Jonathan Milan e Alé insieme per le campagne digital

10.02.2022
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Jonathan Milan è senza ombra di dubbio uno dei corridori più promettenti del panorama ciclistico italiano. Nonostante la sua giovanissima età, compirà 22 anni il prossimo 1° ottobre, il gigante friulano della Bahrain Victorious ha già messo in bacheca molti successi. Tra cui un titolo olimpico a Tokyo con il quartetto azzurro, un oro e di un argento mondiale nell’inseguimento individuale e, “last but not least”, una medaglia d’oro sempre con il quartetto dell’inseguimento al mondiale di Roubaix.

Il brand Alé, produttore dal 2008 di abbigliamento per ciclismo, è “legato” a Milan attraverso la sponsorizzazione con la Bahrain Victorius. Ad Alé serviva un “volto” giovane, forte, solare per le campagne digital finalizzate alla promozione delle proprie collezioni: e chi se non Milan poteva rappresentare una scelta ottimale?

Guardando al futuro

Proprio in questi giorni l’ufficio marketing e comunicazione di Alé sta iniziando a programmare le uscite: sul sito, sui social ufficiali, sui web magazine con cui è definita una specifica campagna. E Milan è già “in fuga” nel suo ruolo di modello, testimonial ed ambassador delle collezioni Alé. Dalla mitica Klimatik, quella invernale contro il freddo e le condizioni atmosferiche più severe, alla nuova “custom”, il personalizzato a beneficio di tutte le squadre amatoriali. Una vera e propria specialità della casa per Alé.

«Sin dalla propria nascita – ha dichiarato Alessia Piccolo, CEO di Alé – il nostro brand offre un servizio d’eccellenza per i ciclisti professionisti. Grazie al lavoro a stretto contatto con gli atleti, riusciamo a produrre kit altamente innovativi e performanti personalizzandoli con le grafiche e i colori della squadra. Ci mettiamo a disposizione degli stessi team in ciascuna fase della realizzazione dei capi stessi: dalla progettazione alla consegna. E’ proprio questa la grande esperienza che mettiamo a disposizione dei nostri clienti, dei team amatoriali e delle squadre giovanili, per la produzione del loro prossimo abbigliamento personalizzato».

Alessia Piccolo, CEO di Alé
Alessia Piccolo, CEO Alé con la maglia di campione europeo di Sonny Colbrelli

Conoscete Alé Custom?

La procedura di disegno e di ordine via web dell’abbigliamento personalizzato Alé Custom è oggi resa estremamente intuitiva e facile da svolgersi. Si parte dall’idea del cliente, che una volta comunicata verrà presa in carico dal design team di Alé per procedere più agevolmente nella realizzazione. Dopo aver ricevuto un preventivo personalizzato per il progetto si potrà ottenere un kit di prova utilissimo a definire la grafica finale.

Le collezioni personalizzabili di Alé sono tre: PR-S, PR-R e Prime. La linea PR-S è quella che il brand riserva a chi compete al massimo livello. PR-S nasce dalla strettissima sinergia con il mondo dei pro, ed ha la caratteristica di esaltare l’aerodinamica grazie al “Body Mapping” e alla costruzione anatomica. PR-R rappresenta invece l’evoluzione naturale di un classico di Alé Custom, oggi con nuovi tessuti in termini di traspirabilità e di leggerezza.

Dettagli rifrangenti, vestibilità “racing” e cura maniacale di qualsiasi dettaglio rendono questa collezione personalizzabile un vero e proprio “must” prime, infine, è versatile per natura, adattandosi a diverse corporature ed in grado di garantire sempre un alto tasso di comfort, di vestibilità e di resa una volta sui pedali. Tessuti innovativi ne hanno poi migliorato l’ergonomia, mai troppo costrittiva, e la traspirabilità.

Alé ha anche la sezione “Custom” dedicata all’abbigliamento personalizzabile
Alé ha anche la sezione “Custom” dedicata all’abbigliamento personalizzabile


Parlando sempre di shop online, vale la pena ricordare che la consegna di qualsiasi ordine di prodotti della collezione Alé acquistabili attraverso il sito sito è gratuito (in Italia con una spesa minima di 100 Euro, in Europa con un ordine non inferiore ai 200 Euro), che si avranno sempre 14 giorni utili per procedere ad un reso con rimborso garantito, e che tutti i pagamenti online sono estremamente sicuri e dunque 100% protetti!

