LIENZ (Austria) – Nemmeno il tempo di godersi la fine del Tour of the Alps, nel quale si è conclusa la seconda corsa a tappe di questa stagione, che Lennard Kamna ha già attaccato nuovamente il numero alla schiena e ora si trova al Tour de Romandie. Il tedesco nato a Wedel, una cittadina a pochi minuti da Amburgo e affacciata sul fiume Elba, è tornato in gruppo dopo un anno.
La scorsa stagione, quando ancora vestiva la maglia della Red Bull-Bora-hansgrohe, fu coinvolto in un grave incidente stradale mentre si trovava a Tenerife. Kamna stava lavorando in vista del Giro d’Italia e proprio il Tour of the Alps sarebbe stata la tappa conclusiva di quel cammino.
Il rientro alle corse per Kamna è avvenuto alla Volta a CatalunyaIl rientro alle corse per Kamna è avvenuto alla Volta a Catalunya
Primi feedback
Ritrovare Kamna al foglio firma ci ha fatto un grande piacere, come rivedere qualcuno di caro dopo tanti mesi. La corsa a tappe dell’Euregio non era uno step in vista di grandi obiettivi futuri, ma ha rappresentato un altro passo in una rincorsa per ritrovare se stesso.
«Sto bene, in realtà – ci ha raccontato nella mixed zone di Lienz alle spalle del foglio firma – finalmente direi. E’ bello essere tornati in gara, devo dire che ho fatto tanta fatica in questi cinque giorni. Non è semplice tornare in gruppo e avere la giusta condizione, soprattutto dopo uno stop così lungo, però sento di migliorare volta per volta. A dire il vero non vedo l’ora che arrivino le prossime gare. La Lidl-Trek mi ha contattato nel mese di novembre».
Il TotA ha rappresentato un altro mattoncino nella ricostruzione della forma e della condizioneIl TotA ha rappresentato un altro mattoncino nella ricostruzione della forma e della condizione
Lenta ripresa
Lennard Kamna compirà 29 anni il prossimo 9 settembre e in carriera è stato in grado di vincere tre tappe in tutti i Grandi Giri. Una prova di forza non da poco, ma quando tutto si è fermato un anno fa la paura di non ripartire si è impossessata di lui. Questo pensiero gli ha occupato la mente durante tutto l’inverno e anche nei mesi precedenti. Alla fine è arrivata la Lidl-Trek, una squadra nuova pronta a fargli riallacciare il filo con il ciclismo ad alti livelli.
«Non è facile tornare indietro con il pensiero e la memoria – ha spiegato Kamna – si è trattato di un lungo periodo in cui sono stato lontano dalla bici. Non potevo allenarmi correttamente e mi ci è voluto parecchio tempo per tornare ad un livello accettabile e riprendere i lavori che prima erano la base della mia preparazione. Ora sono tornato a poter correre nel WorldTour e ne sono felice, ma non sono di certo al punto in cui ero prima dell’incidente. Penso ci vorrà ancora un po’ di tempo per questo. Essere in corsa però per me è un ottimo segnale, devo solo continuare ad andare avanti».
L’affetto dei tifosi è rimasto invariato, d’altronde Kamna ha conquistato la simpatia di tutti con le sue vittorieL’affetto dei tifosi è rimasto invariato, d’altronde Kamna ha conquistato la simpatia di tutti con le sue vittorie
Vincere ancora
Quando entri nel ristretto club di corridori in grado di vincere una tappa al Giro, al Tour e alla Vuelta vuol dire che i numeri sono quelli di un grande atleta. Ma per vincere in certe gare non bastano i valori che si leggono sul ciclocomputer, il primo alleato è la testa e Kamna dimostra di non aver perso lo spirito che lo ha sempre contraddistinto.
«E’ stato parecchio difficile riprendere – ha detto ancora – perché ero al punto in cui facevo fatica a pedalare due ore a 180 watt. La squadra mi ha dato tutto il tempo necessario e mi ha supportato alla grande e di questo sono davvero felice. L’obiettivo in questa stagione è tornare a vincere una gara, credo che ogni ciclista professionista debba avere una mentalità vincente. Chiaramente prima di farlo devo tornare al mio livello ma non nascondo che ci penso molto».
