Riprende dalla Spagna il viaggio di Pozzovivo. Ma che fatica…

15.02.2022
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Formalmente da ieri, giorno di San Valentino in cui festeggiava anche l’onomastico di sua moglie, Domenico Pozzovivo è diventato un corridore della Intermarché-Wanty-Gobert. Dieci giorni fa era andato da sé a prendersi la bici a Charleroi e da domani sarà in corsa alla Vuelta Andalucia-Ruta del Sol. Ma riavvolgendo il nastro, voi avete idea di cosa sia successo dal 29 novembre, quando Ryder Douglas lasciò liberi i corridori della Qhubeka-Nexthash? Ce lo siamo fatto raccontare da Raimondo Scimone, il suo agente, che al pari del piccolo lucano, non ha mai smesso di crederci.

«Per me oggi è il 2 gennaio – sorride l’emiliano – il 2021 è finito adesso, con l’ultimo obiettivo possibile finalmente raggiunto».

La collaborazione fra Pozzovivo e Scimone è iniziata nel 2005. A destra Valentina, moglie del lucano (foto Facebook)
La collaborazione fra Pozzovivo e Scimone è iniziata nel 2005, propiziata da Luca Mazzanti

La lunga attesa

La storia è complessa. Mentre tutti i corridori lasciati liberi dal team sudafricano si sono affrettati a trovare una nuova sistemazione, Pozzovivo ha scelto di dare fiducia al team e ha continuato ad allenarsi come se tutto fosse normale.

«Le ragioni per cui ha aspettato tanto – spiega Scimone – sono state fondamentalmente due. La prima è che in quella squadra si trovava bene. Domenico nota le cose che non vanno, non le manda a dire, ma lì disponeva di ottimo materiale e di un bel gruppo di lavoro. E poi c’era un contratto economicamente vantaggioso che si sarebbe rinnovato se la squadra avesse proseguito l’attività. Solo che il tempo passava. Dovete sapere che “Pozzo” è rispettato da tutti, ma poi quando si scendeva nel pratico, qualcuno discuteva per il fatto dell’età, qualcun altro per la posizione in bici dovuta all’incidente. Uno mi ha anche suggerito di farlo smettere. Ma siccome fino a metà novembre c’era la possibilità che Qhubeka facesse una professional, abbiamo aspettato. In realtà ci guardavamo già intorno, bisogna sempre farlo, ma la ricerca vera è iniziata quando Ryder Douglas ha mollato la presa».

Il confronto del Lombardia gli ha fatto capire di avere ancora qualcosa da dare
Il confronto del Lombardia gli ha fatto capire di avere ancora qualcosa da dare
In che direzione vi siete mossi?

Inizialmente verso squadre con organico non completo. Poi quelle cui mancasse un uomo per il Giro d’Italia, che per Domenico è sempre stato la corsa più importante. L’idea di essersi dovuto ritirare e lasciarlo dopo una settimana come nel 2021 non gli andava giù. E trovo che tornarci sia un’ambizione più che lecita, visto che delle sette top 10, solo una l’ha fatta alla Vuelta e le altre sono del Giro.

E quel suggerimento di farlo smettere?

Non abbiamo avuto bisogno di chiarirci, perché lo avevamo già fatto. Gli avevo detto di decidere liberamente e di sentirsi libero da ogni condizionamento nei miei confronti. Può smettere quando vuole e lo sa da tempo. Invece alla fine del Lombardia disse la frase che faceva capire che non ci pensasse minimamente.

Che frase?

«Questi giovani vanno come moto – mi disse – però oggi sulla salita su cui di solito faccio i test, pur andando in scioltezza ho fatto i wattaggi migliori di sempre, anche di quando la faccio a tutta». E il senso era che i vari Pogacar e gli altri lo stanno costringendo a migliorare e gli stanno allungando la carriera. Quindi siamo andati avanti. Il fatto di firmare tardi era qualcosa che avevamo già sperimentato.

Pozzovivo debutta al UAE Tour 2020 con la maglia NTT, alla ripresa dall’incidente di agosto
Debutta al UAE Tour 2020 con la maglia NTT, alla ripresa dall’incidente di agosto
Già nel 2020, alla ripresa dall’incidente, era successo qualcosa del genere, vero?

Quando venne fuori il progetto NTT, con Riis all’interno in un ruolo importante, ci arrivò l’okay verbale il giorno di Natale del 2019 e la firma il 27 dicembre, per non incappare nella regola dell’Uci per cui non si potrebbe firmare un contratto dopo il primo gennaio. Se non avessimo firmato quel contratto, probabilmente Domenico avrebbe smesso lì.

Quindi di base anche lui era tranquillo?

A novembre mi disse: «Raimondo, mi hai venduto quando ero zoppo. Perciò, ora sto bene, che problemi dovresti avere?». Non è facile avere la voglia di spingere ancora, evidentemente ce la siamo trasmessa a vicenda. Perché lui nel frattempo lavorava come se fosse tutto normale, ma con un mese di anticipo. Ha a febbraio i watt che di solito raggiunge a marzo. L’unica differenza è stata che, anziché andare sul Teide a Natale con Valentina, c’è andato da solo la settimana dopo per 12 giorni, passando un Natale normale in famiglia.

Finché l’occasione è arrivata…

A un certo punto si è capito che si andava materializzando qualcosa. C’era l’inghippo della regola UCI, bisognava aspettare che si riunissero per deliberare. Da un lato ero confidente che si superasse, ma insieme mettevo il pepe al manager della squadra perché facesse pressione. In fondo rischiavano di pagarlo senza farlo correre. E alla fine il contratto è stato firmato venerdì 11 febbraio e registrato il 14.

In attesa delle foto ufficiali, sul suo account Instagram c’è già da due giorni il logo del team
In attesa delle foto ufficiali, sul suo account Instagram c’è già da due giorni il logo del team
Ci hai sempre creduto?

Al 100 per cento, perché la logica dice che Pozzo dove lo metti sta. Trovato l’accordo, problemi non ce ne sono. Ci potevano essere altre squadre, comprese due professional, ma la WorldTour offre un calendario di livello che mette al riparo da ogni imprevisto. Scordiamoci il discorso economico, che comunque è dignitoso. Ci sono il calendario e lo spazio per correre bene. Però ci sarebbe, se posso, una persona da ringraziare…

Di chi si tratta?

Ero a telefono con Valentino Sciotti. Si parlava fra appassionati di vini e quando mi ha chiesto come stessi, gli risposi che avevo il cruccio di Pozzo ancora per aria. Disse che non era possibile e grazie a lui si è aperto il discorso con Israel-Premier Tech e Intermarche-Wanty (la Vini Fantini compare fra gli sponsor 2022 di entrambi i team, ndr). Quando è andato alla presentazione della squadra belga, mi ha chiesto se lo autorizzavo a spendere una parola per Domenico e di fatto è nata questa trattativa. Cercavano un corridore capace di fare bene al Giro e alla fine abbiamo chiuso anche in fretta.

Hai gestito tu oppure c’è sempre stato il contatto con Domenico?

Ad ogni passo, devo informare il mio cliente. Deve esserci un dialogo continuo, anche se dopo tanti anni (Scimone e Pozzovivo collaborano dal 2005, ndr) bastano uno sguardo o un whatsapp.

