Pozzovivo, “nonno” della Tirreno, guarda al futuro

14.03.2021
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Domenico Pozzovivo non molla un centimetro. Il lucano c’è sempre, il primo a lottare con avversari e avversità che il destino ha posto sulla strada. Con 38 anni e 101 giorni il corridore della Qhubeka Assos è il più vecchio della Tirreno-Adriatico e quasi quasi questa cosa lo riempie d’orgoglio. Tenacia, serietà, passione: ascoltarlo è sempre un piacere.

Domenico, ma lo sai che sei il “nonno” della Tirreno?

Immaginavo che sarebbe capitato prima o poi: è successo qui! Però dai, lottare con tanti giovani che emergono fa piacere. Io cerco di fare il mio meglio. Ancora non sono al top della condizione, però spero di fare dei passi sempre in alto, verso il Giro d’Italia che è l’obiettivo principale.

Dopo l’incidente di due anni fa Pozzovivo non riesce a stendere bene il gomito sinistro
Dopo l’incidente di due anni fa Pozzovivo non riesce a stendere bene il gomito sinistro
Molti tuoi colleghi parlano di te come un esempio. Ma dove trovi gli stimoli dopo tanti anni e tanti incidenti?

La voglia di competere c’è sempre, è quella che mi spinge. Voglio cercare i miei limiti. Ho sempre cercato di venire fuori da tutti questi incidenti e dimostrare che si può sopperire alle avversità con tanta volontà.

Cosa ti piace di questo ciclismo attuale e cosa non ti piace?

Quello che mi piace è la stessa cosa che non mi piace e cioè i numeri, i calcoli. A me piace ragionare sui watt, sui dati, sul rapporto peso/potenza… solo che adesso sono po’ troppo esasperati. Quindi diciamo che sono il bene e il male del ciclismo al tempo stesso. E per me è un po’ un rapporto d’amore ed odio.

C’è un corridore tra i giovani che piace a Pozzovivo? Ed eventualmente perché?

Se proprio devo esprimere una preferenza allora dico Evenepoel. Forse perché è quello un po’ più  più completo di tutti.

Senti Domenico, ma ci pensi mai al futuro? Al dopo bici?

Devo dire che adesso è ora di cominciare a pensarci. Non so, mi vedrei bene come preparatore. E’ una figura che può essere abbastanza tagliata per me. E infatti vi dico che sto anche studiando per laurearmi in Scienze motorie. Può essere una buona strada.

E’ arrivato un po’ tardi, ma con Fabio Aru come va? Avete avuto modo di parlarvi? Lo potrai aiutare?

Con Fabio siamo stati undici giorni insieme in ritiro. Poi ogni tanto ci troviamo anche a Lugano, impegni permettendo. Faremo un programma diverso, ma ci saranno delle gare in cui ci incontreremo. Che dire, spero che lui possa ritrovare in questa squadra la dimensione che gli permetta di divertirsi, come lui stesso ha detto ad inizio stagione, e poi di ritrovare anche i risultati.

Per il Giro sarete due capitani o uno aiuterà l’altro?

Vedremo, non so davvero. Poi sono sempre la strada e le gambe che definiranno i ruoli. Sicuramente vorrei avere una condizione che mi permetta di lottare per la generale.

Questa Tirreno che risposte ti sta dando? Come ti senti?

In questa Tirreno mi sento forse un gradino meglio dell’UAE Tour, però non va ancora come come vorrei. Ma c’è tempo. Sto ancora recuperando dall’intervento che ho avuto subito dopo il Giro d’Italia. Penso che dopo la Tirreno, mi prenderò un’altra piccola pausa per un altro “tagliando” al gomito! E dopo inizierà veramente la preparazione per il Giro e spero di salire ancora di condizione.

Pozzovivo, 38 anni, è alla sua 17ª stagione da professionista
Pozzovivo, 38 anni, è alla sua 17ª stagione da professionista
Che gare farai dopo la Tirreno?

Tour of the Alps e Liegi, che poi è il mio programma classico di avvicinamento al Giro, che mi ha sempre portato bene quando l’ho fatto.

In tanti anni di professionismo c’è qualche gara che non hai mai fatto e che ti sarebbe piaciuto disputare?

In effetti una di quelle gare dure, da scalatore, che mi manca è il Giro dei Paesi Baschi, ma è in una fase del calendario non ideale per chi vuole preparare il Giro. In quel periodo di solito vai in altura se pensi alla corsa rosa e quindi è difficile conciliarlo con i miei impegni.

Okay ma spariamola grossa, una Roubaix, un Fiandre… Chiaramente non per vincerle, ma per buttarti nella mischia, per curiosità?

Diciamo che la curiosità di una “piccola Roubaix”, me la sono tolta in Tour de France. Tra l’altro sono riuscito anche ad arrivare nel gruppo principale…  non so come! Però dai, sono corse troppo specifiche nel ciclismo moderno. Ci sono tanti rischi. Se non hai certe caratteristiche, sei fuori dalla dalla partita subito, quindi non sarebbe neanche divertente secondo me.



Matteo e Giacomo, i bambini sono cresciuti

17.02.2021
5 min
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Certe volte il ciclismo regala bei racconti e quello di Giacomo Nizzolo e Matteo Pelucchi è uno di questi. Era stato proprio quest’ultimo ad accennare alla sua amicizia con il campione italiano ed europeo, un’amicizia che affonda addirittura nell’infanzia e quel particolare ci ha colpito, quindi abbiamo voluto andare più a fondo nella questione, chiedendo al corridore della Qhubeka Assos di fare un tuffo nei ricordi.