Il Tour de Romandie ha significato il rientro alle corse per Giulio Ciccone. Un inizio di stagione tardivo causato da un problema al soprasella che lo ha escluso dal Giro d’Italia, suo primo obiettivo del 2024. Finite le fatiche in terra svizzera è volato in Spagna, a Sierra Nevada, per fare un lungo blocco di lavoro in vista dei prossimi impegni. Lo scalatore abruzzese sarà prima al via del Giro del Delfinato e poi al Tour de France.
«Sto bene ora – racconta Ciccone – sono stato in ritiro con la squadra e abbiamo fatto tre settimane intense di allenamento. Iniziare la stagione al Tour de Romandie è stato strano, non avevo mai cominciato così tardi a correre. Ma se ci pensate il calendario è ricco di impegni e da qui a settembre ci sono tante gare alle quali guardare con ottimismo».
Al Tour de Romandie è arrivato l’esordio stagionale per lo scalatore abruzzeseAl Tour de Romandie è arrivato l’esordio stagionale per lo scalatore abruzzese
Due ritmi differenti
In Svizzera erano presenti tanti corridori che sarebbero poi stati protagonisti al Giro d’Italia appena concluso come Arensman, Caruso e Alaphilippe. Oppure altri che andranno verso il Tour de France: Bernal, Vlasov e Simon Yates. Anche Ciccone punta alla Grande Boucle, ma per lui il Romandia era il primo passo, mentre per gli altri era l’ennesimo verso questo importante appuntamento.
«Il Romandia – continua Ciccone – serviva per mettere insieme ritmo gara e condizione. Ovvio, ho fatto tanta fatica, ma non correvo da mesi quindi era prevedibile. In più il livello degli altri corridori era alto. Io ho preso l’impegno come un prosieguo degli allenamenti fatti in precedenza. Finito il Romandia sono andato alla Eschborn-Frankfurt dove la condizione era già più alta».
L’infortunio al soprasella lo ha fermato per tutto il mese di febbraio (foto Instagram)L’infortunio al soprasella lo ha fermato per tutto il mese di febbraio (foto Instagram)
Ricominciare da capo
Lo stop subito da Giulio, a inizio febbraio, ha costretto il corridore della Lidl-Trek a ripartire da zero e ricostruire tutto il lavoro dell’inverno. Una cosa che mentalmente può abbattere anche gli atleti più motivati.
«Sono arrivato al Romandia con meno di due mesi di allenamento – riprende – fermarsi durante l’inverno ha azzerato tutto il lavoro fatto in precedenza. L’uno di marzo sono partito da zero e dopo qualche settimana sono tornato in gruppo. Si deve ripartire con le gambe, ma anche di testa. Non bisogna farsi abbattere dalla situazione anche se rimettere insieme i pezzi è difficile. Arrivare ad una condizione decente mi è costato fatica e impegno. Probabilmente questo è stato uno dei periodi più difficili, ma sono contento di come l’ho superato».
L’anno scorso al Tour Ciccone conquistò la maglia a pois, proverà a difenderla?L’anno scorso al Tour Ciccone conquistò la maglia a pois, proverà a difenderla?
Nuovi obiettivi
Con appena sette giorni di corsa messi insieme in questo 2024 Ciccone si avvicina alla seconda parte di stagione carico di aspettative, grazie anche al supporto della squadra.
«Il team – conclude – mi ha subito cambiato il calendario e i piani. L’avvicinamento al Tour è dei migliori e forse farò un calendario più intenso del previsto. Farò la Grande Boucle e a settembre la Vuelta, mentre con il programma iniziale avevo un solo una corsa a tappe di tre settimane: il Giro d’Italia. Ovvio che gli obiettivi cambiano, al Tour Thao sarà il capitano mentre io mi metterò nel ruolo del “jolly”. Porterò fantasia, ma sarò comunque a disposizione di Geoghegan Hart. Probabilmente avrò più spazio alla Vuelta, ma vedremo come mi sentirò durante la stagione. Dispiace aver perso il Giro, ma ora mi concentro sul Tour de France, che parte comunque dall’Italia.
«Il Delfinato – che partirà domenica 2 giugno – sarà un po’ una sorpresa visto che è la prima gara in cui arriverò con una buona condizione e una preparazione mirata. Provo e testo con tanta curiosità, vedremo dove mi porterà».