Il primo obiettivo del nuovo team con Pozzovivo sarà il Giro d’Italia
Il primo obiettivo del nuovo team con Pozzovivo sarà il Giro d’Italia
Quale reazione ha avuto quando gli hai comunicato che era fatta?

E’ stato un momento importante emotivamente. Ha cambiato tono di voce, ma si sentiva che era contento. Poi è iniziata la fase dell’attesa. Si è spazientito per le lungaggini dell’Uci, perché lui era pronto per correre. Da lì la corsa a Charleroi per prendersi la bici. Per uno che ha avuto il suo incidente, abituarsi alla posizione da strada e da crono è decisivo. Soprattutto per la crono è un gran meticoloso.

Domani si comincia?

Ieri alle 22 era a Malaga e ha annunciato che avrebbe iniziato a correre. Si è fatto scattare la foto da un meccanico (immagine di apertura, ndr). Se mi sentite dalla voce, sono contento anche io. Dopo tanti anni di collaborazione, si diventa anche amici. Può essere limitante, ma preferisco considerarlo un privilegio di questo tipo di attività. Oggi per me è il 2 gennaio. Adesso posso iniziare a programmarmi i viaggi per le prossime corse.

Team Qhubeka, l’ultimo articolo è un grido d’aiuto

05.11.2021
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Se non fosse che ad andarci di mezzo sono un’idea e un bel gruppo di brave persone, fra corridori e personale, si potrebbe dire che la storia del Team Qhubeka sia ai titoli di coda e passare oltre. In realtà è triste ammettere che i tempi per presentare la richiesta di affiliazione come team WorldTour siano scaduti dal 19 ottobre e che andare oltre significherebbe pagare anche le sanzioni giornaliere imposte dal severo schema dell’Uci.

La squadra è megafono di Qhubeka Charity, che raccoglie fondi e acquista bici per l’Africa
La squadra è megafono di Qhubeka Charity, che raccoglie fondi e acquista bici per l’Africa

E’ la squadra che lo scorso anno ha accolto Fabio Aru e che ha dato una seconda carriera a Domenico Pozzovivo. Che ha vinto tre tappe al Giro con Nizzolo, Schmid e Campenaerts, chiudendo il ranking in 21ª posizione. Non il massimo, ma non troppo lontano da Lotto Soudal e Team Dsm.

Un grido d’aiuto

L’ultimo grido di allarme di Ryder Douglas è apparso ormai da due settimane sul sito del team, senza che apparentemente ci siano state risposte. La squadra nacque nel 2008 proprio da un’idea di Douglas con il nome di Mtn. Prima continental, poi professional infine dal 2016 nel WorldTour. Ricordate la maglia bianconera con cui Kristian Sbaragli vinse una tappa alla Vuelta del 2015 o ancor prima quella gialla e nera con cui Ciolek vinse la Sanremo 2013 davanti a Sagan e Cancellara?

Con la maglia MTN-Qhubeka, Ciolek vinse la Sanremo del 2013 su Sagan e Cancellara
Con la maglia MTN-Qhubeka, Ciolek vinse la Sanremo del 2013 su Sagan e Cancellara

Il salto di qualità lo fecero nel 2016 con l’arrivo di Dimension Data e al suo ritiro con il breve avvento di Ntt e la presenza di Bjarne Riis. Già alla fine del 2020, quando l’avventura del manager danese si concluse, la squadra parve sul punto di fermarsi. La salvarono Assos e la scelta di alcuni corridori, fra cui Nizzolo, di restare con la sua maglia di campione europeo. Ma ora sembra tutto sul punto di sbriciolarsi.

L’Africa che cresce

L’Africa cresce e proprio sul più bello il solo team africano deve chiudere i battenti? Scrive così Douglas Ryder sul sito della squadra: «Sin dall’inizio, il nostro team ha fornito speranza e opportunità a oltre 50 corridori africani che hanno corso per noi a livello Continental, Pro Continental o World Team e, di conseguenza, hanno avuto l’opportunità di mostrare il loro talento e realizzare i loro sogni.

Kristian Sbaragli, Castellon, Vuelta Espana 2015
Kristian Sbaragli, al terzo anno da professionista, vince così la tappa di Castellon alla Vuelta 2015
Kristian Sbaragli, Castellon, Vuelta Espana 2015
Kristian Sbaragli, al terzo anno da professionista, vince così la tappa di Castellon alla Vuelta 2015

«La recente notizia che il Rwanda ospiterà i Campionati del mondo 2025 è un momento enorme per il nostro sport e uno di cui siamo molto orgogliosi per il ruolo che abbiamo svolto a sostegno dell’Africa, del suo potenziale ciclistico e come destinazione in cui correre. Vedere Biniam Ghirmay dall’Eritrea arrivare secondo ai campionati del mondo U23 quest’anno è stato incredibile. Aveva solo 14 anni quando Daniel Teklehaimanot ha indossato la maglia di re della montagna nel Tour de France 2015 con la nostra squadra. Le loro storie, così come il viaggio di Nicholas Dlamini dalle township di Città del Capo al Tour de France, sono fonte di ispirazione».

Due progetti

Perché dietro c’è un progetto, anzi ce ne sono due. Il primo è quello connesso a Qhubeka Charity, l’associazione che raccoglie e dona biciclette a ragazzi africani, vedendo in quelle due ruote la possibilità di ridurre i tempi di percorrenza verso le scuole e dare così accesso all’istruzione. Il secondo è quello di portare al professionismo corridori africani che negli anni sono effettivamente transitati attraverso la loro continental, guidata prima da Francesco Chicchi e ora da Daniele Nieri, e di lì al professionismo. 

Lo staff della Qhubeka-NextHash fa festa per Aru, che alla Vuelta ha lasciato il ciclismo
Lo staff della Qhubeka-NextHash fa festa per Aru, che alla Vuelta ha lasciato il ciclismo

«Nelle nostre divise Continental e World Team – scrive ancora Douglas – abbiamo personale e ciclisti che sostengono il nostro messaggio, cioè che le biciclette cambiano la vita, e ci consentono di essere una piattaforma per aumentare la consapevolezza e raccogliere fondi per la Qhubeka Charity.

«Siamo completamente unici nel panorama sportivo come organizzazione, guidata da uno scopo che nel corso della nostra partnership decennale con Qhubeka ha visto il team raccogliere oltre 6 milioni di dollari per l’organizzazione di beneficenza e nel processo ha cambiato migliaia di vite».

Ryder Douglas sta ancora lottando, ma il tempo stringe
Ryder Douglas sta ancora lottando, ma il tempo stringe

Un sogno tutto giallo

A Douglas Ryder va dato atto che non si è mai arreso. Altri manager in passato hanno preso atto della situazione e alzato bandiera bianca, lui no. Ma questa volta la sfida è impari.

«Rimaniamo fiduciosi che la nostra storia non sia completa – scrive ancora – il nostro viaggio continuerà, per continuare a cambiare la vita attraverso le biciclette. Ho sempre detto che il nostro sogno per questa squadra sarebbe vedere un giovane africano, che ha iniziato il suo percorso su una bici Qhubeka, correre un giorno sulla strada più famosa del ciclismo: gli Champs Elysée. Solo così il sogno sarà completamente realizzato».