«E’ curioso il fatto che fino a questa esperienza che stiamo vivendo – racconta – abbiamo sempre affrontato il mondo delle due ruote in maniera contrapposta durante le gare e in comune al di fuori. Ci siamo conosciuti da bambini, nelle prime competizioni che si fanno soprattutto per gioco, poi attraversando le categorie giovanili. Che cosa ci accomuna? Abbiamo due caratteri simili ma anche complementari, ogni gara era motivo di analisi, discussioni, si poteva fare questo e si poteva fare quello…» .

Almeria: Il treno di Nizzolo ha fatto un ottimo lavoro, a destra Pelucchi
Corrono insieme al Team Qhubeka Assos
Parlate sempre di ciclismo fra voi?

No, anzi la passione che condividiamo è quella per le moto. Le guardiamo, le analizziamo, paragoniamo i modelli, ma soprattutto siamo grandi appassionati delle corse delle Moto GP. Spesso ci lasciamo andare ai ricordi di gare e di campioni del passato e qui prevengo la vostra domanda: il mio idolo è Valentino Rossi, il suo Marco Melandri, tra l’altro l’abbiamo conosciuto ed è diventato nostro amico. Tecnicamente però anche Marquez ci piace molto, anzi in questo siamo accomunati…

Sempre nel 2015 vince 4 corse, fra cui due tappe al Giro di Polonia
Sempre 2015, vince due tappe al Giro di Polonia
Tu che conosci Giacomo da tanto tempo, come si è evoluto negli anni, qual è la sua forza?

Io credo che il caposaldo della sua carriera sia il lavoro: è uno che non si risparmia mai. Per Giacomo non esistono le giornate no, quelle dove tiri a campare, lui dà tutto sempre. E’ un campione che si è costruito negli anni, che cura ogni dettaglio e che si sacrifica tantissimo, non solo fisicamente perché se non sei forte di testa non emergi, soprattutto non superi le difficoltà.

Nel 2018 con la Bora vince una tappa al Giro di Slovacchia
Nel 2018 con la Bora vince una tappa al Giro di Slovacchia
Quali sono stati i momenti più difficili che ha vissuto?

Mi viene in mente quando ha avuto problemi a un ginocchio che non gli permettevano di lavorare come voleva e questo si traduceva in gara, non riusciva a fare quello a cui ambiva. Non eravamo nella stessa squadra, ma è capitato che ci siamo trovati a parlare e per lui era importante trovare qualcuno che fungesse da valvola di sfogo. D’altronde ci siamo sempre ritrovati a parlare delle nostre gare. Anche quando eravamo uno contro l’altro e affrontavamo le volate da concorrenti, alla fine ci trovavamo ad analizzare le nostre gare e ognuno diceva all’altro quello che avrebbe dovuto fare. I consigli non sono mai mancati, anche se vestivamo maglie differenti e questo credo che sia un bell’aspetto, qualcosa che non si vede tanto spesso nel mondo del ciclismo.

Nel 2019 Pelucchi corre alla Androni e vince 4 corse (2 tappe in Malesia)
Nel 2019 alla Androni vince 4 corse (2 tappe in Malesia)
Il fatto che ora facciate parte della stessa squadra può costituire un vantaggio nella costruzione delle gare, soprattutto degli atti finali con il lancio della volata?

Sicuramente, anche se dobbiamo trovare ancora le misure. Devo capire bene come posso essergli utile, quale lavoro è necessario che faccia per farlo emergere. Per me correre in funzione di un altro è qualcosa di nuovo, ma conoscerci aiuta moltissimo.

Mai provato un po’ d’invidia?

Dipende da quello che si intende per invidia, io la interpreto in senso buono, come ammirazione per quello che ha fatto. Il suo 2020 è stato fantastico con ben due maglie conquistate, non capita molto spesso… Chi non vorrebbe essere Giacomo Nizzolo, non vedere il suo nome sui giornali? Non parlerei di invidia, ma di stima professionale, la stessa che sicuramente Giacomo ha nei miei confronti.

Nel 2020 corre con la Bardiani ma non ottiene vittorie
Nel 2020 corre con la Bardiani ma non ottiene vittorie
Tu che lo conosci bene, ha ancora margini di miglioramento?

Sì, anche se sa bene che ora viene il difficile, perché dopo una stagione come il 2020, con le vittorie, il Tour che ha fatto, il quarto posto alla Sanremo, tutti chiedono conferme, vogliono di più. E’ già un top rider, ma la sua forza è che ha sempre voglia di migliorarsi.

E qual è il sogno di Matteo Pelucchi?

Io lo sto già vivendo, sono arrivato in una squadra World Tour, mi è stata data una grande possibilità. Ora voglio rispettare le attese riposte su di me e lavorare per gli obiettivi comuni e fare in modo che arrivino quei risultati che abbiamo in mente. Quali? Se lo dico, i desideri non si avverano…

Da Besseges arrivano i primi lampi di Nizzolo

09.02.2021
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Quarto posto il primo giorno, terzo il secondo, poi Giacomo Nizzolo ha dovuto mollare la presa, perché l’Etoile de Besseges si stava facendo dura e non avrebbe avuto troppo senso tener duro. Pochi sapevano dei suoi problemi fisici fra dicembre e gennaio e quel che aveva ottenuto era già buono così.