Sarebbe perfettamente in linea con la preparazione per il Giro d’Italia. Invece Richard Carapaz, che la maglia rosa la vinse nel 2019 e la perse il penultimo giorno nel 2022, se ne va dal Romandia e mette nel mirino il Tour de France. Lascia la Svizzera con una vittoria di tappa che vuol dire tanto e si somma ai due successi di inizio stagione nel campionato nazionale e poi in una frazione del Tour Colombia.
L’effetto benefico
Sull’arrivo di Leysin, il campione olimpico di Tokyo è rimasto freddo fino ai 2,2 chilometri dall’arrivo, lasciando sfogare persino Egan Bernal. E poi, quando è partito, nessuno dietro è riuscito a contrastarlo. Ci ha provato il sorprendente Lipowitz, che lo ha quasi preso, ma non è riuscito a passarlo.
«Sapevo che la tappa era importante – ha detto – e che avevo molte opzioni. Alla fine ho colto l’occasione e ci ho provato fino al traguardo. Conoscevo le strade e aspettavo il momento giusto per partire. Sono molto felice dopo questa prima parte di stagione in Europa, penso che la squadra abbia dimostrato di che pasta sia fatta. Ma sta per arrivare la parte più bella della stagione».
Subito dopo il successo, forse il più contento di tutti è parso il direttore sportivo Charly Wegelius, che lo ha seguito dall’ammiraglia.
«Richard – dice – ha avuto un inizio di stagione davvero difficile, con alcune battute d’arresto. Ma si è allenato bene, sappiamo che è bravo, ora deve continuare così. Penso che abbia fatto un ottimo lavoro, senza arrendersi. Ha aspettato fino al momento giusto e poi è andato. Avere intorno un corridore del suo livello è motivante per l’intero gruppo».
La vittoria di Carapaz a Leysin rilancia la sua stagione, non proprio fortunataLa vittoria di Carapaz a Leysin rilancia la sua stagione, non proprio fortunata
Il Tour verso Parigi 2024
La scelta del Tour per una volta non è figlia del prestigio della corsa francese, ma di un programma che dovrebbe portare Carapaz di nuovo in gran forma per la sfida di Parigi. L’oro olimpico che simbolicamente porta appeso al collo merita di essere difeso. Anche nel 2021 passò per il Tour e lo chiuse al terzo posto, dietro Pogacar e Vingegaard e poi in Giappone staccò tutti quanti, resistendo anche al fuso orario e a complesse vicende federali che dopo la vittoria lo spinsero a un attacco inatteso.
«Alla fine – dice quando lo incontriamo – penso che sto facendo una buona stagione. Non ho avuto sempre fortuna durante le gare di quest’anno, ma penso di essere molto felice e questo lo trovo la cosa più importante. Questi tre anni da campione olimpico sono stati un periodo molto bello. Ci sono stati molti cambiamenti e penso in meglio. Mi sono divertito molto a essere conosciuto grazie a questo titolo e per lo stesso motivo del 2021 quest’anno è molto importante per me e per il mio Paese. Sto bene, penso che voglio affrontare le Olimpiadi nel migliore dei modi».
Si decide la Liegi: sulla Redoute si cerca di salvare il salvabilePoco prima, Carapaz è stato l’unico che abbia provato a rispondere all’attacco di PogacarSi decide la Liegi: sulla Redoute si cerca di salvare il salvabilePoco prima, Carapaz è stato l’unico che abbia provato a rispondere all’attacco di Pogacar
Le beghe politiche
La sua partecipazione al Tour dello scorso anno è durata circa 160 chilometri. Poi la stessa caduta che ha messo fuori uso anche Enric Mas ha tolto di mezzo anche lui. A 22 chilometri dall’arrivo della tappa di Bilbao, lo spagnolo si è ritirato, mentre Richard è arrivato fino al traguardo e poi ha deciso di non ripartire. Le radiografie avevano infatti evidenziato una microfrattura della rotula che sconsigliava di insistere.