Alé

Altre due medaglie a Tokyo, ma ci manca l’oro

01.09.2021
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Sei medaglie in due giorni al Fuji Speedway. L’Italia di paraciclismo ormai è un habitué del podio alla Paralimpiade di Tokyo, grazie all’argento e al bronzo odierni che si sono aggiunti ai quattro argenti di ieri.

«La medaglia di Katia Aere splende tantissimo, anche se è di bronzo – comincia a raccontare il ct Mario Valentini – mentre quella di Luca Mazzone è d’argento. Per tutto il movimento e per la sua promozione, è fondamentale perché si tratta di una ragazza nuova e giovane. Una bella realtà. Mi dispiace per Ana Vitelaru perché era davanti e poi ha rotto una manopola. Purtroppo sono cose che possono capitare. Però ora basta con questi secondi e terzi posti, cerchiamo di prendercela questa medaglia d’oro. Mancano due giorni».

Fase di riscaldamenteo prima del via per Vitelaru, POrcellato e Aere
Fase di riscaldamenteo prima del via per Porcellato e Aere

Sorpresa francese

Nel frattempo, Luca Mazzone ha raddoppiato in tema di argenti nel giro di 24 ore, chiudendo secondo nella prova in linea vinta dal francese Florian Jouanny, con lo spagnolo Sergio Garrote Muñoz, che si è dovuto accontentare del bronzo dopo essere stato staccato.

«Sentire il tifo di casa in questi giorni mi ha caricato tantissimo – racconta il cinquantenne di Terlizzi – purtroppo però non è bastato, nonostante mi sia allenato duramente, immaginando salite sul 5 per cento. Non mi aspettavo di trovare questi strappi al 10 per cento che per noi H2 è davvero troppo, non aveva senso. Poi senza riposo dopo lo sforzo della cronometro… bisognerebbe fare almeno un giorno di stop per permettere ai muscoli di recuperare. Nell’ultima salita, c’era il rischio di saltare e buttare la medaglia se non la gestivi bene, cosa che io non volevo fare. In Italia, gli H2 non sarebbero nemmeno partiti su un tracciato così duro».

Oltre 200 watt

Bicchiere mezzo pieno però, è la settima meraviglia ai Giochi Paralimpici: 2 nel nuoto e 5 nell’handbike, di cui tre a Rio 2016 e due alle pendici del Monte Fuji.

«Sono contento, ringrazio il Circolo Canottieri Aniene – commenta Mazzone – lo staff della nazionale e chi mi aiuta in questo percorso. La gara era dura e non l’ho capita, perché ero convinto che avremmo ripreso il francese in salita. Invece lui è andato fortissimo e non si è fatto più raggiungere. Ho battuto lo spagnolo, quello che tre mesi fa ha dimostrato di essere il più forte ai mondiali, mentre il francese proprio non me l’aspettavo perché gli avevamo dato tre minuti nella rassegna iridata in Portogallo. Abbiamo provato a collaborare per rientrare. Andavamo a 200 watt, ma non è bastato. Comunque, sto pensando già a domani, le medaglie che sono arrivate le mettiamo in valigia. A questo punto, dovremmo stare attenti alla Francia».

Grandi saluti tra Porcellato e Masters, già amiche nello sci di fondo. Per l’americana due medaglie d’oro in due giorni
Grandi saluti tra Porcellato e Masters, già amiche nello sci di fondo. Per l’americana due medaglie d’oro in due giorni

Rivincita team relay?

Il riferimento è al team relay di domani, disciplina di cui l’Italia è campionessa paralimpica e mondiale in carica, in cui sarà impegnato insieme a Diego Colombari e Paolo Cecchetto. Al solo pensiero dell’idea che gli frulla per la testa, si commuove mentre lo dice.

«Se vinciamo la medaglia d’oro – dice – il primo pensiero è andare da Alex a portargliela. Voglio far la dedica a lui, speriamo che vada bene e che Alex ci dia una mano».