«Pedalavo sul lungolago – racconta il campione italiano e d’Europa del Team Qhubeka-Assos – quando ho preso una buca. Non mi sono accorto che era scesa la catena e quando sono ripartito la pedalata a vuoto mi ha fatto sbattere il ginocchio sul manubrio. Che male! Un colpo fra la rotula e il vasto mediale, più sul ginocchio però. Non so come sono rimasto in piedi, ma di fatto ho dovuto fermarmi per venti giorni. Lo sapete cosa vuol dire fermarsi fra dicembre e gennaio, no? Adesso sono qua a metterci le pezze, per cui sono contento di come ho cominciato. Il primo giorno ho fatto un bel piazzamento, considerando lo strappo nel finale. E poi ho fatto una bella volata…».

Nella seconda tappa all’Etoile de Besseges, Saint Genies-La Calmette, 3° posto in volata
Seconda tappa, a La Calmette, 3° posto in volata
Non è proprio il modo migliore per cominciare la stagione da campione d’Europa e d’Italia…

Però sono super motivato e queste maglie danno una bella carica. Certi intoppi fanno dispiacere, chiaro che vorrei già essere al 100 per cento. Ma visto che devo ricostruirmi un po’ di base, adesso farò Almeria, poi Uae Tour perché ho bisogno di correre. E magari poi ragioniamo se prendermi un periodo per allenarmi a casa prima della Parigi-Nizza.

Se hai perso 20 giorni e fai quei numeri a Besseges, tanto male però non sei messo…

Il lavoro di base infatti era buono, a dicembre ho sempre lavorato, ma non sono ancora io. Lo sento. Quando siamo arrivati alla volata il secondo giorno, sono stato costretto a partire troppo presto. Pelucchi mi aveva portato al posto giusto al momento giusto. Solo che c’è stata la caduta alla rotonda e ai 250 metri ero già davanti. Eravamo contro vento e il rettilineo tirava leggermente, ero troppo lungo. Ugualmente mi sono messo in carena e ho fatto lo sprint. E’ già tanto che due come Bouhanni e Laporte non siano riusciti a saltarmi, ma contro gli altri due ho potuto fare poco.

Un Nizzolo allegro all’Etoile de Besseges, per le sensazioni in bici, malgrado lo stop
Un Nizzolo allegro a Besseges, malgrado lo stop
Dopo hai guardato i dati del misuratore di potenza?

Mi è bastato riconoscere le mie sensazioni, ho capito subito di aver fatto un’ottima volata. Sentivo i piranha alle gambe

Insomma, il programma era di partire subito a tutta?

Volevo essere così forte da arrivare alla Sanremo quasi in calando, nel senso di arrivarci senza mezzo dubbio sul fatto di essere davvero al massimo. Dato che però non avrei mollato, perché comunque Fiandre e Roubaix sarebbero stati comunque nel mirino, magari questo piccolo ritardo mi farà arrivare più fresco al Nord. Poi vedremo come preparare Giro e Tour. Voglio che la mia maglia si veda tanto anche in Italia.

A proposito di Sanremo, pare ormai certo che non si farà il Turchino e forse farete lo stesso percorso piemontese del 2020…

A me l’anno scorso piacque molto. Il nuovo percorso non ha snaturato la corsa, sono arrivati due da soli e dietro il gruppo a pochi secondi. Certo è diverso. Un conto è arrivare in Riviera a 150 chilometri dall’arrivo e fare tutto quel bel tratto lungo il mare, altra cosa arrivarci ai meno 30 che il mare non fai neanche in tempo a vederlo. Se poi non c’è il Turchino, spero che l’alternativa non sia troppo dura. L’anno scorso si fece il Colle di Nava, che è quasi 1.000 metri. Un conto è farlo ad agosto, altro a marzo, quando potrebbe essere davvero freddo.

Lo scorso anno ci eravamo salutati dicendo che si stava costruendo un gruppo Nizzolo: come procede?

Pelucchi farà il mio stesso programma. Mi fido molto di lui, lo conosco da quando avevamo 7 anni, ma non correvamo insieme dai tempi della Trevigiani under 23. Poi ci saranno Walscheid, Hansen e Gogl comunque votati alla mia causa. In realtà il progetto Nizzolo era già iniziato l’anno scorso con Riis, che mi aveva fatto sentire tanta fiducia. Prima della Sanremo facemmo addirittura un ritiro. E’ vero che era prima della ripartenza, ma una parte di quella esperienza si può salvare. Nulla vieta dopo la Parigi-Nizza di andare qualche giorno a provare il percorso della Classicissima.

A ottobre ha vinto i campionati italiani, battendo Ballerini
A ottobre ha vinto i campionati italiani, battendo Ballerini
Cosa ti è parso di Aru?

In ritiro l’ho visto sereno e in palla, sembrava stesse bene. Sembrava perché quando cominciavamo le salite, lui spariva davanti. Si è inserito subito, siamo un bel gruppo. Quando si è trattato di prenderlo, mi hanno chiesto che cosa ne pensassi e ho detto che valeva la pena, perché ha ancora tanto da dare. A Lugano non ci alleniamo insieme, soprattutto perché lui va in cerca di salite e io no davvero. Venirsi incontro per fare mezz’ora di strada non vale la pena.

Uae Tour per provare a vincere?

Sempre, credo di averlo dimostrato. Io ci provo sempre e poi comunque sarà un’ottima occasione per provare il treno.

