Mas ad Andorra ha messo il Tour nel mirino

29.05.2022
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Non c’è solo il Giro. Fuori da qui si lavora alacremente verso il Tour, che sembra lontano, ma è dietro l’angolo. Se non altro perché il 5 giugno comincia il Criterium du Dauphinée e il 12 il Giro di Svizzera, banco di prova per i pretendenti alla maglia gialla, giunti agli ultimi giorni di altura. Fra loro c’è Enric Mas, leader spagnolo del Movistar Team che a 27 anni sta vivendo una stagione cruciale.

Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra
Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra

Questione di esplosività

Non fate caso alle vittorie, poiché non ce ne sono state. Andate però a guardare i piazzamenti. Il settimo posto a Bellante e l’ottavo l’indomani a Fermo, durante la Tirreno-Adriatico. Il doppio quinto posto al Giro dei Paesi Baschi (senza la caduta sarebbe forse salito sul podio). E le Ardenne corse da protagonista in appoggio di Valverde. Il corridore di Mallorca ha scoperto una brillantezza inedita, merito dei lavori specifici svolti dopo anni di allenamento poco approfondito, per non dire casuale. E così, dopo una primavera in cerca dell’esplosività perduta, Mas si è rimesso con la testa e le gambe sulle salite lunghe, con la supervisione di Leonardo Piepoli che da quest’anno ne segue il lavoro.

E noi a lui ci siamo rivolti, per fare il punto su uno dei pochi corridori su cui la Spagna può puntare per le classifiche generali, ora che Valverde pedala verso il ritiro.

Come procede il lavoro?

Direi bene, anche se in ritiro Enric si è ammalato e ha perso quattro giorni di lavoro. E’ il corridore ideale con cui lavorare. Quando sei da qualche anno in questo mondo, ci sono frasi dalle quali puoi capire come finirà la carriera dell’atleta che hai davanti. Lui domanda cosa deve fare, quando dovrà andare in altura e quando dovrà ripartire. Non ha mai chiesto di fare meno. Crede nelle sue potenzialità, ma a questo punto la responsabilità passa a me. Non posso sbagliare, perché allo stesso modo in cui mi ha accettato, potrebbe cancellarmi.

Dicesti che stando ai dati, sembrava si allenasse poco…

L’ho detto anche a lui. Che era sbalorditivo che arrivando ai Giri con così poco lavoro, avesse le doti per crescere regolarmente di condizione sino alla fine.

Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Arriva bene al Tour?

Direi di sì. In questo ritiro prima del Delfinato ha ripreso a lavorare sulle salite lunghe. Prima avevamo puntato a colmare la lacuna negli sforzi brevi e intensi. Ha fatto l’altura ad Andorra, comodo anche per i corridori che vivono lì, perché si trovano vicino alle famiglie.

Salite lunghe?

Tanta resistenza e la giusta quantità di lavori specifici. So che alcuni non fanno lavori, ma propongono allenamenti sempre tirati. E’ vero quello che vi ha detto Moser, osservo quello che fanno gli altri. Molti si allenando dando semplicemente gas, un metodo che secondo me va contro gli studi di fisiologia. Facevano così i russi: il fenomeno veniva fuori e gli altri si perdevano. Io provo a ottenere il meglio per ognuno. Freire con il suo mal di schiena non avrebbe mai vinto le Sanremo e i mondiali, se avesse dovuto lavorare a quel modo.

Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Quindi mantieni le ripetute?

La ripetuta serve a dare un carico adeguato, per migliorare nel tempo. Mi rendo conto che atleti come Pogacar e Van der Poel lavorano diversamente, ma hanno un margine di errore così ampio, che non se ne accorgono nemmeno. Come quando tutti volevano andare agili, perché Armstrong girava a quel modo. O quando tutti andavano duri per imitare Ullrich e Bugno. Ognuno ha le sue idee. Io cerco di mettere l’intensità a inizio salita e poi si va sulla parte aerobica.

Cosa dice Mas davanti a miglioramenti così evidenti?

Si è accorto del cambiamento lo scorso anno a Jaen, alla Vuelta. Arrivò secondo a 3” da Roglic, su una rampa che gliene sarebbe costati 30. Quando ho iniziato a lavorare con lui, dissi che mi sembrava banale dover lavorare sull’esplosività. Faceva una gran fatica per guadagnare 20” sulle salite lunghe e poi li perdeva su strappi di pochi chilometri.

Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Cosa possiamo aspettarci al Delfinato?

Può andare benino, è certamente un esame, ma non mi aspetto che vada forte. Tra il Delfinato e la prima tappa di montagna del Tour, a La Planche des Belles Filles, c’è quasi un mese. Per fare una buona classifica, Mas deve arrivarci con la stessa condizione della Tirreno o dei Baschi. E se la trova per il Delfinato, è sicuro che poi calerà.

La Movistar ha fatto ricognizioni sulle tappe del Tour?

Hanno fatto un primo giro sui Pirenei. Anticiperanno di un giorno la partenza per il Delfinato per vedere il Col du Granon e l’Alpe d’Huez. E faranno in questi giorni la tappa di Foix, ancora sui Pirenei, partendo da Andorra in un giro di 200 chilometri.

Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Ti risulta che anche Mas abbia rischiato di finire in un’altra squadra?

Credo che possa aver ricevuto delle offerte, come sono certo che la sua idea sia sfruttare le proprie chance. Il peggior risultato in una corsa a tappe è stato il sesto posto. Secondo me fa bene a provarci.

Canyon aggiunge un nuovo tocco d’artista al modello Ultimate

28.05.2022
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Lo scorso anno vi avevamo raccontato della versione speciale della Canyon Ultimate CF SLX 8 Disc LTD realizzata in numero limitato dal designer Erik Spiekermann. Qualche mese dopo era arrivata una versione creata appositamente per il Tour de France con un richiamo sul telaio alle carte da gioco. A distanza di un anno ecco ora arrivarne una nuova con una colorazione unica creata dal designer industriale berlinese Konstantin Grcic (foto di apertura Canyon).

