Alari: il pensiero di smettere e il rilancio in Padovani

11.11.2025
5 min
Salva

Samuele Alari è ripartito ieri, con una prima sessione di palestra seguita da una pedalata sui rulli. Test e una sgambata per iniziare a lavorare in vista della terza stagione da Under 23, che lo vedrà correre in  maglia SC Padovani Polo Cherry Bank. La sua esperienza con il devo team della Tudor Pro Cycling si è conclusa senza tanti rumori, una stretta di mano e ognuno per la sua strada. Il corridore bergamasco è tornato in Italia a correre, scegliendo una realtà in evoluzione e capace di raccogliere ottimi consensi già al suo primo anno nella categoria. 

«Oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto dei test massimali in palestra – racconta Alari – per capire come programmare i lavori di forza. Una volta terminati sono salito sui rulli per una sgambata, tra tutto è stata una prima sessione di lavoro della durata di due ore e trenta minuti. E’ un tipo di lavoro che ho già fatto in passato, dopo la palestra si sale in bici per assimilare i lavori di forza fatti. Siccome deve essere una cosa abbastanza immediata ho preferito fare spinning per non perdere troppo tempo».

Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Alari ha corso i primi due anni da under 23 con la Tudor Pro Cycling Development
Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Alari ha corso i primi due anni da under 23 con la Tudor Pro Cycling Development

La voglia di riprendere

L’entusiasmo nel tono di Alari lo si percepisce, la voce è allegra, sintomo che le vacanze hanno fatto il loro effetto ed era arrivato il momento giusto per ripartire in vista del 2026. 

«Mi sono riposato bene – racconta ancora Samuele Alari – insieme al mio preparatore abbiamo deciso di fare due settimane di stacco. Sono andato prima in Sicilia con la mia fidanzata e poi a Londra con gli amici, siamo tornati domenica e da ieri mi sono rimesso al lavoro. Devo dire che mi mancava fare attività, allenarmi. Nel 2026 voglio riscattarmi dopo due anni in sordina, lo devo a me stesso e alla S.C. Padovani che ha creduto in me fin da subito».

Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Samuele Alari ha preso parte a diverse gare anche con i professionisti
Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Samuele Alari ha preso parte a diverse gare anche con i professionisti
Cosa senti di dover dare a te stesso?

Diciamo che vorrei riallacciare il filo con le sensazioni che avevo nei due anni da junior, dove le cose sono andate abbastanza bene. Ho corso tanto con la nazionale e ho raccolto qualche vittoria. A fine 2023 purtroppo ho rotto il bacino e sento che tutto si è un po’ fermato lì. Nei due anni da under 23 alla Tudor ho avuto qualche problemino, il prossimo anno voglio mostrare il mio reale valore. 

Alla Padovani cosa vorresti dare?

Vorrei ricambiare la fiducia mostrata nei miei confronti fin da subito. Mi hanno detto che avrei avuto il mio spazio e ancora prima di firmare Alessandro Petacchi mi ha dato una mano per risolvere il problema al ginocchio che ha condizionato il mio 2025 (in apertura Alari insieme ad Alessandro Petacchi e al vice presidente della SC Padovani Martino Scarso, Photors.it). 

Al termine del suo percorso in Tudor Alari era arrivato a un passo dallo smettere (foto DirectVelo)
Al termine del suo percorso in Tudor Alari era arrivato a un passo dallo smettere (foto DirectVelo)
Esci da un devo team, che esperienza è stata?

Il lato positivo è legato alle cose che sento di aver imparato alla Tudor, padroneggio meglio la lingua inglese e ho corso gare di alto livello, anche con i professionisti. 

Nonostante tu abbia corso poco tutto sommato?

E’ il loro modus operandi, tutti i corridori hanno pochi giorni di gara all’attivo. Si punta molto sulla crescita in allenamento, d’altro canto io sento di essere un atleta che ha bisogno di gareggiare per avere determinati progressi. Ho anche provato a parlarne con il team, ma la loro filosofia rimane tale.

Tornando indietro rifaresti questa scelta?

Quando ho firmato con la Tudor era il periodo in cui gli juniores iniziavano a uscire dall’Italia per correre, sono stato uno dei primi a farlo. Non c’erano tanti riscontri o esperienze di altri corridori alle quali affidarsi. Alla fine non sapevo benissimo a cosa sarei andato incontro, la Tudor mi ha proposto un cammino di crescita più lungo di due anni, inizialmente. 

Prima di passare under 23 alla Tudor Alari ha corso i due anni da junior alla SC Romanese
Prima di passare under 23 alla Tudor Alari ha corso i due anni da junior alla SC Romanese
Poi cosa è successo?

Quando ho firmato non ero legato a dei risultati, ma solamente a un processo di crescita e maturazione. Al termine della scorsa stagione, quando si è trattato di capire cosa fare mi hanno detto di non essere sicuri di volermi tenere. Mi hanno detto che senza tanti risultati era difficile pensare di continuare. Il discorso è che non mi hanno lasciato spazio per provare a fare quello che avrei voluto, per mettermi alla prova. Devo ammettere di essere arrivato molto vicino al voler smettere.

Perché?

In due anni ho investito tempo, energie e tanto altro per poi non avere un ritorno. Mi sono chiesto se ne valesse davvero la pena, per un mese l’idea di smettere ha prevalso su quella di continuare. Mi ero detto: «Basta mi dedico alla scuola, ho anche altri interessi oltre al ciclismo e questa evidentemente non è la mia strada». Poi ho parlato con il mio procuratore, Mori, e mi sono dato ancora un anno. 

Alari rimane un profilo interessante per la nazionale di Amadori, soprattutto per le prove contro il tempo
Alari rimane un profilo interessante per la nazionale di Amadori, soprattutto per le prove contro il tempo
Hai avuto la forza di rimetterti in gioco, non tutti però ce l’hanno, la scelta di un devo team può bruciare alcuni?

Nel mio caso, con il senno di poi, direi che andare subito alla Tudor sia stato un errore. Tuttavia capisco che per uno junior la chiamata faccia gola, magari tornassi indietro lo rifarei. Se si va all’estero bisogna fare i conti con il fatto che i devo team sono l’anticamera del professionismo, è vero, ma se poi non si entra il rischio è che la batosta sia tanto grande. Alcuni smettono, altri no. 