Al via da Torino per l’ultimo Giro, in cui il team vincerà tre tappe
Al via da Torino per l’ultimo Giro, in cui il team vincerà tre tappe

Infine il grido d’aiuto

«Se voi, o qualsiasi membro della vostra rete aziendale – si conclude il toccante testo – desiderate collaborare con il nostro team e continuare a cambiare la vita, contattateci qui. Grazie per il vostro sostegno».

Il messaggio si chiude con un’invocazione di aiuto, quasi la resa di un uomo che le ha provate tutte e sta per mollare. I corridori hanno ricevuto il via libera e hanno trovato altre sistemazioni. Altri sono ancora in cerca. E così il messaggio di Douglas, come la bottiglia di un naufrago, è lì che galleggia da due settimane. Eppure, con un pizzico di ottimismo che non guasta, la sensazione che possa farcela anche questa volta resta ancora a farci compagnia…

Landa cauto al via della Vuelta: «Vengo da dove vengo»

13.08.2021
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Mikel Landa alla partenza della Vuelta è abbottonato come uno che non vuole dire una parola più del necessario. C’è da capirlo. L’ultima volta che si sentiva fortissimo e un minimo si è sbilanciato è stato al Giro d’Italia. E dopo aver fatto vedere grandi gambe a Sestola, è rimasto coinvolto nella caduta di Cattolica, tornando a casa con qualche costola e la clavicola rotta.

«E’ servita pazienza – dice con un filo di rassegnazione – ciclismo non è solo vincere, ma anche passare momenti difficili, gestirli e riprendere i sogni e i propri obiettivi».

La Vuelta che parte domani gli si addice per strade e spirito di corsa, ma la condizione non è ancora al top. Anche se alla Vuelta Burgos ha tenuto testa a tutti i rivali, compreso Bernal che era certo lì per fare la punta alle armi, ma a farsi staccare non ci sta mai troppo volentieri.

Al Giro dello scorso maggio era in gran forma. A Sestola è arrivato con Bernal e Ciccone
Al Giro dello scorso maggio era in gran forma. A Sestola è arrivato con Bernal e Ciccone

Landa bandiera

Landa è a detta di tutti i giornalisti spagnoli, l’unico corridore di casa che abbia ancora la capacità di infiammare il pubblico. Senza dover per forza definirlo l’erede di Contador e con Valverde in calando, il pubblico e gli addetti ai lavori si sono resi conto che Marc Soler ed Enric Mas non sono all’altezza dei desideri. Così, in attesa che arrivi Juan Ayuso (sulle cui spalle il carico delle attese è già smodato), Landa è la bandiera di quel correre all’attacco che tanto piace al pubblico. In più Mikel è basco, il carattere non gli manca.

Come stai?

Sto bene, sono motivato. Non ho la forma migliore, però verrà durante la corsa.

Si parte da Burgos, praticamente vicino casa…

Mi porta fortuna. Ho vinto la Vuelta la scorsa settimana e avrò i miei tifosi. Vedremo se sarò già in grado di lottare dalle prime tappe e se sarò in grado di farlo sino alla fine. L’obiettivo resta sempre quello: salire sul podio. Ma per vari motivi, tra cui soprattutto la sfortuna, quest’anno non ci sono riuscito.

La sfortuna era in agguato: a Cattolica, caduta, 4 costole rotte e anche la clavicola
La sfortuna era in agguato: a Cattolica, caduta, 4 costole rotte e anche la clavicola
Per questo sembri così… cauto?

Vengo da dove vengo, con quattro costole rotte e la clavicola. A forza di prendere simili botte, la fiducia va un po’ giù. Perciò mi limito a dire che vorrei salire sul podio e lottare per qualche tappa. E poi vedremo.

La Bahrain Victorious è una delle squadre rivelazione dell’anno.

E’ un gruppo tutto nuovo. L’anno scorso era cominciato un primo rinnovamento, ma poi a causa del Covid non si è potuto raccogliere troppo. Abbiamo sempre lavorato bene, seguendo criteri rigorosi e vincenti. E adesso che il periodo sfortunato è finito e abbiamo potuto allenarci in modo completo, i risultati sono iniziati a venire.

Ti aspettavi che Aru, secondo alla Vuelta Burgos, avrebbe annunciato il ritiro dopo la Vuelta?

Onestamente no e penso che sia una pena per i suoi tifosi. Lo vedevo tranquillo, peccato. E’ stato un compagno di squadra e di strada, un amico. La sua vita ha preso un cammino diverso.

Ti senti tra i favoriti della Vuelta?

Direi che quello è un ruolo che compete a Roglic e Bernal, per quello che hanno conseguito finora. Io spero di potermi infilare fra loro e giocarmela. Loro possono metterci le gambe e una grande stagione.

E tu?

Io ci metto una grande voglia di fare e di colmare la lacuna di forma. Spero di trovare l’energia per fare tutto questo ed essere nel vivo della corsa.

In percentuale, a che punto sei?

Non saprei dire, bisognerebbe chiederlo al mio preparatore, ma non so se un numero possa descrivere come sto. Spero di arrivare al 100 per cento durante la corsa, per potermela finalmente godere.

Il Team Bahrain Victorious ha vissuto un cambiamento radicale che al secondo anno sta dando i suoi frutti
Il Team Bahrain Victorious ha vissuto un cambiamento radicale che al secondo anno sta dando i suoi frutti

Maglia speciale

Fra le annotazioni, come si può vedere nella foto di apertura, c’è che il Team Bahrain Victorious ha messo da parte il rosso della maglia per rispetto verso il colore della Vuelta e indosserà un kit speciale di Alé, continuazione della maglia Cripto Art NFT, che mira ad aumentare la consapevolezza sull’obesità e i vantaggi dell’attività fisica nel ridurne  i rischi. Per cui sulla maglia compaiono messaggi in tal senso e iniziative legate alla pratica sportiva, i cui dettagli sono ben spiegati nel sito dedicato. Perciò, non resta che partire.

Sagan in Francia: la parola d’ordine sarà divertirsi

13.08.2021
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Prendi Sagan e arriva il mondo. Jean René Bernaudeau deve averlo pensato quando, ottenuta la firma dello slovacco, si è trovato davanti alla porta di casa anche Daniel Oss e Maciej Bodnar, il direttore sportivo Jan Valach, l’addetto stampa Gabriele Uboldi, le bici Specialized (non solo quelle di Peter, ma la dotazione per tutta la squadra) e l’abbigliamento Sportful. Neanche Amazon avrebbe garantito una consegna così. E poco importa che il Team TotalEnergies non sia una squadra WorldTour. I francesi sono stati fra i primi a mettersi sulle tracce di Peter e il loro progetto è quello che più lo ha convinto. A cominciare dalla richiesta esplicita di divertirsi.

«La cosa più importante – dice Sagan – non è lo stato attuale della squadra, ma cosa ne faremo. Bernaudeau vuole salire di livello e io mi assicurerò di aiutarlo. Anche la Bora quando arrivai era una piccola squadra…».

