Q36.5 veste Pidcock e compagni, qualità al top

20.01.2025
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Il passaggio di Tom Pidcock dal Team Ineos Grenadiers al Q36.5 Pro Cycling Team è stato forse il colpo di mercato più interessante, e sicuramente più discusso, della nuova stagione ciclistica. L’arrivo del campione olimpico ha portato in dote alla formazione elvetica, oltre a una grande attenzione mediatica, anche una nuova divisa presentata ufficialmente lo scorso 11 gennaio. Le tre parole scelte da Q36.5 per lanciare il nuovo kit sono state: aerodinamica, comfort e termoregolazione. A proposito di termoregolazione, in Q36.5 si ritiene che sia questa la vera nuova frontiera di “marginal gain” in termini di performance nel ciclismo d’élite. 

Gli atleti del Q36.5 Pro Cycling Team correranno con i pantaloncini Dottore Pro
Gli atleti del Q36.5 Pro Cycling Team correranno con i pantaloncini Dottore Pro

Partiamo dal pantaloncino

La nostra analisi della nuova divisa del Q36.5 Pro Cycling Team non può che partire dal pantaloncino…o meglio dai pantaloncini, visto che saranno due. Per la prima volta, gli atleti avranno infatti a disposizione sia l’iconico pantaloncino Dottore Pro, risultato di dieci anni di continua ricerca delle tecnologie che rappresentano il futuro dell’abbigliamento da ciclismo ad alte prestazioni, sia il Gregarius Pro. Quest’ultimo è un pantaloncino totalmente riprogettato per il 2025, con componenti 100% proprietari per offrire ai ciclisti la massima libertà di movimento e una sensazione di “seconda pelle” durante la pedalata, senza compromettere il massimo comfort e il supporto ergogenico che sono il tratto distintivo di Q36.5.

Ecco la maglia 

La maglia Q36.5 Gregarius combina quattro tessuti proprietari con una mappatura avanzata del corpo per offrire la maggiore versatilità all’atleta durante le varie condizioni di gara. Come sempre per Q36.5 la versatilità è data soprattutto dallo sviluppo di tessuti propri che favoriscono la miglior termoregolazione dell’atleta, combinati con caratteristiche di aerodinamicità e supporto muscolare.

L’arrivo di Tom Pidcock è stato accolto con grande interesse dagli addetti ai lavori
L’arrivo di Tom Pidcock è stato accolto con grande interesse dagli addetti ai lavori

Un nuovo logo

La nuova divisa del team si caratterizza per la presenza del logo Q36.5 Radar e della dicitura “Research Scientist”. Il radar vuole rappresentare la sensazione di preparazione che il kit realizzato da Q36.5 offre ai professionisti di fronte a condizioni estreme, nonché il focus necessario per eccellere ai massimi livelli. 

Il termine “Research Scientist” rende invece omaggio ai corridori del team, che svolgono un ruolo fondamentale nel testare il nuovo kit, spingendolo al limite ogni giorno e fornendo costantemente al dipartimento R&D dell’azienda preziosi suggerimenti utili sul futuro dell’abbigliamento ciclistico ad alte prestazioni. 

Q36.5 continuerà il lavoro di ricerca e sviluppo per migliorare ulteriormente i propri prodotti
Q36.5 continuerà il lavoro di ricerca e sviluppo per migliorare ulteriormente i propri prodotti

Parola ad azienda e team

Luigi Bergamo, CEO e Responsabile Ricerca e Sviluppo di Q36.5, ha presentato in questo modo la nuova divisa del team: «Dopo due anni intensi di feedback e sviluppo con il nostro team, il kit 2025 rappresenta il sistema di abbigliamento da gara e da allenamento più avanzato e completo mai realizzato, dalla scelta tra diversi pantaloncini pensati per stili di pedalata e percorsi differenti, ai miglioramenti aerodinamici dei body e di tutti gli accessori, fino alle innovative scarpe da gara».

Ecco invece le parole di Doug Ryder, General Manager del Q36.5 Pro Cycling Team: «E’ la terza stagione in cui lavoriamo con questo innovativo marchio italiano. Una partnership come questa funziona in entrambi i sensi: noi riceviamo il miglior abbigliamento disponibile sul mercato, che ci consente di ottenere prestazioni di altissimo livello, e Q36.5 può contare sul contributo dei nostri corridori come “Research Scientist”. Il feedback degli atleti è incredibilmente prezioso per un marchio di abbigliamento. Ci aspetta una stagione entusiasmante. Sono sicuro che nel 2025 non ci sarà sfida che non riusciremo a superare insieme».

Parola al campione

La chiosa finale non poteva che spettare a Tom Pidcock: «Il nuovo design è fresco e accattivante. Come si suol dire, se sembri al top, ti senti al top. Fin dalla mia prima uscita con i pantaloncini Dottore Pro di Q36.5, ho capito che ero in ottime mani e che quest’anno non avrei dovuto preoccuparmi della comodità in sella. Sono entusiasta del rapporto con l’R&D di Q36.5. Non vedo l’ora di scoprire cosa ci riserverà la loro fiducia: saremo i loro “Research Scientist“, come dice il brand. Sono curioso di vedere come il nostro feedback potrà contribuire al miglioramento dei prodotti di tutta la gamma”.

La nuova divisa del Q36.5 Pro Cycling Team è già disponibile sul sito q36-5.com e nei migliori negozi di ciclismo.

Q36.5

Van der Poel e l’iride in Mtb. Per Braidot ce la può fare

18.01.2025
5 min
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Mathieu van der Poel è un campione poliedrico come pochi altri nella storia del ciclismo. L’asso olandese ha già messo in bacheca sei titoli mondiali di ciclocross, un mondiale gravel, uno su strada e innumerevoli altre vittorie. Tuttavia, manca ancora qualcosa nella sua bacheca: il titolo mondiale di mountain bike. «Se potessi scegliere – ha dichiarato a Sporza – vorrei diventare campione del mondo di mountain bike quest’anno. Non ci sono ancora riuscito e l’idea continua ad essere presente nella mia mente e questo potrebbe essere un anno ideale».

Per approfondire le possibilità del campione olandese in questa disciplina, abbiamo parlato con Luca Braidot, il miglior biker italiano. Con la sua esperienza, Braidot ci ha offerto una prospettiva privilegiata sulle incursioni dei campioni della strada nel mondo della mountain bike e soprattutto sulle chance di Van der Poel di conquistare il titolo iridato a Crans Montana, in Svizzera.

L’ultima apparizione di Van der Poel risale a Nove Mesto, maggio 2021 (foto AP)
L’ultima apparizione di Van der Poel risale a Nove Mesto, maggio 2021 (foto AP)
Luca, prima di tutto come stai? Come inizia questa stagione?

Al netto di questa influenza sto bene. Ho fatto un primo ritiro a dicembre in Spagna e tra poco partirò per il secondo ritiro col team. La preparazione sta andando bene e ci saranno un po’ di novità per l’anno prossimo, sia a livello di team sia di calendario. Direi che sta andando tutto per il meglio.

La scorsa stagione hai puntato sull’Olimpiade. Quest’anno la preparazione è diversa?

Sì, l’anno scorso la stagione è stata impostata sull’Olimpiade, quindi ho sacrificato la prima parte per essere sicuro di esserci nel momento giusto. E spesso puntavo a singoli obiettivi. Quest’anno invece voglio provare a fare classifica in Coppa del Mondo, quindi cercherò di essere il più costante possibile durante tutto l’anno. È qualcosa di nuovo per me, ma mi stimola molto.

Come vedi le incursioni di campioni della strada nel mondo della mountain bike?