Serve il coraggio di ripartire…

Gli errori si fanno, nel ciclismo come a scuola o sul lavoro. Serve la forza mentale di ammettere che si è fatto un passaggio a vuoto e di voler riprovare, di dire: «Non è finita qui». Io mi sono affidato alla S.C. Padovani perché ho visto in loro il riflesso del mio voler cambiare mentalità. In squadra cambieranno alcune cose e la voglia di migliorare non mancherà, sia a me che tanto meno a loro.

Dal Casano allo stage con la Tudor: l’esperienza di Del Cucina

12.08.2025
5 min
Salva

Una settimana in Svizzera respirando l’aria del ciclismo dei più grandi insieme ai ragazzi del devo team della Tudor Pro Cycling. Quella di Riccardo Del Cucina, atleta toscano del team Casano-Stabbia, al suo secondo anno da junior, è stata un’esperienza formativa e che ha aumentato ancora di più la sua voglia di affermarsi. Un primo assaggio condito da tanta curiosità nello scoprire i segreti dei più grandi, che ora non sembrano più così lontani. 

«E’ stata una bellissima esperienza – ci racconta Del Cucina mentre si trova a Livigno per preparare le prossime gare, tra cui il Giro della Lunigiana – purtroppo è arrivata nella settimana peggiore degli ultimi anni dal punto di vista climatico. Me lo hanno detto anche gli altri ragazzi e lo staff, sui nove giorni totali ha piovuto praticamente sempre. E faceva anche un gran freddo. Mi sono comunque goduto questa esperienza, è stato un piacere immenso. Inoltre ho un po’ “spiato” quello che sarà il livello tra gli under 23 e c’è da dire che vanno forte davvero. Però questo non mi ha spaventato, tutt’altro, ho ancora più voglia».

Riccardo Del Cucina a inizio anno è passato nel team Casano-Stabbia sotto lo sguardo attento di Beppe Di Fresco (foto Instagram)
Riccardo Del Cucina a inizio anno è passato nel team Casano-Stabbia sotto lo sguardo attento di Beppe Di Fresco (foto Instagram)
Qual è la cosa che ti ha maggiormente emozionato?

Già parlare una lingua diversa dall’italiano per tanti giorni mi ha fatto capire di essere in qualcosa di grande. Ho fatto tanti lavori in bici nuovi per me e ho imparato anche come si vive la quotidianità in una realtà grande come quella della Tudor. 

Com’è nato il contatto?

Principalmente dal mio procuratore Matteo Roggi, e anche da alcuni contatti di Pino Toni che lavora con noi al Casano. Anche se non è lui il mio preparatore, da ormai tre anni mi alleno con Rinaldo Nocentini e insieme al team abbiamo deciso di affrontare questa stagione, fondamentale, con continuità. La Tudor ha ricevuto i miei valori e ha avuto accesso ai miei dati di Training Peaks e mi hanno aperto le porte per uno stage.

L’occasione dello stage con la Tudor Pro Cycling U23 è arrivata grazie ai risultati e al suo procuratore Matteo Roggi
L’occasione dello stage con la Tudor Pro Cycling U23 è arrivata grazie ai risultati e al suo procuratore Matteo Roggi
Eri l’unico?

Eravamo tre ragazzi a fare da stagisti, io e due atleti svizzeri che sono già under 23. Ero il più piccolo. Gli altri due faranno delle gare di prova, mentre io attendo una risposta sul mio futuro. Al momento non so nulla, ma ammetto che mi piacerebbe entrare in un devo team. Però sto anche parlando con squadre continental italiane.

Che settimana è stata?

Ho avuto l’onore di entrare in un mondo che sogno da anni, questa cosa mi ha responsabilizzato ancora di più. A livello tecnico è stata la settimana nella quale ho fatto il mio record di ore per quanto riguarda gli allenamenti. Di solito oscillo tra le 15 e le 20 ore, quando ho caricato tanto ne ho fatte 22. In quei sette giorni mi sono allenato per un totale di 28 ore

Del Cucina in questa stagione è cresciuto molto, maturando sia fisicamente che mentalmente (foto Instagram)
Del Cucina in questa stagione è cresciuto molto, maturando sia fisicamente che mentalmente (foto Instagram)
Impegnativo?

Sicuramente, anche se sono un corridore che con il passare dei giorni si sente meglio. Abbiamo caricato molto, pedalavamo una media di quattro ore al giorno, che per me equivale a un lungo. Durante l’uscita facevamo anche test e lavori di intensità. Insomma i primi giorni qui a Livigno li ho presi per recuperare un po’. 

Una prima esperienza da solo?

La prima di questo genere. Sono partito da casa in aereo, una volta atterrato a Zurigo c’era un altro atleta del team che mi aspettava e siamo andati in treno fino alla sede della Tudor, a Schenkon. La bici me la sono portata da casa, quindi l’altro ragazzo mi ha spiegato come muovermi all’interno della stazione e dell’aeroporto. 

Un cammino, quello di Del Cucina, che lo ha portato a vestire la maglia della nazionale nella prova di Coppa delle Nazioni in Slovacchia (foto Instagram)
Un cammino, quello di Del Cucina, che lo ha portato a vestire la maglia della nazionale nella prova di Coppa delle Nazioni in Slovacchia (foto Instagram)
Con chi eri in stanza?

Roman Holzer, è un ragazzo svizzero che fa già parte del devo team. Abbiamo parlato tanto e gli ho fatto parecchie domande confidandomi tanto con lui. Gli ho chiesto come ci saremmo organizzati per gli allenamenti e la vita comune. Alla fine è andato tutto bene, è un ambiente in cui ti responsabilizzano molto, ma mi piace come cosa. 

Sei arrivato e come ti sei presentato, che atleta sei?

Nell’introduzione iniziale hanno detto di avermi preso perché sono un atleta versatile e completo. Effettivamente è una descrizione che sento mia, quest’anno sento di essere cresciuto molto fisicamente e di aver fatto dei netti miglioramenti in alcuni ambiti, ad esempio in salita. Mi difendo bene e ho un ottimo spunto veloce. Questo è stato possibile anche grazie al team Casano e alla gente che lavora insieme a noi: nutrizionista, biomeccanico, osteopata…

Con quale spirito sei tornato a casa?