Aere di bronzo

Qualche ora più tardi, un’altra gioia è arrivata con Katia Aere, vincitrice del bronzo nella prova in linea della categoria H5 di handbike femminile. La friuliana di Spilimbergo (in provincia di Pordenone), che sabato scorso (28 agosto) ha festeggiato i suoi 50 anni.

«E’ stata una gara molto varia. Nel primo giro e mezzo eravamo tutte insieme con le prime, nel secondo ho visto che le altre nella salita più tosta di rientro verso l’arrivo avevano una marcia diversa rispetto alla mia e ho capito che dovevo fare tenere il mio ritmo fino alla fine della gara», racconta rivivendo la gara che le ha regalato la gioia del podio nella gara vinta dalla strepitosa Oksana Masters, la stella statunitense nata in Ucraina e abbandonata in un orfanotrofio, che deve la sua disabilità alle radiazioni assorbite dalla madre naturale.

«Quando ho visto che Oksana e la cinese sono partite, ho notato che nessuno le andava dietro, così ho pensato che non fosse il caso di strappare al secondo giro per non saltare. Nella salita tra il secondo e il terzo giro, ho capito di averne di più e quello sforzo ha pagato».

L’abbraccio della “rossa volante” alla Aere debuttante col bronzo
L’abbraccio della “rossa volante” alla Aere debuttante col bronzo

L’abbraccio col ct Valentini, le lacrime e poi la foto con la bandiera italiana per cominciare a realizzare l’impresa: «Non oso immaginare cosa possa essere successo a casa tra mia sorella, mio marito, gli amici, faccio ancora fatica io a crederci, quindi penso che la realizzerò sul serio solo quando la indosserò al collo e la toccherò con mano. Ci credevo, perché il mio coach mi ha insegnato a crederci, come ha detto lui, fino al giorno dopo. Però tra il crederci e il realizzarlo ne passa un po’ di acqua sotto i ponti. E’ incredibile, sono felice, anche perché ho iniziato a fare handbike soltanto a ottobre dell’anno scorso con il mio primo ritiro in nazionale, ma sono stata subito accolta alla grande».

Altre due medaglie messe in tasca, ma il ct Valentini rilancia già l’appuntamento per domani: «Team relay, Fabio Anobile e c’è Giorgio Farroni. Per la prima volta, lottiamo su tutti i campi e ci proviamo. Speriamo dai, la notte porta consiglio e speriamo porti fortuna». Tutti per Alex, come sempre.

Fuji Speedway fulcro delle (dure) crono.

27.07.2021
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Archiviate le prove su strada è tempo di cronometro individuali. Fulcro delle prove contro il tempo, sia quella maschile che quella femminile, sarà il Fuji International Speedway. E’ da lì che si parte e che si arriva. Cerchiamo quindi di scoprire cosa dovranno attendere le ragazze e i ragazzi a Tokyo.

Uomini e donne stesso giro

Si tratta di un anello di 22,1 chilometri. Gli uomini lo percorreranno due volte per un totale di 44,2 chilometri, le donne una. L’altimetria è alquanto impegnativa per essere una gara contro il tempo: sono ben 423 i metri di dislivello a tornata, che diventano 846 metri per gli uomini. Un valore assolutamente piuttosto elevato.

Le pendenze non sono mai eccessive, quindi si può fare velocità, ma per farlo servirà una grande condizione. Perché se ci si aspetta dei piattoni lunghi, ci si sbaglia di grosso. Anche all’interno dello stesso circuito ad esclusione del rettilineo d’arrivo non si è mai totalmente in piano. E questo conta molto in una specialità super tecnica come la crono.

Van Aert in ricognizione con la bici da crono già prima delle prova in linea (foto Belga)
Van Aert in ricognizione con la bici da crono già prima delle prova in linea (foto Belga)

Specialisti che fatica 

Questo infatti svantaggia in qualche modo i super specialisti e i grandi pesi. Non a caso Wout Van Aert dà per favoriti cronoman meno pesanti come Roglic e il suo compagno di squadra Evenepoel. Insomma gente come Kueng, Campenarts, Dennis e se vogliamo anche il nostro Filippo Ganna si presuppone dovrebbero pagare qualcosa. Faranno più fatica a sfruttare la loro potenza pura.

Conterà quindi la condizione.