Da decenni all’avanguardia nel campo del design industriale, Grcic vanta una serie di creazioni iconiche e pluripremiate. Molte delle sue opere fanno parte delle collezioni permanenti dei principali musei di tutto il mondo, tra cui il MoMA di New York e il Centre Georges Pompidou di Parigi. La sua attività personale ha lasciato il segno nel campo del design industriale, espositivo e dell’arredamento. 

Il modello scelto dal designer è la Canyon Ultimate CF SLX (foto Canyon)
Il modello scelto dal designer è la Canyon Ultimate CF SLX (foto Canyon)

Uno stile unico

La nuova versione della Ultimate CF SLX 8 Disc LTD realizzata da Kostantin Grcic riprende fedelmente lo stile progressivo caratteristico delle sue opere e dei particolari elementi iridescenti che brillano alla luce. Lavorare su una superficie limitata come quella rappresentata dal telaio di una bicicletta non è facile. Nonostante questo Kostantin Grcic ha creato qualcosa di unico facendo ricorso a delle decalcomanie rettangolari che creano riflessi sempre diversi e il cui aspetto cambia a seconda dell’angolazione di chi osserva.

Una delle decalcomanie arriva addirittura a coprire il logo Canyon posizionato sul tubo obliquo. A spiegarne la ragione è lo stesso Grcic.

«Coprire la complessa geometria del telaio con la grafica – dice – è stata una sfida. Il design è diventato più astratto, ridotto, con meno elementi, ma più appariscenti… A un certo punto ho finito per coprire la scritta Canyon. Non perché volessi nasconderla: è successo naturalmente, come parte del processo creativo. Gli appassionati di ciclismo su strada riconoscono immediatamente la Ultimate dalla sua forma distintiva, anche senza il logo».

Gli esemplari in vendita saranno solamente 50 (foto Canyon)
Gli esemplari in vendita saranno solamente 50 (foto Canyon)

L’invito a divertirsi

La nuova versione della Ultimate CF SLX 8 Disc LTD realizzata da Kostantin Grcic fa parte del progetto “Ultimate Artists’ Edition”. L’obiettivo finale di questo progetto è ispirare il maggior numero di appassionati a divertirsi in bicicletta. E’ lo stesso Roman Arnold, fondatore di Canyon, a sottolinearlo.

«La combinazione di arte e ciclismo sotto forma di design di telai speciali – racconta – mi ha sempre affascinato. E’ stato un onore collaborare con Konstantin Grcic e con tutte le altre figure di rilievo della serie Canyon Ultimate Artists’ Edition. Abbiamo cercato, in particolare, tutti quegli artisti che avessero la nostra stessa passione per il ciclismo. Ci auguriamo che la loro arte ispiri le vostre attività sportive e creative”.

Il modello disegnato da Kostantin Grcic, qui in foto, fa parte del progetto “Ultimate Artists’ Edition” (foto Canyon)
Il modello disegnato da Kostantin Grcic, qui in foto, fa parte del progetto “Ultimate Artists’ Edition” (foto Canyon)

Nata per le gare

Parlando della Ultimate CF SLX 8 Disc LTD dobbiamo ricordare che si tratta di una bici costruita per le gare ma anche per gli allenamenti quotidiani. Presenta lo stesso telaio utilizzato dai team professionisti che gareggiano nel WorldTour. L’allestimento soddisfa tutte le esigenze in termini di performance, con cambio Sram Force eTap wireless a 12 velocità, un misuratore di potenza integrato e ruote in carbonio DT Swiss ARC 1400 ad alto profilo.

Sono stati realizzati solamente 50 esemplari e sono in vendita dallo scorso martedì 17 maggio esclusivamente su canyon.com. Il prezzo di vendita è 6.799 euro.

Canyon

Santini Maillot Jaune, il nuovo brand dedicato al Tour de France

07.05.2022
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Una collezione esclusiva, esordio di una collaborazione più ampia. Santini celebra attraverso il nuovo brand Maillot Jaune l’unicità del Tour de France. Una collaborazione tra il maglificio bergamasco e ASO che si sta consolidando sempre più di cui vi abbiamo già anticipato i retroscena con la visita nella nuova sede

Questa inedita capsule collection si inserisce come un arricchimento della partnership con ASO che prevede la fornitura delle maglie leader per il Tour de France. Un primo step verso una celebrazione che omaggia la Grand Boucle con indumenti tecnici e performanti pronti per essere indossati dagli appassionati. 

La maglia Esprit è ideale per essere utilizzata nei mesi estivi più caldi grazie alla sua freschezza
La maglia Esprit è ideale per essere utilizzata nei mesi estivi più caldi grazie alla sua freschezza

Il logo

La comunicazione attraverso lo stile è un elemento caratterizzante dell’azienda italiana. Il logo Maillot Jaune può essere interpretato come riproduzione stilizzata di un ciclista visto dall’alto, o come atleta con le braccia alzate in segno di vittoria. Il tutto rigorosamente giallo a riprendere il colore iconico della maglia del leader della corsa a tappe francese. 

La collezione realizzata da Santini è composta da due maglie, un pantaloncino, un’intima, una T-shirt tecnica, una giacca, un gilet e vari accessori. I colori scelti per Maillot Jaune sono il blu oltreoceano, il verde petrolio e il giallo, per una collezione dal look minimal ed elegante.

I due capi antipioggia sono facilmente richiudibili per essere riposti facilmente in tasca
I due capi antipioggia sono facilmente richiudibili per essere riposti facilmente in tasca

Le maglie

Sono due le maglie che caratterizzano questa iconica collezione. La prima è Allez che replica esattamente il taglio della Maglia Gialla ufficiale ed è realizzata al 100% con tessuti derivanti dal riciclo di materiali plastici in PET e di filati di scarto. Il design esprime uno stile minimal, colorato di un blu oltreoceano abbinato a maniche verde petrolio. La vestibilità è sleek per una migliore fluidità aerodinamica. Disponibile sul sito aziendale ad un prezzo di 140 euro.