«Torno in Francia anche per questo – sorride – e penso che ho ancora le carte in regola per dire la mia. Le Olimpiadi si terranno la settimana successiva e ripeteremo lo schema di Tokyo, che per me ha funzionato benissimo. Ho una possibilità e voglio giocarmela. Rispetto ai problemi dell’ultima volta molte cose sono cambiate anche in Ecuador. Nella federazione sono arrivate persone nuove e credo che avremo tutto il supporto di cui abbiamo bisogno per questa avventura».
A Leysin, per Carapaz 2,2 chilometri di attacco in apnea: alla fine era davvero provatoA Leysin, per Carapaz 2,2 chilometri di attacco in apnea: alla fine era davvero provato
Lo studio dei percorsi
Tornando brevemente alla tappa, Carapaz ha fatto capire quanto sia ormai importante conoscere bene i percorsi perché l’attacco sia efficace. Per cui, dopo aver approfittato del lavoro della Ineos per Rodriguez, Richard si è mosso proprio al momento giusto.
«Conoscevo la salita – dice – sapevo che nel finale era più veloce e avrei dovuto anticipare. Conoscere il finale è spesso decisivo. Quando a febbraio ho vinto la tappa regina del Tour Colombia, sapevo di avere una sola opportunità e l’ho sfruttata al meglio possibile. Conoscevo la salita, mi ero allenato da quelle parti. Avevamo studiato il profilo, l’altitudine, il fondo stradale. E alla fine ero riuscito a vincere. Qui in Svizzera è stata la stessa cosa. Ma adesso è tempo di tornare a casa e di rimboccarsi le maniche. Il Tour sembra vicino, ma non manca poi così tanto…».
«Come sto? Bene, ma un po’ incavolato. Parecchio incavolato. Due secondi posti in due giorni…». Andrea Vendrame sta per raggiungere il suo hotel dopo la tappa di Marecottes che lo ha visto sfiorare il successo, andato invece al fiammingo della Lidl-Trek, Thibau Nys.
Vendrame ha avuto sin qui una stagione altalenante. Molto buona a tratti, molto meno in altri, come la caduta a La Roue Tourangelle dove ha riportato un trauma cranico. Ma adesso, sulle strade del Tour de Romandie, il corridore della Decathlon-AG2R La Mondialesembra essere sulla giusta via. Due giorni fa era stato secondo dietro al compagno Godon e ieri appunto dietro a Nys. Nel primo giorno cercavano punti e abbuoni, nel secondo la vittoria.
L’arrivo di ieri a Marecottes, Vendrame è secondo. La delusione è palpabileL’arrivo di ieri a Marecottes, Vendrame è secondo. La delusione è palpabile
Andrea partiamo dallo sprint di oggi (ieri per chi legge)…
Non ho sbagliato nulla: né durante lo sprint, né durante la tappa. Siamo stati davanti a coprire la maglia di leader di Godon e poi sono andato in fuga. Il finale è andato esattamente come immaginavo, anche perché me lo ero visto ed ero ben guidato dall’ammiraglia.
E infatti anche per questo ci sono entrato in testa, non volevo restare chiuso in nessun modo. Ho affrontato lo sprint nel miglior modo possibile. E’ arrivato ancora un secondo posto, ma ho dimostrato che la condizione c’è. Sono qui per rifinire il lavoro in vista del Giro d’Italia.
Guardando ai risultati hai fatto una buona primavera: secondo al Laigueglia, due top 10 alla Tirreno e appunto questi due podi…
In realtà ho avuto dei bei problemi, specie dopo la caduta alla Roue Tourangelle: ho riportato un trauma cranico e per protocollo non potevo salire in bici per una settimana. La squadra mi ha voluto alla Freccia del Brabante, ma non sapevo come sarebbe andata dopo una settimana di stop. Invece ho svolto un bel lavoro per Godon e Cosnefroy piazzandoli bene per il finale, tanto che siamo riusciti a portare a casa la corsa (con Cosnefroy, ndr). In squadra quest’anno c’è un bel clima, collaboriamo bene.
Il giorno prima invece il veneto era di tutt’altro umore. Secondo sì, ma dietro al compagno Godon e in un arrivo non del tutto per luiIl giorno prima invece il veneto era di tutt’altro umore. Secondo sì, ma dietro al compagno Godon e in un arrivo non del tutto per lui
Questo inverno hai lavorato più sulle lacune o hai insistito sui punti forti?