Voci di corridoio ci danno un Pippo in grande spolvero, carico al massimo. E questa situazione ricorda molto la crono di Valdobbiadene al Giro dell’anno scorso, che non era affatto piatta. Ma certo, quella è una crono all’interno di una gara a tappe e il paragone si può fare, ma solo fino ad un certo punto. Stare spianati, mantenere la posizione e spingere in modo redditizio anche in salita sarà la chiave per il podio.

Nella crono di Valdobbiadene al Giro del 2020, molto ondulata, Ganna riuscì a vincere
Nella crono di Valdobbiadene al Giro del 2020, molto ondulata, Ganna riuscì a vincere

Tanti falsopiani

La prima parte è molto veloce. Non ci sono curve tecniche e quindi gli specialisti potranno spianarsi bene sui loro manubri aero e sapranno guidare al meglio (e guadagnare qualcosa), magari lì potranno fare la differenza con i pesi leggeri. Poi al chilometro 3,8 ecco un primo strappo. Forse il più duro. Ci sono 500 metri piuttosto ripidi (12%), un breve tratto di respiro e inizia la salita più lunga: quasi 5 chilometri al 4,5%. Serve tanta potenza. Chi sta bene fa velocità, chi non riesce a sviluppare watt perde. E tanto…

I sei chilometri successivi riportano all’autodromo. Tendono a scendere ma sono tutti da spingere. A quel punto si fa una tornata del Fuji International Speedway, che come detto è un susseguirsi di falsopiani.

Se per le donne finisce lì, per gli uomini si ripete tutto un’altra volta. Sarà bene quindi gestire bene le energie. Ma con gli strumenti attuali non dovrebbe essere un grande problema.

Van der Breggen di nuovo favorita: lei è la campionessa del mondo in carica
Van der Breggen di nuovo favorita: lei è la campionessa del mondo in carica

Meteo ed orari 

Il meteo potrebbe avere il suo bel peso. Se le donne dovrebbero sfangarla, per gli uomini il rischio pioggia è un po’ più elevato. Questo potrebbe tornare a favorire gli specialisti che hanno un maggior feeling con questa tipologia di bici. Anche se, ripetiamo, non è un tracciato tecnico.

Per quel che riguarda i materiali riportiamo quel che ci aveva anticipato Marco Pinotti: altissimo profilo all’anteriore (o al massimo a tre razze) e lenticolare al posteriore.

Infine gli orari: Elisa Longo Borghini parte domani alle 4,54 italiane. E a seguire Bettiol e Ganna (ultimo a lasciare la rampa) scatteranno rispettivamente alle 8,30 e alle 9,10.

Masnada riparte da Imola e punta la Vuelta. E sulle Olimpiadi…

17.06.2021
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«Le salite sono dure e poi fa caldo. Non è come il nostro caldo, è un caldo… da Asia. E poi tanta umidità, con questa nebbiolina che non ti fa respirare». Fausto Masnada ricorda il percorso di Tokyo su cui si correrà a fine luglio e intanto benedice il fatto di trovarsi a Livigno a godersi il fresco, anche se da ieri è arrivata un’ondata di calore che presto scioglierà i muri di neve rimasti ai lati delle strade più alte. Domani, se tutto andrà bene, il lombardo tornerà giù per la sfida tricolore di Imola. Si riparte…

«Ieri siamo andati in Svizzera – dice – e non mi era mai capitato di scendere dai 2.500 metri di quei passi senza neanche infilare la mantellina. Oggi sarà la volta dell’ultimo allenamento duro, poi se Dio vuole della tendinite del Giro non resterà che il ricordo e il tricolore sarà l’inizio di un’altra storia».

Con il terzo posto al Romandia, dietro Thomas e Porte aveva dato un ottimo segnale
Con il terzo posto al Romandia, dietro Thomas e Porte aveva dato un ottimo segnale

Il corridore della Deceuninck-Quick Step è uno dei quattro azzurri, con Ulissi, Formolo e Cataldo, che nel 2019 volò in Giappone per provare il percorso olimpico e anche per questo lo abbiamo strappato alla quiete della montagna.