Parola a Michelusi, l’angelo del motore di Aru

04.02.2021
3 min
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Da quest’anno dunque Fabio Aru lavorerà seguendo le direttive di Mattia Michelusi, veneto classe 1985 (in apertura nella foto @1_in_the_gutter), laureato in Scienze Motorie con specializzazione in Scienza e Tecnica dello Sport. Un passato da corridore, quindi gli studi, il passaggio per il Centro Studi Federale come formatore dei direttori sportivi, l’approdo al professionismo con la Androni Giocattoli e poi al WorldTour, prima con la Ef Cannondale e ora con il Team Qhubeka Assos. Tuttavia, al netto dei titoli in suo possesso, quando un allenatore inizia a collaborare con un atleta, non sono certo i libri la prima fonte cui attinge.

Il Team Qhubeka Assos, 25 corridori: 17 sono nuovi
Il Team Qhubeka Assos, 25 corridori: 17 sono nuovi
In effetti se fosse così semplice…

Infatti non lo è affatto. Conoscevo Aru come atleta, ma non conoscevo Fabio come persona. La tecnologia ci aiuta nel programmare allenamenti a distanza e sapere quali effetti hanno sul corridore, ma l’aspetto fondamentale del ritiro in Spagna è stato proprio quello di fare la sua conoscenza. Ne avevamo in programma uno in altura a gennaio, ma lui ha preferito il cross, così abbiamo adeguato la preparazione. Io sono favorevole a questa disciplina, può essere utile per qualsiasi atleta, anche per lo scalatore. Offre stimoli che però hanno bisogno di essere integrati con la preparazione per la strada. Ovviamente il suo obiettivo non era diventare campione del mondo, ma allenarsi e farlo in un contesto senza stress.

Quindi avete ridisegnato la preparazione in funzione del lavoro fatto nel cross?

Inserendo questi stimoli allenanti in un contesto ampio, fatto ad esempio di sedute più lunghe. Il fatto di conoscersi porta anche ad analizzare quel che si è vissuto, perché si impara sia dai momenti belli, sia da quelli brutti. La sensazione è che il primo Aru si allenasse sulle salite per vincere, ora invece la salita è una difficoltà da affrontare e superare. Per questo abbiamo anche analizzato il modo in cui lavorava all’inizio e quello che ha fatto negli ultimi due anni.

Brillantezza e resistenza nel menù di Aru stilato da Michelusi (Photo: @breakawaydigital)
Brillantezza e resistenza nel menù di Aru (Photo: @breakawaydigital)
Quindi è sbagliato pensare che con Michelusi si possa o si debba ripartire da zero.

Fabio è un atleta di esperienza, sarebbe sbagliato pensare di fare tabula rasa. Ma occorre lavorare accanto a lui per capire come risponde a certi stimoli. Possiamo avere tutti i dati del mondo, ma per capire come reagisca ai carichi di lavoro, ad esempio, non c’è niente di meglio che guardarlo in faccia. Se arriva in cima a una salita stravolto, vuol dire che lo sforzo è stato eccessivo. Se arriva e sorride, allora si può fare di più. Chiaramente in modo progressivo. Non siamo ancora al top della stagione, più avanti aumenteremo di sicuro perché potremo valutare meglio le sue risposte.

Finora avete introdotto elementi nuovi nel suo piano di lavoro?

No, nulla. Abbiamo semplicemente integrato il cross. Anche se lo ha interrotto, continuiamo a inserire sforzi concentrati che sarebbe inutile mollare del tutto. Fabio credeva in questa strada ed è stato giusto portarla avanti, prevedendo ancora qualche pizzico della stessa intensità.

Come lo vedi?

Lo vedo davvero molto motivato.

Un Aru tutto nuovo: zero stress e… carpe diem!

04.02.2021
5 min
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Conclusa con sua grande soddisfazione la parentesi del cross, Aru ha finalmente trascorso in Spagna i giorni del primo ritiro con il Team Qhubeka Assos. C’erano compagni e staff da conoscere, il nuovo preparatore da incontrare e tanti chilometri da mettere nelle gambe. E poi, dopo una decina di giorni di buon lavoro, Fabio è tornato a Lugano in auto, per evitare rischi inutili e soprattutto perché il volo diretto è stato soppresso. Ridendo al momento di chiudere lo sportello, ha fatto notare che si era talmente abituato a stare in macchina per le trasferte del cross, che non sarebbero stati quei 1.500 chilometri a mettergli paura. Ora però la stagione sta finalmente per iniziare. Il debutto è previsto al Tour de la Provence, gara di 4 tappe dall’11 al 14 febbraio, che il penultimo giorno propone l’arrivo allo Chalet Reynard, sul Mont Ventoux, dove l’anno scorso vinse Quintana. Fabio racconta e riflette. Consapevole di essere davanti a una svolta importante della carriera.

Fabio Aru compirà 31 anni a luglio, è passato professionista nell’agosto del 2012. Ha corso con Astana e Uae Team Emirates
Aru compirà 31 anni a luglio, è pro’ dall’agosto 2012
Soddisfatto di quello che hai visto?

Molto bene, oltre le aspettative. Ho trovato un ambiente tranquillissimo, in cui si vede la voglia di fare. Mi sembra un gruppo molto affiatato, si capisce che lo staff non è cambiato, perché funziona tutto benissimo.

Una squadra tutta nuova, giusto?

Ci sono 17 corridori nuovi su 25 in totale. Alcuni li conoscevo, come Simon Clarke. Altri sono stati una piacevole scoperta, come Lindeman in arrivo dalla Jumbo e Armée dalla Lotto.

Hai conosciuto anche i nuovi tecnici?