Sicuramente senza alcun timore, anzi con ancora più voglia e fame di arrivare a questi livelli.

Sierra fuori dal Giro U23, ma in gara con i pro’ in Belgio

18.06.2025
5 min
Salva

ALBESE CON CASSANO – Il camper del Tudor Pro Cycling Team U23 è parcheggiato poco lontano dal foglio firma della terza tappa del Giro Next Gen. I ragazzi della formazione svizzera si cambiano su sedie da campeggio ridendo e scherzando tra di loro. La frazione che termina al Passo del Maniva è alle porte e oggi (ieri per chi legge) si sono visti i primi verdetti. Dei cinque atleti il migliore nella classifica di tappa è lo svizzero Robin Donzé, sedicesimo alla fine della giornata. 

«Il Giro Next Gen rappresenta uno dei primi obiettivi di stagione – ci racconta Boris Zimine, Sport Director della formazione U23 – e la giornata di oggi ha dato delle risposte. Lo scorso anno Robin Donzé si era dedicato completamente ad aiutare Mathys Rondel mentre quest’anno cercherà di fare del suo meglio». 

La Tudor Pro Cycling Team U23 ha optato per una quadra di scalatori al Giro Next Gen (foto Xavier Pereyron)

Spazio agli scalatori

Una delle notizie in casa Tudor Pro Cycling per questo Giro Next Gen è l’esclusione di Juan David Sierra. Il velocista italiano, nato tra l’altro a Rho, sede della cronometro iniziale della corsa rosa under 23, non è stato incluso nei cinque nomi della squadra svizzera.

«Per questo Giro Next Gen – dice Boris Zimine – abbiamo scelto di avere il giusto mix di corridori con una preferenza per gli scalatori. Durante l’anno non ci sono tante gare per loro e queste otto tappe sorridono proprio a loro. Nel complesso abbiamo scelto corridori che possono curare la classifica generale o che possano essere di supporto al leader». 

L’esclusione di Sierra a cosa è legata?

Al percorso. Ieri (a Cantù, ndr) è stata una tappa dura, se guardate la classifica di tappa vedrete che c’erano davanti tutti gli uomini di classifica. Sparfel ha fatto secondo, Widar quarto. 

Quindi avete pensato non ci fossero tappe adatte a lui?

Sì. Anche se dovesse arrivare una volata sarebbe a ranghi ridotti direi. Con una formazione composta da cinque corridori è difficile pensare di tenere chiusa la corsa. Questa è la ragione principale. Non siamo stati felici di lasciare a casa Sierra perché sappiamo quanto sia importante per noi. 

Inizialmente le squadre al Giro Next Gen dovevano essere composte da sei corridori, ma poi l’organizzazione ha cambiato. 

Con sei ragazzi qualcosa sarebbe cambiato, ma non solo per noi. Rispettiamo quello che l’organizzazione decide e basta, senza polemiche. 

Sierra dopo la dolorosa notizia dell’esclusione dal Giro Next Gen ha vinto la Paris-Troyes, una bella prova di forza e carattere (foto Belair Clap – BC Sport Agency)
Sierra dopo la dolorosa notizia dell’esclusione dal Giro Next Gen ha vinto la Paris-Troyes, una bella prova di forza e carattere (foto Belair Clap – BC Sport Agency)
Sierra poi ha vinto una corsa importante come la Paris-Troyes…

E’ stato bello anche perché l’anno scorso aveva già fatto questa gara e aveva commesso qualche errore. Questa volta non ha ripetuto quegli sbagli ed è riuscito a entrare nello sprint finale vincendolo (in apertura (foto Belair Clap – BC Sport Agency, ndr). Credo sia stata un’ottima prova di carattere, anche perché pochi giorni prima gli avevamo fatto presente l’esclusione dal Giro Next Gen. Ovviamente era deluso, ma il fatto che abbia vinto pochi giorni dopo è una grande cosa.

Abbiamo visto che correrà al Giro del Belgio.

Sì, correrà con il team professional. Non è la prima volta quest’anno, ha già fatto qualche gara con la formazione maggiore. Per lui, ma anche per noi, è un bel passo. Non potendolo portare qui al Giro Next Gen abbiamo guardato alla gara che potesse dargli qualcosa in chiave di crescita e sviluppo. 

Sierra nel 2025 ha corso tanto con i professionisti e nelle gare del Nord, qui all’ultima Tro-Bro Léon
Sierra nel 2025 ha corso tanto con i professionisti e nelle gare del Nord, qui all’ultima Tro-Bro Léon
Cosa può dargli un’esperienza del genere?

Onestamente penso che il Giro del Belgio possa essere una buona esperienza per prendere confidenza con i percorsi e le strade del Nord. Ci sono tante gare e molte Classiche importanti in Belgio durante l’anno e credo che Sierra possa essere un corridore adatto a quei percorsi in futuro. 

Come giudichi il suo tragitto con voi?

Penso sia buono, sento che sta migliorando e diventando anche più maturo. Deve continuare così perché il cammino è giusto, ha ancora margini ed è giusto che sia così visto che è nel devo team. Si tratta di un processo in atto e dobbiamo proseguire.

Sierra: le prime esperienze con i pro’ e un faro di nome Trentin

29.12.2024
5 min
Salva

Sentir parlare Juan David Sierra inganna, non tanto per gli argomenti che porta e la lucidità con cui li sviscera, ma perché tutto questo lo fa ad appena 19 anni. Tra pochi giorni di anni ne farà 20 (il 25 gennaio), eppure il giovane cresciuto nella Ciclistica Biringhello sembra avere le idee chiare. Il primo anno con il devo team della Tudor Pro Cycling lo ha messo davanti a degli scalini, lui piano piano li ha saliti tutti. Consapevole che la scalata non sia ancora finita, Sierra è pronto a tornare al lavoro. Anzi, lo ha già fatto.