La seconda è la Esprit, ideale per le calde giornate estive grazie ai tessuti ultra traspiranti e leggeri utilizzati per strutturare questa maglia. Il colore di fondo rimane lo stesso blu oltreoceano con però striature gialle che regalano un risultato estetico finale elegante e lineare. Disponibile sul sito ad un prezzo di 100. Euro.

La collezione

La collezione proposta è ricca di capi tecnici per completare uno stile unico ed esclusivo, firmato Santini. E’ presente la T-shirt tecnica, con lo stesso design della maglia Allez, ideale da indossare tutti i giorni. Disponibile sul sito ad un prezzo di 60 euro. Un pantaloncino con fondello C3 con superficie ergonomica 3D a densità differenziata e inserti in gel nella zona delle ossa ischiatiche. E’ disponibile ad un prezzo di 180 euro. Infine una maglia intima in microrete disponibile sempre sul sito Santini ad un prezzo di 30 euro. 

Per la pioggia e il vento la collezione Maillot Jaune offre un gilet (prezzo 130 euro) e una giacca (prezzo 180 euro) 100% anti acqua, entrambi richiudibili nella tasca laterale con zip e con loghi Maillot Jaune rifrangenti. Per completare il look gli accessori: calzini (15 euro), guantini (30 euro), cappellino (19 euro) e scalda-collo (15 euro).

Santini

La rincorsa di Alaphilippe e la vita secondo Lefevere

06.05.2022
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Patrick Lefevere è un patrimonio del ciclismo. Per questo, quando il manager della Quick Step-Alpha Vinyl scrive il suo editoriale su Het Nieuwsblad, si fa la corsa per leggerlo. E proprio in questi giorni, con il Giro d’Italia in partenza da Budapest, il grande belga è andato in Danimarca, nella città di Kolding in cui è nato Kasper Asgreen. Dato che il Tour 2022 inizierà da Copenhagen, Lefevere è stato invitato da Deloitte & Touche perché tenesse un discorso sulla leadership. In particolare su come faccia per mettere in riga tutti gli ego della squadra. Per capire le dimensioni dell’invito, Deloitte & Touche è un’azienda di servizi di consulenza e revisione, fondata a Londra: la prima nel mondo in termini di ricavi e numero di professionisti. E fa parte delle cosiddette Big Four, cioè le quattro più grandi aziende di revisione.

Patrick Lefevere, qui con Marc Madiot, guida squadre di ciclismo dal 1979
Patrick Lefevere, qui con Marc Madiot, guida squadre di ciclismo dal 1979

«L’ego è presente in ogni gara – dice – il massiccio incidente della Liegi-Bastogne-Liegi è stato causato da un corridore che non voleva frenare per farne passare un altro. Ilan Van Wilder (corridore di 21 anni della Quick Step-Alpha Vinyl, ndr) lo ha definito comportamento da gallo e ha ragione. L’equilibrio in gruppo è precario. E adesso Ilan ha la mascella rotta e salta il Giro. Alaphilippe deve riprendersi da un polmone collassato, una scapola e due costole rotte. Non gli è stato permesso muoversi per tre settimane, il che è un tormento per lui abituato a girare come una molla. Ha dovuto iniziare la rieducazione con la sua famiglia a Renaix, in Belgio. Nelle sue condizioni non può volare».

Alaphilippe e il Tour

Il Giro parte, il gruppo spazza via tutto e del campione del mondo si sono perse le tracce. Tacciono anche gli account social. L’ultima immagine lo mostrava in fondo alla scarpata, mentre Bardet scendeva con l’angoscia, così ha raccontato, che si fosse spezzato la schiena.

«La grande domanda – dice Lefevere – è se Julian sarà presente quando il Tour inizierà qui in Danimarca. Faremo tutto il possibile, ma sarà una corsa contro il tempo. Se, nel caso più favorevole, tornerà in bici a metà maggio, avrà ancora sei settimane. Il Tour inizia venerdì 1° luglio, una settimana prima del solito. Questo ovviamente non è un vantaggio. Per fortuna Julian non è uno che ingrassa facilmente. Di certo, un Tour con o senza Alaphilippe fa una grande differenza, dal punto di vista commerciale e sportivo. Quello che sicuramente non faremo sarà usare Remco Evenepoel come sostituto».

Festa amara

Poi, prima di chiudere, Lefevere ha confermato la sensazione che raccontammo subito dopo la Liegi: mentre mezza squadra festeggiava la vittoria di Evenepoel, c’erano sguardi allarmati per le condizioni dei due corridori.

Nell’hotel di Chaudfontaine, due stati d’animo: festa per Remco, apprensione per i feriti (foto Wout Beel)
Nell’hotel di Chaudfontaine, due stati d’animo: festa per Remco, apprensione per i feriti (foto Wout Beel)

«Domenica sera – racconta Lefevere – abbiamo festeggiato la vittoria di Remco nel solito hotel a Chaudfontaine. A quel posto ci legavano solo dei bei ricordi. Eravamo lì quando Marcel Kittel vinse la tappa del Tour a Liegi nel 2017. Idem per la vittoria di tappa e la maglia gialla di Sylvain Chavanel al Tour del 2010. Invece questa volta l’atmosfera alla festa era come sdoppiata. Da una parte c’era la brillante vittoria di Remco, che ci ha ripagato dei bocconi amari e ha messo a tacere tante persone. La squadra a Liegi ha fatto esattamente quello che avevo chiesto la sera prima: correre con calma, senza stress o complessi. Allo stesso tempo, per tutta la serata ho pensato ai due corridori gravemente feriti, portati all’ospedale di Herentals».

Cose della vita

Nell’hotel infatti c’erano i genitori e la fidanzata di Van Wilder, ovviamente molto scossi. Lefevere ammette l’imbarazzo nell’incrociare il loro sguardo durante i festeggiamenti.

«In gara – dice – si sperimenta questa contraddizione più spesso di quanto si creda. Ricordo il Tour del 2015. Zdenek Stybar vinse la tappa di Le Havre, ma nello stesso giorno Tony Martin dovette ritirarsi in maglia gialla per una clavicola rotta. Quando è così, la sera non sai se stappare lo champagne per festeggiare o per affogare i dispiaceri.