Non si respira

«Ricordo un percorso duro – dice – e non facemmo il Monte Fuji, che è la salita più lunga e dura delle Olimpiadi, con i suoi 15 chilometri. Si corse alla garibaldina, perché nessuna squadra fu in grado di controllare la corsa. Partimmo appena fuori Tokyo e da subito fu tutto un saliscendi, senza un metro di pianura. Anche il circuito automobilistico in cui si arriva è duro e poi l’ultima salita è davvero un muro di 6 chilometri. Ma su tutto questo peserà l’influenza del clima, per quel caldo di cui vi dicevo, e il fuso orario. Noi arrivammo 4 giorni prima e ricordo che, complice anche l’umidità e il calore, avevo i battiti più alti del solito».

E’ il 2019, Masnada è il primo da destra, gli azzurri provano il percorso olimpico. Si riparte da qui…
E’ il 2019, Masnada è il primo da destra, gli azzurri provano il percorso olimpico. Si riparte da qui…

Occhio alle fughe

Corsero alla garibaldina e accadrà molto probabilmente anche nella gara olimpica, dato che le squadre partiranno con 5 corridori e ci sarà poco da assegnare ruoli blindati.

«Difficile dire chi potrà controllare – prosegue Masnada – e se qualche corridore forte entra nella prima fuga di giornata, poi diventa complicato andare a chiudere. Resta da capire come sarà lo sviluppo di corsa con il Monte Fuji. Ricordo che andammo a vederlo in auto ed è una salita vera e impegnativa. La strada è a due corsie e l’asfalto è buono, ma ricorda un po’ il Foscagno. Sarà una gara dura, in cui sarà difficile anche l’adattamento».

Brillante nei primi giorni del Giro: qui a San Giacomo con Moscon e Fabbro
Brillante nei primi giorni del Giro: qui a San Giacomo con Moscon

Obiettivo Vuelta

La sua stagione sta tornando insomma sul binario progettato sin dall’inizio, senza cambiamenti dell’ultima ora e senza farsi ingolosire ad esempio dalla possibilità di fare il Tour. E purtroppo le Olimpiadi, che per un Masnada in condizione sarebbero state un bel banco di prova, dovrà semmai guardarle in televisione.

«Farò questo ultimo allenamento – dice – e domani scenderò per correre i campionati italiani, dove spero di ben figurare. Ho ripreso piano piano e sono stato parecchio fermo, non so cosa aspettarmi. Per questo sono venuto a Livigno, per provare a migliorare ancora un po’. Poi però si riparte. Tornerò in ritiro con la squadra, con la Vuelta nel mirino. Probabilmente rientrerò alle corse al Giro di Vallonia, poi al Tour de l’Ain, quindi andrò in Spagna. Dalle Olimpiadi sono fuori e mi dispiace, ma è giusto che il posto vada meritato. Ho fatto le visite olimpiche a Roma, ma dopo il ritiro dal Giro, le cose sono andate a farsi benedire».

Dalla Slovenia l’acuto di Ulissi, l’uomo di Tokyo…

13.06.2021
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Diego a Tokyo c’è già stato ed ha anche vinto (foto di apertura), perciò da ieri sera ha un pensiero felice in più che gli frulla per la testa. Era il 21 luglio del 2019 e il toscano si presentò da solo sul traguardo che il 24 luglio assegnerà l’oro del ciclismo su strada. E ieri, sulle strade slovene di Nova Gorica, con l’obiettivo della maglia tricolore e la concreta possibilità di andare alle Olimpiadi, Diego Ulissi ha chiuso in qualche modo anche il cerchio del destino. Ha vinto la tappa del Giro di Slovenia e si è rimesso in cammino. Una strada che, sebbene abbia solo 32 anni, va avanti nel professionismo già da 12 stagioni.

Al Giro d’Italia ha ritrovato buone sensazioni nella terza settimana
Al Giro d’Italia ha ritrovato buone sensazioni nella terza settimana

Stop: è il cuore

Quando ti fermano perché pare ci siano delle anomalie al cuore, non è semplice rimettersi in traiettoria: che ne sai di cosa significhi davvero? Una gamba rotta la vedi, la tocchi e ti fa male. Il cuore con l’extrasistole al massimo è una sensazione, ma se poi le hai sempre avute, pensi anche che sia normale.