Aiutano molto il movimento. Non sono semplici stradisti, sono tra i migliori ciclisti al mondo. Pidcock, ad esempio, è un atleta importantissimo e averlo nelle nostre gare è un grande vantaggio per tutto il movimento. Lo stesso vale per Van der Poel, che è uno dei ciclisti che rimarrà per sempre nella storia.

A Parigi, Luca Braidot ha ottenuto il 4° posto, con una gara di rimonta dopo una foratura
A Parigi, Luca Braidot ha ottenuto il 4° posto, con una gara di rimonta dopo una foratura
Hai avuto modo di gareggiare contro Van der Poel in mountain bike: da biker esperto come lo vedi?

È un po’ di anni che non corro contro di lui. Lui manca dalla mtb da diverso tempo. A Tokyo se non sbaglio ha fatto la sua ultima apparizione e la sua ultima stagione completa in mountain bike risale al 2019. In quell’anno era già fortissimo e oggi è uno dei migliori ciclisti di sempre. Che dire: Van der Poel va forte e anche tecnicamente sa guidare. Gli stradisti di quel calibro sono soprattutto forti fisicamente: hanno a disposizione strutture importanti alle spalle, grazie a team WorldTour che sono molto più strutturati dei nostri. In più possono fare corse importanti e questo li porta ad un livello atletico molto elevato.

Luca, ma vista l’evoluzione che c’è nella mtb e da quanto tempo Van der Poel manca dalla mtb, è davvero possibile per lui vincere il mondiale?

Per me sì. Se uno come lui decide di puntare al mondiale di mountain bike, sicuramente sarà tra gli uomini da battere. Se Mathieu dice che vuole provarci, allora è fattibile. È un talento indiscusso e se si dedica alla disciplina, avrà sicuramente le sue chance. Certo, la mountain bike è in continua evoluzione: materiali, percorsi, tecnica… Ma se si prepara con costanza può farcela. E come dicevo ha strutture importanti alle spalle, sono supportati alla grande. In più immagino che se deciderà di fare il mondiale, farà anche qualche gara di Coppa.

Cosa pensi del percorso del mondiale a Crans-Montana? E’ adatto alle sue caratteristiche. Per dire un tracciato come Andorra, con quella lunga salita, lo sarebbe stato di sicuro…

Abbiamo corso a Crans Montana l’anno scorso per la prima volta, ma con condizioni climatiche estreme: c’era tantissimo fango. È difficile dire come sarebbe con l’asciutto, ma in generale mi sembra un percorso abbastanza semplice a livello tecnico, salvo un paio di sezioni artificiali più complicate. Se fosse asciutto, potrebbe avvantaggiare un atleta polivalente come Van der Poel.

A Tokyo finì così per l’olandese: pochi minuti di gara e un mal di schiena che si protrasse per mesi. Anche per quel motivo si allontanò dalla mtb (foto UCI MTB SwPix)
A Tokyo finì così per l’olandese: pochi minuti di gara e un mal di schiena che si protrasse per mesi. Anche per quel motivo si allontanò dalla mtb (foto UCI MTB SwPix)
Prima Luca hai accennato alle differenze atletiche con grandi atleti della strada, però sul fronte tecnico, magari voi biker puri avete qualcosa in più. E’ così?

Come dicevo la grande differenza è nella preparazione. L’inizio della Coppa del mondo, per dire, coincide col termine delle grandi classiche e loro ci arrivano con una forma fisica impressionante. Nelle prime gare dell’anno, come a Nove Mesto, sono quasi imbattibili. Più avanti nella stagione, diventano più alla portata. Sì sul tecnico magari perdono qualcosa, ma oggi le bici consentono di fare certi passaggi anche ai bambini e consentono di ridurre questo gap.

Chiaro…

E poi un percorso o un passaggio in un weekend magari lo riprovi 50 volte e alla fine, anche piccoli gap tecnici si annullano o quasi. Ammesso poi che Pidcock abbia difficoltà sul tecnico! Lui ad esempio, è fortissimo anche sul tecnico. E Van der Poel non è troppo da meno.

Però Luca Braidot vendere cara la pelle…

Tutti i biker lo fanno! A Parigi, ad esempio, sono stato molto sfortunato ma sono riuscito a recuperare un grande gap. Mi ero preparato per una gara che credevo sarebbe stata di gruppo, nella quale ci sarebbe stato da limare, ma è andata diversamente. Sono soddisfatto di come ho reagito, e spero di fare ancora meglio quest’anno.

EDITORIALE / Cosa va a fare Pidcock alla Q36.5?

09.12.2024
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MIRALBONS (Spagna) – Un punto imprecisato lungo la AP-7 che corre lungo il sud della Spagna. Una sosta per scrivere questo editoriale, sulla strada verso Calpe e dei primi ritiri di stagione. Come ha scritto Emiliano Neri nel nostro gruppo ristretto (del team è parte preziosa anche Luciano Crestani), con questo viaggio inizia il nuovo anno. Mancano 30 chilometri al traguardo, ma è meglio fermarsi per tempo e finire il lavoro con calma. Il titolo ci frulla da qualche chilometro per la testa: cosa va a fare Pidcock alla Q36.5?

Uscendo da Valencia, poco dopo l’aeroporto, un immenso cumulo di auto infangate ci ricorda quello che è accaduto da queste parti poco più di un mese fa. Nei media non se ne parla da tempo, come del terremoto del Centro Italia, ma questo non significa che le ferite siano sanate e dimenticate. Proprio no.

Dalla Sardegna arrivano i messaggi di Filippo Lorenzon, che ieri avrebbe dovuto raccontarci una gara di cross e si è trovato invece nel bel mezzo della bufera di vento che ha portato all’annullamento della gara. Oggi è al lavoro per bici.STYLE, l’ultimo nato, poi tornerà a casa. Qui si comincia invece nel pomeriggio con la Jayco-AlUla, in attesa dell’incontro con Pogacar programmato per domani.

Usciti dall’aeroporto di Valencia, cumuli di terra e una montagna di auto ricordano la Dana
Usciti dall’aeroporto di Valencia, cumuli di terra e una montagna di auto ricordano la Dana

Il cross e Pidcock alla Q36.5

Ci sono due pensieri che si accavallano nella mente mentre si guida verso Calpe. Uno è il sincero dispiacere per il danno subito dall’amico Luca Massa, che per organizzare la Coppa del mondo di cross a Is Arutas ha messo in secondo piano ogni altro aspetto della sua vita e ora è lì a contare le perdite.

Un altro è il passaggio di Pidcock alla Q36.5 Pro Cycling, che ci ha dato tanto da ragionare. Sono due aspetti slegati, distanti fra loro anni luce, per cui forse il solo link potrebbe essere il fatto che il britannico corre anche nel cross. Eppure, sotto questo sole accecante, con le curve che si infilano fra le montagne e il mare sulla sinistra, i puntini si uniscono e compongono un quadro.

Nino Schurter, un’Olimpiade e 10 mondiali, è da sempre un atleta Scott: Pidcock userà invece bici Pinarello
Nino Schurter, un’Olimpiade e 10 mondiali, è da sempre un atleta Scott: Pidcock userà invece bici Pinarello

Schurter non c’entra

La notizia che Pidcock sarebbe andato alla Q36.5 girava da mesi. Era convinzione comune che il ritiro di Nino Schurter dalla mountain bike avesse spinto Scott ad accaparrarsi l’astro nascente, l’unico in grado di tenere testa nel palmares al gigante svizzero. Con due Olimpiadi e tre mondiali, l’associazione veniva facile. Quando poi Schurter ci ha ripensato, la pista svizzera sembrava essersi raffreddata, fino all’annuncio di pochi giorni fa e quello odierno di Pinarello da cui si è capito che il motore dell’operazione non è Scott.