Bernaudeau ha colto appieno le potenzialità di Sagan e gli ha raccomandato di continuare a divertirsi (foto DirectEnergie)
Bernaudeau ha colto appieno le potenzialità di Sagan e gli ha raccomandato di continuare a divertirsi (foto DirectEnergie)

Una micro azienda

Si capisce subito dalle parole di Bernaudeau che il mondo Sagan sia qualcosa fuori dall’ordinario. I due, ha raccontato Peter, si conobbero casualmente al Tour di tre anni fa, a una festa organizzata dal team francese, con ostriche, barbecue e un buon clima.

«In questo ciclismo moderno ed estenuante, che porta i corridori all’esaurimento – racconta Bernaudeau a L’Equipe – Peter cerca di preservare se stesso. Ha creato intorno a sé una sorta di micro impresa, con persone molto vicine, che gli permette di essere felice. Anche la sua visione del ciclismo è particolare. Quando l’ho incontrato nella sua casa di Monaco, mi ha chiesto quasi intimorito, se potesse partecipare a eventi gravel. “Ma certo!”, gli ho risposto, divertirsi è la chiave per continuare. E’ un nuovo mercato legato all’ecologia, alla mobilità urbana, al piacere che io e lui stiamo cercando. Questo aprirà nuove porte. Certo che sarà autorizzato, a partire dal 2022, a variare il suo calendario e inserire nel suo programma alcuni eventi gravel e mountain bike».

Sagan ha corso le Olimpiadi di Rio 2016: non ci sono solo Van der Poel e Pidcock
Sagan ha corso le Olimpiadi di Rio 2016: non ci sono solo Van der Poel e Pidcock

Bici e divertimento

Più dei soldi, che ovunque fosse andato sarebbero stati garantiti anche dagli sponsor, l’apertura mentale di Bernaudeau ha convinto “Peterone” di aver fatto la scelta giusta.

«Quando Jean René è venuto a trovarmi a Monaco qualche mese fa – racconta – ho capito subito che saremmo andati d’accordo. E’ serio e divertente allo stesso tempo. Mi ha detto: so che i corridori hanno bisogno di divertirsi, devi saperti divertire nel ciclismo oggi, è una delle chiavi del successo. C’è molto lavoro dietro, certo, non mi spaventa. So mettermi in gioco ed essere serio quando necessario, ma questo discorso mi è piaciuto molto. Questa è la prima volta che un manager mi chiede di divertirmi…».

Oss e Sagan, un’amicizia nata dai primi tempi alla Liquigas
Oss e Sagan, un’amicizia nata dai primi tempi alla Liquigas

Pressione crescente

Sono le stesse parole tirate in ballo da Bernal e da Valverde, da Viviani e Aru, Dumoulin e Cavendish. Divertirsi, la sola chiave per sopravvivere allo stress. Lo sport professionistico non si ferma davanti a niente e schiaccia i suoi attori principali senza interrogarsi se in realtà non sarebbe più lungimirante preservarli meglio.

«Il ciclismo – spiega Peter – è cambiato molto negli ultimi anni. La pressione è diventata enorme all’interno delle squadre. E’ uno sport sempre più esigente con un approccio quasi scientifico. Ma soprattutto si è evoluto l’aspetto extra sportivo, non potete immaginare tutto quello che si deve fare oltre ad andare in bici, i piccoli dettagli da affrontare. E poi ci sono gli affari. Fare il corridore è un lavoro a tempo pieno e a volte può essere pesante. Sono stato in questo business abbastanza a lungo da sapere come affrontare tutto questo, ma per i giovani può essere molto difficile psicologicamente. Poi so da me che la la pressione continuerò a mettermela da solo. Ho sopportato molte aspettative da quando sono diventato professionista e continuare a fare al meglio il mio lavoro è parte della mia responsabilità. Raggiungere risultati, premiare l’investimento degli sponsor e la fiducia della squadra…».

Sagan si rialza dalla caduta nella 3ª tappa del Tour: sembra non aver riportato danni, ma si ritira nella 12ª per dolore a un ginocchio
Terza tappa del Tour, Ewan lo tira giù: si ritirerà nella 12ª tappa per dolore a un ginocchio

Classiche e Giri

Nonostante l’apertura per un ciclismo… alternativo, ancora tutto da pianificare, Sagan fa capire chiaramente che la priorità sarà per le corse su strada

«Le classiche, le tappe, le classifiche a punti dei grandi Giri – dice – devo occuparmi di recuperare dal mio infortunio e finire la stagione con la Bora perché ci sono i mondiali e la Parigi-Roubaix in arrivo. Poi continuerò a puntare a ciò per cui sono stato creato. Quando mi sono ritirato dal Tour, il caso ha voluto che la Bora alloggiasse nello stesso hotel della TotalEnergies e così ne ho approfittato per conoscere meglio alcuni dei futuri compagni e tutto il personale.

«Avevo già parlato con Edvald Boasson Hagen di Anthony Turgis, che avevo visto andare forte al Nord. E’ un grande corridore, saremo in grado di fare grandi cose insieme. Sarà tutto una grande scoperta. Ho iniziato in squadre italiane, poi sono passato alla Tinkoff e alla Bora. Nella TotalEnergies ci sono pochi stranieri e soprattutto una forte identità francese. Sarà bello partecipare al Tour in una squadra nazionale. Ne approfitterò anche per imparare finalmente il francese».

Turgis è una delle punte per il Nord, qui contro Van der Poel Alla Dwars Door Vlaanderen del 2019
Turgis è una delle punte per il Nord, qui contro Van der Poel Alla Dwars Door Vlaanderen del 2019

Il Team Peter

Infine un cenno per il Team Peter, la micro impresa di cui parla Bernaudeau, che permette allo slovacco di non perdere i suoi riferimenti e che ben conosciamo da anni.

«Ho iniziato la mia carriera con questi ragazzi, nel 2010 alla Liquigas – dice Peter – e il destino ci ha fatto incontrare alla Bora. Oss e Bodnar sanno come posizionarmi mentre mi avvicino agli sprint. Mi fanno stare meglio. Probabilmente anche alcuni giovani sarebbero in grado di farlo, ma la mia fiducia in Daniel e Maciej è totale e solo il tempo può costruire un rapporto del genere. Alla TotalEnergies arriverà anche Jan Valach, un direttore sportivo che conosco da quando avevo quindici anni. E’ il mio uomo di fiducia, quello con cui parlo prima e dopo ogni gara. Mi ha permesso di vincere tre titoli mondiali, ma è anche uno che mi ha aiutato molto nella mia vita privata, cose che non c’entrano niente con la bici. E’ un amico indispensabile».

Che cosa ci insegna l’annuncio del ritiro di Aru?

12.08.2021
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Forse ha atteso troppo. Oppure forse ha convissuto troppo a lungo con il malessere e si è spezzato. Il Fabio Aru che oggi ha annunciato a mezzo social l’imminente ritiro dalle corse è un uomo più sereno e solido di quello che sgomitava contro se stesso per venire a capo del disagio e un atleta più consapevole e performante di quando sia stato negli ultimi tre anni. E curiosamente ha detto basta al termine della rincorsa, come se abbia voluto dimostrare a se stesso di poter di nuovo lasciare il segno. Poi, di fronte allo stress e alla fatica che ciò comporta, abbia scelto di concentrarsi sulla famiglia.

