orgogliosi, sia me che Claudia».

Un momento speciale, racconta Trentin, è stato con i bambini: «Stavamo per annullare la loro gara, ma quando siamo arrivati c’erano già 30 ragazzini pronti sotto la pioggia. Li abbiamo fatti partire e poco dopo se ne sono aggiunti altri. Questo dimostra che in questi anni abbiamo costruito qualcosa di buono. Convincere i genitori a lasciarci i bambini sotto la pioggia non è facile, ma i più felici erano proprio loro!».

Anche la serata di gala è andata benissimo. Trentin ha stimato una raccolta fondi per beneficenza di circa 80.000 euro.

Il focus di Trentin saranno le classiche del Nord anche per il 2025
Il focus di Trentin saranno le classiche del Nord anche per il 2025

E il Trentin corridore?

In tutto questo, ricordiamo che Matteo è pur sempre un corridore professionista. Ha ripreso gli allenamenti, consapevole che le prime gare sono a 50-55 giorni di distanza.

«L’ultima settimana è andata meglio – racconta – ma quella prima di Beking è stata super impegnativa: pedalavo al mattino e il pomeriggio era un susseguirsi di commissioni, meeting e telefonate, Senza dimenticare gli impegni familiari. Giornate pienissime! Ora è tutto alle spalle, e la prossima settimana inizieremo il ritiro in Spagna, nei pressi di Calpe. Non andremo in Australia, quindi avremo un po’ più di tranquillità per programmare gli allenamenti. In ritiro decideremo tutto».

Il calendario di Trentin non è ancora definito, ma i punti fermi sembrano le grandi classiche: Gand, Fiandre, Roubaix e forse l’Amstel. Ma questa, come dice Matteo, è un’altra storia.

L’occasione mancata: i 50 metri di Dainese a Padova, parla Tosatto

19.11.2024
4 min
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Hai presente quel giorno che ti sei mangiato le mani per una situazione che poteva essere gestita meglio? Tutti ne abbiamo uno nella nostra vita, anzi ben più di uno. Matteo Tosatto appena gli facciamo questa domanda ci chiede se deve cercare tra i ricordi di una carriera intera oppure del solo 2024. Siccome i racconti precedenti sono rivolti alla stagione appena conclusa gli chiediamo di concentrarsi solo su questo periodo. 

«La tappa di Padova al Giro d’Italia – dice Tosatto dopo qualche istante di silenzio – quella è stata la grande occasione sfumata. Il lavoro fatto per Dainese e la volata di quest’ultimo ci hanno portato così vicini alla vittoria che se mi guardo indietro capisco quanto ci siamo andati vicini».

L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale
L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale

Due uomini in meno

Padova: 18ª tappa del Giro d’Italia e la Tudor Pro Cycling che prende in mano la situazione negli ultimi chilometri. Siamo in Veneto, più precisamente a casa di Alberto Dainese. La Corsa Rosa porta i velocisti a giocarsi la penultima chance di vittoria a Prato della Valle. Le energie rimaste in corpo sono contate, quel che fa la differenza in questi casi è la testa e un po’ di fortuna. 

«Dopo tante tappe eravamo arrivati a Padova con due uomini in meno nel treno per Dainese – racconta Tosatto – a causa di cadute e malattie varie. Dai quindici chilometri al traguardo abbiamo fatto tutto perfettamente. Sono mancati gli ultimi 50 metri di una volata preparata davvero al meglio. Dainese dall’essere in testa si è ritrovato quarto sul traguardo per una questione di attimi. Peccato perché sarebbe stata la prima vittoria della Tudor in un Grande Giro».

La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale, a vincere è stato Merlier
La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale
Era il giorno giusto?

Se mi fermo a pensare direi di sì. Dainese nella sua Padova e noi con il lavoro svolto al meglio delle nostre possibilità. Anzi, perfettamente. Trentin ha fatto un grande lavoro così come Froidevaux, era tutto apparecchiato. L’occasione era davvero unica.

In che senso?

In un Grande Giro sei contro i velocisti più forti al mondo, al Giro c’erano Milan e Merlier. Entrambi a Padova erano rimasti un po’ incastrati in fondo al gruppo e non erano nella posizione migliore per sprintare. Noi siamo usciti molto bene dall’ultima curva, con le posizioni giuste. 