Si dice infatti che Pidcock sarebbe da tempo il pallino di Ivan Glasenberg, proprietario di Pinarello come pure azionista di Q36.5 e alla fine avrebbe garantito lui per il contratto milionario (si parla di 8 milioni all’anno) del campione. Tom era il corridore più pagato della Ineos, bravo lui e bravo il suo procuratore, per cui forse di là non avranno lottato troppo per trattenerlo. A questo punto però, l’uomo del bar che c’è in ciascuno di noi, è portato a chiedersi: cosa troverà Pidcock nella nuova squadra che non poteva avere alla Ineos Grenadiers?

Ivan Glasenberg, classe 1957, è un magnate sudafricano, super appassionato di ciclismo (foto Bloomberg)
Ivan Glasenberg, classe 1957, è un magnate sudafricano, super appassionato di ciclismo (foto Bloomberg)

Il mercato delle bici

Andiamo al contrario: partiamo da quello che non troverà. Di certo l’ossessione del Tour, che gli si è cucita addosso da quando vinse il Giro d’Italia U23 del 2021 e si decise che sarebbe stato l’erede di Froome. A Pidcock le corse a tappe di tre settimane non piacciono, non le regge e forse trova noioso anche prepararle. Alla Q36.5, che da quando è nata non è stata ancora invitata in un Grande Giro, il problema probabilmente almeno nell’immediato non si porrà.

Sfortunatamente per lui però non potrà dare per scontati neppure gli inviti per le classiche del Nord che più gli piacciono. Si può sperare che gli organizzatori belgi avranno un occhio di riguardo, allo steso modo in cui l’arrivo di Alaphilippe potrebbe aprire alla Tudor le porte del Tour, ma non ci sono certezze.

E in che modo la Q36.5 si sta attrezzando per sostenerlo? Nelle sue dichiarazioni, Tom appare molto contento per l’opportunità di lavorare con dei nuovi materiali, anche se in un comunicato appena uscito, Pinarello fa sapere che il britannico continuerà a usare le sue bici per il fuoristrada.

Anche il mercato delle bici infatti è in subbuglio. Si sussurra, ma è da confermare, che Scott avrebbe rinunciato al Team DSM Firmenich per concentrarsi sulla Q36.5 e al suo posto in Olanda già dal 2025 potrebbe sbarcare Lapierre, uscita dalla FDJ Suez in cui Specialized ha seguito Demi Vollering.

Il vento ha provocato l’annullamento della Coppa del mondo di cross in Sardegna: i danni sono ingenti
Il vento ha provocato l’annullamento della Coppa del mondo di cross in Sardegna: i danni sono ingenti

I diritti dei più piccoli

E’ tutto un ribollire di soldi, del resto si chiama mercato e così deve essere. Tuttavia, pensando a Luca Massa e alla sua Crazy Wheels che ha organizzato il cross in Sardegna (avendo alle spalle Flanders Classics e PPEvents), viene da chiedersi se in questo mondo così assetato di euro ci sia ancora posto per i piccoli. E’ un discorso che si estende ai team giovanili e sale fino ai vertici del movimento, coinvolgendo chiaramente anche gli organizzatori. E’ notizia delle ultime settimane che la Zalf Fior non ripartirà, che la Hopplà corra lo stesso rischio, così come rischierebbe lo stop la Work Service fra gli juniores (speriamo di no).

Nelle scorse settimane, Luca Guercilena aveva posto una domanda cui cercheremo presto di dare una risposta. Se si parla di salary o budget cap per le squadre, perché non fare lo stesso con gli organizzatori? Perché non immaginare una lega in cui si condividano gli utili, in modo che i piccoli abbiano altre (provvidenziali) entrate? Perché ASO ed RCS possono drenare risorse dal territorio nel nome della loro storia? E perché invece i piccoli organizzatori come quello sardo, la stessa PPEvents e la SC Alfredo Binda della Tre Valli Varesine, rischiano di non ripartire per gli effetti di una calamità naturale? Perché i giganti non dovrebbero versare parte dei diritti televisivi o degli sponsor che rastrellano in virtù della loro forza, dato che lo stesso viene chiesto ai team WorldTour?

Cominciamo fra poco il nostro tour con De Marchi, qui alla Vuelta con la moglie Anna e i due figli
Cominciamo fra poco il nostro tour con De Marchi, qui alla Vuelta con la moglie Anna e i due figli

Destinazione Calpe

Sono i pensieri di un giorno di sole in questo primo viaggio che lancia il 2025. Chi governa il ciclismo sta lasciando correre da troppi anni e, come la tempesta di Valencia e quella che ieri ha fermato il cross in Sardegna, la marea rischia di spazzare via quel che trova sulla sua strada. Se non si mette mano al sistema, il ciclismo agonistico rischia di subire danni incalcolabili. La scomparsa delle società giovanili fa calare la probabilità che nascano campioni: è un semplice dato numerico, niente di misterioso.

Chissà che non sia il gigante Red Bull, nel momento in cui capirà l’andazzo, a portare la sua esperienza di altri settori e suggerire un cambiamento di rotta. Ad andare avanti come si è sempre fatto, la storia insegna, non si va più da nessuna parte. Perciò adesso pubblichiamo questo articolo e poi ci rimettiamo sulla strada. Nonostante tutto, l’incontro con i corridori resta uno dei momenti più magici del mestiere.

Puccio e la Ineos: evoluzione continua e si punta sempre in alto

20.11.2024
5 min
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Salvatore Puccio si appresta ad affrontare la quindicesima stagione da professionista, tutte trascorse con la Ineos Grenadiers. In questi tre lustri molte cose sono cambiate: il ciclismo, Puccio stesso e la Ineos. Recentemente si sono verificati diversi cambiamenti significativi: il ritorno di Rod Ellingworth si è concluso prematuramente e, in pochi anni, se ne sono andati direttori sportivi come Tosatto e Cummings (pare in rotta con Pidcock), mentre alcuni coach sono stati sostituiti. È in atto un cambio generazionale, con i giovani che si stanno facendo largo. L’arrivo di Joshua Tarling è stato il vero colpo.

Il siciliano trapiantato in Umbria ha già ripreso gli allenamenti. La prossima potrebbe essere la sua ultima stagione da professionista, motivo in più per fare bene e chiudere alla grande. Oppure, chissà, per continuare ancora. È anche il momento giusto per analizzare i cambiamenti di un team in costante evoluzione.

«Ho ripreso da poco – dice Puccio – e ho già un’idea di quello che dovrò fare, anche se con il probabile annullamento della Valenciana (a causa delle recenti inondazioni, ndr) potrebbe esserci qualche cambiamento nella prima parte della stagione. Dovrei correre in Spagna e poi in Francia. Vedremo… L’obiettivo principale dell’anno è il Giro d’Italia. Vorrei arrivarci in forma, perché in questa squadra non basta l’esperienza: il posto te lo devi guadagnare».

Puccio e Ganna sono gli unici corridori italiani nella Ineos 2025
Puccio e Ganna sono gli unici corridori italiani nella Ineos 2025
Salvatore, sei quindi già nel pieno: come stai lavorando?

Ho cambiato qualcosa. Con i nuovi coach è diverso: una preparazione più in linea con il ciclismo attuale. Prima facevo tanto fondo, ma ora bisogna velocizzare un po’. Ho già iniziato a lavorare in questa direzione. Magari non sarà la preparazione giusta, ma tanto sapevo già quella vecchia non sarebbe più andata bene.

Prima Salvatore hai accennato all’esperienza che non basta per essere al Giro, ma non è che i nuovi dello staff guardino “solo” i numeri e meno l’atleta? Noi per esempio ricordiamo quanto Brailsford ti tenesse in considerazione….