«Prima di Natale – ci racconta – sono stato in Spagna, in ritiro con la squadra. Il team nei mesi invernali affitta una villa dove i corridori possono andare ad allenarsi. Tra il 13 e il 24 dicembre sono stato lì insieme a metà dei miei compagni di squadra. Ci siamo allenati molto e con un tempo fantastico».

Sierra ha iniziato la sua prima stagione in Tudor Pro Cycling correndo con i pro’, a Murcia e poi Almeria
Sierra ha iniziato la sua prima stagione in Tudor Pro Cycling correndo con i pro’, a Murcia e poi Almeria

Il contatto con i pro’

Sierra parla, sereno e analitico. Il 2024 per lui è stato un anno importante, l’arrivo nel team di sviluppo della Tudor lo ha portato a crescere parecchio. Fin dai primi mesi ha visto da dentro cosa vuol dire correre tra i professionisti. Lo ha fatto nelle gare di Mallorca, lo scorso gennaio, e poi anche a fine stagione con due esperienze di grande calibro. Prima la Sparkassen Musterland e poi la Parigi-Tours

«Le gare che ho fatto con il team professional – dice Sierra – sono state esperienze fantastiche che non mi aspettavo di vivere già da subito. La prima gara che ho disputato è stata la Vuelta a Murcia. La squadra mi ha mandato subito in fuga, è stato un battesimo di fuoco ma comunque interessante. Il giorno dopo alla Clasica de Almeria il gruppo ha controllato l’andamento della gara, sembrava di vedere la corsa dalla televisione. A 20 chilometri dal traguardo le squadre erano già posizionate per lo sprint. Io ero lì, nel mezzo, sentivo la tensione crescere dalla radiolina mentre accanto mi passavano i corridori che di solito ammiravo da lontano».

La sua ultima gara del 2024 è stata la Parigi-Tours, un bel banco di prova
La sua ultima gara del 2024 è stata la Parigi-Tours, un bel banco di prova
Che ruolo hai svolto?

Sempre di supporto. Anche alla Sparkassen Munsterland e alla Parigi-Tours dovevo tenere i capitani al sicuro nei passaggi più difficili. Sugli sterrati della Francia avevo il compito di tirare tra un settore di sterrato e l’altro per Trentin. La Parigi-Tours è stata l’ultima gara dell’anno e anche la più impegnativa, con 213 chilometri tra fango e pioggia. All’arrivo ero tra gli ultimi, ma ho avuto la fortuna di attraversare il traguardo con Morkov, che era alla sua ultima gara. 

Hai corso molto con Trentin

Delle cinque gare fatte con i professionisti, quattro le ho corse con lui. E’ un corridore con il quale ci si confronta bene, è sincero e disponibile. Da un lato spero mi prenda sotto la sua ala, per imparare più cose possibili. In questi giorni di ritiro mi sono allenato con i professionisti e mi ha dato tanti consigli.

Sierra ha trovato in Trentin un riferimento da seguire e dal quale imparare
Sierra ha trovato in Trentin un riferimento da seguire e dal quale imparare
Quali?

Il più importante è di farsi voler bene dai compagni di squadra, di essere umile e con i piedi per terra. Per diventare un leader serve una grande empatia, il lato umano è molto importante. 

Come descriveresti le tue esperienza con i professionisti?

Bellissime. Trentin è davvero un maestro incredibile, ma ho imparato da tutti. Anche dagli avversari. Vedere come si muovono in corsa, capire cosa e come si mangia durante una gara, sono tante le chicche che porto con me.

Il giovane italiano ha vinto anche la sua prima gara da U23 al Tour de la Mirabelle (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)
Il giovane italiano ha vinto anche la sua prima gara da U23 al Tour de la Mirabelle (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)
Com’è stato tornare tra i grandi anche solo per un allenamento?

Bello. Alla fine non sono più nuovo, mi conoscono. Quindi l’approccio è più diretto, non c’è quella barriera da abbattere. Mi sono sentito più parte del gruppo. 

Non dimentichiamoci che sei al secondo anno da under 23, nel 2024 che passi senti di aver fatto?

Il miglioramento principale è stato sulla resistenza, che era il primo obiettivo sul quale il preparatore mi aveva detto di lavorare. Il salto tra juniores e under 23 è difficile, quindi serviva aumentare le mie qualità di resistenza. In un solo anno sento di aver fatto un bello step. 

Sierra guarda al 2025, stagione nella quale vuole confermarsi nelle gare più importanti riservate agli U23
Sierra guarda al 2025, stagione nella quale vuole confermarsi nelle gare più importanti riservate agli U23
Altro?

Mi sono concentrato molto sulle mie qualità naturali: strappi e volate. Non ho provato a migliorare altri aspetti, come in salita ad esempio. Sinceramente non mi aspettavo di andare così forte fin da subito. So che sembra scontato ma per descrivere il mio 2024 userei la parola “crescita”. Sono maturato molto, sia fisicamente che mentalmente. Sto per compiere 20 anni e ora mi sento pronto. 

Dal 2025 cosa ti aspetti?

Di massimizzare il lavoro per riuscire a vincere le corse più importanti tra gli under 23 e diventare un leader. Mi piacerebbe mettermi alla prova nelle classiche di categoria: Roubaix, Gand e Youngster Coaster Challenge. Del calendario ancora non so molto, spero di fare il Giro di Bretagna e il Giro Next Gen. Soprattutto quest’ultima può essere un ulteriore passo di crescita. 

Tudor lancia il suo scouting program. Vediamo come funziona

11.12.2024
6 min
Salva

Ci sono novità importanti in casa Tudor. La squadra elvetica che punta senza mezzi termini all’ingresso nel WorldTour ha completato il roster della formazione development e, al di là della conferma dei due italiani Samuele Alari e Juan David Sierra, inserisce nel team anche tre ciclisti scaturiti da una lunga selezione online. Anche la Tudor infatti ha la sua academy online, un po’ come accade per la Fenix Deceuninck consociata a Zwift, che ogni anno promuove un uomo e una donna nei suoi devo team.

La Tudor ha però deciso di procedere in autonomia, affidando la gestione del programma di sviluppo al francese Boris Zimine, uno dei direttori sportivi della squadra svizzera, particolarmente concentrato sulla cura del devo team come vero e proprio vivaio di talenti per la formazione maggiore.