Dumoulin, prima il ritiro, poi la riflessione e il ritorno. Qui vince i campionati nazionali della crono, sulla via per Tokyo
Dumoulin, prima il ritiro, poi la riflessione e il ritorno. Qui vince i campionati nazionali della crono

Prima Dumoulin

A un certo punto, durante la Vuelta dello scorso anno, anche Tom Dumoulin disse basta. Aveva corso un bel Tour, chiudendo al settimo posto nonostante il lavoro per Roglic. Non era più il corridore che nel 2017 aveva conquistato il Giro d’Italia, ma era pur sempre un riferimento per il gruppo.

«Sento come se mi fossi liberato di una zavorra di cento chili dalle spalle – disse – volevo fare il bene di molte persone. Volevo che la squadra fosse felice di me. Volevo gli sponsor fossero soddisfatti. Volevo che mia moglie e la mia famiglia fossero felici. Quindi volevo fare bene per tutti, ma a causa di questo nell’ultimo anno ho messo da parte me stesso. Ma cosa voglio io? Cosa vuole l’uomo Tom Dumoulin? Cosa voglio fare della mia vita?».

Probabilmente Tom si è fermato in tempo. E al di là che abbia fatto tutto per preparare la crono di Tokyo senza stress, è riuscito a fare ordine nei pensieri. E ora tutti sappiamo come sia finita la storia. L’olandese è tornato al Giro di Svizzera. E schiantando lo scetticismo generale ha conquistato il podio delle Olimpiadi a cronometro, per poi annunciare che tornerà ad essere un ciclista professionista.

Nel 2012 Fabio vince il Val d’Aosta (qui a Tavagnasco) poi passa all’Astana
Nel 2012 Fabio vince il Val d’Aosta (qui a Tavagnasco) poi passa all’Astana

L’analisi di Elisa

Qualche giorno fa Elisa Longo Borghini ha usato parole di una lucidità perfetta: «A volte i giornalisti non si rendono conto, ma te la fanno pesare. Io cerco sempre di guardare a quello che faccio e a non lasciarmi condizionare troppo da quello che viene scritto, ma resta il fatto che se un corridore non va, sente tutto amplificato. Certi giorni ti colpisce anche il commento negativo a bordo strada. Passi un po’ staccata davanti a una casa e senti dire: “Ma quella è la Longo Borghini?”. Ci resti male. Abbiamo una maglia, ma siamo persone».

Quante volte a partire dal 2018 Aru si è sentito fare le stesse domande? E in che modo esse gli hanno scavato nell’anima, come hanno fatto le domande sempre uguali con Viviani nei mesi scorsi e prima ancora con Marco Pantani?

Tour del 2017, Aru parte da Saint Girons in maglia gialla: l’Astana è la sua casa, ma piovono offerte
Tour del 2017, Aru parte da Saint Girons in maglia gialla: l’Astana è la sua casa, ma piovono offerte

La profezia di Vinokourov

Dire oggi che non fosse pronto per lasciare l’ambiente protetto dell’Astana è sin troppo facile, ma le parole di Vinokourov in quel luglio trionfale del 2017 risuonano profetiche ancora oggi.

«Sono convinto di una cosa – disse il kazako – se corrono dietro ai soldi, allora se ne vanno. Ma se Aru vuole vincere, allora deve restare con noi».

Aru ha smesso di essere Fabio al Giro d’Italia del 2018, giusto l’anno dopo, quando qualche goccia di troppo fece traboccare il vaso. Costantemente sotto pressione sin dagli under 23 perché fosse magrissimo (nessuna forzatura, lo ha raccontato lui). In perenne contrapposizione, per volere della stampa, con quella roccia di Nibali, cui apparentemente ogni cosa scivola addosso. Sotto accusa per ogni piazzamento diverso dal podio. Rallentato da guai fisici. La somma di tutto questo e di altro di cui probabilmente non ci siamo neppure accorti ha prodotto il guasto che Dumoulin ha subito individuato e affrontato.

Il Giro del 2018, il primo in UAE, non andò per niente bene
Il Giro del 2018, il primo in UAE, non andò per niente bene

“Testone” sardo

Avrebbe potuto mollare a fine giugno, quando dopo il campionato italiano si è reso conto di non avere il livello per correre il Tour. Invece Fabio è cocciuto, lo è sempre stato. Ha onorato l’impegno con il Team Qhubeka. Ha portato avanti il piacere ritrovato nel cross. Si è rimboccato le maniche. Ha risalito la china. Ha lottato per vincere al Sibiu Cycling Tour ed è arrivato secondo per 36” nella Vuelta a Burgos vinta da Landa (foto di apertura). Ha dimostrato di non essere finito. Poi ha annunciato il ritiro.

«Ho riflettuto a lungo su quale fosse la decisone giusta da prendere, notti insonni, pianti e quant’altro. Ma se devo essere sincero ho imparato ancora di più ad amare il mezzo e lo sport che mi ha portato a raggiungere traguardi che mai avrei immaginato. E oggi nonostante sia qui a comunicarvi questa scelta importante della mia vita, posso gridare a gran voce che amo il ciclismo, amo ancor di più andare in bici, amo allenarmi e non ho nessuna intenzione di lasciarla in garage. Ma come tutti gli inizi c’è sempre una fine. Ora è giunto il momento di godermi un nuovo capitolo della mia vita, accanto alla mia famiglia».

Fabio Aru, Montodino 2020
Nel ciclocross lo scorso inverno ha ritrovato il piacere di… giocare con la bici. Il ritiro è giunto inatteso
Fabio Aru, Montodino 2020
Nel ciclocross lo scorso inverno ha ritrovato il piacere di… giocare con la bici. Il ritiro è giunto inatteso

L’ultima Vuelta

Vivrà la Vuelta come l’ultima sfida o come l’ultimo cancello da saltare prima della libertà? E il suo esempio alla fine insegnerà qualcosa a chi continua a spingere sui corridori (stampa compresa) affinché diano sempre spettacolo, battano record, si rialzino dalle cadute, infiammino folle con numeri da fenomeni e tensioni più logoranti delle stesse salite? E’ possibile che il destino fosse già scritto e che per fare strada serva una solidità psicologica superiore. Eppure segnaliamo con una punta di rammarico come quasi tutti i ragazzi del Novanta siano andati incontro allo stesso destino. Proprio loro, i primi a passare professionisti molto giovani e capaci di grandi risultati sin dai primi anni. Oggi è tutto più veloce, facciamoci una pensata, per evitare che la stessa macchina stritoli altri talenti.

Da Tokyo ai mondiali in Africa, c’è un ciclismo in rampa

29.07.2021
5 min
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Le Olimpiadi sono l’evento sportivo più importante a livello globale e di conseguenza in questa manifestazione emergono numerose storie e racconti su tutti gli angoli del mondo. In questo caso si parla del ciclismo e dell’Africa, un movimento in grande ascesa che nella prova su strada ha mostrato i grandi miglioramenti avvenuti nel corso degli anni.

Nel 2013 la squadra venne coinvolta nella solidarietà di Qhubeka in Africa
Nel 2013 la squadra venne coinvolta nella solidarietà di Qhubeka in Africa

Abbiamo chiesto il parere di qualcuno che in questo campo opera da tempo: Daniele Nieri, diesse del Team Qhubeka Assos che ha sposato il progetto alla base di questo team: aiutare i ragazzi africani e dare voce in capitolo al ciclismo di laggiù.