«Sono momenti – aggiunge – che mi riportano sempre alla nascita del mio primo figlio, il giorno più intenso della mia vita. Alle quattro in una clinica è morto mio padre, alle otto nell’altra clinica è nato mio figlio. Tu stesso non sai cosa provare e le persone sanno cosa dirti. Quel giorno mi ha segnato per il resto della vita. Aiuta a mantenere la prospettiva. Per sapere cosa è veramente importante e cosa non lo è».

Campagnolo vuole sognare in grande!

05.05.2022
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E’ davvero un momento estremamente positivo per Campagnolo, uno dei marchi più rivoluzionari e iconici del ciclismo mondiale. Nei giorni scorsi l’azienda vicentina ha presentato ufficialmente il claim che l’accompagnerà nei prossimi anni e che segna un rinnovamento del brand: “Dream Bigger”, sogna più in grande.

L’invito rivolto a tutti i membri della comunità ciclistica è quello di pretendere di più da se stessi e dalla propria bicicletta, inseguendo sfide sempre più grandi per puntare ancora più in alto.

La nuova idea di brand fungerà da catalizzatore di una serie di iniziative del tutto nuove che Campagnolo metterà in atto da qui in avanti, con uno sguardo rivolto al ciclismo femminile e alle nuove discipline emergenti. Non mancheranno naturalmente prodotti estremamente innovativi in puro stile Campagnolo.

Campagnolo negli anni ha puntato anche su altre discipline: questa è la corona del gruppo Ekar, dedicato al gravel
Campagnolo negli anni ha puntato anche su altre discipline: questa è la corona del gruppo Ekar, dedicato al gravel

Crescita record

La campagna di rinnovamento del brand sintetizza gli obiettivi futuri di Campagnolo: migliorare la notorietà e la rilevanza del marchio, aumentando le vendite e l’apprezzamento verso l’azienda.

La campagna arriva in un momento molto particolare in quanto l’azienda sta registrando il suo più forte periodo di crescita dagli anni ‘80, con un incremento di fatturato del 45% nel periodo 2020-2022. Un progresso senza precedenti alimentato in particolare dalla rapida espansione delle partnership OEM che hanno portato Campagnolo a collaborare sia con i principali produttori direct-to-consumer sia con i nomi storici più prestigiosi del settore ciclo. Secondo le previsioni interne, le vendite delle partnership OEM nell’esercizio 2022 rappresenteranno il 45% del fatturato dell’azienda, un incremento impressionante del 500% in termini assoluti dall’esercizio 2019. 

Il logo per la strategia Social di Campagnolo
Il logo per la strategia Social di Campagnolo

Vicenza sempre al centro

Gran parte di questo successo è da attribuire alle scelte effettuate negli ultimi anni dal management aziendale a partire dalla decisione di non esternalizzare la propria produzione in Asia. E’ stato infatti deciso di mantenere progettazione, sviluppo e produzione concentrate a Vicenza col supporto di un hub europeo in Romania. In questo modo le “perturbazioni” subite dalla supply chain hanno inciso in modo inferiore. Tutto questo ha permesso all’azienda di aumentare in maniera decisa la propria capacità produttiva rafforzando la propria quota di mercato.

“Dream Bigger” è il claim che accompagnerà il brand nei prossimi anni
“Dream Bigger” è il claim che accompagnerà il brand nei prossimi anni

Tale crescita ha avuto un effetto positivo anche in tema di occupazione. L’organico Campagnolo è cresciuto del 30% negli ultimi due anni, mentre la capacità produttiva è aumentata del 75% per soddisfare la domanda crescente. Dal 2020, l’azienda ha registrato più di 100 nuovi brevetti tecnologici. L’ingegneria elettronica è una  area di espansione in cui Campagnolo ha rafforzato le competenze esistenti, guardando in maniera decisa al futuro. 

A tutto questo si accompagnano i successi sportivi. Negli ultimi due anni sono arrivati le vittorie al Tour de France con Tadej Pogacar e diversi ori olimpici e titoli mondiali su pista. 

Grazie alla collaborazione con i team professionistici, a partire dall’UAE Team Emirates, Campagnolo ha inoltre avuto la possibilità di testare sul campo i nuovi prodotti.

Campagnolo

Wiggins 2012

Il Tour di Wiggins, quando nacque l’epopea Sky

26.04.2022
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Dieci anni fa. Quello che ricorrerà quest’estate non è un anniversario qualsiasi. Probabilmente allora non ce ne accorgemmo, ma la vittoria di Bradley Wiggins al Tour de France avrebbe avuto un peso enorme sull’evoluzione del ciclismo. Era iniziata l’epopea della scuola britannica (in quel Tour arrivarono ben 7 vittorie albioniche), ma soprattutto era iniziata l’epopea del Team Sky. Ancora oggi, con il nuovo nome Ineos Grenadiers, ci facciamo i conti e le ultime settimane, fra Martinez, Kwiatkowski e altri lo hanno detto a chiare lettere.

Oggi Wiggins segue le corse dalla moto di Eurosport: qui dopo l’ultima Roubaix
Oggi Wiggins segue le corse dalla moto di Eurosport: qui dopo l’ultima Roubaix

Come una rockstar

Quel Tour ha lasciato enormi strascichi anche nei suoi protagonisti. Sembra strano, ma forse Wiggins (nella foto di apertura con l’allora bimbo Ben, oggi corridore guidato dal padre di Pidcock) ha “digerito” quel successo solo negli ultimi anni, tanto è vero che tempo fa ha ammesso di aver vissuto quel trionfo nella maniera sbagliata.

«Mi sentivo come una rockstar – ha detto – alla quale tutto era dovuto. Oggi, guardando indietro, posso dire che ero polemico e volgare, veramente assurdo e infantile. Questo ha avuto un impatto sulle relazioni intorno a me».