Boris Zimine, in precedenza alla Intermarché, ha sviluppato il programma e cura il devo team elvetico (foto DirectVelo)
Boris Zimine, in precedenza alla Intermarché, ha sviluppato il programma e cura il devo team elvetico (foto DirectVelo)
Quando avete pensato di utilizzare il sistema dello scouting database program?

E’ un’idea che ho già da 3 anni. Da quando abbiamo avviato il devo team, non eravamo però ancora pronti per lanciarlo perché ciò richiede molto tempo di analisi. Quest’anno abbiamo completato tutto il lavoro e lanciato il programma.

Qual è il suo funzionamento e come siete arrivati alla scelta dei 3 ragazzi promossi in squadra?

Noi abbiamo lanciato l’idea a dicembre 2023 e oltre 800 giovani ciclisti hanno risposto. Abbiamo fatto una prima selezione, basandoci sui dati inviati, sui loro valori espressi in quanto a potenza. L’allenatore fa una prima scrematura, poi a maggio abbiamo quindi invitato i 10 selezionati a una settimana di lavoro con il nostro staff e sono intervenuto io facendo interviste individuali ai corridori per conoscere un po’ il loro carattere e vedere se hanno la mentalità, le caratteristiche ideali per i nostri scopi. Non guardiamo solo ai risultati, gli stessi numeri non dicono tutto. Poi bisogna fare una scelta, non sempre è facile ma fa parte del gioco.

Stiansen in maglia nazionale norvegese. Vanta due vittorie in patria
Stiansen in maglia nazionale norvegese. Vanta due vittorie in patria
Alla fine sono stati ingaggiati il norvegese Jesper Stiansen, l’estone Oliver Matik e lo svizzero Diego Casagrande. Che impressione ne avete tratto?

Sono tutti diversi, ma allo stesso tempo abbastanza simili perché mi hanno mostrato quella predisposizione, fisica ma soprattutto mentale e caratteriale, per essere costruiti come corridori di livello. Abbiamo trovato in Stiansen un corridore molto serio, diligente e coinvolto in tutto ciò che fa. Matik mi dà l’impressione di essere una persona più matura mentalmente per la sua età, mentre fisicamente mostra ampi margini di miglioramento. Casagrande invece lo considero davvero un pezzo forte, un corridore che ha iniziato appena 3 anni fa ma che mostra già valori fisiologici piuttosto interessanti. E poi ha un carattere super simpatico e molto concentrato sul collettivo.

Rispetto ai ciclisti che hanno seguito una normale carriera, pagano un prezzo d’inesperienza?

È un po’ complicato rispondere perché li avremo con noi dal prossimo anno. Dovremo verificare sul campo. Tutti comunque hanno avuto esperienze già nel 2024, anche in gare internazionali, Matik e Stiansen addirittura nelle prove titolate. Crediamo che sia nostro compito costruirli come corridori. Come deve essere per un team di sviluppo. L’obiettivo per noi non è essere i migliori, puntare sempre alla vittoria, si tratta di cercare talenti che non abbiano avuto necessariamente l’opportunità di mettersi in mostra e di farli esplodere in casa nostra. Sono scommesse, non possiamo sapere se saranno vincenti.

Matik, a destra, è stato 19° agli europei e 27° ai mondiali. Va bene anche a cronometro
Matik, a destra, è stato 19° agli europei e 27° ai mondiali. Va bene anche a cronometro
Che tipo di attività faranno?

Quella dei compagni, né più né meno. A fine novembre al primo ritiro abbiamo favorito la coesione del gruppo facendo anche altro oltre che andare in bici: sci, mountain bike, camminate. Poi starà a noi preparare per loro come per gli altri programmi adatti alle loro caratteristiche.

Molti criticano programmi come il vostro e quello Zwift paragonandoli a talent show: che cosa rispondete?

Non è così, il nostro è un processo molto attento. Non abbiamo selezionato coloro che avevano i maggiori watt, c’è stato un ragionamento complesso alla base della scelta. Abbiamo puntato su corridori che hanno un margine di miglioramento molto ampio. Guardiamo sicuramente i watt, ma guardiamo soprattutto quante ore di allenamento hanno fatto in passato. Tra un ragazzo che ha lo stesso numero di watt di un altro che ha fatto metà dell’allenamento, noi non prenderemo necessariamente quest’ultimo: contano anche la dedizione, l’impegno, i margini di miglioramento fisici ma anche mentali. E’ già successo che facciamo colloqui individuali con corridori che avevano valori fisiologici forti, ma che psicologicamente non si mostravano pronti, adatti a questo mondo.

Diego Casagrande, svizzero di 20 anni sul quale Zimine è pronto a scommettere (foto DirectVelo)
Diego Casagrande, svizzero di 20 anni sul quale Zimine è pronto a scommettere (foto DirectVelo)
Che cosa serve?

Spirito di adattamento e passione, grande passione e voglia di migliorarsi a 360°. Ci sono tanti che hanno vinto tanto a livello giovanile ma poi tra i professionisti svaniscono perché ovviamente sanno andare in bici ma non hanno il motore adatto. Un corridore è un qualcosa di estremamente complesso, che vive di equilibri delicati. Non è certo solo questione di watt…

Il Tudor Development Team ha corridori di 9 nazioni ma una maggioranza svizzera. Il vostro team sta diventando un riferimento per il ciclismo elvetico?

Sicuramente per noi è importante cercare di aiutare il ciclismo in Svizzera perché non è una nazione in cui ci sono molte strutture, quindi per noi è importante avere anche una base svizzera. Siamo davvero qui anche per dare a questi giovani l’opportunità di progredire bene. In Svizzera ad esempio vanno a scuola fino a più tardi che negli altri Paesi europei e questo è un fattore da considerare. In generale noi comunque cerchiamo di reclutare molti corridori da Paesi dove non ci sono molte strutture. Le uniche 2 eccezioni sono il corridore francese e i due italiani.

Samuele Alari, con Sierra è uno dei due italiani nel team, pronto a spiccare il volo (foto DirectVelo)
Samuele Alari, con Sierra è uno dei due italiani nel team, pronto a spiccare il volo (foto DirectVelo)
Che cosa vi aspettate dalla prossima stagione?