Ho avuto problemi alla Strade Bianche: una caduta mi ha provocato forti dolori per lungo tempo. Ho saltato la Tirreno e poi sono andato al Catalunya, ma non ero ancora a posto. Probabilmente non avrei dovuto partecipare, ma se non fossi andato sarei rimasto ancora più indietro. Questo ha compromesso la mia preparazione per il Giro. Ho fatto il Tour of the Alps, che non è una gara adatta a me, e lì non stavo ancora bene. Ho capito di non essere pronto per il Giro. E io non vado alle corse solo per esserci: questa non è una squadra che ti permette di farlo, visti i suoi standard.

Ineos: tu sei da sempre in questo team: quanto è cambiato?

Negli ultimi due anni siamo calati di livello, è innegabile. Però quest’inverno ci siamo mossi bene: nuovi coach, nuove collaborazioni, l’arrivo del Development Team. Per me sono segnali incoraggianti. È vero, dopo tanti anni di successi ci siamo ritrovati a fare le stesse cose. Cambiare era necessario e stimolante. Non voglio dare la colpa a nessuno, ma ora vedremo come andrà. L’importante è credere in quello che si fa e questo dà motivazione.

Nel classico ritrovo pre-stagionale la Ineos Grenadiers ha visitato l’Old Trafford, “casa” del Manchester United e di Brailsford (foto Instagram)
Nel classico ritrovo pre-stagionale la Ineos Grenadiers ha visitato l’Old Trafford, “casa” del Manchester United e di Brailsford (foto Instagram)
E’ chiaro…

In 12-13 anni abbiamo vinto ovunque. È normale che ci siano cali, come accade nel calcio o in Formula 1. Per anni gli altri ci hanno inseguito, ora ci sono altre squadre in cima. Vedremo però quanto dureranno.

Pensiamo alla Visma-Lease a Bike, anche se è vero che quest’anno hanno avuto sfortune enormi…

Lo avete detto voi. Io non volevo fare nomi, ma è così. Hanno avuto sfortuna, ma pensate che noi in tutti questi anni non abbiamo avuto infortuni o problemi? Eppure abbiamo sempre trovato ricambi: Wiggins, Froome, Thomas, Bernal… Sono stati tutti cambi molto rapidi. E oltre a loro mi vengono in mente corridori come Landa, Uran, Porte, che hanno sempre ottenuto ottimi risultati.

A proposito di calcio, Sir Dave Brailsford ora è molto impegnato con il Manchester United: si sente  la sua mancanza?

Brailsford è ancora a capo della squadra, ma si vede meno di prima. Ora la guida è affidata ai nuovi dirigenti, mentre lui ha più un ruolo di supervisione. È chiaro, per stare davvero dentro alle dinamiche devi viverle tutto l’anno. Ma comunque lui c’è.

In questa Ineos in evoluzione c’è stato l’annuncio della squadra giovanile, la Lotto-Kern-Haus, o devo team, come si dice oggi: cosa ci puoi dire di questo progetto?

Non sappiamo ancora molto. Sarà interessante vedere come funzionerà questo progetto.

E dei nuovi arrivi cosa ci dici?

Ci sono diversi giovani e devo dire che non è stato un brutto mercato. Che poi se andiamo a vedere i grandi nomi erano già sistemati… Secondo me abbiamo fatto buone scelte.

Puccio festeggiala conquista della maglia rosa di Bernal. Era il Giro 2021
Puccio festeggiala conquista della maglia rosa di Bernal. Era il Giro 2021
Uno di questi nomi era Pidcock

Per quanto riguarda Tom, si parlava di un suo trasferimento, ma ha un contratto di cinque anni: teoricamente non era neanche sul mercato.

A proposito di veterani: della Ineos 2025 non ci sarà Viviani. Ti mancherà Elia?

Dispiace per la partenza di Elia Viviani: il suo carisma si faceva sentire. Magari se non andrà male farà un altro anno ancora.

E tu?

Per quanto riguarda me, vedremo come andrà questa stagione. Già dalla prima parte si potrà capire molto: le gambe, il morale, la voglia. Se andrà bene, potrei continuare. Io non voglio trascinarmi in bici. Ho sempre avuto un ruolo preciso, al servizio di capitani importanti, e ho sempre cercato di essere al top. Per questo voglio essere competitivo: è l’obiettivo principale del prossimo anno.

Mercato in fermento. Da Alaphilippe alla Tudor, al futuro di Remco

21.08.2024
6 min
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La stagione è ancora nel pieno e il mercato è ufficialmente aperto. In realtà non si chiude mai, ma dal primo agosto i contratti possono essere ufficializzati. E così ecco che sono già arrivate le prime “bombe di mercato”. Quali bombe? Bettiol all’Astana-Qazaqstan in presa diretta e Alaphilippe alla Tudor, dalla prossima stagione.

Ma le novità sono numerose. C’è un bel caos in atto. Sono oltre 70 gli scambi (compresi i passaggi interni tra devo team e prima squadra) ufficializzati nell’ultimo mese, tra gli uomini.

E non vanno dimenticate le grandi manovre di mercato al femminile, come Vollering alla Fdj Suez (non ufficiale) insieme alla Labous. Longo Borghini via dalla Lidl-Trek e il ritorno su strada, questo sì ufficiale, della neocampionessa olimpica di mtb, Pauline Ferrand Prevot alla Visma-Lease a Bike.

Bettiol è passato ufficialmente dall’EF Education all’Astana-Qazaqstan dal 15 agosto scorso
Bettiol è passato ufficialmente dall’Ef Education all’Astana-Qazaqstan dal 15 agosto scorso

Astana internazionale

Partiamo proprio dall’Astana di patron Vinokourov. In attesa del main sponsor dalla Cina, XDS Carbon-Tech (si sono già fatti dei passi in avanti per quel che riguarda le bici 2025), ci sono stati già dei bei cambiamenti. Per un Bettiol e un Wout Poels che arrivano c’è un Lutsenko che parte. Alexey è stato una colonna di questo team e del ciclismo kazako. La sua partenza è una piccola rivoluzione, per questa squadra che inizia ad uscire con sempre maggior insistenza dai confini nazionali.

Smetteranno Morkov e Cavendish, due posti importanti che certamente saranno rimpiazzati, anche da corridori italiani. Uno di questi è Romele, già nelle fila kazake, ma del devo team, che passa in prima squadra. Mentre alcune voci dicono che Battistella, in scadenza di contratto, potrebbe cambiare aria, ma un altro atleta italiano, ora nel WT, potrebbe raggiungere i turchesi.

Il team kazako ha fame di punti e cercherà di restare nella massima categoria con le unghie e con i denti. Non sono esclusi altri colpi importanti.

Rumors danno Tratnik (in scadenza di contratto) in rotta verso la Red Bull-Bora del grande amico Roglic
Rumors danno Tratnik (in scadenza di contratto) in rotta verso la Red Bull-Bora del grande amico Roglic

Intrecci Red Bull e Soudal 

Chi sta continuando la sua trasformazione, come ci diceva anche Benedetti ieri, è la Red Bull-Bora. Non solo grandi Giri nel mirino. Qui si vuol crescere su più fronti: settore giovanile, classiche, crono. Presi i giovani Fisher-Black, Phitie e soprattutto il nostro Pellizzari, c’è stata un’enorme fuoriuscita di corridori storici, tra chi termina la carriera e chi cambia squadra. Per esempio Buchman passa non senza qualche strascico polemico alla Cofidis. Kamna va alla Lidl-Trek. Via anche Jungels e Schachmann, rispettivamente a Ineos-Grenadiers e Soudal-Quick Step, team con cui ci sono possibili intrecci.