Diciamo che a casa ho svolto il mio bel lavoro. Proprio due sere fa ne parlavo col mio preparatore e dicevamo che con i numeri ci siamo. Andiamo benone… E infatti per questo mi girano le scatole di non essere riuscito a cogliere il risultato. Sono stato io a chiedere di andare in fuga, anche per ultimare il lavoro in vista del Giro. La squadra mi ha dato carta bianca e mi sono gettato all’attacco. Ripeto, peccato per il secondo posto, ma la condizione c’è. E non ho fatto l’altura.
Come mai?
Perché tra lo stop per il trauma cranico e la Freccia del Brabante, non ci sarebbe stato troppo tempo. Avrei dovuto fare sette giorni, poi scendere per due e andare in Belgio, poi ancora risalire e venire direttamente al Romandia. Quindi due giorni a casa e via al Giro. Troppo stress a quel punto. Avevo pensato di fare la tenda (la tenda ipossica, ndr), visto che ora si può. Ma la mia compagna scherzando mi ha detto che con il rumore del motorino non ci avrebbe dormito: o io o la macchinetta della tenda! Insomma alla fine non ho fatto né l’altura, né la tenda! Ma sono fiducioso perché il volume di ore è stato buono.
Prima hai detto che in squadra c’è un bel clima: perché, cosa è cambiato?
Magari prima c’erano elementi con più individualismo, adesso invece ci aiutiamo di più. Io credo anche che dipenda anche dal fatto che i materiali funzionino bene. Adesso siamo competitivi e oggi è importante avere materiali validi. Le maglie sono nuove, le bici sono nuove. Tutto questo aiuta a distendere il clima, a creare armonia. Siamo amici.
L’obietto di Vendrame per questo Romandia ora è quello di difendere la maglia della classifica a puntiL’obietto di Vendrame per questo Romandia ora è quello di difendere la maglia della classifica a punti
Guardiamo al Giro: ci sono molte tappe mosse, perfette per Vendrame. Le hai studiate?
Non molto, a dire il vero. E infatti anche i direttori iniziano a mettermi pressione per fargli sapere cosa voglio fare, che intenzioni ho. Ma al momento non ho cerchiato nulla. Di base però non sono uno a cui piace fare programmi e proclami a lungo termine. Intanto finiamo bene questo Romandia, poi da lunedì mi concentrerò bene sul Giro.
Finire bene il Romandia significa pensare anche alla generale o è troppo visto che sei secondo?
Domani (oggi, ndr) c’è la crono di 15 chilometri e non è la mia specialità: mi penalizza. Sì, a casa ci lavoro. E’ ormai un esercizio indispensabile e il percorso è anche vallonato, ma è troppo. Magari la prendo come un giorno di “riposo”. Poi dopodomani c’è un arrivo in salita simile a quello di oggi (ieri, ndr), ma immagino se lo vorranno contendere gli uomini di classifica. E domenica il classico arrivo in volata allo sprint a Ginevra. Visto che sono leader della classifica a punti cercherò di portare a casa questa maglia. E intanto continuo a lavorare per il Giro.
A proposito di Giro, O’Connor sarà il vostro leader?
O’Connor sarà il nostro leader e in seconda battuta ci sarà Aurelien Paret-Peintre. Credo che per il Giro abbiamo proprio un bel team. Forte, equilibrato e in generale una squadra ben organizzata.
Con una volata lunga, potente e intelligente Fernando Gaviria si è aggiudicato l’ultima tappa del Giro di Romandia. La corsa svizzera arrivava sulle sponde del Lago di Ginevra, dove il gigantesco zampillo schizzava nell’aria centinaia di litri di acqua al minuto. Una potenza pari a quella del colombiano che in questa stagione ha firmato così il suo secondo successo.
«E’ stata una giornata difficile – ha detto Gaviria – mi sono staccato sulle salite (molte nella parte centrale, ndr) ma la squadra mi è stata vicino. Nel finale però stavo bene. All’ultimo chilometro ero ben piazzato e sono partito lungo. Questo successo è molto importante per me in vista del Giro perché mi sono allenato tanto e bene».