Parto con un gruppo molto nuovo, con 8 nuovi corridori quindi l’importante è che stia già andando bene dal punto di vista dell’amalgama. I primi due anni sono andati bene, in crescendo sia per i ragazzi ma anche per la nostra esperienza, ora però cambia tutto. Fondamentalmente si tratterà di insegnare loro a correre in squadra e poi a far crescere ciascuno al proprio ritmo. Perché oggi spesso si tende a lasciar passare i corridori molto professionisti troppo presto. Il fatto che stiano in squadre 3-4 anni non è negativo. Dobbiamo essere sicuri che quando arrivano ai professionisti, siano pronti. Davvero.

Sierra ha già imparato a vincere grazie alla Tudor U23

28.05.2024
5 min
Salva

Lo spunto per intervistare Juan David Sierra era arrivato settimana scorsa, ancora prima della sua vittoria di domenica 26 maggio al Tour de la Mirabelle (foto di apertura DirectVelo/Alexis Dancerelle). Poi il tempo ci ha fatto un bel regalo e siamo qui a commentare con il giovane, classe 2005, della Tudor Pro Cycling Team U23 il primo successo nella categoria. 

«La prima vittoria – racconta Sierra – ha portato un’emozione molto forte. Nei giorni precedenti avevo perso una volata a causa di un errore di comunicazione. Il morale non era molto alto, anche perché nella seconda tappa ero riuscito a scollinare nei dieci, ma poi ho perso lo sprint. Insomma, quella di ieri (domenica, ndr) è stata una liberazione, era nell’aria. I miei compagni hanno creduto tanto in me e questo mi ha riempito di fiducia e voglia di riscattarmi».

Sierra ha corso molto in Francia in questo inizio di stagione (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)
Sierra ha corso molto in Francia in questo inizio di stagione (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)

Uniti i puntini

Juan David Sierra era partito bene nella sua avventura nel devo team nella professional svizzera. Ci conferma che l’inverno è andato bene ma le prime corse sono quelle che servono per misurare la febbre delle gambe. 

«Se devo essere sincero – continua – non mi aspettavo di essere a questo livello. Vero, durante l’inverno ho fatto tutto alla perfezione, poi io sono uno a cui piace lavorare. Le prime risposte le ho avute alla Ronde de l’Isard, corsa a inizio maggio. Durante le cinque tappe ho avuto sensazioni ottime, arrivando all’ultima con ancora tante energie in corpo. Era una corsa per scalatori, con una sola chance per i velocisti, nella prima tappa. Mi sono comportato bene portando a casa un secondo posto. Per il resto mi sono messo al servizio dei miei compagni».

Dopo l’arrivo dell’ultima tappa del Tour de la Mirabelle l’abbraccio con il massaggiatore (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)
Dopo l’arrivo dell’ultima tappa del Tour de la Mirabelle l’abbraccio con il massaggiatore (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)

Partenza alternativa

Il calendario dell’azzurro ha avuto un inizio differente rispetto a quanto fatto anche da tanti altri compagni di squadra. Nessun appuntamento tra gli under 23, ma subito tra i grandi.

«Da un lato è stato strano – replica Sierra – perché le prime tre gare della stagione le ho fatte con i professionisti. Murcia, poi Almeria e infine Scheldeprijs. La prima corsa under 23 che ho disputato è stata la Parigi-Roubaix, anche quella poco indicativa vista la sua particolarità. Come detto il primo momento di risposta è arrivato proprio alla Ronde de l’Isard. Ad essere sincero le corse under 23 hanno due facce: quando ci sono i devo team e quando non ci sono. Nel primo caso la gara è ordinata, con le squadre che si organizzano per tirare. Nel secondo caso assomigliano più ad una gara di juniores, con tanta confusione. Personalmente mi trovo bene in entrambi i casi, ma preferisco l’ordine».

Sierra ha mantenuto gli allenamenti su pista durante l’inverno e continuerà durante tutta la stagione (foto Instagram)
Sierra ha mantenuto gli allenamenti su pista durante l’inverno e continuerà durante tutta la stagione (foto Instagram)

Tappa ad Hong Kong

Nell’inizio di stagione travagliato di Sierra c’è stato anche spazio per un appuntamento di Coppa del mondo su pista. Con la tappa di Hong Kong, dove il campione europeo in carica con il quartetto under 23. 

«Ho iniziato più tardi – spiega – anche perché con l’appuntamento di Hong Kong ho messo da parte la strada per un paio di settimane, concentrandomi sulla pista. Durante l’inverno ho continuato a tenere attivi gli allenamenti a Montichiari, per una volta ogni due settimane. Comunque la pista fa bene ad un velocista con me. Hong Kong è stato un appuntamento importante, si è trattata della prima gara su pista con gli elite. Ho corso solo nella madison, però è stato un bel banco di prova. Durante l’anno non ho intenzione di abbandonare la pista, anche perché il 9 luglio ci sono gli europei under 23 e voglio farmi trovare pronto». 

Una preparazione diversa

Nel raccontare questi primi mesi con la Tudor Pro Cycling Team U23 il velocista di origine colombiana ha parlato di una condizione ottima. Ma come ha raggiunto un livello del genere?

«Rispetto al 2023 – racconta ancora – sono aumentate le ore in bici. Da junior a novembre e dicembre facevo solo palestra, mentre quest’anno è capitato di fare palestra la mattina e il pomeriggio un allenamento di due o tre ore. Non ho mai fatto tanta intensità, ho lavorato spesso in Z2 con qualche sprint, ma poca roba. Devo ammettere che il lavoro ha ripagato, non era scontato migliorare così tanto. Invece fin da subito ho notato un miglioramento di potenza tra l’uno e i dieci secondi. Ora aspetto di capire se parteciperò al Giro Next Gen e poi andrò ai campionati italiani su strada e a crono. La prima parte di stagione si concluderà con gli europei U23 su pista».