Certo, anche quelli che magari non vedevano di buon occhio la mia partecipazione alle gare di ciclocross. Ci siamo spiegati, almeno abbiamo cominciato a farlo. Loro hanno capito la mia posizione e siamo pronti per partire.

Nessun rimpianto per non essere andato ai mondiali, giusto?

Avevo preso la decisione il lunedì dopo l’ultima gara a Variano di Basiliano, nel paese di Pontoni. Poi ho seguito la prova di Coppa del mondo di Overijse, quindi ho parlato con Scotti, risultati alla mano. Dorigoni, che va più forte di me, ha preso un giro. Non mi andava di partire per il mondiale ed essere fermato. Sarebbe stata una partecipazione forzata. Ci siamo trovati tutti d’accordo. Non si è trattato di fare un favore a qualcuno, ma la scelta giusta. In ogni caso, aver partecipato a quelle gare ed essere stato ai ritiro della nazionale è stato per me il top. Dal 5 gennaio sarei dovuto andare sul Teide, ma mi ha dato di più correre a Porto Sant’Elpidio e ai campionati italiani.

Il cross ha costretto Aru a lavori brevi e intensi, da conciliare con il lavoro di fondo
Nel cross lavori brevi e intensi, da conciliare con il fondo
Hai seguito i mondiali?

Certo, ma posso garantirvi che in tivù non ti rendi conto. Avete visto come andavano Van der Poel e Van Aert? Lasciate stare il primo tratto sulla sabbia, dove arrivavano lanciati dal ponte. Quello che faceva impressione era il passaggio nell’acqua, sul bagnasciuga. Abbiamo provato passaggi simili in ritiro, l’acqua ti frena e affondi nella sabbia bagnata. A ogni pedalata fai 800-1.000 watt. In quei tratti erano mostruosi.

Torniamo alla squadra…

Quando vai in un nuovo ambiente, non sai mai cosa aspettarti. Questa stava per chiudere, ho pensato che potessero esserci dei problemi. Invece ho trovato un grande clima e soprattutto persone serene. Nelle squadre in cui sono stato, in Astana soprattutto, c’era davvero tanta pressione. Con Saronni, subito dopo, era lo stesso. E il resto è tutto una bomba, i mezzi e le bici Bmc che sono dei veri missili. Lo capisci subito, ad esempio, se il magazzino è gestito bene. E poi c’è il vestiario Assos, ovviamente di ottima qualità.

Il 13 febbraio, appuntamento a Chalet Reynard, sullo stesso arrivo della corsa a piedi di Froome al Tour 2016. Aru fu 12°
Il 13 febbraio, a Chalet Reynard. Al Tour del 2016 Aru fu 12°
Avete lavorato tanto?

Siamo riusciti a fare 1.000 chilometri, avendo tutte le sere due meeting.

Con chi ti allenerai?

Mi seguirà Mattia Michelusi, mi piace il suo metodo. Non faremo le stesse cose del passato, quantomeno correggeremo quelle che non vanno.

Di fatto la tua preparazione è sempre stata simile a se stessa.

Quando sono passato nel 2012, non mi assisteva nessuno. Poi sono stato affidato a Mazzoleni e a seguire è arrivato Slongo. Il primo anno feci il programma di Vincenzo (Nibali, ndr), con il Teide a inizio stagione e il debutto in Argentina. Diciamo che lo schema che funzionava non è stato più toccato. Anche alla Uae, con Tiralongo, si è cercato di tenere la stessa linea.

Ora cambia qualcosa?

Ora seguo la squadra, con l’eccezione della scelta del cross, per il quale ho saltato l’altura di gennaio e di cui abbiamo condiviso la bontà. Ho visto come lavorano e mi piace. Abbiamo concentrato due ritiri in uno e la programmazione delle giornate è stata eccezionale.

Giornata di lavoro in Spagna, in un mix di intensità e lavoro di fondo
Giornata di lavoro nel ritiro spagnolo
Bici nuova, posizione nuova?

Ho voluto cancellare tutti i cambiamenti degli ultimi anni, tornando all’assetto che avevo quando facevo i risultati migliori. Diciamo che se le cose non vanno, si cominciano a cercare spiegazioni anche in queste cose. Si cambia, ma invece di migliorare, spesso si peggiorano le cose.

Come va con gli italiani del team?

Conoscevo abbastanza bene Pelucchi, ma adesso sto scoprendo anche Nizzolo e Pozzovivo, con cui sono nel gruppo degli scalatori. Domenico sa tante cose, con lui si parla parecchio.

Quale sarà il tuo approccio con le corse?

Vivrò gara per gara. Quindi inizierò in Provenza e poi vedremo, ma la cosa più importante è che sono felice e non vedo l’ora di iniziare la mia nuova stagione.

Aru ringrazia il cross e riprende la bici da strada

17.01.2021
3 min
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Aru ringrazia e torna a casa. Dopo il ritiro con la nazionale di ciclocross e la gara di Variano di Basiliano, forse è venuto il momento di rimettere ogni cosa nella giusta prospettiva. La gara di oggi è stata dura e sfortunata, il passivo di 5’53” dal vincitore è impietoso. Fra due giorni inizierà il ritiro spagnolo del Team Qhubeka-Assos. Nonostante quel che si è detto, Fabio ha avuto la possibilità di andare in ritiro e correre quest’ultima prova. Dal tono di voce appare tutto chiaro.

«Il terreno era ghiacciato – dice mentre in sottofondo l’autostrada parla del ritorno a casa – sono partito benino, mi pare settimo. Ma la prima curva era scivolosa e sono caduto. Da quel momento è andato tutto storto, compresi i pedali che non agganciavano bene. Caliamo un velo…».