«Infatti all’inizio ho avuto paura – ci ha detto – soprattutto per la mia salute. La carriera passa in secondo piano, ma l’affetto delle persone accanto mi ha aiutato a passarci in mezzo. E’ stato tutto un fatto di testa. Fisicamente non sentivo niente, sono sempre stato bene. Ma di colpo è arrivata questa diagnosi, ho dovuto fermarmi e la testa ha lavorato parecchio. E’ stato un misto di paura e sconforto. La speranza di tornare e fare quello che ho sempre fatto. La paura di non poterlo più fare. Poi finalmente è arrivato il nulla osta, come una liberazione».

Dalla Spagna al Giro

Ha riattaccato il numero al Gp Indurain del 3 aprile, la corsa del ritorno alla vittoria di Valverde. Il Giro dei Paesi Baschi che partiva due giorni dopo era nei programmi, ma non si poteva dire per le cautele necessarie. Poi la Freccia Vallone non conclusa e i primi segni di risveglio al Romandia, con bei piazzamenti nelle ultime tappe. Il Giro d’Italia poteva essere il palcoscenico del rilancio oppure un ostacolo troppo alto, ma Diego l’ha preso a piccoli passi. E se pure non è riuscito a infilarsi nelle tappe più adatte, nella terza settimana è scattato qualcosa. Quarto a Sega di Ala, quinto a Stradella.

«Se durante la convalescenza è stato più un fatto mentale – ha detto a fine Giro – qui hanno fatto più le gambe della testa. E’ stato bene crescere gradualmente e non compromettere il resto della stagione. Il Giro d’Italia è stato sicuramente un passaggio utile per il resto dell’anno. E le Olimpiadi sono un sogno per chiunque, anche per me».

La Slovenia gli porta bene: aveva già vinto la classifica nel 2011 e qui nel 2019
La Slovenia gli porta bene: aveva già vinto la classifica nel 2011 e qui nel 2019

Tokyo chiama

Il Giro di Slovenia gli ha sempre portato bene. E mentre Pogacar lo ha abbracciato come se avesse vinto suo fratello, la memoria va a quando il livornese, 22 anni ancora da compiere, ci arrivò nel 2011 dopo aver vinto la tappa di Tirano al Giro d’Italia e si prese la vittoria finale. Tornò nel 2016 per vincere una crono e nel 2019 arrivarono nuovamente una tappa e la classifica generale. Anche allora uscì dal Giro senza vittorie, poi però vinse a Lugano, si prese lo Slovenia, arrivò quarto ai campionati italiani e volò a Tokyo.

«Era importante esserci – disse dopo l’arrivo di quel test – perché solo la gara ti fa capire le reali difficoltà del percorso. Alle Olimpiadi sarà durissima».

Nel luglio del 2019, l’Italia di Cassani volò a Tokyo con Formolo, Ulissi, Cataldo e Masnada
Nel luglio del 2019, l’Italia di Cassani volò a Tokyo con Formolo, Ulissi, Cataldo e Masnada

Un bel déjà vu

L’Italia volò in Giappone con Ulissi, Formolo fresco di tricolore, Cataldo e Masnada, ancora corridore dell’Androni e vincitore al Giro della tappa di San Giovanni Rotondo.

«Non sta a me scegliere – ha detto Diego commentando la vittoria – ma se serve, sono pronto. Sono veramente felice. Al Giro d’Italia nell’ultima settimana avevo avuto ottime sensazioni e questa volta ho sfruttato al meglio la condizione, grazie anche a una grandissima squadra. E’ bello dopo un inverno così difficile, di aver ritrovato ottime sensazioni e un’ottima gamba. Sono davvero contento».

Elisa Longo Borghini, Olimpiadi di Rio, 2016

Salvoldi/1. Verso Tokyo con le azzurre della strada

20.12.2020
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L’anno sta finendo e nel bilancio di Dino Salvoldi, accanto alle inevitabili criticità, brillano alcuni segni positivi che fanno ben sperare per la stagione che viene e che porta diritta a Tokyo. Il segno meno, a ben vedere, è legato a un paio di situazioni dalle quali l’Italia delle ragazze è uscita comunque in modo positivo, aggrappandosi alle sue bandiere. Il Giro deludente di alcune e l’annata del ginocchio malconcio di Elisa Paternoster sono stati riportati in attivo dalla affidabilità di Elisa Longo Borghini (in apertura, sul podio di Rio con la medaglia di bronzo) fra europei e mondiale e dalla grande solidità del gruppo pista. Perciò si può cominciare a lavorare in modo deciso verso l’obiettivo olimpico. Anzi, su pista hanno già ricominciato da un pezzo.