Il suo rapporto con il Team Sky andò incrinandosi fino all’addio nel 2015 e il distacco avvenne in maniera davvero dolorosa. E oggi che Wiggins opera nell’ambiente come commentatore per Eurosport ammette che la responsabilità è stata sua.

Cavendish Boasson 2012
Cavendish vinse 3 tappe in quel Tour. Qui l’iridato è con il norvegese Boasson Hagen
Cavendish Boasson 2012
Cavendish vinse 3 tappe in quel Tour. Qui l’iridato è con il norvegese Boasson Hagen

Una squadra padrona

Per capire da che cosa nacquero i dissidi bisogna tornare indietro nel tempo, raccontare un Tour che venne gestito dai ragazzi del Team Sky come volevano e come avrebbero fatto negli anni successivi, fino all’avvento di un certo Pogacar. Nel cronoprologo Wiggins finisce a soli 7” da Cancellara, che chiaramente non è un fattore per la classifica.

Fino alla settima tappa non avviene nulla di eclatante. Lì, sull’ascesa di Planche des Belles Filles si palesa il dominio britannico, con Chris Froome che vince con 2” su Wiggins che prende la maglia gialla, con 10” su Evans.

Wiggins chiaramente sfrutta al meglio le sue doti di passista, di grande specialista delle prove contro il tempo. Nella crono di Besançon accumula altri 35” su Froome che sale al terzo posto in classifica a 2’07” dal connazionale, in mezzo Cadel Evans a 1’53”. L’australiano due tappe dopo cederà, mentre intanto si affaccia sul podio Vincenzo Nibali. Si arriva così alla 17ª tappa, quella con arrivo a Peyragudes, quella del “fattaccio”.

Attacca Alejandro Valverde, che vive una delle sue tante giornate epiche. Ma l’Embatido non ha velleità di classifica. Dietro i due britannici fanno il vuoto e restano soli all’inseguimento. A un paio di chilometri dalla conclusione, dopo un tornante, Froome stacca Wiggins e inizia a guadagnare.

Wiggins podio 2012
Gli sguardi di Froome e Wiggins sul podio finale tradiscono la tensione reciproca
Wiggins podio 2012
Gli sguardi di Froome e Wiggins sul podio finale tradiscono la tensione reciproca

Il rapporto va in pezzi

Valverde è davanti, ma neanche troppo lontano, potrebbe prenderlo. Dall’auricolare il manager Dave Brailsford urla a Froome: «Fermati!», Wiggins fa lo stesso, ma con quel poco fiato che ha è quasi un’invocazione: «Aspettami». Froome obbedisce, Valverde vince la tappa, Froome si dovrà accontentare della seconda piazza in classifica e anche nella crono finale.

Nelle dichiarazioni del dopo tappa c’è un fair play che maschera il dissidio. Wiggins ammette che «Chris voleva vincere la tappa, me lo ha chiesto e ho risposto sì. Ma poi ho perso la concentrazione, ero arrivato al limite e la mente non c’era più».

Froome davanti ai taccuini dei giornalisti rilascia frasi di circostanza improntate al successo di squadra (seguendo sempre gli ordini superiori) intanto però la fidanzata (e poi moglie) Michelle Cound twitta: «All’improvviso non sono più dell’umore di andare a Parigi. Che presa in giro…».

La realtà si saprà solo molto tempo dopo. Nel chiuso del pullman Sky Wiggins e Froome litigano di brutto e di fatto chiudono i rapporti. Solo molto tempo dopo, quando anche l’anglokenyano avrà lasciato la Ineos, i due avranno modo di chiarirsi e riappacificarsi.

Wiggins Nibali 2012
Quel Tour fu anche il primo sul podio per Vincenzo Nibali, che chiuse a 6’19” da Wiggins (alle sue spalle)
Wiggins Nibali 2012
Quel Tour fu anche il primo sul podio per Vincenzo Nibali, che chiuse a 6’19” da Wiggins

Dopo allora, niente più Tour

Wiggins il Tour, dopo quella vittoria non lo correrà più, continuerà a gareggiare fino al 2016, ma era già un’altra persona. A ben guardare, quella vittoria fu un po’ un controsenso del quale sono capaci solo i grandi campioni, perché Wiggins era un pistard prestato alla strada. Per vincere la maglia gialla, per un anno si concentrò solo sulle corse su strada, ma la pista restava padrona del suo cuore (5 titoli olimpici e 6 mondiali per 19 medaglie complessive, bastano questi dati per chiarire il concetto…).

Wiggins Sky 2012
Il britannico portato in trionfo dai compagni, ma quel Tour lascerà strascichi fino all’addio nel 2015
Wiggins Sky 2012
Il britannico portato in trionfo dai compagni, ma quel Tour lascerà strascichi fino all’addio nel 2015

Tutto per i Giochi

Anche recentemente Sir Bradley conferma quella scelta, senza il minimo pentimento: «I Giochi sono famosi in tutto il mondo, si disputano ogni quattro anni, quando vinci è come se entrassi in una famiglia privilegiata, ma enorme. Io ho vinto in 5 edizioni diverse, quando avvenne a Sydney 2000 erano pochissimi gli sportivi britannici che riuscirono in una simile impresa, a Rio 2016 eravamo una delle nazioni più medagliate. No, per me non è la stessa cosa».

Resta però il fatto che da quel Tour iniziò un modo diverso di correre, più “di squadra”. Dipendeva molto anche da come il Team Sky era costruito, dal fatto che puntava quasi tutto sulle tre settimane in terra francese. Ora le cose sono cambiate: per volontà e per necessità, la squadra sta mutando pelle. E forse un Bradley Wiggins oggi farebbe ancora comodo.

Traversoni il pescatore e il ciclismo del Pirata

15.04.2022
4 min
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Eravamo tutti così concentrati sulla crono di Eurodisney del giorno dopo, da non aver dato la giusta importanza alla tappa vinta da Mario Traversoni a Dijon.