Al contrario della Red Bull-Bora, proprio la Soudal-Quick Step si stringe sempre di più attorno ad un uomo, il suo simbolo: Remco Evenepoel. Schachmann è stato preso proprio per aiutare Remco e in tal senso sembra ci sia un’opzione per i fratelli Paret-Peintre. E anche il fatto che Alaphilippe lascerà il team è indicativo. La vecchia guardia non c’è quasi più, visto che anche Asgreen andrà via, alla Uno-X.

La squadra di Lefevere per le classiche delle pietre non è più quella corazzata di un tempo. Per ora almeno, lasciamogli crescere i ragazzi in casa. Tutto da vedere è invece il ruolo di Ethan Hayter, che arriverà dalla Ineos.

Ma c’è un altra cosa che lega questi due team in questa fase del mercato, il rumors forse più importante di tutto il mercato: Remco Evenepoel, proprio lui.

Il brand austriaco della nota bibita vuole allestire un colosso al pari di UAE Emirates e Visma-Lease a Bike. E così sembrano fare rotta sul team di Ralph Denk: Remco, Tratnik, i due Van Dijke (anche loro della Visma) e Tom Pidcock.

Ethan Hayter: pistard, cronoman, finisseur e gregario: la Ineos-Grenadiers perde un nome importante
Ethan Hayter: pistard, cronoman, finisseur e gregario: la Ineos-Grenadiers perde un nome importante

Ineos, che fai?

Il nome di Pidcock ci porta in casa Ineos-Grenadiers. Il folletto di sua maestà ha un indizio super pesante che lo dirotta verso il team tedesco: lo sponsor personale che guarda caso è proprio Red Bull. Voci vicine al team, hanno riferito che Tom non sia stato felicissimo di essere schierato al Tour. Lui si sente biker e vuole fare più gare in mtb. Magari alla Red Bull avrebbe più carta bianca e meno pressioni visti i tanti campioni presenti.

Accantonata la voce che vorrebbe un massiccio ed oneroso affondo su Evenepoel (più che improbabile ormai per il 2025), ci si chiede davvero cosa farà questa ex super potenza del ciclismo moderno. Si dice che anche il patron di Ineos voglia investire parecchio, ma per ora non c’è il mega big e per di più hanno perso anche i due Hayter.

Sui giovani Ineos è stata brava ma non formidabile, cosa che ci si sarebbe aspettato vista l’assenza, almeno in questa fase della sua storia, appunto del super nome. Non dimentichiamo che partono anche Narvaez, destinazione UAE Emirates, e Viviani che è in scadenza di contratto. Carlos Rodriguez e Joshua Tarling saranno in grado di “reggere la baracca”?

Gemelli ancora più rivali l’anno prossimo. Simon Yates, in primo piano, passerà alla Visma-Lease a Bike per supportare Vingegaard
Gemelli ancora più rivali l’anno prossimo. Simon Yates, in primo piano, passerà alla Visma-Lease a Bike per supportare Vingegaard

L’eterna sfida

Ed eccoci alla sfida tra UAE Emirates e Visma-Lease a Bike. Su carta sembra difficile rinforzare due squadre così, specie la UAE. E non facciamoci ingannare dall’annata non troppo fortunata dei gialloneri, la sua rosa resta super. In ogni caso, anche per Vingegaard è stato preso uno Yates, Simon chiaramente. I due gemelli saranno più rivali che mai in questo derby per il dominio del WT e del Tour de France.

Sarebbe curioso sapere se Simon rivelerà qualche info “da spionaggio” che il fratello magari gli confessava quando ancora non sapeva del suo passaggio alla Visma.

In ogni caso, UAE ha preso Narvaez, corridore poliedrico che potrà essere utile alla causa delle classiche e non solo. E sempre in ottica classiche ha preso Florian Vermeersch, un bel bestione dalla Lotto-Dstny. 

Il mercato della Visma di contro, oltre a Simon Yates, ha visto l’arrivo di Axel Zingle, Victor Campenaerts e Mike Teunissen. 

In tutto ciò bisognerà vedere come andranno le cose per due big di questi team: Ayuso e Van Aert.

Si dice che lo spagnolo vorrebbe cambiare aria, perché soffocato da Pogacar, ma Matxin ha negato tutto. Mentre per Van Aert vale un po’ il discorso fatto per Pidcock circa lo sponsor: anche lui è Red Bull. Però è anche vero che il patron della Visma, da sempre “innamorato” di Wout, non lascerà andare via una figura così importante sia sul fronte tecnico che su quello del marketing per i suoi supermercati tra Belgio e Olanda. Wout è popolarissimo. E poi anche la Red Bull-Bora non può mica prenderli tutti, tutti!

Speriamo per la Tudor che quanto visto a San Sebastian tra Alaphilippe e Hirschi siano prove di attacco insieme e non di rivalità
Speriamo per la Tudor che quanto visto a San Sebastian tra Alaphilippe e Hirschi siano prove di attacco insieme e non di rivalità

Tudor regina 

Per il resto ci sono tanti altri “piccoli”, ma interessanti, movimenti. Uno è il passaggio di Lenny Martinez dalla Groupama-FDJ dove era cresciuto alla Bahrain-Victorious. Con Tiberi qui si vuol formare la coppia del futuro.

E in generale è interessante vedere il mercato dei tanti movimenti dei team francesi, tra giovani e corridori affermati che cambiano. In tal senso una vera rivoluzione sta interessando la Cofidis. Via Zingle, Guillame Martin (alla Groupama-Fdj) e Geschke (fine carriera) la squadra biancorossa ha già preso sei atleti e altrettanti ne dovrebbero arrivare. Tra questi in “nomination” ci sarebbe anche Lorenzo Rota, a fine contratto con la Intermarché-Wanty.

Infine, è ottimo il mercato del Tudor ProCycling Team. Patron Cancellara ha preso, come detto in apertura, Julien Alaphilippe, ma anche un altro big: Marc Hirschi. Senza contare Marco Haller, ottimo in funzione di questi due acquisti. E altri tre corridori dal loro devo team.

Tanta carne al fuoco insomma e non è finita qui. Vedremo cosa ci riserverà l’autunno. Gli scambi dell’ultimo minuto spesso hanno lasciato il segno più di altri, proponendo per la stagione successiva corridori affamati.

La posizione di Pidcock? Meno avanzata di quel che sembra

25.04.2024
5 min
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A prima vista la posizione di Tom Pidcock sembra avanzata. Quasi al pari dei fratelli Yates. Una posizione molto da biker, ancor più che da ciclocrossista. Ma poi se si va ad analizzare bene e lo si fa con le persone giuste, si scopre non è proprio così. Anzi…

Ci siamo chiesti quanto ci fosse del biker e del crossista Pidcock nel suo setup da strada. In realtà del setup vero e proprio non c’è tanto, mentre c’è molto della guida e della “filosofia” del Pidcock fuoristradista. Di questi aspetti abbiamo parlato con Matteo Cornacchione, storico meccanico della Ineos Grenadiers.

Matteo, vedendolo da fuori sembra che Tom abbia una posizione molto avanzata. Molto da biker, con il baricentro tutto sulla pedaliera, anche se poi questa tendenza è ormai sdoganata anche su strada. E’ così?

In realtà Tom non è molto avanzato. Anzi, è il meno avanzato dei nostri. Ha 9 centimetri di arretramento sella. Non credo che abbia ereditato qualcosa di specifico dalla mtb, per questo aspetto fa molto riferimento a Kurt Bogaerts, il suo coach e factotum che lo segue in tutto e per tutto. Per dire, lui usa il reggisella normale e quando dico normale intendo quello arretrato e non quello dritto. Semmai del crossista e del biker ha ereditato l’attenzione per le pressioni delle gomme.

Ci puoi dire di più?