Niente europei, ma Sierra vuole tutto: pista e strada

23.01.2024
5 min
Salva

Per David Sierra sono giorni importanti. Villa lo voleva nel gruppo azzurro agli europei di Apeldoorn e aveva anche detto che gli avrebbe affidato la corsa a punti, ma la sua nuova squadra, la Tudor Under 23 ha preferito portarlo nel primo ritiro prestagionale, per la necessaria presa di contatto con tutto quello che sarà il suo gruppo, fra tecnici e corridori. I rimpianti sono svaniti ben presto: troppo importante porre le basi per quello che sarà il suo primo anno nella categoria con sguardo molto più in là.

Di Sierra qualche giorno fa ha parlato anche Salvoldi, sottolineando il profondo cambio non solo fisico, ma soprattutto prestativo che il corridore lombardo con radici colombiane ha mostrato nel corso dell’anno, risultando tutt’altro atleta rispetto a quello che aveva conosciuto al suo primo anno da junior.

«E’ stato un cambiamento soprattutto mentale – riconosce Sierra – devo ammettere che nel primo anno non ero concentrato sul ciclismo al 100 per cento, i miei allenamenti erano ancora a livello di un allievo. A un certo punto della stagione però ho cominciato a ragionare, a capire che se volevo davvero ottenere qualcosa, dovevo fare tutto per bene. Così d’inverno mi sono messo sotto con l’allenamento, ho curato l’alimentazione senza sgarrare, ho implementato il potenziometro e i risultati si sono subito visti».

Il gruppo U23 della Tudor, composto da 13 elementi. Fra loro anche l’altro italiano Alari (foto Tudor Pro Cycling)
Il gruppo U23 della Tudor, composto da 13 elementi. Fra loro anche l’italiano Alari (foto Tudor Pro Cycling)
Solo su pista?

No, anzi direi che su strada i progressi sono stati evidenti sin da subito. Sono andato alla Gand-Wevelgem in una giornata dura, eppure per pochissimo ho mancato di arrivare con il primissimo gruppo, di giocarmi qualcosa d’importante. Poi la pista è venuta di conseguenza, ho iniziato a competere con Fiorin nella madison e i risultati sono arrivati.

La scelta del team dà da pensare: che cosa dicono del tuo doppio impegno con la pista?

C’è massima apertura, questo lo posso assicurare, perché era una delle condizioni che avevo posto per accettare la loro proposta. Tanto è vero che mi permettono di partecipare a tutte le sessioni di Montichiari e sono stato anche al ritiro invernale della nazionale a Noto. E mi lasceranno libero anche per le prove successive.

Sierra con la nuova divisa Tudor. Il lombardo ha avuto assicurazioni per effettuare la doppia attività
Sierra con la nuova divisa Tudor. Il lombardo ha avuto assicurazioni per effettuare la doppia attività
Quali saranno?

Io punto agli europei under 23 e poi fare qualche gara di classe 1 e 2, anche per guadagnare punti per poter essere selezionato per la Nations Cup. Per ora non ho avuto notizie da Villa sulla possibilità di partecipare a qualche tappa, ma è anche giusto così considerando che è ancora in ballo la qualificazione olimpica e quindi cerca l’esperienza. Intanto però conto di avere qualche chance per gareggiare e acquisire punti e sempre maggiore conoscenza.

Hai visto Fiorin in gara ad Apeldoorn?

Non me lo sono perso, ho anche tifato per lui e mi è dispiaciuto che ha perso l’attimo giusto per rimanere nel vivo della lotta dello scratch. Sono stato contento che abbia avuto questa possibilità, mi sarebbe piaciuto condividerla.

Con Fiorin, Giaimi e Favero, Sierra ha vinto l’oro europeo con il record mondiale
Con Fiorin, Giaimi e Favero, Sierra ha vinto l’oro europeo con il record mondiale
Tra l’altro con Matteo formate ormai una coppia affiatata nella madison, un’accoppiata quasi inscindibile e Villa ripete spesso che l’affiatamento è la prima condizione perché in quella gara così difficile da interpretare si possano ottenere risultati…

Diciamo che siamo a buon punto. Ci siamo integrati bene subito. Io dico sempre che la nostra forza è che siamo due persone completamente diverse, non solo in pista. Lui è un tipo molto tranquillo, io sono più estroverso. In pista lui è molto più veloce di me, ma io sono un attaccante per natura, quindi ci compendiamo in maniera perfetta.

Veniamo al nuovo team. Come ti trovi?

Davvero benissimo. Abbiamo già fatto un primo ritiro di 5 giorni in Spagna, c’era anche Cancellara con cui abbiamo parlato, ci ha spiegato il progetto che è alla base di tutto il team. Il nostro primo giorno coincideva con l’ultimo della squadra maggiore, ma quel che ho notato è che non cambia nulla fra l’uno e l’altro, la professionalità e l’attenzione verso di noi è la stessa. Ora non vedo l’ora d’iniziare a correre.

Nel 2023 Sierra ha sfiorato il podio ai mondiali su strada ed è stato 6° agli europei (foto Tudor Pro Cycling)
Nel 2023 Sierra ha sfiorato il podio ai mondiali su strada ed è stato 6° agli europei (foto Tudor Pro Cycling)
Sai già che calendario farai?

Non è stato ancora deciso, ma sappiamo già che alcuni di noi avranno occasioni per gareggiare con il team più grande, quindi con i professionisti e la cosa mi solletica alquanto. E’ un cambiamento profondo che sto affrontando, so anche che ci saranno lunghi periodi lontano da casa: in certi momenti dell’anno, fra una gara e l’altra rimarremo nel quartier generale vicino Lucerna. Poi ci saranno i periodi in altura.

Ti aspetti qualcosa in particolare dalla tua stagione su strada?

Sarei pretenzioso a sottolineare una gara piuttosto che un’altra. Io sono pronto innanzitutto ad aiutare e a mettermi a disposizione della squadra, ad imparare, ma non nascondo che spero in qualche occasione di mettere il naso avanti e, perché no, di vincere. Voglio prendere le misure per il prossimo anno, quando spero di fare il salto di qualità. Intanto però c’è anche la pista e lì le soddisfazioni non le posticipo a un lontano futuro, voglio ottenerle subito…

Halilaj: il ds che ha scoperto (anche) il talento di Alari

04.01.2024
5 min
Salva

Dietro l’approdo di Samuele Alari al Tudor Pro Cycling Team U23 c’è la mano del suo diesse alla S.C Romanese: Redi Halilaj. Albanese di origine ma trapiantato in Italia, in provincia di Bergamo, dal 1999. Come corridore è arrivato a gareggiare per tre stagioni nei professionisti, con la Amore & Vita-Selle SMP. 