Ai 900 metri eravate primi con due uomini a scortare Dainese…

Eravamo perfettamente posizionati per entrare davanti nella parte finale. Con due uomini in più nel treno avremmo potuto tirare dritto e guadagnare quei metri che poi invece ci hanno penalizzato. Dainese è uscito dalle ruote a 250 metri dal traguardo, fosse partito ai 180 metri avremmo avuto sicuramente maggiori possibilità

Avreste potuto tenere la velocità più alta e poi uscire proprio alla fine. 

Dopo tante volate in cui per un motivo o per un altro le cose non erano andate secondo i piani quella di Padova era una bella occasione. Padova era speciale, Alberto (Dainese, ndr) ne parlava già dall’inverno. Ma questo è stato un anno nero per lui, con tanti infortuni e stop durante la stagione. Padova avrebbe rappresentato un grande riscatto. 

A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
Sul bus a fine tappa si respirava l’aria di occasione mancata?

Se fosse andata bene ci saremmo sentiti ripagati delle sfortune dei giorni precedenti. Ci siamo andati solamente vicini, ma i ragazzi hanno fatto vedere che possono essere competitivi e concentrati fino alla fine. Quei 50 metri hanno cambiato un po’ la volata, non dico che se fosse partito dopo avrebbe vinto. Ma magari saremmo arrivati a giocarci una vittoria al fotofinish.

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L’occasione mancata: Cozzi, la Tudor e il Giro d’Abruzzo

L’occasione mancata: Zanatta e la fuga di Pietrobon a Lucca

L’occasione mancata: quando Zanini ha fermato l’ammiraglia

L’occasione mancata: Baldato e la rincorsa al Giro del Veneto

L’occasione mancata: Cozzi, la Tudor e il Giro d’Abruzzo

14.11.2024
5 min
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Hai presente quel giorno che ti sei mangiato le mani per una situazione che poteva essere gestita meglio? Claudio Cozzi ascolta e non ci pensa un secondo. Ha già chiaro quello che vuole raccontarci e con lui inauguriamo questa serie di articoli in cui i diesse del gruppo ci porteranno a rivivere le situazioni che non sono stati capaci di gestire. Che non hanno colto, da cui sono stati sorpresi o che potevano finire in modo diverso.

Il direttore sportivo del Tudor Pro Cycling Team si sta rimettendo da un intervento ed essendo bloccato a casa, ha tutto il tempo per ricostruire, ricordare e ragionare. La sua memoria vola dritta a Magliano dei Marsi, seconda tappa del Giro d’Abruzzo.

«La tappa che ha vinto Jan Christen – dice Cozzi – che potevamo vincere noi con Voisard. C’era una salita, poi la discesa e l’arrivo, con un po’ di falsopiano. Io avevo puntato tanto su Voisard, ma pensavo che sarebbe rimasto davanti anche Marco Brenner. Lui aveva già fatto un bel lavoro per tenerlo coperto, ma davanti c’era anche Reichenbach, che però non è stato brillante nel chiudere i buchi. Perciò tira e molla, tira e molla e Christen se n’è andato. E noi abbiamo fatto quarto e quinto…».

Claudio Cozzi è dallo scorso anno alla Tudor: con lui nel 20213 il team ha centrato la prima vittoria
Claudio Cozzi è dallo scorso anno alla Tudor: con lui nel 20213 il team ha centrato la prima vittoria
Cos’è che si poteva fare di diverso?

Si poteva vincere la tappa. Nella riunione avevo detto di seguire solo la UAE. A Voisard ho detto: «Tu segui Yates, mentre a Reichenbach ho detto di seguire gli altri e di non tirare. E lui è rimasto a ruota, Voisard ha dovuto chiudere 3-4 buchi e poi Christen è partito in contropiede ed è andato. Sono arrivato senza voce, immaginate com’ero contento… Io speravo di avere anche Brenner, ma non potevo pretendere di più dopo tutto quello che aveva fatto in salita. Era la classica salita contro vento e lui si è messo davanti per tenere coperto il compagno. Alla fine ha fatto anche bene in classifica e ha vinto la maglia dei giovani, mentre Voisard ha fatto quinto nella generale, anche se io speravo arrivasse sul podio.