Una buona partenza per il corridore sardo, in 7ª posizione, che alla prima curva però avrà qualche problema (foto Billiani)
Una buona partenza per il corridore sardo (foto Billiani)
E’ arrivato il momento delle analisi, di tirare una riga e fare il punto della situazione.

Il ritiro di Ardea è andato molto bene. Ho trovato un gruppo eccezionale, alcuni li conoscevo, altri li ho scoperti. Ci siamo allenati tanto, abbiamo fatto un bel blocco di lavoro. Sono stati giorni molto costruttivi.

Contento dell’accoglienza?

E’ stata speciale. Ho trovato persone contente di vedermi e anche io sono stato molto contento di essere in mezzo a loro. Sarei stato libero di restarmene a casa, invece ho noleggiato un furgone e mi sono messo in gioco. Ho voluto dare un taglio alla negatività degli ultimi mesi, in mezzo alle persone che mi conoscevano da prima che diventassi Aru.

Ora si volta pagina?

Intanto vado a casa. Poi via, si vola a scoprire la nuova squadra. Il primo ritiro è importante per conoscersi.

Pensi di essere riuscito a prepararti bene anche per la strada?

In questi giorni ho parlato molto con i ragazzi della nazionale, ero curioso. Anche loro utilizzano la bici da strada, ma in questo periodo non devono fare chissà quali distanze. Io invece fra una gara e l’altra ho comunque fatto uscite da 3 a 5 ore. Di fatto ho corso nel cross con una preparazione per la strada. Per cui sto bene e non vedo l’ora di cominciare.

Al traguardo per Aru un passivo di quasi 6 minuti, ma un altro grande allenamento (foto Billiani)
Al traguardo per Aru un passivo di quasi 6 minuti (foto Billiani)
Sembra di capire che se la parentesi del cross finisse adesso, non sarebbe un dramma…

Assolutamente no. Dovevo fare un paio di gare e ne sono venute fuori sei. Ho lavorato e mi sono divertito parecchio. Se dovessi tirare ora una riga, direi che l’ho vissuta giorno per giorno e così continuerò a fare. Ma non dimentico che la ma priorità resta la strada.

Il cross ti è stato utile?

E’ venuto tutto a favore. Non correvo da tante settimane e aver gareggiato mentre le prime corse su strada sono state annullate avrà certamente una ricaduta positiva. Dal ritiro, la testa sarà sulla stagione della strada, il cui inizio è ormai imminente. Aspetto che sia la squadra ad annunciare il calendario, ma credo che inizialmente farò una serie di gare brevi.

Quindi basta ciclocross?

Sono tornato nella realtà e gareggiare mi ha fatto molto bene. Sono gare vere, molto esigenti. Si corre a ritmo alto, vanno davvero forte. Il mondiale sarebbe molto più esigente, in mezzo a dei mostri che mangiano pane e ciclocross. Staremo a vedere, per ora voglio stare un po’ a casa e poi pensare al nuovo anno. A breve avrò il mio programma e inizieremo ad allenarci, sul mare vicino Girona. Non c’è niente da dimostrare in allenamento, i veri segnali dovrò darli in corsa. E davvero non vedo l’ora.

Fabio Aru, prova tricolori Lecce 2021

Perché alla Qhubeka non vogliono Aru nel cross?

09.01.2021
4 min
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Fausto Scotti è diviso fra l’orgoglio e il fastidio: l’orgoglio per aver salutato la presenza di Fabio Aru nella già bellissima stagione del cross; il fastidio perché sembra che questo non stia bene a tutti, soprattutto a chi (a suo dire) dovrebbe pensare al bene del campione sardo.

Ai campionati italiani di Lecce, il commissario tecnico azzurro è il riferimento di squadre e atleti, con cui si relaziona come una sorta di saggio fratello maggiore.

Cosa succede, Fausto?

Sono in contatto con Fabio da 15 anni. Possibile che nessuno abbia voluto stargli vicino? Qui si sta divertendo, ha ritrovato il gusto di andare in bici e fare fatica. In questi anni lo hanno sfondato in allenamento pensando soltanto alle gare a tappe, senza nemmeno considerare che sia un fuoriclasse anche per le corse di un giorno. Gliel’ho detto che secondo me dovrebbe mettere nel mirino la Strade Bianche e le corse di aprile.

Perché pensi che nessuno gli stia vicino?

Fabio ha bisogno di gente che gli parli in faccia, non di persone che gli dicono una cosa e poi alle spalle organizzano il contrario. Ha bisogno di serenità e se lo avete visto, vi sarete certamente accorti che è una persona completamente diversa. Ha 16 giornali ogni giorno che parlano di lui. In Olanda stanno facendo i sondaggi circa la sua presenza ai mondiali e il 76% dei tifosi lo vorrebbe al via.

Ci si chiede che cosa venga a fare al mondiale…

Dicono che non abbia senso venire a farsi staccare. Però intanto gente come Boom e Stybar gli mandano messaggi dicendo che fa bene e che così si accende la luce sul cross. Van der Poel e il suo manager sono contenti che potrebbe fare la prova di Coppa del mondo e il mondiale. E per quando mi riguarda, penso sia bello e utile recuperare un ragazzo che voleva smettere. Mi ha detto: «Con quello che ho guadagnato, apro un’attività con mio fratello». Gli ho detto che gli anni più belli sono quelli fino ai 35, perché conosci il tuo corpo e ti godi davvero il ciclismo.