Ci lavora moltissimo e ha una sensibilità pazzesca. Fa davvero tante prove con le gomme. Per esempio prima della Strade Bianche ci fa fare parecchi cambiamenti e parliamo di aggiustamenti nell’ordine di aumentare o diminuire 0,1-0,2 bar. A volte gli chiediamo: «Tom, ma cosa vuoi che cambi intervenendo così poco?». Ma lui lo sente eccome. Capita che durante la ricognizione in una discesa di un minuto e mezzo, rifili 20” ai compagni. Sembra quasi che sappia cosa ci sia dietro la curva. Noi abbiamo il compressore digitale ad alta precisone e lui controlla sempre in prima persona.

La sella dell’inglese ha un arretramento di 9 centimetro rispetto al movimento centrale. Ormai una rarità
La sella dell’inglese ha un arretramento di 9 centimetro rispetto al movimento centrale. Ormai una rarità
Altri accorgimenti border line?

Direi le pedivelle. Sta facendo delle prove con quelle più corte (e questa sì che è una reminiscenza da biker, ndr). Sia su strada, che nei test su pista per strada appunto e crono, ha provato le 165 millimetri. A crono addirittura ha usato le 160. Alla Tirreno per esempio aveva un setup particolare con la corona da 68 denti e le pedivelle da 160. Era quasi più grande la corona che la pedivella! Però è bello, perché Pidcock è molto tecnico e vuol provare tutto.

Con la bici da crono ha trovato subito il setup ideale?

Posso dire che ci sta lavorando molto. Ci esce tantissimo, perché vuol fare bene al Tour de France.

Torniamo all’arretramento, Matteo. A noi sembra così avanzato perché ha un telaio più piccolo rispetto alla sua misura?

Esatto. Tom utilizza una Pinarello Dogma taglia 46,5, quindi un po’ piccola per la sua altezza (170 centimetri, ndr). E ha un attacco manubrio direi normale: 110 millimetri. La piega è da 38 centimetri centro-centro. E la forcella ha il rake da 47 millimetri. Io dico che secondo me guida bene anche per questo motivo.

Alla Tirreno, Pidcock ha utilizzato una corona da 68 denti e pedivelle da 160 mm (foto Instagram)
Alla Tirreno, Pidcock ha utilizzato una corona da 68 denti e pedivelle da 160 mm (foto Instagram)
Cioè?

A mio avviso queste numerose e disastrose cadute dipendono anche dal fatto che ormai i corridori per spingere meglio sono tutti avanzati (si sta davanti per sfruttare il grande gluteo il muscolo più grosso e potente del corpo, ndr), ma questo va a discapito della guida.

Interessante, vai avanti per favore…

Stando col baricentro più avanti, non hai margini di errore. Sei subito sulla ruota anteriore, quasi ci “cadi” sopra. Tom invece oltre che essere abile di suo, ha una posizione “vecchio” stile col suo arretramento e la forcella “più ampia” col rake da 47 millimetri. Pertanto è più equilibrato. Tanti altri corridori si spostano più avanti per racimolare qualche watt in più, ma magari per farlo durante una corsa a tappe di una settimana cadono tre volte. E allora quanto ti è stata utile davvero questa posizione estrema?

Un’altra cosa che abbiamo notato di Tom è che sulla sella si muove parecchio. Spesso lo pizzichiamo in punta, altre volte sul calcio…

E’ una sua caratteristica da fuoristradista. Proprio sulla sella quest’anno ci ha messo un po’ per trovarla. Ma era normale cambiando fornitore. Siamo passati a Prologo, che ha una gamma vastissima. In un pomeriggio Tom ha provato anche tre selle. Poi però una volta individuata quella giusta ci ha lavorato e non ha più cambiato. Anche in mtb ci ha messo un bel po’, però è anche vero che tra il cross e le classiche non ha avuto poi tutto questo tempo. Pensate che dopo la Tirreno ha fatto un sopralluogo delle tappe italiane del Tour, poi è andato a Nizza dove abbiamo i nostri magazzini, e lì ha provato la sella per la mtb e poi è venuto alla Sanremo.

Secondo Cornacchione il feeling e la sicurezza di guida in discesa di Pidcock dipendono anche dal suo setup “vecchio stile”
Secondo Cornacchione il feeling e la sicurezza di guida in discesa di Pidcock dipendono anche dal suo setup “vecchio stile”
E invece per quel che riguarda le gomme cosa ci puoi dire? Abbiamo notato che alla Strade Bianche per esempio era l’unico dei vostri con le 28 millimetri…

Di base, davanti usiamo il 25 millimetri e dietro il 28 millimetri. Tom preferisce i tubeless. Il nostro fornitore è Continental e in base al tipo di percorso a volte opta per il TR a volte per il TT. Questo secondo pneumatico è un po’ più leggero e veloce rispetto al primo, ma al tempo stesso dà qualche piccola garanzia in meno in termini di forature. Sono piccoli rischi si prendono, ma la scelta poi dipende dal percorso e dal corridore.

Infine i rapporti. Pidcock ha qualche preferenza?

Usa sempre il 54-40 anche nelle tappe dove qualcuno dei nostri sceglie invece il 56-44. Ed è fisso anche per quel che riguarda il pacco pignoni: sempre l’11-30, mentre tutti gli altri optano per il l’11-34. Preferisce quindi avere una scala più graduale.

Amstel Gold Race: Pidcock l’ha vinta, Wiebes l’ha buttata

14.04.2024
6 min
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A Berg en Terblijt si respira l’aria della festa mentre Tom Pidcock si sbaciucchia il cane Chestnut. L’Amstel Gold Race è finalmente sua, dopo la beffa che nel 2021 lo relegò alle spalle di Van Aert, a capo di un fotofinish che ancora oggi lascia qualche dubbio. Il britannico della Ineos Grenadiers ha fatto pace con la corsa dei mastri birrai e con una stagione che non voleva saperne di prendere la strada giusta.

«Adesso mi sento bene – dice – quest’anno è stato davvero duro. All’inizio ho dovuto fare grandi sacrifici, stando tanto a lungo lontano da casa. Quindi adesso alzare le mani al cielo significa molto. Questa è una gara che ho sempre amato, è piuttosto speciale. Oggi la squadra era totalmente dalla mia parte. “Kwiato” sta andando davvero bene, ma si è impegnato completamente a mio favore. Riuscire a ripagarli è davvero speciale.

«C’è stato il momento in cui tutti si guardavano e io ho attaccato: non è sempre una questione di gambe, serve anche scegliere il giusto tempo. Per come erano messe le mie mani dopo la Roubaix, avevo paura che avrei avuto difficoltà a sprintare. Quindi non ero così fiducioso, ma è andata bene. E ora che la pressione è allentata, possiamo semplicemente andare a correre e finalmente a divertirci alla Freccia e alla Liegi».

Il gruppo dell’Amstel Gold Race fra ali di tifosi: la passione è straripante
Il gruppo dell’Amstel Gold Race fra ali di tifosi: la passione è straripante

Le mani di Pidcock

Le sue mani alla vigilia dell’Amstel sono state l’oggetto di una dichiarazione a metà fra l’ironico e lo scaramantico, rilasciata venerdì da Pidcock.

«Le mie mani sono ancora doloranti – ha detto – immagino che sia una lezione che dovevo imparare. Ora so che non si può semplicemente andare alla Parigi-Roubaix senza preoccuparsi anche di questo. Normalmente non ho problemi con queste cose, ma di recente non sono andato in mountain bike e non ho fatto nessun’altra corsa sul pavé. Quindi le mie mani sono un po’ più morbide del solito. L’Amstel è una gara fantastica, poi verranno le Ardenne, un mio grande obiettivo fin dall’inizio dell’anno. Quindi non vedo l’ora di mettermi in gioco, insieme alla squadra. Questo è un periodo dell’anno davvero bello».