Dopo la tappa avete parlato di come è andata?

Abbiamo parlato, certo che abbiamo parlato. Voisard ha detto la sua e secondo me aveva ragione. Anche Reichenbach ha detto quello che pensava, però poi ho parlato anche io. Gli ho detto che avevamo fatto una cavolata, perché potevamo giocarci la tappa e bisognava stare più attenti. Bisognava seguire le disposizioni che ci eravamo dati nel meeting. Invece abbiamo buttato via tutto il buono. Avevamo preso bene la salita davanti. Avevamo fatto tutto bene. Eravamo in tre su nove corridori. avevamo deciso quale fosse la squadra da seguire e la perdiamo così? Alla fine il più forte è stato Lutsenko che ha vinto la corsa, però quel giorno lì per me con Yates, Ulissi e Christian, la UAE era la squadra più forte. Loro erano quattro, noi eravamo in tre e se Reichenbach avesse fatto la sua parte, noi vincevamo la tappa.

La seconda tappa del Giro d’Abruzzo a Magliano de’ Marsi l’ha vinta Jan Christen
La seconda tappa del Giro d’Abruzzo a Magliano de’ Marsi l’ha vinta Jan Christen
Si è preso una lavata di capo?

Non gliene faccio una colpa, però poteva anche svegliarsi. Forse avendo sempre lavorato per i capitani, tirando, non ha la brillantezza di chiudere i buchi e scattare in continuazione. Glielo dicevo alla radio. Gli dicevo di andare avanti e dare qualche cambio a Voisard, di non far tirare solo lui

E’ il tuo rimpianto principale del 2024?

Quella tappa sentivo che potevamo vincerla. L’avevamo studiata bene, preparata bene, avevamo corso bene fino a in cima alla salita. Avevamo fatto tutto quello che avevamo progettato. Stava venendo tutto come volevamo. Anche l’approccio alla salita non era stato facile. Si arrivava da una strada larga, con il vento di lato, poi si entrava in paese e c’era un po’ di toboga. Abbiamo fatto un bel lavoro per prendere la salita davanti, c’era davanti un corridore della UAE Emirates e poi c’eravamo noi. Quello è un rimpianto, soprattutto perché alla fine Voisard ha fatto quinto in classifica generale. Fino a Prati di Tivo era terzo, il podio era lì. Invece quando Lutsenko ha attaccato all’Aquila, si è staccato, è rientrato nel gruppetto e ha vinto la volata, però ormai il podio era scappato.

Lutsenko ha vinto la volata per il secondo posto alle spalle di Christen. Quarto Voisard: per Cozzi, un’occasione mancata
Lutsenko ha vinto la volata per il secondo posto alle spalle di Christen. Quarto Voisard: per Cozzi, un’occasione mancata
Perché hai tirato fuori proprio questa corsa?

Quando ci sono tappe che puoi vincere, le devi vincere. Non devi sbagliare, perché dopo le rimpiangi. Non mi sento di colpevolizzare i corridori, perché probabilmente ho sbagliato qualcosa anch’io. Quando succedono queste cose, uno deve prendere le sue responsabilità. Forse non ho fatto capire a Reichenbach quale fosse il suo lavoro. Gliel’ho detto mille volte, ho parlato in riunione e ho finito la voce nella radio. Però se sono con loro, devo ritenermi responsabile come loro. Non è che scappo dal bus, mi arrabbio, scendo e me ne vado. Sto nel bus con loro e vado in albergo con loro. Ascolto tutti i loro pareri, poi dico la mia, discutiamo e chiariamo la situazione.

E’ bello che ci si infervori anche per una gara piccola come l’Abruzzo e non solo per le grandi corse.

Noi siamo andati lì per far bene. Voisard stava preparando il Romandia, va bene. Però quando si può, dobbiamo fare risultato. Era venuto tutto bene e mi dà davvero fastidio averla buttata così.