Ryder Douglas
Ryder Douglas, team manager della Qhubeka-Assos, ha aderito di slancio all’idea di Aru nel cross
Ryder Douglas
Douglas, manager della Qhubeka, ha sposato l’idea del cross
Recuperare è una parola importante.

Non puoi lasciarlo in un momento così. Non lo devi lisciare, ma devi parlarci chiaramente. Gli ho detto: «Perché sei tanto deluso del tuo Tour? Ti avevano fatto credere che eri la più bella di tutte? Non era vero. Ti hanno detto che dovevi fare il gregario? Nessun problema, magari provi a infilarti in un paio di fughe e vinci una tappa. A fine anno corri i mondiali, perché tanto Cassani ti porta e magari fai anche una bella corsa, perché sono arrivati davanti quelli forti in salita. E la Uae non si sogna di lasciarti andare». E gli ho detto un’altra cosa: «Prendi carta e penna e scrivi due righe all’operatore che hai mandato a quel paese il giorno che ti sei ritirato. Perché quello sta lì per 50 euro al giorno e ha un capo che gli ha detto di stare su di te. Perché quelle immagini facevano grossi ascolti.

E lui?

E’ stato zitto un secondo e poi ha detto che scriverà quel biglietto. Questi ragazzi vivono nella loro dimensione, non sono nel sociale come noi e nessuno gli dà consigli. Gli ho anche suggerito di tornare indietro. Prendere la famiglia e andare a Villacidro. Cosa diamine ci fa a Lugano? Deve uscire di casa e sentire il saluto del vecchietto davanti al bar, quello dei bambini. Deve tornare a casa dopo un allenamento come Rocky, con la gente che gli corre dietro. Sapete cosa ha detto a Porto Sant’Elpidio?

Fausto Scotti
Fausto Scotti, tecnico della nazionale di cross, ha mostrato grande interesse per Aru
Fausto Scotti
Scotti ha mostrato grande interesse per Aru
Cosa?

Ha detto che quando è andato a prendere i 45 euro del montepremi era emozionato. Ha detto che quei soldi li metterà in cornice. Capito come la sta vivendo? Gli ho detto subito che qua non ci sono docce e di chiamare Cevenini perché gli portasse l’acqua calda per lavarsi in mezzo a un campo. Non c’è dubbio che al centro di tutto ci sia Fabio, più di Aru. Invece l’altro giorno mi ha chiamato Missaglia, il suo direttore sportivo alla Qhubeka-Assos.

Per parlare di cosa?

Mi ha detto: «Parliamoci chiaro, lo stai facendo perché ti serve visibilità!». E io l’ho mandato a quel paese. Lui ha alzato la voce, dicendo che se il discorso doveva andare così… Ma l’ho fermato, gli ho detto che mi aveva cercato lui e mi aveva fatto quell’attacco. Gli ho detto che vivo nella città più bella del mondo e faccio il commissario tecnico da 16 anni, che pubblicità devo farmi? 

Perché lo fai?

Sono stato nascosto per due mesi, confidandomi solo con pochi giornalisti amici. Voi e qualcuno alla Gazzetta. Volevo che parlaste di lui, non di me. Invece paradossalmente gli si sta creando attorno una situazione non bella. Per me da domani Fabio è in ritiro con la nazionale di ciclocross ad Ardea. Gli ho fatto vedere il programma, si è esaltato. Poi correrà la gara di Pontoni in Friuli e a fine mese viene al mondiale. Ma qualcuno glielo vuole impedire. Il suo team manager alla Qhubeka-Assos è una bella persona, alcuni suoi tecnici forse no. Sapete a cosa serve la presenza di Fabio? Al fatto che ci sono dei professionisti che mi chiamano per provare. Gli ho detto che se ne riparla l’anno prossimo, sempre se sarò confermato tecnico.

Jakob Dorigoni, San Fior 2020

Dorigoni sicuro: «Ho visto Aru bello tirato»

02.01.2021
4 min
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Si avvicina la settimana più importante per il ciclocross italiano, con la chiusura del Giro d’Italia il 6 gennaio a Sant’Elpidio e i tricolori del weekend successivo a Lecce, ma nell’ambiente ancora si parla della gara di San Fior, vinta da Dorigoni lo scorso 30 dicembre, e soprattutto della nuova uscita di Fabio Aru. Questa esperienza sui prati sta restituendogli il piacere di pedalare e questa è già una bellissima notizia, tanto che il sardo pensa di gareggiare anche alla rassegna tricolore pugliese, dopo l’inatteso debutto di Ancona. Tecnicamente però, queste sue prime uscite che cosa dicono? 

Fabio Aru, San Fior 2020
Per Fabio Aru, a San Fior, nessun problema nei tratti pedalati (foto Billiani)
Fabio Aru, San Fior 2020
Per Aru, nessun problema nei tratti pedalati (foto Billiani)

Un’opinione di peso può averla chi gli ha “pedalato contro”, chi ha condiviso con il neoacquisto della Qhubeka-Assos fango e sudore. In primis Jakob Dorigoni, che la gara trevigiana appunto l’ha vinta.

Il campione tricolore non si tira indietro. Appena terminato il quotidiano allenamento, esprime il suo parere sottolineando un punto a suo dire importante.

«Prima ancora che dal punto di vista tecnico – dice Dorigoni – la cosa che mi ha più colpito era la sua espressione. L’ho visto rilassato ma felice, come se avesse ritrovato il calore di una famiglia. Il ciclocross è così, ci dividono le squadre, ma per il resto siamo un gruppo unico e ora Aru ne fa parte. Si vede che il ciclocross per lui non è una cosa nuova, è chiaro però che 8 anni di lontananza si fanno sentire. Gli può mancare un po’ di pratica, come se fosse necessario levare la ruggine da certi meccanismi, ma è solo questione di tempo».