Partiamo da lontano, come è nato l’interesse verso questo movimento?

Personalmente ho conosciuto la prima realtà ciclistica di questo continente 9-10 anni fa, ad un Giro di Malesia. Mi colpirono per l’organizzazione, erano avanti per essere all’inizio. Si chiamavano MTN, una squadra continental. Il ciclismo africano ha preso sempre più piede con l’impegno dell’associazione benefica Qhubeka che si è unita alla MTN. Nel 2012 la squadra è diventata WorldTour e questo ha dato uno sprint in più, sono arrivati corridori e tecnici da tutto il mondo.

Aiutaci a conoscere meglio la fondazione Qhubeka.

Il progetto è nato nel 2005, il fondatore è Anthony Fitzhenry, Qhubeka significa “andare avanti” in lingua Nguni, idioma parlato da alcune popolazioni del Sud Africa. E’ nato dalla necessità di migliorare gli spostamenti dei ragazzi verso le scuole, quindi scollegato dal mondo professionistico, anzi è legato allo sviluppo dell’ambiente. L’organizzazione regala delle bici ogni 100 alberi piantati o 100 tonnellate di rifiuti raccolti. Tutti i destinatari di una bici devono poi seguire dei corsi su manutenzione e sicurezza del mezzo.

Tu come hai avuto i primi contatti con questo ambiente?

In modo casuale, la squadra cercava un magazzino vicino a Lucca e mi hanno contatto, offrendomi un ruolo di meccanico. Piano piano poi sono diventato direttore sportivo con i giovani, un po’ italiani e un po che arrivano dall’Africa.

Cosa ti entusiasma di più in questo progetto?

La voglia dei ragazzi è incredibile, poi sono proprio delle persone fantastiche, gentili e pronti ad ascoltarti in tutto per tutto. Hanno tanta voglia di imparare perché sono consapevoli che quel che fanno non si riflette solo di loro, ma su tutta la popolazione africana. Sono degli apripista.

Quella degli atleti africani è stata una crescita esponenziale, tu l’hai vissuta in prima persona, raccontacela un po’…

Quando ho iniziato io, l’organizzazione era poca o comunque mal gestita, questi Paesi non avevano una tradizione legata alla bici e quindi è stato complicato entrare nel tessuto sociale.

Teklehaimanot è stato il primo atleta africano a vincere la maglia a pois al Giro del Delfinato
Teklehaimanot è stato il primo atleta africano a vincere la maglia a pois al Giro del Delfinato
Cioè?

In Africa i corridori in generale iniziano a correre tardi, quando sono juniores, quindi per loro diventa più difficile emergere perché molti meccanismi li sviluppano dopo. Per esempio, la loro prima difficoltà è stare in gruppo, perché nelle loro corse il divario è così ampio che dopo 10 chilometri rimangono già in 5 o 6.

Dal punto di vista atletico sono molto validi, li vediamo spesso in fuga o in testa al gruppo a tirare…

Sono più che validi – esclama – gli atleti africani sono atleti di fondo, dotati di grande resistenza come si vede nelle gare podistiche. La differenza rispetto alla corsa a piedi sta nel fatto che per correre in bici serve molta tattica e per loro questo è un punto debole. Se notate, nelle corse sono spesso in coda al gruppo o al vento.

Qual è stato l’evento scatenante per la passione verso il ciclismo?

Il 2015 ha fatto conoscere l’Africa ciclistica, Teklehaimanot è stato il primo atleta africano a vincere la maglia a pois al Giro del Delfinato ed ha indossato la medesima maglia al Tour de France al termine della sesta tappa.

Come si costruisce una tradizione in un continente così vasto e differente in tutte le sue parti?

Non è un lavoro facile, devi pensare a questi atleti come se fossero dei pionieri. Tutti fanno conoscere al loro Paese il ciclismo tramite le proprie gesta. Il materiale, come bici e attrezzatura, viene portato nei Paesi di riferimento dai ragazzi, ma non si è ancora entrati nell’ottica “tecnica”. Per quello Qhubeka si sta impegnando, ma la strada è ancora lunga. Molto dipende dagli investimenti delle federazioni.

Quali sono gli obiettivi presenti e futuri per questo territorio?

Il presente è in continuo crescendo, ora molte squadre hanno in gruppo uno o due corridori africani, l’obiettivo primario è far crescere questo numero (in apertura Amanuel Gebreigzabhier, eritreo della Trek-Segafredo, ndr). Nel futuro, invece, sulla base dei progressi raggiunti fin ora, non nascondo che il sogno sarebbe vedere uno di questi ragazzi che lotta per vincere corse prestigiose, come un Tour. Loro si avvicinano a questo sport grazie a quel poco che riescono a vedere in televisione. La Grande Boucle è la prima corsa che vedono, non conoscono il Giro d’Italia o altre corse, solo il Tour de France.

Un anno da segnare sul calendario è il 2025, quando i mondiali di ciclismo saranno in Africa

Sarà l’anno della svolta, lì ci potrebbe davvero essere la consacrazione definitiva per il ciclismo in questo territorio. Il 24 settembre verrà dato l’annuncio del Paese ospitante (in lista ci sono Rwanda e Marocco ndr). Il Rwanda ospita già una delle poche gare africane di classe 1. Sarebbe davvero speciale se venissero disputati in quest’ultimo paese, si entrerebbe in contatto con il vero spirito africano.

Nizzolo lancia un’altra volata lunga su europei e mondiali

05.07.2021
5 min
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Nizzolo a Livigno, come un gruppo foltissimo di professionisti. Basta spingersi lungo le gallerie, per trovare quelli che lavorano in pianura. Oppure salire il Foscagno e la Forcola, per riconoscere gli altri, leggermente più ingobbiti, che fanno salite e ore. La cittadina in quota è il quartier generale della ripresa e nel nostro viaggio degli ultimi giorni, una sosta con il campione europeo era tappa obbligata. Giacomo è salito in montagna con Matteo Pelucchi ed Eugenio Alafaci, che si prende cura dei muscoli di entrambi. La banda degli amici ha cambiato forma, ma resta unita. Questa volta gli obiettivi sono europei e mondiali: non poco.

Motivazione a mille

Il 2021 è proseguito come il 2020 sul binario della scoperta e della conferma. E mentre è seduto nella stanza in cui tengono le bici, il campione europeo ragiona ad alta voce.

«Questo fatto che negli ultimi anni io non mi sia spremuto molto – dice – in fondo è vero. Forse è un azzardo dire che sia più giovane dei miei anni, però di sicuro ho passato parecchio tempo a recuperare dai vari acciacchi che ho avuto, quindi ho corso meno rispetto a tanti miei coetanei».

E se questo magari non è un dato al quale si possa dare facilmente un riscontro scientifico oggettivo, sul piano del morale e delle motivazioni incide in modo evidente. Quando hai finalmente davanti strada libera e puoi andarti a riprendere ciò che il destino ha provato a lungo a toglierti, negli occhi si accende una luce nuova. Ed è quella che ora brilla nello sguardo di Nizzolo.