Trentin: Beking Monaco, il punto sul 2024 e il futuro della Tudor

13.11.2024
6 min
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Le fatiche di Matteo Trentin sono ricominciate da pochi giorni, la bici è tornata fuori dal garage ed è ora di riprenderci dimestichezza. «Mi sono fermato un mese intero – racconta – da ieri (lunedì per chi legge, ndr) ho ripreso a fare qualcosa. Quest’anno mi sono concesso un po’ di riposo in più, è stata una stagione lunga e dura».

Nel frattempo si lavora anche in vista della prossima edizione dell’evento Beking Monaco, la quarta. Il progetto, partito da Trentin e sua moglie Claudia Morandini, è cresciuto parecchio arrivando ad avere una caratura internazionale.

«In questo caso – spiega Trentin – siamo allo sprint finale. Nei prossimi dieci giorni vediamo cosa riusciremo a tirare insieme e poi tra dodici sapremo cosa abbiamo creato».

Nel 2023 il Criterium della Beking Monaco dedicato ai pro’ lo ha vinto Peter Sagan
Nel 2023 il Criterium della Beking Monaco dedicato ai pro’ lo ha vinto Peter Sagan

Qualche difficoltà

Raccogliere fondi per organizzare un evento non è mai semplice, soprattutto se c’è il ciclismo di mezzo. Anche in caso di eventi come Beking le difficoltà non mancano, nonostante i valori e i soggetti coinvolti. 

«Mi sarei aspettato, magari – prosegue – una maggiore facilità nel raccogliere i fondi necessari, ma ormai è sempre più difficile per il ciclismo essere appetibile. Nonostante il nostro sia un evento di beneficenza, non è mai facile e ogni anno si è alla ricerca di partner nuovi o aziende interessate. I soldi a quest’ultime non mancano, basti vedere quanto si investe sul fenomeno Sinner. Il problema è che il ciclismo fa fatica e lo stesso andazzo lo si trova nel WorldTour. Siamo vittime del nostro passato e da un lato non capisco il perché. Anche altri sport hanno avuto i loro momenti difficili eppure sono ritornati in alto. Dopo la parentesi delle scommesse nel calcio tutto è tornato alla normalità. Il ciclismo fa fatica a liberarsi di certi stereotipi».

In attesa di capire meglio diciamo che Beking si farà…

Ci siamo e il format è ormai collaudato. Gli eventi principali saranno la pedalata con i bambini e il criterium dei professionisti alle 14. Il supporto dei personaggi esterni e di chi crede nel progetto è elevato. Nella cena di gala a conclusione del tutto avremo molti pezzi pregiati all’asta. Ci sarà un casco firmato da Charles Leclerc, la bici di Pogacar e le sue tre maglie conquistate quest’anno: rosa, gialla e iridata. Per quanto riguarda la gara avremo Pogacar, la new entry Pedersen, Mohoric, Viviani, Matthews e tanti altri. 

Torniamo a te, hai definito la stagione 2024 come lunga e dura. Descrivicela.

Lunga perché ho iniziato a correre a fine gennaio e mi sono fermato dopo il Giro d’Italia. Una volta recuperato, mi sono fiondato nella seconda parte di stagione. Rispetto agli anni in cui facevo il Tour de France è stata divisa in due tronconi, ma la cosa non ha portato a grandi cambiamenti. Se dovessi darmi un giudizio direi sufficiente. 

A fine stagione Trentin ha raccolto un 11° posto alla Parigi-Tours, segnale di una buona condizione
A fine stagione Trentin ha raccolto un 11° posto alla Parigi-Tours, segnale di una buona condizione
Come mai?

Sono riuscito a vincere sia una gara che la mia prima corsa a tappe, ma ho lasciato qualcosina per strada a causa di diverse cose. Non sono mai stato al 100 per cento, se mi guardo indietro non trovo un periodo in cui ho messo in fila quattro o cinque appuntamenti in cui avevo una condizione super

Cosa senti di aver lasciato per strada?

Al Fiandre non stavo benissimo, quindi ho raccolto quanto più possibile. Dall’inizio alla fine dell’anno sento di essere stato vicino ai primi ma senza l’acuto o il piazzamento serio. Questo un po’ va a intaccare il giudizio finale. Sono stato costante, vero. Non è stata tuttavia la stagione che stravolge la linea.