Van der Poel sotto tono

Il fatto è che quando Pidcock ha attaccato, la gente guardava fisso alle sue spalle, cercando di capire quando Van der Poel avrebbe attaccato per andarsi a prendere la corsa di casa. Dopo il Fiandre e quella Roubaix, ci si abitua alle imprese. E il fatto che il campione del mondo non si fosse ancora mosso, si riconduceva forse al volersi risparmiare per la Liegi o al correre più accorto in una corsa che non si risolve solo con grandi attacchi. Invece Mathieu questa volta è rimasto indietro, chiudendo anonimamente oltre la ventesima posizione.

«In effetti non avevo delle super gambe – ha detto dopo l’arrivo – anche se in generale non ci siamo comportati male con la squadra. Forse c’è mancato qualcuno per il tratto tra Fromberg e Keutenberg, dove tutti hanno iniziato ad attaccare. E lì ho fatto una scelta tattica, perché se avessi attaccato, gli altri sarebbero saltati. Se in questa corsa metti troppo preso le carte in tavola, vieni punito. Perciò abbiamo mantenuto un ritmo alto e speravo che saremmo rientrati, ma i primi erano davanti per un motivo ben preciso: erano semplicemente i più forti.

«Non potete aspettarvi che vinca ogni fine settimana, tanto più che le corse più adatte a me sono passate. Oggi c’era una probabilità maggiore di perdere rispetto a quella di vincere. E’ una corsa diversa con altri corridori, sono abbastanza realista da sapere che non posso vincere tutto. E così sarà anche la prossima settimana. La Liegi è ancora un grande obiettivo e ci riproverò, anche se ci sarà in corsa un certo Tadej Pogacar. Oggi parto per la Spagna per riposarmi un po’ e godermi il bel tempo».

Prma del via, Van der Poel con Leo Van Vliet, organizzatore dell’Amstel
Prma del via, Van der Poel con Leo Van Vliet, organizzatore dell’Amstel

Il colpaccio di Marianne

Poco prima, nella gara delle donne, si è consumata la beffa più grande ai danni di Lorena Wiebes per mano di quella splendida volpe di Marianne Vos. L’olandese del Team SD Worx-Protime ha fatto tutto bene, prendendo la ruota di Elisa Longo Borghini che ha lanciato lo sprint. Si è destreggiata fra le altrui gambe e quando ha visto arrivare la riga, ha buttato lo sguardo verso destra ed ha allargato le braccia, convinta di aver ormai finito il lavoro.

«Ho visto che Lorena si è alzata e ha iniziato a sperare – ha raccontato Marianne Vos – e sapevo per esperienza che in quei casi si può perdere molta velocità. Io ero molto lanciata e ho deciso di sprintare fino al traguardo, anche se non avrei mai pensato di poter vincere. E’ un tipo di errore che fortunatamente non mi è mai capitato e che a Lorena non capiterà più. Le ho parlato brevemente, ma non potevo fare altro che dirle che un giorno tornerà per vincere. Anche a me è dispiaciuto per lei, mi rendo conto che si sentisse davvero a terra».

L’ironia di Wiebes

Per fortuna Wiebes l’ha presa abbastanza bene, consapevole che per un po’ sarà lo zimbello delle colleghe e delle stesse compagne di squadra.

«Demi Vollering – ha raccontato nella conferenza stampa – mi ha detto che tornerà a questa corsa con ancora più fame. Ma so che per questo gran finale non dormirò bene per qualche notte, anche perché la squadra ha fatto un ottimo lavoro. Quando ho capito che non avevo vinto? In realtà abbastanza rapidamente. Non ho visto arrivare Marianne, è stato solo uno stupido errore. E’ la prima volta che mi succede e spero davvero che sia l’ultima. Metterò da parte la bici per qualche giorno e cercherò di godermi la vita».

La corsa delle donne è stata falsata dalla caduta di un poliziotto in moto. La gara è stata fermata e dopo un’ora di sosta, il gruppo è stato guidato in convoglio fino al traguardo. Qui è stata data una seconda partenza. La gara così rimodulata è stata lunga appena 55 chilometri e questo ha impedito che ci fosse l’attesa selezione.

Ora la carovana punta il naso verso le salite delle Ardenne. Mercoledì la Freccia Vallone, domenica la Liegi. Prima che inizi la stagione dei Grandi Giri, gli appassionati e i corridori hanno ancora davanti delle sfide pazzesche.

Alle spalle di Tadej, stremati tra fatica e stupore

02.03.2024
4 min
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Se qualcuno, vedendolo attaccare, ha pensato che Pogacar stesse scherzando, può riporre la bici nel camion e cambiare lavoro. Il problema semmai è che tutti hanno preferito voltarsi dall’altra parte, come quando in salita partiva Pantani ed era meglio non provarci nemmeno. Quando Tadej s’è alzato in piedi e ha dato le dieci pedalate in più che l’hanno staccato dal gruppo di testa, nessuno ha avuto il coraggio di seguirlo. Ne serve tanto per andare all’attacco a 81 chilometri dall’arrivo.

Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima dietro l’attacco di Tadej
Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima

Il rimpianto di Pidcock

Pidcock è arrivato a Siena da vincitore uscente e con una condizione accettabile. L’ottavo posto dell’Omloop Het Nieuwsblad poteva essere un buon viatico per giocarsi la Strade Bianche, ma forse neppure lui immaginava di doversi confrontare con un simile attacco. Le gambe forse c’erano, perché quando poi ha deciso di cambiare ritmo, non ha avuto grosse difficoltà a liberarsi della compagnia.

«Anche prima che Tadej si muovesse – ammette in serata – eravamo a tutto gas. Quando poi ha attaccato, sembrava che fossimo nel grupetto dei velocisti, intorno c’erano solo cadaveri e io ho aspettato troppo a lungo. Ho fatto troppo poco e troppo tardi. Se me la fossi giocata un po’ meglio, sarei potuto arrivare secondo. E’ stato come se stessimo correndo sul vecchio percorso, ma quando si aggiungono 40 chilometri tutto diventa più difficile, anche se non credo che il risultato sarebbe cambiato.

«Ho mangiato senza sosta per tutta la gara, oggi era fondamentale e stasera penso che non mangerò nulla. Quando vai a tutto gas già nei primi 80 chilometri, mangi come se fosse in finale e poi devi continuare allo stesso modo sino in fondo. Non mi aspettavo che Tadej attaccasse in quel punto e quando lo ha fatto ci siamo guardati in faccia senza sapere cosa dire. Ho pensato che non avesse senso andare con lui in quel momento, perché mancavano ancora 80 chilometri e non volevo finire in rosso, ma potevo sicuramente fare diversamente».

Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils
Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils

La soddisfazione di Skuijns

Toms Skuijns è arrivato secondo, staccando nel finale Van Gils che per primo era riuscito ad avvantaggiarsi dalla testa del gruppo. Il lettone della Lidl-Trek si era già mosso bene in Belgio, ma il secondo posto di Siena è il suo miglior risultato in una grande classica.

«Onestamente – dice – senza la squadra non sarei arrivato secondo. E’ la prima volta che sono il leader designato in gara e spero di averli ripagati per questo. Ho forato due volte prima di cadere ed entrambe le volte ho preso le ruote da Jacopo (Mosca, ndr) ed entrambe le volte Eddie e Fabio (Theuns e Felline, ndr) mi hanno aspettato per riportarmi in testa al gruppo. Hanno fatto davvero tutto il possibile.