Capire in che modo il tecnico azzurro gestirà il gruppo strada è l’obiettivo di questo primo passo della marcia su Tokyo 2020. Se la pista infatti è un po’ come una squadra a se stante, su strada c’è da ragionare con le esigenze dei team. E dato che le azzurre sono in molti casi inserite in squadre WorldTour, la pianificazione dell’attività va gestita con attenzione.

Marta Cavalli è stata tra le rivelazioni del 2020. Dalla Valcar è passata alla Francaise des Jeux
Cavalli
Marta Cavalli fra le rivelazioni del 2020
Sei selezionatore più che tecnico, in questo caso?

Su strada si va alla ricerca di un coinvolgimento di tutti e si raccolgono in continuazione feedback sulle atlete che compongono la rosa iniziale. Non è prioritario che si confrontino fra loro, ma che lo facciano con le grandi avversarie nelle gare WorldTour. Abbiamo ragazze in grado di vincere, che hanno bisogno del supporto della squadra. Alcune che devono fare da sé. Altre ancora che non hanno obblighi e corrono per il piazzamento e chi invece deve lavorare e non compare in nessun ordine di arrivo. Per questo bisogna comunque essere sul campo, sarebbe limitativo basarsi sulle classifiche.

Partono tutte alla pari?

Concettualmente sì, ma è chiaro che in base alla loro affidabilità e in assenza di problematiche, con alcune si può ragionare un percorso di avvicinamento, che passa attraverso certe gare e le relative fasi di recupero, che sarà poi verificato. Può essere il caso di Elisa Longo Borghini.

Quanto incide il percorso di Tokyo su questi ragionamenti?

E’ una componente importante e va associato alla particolarità unica della gara olimpica, in cui si corre con 60 ragazze e squadre che ne hanno 4 e altre ancor meno. Per cui è molto più importante la qualità delle atlete che la definizione dei ruoli. La situazione ideale è quella dell’Olanda, che ha 4 individualità che possono coprire ogni situazione di corsa. Senza considerare l’altra anomalia della gara olimpica, in cui conta certo la vittoria, ma anche il podio non sarebbe male.

Se una buca, fermi le altre?

Non tutte e dipende da chi ha bucato. Bisogna ragionare se correre tutte per una oppure averne 4 in grado di garantire il risultato. Ad ora è difficile fare nomi, perché proprio nel 2020 sono uscite ragazze che non erano previste. Per cui fino alla Liegi del 25 aprile il ventaglio resta aperto.

Cosa succede dopo?

Se avrò certezze, saranno rese pubbliche, perché le ragazze possano impostare il loro percorso. Altrimenti aspetterò ancora fino ai campionati italiani (weekend 19-20 giugno, ndr) o l’inizio del Giro d’Italia, quindi il 2 luglio. Diciamo che l’obiettivo potrebbe essere definire tre nomi fino alla Liegi e poi tenersi un posto per il jolly.

Tatiana Guderzo, Innsbruck 2018
Tatiana Guderzo (qui a Innsbruck 2018) fa parte di diritto della rosa di partenza
Tatiana Guderzo, Innsbruck 2018
Guderzo (qui a Innsbruck 2018) fa parte della rosa
La abbiamo incontrata da poco, Tatiana Guderzo farà parte della rosa per Tokyo?

E’ nel gruppo, certo. Sarà una gara in cui servirà tanto coraggio, per come sono fatti gruppo e percorso. Se entrano in fuga un’italiana e un’olandese, la corsa è chiusa. Tatiana certe cose sa farle. Trovare il punto dove questo potrebbe succedere si vedrà sul momento. Un po’ come è successo al mondiale

Cosa si può dire del percorso di Tokyo?