In primavera nella campagna del Nord ha ottenuto buoni piazzamenti, ma è mancato l’acuto
In primavera nella campagna del Nord ha ottenuto buoni piazzamenti, ma è mancato l’acuto
A livello di squadra?

La Tudor ha fatto un bel passo in avanti. Non dal punto di vista dei numeri perché abbiamo vinto solamente due gare in più rispetto al 2023. Però sono arrivati due successi in appuntamenti WorldTour: alla Parigi-Nizza e al Romandia. 

Dopo 12 anni non sei più in una squadra WorldTour, senti la differenza?

A dire il vero no. A livello di calendario è un po’ più difficile perché devi aspettare gli inviti. Quest’anno non abbiamo corso la Roubaix o il Tour de France, ma anche in UAE non era scontato correre certe gare vista la rosa tanto ampia. Ho fatto più o meno le stesse corse del 2023, è cambiato un po’ il modo di correre. 

Trentin non aveva mai vinto una classifica generale, c’è riuscito al Tour de Wallonie
Trentin non aveva mai vinto una classifica generale, c’è riuscito al Tour de Wallonie
In che senso?

In UAE quando c’è Pogacar si corre per lui. Mentre qui in Tudor spesso si viene chiamati in causa, questo accade più nelle gare di un giorno che nelle grandi corse a tappe. Alla fine al Giro lavoravamo per Dainese nelle tappe piane e per Storer in quelle di montagna. Le due frazioni in cui ho avuto maggiore libertà ho cercato la fuga per giocarmi le mie chance. 

Nel 2025 arriveranno due corridori nuovi e di alto profilo: Hirschi e Alaphilippe

Penso sia una cosa bella che due corridori di questo calibro arrivino a correre in un team professional, vuol dire che credono molto nel progetto

Hirschi già lo conosci bene e in questo finale di 2024 ha fatto vedere grandi cose.

Da noi potrà trovare maggior spazio, in più la squadra sarà più a sua disposizione rispetto a quanto visto in UAE. Anche senza Pogacar è un team pieno di campioni dove c’è una grande battaglia per capire chi è il secondo in comando. 

E infine arriva un due volte campione del mondo…

Alaphilippe ha fatto vedere di essere in ripresa dopo due stagioni complicate. Quest’anno è tornato a vincere in appuntamenti di spessore come al Giro d’Italia. Arriva in un team dove ci sarà grande fiducia in lui e questo lo aiuterà molto a mio modo di vedere.

Sorpresa in Salento. Spunta Richard: si parla di Hirschi e non solo

23.10.2024
6 min
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CASTRO – Succede che in una gara di mtb nell’estremo lembo meridionale d’Italia s’incontri Pascal Richard. Lo ricordate? E’ stato il campione olimpico ad Atlanta 1996, campione del mondo di ciclocross, ha vinto la Liegi e il Lombardia. Un grande, grandissimo attaccante. Un vero duro degli anni ’90. 

Richard era in Salento, Lecce, per la Castro Legend Cup, una manifestazione che stavamo seguendo per il “fratellino” di bici.PRO, bici.STYLE e ne è nato è questo incontro.

Lo svizzero infatti ha sposato tanti anni fa una ragazza salentina e qui è stato subito accolto come uno di famiglia. Il patron dell’evento, Giuseppe Maggiore, ricorda come da bambino davanti alla tv vedendo vincere Richard gli sembrava che stesse vincendo uno del paese. Pensate che la squadra di ciclismo locale si chiama Ciclo Club Spongano-Pascal Richard. Ormai è un salentino d’adozione: «Specie quando c’è da mangiare!», dice lui.

Al netto di questa insolita storia, l’incontro con Richard è stata un’occasione per scambiare due chiacchiere a tutto tondo sul ciclismo, specie quello svizzero.

Pascal, partiamo dal Tudor Pro Cycling Team. Quanto è importante per il movimento svizzero ora che sta diventando davvero forte?

E’ molto importante. E’ la squadra che prima non c’era. Trent’anni fa la Svizzera è stata molto forte nel ciclismo, ma poi ha avuto un vuoto… a parte Cancellara, che tra l’altro oggi dirige questa squadra. Ora invece ci sono molti bravi corridori in Svizzera: Hirschi, Kung, Bissegger… e spero se ne aggiungano altri. Sono contento che sia arrivato questo team, ma per altri aspetti sono anche deluso.