Jakob Dorigoni, San Fior 2020
Dorigoni, sul podio di San Fior, un altro passo avanti verso il tricolore di Lecce (foto Billiani)
Jakob Dorigoni, San Fior 2020
Dorigoni, un altro passo verso Lecce (foto Billiani)
Hai avuto possibilità di vederlo all’opera, pur essendo tu davanti a tutti?

Certamente, mi sembra che migliori gara dopo gara. Non va dimenticato che, quando gareggiava negli anni giovanili, era anche molto bravo e non puoi certo dimenticare come si va in bicicletta… Sono convinto che gli servano solo tranquillità e tempo per ritrovare se stesso, anche nel ciclocross.

Fisicamente come lo hai visto?

Magro come sempre, nella parte superiore del corpo estremamente tirato e anche con qualche filo di muscolo in evidenza. Le gambe sono asciutte come quelle di chi ha già messo chilometri in cascina. Certamente c’è ancora molto da lavorare, ma la strada è quella giusta, almeno secondo me.

Fa bene a mettere i campionati Italiani nel mirino?

Fa benissimo, deve continuare a gareggiare, perché ogni occasione lo farà andare più forte, fa parte della crescita. Nel suo caso il risultato finale non sarà fondamentale, esserci invece sì.

Fabio Aru, San Fior 2020
Ma questo Aru, che ritrova la condizione e la coordinazione, inizia a diventare interessante (foto Billiani)
Fabio Aru, San Fior 2020
Per Aru segnali di risveglio tecnico nel cross (foto Billiani)
Parliamo di Dorigoni: a che punto sei?

Mi sembra di star bene, di essere in crescita esattamente nella maniera che volevo, piano piano per essere al top quando servirà, a fine gennaio per i mondiali. So che è iniziato un mese importante e non sto lasciando nulla al caso.

Guardando le gare internazionali del periodo delle feste, ti è mancato avere l’occasione di qualche confronto diretto?

Sinceramente sì, mi avrebbe dato quel qualcosa in più, soprattutto come percezione del mio livello, mi avrebbe dato quel pizzico in più per arrivare al 100 per cento. Credo ormai che non ci sarà più occasione, conviene continuare sulla strada intrapresa, considerando anche le difficoltà negli spostamenti, e concentrare tutto sulla gara iridata.

Proviamo a esprimere un sogno: che tipo di clima e di percorso vorresti ai mondiali?

Fango o terreno secco non importa, ho solo un desiderio: che non sia freddo…

Rulli Wahoo, Industry 2020

Wahoo Fitness e Alé BTC Ljubliana, accordo fatto

09.12.2020
2 min
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Wahoo Fitness rafforza la propria presenza ai vertici del ciclismo. E’ stato infatti firmato un accordo triennale con il team Alé BTC Ljublijana, l’unica formazione italiana nel World Tour femminile.

Nel segno della tecnologia

La collaborazione con il con il team Alé BTC Ljublijana riguarderà in particolare i marchi Wahoo e Speedplay. Speedplay fornirà i pedali, mentre Wahoo fornirà ciclocomputer GPS, cardiofrequenzimetri e gli strumenti per lo smart training. 

Gli strumenti messi a disposizione del team saranno i seguenti: Wahoo ROAM GPS Computer, Wahoo TICKR Heart Rate Monitor e Wahoo KICKR Smart Trainer.

Zona riscaldamento, Wahoo
Una Warm Up Zone, come per Ineos, che sarà allestita per il Team Alé BTC Ljubljana Cipollini
Zona riscaldamento, Wahoo
Anche il Team Alé avrà la sua Warm Up Zone

Warm Up Zone dedicata

Esperienze positive sono state già sperimentate tra i professionisti con i team Ineos Grenadiers e Bora-Hansgrohe. Dal 2021, il team Alé BTC Ljubljana Cipollini sarà la prima formazione WorldTour femminile per cui Wahoo allestirà, alla partenza delle gare, una Warm Up Zone. Un’area protetta, dove le atlete potranno allenarsi e riscaldarsi in totale sicurezza con gli strumenti di smart training dati in dotazione al team dall’azienda americana. 

Una sinergia completa

«Siamo molto contenti della nostra partnership con Alé BTC Ljubljana Cipollini – ha detto Mike Saturnia, CEO di Wahoo Fitness – per il 2021 siamo entusiasti di incrementare il nostro supporto. La scelta della squadra di utilizzare il nostro ecosistema completo di prodotti indoor e outdoor ci permetterà di lavorare in sinergia con le ragazze e con i tecnici sullo sviluppo delle prestazioni».

Alessia Piccolo, presidente di Alé BTC Ljubljana Cipollini sottolinea: «L’attività e i risultati del nostro team hanno sempre più rilevanza internazionale. Lavoriamo giorno dopo giorno per essere al top del nostro movimento. Ed è per noi motivo di orgoglio che dei brand americani di così grande prestigio abbiano scelto di sostenerci. Sono sicura che grazie al loro supporto, otterremo benefici sia dal punto di vista delle prestazioni e sia dal punto di vista dell’immagine. Non vediamo l’ora di iniziare insieme questa nuova avventura». 

Wahoo Fitness è distribuita in Italia da SUMMIT Sports http://summitsports.it/