Gaviria è partito lungo prima della curva finale, ha preso il tempo a tutti e ha vinto a Ginevra. Da notare in turchese Garofoli (5°)Jorgenson (classe 1999) scatta e Yates lo bracca. A fine Romandia è stata sua la classifica di miglior giovaneJosef Cerny ha vinto il prologo ed è stato leader per un giorno. Sarà una super spalla per Remco al GiroIl giorno dopo Ethan Vernon conquistando la tappa di Vallée de Joux ha sfilato il primato al compagno della Soudal-Quick StepEthan Hayter – Ineos Grenadiers – ha invece vinto la terza frazione a La Chaux-de-FondsGaviria è partito lungo prima della curva finale, ha preso il tempo a tutti e ha vinto a Ginevra. Da notare in turchese Garofoli (5°)Jorgenson (classe 1999) scatta e Yates lo bracca. A fine Romandia è stata sua la classifica di miglior giovaneJosef Cerny ha vinto il prologo ed è stato leader per un giorno. Sarà una super spalla per Remco al GiroIl giorno dopo Ethan Vernon conquistando la tappa di Vallée de Joux ha sfilato il primato al compagno della Soudal-Quick StepEthan Hayter – Ineos Grenadiers – ha invece vinto la terza frazione a La Chaux-de-Fonds
Ma questa bella corsa nel nord ovest della Svizzera ci ha detto molto di più. Sono emersi verdetti interessanti sui quali è bene fare delle considerazioni, a partire dal vincitore della corsa, Adam Yates, e della sua squadra.
Prima però, tanto per restare in casa Movistar, un appunto di merito va a Matteo Jorgenson. Lo spilungone californiano è arrivato secondo nella generale. Continua ad essere costante nel rendimento e se oggi Gaviria ha potuto vincere, una grossa mano gliel’ha data lui. Nei chilometri finali è stato grazie alle sue trenate se il vantaggio della fuga è letteralmente crollato. Occhio dunque a questo classe 1999.
Adam Yates in azione verso Thyon 2000. L’inglese è scattato ai -4 km dall’arrivo. Per lui tappa e magliaCosì come, tappa e maglia, aveva fatto Juan Ayuso nella crono il giorno prima. Guardate che sguardo determinatoAdam Yates in azione verso Thyon 2000. L’inglese è scattato ai -4 km dall’arrivo. Per lui tappa e magliaCosì come, tappa e maglia, aveva fatto Juan Ayuso nella crono il giorno prima. Guardate che sguardo determinato
In casa UAE
Ma torniamo ad Adam Yates. La prima di queste riflessioni riguarda proprio la UAE Emirates. La squadra di Mauro Gianetti conferma il suo trend di crescita. In questa stagione Adam ha preso parte a tre corse a tappe da capitano, ne ha vinte due e in una è caduto.
Matxin – come sempre – era stato di parola: «Ayuso andrà al Romandia in supporto di Adam Yates. Ma se starà bene come fermarlo?». E ancora: «Juan sa aiutare i compagni». Dopo la prestazione a crono e la maglia di leader finita sulle spalle del giovane spagnolo si è verificato tutto alla lettera. Verso Thyon 2000 Ayuso ha capito di non essere al meglio e ha dato via libera a Yates. Morale: tappa, maglia e corsa ad Adam.
«Sono contento per me e per la squadra – ha detto Yates – era giusto ieri stare vicino ad Ayuso, perché lui è un talento. Ma poi non era al meglio e mi ha detto di andare. Oggi abbiamo controllato la gara con tranquillità. Siamo una squadra forte e compatta. E’ una vittoria di tutti noi».
Questo certifica che la UAE sta lavorando bene e che per questo ciclismo di livello siderale servono dei gregari di extra lusso. Adam Yates aveva questo spazio del Romandia per sé. Lo ha sfruttato al meglio e ora lavorerà in ottica Tour per Pogacar. E lo farà con convinzione nei propri mezzi, con la tranquillità di chi ha vinto e potrà così dare il 101 per cento per lo sloveno.
Capitolo Ayuso: siamo di fronte ad un nuovo fenomeno. Lo sapevamo, sì, ma stare lontano dalle corse per tanti mesi, rientrare mentre gli altri sono a pieno regime e ottenere un successo a crono, un secondo posto in un’altra tappa e dare una grossa mano ai compagni non è da tutti. Specie se hai appena 20 anni.