Di cosa?

La Svizzera è un Paese ricco e nonostante tutto non ci sono molti sponsor per il ciclismo. Un po’ come in Italia. Sarebbe bello che fosse come per lo sci. E io spero possa cambiare qualcosa con questa squadra.

Però voi avete una buona base, non larghissima, ma di qualità. Lo abbiamo visto nelle gare juniores e ancora di più in quelle under 23. Pensiamo a Voisard, cresciuto nella Tudor…

Sì, per esempio c’è Jan Christen. Lui però è nella UAE Emirates, un team in cui tutti lavorano per un leader estremamente forte quale Pogacar. Spero che anche Jan prima o poi possa trovare una strada per emergere come Hirschi.

Conosci Marc Hirschi?

Non bene di persona. Lo conosco perché sono interessato al ciclismo. Guardo molto le gare. Marc mi piace per il suo modo di correre. Feci una volta un giretto in bici con lui e con il povero Gino Mader, la cui scomparsa mi ha toccato profondamente ed era davvero un ottimo corridore che stava crescendo. 

Alla Tudor, secondo Richard, Hirschi potrà realizzarsi definitivamente
Alla Tudor, secondo Richard, Hirschi potrà realizzarsi definitivamente
Quindi ora che non dovrà tirare per Pogacar potrà esplodere del tutto?

Lo spero. Di certo in questa squadra sentirà più fiducia. Ma io credo che ce la possa fare. Guardate cosa ha fatto in UAE: quasi tutte le volte che ha avuto possibilità di fare bene ci è riuscito. Ha vinto cinque gare nell’ultimo periodo. E in passato aveva vinto una tappa al Tour, era stato secondo al mondiale. E poi è anche molto intelligente. Se troverà un buon ambiente, e sicuramente lo troverà, potrà fare bene.

Tu sei stato un esponente anche dell’offroad svizzero: hai vinto un mondiale di ciclocross. Tuttavia attualmente non siete fortissimi in questa specialità. Non avete quella base di numeri che magari avete nella mtb. Perché, secondo te?

Nel cross c’è Loris Rouiller, un giovanotto fortissimo a mio avviso. Proprio questo weekend ha vinto in Francia. Però è uno solo… Nel ciclocross per arrivare a certi livelli serve un grande lavoro specifico. E’ una specialità durissima. Ma poi se guardiamo bene anche nella mtb dopo Nino Schurter chi c’è dietro di così forte? Purtroppo è vero: nel cross in Svizzera abbiamo perso un po’ di organizzazione. Poi quando i ragazzi vanno in Belgio, in Olanda, dove si fa il vero ciclocross, secondo me perdono anche morale. E non ci insistono troppo.

Chiaro…

Io vado spesso a vedere le gare dei giovani, anche quelle più piccole regionali e credo che gente come me serva ancora… anche se sono un vecchio! Magari è un modo per attirare attenzione. Noi dobbiamo esserci, dobbiamo dare una mano. Dobbiamo essere esempio, immagine… per andare avanti.

Cosa ti piace di questo ciclismo?

Questo ciclismo in generale mi piace molto, è divertente. Ma credo anche che non sia poi cambiato molto. Ora c’è Tadej Pogacar. Ho ascoltato anche critiche nei suoi confronti, tipo quelle di Cipollini… ma io credo che non possiamo essere sempre critici nel ciclismo. Perché vederci sempre del male? Vediamo piuttosto il lato positivo. Tadej è come Sagan. Peter portò grande innovazione. Pogacar sta facendo lo stesso. E’ vero, quando parte fa la differenza, ma può succedere. Forse non ci eravamo più abituati. Però io me li ricordo Bernard Hinault, Eddy Merckx… A me Pogacar piace perché è un corridore che va dappertutto. Fa i grandi Giri, le classiche, le corse più piccole… Si butta, non ha paura. Dietro al palco del mondiale ne ho parlato con Mathieu Van der Poel.

Per Pascal il Team Tudor potrà dare moltissimo al movimento svizzero
Per Pascal il Team Tudor potrà dare moltissimo al movimento svizzero
E cosa vi siete detti?