Pantani stava per conquistare il podio al Tour del 1997, dopo il ritiro dal Giro causato dal gatto nero del Chiunzi, così le attenzioni per quel suo compagno estroso e riccioluto si ridussero purtroppo al minimo. Vinse la tappa su Simon e un gruppetto di nove, poi anche lui piombò nella concentrazione per il piccolo capitano che aveva da difendere più di 6 minuti da Olano, che gliene mangiò quasi cinque e poi si rassegnò al quarto posto finale.

L’anno dopo Traversoni accompagnò nuovamente Pantani al Tour, ma questa volta fino alla vittoria (nella foto di apertura è il primo da sinistra), ottenendo per sé il settimo posto sul traguardo di Parigi.

Traversoni ha compiuto 50 anni due giorni fa. E’ stato pro’ dal 1994 al 2002
Traversoni ha compiuto 50 anni due giorni fa. E’ stato pro’ dal 1994 al 2002

I primi 50 anni

Due giorni fa Mario ha compiuto 50 anni ed è stato come svegliarsi da un senso di eterna giovinezza, come quando della cosa ti avvisa un social e tu resti lì a rimuginarci sopra.

«Il problema – ride però lui – è che io non me li sento. L’età anagrafica è quella, però mi sento 10 anni in meno. Quel Mario non c’è più, il ciclismo è una porta chiusa. Ne sono uscito. Collaboravo con RCS, ma non sono stato confermato, probabilmente per una battuta di troppo in difesa dei corridori che a qualcuno non è piaciuta. Continuo a vederli trattati come ultima ruota del carro e non mi piace. Seguo qualche gara. Più il ciclocross, a dire il vero, perché l’unico corridore in questo momento che mi entusiasma è Van der Poel, poi per il resto vedo un ciclismo molto calcolato. Tolti appunto Mathieu e Pogacar, che hanno un modo meno monotono di interpretare le corse».

Traversoni lavora in un’azienda che produce materiali tecnici e a sua volta fa gare di pesca
Traversoni lavora in un’azienda che produce materiali tecnici e a sua volta fa gare di pesca
Qual è il ciclismo che ti piace?

Vabbè, inutile dirlo. Quello di Marco, che inventava la corsa giorno dopo giorno. Non c’era mai niente di scontato e poi forse anche in gruppo c’erano ancora i veri ruoli. Se tu facevi il tuo mestiere e sapevi farlo bene, potevi avere un contratto garantito. In questo ciclismo moderno, tolti i pochi che stanno in una nicchia, gli altri sono quasi tutti a rischio di contratto anno dopo anno. C’è un ricambio troppo grande.

Sei ancora un grande pescatore?

Ho sempre pescato, ma dopo aver smesso, mi ci sono buttato a capofitto. L’anno scorso non sono andato al mondiale per un solo punto, quest’anno sono ancora nel club azzurro, quindi mi gioco ancora la convocazione. Praticamente faccio solo quello come agonista. Non vado per passatempo, tutto quello che faccio è sempre in previsione di una gara o comunque di un appuntamento importante. La pesca non ha niente a che vedere col ciclismo, però mi ha dato un lavoro.

Anche Pantani amava pescare…

Marco era un personaggio incredibile, nel senso che quello che voleva fare, dove voleva arrivare, lui ci arrivava. Andava a caccia e sparava meglio di te. Andava a pescare e prendeva più di te. Cosa vuoi dirgli a una persona cui veniva proprio tutto facile? L’impegno ce l’ha sempre messo in tutte le cose che faceva, perché lui voleva sempre essere il numero uno. Però non lo faceva mai pesare agli altri. Quando hai un fuoriclasse così in squadra, bisogna per forza fare tutto per lui.

Traversoni ha corso con la Mercatone Uno nel 1997 e 1998. E’ passato professionista con la Carrera
Traversoni ha corso con la Mercatone Uno nel 1997 e 1998. E’ passato professionista con la Carrera
C’è ancora in te la… follia del velocista?

L’essere velocista ti resta sempre, perché è una cosa che hai dentro. Già c’è il discorso che non mi sento cinquant’anni. Mi sono risposato e adesso ho una bimba di 5 mesi e quindi faccio sempre una vita a tutta. Sono sempre accelerato, ma in bici non vado più dal giorno che ho smesso. Solo una volta l’ho ripresa in mano, alla Santini, perché dovevo fare un servizio fotografico per del vestiario nuovo.

Come andò?

Erano sei anni che non andavo in bicicletta. Ho puntato l’ultima salita coi primi, però ho avuto i crampi fino ai capelli e mi son fermato. Ho dormito credo per due giorni di fila. La bici ce l’ho ancora, ma se devo andare dal panettiere che sta a 800 metri da casa, vado a piedi o prendo la macchina.

Cosa ti pare del ciclismo di oggi?

Sono ancora in contatto con qualche ex compagno. Ogni tanto mi chiamano per qualche festa o faccio presenza in qualche gara, ma se posso evito. Non mi interessa più, perché l’ho vissuto da ciclista e poi anche dal di fuori e quello che ho visto non mi è piaciuto. Abbiamo cambiato la generazione dei corridori, adesso abbiamo tutta gente giovane che vince. Il ciclismo si è modernizzato e io non riesco a capire perché poi ci sono ancora quei vecchi bacucchi ai vertici, che comandano ancora loro. Certi direttori, certi preparatori. Non ha neanche senso parlare di ricambio generazionale, se a guidare la macchina ci sono ancora questi qua…

Martinez 2022

Da spalla di Bernal a leader per il Tour. E’ il “nuovo” Martinez

15.04.2022
5 min
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Mentre Daniel Felipe Martinez indossava il simbolo del primato, nella premiazione conclusiva del Giro dei Paesi Baschi, gli occhi dei dirigenti della Ineos Grenadiers brillavano di una luce particolare, che non si vedeva da tempo. Quella luce che si era spenta all’improvviso un giorno di gennaio, quando dalla Colombia arrivavano notizie e soprattutto foto spaventose, legate all’incidente di Egan Bernal. Sembrava, allora, che tutti i piani della squadra fossero finiti nella spazzatura, oggi lo spirito è ben diverso, non solo per le incoraggianti notizie che arrivano dal vincitore del Giro 2021 (per il quale però serve ancora tanta pazienza), ma anche per la voglia di rivalsa che tutta la squadra ci sta mettendo, Martinez in primis.