«Peccato che contro Tadej non ci fosse molto da fare, ma penso che con tutto quello che è successo oggi possiamo essere più che soddisfatti. Quando è partito avevo il cambio che saltava, è stato un momento molto difficile. E’ stata una battaglia: non solo fisicamente, ma anche mentalmente. E’ uno dei podi più belli che potessi ottenere, è una gara molto speciale. Sai sempre che sarà un giorno pazzesco in cui dovrai lottare senza sosta. Già lo scorso fine settimana in Belgio avevo fatto passo avanti e questo è l’obiettivo di ogni anno: fare un passo avanti. Ci sono altre gare in arrivo, il team sta crescendo e sono molto felice di farne parte».

Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio
Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio

Van Gils, un passo avanti

Van Gils, 24 anni, è partito all’attacco sulla salita delle Tolfe, dando l’impressione di avere ancora gambe. E forse la sua idea sarebbe stata la migliore, se qualcun altro lo avesse seguito. Anche se forse a quel punto le forze erano al lumicino per tutti.

«All’inizio della gara ero nervoso – ha detto il belga della Lotto Dstny – ci siamo impegnati così tanto per prepararla. Ho provato a seguire Tadej, poi sarei potuto restare alla sua ruota. Ma c’erano altri corridori prima di me e non sono riuscito a rispondere. Così Tadej se ne è andato, perché era semplicemente troppo forte per tutti. Quando ho attaccato, speravo di portarne altri con me, ma nessuno mi ha seguito, a parte Skujins. Sapevo che la Strade Bianche è adatte a me, questo podio è la conferma che posso competere con i grandi. E’ davvero bello sapere di aver fatto un altro passo avanti. Sono completamente esausto ora, ma super felice di questa prestazione».

Pidcock a Van der Poel: faremo i conti in mountain bike

22.01.2024
5 min
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BENIDORM (Spagna) – La stagione del cross di Tom Pidcock si è conclusa ieri nel Parco El Moralet y Foietes, con il nono posto a 27 secondi da Van Aert. A un certo punto, ci ha anche provato, ma a due giri dalla fine si è accesa la riserva e ha dovuto alzare bandiera bianca.

Forse perché consapevole di non poter lottare per la vittoria della prova spagnola di Coppa del mondo, sabato pomeriggio il britannico è sceso dal pullman mangiando una banana e si è concesso ai tifosi e ai giornalisti con una disponibilità vista raramente in precedenza.

Blackout dopo Natale

Sul volto portava ancora i segni della caduta prima di Natale, con un cerotto sul naso e l’occhio ancora un po’ nero, ma le sensazioni ora sono buone, come Tom stesso ha confermato.

«Sono di nuovo in salute – ha detto – e mi sento forte sulla bici. Questo è ciò su cui mi sono concentrato nelle ultime settimane. Dopo Natale non mi sentivo me stesso. Si correva un giorno sì e un giorno no e in quello di mezzo non riuscivo a spingere. Dovevamo fare lavori dietro moto a 50-60 all’ora, ma io non riuscivo ad andare oltre i 40. Ho parlato con altre persone, che non stavano realmente male, ma si sentivano deboli. Non so se sia stato Covid o che cosa. Così ci siamo presi un po’ di tempo e adesso mi sento finalmente meglio».

Fra i grandi del cross mondiale, Pidcock è stato il solo a provare sabato il percorso di Benidorm
Fra i grandi del cross mondiale, Pidcock è stato il solo a provare sabato il percorso di Benidorm

Un mese in Spagna

Il Team Ineos Grenadiers inizierà il suo ritiro in ritardo rispetto agli altri: l’appuntamento, come detto qualche giorno fa da Puccio, è per domani. A quel punto il cross sarà una porta chiusa che si riaprirà fra un anno e par di capire, sentendolo parlare, che l’impossibilità di lottare per la vittoria renda la partecipazione meno interessante. Divertente in sé, ma senza la prospettiva che mette il sale in ogni sfida sportiva.

«Mi aspetta un mese di ritiro qui in Spagna – ha poi spiegato Pidcock – in vista della stagione su strada. Inizierò in Algarve (14-18 febbraio, ndr) e farò un programma simile a quello dell’anno scorso, ma con i Paesi Baschi al posto delle classiche del pavé. Prima farò la Strade Bianche, la mia corsa preferita e averla vinta aggiungerà un po’ di pressione. Poi la Tirreno cercando di non avere una commozione cerebrale (sorride, pensando alla caduta e al ritiro dell’ultima tappa 2023, ndr) e la Sanremo».

«Van der Poel gioca in un campionato tutto suo», dice Pidcock che come Van Aert si è spesso arreso
«Van der Poel gioca in un campionato tutto suo», dice Pidcock che come Van Aert si è spesso arreso

Il mondiale di cross

Esiste davvero un fattore Van der Poel che condiziona i rivali al punto di tenerli lontani dal cross e li costringe ad alzare l’asticella su strada, sapendo che lo ritroveranno anche lì? Questo Pidcock non l’ha detto, ma è un fatto che né lui né Van Aert andranno al mondiale di Tabor.

«Il fatto di non correre il mondiale di ciclocross – ha risposto – fa una differenza enorme rispetto alla stagione su strada. Il mondiale non è gratuito. Non posso semplicemente presentarmi e arrivare quinto o decimo, come se niente fosse. Se partecipi ai campionati del mondo, devi rispettarli e dare il 100 per cento. E se si corre nel primo fine settimana di febbraio, allora porti via qualcosa dalla stagione su strada. Però non mi pesa così tanto. Il mio obiettivo era vincerlo una volta e l’ho fatto. Perciò tornerò quando ne avrò davvero voglia».

Nel 2023 Pidcock ha vinto la prova di Coppa del mondo di Namur: unico successo della stagione del cross
Nel 2023 Pidcock ha vinto la Coppa del mondo di Namur: unico successo della stagione del cross

La MTB è diversa

Dopo la primavera, la stagione proseguirà verso il Tour e le doppie Olimpiadi: su strada e in mountain bike. E a Parigi, Pidcock troverà sulla sua strada nuovamente Mathieu Van der Poel che al momento sta portando via il divertimento dal suo inverno, ma che nella mountain bike ha dovuto chinare il capo più di una volta.

«L’unica opzione per andare bene alle Olimpiadi – ha spiegato ancora – è quella di partecipare al Tour al 100 per cento e di uscirne nella migliore forma. So che sicuramente sarà difficile, ma non vorrei dovermi ritirare prima. Voglio arrivare a Nizza e poi andare a Parigi, non ho scelta. Van der Poel? Quest’inverno è di un altro livello, è stato impressionante, ha giocato in un campionato tutto suo: non c’è molto altro da dire. Però penso che la mountain bike sia un’altra storia. E’ una disciplina diversa ed è da qualche anno che non si allena adeguatamente, quindi penso che sarà tutto da capire».

Nella gara di ieri a Benidorm, Pidocock è stato anche in testa, ma negli ultimi due giri ha pagato pegno
Nella gara di ieri a Benidorm, Pidocock è stato anche in testa, ma negli ultimi due giri ha pagato pegno

Sbagliando s’impara

E il Tour? La sua squadra era così abituata a vincerlo, che sembra impossibile non abbia un corridore che dia garanzie contro Vingegaard e Pogacar. Bernal e Thomas sono all’altezza oppure è giusto aspettarsi qualcosa anche da Pidcock?

«Il Tour è un obiettivo – ha annotato – ma bisogna essere realistici e io andrò in Francia sapendo quello che potrò ottenere. Aver vinto l’Alpe d’Huez ha portato via un po’ di pressione, ma resta il fatto che l’anno scorso sono arrivato senza particolari ansie e non è cambiato molto. Credo che sia stato a suo modo importante. Non ho portato a casa nulla, ma ho imparato molto. Secondo me impari molto più quando fallisci di quando vinci».