Al Romandia visto un ottimo Caruso. Bene in salita, ma bene anche a crono (sesto). Ottimi segnali in vista del GiroAl Romandia visto un ottimo Caruso. Bene in salita, ma bene anche a crono (sesto). Ottimi segnali in vista del Giro
Caruso c’è
Damiano Caruso: zitto, zitto “Damianuzzo” esce sempre. Nel tappone di Thyon arriva terzo a 19” da un super Yates. E’ in forma Giro d’Italia. Al Giro di Sicilia era palesemente ingolfato dal tanto lavoro. Che sia ancora una volta lui il salvatore della Patria? E’ probabile.
Damiano non ama troppo sentir parlare di ruolo da capitano, leader, classifica… però è lì. Queste prestazioni danno consapevolezza. La salita di Thyon era una scalata vera. Lunga. Dura. Adesso il siciliano della Bahrain-Victorious sa che ha lavorato bene. E che si è scontrato con gente che faceva del Romandia un obiettivo primario.
«Conoscevo molto bene l’ultima salita” – ha detto Caruso – era lunga quindi era fondamentale gestire al meglio lo sforzo. E io l’ho gestito bene. Nel finale ho avuto la forza di aumentare e agguantare il terzo posto.
«Questo podio nella classifica generale mi dà soddisfazione perché dopo Il Giro di Sicilia volevo dimostrare che la mia condizione è buona. Inoltre mi dà morale e più fiducia in vista del Giro».
Ai 2090 metri di Thyon 2000 Bernal è giunto ottavo a 54″ da Adam YatesAi 2090 metri di Thyon 2000 Bernal è giunto ottavo a 54″ da Adam Yates
Toh, Bernal
Un altro corridore che può uscire col sorriso dalla Svizzera Romanda è Egan Bernal. Il colombiano della Ineos Grenadiers batte un colpo… non in terra, finalmente. Ottavo nell’arrivo in salita, ottavo nelle generale. Per la prima volta dall’inizio dell’anno, ma se vogliamo dal suo ritorno alle corse, Bernal riesce a concludere una gara senza intoppi.
E questo è un bel segnale non solo per Egan, ma per il ciclismo intero che potrebbe ritrovare un altro protagonista sopraffino. In attesa di sfide epocali con Pogacar, Evenepoel, Vingegaard… le poche parole di Egan dicono tutto: «Non si tratta di numeri, ma di carattere. Una top dieci nella generale per me è una piccola grande vittoria. Ora torniamo a casa e continuiamo ad allenarci».
Pogacar fa il bello e il cattivo tempo. Vince a Longwy e va in giallo. Controlla corsa, uomini con una lucidità disarmante. E se lo dicono i compagni...
Il Tour of Guangxi è stato l'ultima corsa di Baroncini con la Lidl-Trek. Lo attende la UAE Emirates. L'obiettivo è ritrovare stimoli e fiducia in se stesso
FinalmenteJuan Ayuso. Il talento spagnolo è pronto ad iniziare il suo 2023 agonistico. Dopo 225 giorni dalla sua ultima gara gara, la tappa finale della Vuelta, il campioncino della UAE Emirates torna in corsa al Tour de Romandie, che parte oggi da Port Valais e si chiude il 30 aprile a Ginevra.
Come mai Ayuso non aveva più gareggiato? Una forte tendinite lo ha tenuto lontano dalle gare, ma anche dalla bici. Sembrava aver iniziato alla grandissima. Addirittura aveva messo alla frusta Tadej Pogacar durante i ritiri invernali. Poi qualcosa si è inceppato. La tendinite stava degenerando.
Joxean Matxin, tecnico della UAE Emirates, ci spiega come sono andate le cose e cosa dobbiamo aspettarci da Juan… corridore storicamente (anche se è un 2002) famelico.
Joxean Matxin è uno dei tecnici della UEA Emirates, molto vicino ad AyusoJoxean Matxin è uno dei tecnici della UEA Emirates, molto vicino ad Ayuso
Joxean, finalmente Ayuso inizia la sua stagione…
Abbiamo passato dei momenti complicati. Juan è un corridore giovane, vorrebbe gareggiare sempre e ha sofferto vedendo i compagni che corrono, che vincono, che si aiutano… Deve essere stato complicato per lui. Però la squadra non ha mai fatto pressioni perché corresse. Piuttosto abbiamo pensato che per lui fosse meglio stare tranquillo, riposare… Il recupero totale della salute era al primo posto. Il momento del suo ritorno doveva essere un momento naturale in seguito alla guarigione.