Redi Halilaj da corridore ha conquistato diverse volte il titolo nazionale albanese
Redi Halilaj da corridore ha conquistato diverse volte il titolo nazionale albanese

Dalla bici all’ammiraglia

Una volta smesso con le gare, la passione ormai salda nel ciclismo ha fatto salire Redi in ammiraglia. «Appena finita la carriera, nel 2017 – racconta Halilaj – sono andato a dare una mano alla Ciclistica Trevigliese. Dopo un paio di stagioni mi hanno dato in mano la squadra, nel biennio tra il 2019 e il 2020 sono passati corridori come Piganzoli, Romele e Milesi».

«Nel 2021 – continua – ho preso un anno sabbatico, sono rimasto in famiglia. Poi è saltato fuori il progetto della Romanese, grazie allo sponsor principale che è gestito da Mauro Carminati. Si era deciso di inserire, tra le squadre già esistenti, la formazione juniores. Così nel 2022 è iniziato il progetto».

Due anni fa è nato il progetto juniores della Romanese, il primo corridore arrivato è stato Alari
Due anni fa è nato il progetto juniores della Romanese, il primo corridore arrivato è stato Alari
2022, primo anno di Alari tra gli juniores…

Samuele è stato il primo corridore che abbiamo preso. Avevo, ed ho tutt’ora, un buon rapporto con i diesse del Sarnico. Ho visto un video di Alari sui social e ho capito che avesse del potenziale, ricordo di aver pensato: «Ha una bella pedalata». Così una volta partito il progetto juniores con la Romanese, ho contattato i diesse del Sarnico e lo stesso Alari. 

Com’è stato scendere dalla bici e salire subito in macchina?

Difficile. Quello che so l’ho imparato anno dopo anno. Alla fine questa è la mia quinta stagione da diesse. Sono partito da zero e non è stato facile, perché ci sono tanti meccanismi da curare e coordinare. Ogni ragazzo ha un carattere diverso e devi trovare il modo di comunicare con tutti. La mia fortuna è che sono innamorato del ciclismo, mi diverto ad aiutare i ragazzi e realizzarli. 

Conoscono la tua storia di corridore? Sono curiosi?

Ho capito una cosa: più passano gli anni e più i ragazzi sono curiosi. Io non voglio mischiare quello fatto in bici con quello che faccio in ammiraglia. Dico loro di restare tranquilli e di non bruciare le tappe. Da junior non conta vincere, ma conta crescere e imparare. 

«Quello che mi ha sorpreso di Alari è la sua capacità di lavorare fuori soglia, cosa fondamentale per un cronoman»
«Quello che mi ha sorpreso di Alari è la sua capacità di lavorare fuori soglia, cosa fondamentale per un cronoman»
Che tipo di diesse sei?

Non sono uno facile. Per me l’allenamento è sacro. Pretendo tanta serietà e dedizione. Il ciclismo è cambiato, ci sono sempre meno squadre e sempre meno occasioni. Capita di dover dire dei no ad alcuni ragazzi. Quindi quello che dico ai miei corridori è questo: «Io ho scelto voi, e voi me. Pretendo impegno perché dovete valorizzare questa occasione, non tutti hanno avuto questa fortuna e bisogna impegnarsi al massimo». Sposo la filosofia che mi hanno insegnato i miei diesse: «Chi ha tempo non aspetti tempo». 

In cinque anni il ciclismo a livello juniores è completamente cambiato…

Dall’epoca di Milesi, da dopo il Covid, si c’è stata un’accelerata pazzesca. Tutto è finalizzato alla crescita ed i team vengono a prendere i ragazzi fin da giovani. 

Come è successo con la Tudor e Alari. Ma lui che ragazzo è?

E’ un ragazzo con cui si lavora bene. La famiglia è molto tranquilla ed è sempre rimasta distante dal ciclismo, lasciandoci lavorare in pace. Senti una fiducia che ti rende la vita semplice. Senza l’assillo della famiglia il ragazzo si emancipa ed il legame con il diesse diventa estremamente profondo. 

Sotto gli occhi di Halilaj sono passati tanti talenti: qui Milesi e Piganzoli ai tempi della Ciclistica Trevigliese
Sotto gli occhi di Halilaj sono passati tanti talenti: qui Milesi e Piganzoli ai tempi della Ciclistica Trevigliese
Samuele ha detto che avete un legame molto radicato. 

Abbiamo una grande sinergia e una bella intesa. A me come corridore piace tanto. Ha molti margini di miglioramento e la scelta dell’estero lo aiuterà. Il calendario sarà impegnativo, ma sono le esperienze giuste per crescere ancora. Il ciclismo è diventato ancora più globale. 

Che idea hai della sua crescita?

Ha tanto fisico e un enorme potenziale. Quando si hanno le giuste qualità non bisogna accelerare i tempi, ma fare le cose fatte bene. Se un corridore ha motore la cosa importante è arrivare ad utilizzarlo al 100 per cento. Molte volte i ragazzi si perdono proprio perché noi diesse non siamo in grado di inquadrarli nel modo giusto. 

Pochi giorni fa Halilaj ha seguito Alari in allenamento: che emozione vederlo con la nuova divisa
Pochi giorni fa Halilaj ha seguito Alari in allenamento: che emozione vederlo con la nuova divisa
La Tudor è stata la giusta scelta da questo punto di vista?

Sì, fin da dopo l’infortunio Samuele si è allenato con loro. La squadra ha gestito la sua ripresa ed è stato giusto così. Ci sentiamo ancora spesso, l’altro giorno l’ho visto in allenamento e l’8 gennaio partirà per il training camp.

Che effetto ti ha fatto vederlo con una divisa diversa?

E’ stata una bella sensazione. Correrà in un vivaio di un grande team e sarà guidato da gente di un certo livello. Spero possa ripercorrere la strada degli altri ragazzi passati da me (Piganzoli, Milesi e Romele, ndr).