Pelucchi lo ha seguito nel WorldTour, per essere l’ultimo uomo
Pelucchi lo ha seguito nel WorldTour, per essere l’ultimo uomo

Tensione positiva

«Ho un’altra consapevolezza – dice – nel senso che mi ritrovo in una condizione diversa dagli altri anni. Arrivo con più tranquillità agli appuntamenti, con la motivazione e la voglia di fare bene. Non avverto più la pressione o comunque la tensione sbagliata prima degli appuntamenti. Credo di essere in una condizione mentale buona, adesso c’è da curare l’aspetto fisico».

E a Livigno si viene per questo. Oggi il meteo è favorevole, per cui aspettando Pelucchi per l’uscita, si sta bene fuori a ragionare.

Alle 10 si parte per l’allenamento: oggi Forcola e poi lavori in pianura
Alle 10 si parte per l’allenamento: oggi Forcola e poi lavori in pianura

Il gusto della vittoria

La stagione si è aperta bene con la Clasica de Almeria e ha fatto gridare maledizioni per il secondo posto alla Gand-Wevelgem, che era parsa una vittoria già scritta. Ma la vera svolta ai tanti piazzamenti è venuta al Giro, nel giorno di Verona, che chiamava Viviani.

«Il Giro – dice – m’ha lasciato sicuramente una bellissima sensazione. Non avevo mai vinto una tappa e riuscirci mi ha dato lo stimolo per riprovarci. A Verona ho visto attaccare Affini e mi sono detto che non avrei voluto fare ancora secondo. Quindi sono partito abbastanza lungo, per provare a prenderlo. Con lui ne abbiamo ri parlato anche nei giorni successivi. Gli ho fatto i complimenti perché sicuramente ha fatto un grandissimo numero, però quel giorno era mio turno».

Giro d’Italia 2021, a Verona Giacomo Nizzolo va a riprendere Affini e vince una volata lunghissima
Giro d’Italia 2021, a Verona Giacomo Nizzolo va a riprendere Affini e vince una volata lunghissima

Voci di mercato

Nizzolo è l’uomo mercato. Da quest’anno ha lasciato la… scuderia di Fabio Perego e ha scelto che a rappresentare i suoi interessi sia Giovanni Lombardi. E proprio il pavese, che ha fra i suoi corridori buona parte dei velocisti più forti (da Sagan a Viviani, passando per Gaviria: tutti in scadenza di contratto) sta lavorando a tre ipotesi di squadra.

«C’è stato un momento – sorride – in cui tutti davano per certo che andassi alla Cofidis. Tanto che a un certo punto ho preso il telefono e ho chiamato Lombardi, per chiedergli se avesse già chiuso e io non lo sapessi. In realtà ci sono tre squadre che stiamo vagliando e una è anche la stessa Qhubeka in cui sono ora. Non ho l’età per andare alla Deceuninck. Per come vanno le cose, chi approda in quel team si valorizza e quando ne esce, firma dei bei contratti. Io ci arriverei a 32 anni e poi cosa potrei fare? Però confermo che vorrei sposare un progetto, un gruppo di lavoro in cui si possa pensare a costruire qualche bella vittoria, con gli uomini giusti attorno a me».

Dal giorno di Imola, ha ceduta a Colbrelli la maglia tricolore. Ora indossa quella conquistata agli europei 2020
Ha lasciato la maglia tricolore a Colbrell. Ora indossa quella conquistata agli europei 2020

Europei e mondiale

Gli accordi se non sono già fatti si faranno presto. Per questo non si potranno aspettare campionati europei e mondiali per firmare, casomai per quelli si potrà tenere aperta la porta per qualche ritocco all’ingaggio.

«L’obiettivo numero uno è arrivare pronto per il mondiale – conferma – ovviamente vicino come date c’è anche il campionato europeo, quindi mi piacerebbe fare bene anche lì. E nell’avvicinamento a questi due appuntamenti ci sono anche le classiche di Amburgo e Plouay che mi sono sempre piaciute e saranno un bel test».

I ragazzi di Cassani

Cassani può dormire fra due guanciali. Mentre sfoglia la margherita per stabilire come correre e a favore di chi sul duro circuito di Tokyo, sa che per europei e mondiali c’è un gruppo di guastatori di gran classe, guidati da Nizzolo, Colbrelli, Trentin e Cimolai, che gli permetteranno di affrontare alla grande anche gli ultimi appuntamenti del 2021. In questo fine di stagione che ha il sapore del cambio di panchine e arrivo di facce nuove, non c’è niente meglio di un gran risultato per far valere le proprie ragioni. Poi che ciascuno faccia liberamente le sue scelte.

Qhubeka-Assos: Aru è la più grande delle scommesse

20.04.2021
3 min
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Con 17 arrivi e 19 partenze, il team sudafricano è quello che più di tutti si è trasformato rispetto alla passata stagione. La Qhubeka-Assos ha completamente rivisto il suo assetto, facendo anche alcune scommesse intriganti, la principale delle quali riguarda Fabio Aru, reduce da annate che definire difficili è un eufemismo. I responsabili del team hanno voluto compiere un atto di fiducia e il corridore sardo, vincitore di una Vuelta e sul podio in più grandi Giri, vuole dare a loro come a se stesso una risposta, dimostrando di poter tornare ai suoi livelli e per questo ha lavorato sodo d’inverno, mettendosi alla prova anche nel ciclocross.

Giro d’Italia 2021, Verona, Giacomo Nizzolo centra la prima tappa della carriera
Giro d’Italia 2021, Verona, Giacomo Nizzolo centra la prima tappa della carriera

Punta Nizzolo

La punta della squadra resta un corridore già nel roster del team, quel Giacomo Nizzolo che viene da un 2020 stratosferico con la conquista delle maglie italiana ed europea: per lui non si può certo parlare di scommesse. L’obiettivo è confermarsi, soprattutto nelle classiche e per questo sono stati inseriti nel team corridori utili alle sue caratteristiche, primo fra tutti quel Matteo Pelucchi avversario nelle volate delle categorie giovanili ma anche suo amico fraterno, col quale costruire un abbinamento che tecnicamente possa rendere al 100%. Altro corridore per le classiche è Simon Clarke, uscito rinvigorito dall’ultima stagione e in grado di competere con i migliori nelle gare più difficili.

Pozzovivo, 38 anni, è alla sua 17ª stagione da professionista
Pozzovivo, 38 anni, è alla sua 17ª stagione da professionista

Grande “Pozzo”

Nelle gare a tappe, con Henao, Pozzovivo (costretto amaramente al ritiro dal Giro d’Italia), Claeys c’è gente d’esperienza che potrà recitare ruoli importanti, facendo leva soprattutto sulla propria esperienza. Di materiale ce n’è per far bene, puntando sempre ad avere l’iniziativa.