La vittoria in terra basca, la decima nella carriera del 25enne colombiano, potrebbe aprirgli nuove prospettive. Sin da subito si è cominciato a pensare a lui come punta della squadra britannica per il Tour e l’investitura ufficiale è arrivata da chi il Tour l’ha vinto, Geraint Thomas: «In Francia saranno lui e Yates i leader della squadra, quelli deputati alla caccia alla maglia gialla». Fino a poche settimane fa nessuno si sarebbe aspettato simili parole, ma il Martinez di oggi è ben diverso da quello di allora.

Martinez Zamudio 2022
La volata vincente di Martinez a Zamudio, ma la conquista dei Paesi Baschi verrà in seguito
Martinez Zamudio 2022
La volata vincente di Martinez a Zamudio, ma la conquista dei Paesi Baschi verrà in seguito

Corti il primo a credere in lui

Professionista dal 2015, Martinez inizialmente ha gravitato in ambienti nostrani (anche se non in quanto a licenza delle sue squadre), prima con la Colombia di Claudio Corti, poi con il Wilier Triestina-Southeast con cui ha corso il suo primo Giro d’Italia nel 2017. L’anno dopo, passato all’EF Education First, ha chiuso terzo il Giro di California e concluso il suo primo Tour de France, nel 2019 sono iniziate ad arrivare le prime vittorie e pian piano esse sono diventate di peso sempre maggiore: il Delfinato 2020 (anche grazie al ritiro all’ultima tappa di Roglic), la tappa di Puy Mary al Tour dello stesso anno e appunto il Giro dei Paesi Baschi 2022, con una vittoria di tappa battendo in uno sprint accesissimo un certo Julian Alaphilippe.

Questi i numeri, ma c’è altro. Martinez è sempre stato un corridore da prove a tappe, si è visto sin dai suoi inizi sull’onda della tradizione colombiana: non dimentichiamo che viene da Bogotà, ha sempre vissuto in altura e questo gli ha dato un passaporto fisiologico di prim’ordine. Pian piano però ha acuito le sue doti di resistenza, fino al bellissimo Giro d’Italia dello scorso anno, chiuso al 5° posto dopo aver corso come scudiero della maglia rosa Bernal: «Ho lavorato tanto per questo e mi accorgo che nell’ultima settimana non perdo più brillantezza come avveniva prima, anzi». Al di là dei compiti di squadra, Martinez infatti ha guadagnato posizioni nelle frazioni finali e la cosa non è passata inosservata.

Martinez Bernal 2021
Una foto già storica: Martinez incita e scuote Bernal in crisi. Grazie a lui Egan salverà la rosa
Martinez Bernal 2021
Una foto già storica: Martinez incita e scuote Bernal in crisi. Grazie a lui Egan salverà la rosa

Che urla, su per Sega di Ala…

C’è un giorno, nel Giro 2021, che resta scolpito nella pietra ed è la tappa di Sega di Ala. In quella frazione si è visto anche il carattere e la forza d’animo di Martinez. L’attacco di Simon Yates sembrava poter riaprire il Giro, Bernal improvvisamente era andato in crisi.

Martinez, da buon compagno, si è messo davanti e ha iniziato a pilotarlo, ma non solo con le azioni. Quei metri, quei chilometri sono diventati un lungo viaggio per i due con i ruoli che improvvidamente si sono invertiti, con Martinez che incitava il compagno e non gli ha fatto mancare anche qualche urlo, qualche parolaccia per scuoterlo da quell’apatia che sembrava averlo avvolto.

Avrebbe potuto fare di più in classifica senza essere condizionato dagli obblighi di squadra? Senza di lui Bernal avrebbe vinto ugualmente? Martinez ha sempre evitato di guardare ai “se”: «Egan ha vinto grazie a se stesso, alle sue capacità, non a me, io ho solo aiutato in un momento di difficoltà».

Martinez crono
Per il 25enne di Bogotà 3 titoli nazionali e uno panamericano contro il tempo
Martinez crono
Per il 25enne di Bogotà 3 titoli nazionali e uno panamericano contro il tempo

L’imboscata a Evenepoel

Da allora è passato tempo, alla Ineos hanno fronteggiato vere tempeste dalle quali solo ora iniziano a riemergere e guardano al colombiano quasi come a un salvatore. Uno che sa come muoversi e al Giro dei Paesi Baschi si è visto abbondantemente. Intanto per la sua condotta in gara, per come ha saputo mettere in crisi Evenepoel: «L’idea era di rendere l’ultima tappa davvero dura già prima della salita finale, per prosciugare il serbatoio di energie del belga». Una tattica che ha pagato, con Evenepoel che si sentiva abbastanza sicuro della vittoria alla partenza della frazione finale ma che alla fine ha pagato dazio.

Non c’è però solo questo. Martinez ha dimostrato di sapersi muovere, anche eticamente. Quando Enric Mas è volato via oltre il guardrail, l’incidente ha formato un buco che poteva vanificare ogni prospettiva e lì Martinez si è messo a lavorare proprio con Evenepoel per ricucire la corsa. Rimesse le cose a posto, il colombiano ha ricominciato a lavorare contro il belga, come era giusto che fosse.

Martinez 2016
Daniel Felipe Martinez è nato il 25 aprile 1996. E’ pro’ dal 2015, l’anno dopo era già al Giro
Martinez 2016
Daniel Felipe Martinez è nato il 25 aprile 1996. E’ pro’ dal 2015, l’anno dopo era già al Giro

Pogacar? Già battuto…

Molto si discuterà se Martinez potrà essere una valida alternativa a Pogacar al Tour, ma mettendo insieme gli indizi la risposta sembra essere positiva: in fin dei conti è l’unico non Jumbo Visma che è stato capace di battere lo sloveno in una corsa a tappe (Delfinato 2020); oltre alle sue capacità in salita ha dimostrato di non essere per nulla fermo a cronometro (tre volte campione nazionale e campione panamericano junior); il suo rendimento nei grandi giri è andato sempre migliorando. Da qui a dire che vincerà ce ne corre, ma certamente, se si cerca un’alternativa alla sfida tutta slovena alla Grande Boucle, bisogna guardare anche nella sua direzione.