Come mai questa tendinite è stata così grave? C’è stato qualcosa che ha sbagliato, magari nel fare gli esercizi in palestra durante l’inverno, problemi con le tacchette, per dire…
Queste cose succedono. La sua tendinite non è stata provocata da una caduta, una posizione sbagliata o altro. Gli è venuto questo dolore e sull’origine possiamo fare mille ipotesi… Ci fosse stata una caduta, una posizione errata come dite voi, okay. Però non ho una riposta precisa. E poi non vorrei entrare troppo in meriti medici. Non è compito mio, ma dei dottori.
Ultima apparizione “ufficiali” per Ayuso, un Criterium a Madrid nell’autunno scorsoUltima apparizione “ufficiali” per Ayuso, un Criterium a Madrid nell’autunno scorso
Quando vi siete accorti di questo problema?
Prima della Valenciana. Ha accusato un dolore, anzi all’inizio era un fastidio più che un dolore. Poi è aumentato e allora abbiamo deciso di fermarci subito e non correre la Valenciana appunto. Juan è stato a riposo ed ha subito avuto un miglioramento. Così è risalito in bici, ma il dolore è emerso nuovamente. A quel punto abbiamo coinvolto i dottori per capire cosa avesse ed è emersa questa tendinite molto forte. Speriamo che non ritorni.
Juan è un “animale da gara”, lo conosciamo, tu hai detto che ha una gran voglia di correre. Al Romandia sarà subito pronto?
Lui ha classe e da uno che ha la classe, secondo me, possiamo aspettarci di tutto, no? Però non è questo il piano. L’idea iniziale è che si metta a disposizione diAdam Yates. Ma la cosa ancora più importante è che inizi a correre. Poi vediamo giorno per giorno come va. Senza pressione e con la nostra piena fiducia. Juan non deve fare per forza risultato. E anche se lui è forte, ha voglia di correre, ha classe e se vogliamo è anche fresco, non ha il ritmo di gara, che comunque hanno gli altri. Per questo dico che adesso l’obiettivo non è quello di essere il solito “killer”, ma di godersi la prima gara dell’anno. Deve sentirsi ciclista, stare con i compagni e cercare di migliorare giorno per giorno.
Ayuso ha chiuso la Vuelta 2022 al 3° posto (doveva ancora compiere 20 anni). C’è chi dice che questa tendinite sia legata a quegli sforziAyuso ha chiuso la Vuelta 2022 al 3° posto (doveva ancora compiere 20 anni). C’è chi dice che questa tendinite sia legata a quegli sforzi
Può anche essere un’occasione per imparare ad aiutare i compagni…
Ma quello già lo sa fare, anche se ovviamente è un campione… Cosa gli dici? «Aiuta un altro», quando magari restano davanti in dieci? Comunque ripeto, lui sa anche aiutare. Parliamo ogni giorno: sarà pronto per aiutare Yates. Anche perché quando tutti i corridori che hai sono buoni davvero, anche i compagni devono esserlo. Anche i campioni a volte si mettono a disposizione dei compagni, che un giorno dimostreranno sul campo la loro gratitudine.
Dopo il Romandia quali saranno i programmi di Ayuso?
Manterremmo il programma originario, come se non ci fosse stata la tendinite. Intanto vediamo come sta e come reagisce. L’idea è quella di farlo crescere progressivamente.
Quindi anche se dovesse stare bene a maggio, non farà delle corse in più per recuperare un po’?
No, manteniamo il programma fatto questo inverno. Come ho detto, adesso valutiamo come va e poi decidiamo quali gare fare. Si fermerà poi comunque a luglio, per preparare bene la Vuelta.
Nonostante il carattere battagliero, le parole di Evenepoel e Ayuso nel giorno di riposo ci avevano incuriosito. Così le abbiamo rilette con Manuella Crini
Dal gesto di Almeida, alla melina di Ayuso: la querelle del Galibier. Quanto può costare a Pogacar e come si gestiscono certi equilibri? Parola a Martinelli