C’era Pogacar vicino a noi. E Mathieu a voce alta facendosi sentire da Tadej mi fa: «Mamma mia, abbiamo fatto 100 chilometri a tutta e non l’abbiamo ripreso». E rideva. Era felice. Al ciclismo serve gente così. Per questo motivo dico che questo ciclismo mi piace. Penso anche alla tecnologia.

A proposito, ti sarebbe piaciuto guidare queste bici velocissime?

Le guido adesso! Ma anche in questo caso torno a dire che non è cambiato nulla. Tutti in tutte le epoche hanno gli stessi materiali: quindi a cosa serve fare paragoni? Certi anziani mi dicono: «Eh, ma il passato è sempre meglio». Ma cosa dicono? E’ uguale.

Un’ultima domanda da un ex ragazzino tifoso di Chiappucci. Cosa ci puoi dire di quella vittoria al Giro d’Italia quando una slavina fece accorciare la tappa a metà del Colle dell’Agnello?

Ah, che giornata! Arrivai in volata con Massi. In fuga c’erano anche Cacaito Rodriguez e altri due o tre corridori. Non mi ricordo di preciso, ma uno era della Banesto. Ricordo che volevo tanto vincere quella tappa e così andai in fuga. Però non sapevo che avrebbero accorciato la tappa per la slavina. Ad un certo punto ci dissero: “Il traguardo è a 10 chilometri da qui”. “Ma come?”, chiedevamo noi. Io temevo Massi, non tanto perché in salita era forte, ma soprattutto perché era un lupo. In corsa sapeva il fatto suo. E così per vincere puntai su di lui. A un chilometro dall’arrivo restammo in due (in tre in realtà, ndr) ma non sapevamo le distanze precise. All’improvviso vidi il cartello dei 300 metri all’arrivo e pensai: “E’ troppo tardi”. Invece feci la volata e andò bene. Insomma, era una tappa al Giro d’Italia!

Storer: rinato alla Tudor sotto lo sguardo attento di Tosatto

20.10.2024
5 min
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La stagione 2024 della Tudor Pro Cycling è terminata per quanto riguarda il calendario di corse, ma non negli appuntamenti. Tra qualche giorno è previsto un raduno in Svizzera, nel quartier generale del team, per parlare di futuro e 2025. Poi ci sarà il “liberi tutti” e sarà tempo di pensare alle vacanze e al riposo di fine stagione

«Saranno quattro giorni di raduno – spiega Matteo Tosatto, diesse del team – dove organizzeremo il 2025. I corridori faranno le visite mediche, si parlerà un po’ dei vari programmi, ma soprattutto ci divertiremo un po’ che male non fa. I ragazzi avranno modo di vedere la sede principale, respirare l’aria degli uffici e della parte organizzativa. Anche perché poi è difficile ripassare da queste parti a stagione iniziata». 

Per Tosatto è stato il primo anno alla guida della Tudor Pro Cycling
Per Tosatto è stato il primo anno alla guida della Tudor Pro Cycling

La nuova avventura

Questa è stata la prima stagione per il diesse veneto alla Tudor Pro Cycling. Una nuova avventura arrivata al termine di sette anni marchiati Team Sky prima e Ineos Grenadiers poi. Prima di andare a parlare di corridori è doveroso chiedere a Matteo Tosatto come sia andata la sua stagione nella professional svizzera. 

«Molto bene – racconta – direi che il 2024 è stato un anno molto positivo. Abbiamo una bella realtà. Rispetto alla Ineos ci sono due filosofie di vita differenti, ma in Tudor c’è un grande ambiente e soprattutto è in costante miglioramento. Per il prossimo anno si respira una gran voglia di fare e di investire, per diventare una squadra di riferimento. La più grande differenza con la Ineos è che lì si partiva per vincere, anche in Tudor l’obiettivo è sempre quello, ma con la consapevolezza che in qualche gara può essere parecchio difficile. Noi vogliamo fare sempre bella figura e vivere la corsa da dentro, nelle posizioni che contano. A volte una top 10 o un piazzamento nei cinque vale una vittoria, o comunque è motivo di grande soddisfazione».