Ha una salita… facile di 40 chilometri in avvio, dal chilometro 40 a 80. Già quella scremerà il gruppo e già lì secondo me si capirà il podio. E poi c’è l’arrivo che è pure particolare. L’ipotesi più verosimile è che arrivi una ragazza da sola o che siano in due. Poi dietro 6-7 in volata per giocarsi l’ultima medaglia.

Alloggerete al Villaggio Olimpico?

No, questa volta sarà diverso. Il gruppo strada starà in hotel, perché il percorso è lontano da Tokyo. Invece pista e Mtb alloggeranno in un piccolo Villaggio decentrato, visto che anche i loro percorsi sono lontani dalla città.

Correrete il 25 luglio, quando partirete per Tokyo?

Andremo via il 17, per stare là una settimana prima. Ma a primavera, dal 3 all’8 maggio, ho in programma un sopralluogo sul percorso. Andremo con il gruppo strada dopo la prima parte di stagione. Sono certo che vista la posta in palio, quel giorno saranno tutte all’aeroporto con la loro valigia…

C’è il quartetto olimpico nella testa di Milan

26.09.2020
3 min
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Jonathan Milan viaggia spedito verso le Olimpiadi di Tokyo 2021. Nella sua testa c’è prima di tutto il quartetto. Il gigante friulano però eccede anche in umiltà quando dice che prima deve guadagnarsi la convocazione.

«Dico così perché non si sa mai», spiega Milan. «Ti può capitare un malanno, di non essere in condizione per quel periodo. A quel punto devi lasciare il posto a qualcun altro, giustamente. E poi non vivo su quanto fatto agli ultimi mondiali».

Milan
Alla Vuelta a San Juan, in Argentina ad inizio stagione, Jonathan Milan ha corso in azzurro
Milan in azzurro alla Vuelta San Juan

A febbraio, infatti, Milan volava. Nella sfida iridata di Berlino aveva staccato un super tempo. Aveva fatto segnare 4’08” per coprire quei 4.000 metri nell’inseguimento. Un tempo anche migliore rispetto a quello di Filippo Ganna alla sua stessa età.

Un’estate a suon di titoli nazionali

La sua corsa verso Tokyo è ripartita con i campionati italiani (dove ha vinto l’inseguimento individuale) e con quelli europei U23. Oltre ai successi su ottenuti strada, come la cronometro tricolore. Insomma, Milan alternativa naturale a Ganna? E’ sempre più probabile.

Nell’inseguimento a squadre, agli europei under 23 di Fiorenzuola, il friulano ha coperto la quarta posizione, quella delle tirate più lunghe. Quando si ritroverà con gli elite le cose cambieranno, quello infatti è il regno di Ganna.

«Dovrei essere il secondo e mi piace. E’ una posizione che richiede responsabilità. Il primo porta il team nella velocità stabilita. Il secondo deve mantenerla e se possibile aumentare, ma senza strappare. Serve sensibilità. Ai mondiali la formazione era nell’ordine: Francesco Lamon, io, Simone Consonni e Filippo Ganna. Però dobbiamo ancora parlarne con Marco Villa. Va stabilita la velocità del primo e quanto devono accelerare gli altri. Ci sono molte cose da inquadrare».

Milan (al centro) con il bronzo conquistato nel quartetto ai mondiali di Berlino
Milan (al centro) con il bronzo di Berlino

A questo punto sarà interessante vedere come andranno gli europei in Bulgaria (dall’11 al 15 novembre), uno dei banchi di prova più importanti in vista dei Giochi. Villa cercherà farà delle prove, visto che il discorso qualificazione è praticamente chiuso.

Nel 2021 sarà in una World Tour

La questione più delicata semmai riguarda il fatto che il ragazzo di Buja lascerà la categoria U23. Approderà tra i professionisti, in una squadra WorldTour. Al Cycling Team Friuli, la sua attuale società, sarebbe piaciuto molto trattenerlo ancora un anno. Jonathan non avrebbe rovinato quell’equilibrio che lo ha fatto crescere.

«Voglio passare e fare il grande salto», conclude Milan. Dalla squadra con cui andrò ho avuto garanzie che potrò lavorare per la pista. Le Olimpiadi prima di tutto. Per questo cercherò di allenarmi il più possibile in velodromo, chiaramente senza trascurare la strada».