Fra le grandi scommesse del team, Fabio Aru (31 anni a luglio) passato alla Qhubeka-Assos in questa stagione
Aru (31 anni a luglio) è passato alla Qhubeka-Assos in questa stagione

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Sander ArmeeLovanioBel10.12.19852010
Fabio AruS.Gavino MonrealeIta03.07.19902012
Carlos Barbero CuestaBurgosEsp29.04.19912008
Sean BennettEl CerritoUsa31.03.19962018
Connor BrownCittà del Capo (RSA)Nzl06.08.19982018
Victor CampenaertsWilrijkBel28.10.19912014
Dimitri ClaeysGandBel18.06.19872010
Simon ClarkeMelbourneAus18.07.19862009
Nicholas DlaminiCittà del Capo Rsa15.02.19942016
Kilian FrankinyReckingenSui26.01.19942017
Michael GoglGmundenAut04.11.19932016
Lasse Norman HansenFaaborgDen11.02.19922014
Sergio L.Henao MontoyaRionegroCol10.12.19872007
Reinardt J.Van RensburgPretoriaRsa03.02.19892010
Bert-Jan LindemanEmmenNed16.06.19892012
Giacomo NizzoloMilanoIta30.01.19892011
Matteo PelucchiGiussanoIta21.01.19892011
Robert PowerPerthAus11.05.19952016
Domenico PozzovivoPolicoroIta30.11.19822005
Mauro SchmidBulachSui04.12.19992019
Andreas Stokbro NielsenBrondbyDen08.04.19972016
Dylan SunderlandInverellAus26.02.19962018
Harry TanfieldGreat AytonGbr17.11.19942019
Karel VacekPragaCze09.09.20002019
Emil VinjeboGadstrupDen24.03.19942014
Maximilian R.WalscheidNeuwiedGer13.06.19932016
Lukasz WisniowskiCiechanowPol07.12.19912015

DIRIGENTI

Douglas RyderRsaGeneral Manager
Lars MichaelsenDenDirettore Sportivo
Gabriele MissagliaItaDirettore Sportivo
Hendrik RedantBelDirettore Sportivo
Alexandre Sans VegaEspDirettore Sportivo
Gino VanoudenhoveBelDirettore Sportivo
Aart VierhoutenNedDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

I corridori del team sudafricano possono contare su bellissime bici Bmc: Teammachine SLR01, Timemachine Road e Timemachine TT. Hanno componenti Shimano, con rotelline del cambio Ceramic Speed. Le ruote sono le britanniche Hunt.

CONTATTI

TEAM QHUBEKA-ASSOS (Rsa)

Muntsraat 9, 4903PA Oosterhout (NED)

info@ryder.co.za – https://teamqhubeka.com

Facebook: @QhubekaAssos

Twitter: @QhubekaAssos

Instagram: nttprocycling

Ehi, Alafaci, cosa ci facevi a Scheldeprijs?

10.04.2021
4 min
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In uscita dal raduno di partenza della Scheldeprijs, a un certo punto dall’ammiraglia del Team Qhubeka-Assos è saltato fuori il baffetto sorridente di Eugenio Alafaci che non vedevamo in gruppo da un pezzo. Che cosa ci facesse ve lo diciamo qui ed è una storia di amicizia vera fra l’ex corridore varesino e Giacomo Nizzolo. Sentite perché.

Eugenio dice basta alla fine del 2019 a causa di problemi probabilmente di origine genetica all’arteria femorale iliaca della gamba sinistra. Nonostante cinque interventi, il primo già da dilettante, l’arteria tende a restringersi. Il sangue non passa e sotto sforzo la gamba fa un male cane. Continuare non ha senso. L’unica soluzione sarebbe semmai la sostituzione integrale del vaso, ma sarebbe un intervento troppo pesante. Per cui alla fine dell’ultima stagione con la Evo Pro Cycling e dopo i primi 5 anni con la Trek, Eugenio si ritira.

Alafaci e Nizzolo insieme alla Trek-Segafredo: qui nel 2018 dopo una vittoria alla Vuelta San Juan
Insieme alla Trek-Segafredo: qui nel 2018 dopo una vittoria alla Vuelta San Juan
Cosa ci fai qua?

Durante l’ultimo anno da corridore, avevo studiato per diventare massaggiatore e, quando Giacomo (Nizzolo, ndr) era a casa, gli facevo i massaggi. Abbiamo sempre avuto un bel rapporto, siamo amici. Ci frequentiamo con le nostre compagne, andiamo a cena insieme, a fare gli aperitivi. E così una sera a cena, quasi per scherzo, mi ha proposto se volessi lavorare nel team. Era novembre, la squadra aveva appena risolto il problema dello sponsor. Dissi di sì, subito! E’ stata una scelta improvvisa, che rifarei anche subito. La mia ragazza, Nicole, era con me già da corridore ed è stata al mio fianco nell’accettare. E così, eccomi qua. E sono proprio contento.

Di nuovo in squadra insieme?

Mi piace, è il mio mondo. E come massaggiatore mi sento ancora parte del risultato, posso dare il mio contributo. Facciamo un bel gruppo a tavola, ci divertiamo come una volta e mi piace pensare che con me accanto, Giacomo sia più tranquillo. In Trek si stava bene, ma ci sono squadre in cui tra i membri dello staff c’è tensione. Seguirò il suo programma, più le corse in Italia che lui non farà, come l’Emilia e il Lombardia.

Alafaci, Nizzolo, Popovych, Pelucchi, l’amicizia oltre il lavoro
Con Alafaci, Nizzolo, Popovych e Pelucchi, l’amicizia oltre il lavoro
Quanto è stato pesante ritirarsi?

Mi è dispiaciuto tanto. Avevo sempre male alla gamba e facevo sempre fatica. Non la fatica bella di quando ti spingi oltre il tuo limite, ma una fatica malata. Se avessi avuto la salute, sono certo che avrei ottenuto anche dei risultati. Ma non mi lamento, se non altro al professionismo ci sono arrivato. C’è gente che non è mai riuscita a passare.

Che cosa ti ha lasciato il ciclismo?

I ricordi migliori sono legati all’aver imparato a soffrire. La gente si stupisce della mia costanza nel mantenere un impegno, anche se faticoso. La bici te lo insegna e questo mi manca. Prima ho lavorato per un po’ in ufficio e la sera ero insoddisfatto, perché mi mancava la fatica. Così sono andato per una settimana a fare il muratore con il padre di Pelucchi. La sera ero distrutto, ma ero contento. La fatica è il bello del ciclismo, anche se adesso a questi ragazzi si sta chiedendo troppo, è tutto esasperato, il corpo a volte cede.

A proposito di Pelucchi, anche l’arrivo di Matteo in squadra si deve a Nizzolo…

Eravamo quelli della vecchia compagnia e ci ha radunato Giacomo. Con Matteo si allenava quando erano a casa ed è importante avere un amico in corsa. Ora sta a lui dimostrare di essere all’altezza, ma con entrambi Giacomo è stato davvero un signore.

Nizzolo e Alafaci hanno corso insieme dal 2014 al 2018, ma sono stati sempre amici
I due hanno corso insieme dal 2014 al 2018, ma sono stati sempre amici
Non puoi proprio più pedalare?

No, perché con il gesto della pedalata, si chiude l’angolo e il sangue non passa. Posso correre a piedi, ma anche lì se forzo troppo, qualcosa sento. Ma va bene, ho la mia nuova vita e sono super contento.

Nuova vita?

Con Nicole abbiamo comprato casa in Brianza, dopo tre anni a Gallarate, dalle mie parti. Lei ha i genitori vicini, io ricomincerò a partire. Casomai volessimo avere un bambino, ora la sistemazione è perfetta. Stiamo scegliendo cosa mettere nel giardino. E’ tutto bello come in un sogno.