Il risultato migliore di Storer nell’arco di tutta la stagione è stato il decimo posto al Giro
Il risultato migliore di Storer nell’arco di tutta la stagione è stato il decimo posto al Giro
Con l’approccio verso i corridori che differenze hai trovato?

Qui ci sono molti giovani che devono fare esperienza, o comunque corridori che gareggiano in certi appuntamenti per la prima volta. Bisogna spiegare come si affrontano certi tratti, perché si deve stare davanti e soprattutto renderli sereni. Per fare ciò serve un grande lavoro mentale. 

Uno dei corridori che ha fatto una stagione positiva è Michael Storer, lui arrivava dal WorldTour e si è trovato in una formazione nuova, diversa. 

Prima di arrivare qui, Storer ha corso in Groupama per due anni, e ancora prima era alla Sunweb. E’ venuto da noi in Tudor consapevole dei suoi mezzi e delle difficoltà che aveva su certi percorsi. Tuttavia ha fatto un grande step a livello di qualità. Ha iniziato la stagione in Australia, nella corsa di casa, ma ha corso con la maglia della nazionale. Con noi è partito dal UAE Tour e ha portato a casa subito un sesto posto nella generale. 

L’australiano è andato forte tutto l’anno conquistando diverse top 10 nelle varie corse disputate
L’australiano è andato forte tutto l’anno conquistando diverse top 10 nelle varie corse disputate
Ha ottenuto i risultati migliori con te in ammiraglia, che punto di contatto avete trovato?

E’ un ragazzo molto tranquillo, uno che non chiede troppo al team. Direi che si è trovato in un ambiente in cui tutti hanno avuto la massima fiducia verso di lui, al 100 per cento. Ha trovato la serenità, e credo che questa sia la parola perfetta, per andare alle corse al meglio delle sue possibilità. 

Guardando ai risultati si può dire che la sua forza è stata la costanza. 

Il suo obiettivo stagionale era il Giro d’Italia, dal quale è uscito con una top 10 di tutto rispetto. La chiave è stata proprio la costanza: considerate che al primo arrivo in salita a Oropa è arrivato sesto, e alla tappa del Grappa nono. Anche una volta rientrato al Czech Tour e poi a Burgos ha mantenuto il trend positivo, con un sesto e un quinto posto nella generale. Storer ha trovato l’ambiente giusto, con compagni e staff ha una bella intesa. E questo gli ha permesso di essere sempre performante, dal primo febbraio ad ora. 

In salita Storer è sempre stato con i migliori, pagando solamente pochi secondi dai primi
In salita Storer è sempre stato con i migliori, pagando solamente pochi secondi dai primi
Si è visto, considerando anche il 13° posto al Lombardia…

Sulla Colma di Sormano insieme a Pogacar, Evenepoel e Mas c’era anche lui. In salita è uno dei primi e lo si è visto anche al Giro. Alla corsa rosa quando c’era selezione lui era lì con i primi. Un conto è arrivare decimo di rincorsa, un altro conto è arrivare decimo perché ci sei e reggi il confronto. 

Nel 2024 ha curato per la prima volta la classifica in una corsa di tre settimane, cosa gli manca per fare un ulteriore step?

Il suo più grande tallone d’Achille è la cronometro. Deve migliorare tanto nella posizione e nel fare sacrifici a casa allenandosi parecchio in questa disciplina. Se guardo ai minuti persi nelle due cronometro al Giro mi sento male. Per fortuna ha ampi margini di miglioramento, anche in altri punti.

Il suo vero punto debole è la cronometro, sulla quale dovrà lavorare in vista del 2025
Il suo vero punto debole è la cronometro, sulla quale dovrà lavorare in vista del 2025
Quali?

La posizione in gruppo è uno di questi. A volte corre troppo indietro e spende molto per risalire e riportarsi nelle prime posizioni. Storer ha un grande margine di crescita, per questo siamo molto fiduciosi. In più con l’arrivo di corridori forti ed esperti come Alaphilippe e Hirschi avrà modo di crescere e imparare da loro. Siamo contenti del team che si sta andando a formare e non vedo l’ora di lavorarci insieme. Ma prima le meritate vacanze.