Faizanè, un sogno chiamato Tour de France

04.04.2022
5 min
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«A Tonelli devo fare un monumento! Sette ore di diretta televisiva, 285 chilometri di fuga alla Milano-Sanremo col nostro marchio sempre ben in vista. Per noi vale più di una vittoria». Musica e parole di Martino Dal Santo (in apertura con Zana, Modolo, Visconti e Fiorelli), patron della Faizanè, azienda vicentina di Zanè che opera nella rivendita di articoli industriali e nella lavorazione di materie plastiche e gomme. Nonché sponsor (e terzo nome) della Bardiani-Csf-Faizanè, appunto.

La ditta veneta è nata nel 1968 ed ha legato il proprio nome al mondo dello sport a partire dal 1980, quando Pietro Dal Santo, il fondatore e padre di Martino, ha iniziato a sponsorizzare il Veloce Club Schio (società ciclistica nata ad inizio del Novecento). L’accordo è durato circa dieci anni, dopo di che la Faizanè (che in origine si chiamava solo F.A.I. come acronimo di Forniture Articoli Industriali) ha collaborato con società di volley, atletica, hockey su pista e calcio prima di tornare in modo graduale nel ciclismo.

Tonelli alla Milano-Sanremo è stato in fuga per 285 chilometri
Tonelli alla Milano-Sanremo è stato in fuga per 285 chilometri

Nel mondo del web

Le lunghe fughe, portate a termine o meno, hanno sempre fatto la storia del ciclismo, ma anche dei marchi degli sponsor. Figurarsi ora poi che il modo di comunicare e mostrarsi al mondo si è allargato con l’avvento di internet, social network ed altre piattaforme. Per questo motivo con Martino Dal Santo abbiamo voluto trattare l’argomento.

Come mai siete tornati al ciclismo?

Piccola premessa. Nel 2017 eravamo sponsor nel retro delle maglie del Vicenza Calcio in serie B. A fine stagione sono retrocessi in C, ma noi volevamo fare qualcosa in grande nel 2018 per i cinquant’anni di attività della azienda e la categoria non ci soddisfaceva. Così, visto che qui in Veneto il ciclismo è pane quotidiano ed io sono molto appassionato, siamo entrati in contatto con la Nippo-Vini Fantini. Abbiamo messo solo il nostro marchio sulle divise. Siccome che ci eravamo trovati bene, abbiamo aumentato il budget l’anno successivo, diventando il terzo nome della squadra. L’incredibile vittoria di Damiano Cima al Giro a Santa Maria di Sala, praticamente vicino a casa nostra, ci aveva ripagato subito.

Nel 2020 siete passati con la Bardiani-Csf.

Sì, siamo stati costretti perché la Nippo ha chiuso. Peccato, c’erano dei progetti. Ma non è stato un problema. Mi sono fatto avanti con i Reverberi, con i quali mi trovo benissimo, e abbiamo trovato l’accordo. Abbiamo anche modificato i colori delle maglie per dare un tocco di rinnovamento. Fino al 2023 saremo con loro, ma da quest’anno abbiamo una collaborazione in più.

Di cosa si tratta?

Abbiamo siglato una sponsorizzazione col Sandrigo Bike Sport Team, formazione che fa attività dai giovanissimi agli junior. Sono molto orgoglioso di questo accordo perché il ciclismo giovanile è fondamentale ed è bello poterlo sostenere. Organizzeremo anche una gara per giovanissimi.

Dopo il 2023 che propositi avete? Potremmo vedervi nell’orbita del WorldTour?

Ho due obiettivi. Il primo è che la nostra azienda cresca e aumenti il fatturato, come normale che sia per un titolare. Infatti stiamo già operando un ampliamento. Il secondo è che voglio fare il Tour de France. Non nascondo che vorrei entrare nella massima serie del ciclismo professionistico, ma capendo prima come procedere. Già nel 2020 avevo avuto un ammiccamento con una squadra WT, ma decisi di non andare fino in fondo. Mi è spiaciuto, forse magari ho fatto un errore però in quel momento dovevo guardare ciò che conveniva di più alla mia azienda.

Quanto vi sta aiutando il ciclismo in termini di visibilità?

Tantissimo. Per la verità dovremmo vincere un po’ di più o comunque fare più risultati. Però con le fughe ci guadagniamo sempre tanto spazio in televisione. Abbiamo un’agenzia di marketing e comunicazione di Torino che ne capisce di ciclismo e ci aiuta a realizzare contenuti sui nostri canali social per ogni gara che facciamo. E’ importante avere un ufficio che sappia ottimizzare il tutto anche quando vinci poco. Ed in questo devo rendere merito e grazie a Francesco Pelosi (ex general manager della Nippo, ndr) che con la sua agenzia ci aveva fatto fare il salto di qualità, ridisegnando anche la grafica del nostro logo.

E’ convinto di aver scelto lo sport giusto con la sua azienda?

Assolutamente sì. Anzi lo suggerisco sempre anche ad amici o colleghi che vogliono investire nello sport con la loro attività. Il ciclismo può dare tanto. Guardate ad esempio Mapei o Lampre, che prima di entrare nel ciclismo le conoscevano in pochi e poi hanno unito il loro nome a grandi successi, sia sportivi che aziendali.

Nei mesi scorsi si vociferava che Cassani e i Reverberi volessero fare una WorldTour italiana. Ci sareste anche voi dietro quel progetto?

C’è stata qualche chiacchierata fra loro, ma io non ho mai partecipato. Personalmente ritengo che fare il salto diretto nel World Tour così presto sia ancora prematuro. L’ideale sarebbe seguire l’esempio della Alpecin-Fenix. Restare professional con un paio di corridori forti che ti garantiscano sempre la partecipazione. Non è semplice da realizzare questa cosa, ma anche così potrei andare al Tour.